SENATO DELLA REPUBBLICA

XVI LEGISLATURA

Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 88: martedì 11 ottobre 2011

Audizione dell'Association for the Advancement of Radical Behavior Analysis (A.A.R.B.A)

Presidenza del presidente TOFANI

Intervengono in rappresentanza dell'Association for the Advancement of Radical Behavior Analysis (A.A.R.B.A.) il professor Fabio Tosolin, Presidente, il professor Adriano Paolo Bacchetta, Direttore area Health & Safety e la dottoressa Maria Gatti, Segretario generale.


PRESIDENTE
L'ordine del giorno reca l'audizione dell'Association for the Advancement of Radical Behavior Analysis (A.A.R.B.A).
Avverto che della seduta odierna sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico.
Comunico che, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, del Regolamento interno, è stata chiesta l'attivazione dell'impianto audiovisivo. Se non ci sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori.
Sono presenti oggi il presidente dell'associazione, professor Fabio Tosolin, accompagnato dal professor Adriano Paolo Bacchetta, direttore area Health & Safety e dalla dottoressa Maria Gatti, segretario generale.
Saluto i nostri ospiti a nome della Commissione. Con piacere ascolteremo quanto avete da dirci sulle vostre ricerche e anche sulle verifiche svolte sul campo.

TOSOLIN
Presidente, se siete d'accordo, procederemo nel modo seguente. Interverrò brevemente per inquadrare la nostra società scientifica, spiegando di cosa si occupa. Subito dopo interverrà il professor Bacchetta, il quale farà una premessa sulla legge, sulla sicurezza comportamentale e su queste metodologie, e sul modo in cui collegare la legge a queste ultime.
Quindi, il professor Bacchetta mi cederà nuovamente la parola, per la parte più tecnica. Pretenderei di spiegare, per sommi capi, cosa è la B-BS e come funziona. Il tipo di sicurezza B-BS (Behavior Based Safety) serve a costruire comportamenti per ottenere risultati. I comportamenti nella sicurezza sono quelli che l'operaio, l'individuo in generale, attuano, pensano o provano. Ad esempio, secernere lacrime è un comportamento; aumentare il battito cardiaco quando si vede un collega in bilico è un comportamento del nostro organismo; inginocchiarsi a pulire una macchia di unto perché il collega non scivoli è un comportamento. Questa è l'unica disciplina scientifica che serve a studiare i comportamenti. E ciò è utile perché i comportamenti sono responsabili del 96 per cento del milione circa di incidenti che si verificano ogni anno. Tale disciplina serve a ottenere risultati, i quali, nel campo della sicurezza, riguardano infortuni, malattie professionali e, volendo allargarci, disastri ambientali. Quindi, la B-BS serve a ottenere risultati attraverso la riduzione di alcuni comportamenti. L'ultima caratteristica della B-BS è la misurabilità. Voi penserete che ciò è normale, ma in realtà non lo è affatto: la stragrande maggioranza degli interventi attuati nel campo della sicurezza non viene misurata. Ad esempio, a Roma si realizza una campagna informativa consistente nel far circolare i mezzi pubblici con immagini raffiguranti un bambino caduto da un triciclo, senza che nessuno abbia però misurato quanti bambini siano caduti a Roma prima di quella campagna informativa (costata, tra l'altro, otto milioni) e senza che nessuno misuri, in seguito, quanti bambini cadranno dal triciclo. L'anno prossimo, pertanto, noi non saremo in grado di sapere se quella campagna informativa sia stata efficace o meno. Nella B-BS ciò non avviene: tutto è misurato sia prima che dopo, come abitualmente si fa in campo scientifico.
Per motivi anagrafici io sono, indegnamente, il presidente della Società Scientifica Italiana di Behavior Analysis, che è appunto l'analisi dei comportamenti. È una materia poco nota, ma è come se si trattasse dell'oftalmologia o dell'oncologia. La nostra società scientifica raggruppa tutti gli scienziati che studiano questa materia. Tra l'altro, noi siamo la sezione italiana di una società scientifica più grande, formata da 18.000 scienziati, la A.B.A. International, che studia questa materia a livello mondiale. Sempre per motivi anagrafici, io sono anche advisor del Cambridge Centre for Behavioral Studies del Massachusetts, l'istituto scientifico che nel mondo accredita e si occupa di applicare aspetti inerenti alla nostra disciplina. Con un paragone tristissimo, del quale vi chiedo perdono, è come se questi due organismi internazionali fossero la società di oncologia e noi fossimo lo IEO di Veronesi. Questo è il tipo di rapporto.
Inoltre, insegno da sei anni la materia della sicurezza comportamentale al Politecnico di Milano, essendo questa divenuta obbligatoria per chiunque voglia laurearsi in ingegneria della sicurezza. Se non si supera questo esame, quindi, non è più possibile laurearsi, dal momento che l'ex preside della facoltà, Giuseppe Biardi, sei anni fa stabilì che era inutile che un ingegnere sapesse scegliere il migliore casco, se poi non era in grado di far sì che un operaio attuasse il comportamento di indossarlo.
Sempre presso il Politecnico, e sempre indegnamente, dirigo il master di secondo livello (ovvero può essere seguito solo da chi è già laureato), da noi istituito e della durata di 1.660 ore, dove si insegna come applicare tale materia alla riduzione degli infortuni. Infine, questo insegnamento è presente anche alla Facoltà di Medicina dell'Università di Ferrara.
Ciò che mi preme sottolineare è che la nostra società scientifica è collegata con tre università: il Politecnico di Milano, perché il master di secondo livello in B-BS viene gestito dalla Facoltà di Ingegneria dei processi industriali del Politecnico di Milano e dalla nostra società scientifica; un analogo master è gestito dalla facoltà di Psicologia dell'Università di Parma, sempre insieme alla nostra società scientifica (ha, più o meno, la stessa durata e serve al medesimo scopo); infine, siamo collegati con l'università di Messina, all'interno della quale abbiamo delle sedi ufficiali.
Come ho detto, la nostra società è la sezione italiana dei due enti internazionali citati. Abbiamo poi degli accordi di collaborazione scientifica con molte sezioni di Confindustria e altri enti. Non faccio qui un elenco completo, ma senz'altro voi conoscete l'INAIL o, meglio, l'ex ISPESL, con la quale tre anni fa, insieme al presidente Moccaldi, siglammo un accordo per fornire all'ISPESL le basi scientifiche riguardo alla sicurezza comportamentale. Analoghi accordi di collaborazione scientifica li abbiamo ormai con moltissimi enti ed associazioni di categoria e sindacali, incluso il CINEAS, che è il Consorzio interuniversitario per la sicurezza. Questi sono gli schemi di riferimento.
La società scientifica A.A.R.B.A è anche il partner scientifico che l'Italia ha destinato in Europa per il più grande consorzio europeo per l'industria. Si tratta del ManuVAR, dove il termine "manu" sta per "manuale" e VAR è l'acronimo di virtual and augmented reality. Il consorzio costruisce macchine per migliorare il lavoro delle persone nell'industria. Non è l'A.A.R.B.A a costruirle, ma noi diamo i criteri che vanno rispettati per costruirle. Tale consorzio coinvolge otto nazioni, ognuna delle quali ha messo in campo le sue forze migliori per agire in questo ambito. L'A.A.R.B.A. è l'italian chapter della A.B.A. International, che ha 61 società scientifiche sparse per il mondo. Riguardo alla sicurezza, però, noi siamo i referenti per tutta l'Europa, perché la nostra società è l'unica ad occuparsi specificatamente di sicurezza comportamentale.
Due sono i congressi scientifici che si svolgono nel mondo su questa materia: uno si svolge da 16 anni negli Stati Uniti, tenuto dal Cambridge Centre for Behavioral Studies; l'altro si tiene da sei anni in Europa. Va detto con una punta di orgoglio che l'unica nazione al di fuori degli Stati Uniti dove si svolge questo congresso scientifico è l'Italia. Infatti, da tutto il bacino del Mediterraneo arrivano partecipanti al nostro congresso. L'anno scorso, ad esempio, era presente il Ministro dei trasporti del Dubai, in quanto questa è l'unica occasione scientifica di accedere a queste metodologie, che oggi sono le più usate dalle grandi imprese in tutto il mondo.
Con soddisfazione riporto che un sostenitore dell'A.A.R.B.A. è il Capo dello Stato, il quale due anni fa ci ha conferito una medaglia per quanto facciamo riguardo alla sicurezza comportamentale; e, cosa che mi ha stupito ancora di più, quest'anno ce ne ha conferita una seconda.
Desidero chiarire un ultimo elemento dal punto di vista della didattica, relativamente al modo in cui si diventa esperti di questa materia. È chiaro che, come accade in medicina, laurearsi non è sufficiente per poter fare subito dopo un trapianto di midollo: dopo essersi laureati bisogna specializzarsi in epatologia e quindi iperspecializzarsi sui trapianti di fegato. Nella nostra disciplina funziona allo stesso modo. Prima bisogna prendere il diploma di laurea in Behavior Analysis, che ha una durata di cinque anni, poi specializzarsi in OBM e B-BS e dopo, in qualche misura, si può affermare di essere un professionista preparato per insegnare o applicare questa materia, che è materia eminentemente scientifica.
Bill Hopkins, che era il più grande esperto al mondo di tale materia, sfortunatamente due settimane fa è venuto a mancare. Egli era professore emerito alla di tale materia alla Auburn University e, secondo me, è colui che, 37 anni fa, è stato il padre della Behaviour Based Safety. E venuto due volte in Italia ed ha molto aiutato gli esperti nazionali di questa materia.
I tre livelli da superare per diventare esperti della materia sono il conseguimento della laurea in Behavior Analysis, il superamento di un master universitario di 1.600 ore in Behavior-Based Safety ed un corso di alta formazione sempre in B-BS. Molte università nel mondo, oltre al Politecnico di Milano e all'università del Nevada, organizzano master di II livello in Behavior-Based Safety e tutte offrono lo stesso numero di crediti, cioè 62. Il corso di alta formazione, invece, può rappresentare un'alternativa all'intero percorso e prevede uno standard minimo volontario di 80 ore, cui deve aggiungersi una supervisione sul campo; è il corso che hanno frequentato, ad esempio, 36 ricercatori dell'ISPESL, i dipendenti della Regione Veneto e moltissimi HSE manager di industrie private. Attualmente, in Italia gli esperti qualificati che hanno superato questo primo gradino sono circa 280.
Cedo ora la parola al professor Bacchetta il quale illustrerà il significato della B-BS nel contesto del nostro sistema legislativo.

BACCHETTA
Per quanto riguarda le sinergie tra la legislazione cogente e la sicurezza comportamentale, l'A.A.R.B.A. parte dal presupposto che comportamenti insicuri, in concomitanza di condizioni insicure determinano una condizione di possibile accadimento di un incidente.
Negli anni registriamo comunque un miglioramento degli standard di sicurezza, l'emanazione di norme sempre più rigorose, la sollecitazione del legislatore, l'adozione di condizioni organizzative e, in particolar modo, l'applicazione di sistemi di gestione, che devono però essere efficaci ed efficienti.
Tornando indietro nel tempo, in sede di monitoraggio degli esiti dell'applicazione del decreto legislativo n. 626 del 1994 ci si rese conto della necessità fondamentale di coinvolgere i soggetti aventi un certo grado di responsabilità all'interno delle realtà aziendali, perché agire sempre dall'esterno con un ruolo d'autorità non risultava particolarmente efficace. Si è pertanto ipotizzato di radicare un processo di cultura della sicurezza che potesse transitare attraverso le figure chiave dell'organizzazione produttiva, compresi i lavoratori ed i loro rappresentanti.
Gli stessi atti di questa Commissione d'inchiesta rilevano l'importanza che il comportamento dell'uomo ha in questa materia: quindi la combinazione tra il comportamento umano, il mancato rispetto della norma, la mancata attuazione dei dispositivi di sicurezza, sono un tutt'uno da analizzare. Pertanto, al fine di ridurre il ripetersi degli eventi incidentali è certamente necessario agire sulla sicurezza di macchine, impianti, strutture, attrezzature e composti chimici, ma risulta doveroso attuare anche interventi in grado di neutralizzare o ridurre al minimo il verificarsi di comportamenti non conformi alle norme di sicurezza.
La necessità di ottenere una modifica dei comportamenti viene avvertita anche a livello europeo: in una comunicazione del 2007 la Commissione ha indicato al Parlamento l'opportunità di procedere alla promozione di cambiamenti nei comportamenti e di una cultura della prevenzione che deve andare ben oltre il luogo di lavoro. Particolarmente rilevante è anche l'assistenza reciproca tra i lavoratori al fine di invitare i colleghi a comportarsi in maniera conforme a quella richiesta per il mantenimento dei livelli di sicurezza.
Il complesso della legislazione attuale prevede disposizioni obbligatorie per il datore di lavoro, il quale le trasmette per via gerarchica al lavoratore, e disposizioni destinate direttamente ai lavoratori; fondamentalmente, quindi, ciascuno si sente destinatario finale di un obbligo ma è poco abituato ad interagire e collaborare con i colleghi. Ad esempio, se in un'operazione di travaso di un prodotto chimico un operaio si presenta con maschera, occhiali e guanti e l'altro senza alcuna protezione, è molto probabile che l'operazione venga comunque effettuata perché l'operaio protetto non dirà mai all'altro che l'operazione non si può fare in quelle condizioni. All'interno di un Behavioral safety process, invece, si crea un sistema all'interno del quale ciascuno è compartecipe della sicurezza dell'altro e, conseguentemente, è stimolato non solo a tutelare la propria sicurezza ma anche a promuovere quella degli altri colleghi. In questo contesto, quello che ci si aspetta - e che si dimostra accadere - è che fra due lavoratori che si presentano ad effettuare un'operazione, l'uno protetto e l'altro no, colui che indossa le protezioni esorterà il collega ad indossarle a sua volta, senza che sia un suo diretto superiore e senza avere avuto un incarico in questo senso. In tal modo il sistema funziona perché si verifica una comunicazione di sicurezza non solo da un punto di vista strettamente gerarchico ma anche a livello orizzontale.
Il principio basilare è quindi quello di riuscire a fare in modo che venga adottato un comportamento di sicurezza. Tradizionalmente esiste un obbligo normativo ed eventualmente delle sanzioni alle quali può essere soggetto un lavoratore se non ottempera ad un certo modo di agire. In un Behavioral safety process, invece, si riesce a fare in modo che le persone, motu proprio, adottino quel comportamento. La modifica del comportamento sta nell'approccio: da «sono obbligato» a «voglio farlo». Il Behavioral safety process consente quindi di adottare modalità più efficienti per identificare e correggere i comportamenti non sicuri, per somministrare una adeguata formazione che sia effettiva e che porti la persona ad una presa di coscienza delle conseguenze delle proprie attività, per effettuare una analisi delle contingenze interne all'organizzazione, quindi ciò che eventualmente mantiene in essere un comportamento non corretto, ed infine per individuare le modalità con cui le persone sono organizzate e motivate a svolgere la propria attività.
Questo tipo di approccio consente specificamente di integrarsi all'interno dei sistemi di gestione e, quindi, di conseguire un cambiamento culturale, elevando a valore fondamentale i temi della sicurezza, in un ampio coinvolgimento di tutti i lavoratori. A tal proposito, faccio presente che insieme al professor John Austin della Western Michigan University ho inviato osservazioni e commenti al BSI Working group insistendo sulla integrazione degli aspetti di contiguità e sinergia tra la B-BS e le linee guida OHSAS (Occupational health and safety assessment series, che identificano uno standard internazionale per un sistema di gestione della sicurezza e della salute dei lavoratori); alcuni di tali commenti sono stati così inseriti nelle OHSAS 18002, facendo entrare la parte comportamentale un po' più all'interno delle linee guida di applicazione delle OHSAS 18001.
Attraverso questo processo si riesce a dare piena attuazione a quanto previsto dall'articolo 20 del decreto legislativo n. 81 del 2008, per la parte in cui ogni lavoratore viene obbligato a prendersi cura della propria sicurezza ma anche di quella delle altre persone sulle quali possono ricadere eventuali conseguenze di azioni od omissioni, rendendo tutti i soggetti compartecipi di un sistema che riesce ad essere costruito attraverso il Behavioral safety process, in modo tale che ciascuno venga portato a contribuire, insieme al datore di lavoro e ai dirigenti, all'adempimento degli obblighi previsti dalla normativa. L'applicazione pratica di questo sistema ed oltre trent'anni di esperimenti condotti nelle aziende evidenziano come sia possibile ottenere risultati assolutamente interessanti. D'altronde, citando Deming, un importante statistico del passato, se si continua a fare ciò che si è sempre fatto, si continueranno ad ottenere sempre gli stessi risultati. Il Behavioral safety process, quindi, potrebbe rappresentare un modo nuovo di interpretare l'applicazione delle normative anche al fine di ottenere risultati misurabili.

TOSOLIN
Una premessa: è chiaro che quando si riportano dati tecnici rapidamente, sembra di parlare in modo brutale, chiedo perciò scusa in anticipo ai presenti. In secondo luogo, non mi dispiace affatto essere interrotto con domande e commenti. In questo modo, è possibile rispondere direttamente sul punto.
Fatte queste premesse, procedo con la spiegazione di cosa sia la B¬BS e di come attualmente funzioni e agisca nelle imprese. Anzitutto, la B¬BS è un metodo scientifico, e questa premessa vale più di ogni altra. Per la precisione, la B-BS è l'unico metodo scientifico, non nell'ambito della sicurezza tecnica ma in quello della sicurezza comportamentale. Che un metodo sia scientifico non significa che esso è dichiarato tale dal Presidente, dal professor Bacchetta o da un funzionario, ma che il metodo è dimostrato sperimentalmente. Le mie affermazioni sono vere o false solo perché dispongo di 84 ricerche sperimentali pubblicate su importanti riviste. Chiarisco tale punto perché, nel campo della sicurezza, molti parlano di metodo scientifico quando, in realtà, quel metodo è stato sì studiato da qualcuno, ma mai nessuno ha dimostrato che funzioni. Quindi, d'ora in avanti noi useremo il termine scientifico nella sua vera accezione, che è appunto quella da me fornita.
I sinonimi di "psicologia scientifica" usati in letteratura sono "psicologia dell'apprendimento" o "psicologia del comportamento". La mia disciplina una volta era chiamata "psicologia dell'apprendimento", adesso è definita Behavior Analysis, che è la denominazione usata in tutto il mondo. Noi siamo nati, però, dando i principi e le leggi dell'apprendimento. Ci occupiamo del comportamento perché questo oggi rappresenta l'elemento più importante nel mondo del lavoro. Con la globalizzazione, l'unico elemento che rende diversa un'impresa da un'altra non è che l'una possieda un trapano della Bosch mentre l'altra non può averlo; semplicemente, una lo impiega meglio e l'altra peggio. Questo cambia la quantità del lavoro (la produttività), la qualità del lavoro (la precisione) e cambia il terzo parametro, che è la sicurezza.
Nel campo della sicurezza noi abbiamo bisogno di un metodo che ci aiuti ad ottenere un maggior numero di comportamenti sicuri. Questo metodo dovrebbe essere scientifico, dovrebbe cioè essere dimostrato che funzioni. Non è quindi scienza la matematica, mentre sono scientifiche la fisica, la chimica, la biologia o la Behavior Analys. Tutto quanto noi affermiamo è scientifico in quanto è dimostrato su scala parametrica. Non sono scientifiche, anche se sono materie delle quali è degnissimo occuparsi, la filosofia, la teologia, la psicologia, la psicoanalisi o altre materie di questo tipo. D'altro canto, come dice il nome stesso, l'analisi della psiche è l'analisi di qualcosa che non ha consistenza ontologica. La psiche del lavoratore non ha un volume, non ha un peso, non ha durata né lunghezza. Il behavior, al contrario, ha frequenza, latenza, intensità e durata e, quindi, è suscettibile di misurazione. Per tale motivo, noi operiamo in questo ambito e in questo rimaniamo. Ormai la metà degli studenti del corso di laurea specialistica in ingegneria della sicurezza si laurea con una tesi sperimentale sulla B-BS (almeno così è al Politecnico di Milano, anche se comincia ad essere così anche in altre Università). Una di queste tesi, non sperimentale ma bibliografica, durata 14 mesi, è stata assegnata ad una giovane ingegnere, alla quale abbiamo chiesto di studiare tutti i metodi esistenti nel mondo per ottenere comportamenti di sicurezza. Questa laureanda li ha cercati individuandone 304 (che vedete scorrere nella slide alle mie spalle). La tesi è durata 14 mesi perché abbiamo dovuto studiarli tutti. Alcuni li conoscete, poiché abbinati a marchi famosi e commerciali (quali DuPont e SOBANE). Sono tutti metodi volti ad ottenere comportamenti di sicurezza nel mondo, e mi preme mostrarli perché, nella documentazione allegata, li abbiamo studiati tutti. E strano ma, molto spesso, i cosiddetti esperti di sicurezza non ne conoscono neanche il 10 per cento.
La domanda che ci siamo posti è se questi metodi funzionino tutti. Ovviamente, la risposta è che è ben difficile che funzionino tutti. Abbiamo allora chiesto a questa giovane ingegnere di cercare, tra questi 304 metodi che dovrebbero servire a garantire comportamenti di sicurezza sul lavoro, quali indicano alla impresa come agire. Abbiamo scoperto che solo 84 di essi indicano dei comportamenti da porre in atto. Gli altri sono metodi eminentemente diagnostici, che somministrano un test al lavoratore, da cui risulta se il lavoratore sia o meno a rischio. Ma alla domanda su cosa bisogna fare per mettere il lavoratore in sicurezza, 220 di questi metodi non rispondono. Abbiamo poi chiesto alla nostra laureanda di scoprire quanti, di questi 84 metodi, abbiano pubblicazioni scientifiche a sostegno della loro efficacia. E a questo punto c'è stata la seconda sorpresa, che è stata tale anche per noi. I metodi dimostrati pubblicamente sono solo 9 (e ricordo che una pubblicazione, per essere scientifica, deve riportare il luogo dove l'esperimento è stato condotto, come, quando e il risultato ottenuto). Nessuno, invece, ha mai dimostrato che gli altri 75 metodi funzionino. Sia chiaro che ciò non significa che non funzionano ma per essi vale il medesimo ragionamento che si può fare per i fiori di Bach: si dice che funzionino, ma ciò non è stato provato dall'Istituto di ricerche Mario Negri.
Infine, abbiamo posto un'ultima domanda a questa ingegnere, chiedendole di verificare quanti di questi 9 metodi dispongano di prove di primo livello e quanti dispongano di prove di terzo livello. La prova di primo livello nel mondo scientifico è il cosiddetto case report: riporto un caso e dimostro che, avendo sottoposto 100 operai al metodo, laddove prima si verificavano 10 incidenti all'anno, ora se ne verificano 7. Quindi, il metodo in questione riduce gli incidenti del 30 per cento. Ora, questo modo di procedere non è esattamente scientifico. Infatti, si consideri che chi ha scritto l'articolo ha applicato il suo metodo in 206 aziende: Secondo voi, il case report che egli produrrà nella pubblicazione descrive l'azienda dove il metodo ha dato i migliori risultati o quella dove ha dato i peggiori? Evidentemente, descriverà l'azienda dove il metodo ha ottenuto i migliori risultati. Addirittura, il metodo in questione può essere fallito 180 volte su 200, può essere riuscito parzialmente negli altri 26 casi, tra i quali ultimi l'autore della pubblicazione ha descritto il caso migliore.
A questo punto, dal momento che al Politecnico siamo esigenti, abbiamo chiesto alla giovane laureanda di specificare quanti metodi per la sicurezza hanno prove di terzo livello. Le prove di terzo livello sono anche dette randomised controlled practices. Sono cioè esperimenti scientifici dove vi sono sia un gruppo sperimentale che un gruppo di controllo, come in medicina. Io applico il mio metodo a un primo gruppo di 1.000 operai, mentre non lo applico all'altro gruppo, e seguirò gli operai nell'arco di mesi e anche di anni, per verificare dove si verificano più incidenti. Solo queste pratiche, per noi, hanno il valore di prove scientifiche di efficacia.
In base a questo ragionamento, uno solo dei metodi studiati ha prove di questo livello, e questo unico metodo è appunto la B-BS. La Behavior Based Safety dispone di 649 prove sperimentali pubblicate su riviste ad alto impact factor (addirittura su "JOB", la terza rivista di impact factor nel mondo) e ha anche due prove di meta-analisi comparativa. Ciò non vuol dire che gli altri metodi non funzionino, ma solo che noi non possiamo affermare che funzionino. Tutti gli esperimenti condotti in istituti indipendenti e in varie università nel mondo hanno invece dimostrato che la B-BS funziona. Quanto funziona? Essa riduce in media gli infortuni del 65 per cento; non è il 100 per cento, certo, ma neanche l'antibiotico guarisce al 100 per cento. Ad ogni modo, esagerando, se gli infortuni fossero un milione, applicando questo sistema ce ne sarebbero 650.000 in meno e credo che questo sia un risultato di cui potremmo accontentarci.
Che cosa si deve misurare per avere efficacia nella sicurezza? Innanzitutto i risultati, cioè gli infortuni. Ad esempio, in un'impresa assunta a campione tra il 1991 ed il 1995 il numero degli infortuni nei primi tre anni era costantemente crescente; una volta introdotto il sistema di B-BS il numero degli infortuni cominciò a ridursi considerevolmente sin da subito. Lo stesso risultato si ottenne in un'azienda petrolchimica e in un'altra del comparto chimico-plastico, analizzate più o meno negli stessi anni. Di esempi di questo genere ce ne sono più di 10.000-15.000 nel mondo, anche se gli esperimenti controllati, che danno comunque l'idea del successo, ammontano a 649.
Oltre alla diminuzione del numero degli infortuni, è anche possibile ridurre la gravità degli stessi. Ad esempio, il numero degli incidenti che si verificano tra gli autotrasportatori di un'azienda potrebbe anche non diminuire nell'immediato; potrebbe però diminuire sin da subito il numero degli infortuni che accadono per il mancato uso delle cinture. In questo caso, si riduce la gravità.
Uno studio condotto dal collega Dwight Harshbarger, direttore generale del Cambridge Centre for Behavioral Studies fino allo scorso anno, è esemplificativo di come devono essere strutturati tutti gli stabilimenti perché si possa asserire che si applica la B-BS. Nel 1994 sono stati misurati gli incidenti avvenuti nella Acetate Fibers Division di un'azienda, che a quel tempo si ponevano allo stesso livello del benchmarking, cioè la media degli infortuni di tutte le altre aziende dello stesso comparto. Una volta introdotto il sistema B-BS nell'azienda, si è registrato un calo del numero degli infortuni del 40 per cento nel solo primo anno e di circa il 20 per cento all'anno per ogni anno successivo. Il dato che la B-BS riduce gli infortuni del 40 per cento il primo anno e del 20 per cento negli anni successivi è uno standard mondiale, come riconosciuto da John Austin della Western Michigan University, il ricercatore più importante a livello mondiale. Pertanto, quando si implementa il sistema, si ha come effetto una riduzione netta del numero degli infortuni rispetto a quanto avviene nelle aziende dello stesso settore e quando noi parliamo di risultati intendiamo proprio questo: non si fa riferimento a indicatori, test, questionari di gradimento ma solo al numero degli infortuni.
Misurare gli infortuni, però, serve solo a sapere che si è avuto successo e per ottenere una diminuzione del numero di infortuni è necessario misurare i comportamenti, principio chiave della B-BS. L'esempio più calzante è quello rappresentato da un esperimento condotto a Damietta, alla foce del Nilo, in Egitto, presso un cantiere dell'azienda italiana Techint, grande gruppo di progettazione industriale. Nel cantiere lavorano 4.000 operai che hanno imparato a misurare i comportamenti con delle apposite check-list. Il singolo operaio compila un questionario nel quale indica quanti colleghi vede in sicurezza o in pericolo in un dato momento. Ad esempio, se un operaio incaricato di tagliare un tubo lo mette nella morsa ed impugna con entrambe le mani l'attrezzo che utilizza per il taglio, il comportamento viene indicato nel questionario come corretto e sicuro; se invece l'operaio taglia il tubo tenendolo in mano e non fissandolo nella morsa, quello è indicato come comportamento pericoloso. La stessa procedura viene seguita per tutti gli operai del cantiere, tutti i giorni, per un dato periodo. I comportamenti dei 4.000 operai dello stabilimento sono stati poi riportati in un grafico dal quale si evince che alla fine del 2008 si è registrato il 36 per cento di comportamenti pericolosi mentre nel periodo successivo al controllo si è registrata una diminuzione fino al 7 per cento. Se si esamina il dato storico di quel cantiere, si può rilevare che il numero degli incidenti (anche mortali) è diminuito esattamente in proporzione alla diminuzione dei comportamenti pericolosi. Questo significa applicare la B¬BS.
Osservare e misurare i comportamenti è quindi importante perché se dopo averli misurati questi vengono pure cambiati, automaticamente si cambia il risultato, cioè il numero degli infortuni. Infatti, se si esamina la dinamica dell'infortunio dopo che questo si è verificato, il massimo che si riesce a fare è evitare che si ripeta (e per inciso non si riesce a fare nemmeno questo), ma di sicuro non si cambia il dato dei morti che si sono già registrati.
Vorrei ora citare uno studio condotto dalla dottoressa Gatti, la più grande esperta di Behavior-Based Safety oggi in Europa (piccolo vanto dell'Italia), insieme a due laureandi e presentato all'VIII Congresso internazionale di igiene occupazionale. In tale studio sono riportati i comportamenti pericolosi (circa 1 su 4) rilevati nella Saint Gobain Glasses. Per comportamento pericoloso si intende, ad esempio, l'addetto al controllo qualità che prende una bottiglia incandescente e la ripone nel cesto degli scarti; l'operaio attua questo comportamento per tre volte ma la quarta, per stanchezza o per velocizzare l'azione, invece di riporre la bottiglia nel cesto, la lancia e a volte capita che la bottiglia incandescente finisca sulla faccia di un altro operaio, ustionandolo. Questo, nella Saint Gobain Glasses, accadeva prima dell'agosto 2008; nel settembre successivo i comportamenti pericolosi si erano ridotti di cinque volte e, quindi, il numero degli ustionati era calato di cinque volte.
Misurare comportamenti significa, quindi, misurare tutti questi dati.
Passiamo ora ad esaminare la causa degli incidenti. Cinquant'anni anni fa l'azienda DuPont commissionò ad Heinrich uno studio per esaminare le cause dell'esplosione ripetuta degli stabilimenti in cui si producevano proiettili. Dall'attenta analisi condotta risultò che l'80 per cento degli infortuni sul lavoro della DuPont erano dovuti a comportamenti e non a fatti tecnici. Ogni volta che si ripeteva lo studio si scopriva che l'infortunio dovuto al fattore tecnico diventava sempre più raro. Secondo l'amministratore delegato di ASC (Automotive safety centre), il centro promosso da «Quattroruote» che si occupa della pista di Vairano, il 98,5 per cento degli infortuni su strada (camionisti, informatici scientifici, rappresentanti) è causato solo dal comportamento del guidatore o di un altro guidatore. Non esiste più il problema della ruota che si svita, non esiste più il problema del trapano che si smonta in mano all'operaio; queste sono solo favole residue raccontate da qualcuno che vuole impressionare i partecipanti ad un congresso, perché statisticamente questo dato non esiste più. Proprio recentemente è morto un pilota perché un manutentore aveva montato male un bullone; l'incidente mortale è stato comunque causato da un comportamento e non da un guasto tecnico. Chi non capisce questo non può occuparsi di sicurezza e non se ne occupa.
Vorrei ora spiegare come accade tutto ciò, presentando una serie di esempi di comportamento, che d'ora in poi chiameremo tecnicamente behavior. La foto che vedete, da me scattata circa 4 anni fa, è un esempio di comportamento. Io mi sono avvicinato all'operaio ritratto e gli ho detto che, secondo me, il suo collega lavorava in modo precario. Egli mi ha risposto vantando, al contrario, le condizioni di lavoro del cantiere. Io ho allora ho ribattuto che l'altro operaio sembrava essere in bilico. A quel punto, egli mi ha indicato dei sacchi posizionati come contrappeso. Alla mia osservazione che sarebbe stato il colmo se non avessero posizionato neanche i sacchi, egli ha risposto che quello era il primo anno che i sacchi erano impiegati come contrappeso. Infatti, dal momento che i sacchi pesano 50 chili e che ogni volta che si sposta il ponteggio bisogna trasportare i sacchi, come contrappeso venivano in precedenza impiegati dei bambini. Però - è stata la conclusione dell'operaio - essendo bambini, questi tendevano a distrarsi e ad andare via e, ogni volta che un bambino spariva, il cantiere perdeva un operaio. Da quel momento, quindi, in quel cantiere, per sicurezza impiegano i sacchi. Questo è un comportamento pericoloso, anche se il povero operaio non lo sapeva.
Il problema è proprio come fare a modificare un comportamento pericoloso. E a tal proposito si verifica di solito un grande errore, nel quale, purtroppo, chi non è scienziato incorre continuamente, non riuscendo così a cambiare nulla. Molti credono, infatti, che il comportamento pericoloso sia innato, connaturato alla natura dell'uomo, nel senso che alcuni nascono prudenti e alcuni imprudenti. Questa è una bugia colossale: tutti gli studi sul genoma lo dimostrano, ma chi non è scienziato ama pensare che sia così. La ragione per cui tale opinione è falsa è intuitiva. Si consideri il seguente esempio. Vostro figlio la mattina vi accompagna in ufficio con il motorino. E prudente e si ferma sempre al semaforo giallo. Di sera, invece, egli esce con gli amici, va in discoteca e porta in motorino con lui una ragazza che gli piace. Si dia il caso che tale ragazza ami i tipi liberi e selvaggi, che guidano a fari spenti nella notte. Secondo voi, vostro figlio, di sera, rispetterà il segnale giallo esattamente come fa la mattina, o il suo comportamento cambierà? Ebbene, il suo comportamento cambierà perché, dal momento che chi lo precede e sa dove si trova la discoteca è passato con il semaforo giallo anche se vostro figlio arriva al semaforo quando si accende la luce rossa accelererà per non perdere il suo amico. Pertanto, vostro figlio, che ha frenato la mattina davanti al semaforo rosso, accelera la sera davanti allo stesso semaforo rosso. Ma qui il problema non è il carattere, perché la personalità non cambia dalla mattina alla sera. Ripeto, inoltre, per chi ama tali questioni che vi sono studi biologici e neurologici, dei quali siamo pionieri. Ciononostante, nel mondo della sicurezza si sentono ripetere tali sciocchezze, per cui alcune persone sarebbero più propense di altre ad attuare comportamenti di prudenza. In realtà, neanche negli animali è innata la prudenza. Nell'immagine che sto proiettando adesso, potete vedere un cane accucciato sotto una sedia sulla quale è seduta una donna molto grassa. Secondo voi sta lì per ragioni caratteriali? Perché è un cane spericolato? No. Il cane si ripara sotto la sedia perché c'è ombra. Se l'ombra si spostasse più a sinistra, anche il cane si sposterebbe più a sinistra. Sono gli stimoli presenti nell'ambiente di lavoro che ci portano ad assumere determinati comportamenti, non un presunto agente interno. Inoltre, se noi avessimo un presunto agente interno che ci guida, non si capisce perché sanzionare il datore di lavoro.
Il comportamento sicuro può essere determinato da due sole cause. In primo luogo, io posso ignorare che è vietato camminare sotto una gru e che devo, invece, camminare lungo le linee blu. Questo aspetto è ben presente alla legge italiana che, infatti, parla di formazione a ogni piè sospinto. Purtroppo, vi è anche una seconda causa del comportamento. L'esempio che riporto adesso è una sorta di autodenuncia. Io guido a una velocità molto superiore ai 50 chilometri orari permessi in Corso Sempione, a Milano. Ora, io so benissimo che è vietato guidare sopra i 50 chilometri all'ora, ma non voglio rallentare. La quasi totalità dei comportamenti nell'industria e nelle imprese non sono attuati da persone che ignorano che è obbligatorio mettere il casco; sono attuati da persone che conoscono perfettamente tale obbligo, ma che non hanno alcuna voglia di tenere in testa un casco con 50 gradi all'ombra. La B-BS riduce così tanto gli infortuni proprio perché fa in modo che la persona desideri attuare il comportamento opposto. Essa cioè modifica il comportamento. La formazione non può garantire questo risultato. Agire su questo punto, pertanto, è ciò che ci interessa.
Il primo ad essersi posto tale problema è stato un mio collega, il professor Burrhus Frederic Skinner, dell'università di Harvard, che è stato il più grande studioso di questa materia nel secolo scorso. Egli si è posto il seguente problema, che io illustro con un esempio pratico, in modo da farmi sicuramente comprendere. Filippo è un ragazzo di 16 anni che guida il motorino. A un dato momento, Filippo attua un comportamento di prevenzione e sicurezza, che consiste nel rallentare. Tale comportamento corrisponde esattamente a quello di un operaio che mette il casco. Sono entrambi comportamenti di prevenzione e sicurezza. Ma io devo conoscerne la causa. Tutti ritengono, sbagliando, che la causa consista nello stimolo precedente al comportamento: l'individuo vede il semaforo rosso o il rondò, o il bambino che attraversa, e poi rallenta. Questo stimolo però è una correlazione, ma non la causa del comportamento. In scienza, correlazione e causa sono due cose diversissime. Se un'azienda ha un sistema di gestione che provoca meno incidenti, questa è una correlazione, e non una causa. Un'altra azienda, infatti, potrebbe avere un altro sistema di gestione e avere comunque pochi incidenti. Lo stimolo antecedente è l'occasione per rallentare. Se il ragazzo va a 90 all'ora, il fatto di vedere il rondò rappresenta un'occasione per scendere a 30 all'ora, ma non è detto che ciò accada: a me piace guidare e allora spingo sull'acceleratore.
In scienza, la causa non provoca un comportamento che qualcuno applica e qualcun'altro no. Se, quando applico una forza in questo punto, si verifica sempre uno spostamento di 20 centimetri, allora c'è un rapporto di causa-effetto. Se ogni qualvolta io applico x si verifica y, allora quella è una causa. Skinner ha dunque affermato che lo stimolo antecedente rappresenta l'occasione per rallentare, ma non è detto che sia sufficiente. Il cartello recante la scritta "Obbligatorio indossare le scarpe di sicurezza" è uno stimolo antecedente, perché io lo leggo prima di mettere le scarpe. Ma non è detto che questo cartello mi faccia attuare questo comportamento, perché io leggo il cartello e metto le scarpe di sicurezza, ma un altro legge il cartello e non le mette. Se il cartello fosse la causa del comportamento, allora anche l'altra persona le indosserebbe.
Tornando all'esempio precedente, Filippo vede il rondò e rallenta. È possibile misurare questo comportamento? Sì, è possibile farlo su scala parametrica, calcolando la frequenza o l'intensità del rallentamento. Nella B-BS, si osserva più volte il comportamento dell'operaio e si segna quante volte lo attua. Quel numero di volte è appunto la misura del comportamento. Non esiste un operaio che indossi sempre il casco e non esiste un operaio che non lo indossi mai. La quantità di volte in cui lo fa è sempre misurabile e la probabilità di infortunio è legata a tale quantità. Io seguirò il ragazzo con l'elicottero, compirò tali misurazioni e poi potrò comunicare ai familiari che Filippo è un bravissimo ragazzo, perché l'ho visto attraversare 2.116 di incroci, rallentando 2.116 volte. Secondo voi, questo comportamento rimarrà uguale per tutta la vita nel giovanotto o potrebbe cambiare? Potrebbe cambiare, e si arriva, a questo punto, al cuore
della B-BS.
Faccio ora un altro esempio, per spiegare cosa fa cambiare il comportamento umano. Un giorno sul motorino di Filippo sale Loredana, la ragazza più bella della scuola. Mentre la accompagna a casa, Filippo vede il rondò e, come ha sempre fatto nei due anni precedenti, attua il comportamento di sicurezza, decelerando da 90 a 30 chilometri all'ora. Questa volta, però, a differenza delle volte precedenti, appena rallenta, egli percepisce un secondo stimolo. Il secondo stimolo è da noi definito consequence. Quando Filippo rallenta, infatti, la ragazza gli domanda perché il motorino non vada più veloce: lui ha l'impressione che lei gli abbia dato dell'ebete. Filippo ha rallentato, ma lo stimolo da lui percepito non è di contentezza o appagamento, ma è la convinzione di aver fatto una brutta figura agli occhi della ragazza.
Secondo voi, un operaio che, il primo giorno di lavoro, arriva in cantiere con la visiera abbassata, indossando i guanti, il cacciavite isolante, le scarpe di sicurezza e la giubba antifiamme completamente allacciata, e che viene di conseguenza preso in giro dai suoi compagni di lavoro, per quanto tempo attuerà il comportamento di sicurezza? Il comportamento insicuro, dunque, è causato, non dallo stimolo antecedente (ad esempio, un cartello che invita a indossare la visiera), ma dallo stimolo immediatamente conseguente. La causa dei nostri comportamenti non è lo stimolo che viene prima ma quello che viene dopo. Questo stimolo successivo non è considerato da nessun sistema di sicurezza. Ecco perché i sistemi non funzionano. Se lo stimolo che viene dopo è doloroso, come nel caso che vi ho proposto, Filippo non rallenterà più. Infatti, non si può affermare che al successivo rondò nel ragazzo è cambiata la percezione del rischio; nessuno ha mai dimostrato che sia così. Infatti, in Filippo la percezione del rischio è rimasta (ha le palpitazioni, la salivazione è azzerata e gli tremano le braccia), ma non riesce più ad attuare il comportamento virtuoso: si vergogna a rallentare. La paura, però, è rimasta la stessa. Il principio fondamentale quindi è che non si avrà mai una sicurezza comportamentale se non si governano le conseguenze. Il cartello che invita a rallentare rappresenta un antecedente, così come le esortazioni del capo o il manuale operativo, ma non sono conseguenze.
Arrivo ora al secondo elemento, scandaloso ma documentatissimo. E preferibile usare la punizione o una conseguenza positiva? Si potrebbe affermare che siano elementi simmetrici, ma non è così. Tutti gli esperimenti condotti sugli organismi viventi dimostrano che non sono equivalenti. Infatti, la sanzione sul lavoratore presenta un solo aspetto negativo: è effimera. E questo è un dato biologico: è effimera sull'uomo così come sulla lucertola o sul delfino. Appena la ragazza sale sul motorino, il ragazzo smette di rallentare; non appena però la ragazza scende dal motorino, il ragazzo torna a rallentare come faceva prima. L'operaio sanzionato, appena l'ispettore si allontana, torna a comportarsi come prima. Lo stesso vale per chi torna a guidare a 150 chilometri all'ora dopo avere preso la multa.
Provate a pensare quando si riceve uno stimolo che induce ad adottare un comportamento opposto a quello corretto. La ragazza non si limita a punire il ragazzo quando rallenta; fa molto di più: gli dà uno stimolo positivo quando accelera. Infatti, quando, spaventatissimo, il ragazzo entra nel rondò con la moto inclinata a 90 chilometri all'ora e attua il comportamento pericoloso, la ragazza, dal sellino posteriore, in mezzo secondo (altrimenti non funzionerebbe) gli eroga una conseguenza che è positiva, immediata e certa. Appena il ragazzo entra inclinato nella curva, lei gli dà due stimoli, uno sonoro e uno tattile: gli urla nelle orecchie di non rallentare e lo paragona ai campioni mondiali di motociclismo (il ragazzo sedicenne prova come minimo un leggero senso di appagamento) e poi, essendo molto alta e dovendo quindi tenersi nella curva presa ad alta velocità, si aggrappa al ragazzo che guida. Come può comportarsi a quel punto il ragazzo nei successivi rondò?
Provate ora a pensare all'operaio che finisce di scalpellare su una impalcatura, si alza e si guarda in giro: vede i suoi compagni che stanno andando in mensa (lo stimolo antecedente) e a quel punto si muove (behavior) per andare anche lui a mangiare. L'operaio può agire in due modi: o torna indietro, imbocca le scale di sicurezza e raggiunge i compagni, oppure salta. Nel primo caso accade che l'operaio vede i compagni che vanno in mensa, ma c'è un cartello con su scritto «Vietato saltare dall'impalcatura»; questi due antecedenti lo inducono a tornare indietro, prendere le scale ed incamminarsi da solo. C'è un particolare: questo comportamento punisce pesantemente l'operaio perché arriva in mensa quando tra lui ed i compagni si sono infilati tre impiegati, il direttore del personale e il capo cantiere e così dovrà mangiare con gente che non conosce. Questa è definita «punizione». Il giorno dopo l'operaio vede nuovamente i compagni che vanno in mensa; lui è sul ponteggio alto due metri e 20 centimetri, scavalca la protezione e salta, pur sapendo che questo è vietato. In tal modo, però, raggiunge subito i compagni (conseguenza positiva, immediata e certa); non solo, ma in quel momento sta passando anche l'impiegata dell'amministrazione che non lo ha mai degnato di uno sguardo ma che, vedendolo saltare con agilità, gli rivolge un complimento. In quel modo l'operaio ottiene due conseguenze positive: raggiunge i compagni; si sono fermati a guardarlo persino gli impiegati. Dopo qualche tempo che l'operaio fa il pagliaccio, pur avendo a disposizione la scala di sicurezza, non la usa appositamente.
Questo è un paradigma biologico. Chi governa il nostro comportamento sono le conseguenze e le conseguenze positive hanno un vantaggio stratosferico su quelle negative. Il comportamento pericoloso riemerge appena la punizione svanisce. E stato dimostrato che chi ha imparato a guidare a velocità sostenuta sulla base di un rinforzo positivo (il ragazzo riceveva i complimenti dalla ragazza che viaggiava sul sellino posteriore) continua a tenere il comportamento pericoloso anche quando lo stimolo originario non c'è più (ad esempio, la ragazza lo lascia) e sul motorino è da solo. È proprio questo che intendiamo quando affermiamo che la sicurezza può diventare un atto volontario. Se anziché sanzionare il lavoratore gli creiamo conseguenze positive, in un numero di volte che di solito oscilla tra le 12 e le 15, si può ottenere un comportamento volontario. Alla domanda: «Perché stai indossando il casco?», l'operaio risponde: «Bisogna indossarlo». È quindi un atto volontario. E anche se gli si obietta che l'ispettore in quel momento non c'è, lui lo indossa lo stesso. Questa è la forza della B-BS. Il comportamento è funzione del numero di conseguenze positive ottenute dal lavoratore nell'unità di tempo.
Noi parliamo di tutto questo con l'azienda perché chi governa la maggior parte degli stimoli che insistono sui lavoratori durante l'attività lavorativa, cioè chi manovra gli antecedenti e le conseguenze, è l'azienda; è l'azienda che può organizzare gran parte di questi stimoli e nelle aziende in cui si applica la B-BS si organizza il lavoro in modo tale da ottenere il behavior che sta nel mezzo tra lo stimolo antecedente e lo stimolo conseguente. Chi non controlla le conseguenze può elaborare un numero infinito di sistemi di gestione, può seguire innumerevoli corsi, può fare esortazioni, può irrogare sanzioni, ma l'aspetto principale è riuscire a gestire le conseguenze.
Mi soffermo su due ulteriori particolari. Innanzitutto, la conseguenza deve essere molto numerosa: il comportamento dipende dal numero di conseguenze e non dalla loro grandezza: Un regalo di 1.000 euro a fine anno ha un effetto pari a zero; l'assegnazione di 5 euro ogni volta che l'operaio indossa il casco ha un effetto molto più convincente, anzi, l'operaio è addirittura portato a sperare che il capo lo veda indossare il casco, un comportamento esattamente opposto a quello precedente, quando l'operaio andava in giro senza casco, tenendolo sotto il braccio per poterlo indossare rapidamente nel caso incontrasse il capo o l'ispettore. B (behavior), quindi, è funzione di A e C, una piccola formula di una semplicità spaventosa.
Ci si può chiedere, allora, perché si studia otto anni per diventare esperti del settore. Questo è il principio di fondo; quello che si studia approfonditamente sono i modi con cui assegnare le conseguenze. Ne esistono 72 diversi e assai sofisticati; si possono dare conseguenze fisse, a intervallo, a intervallo variabile, e tutte hanno un impatto sul comportamento. Esiste il rinforzo positivo, quando la conseguenza è immediata e gratificante (i complimenti della ragazza); esiste il rinforzo negativo, quando la conseguenza è sgradevole (il licenziamento) ma la condizione gradevole viene ripristinata se si attua il comportamento corretto (scatta il licenziamento, ameno che l'operaio non metta in ordine l'officina). Comunque si ha un rinforzo, anche se nel primo caso il comportamento è assunto volentieri, mentre nel secondo caso si è costretti. Quasi sempre si vuole imporre all'operaio la seconda modalità: «fallo altrimenti ti castigo»; è questo il motivo per cui l'operaio smette di adottare il comportamento corretto appena la minaccia del castigo scompare.
Altre modalità per cambiare i comportamenti sono la punizione (positiva o negativa, ad esempio il pagamento di una penale), il rinforzo (positivo o negativo), il feedback (qualcosa di più sofisticato, anch'esso positivo o negativo) e l'estinzione del comportamento. Sono tutte conseguenze che i non scienziati definiscono «provvedimento» o «sanzione»; in realtà, nella scienza esistono solo le sette modalità che vi ho appena citato, quindi né provvedimenti né sanzioni.
Ora comprendiamo perché dove la B-BS non viene applicata si cercano i comportamenti pericolosi allo scopo di punirli, mentre dove la B¬BS viene applicata si cercano i comportamenti sicuri allo scopo di premiarli, o meglio di rinforzarli. Nelle aziende in cui manca la B-BS, ammesso che si vada a premiare una persona, la si premia quando questa è perfetta. Ciò è sciocco ed inefficace. È come avere un figlio che prende sempre due in matematica e lo si avverte che appena prenderà dieci e lode verrà premiato: questo risultato non si otterrà mai. Se invece gli si dice che quando prenderà un voto appena superiore al due verrà in qualche modo gratificato, allora quello comincerà a prendere voti sempre più alti e nell'arco di sei settimane riuscirà a prendere dieci, senza capacitarsi di come ci sia riuscito. Questo percorso viene definito shaping ed è noto dal 1942, ma non viene adottato per ottenere comportamenti di sicurezza. Là dove viene adottato non esiste essere umano che nell'arco di 15 settimane non attui tutti i comportamenti di sicurezza. Si gratificano quindi le persone quando il loro comportamento è migliore rispetto al passato. Di solito un lavoratore attuava due DPI (dispositivi di protezione individuale) su sette? Ebbene, quando questi saliranno a tre su sette, il lavoratore sarà elogiato per aver ottenuto un aumento del 50 per cento. Gratificare i dipendenti in base al giudizio dei capi è, di fatto, vietato dalla B-BS.
In scienza non esistono giudizi, né si fanno classifiche. Si prenda il caso di una classifica che premi il miglior operaio del mese, quello che attua il comportamento più sicuro in assoluto. Non solo tale pratica è vietata, ma la Corte di giustizia del Texas ha condannato un'impresa che attuava sistemi del genere. E stato infatti dimostrato da Terry Mc Sween per primo, nel 2003, che chi premia le persone su questa base realizza aziende virtuali. E il caso della DSM di Capua, dove non si registrano infortuni per molti mesi (ma in realtà questi vengono tenuti nascosti); ogni tanto si verifica la morte di un operaio, ma poi l'azienda ritorna a non registrare infortuni per lunghi periodi. In America, dove la sopracitata sentenza ha fatto giurisprudenza, essa è ora accettata in tutti gli Stati dell'Unione.
La B-BS, dunque, si attua solo attraverso conteggi di comportamenti. Il comportamento viene contato, non giudicato. Per questo motivo, il comportamento può essere contato, indifferentemente, da un capo, da un lavoratore o addirittura dallo stesso dipendente che svolge la mansione. Il lavoratore, infatti, non mente sotto B-BS, come mentirebbe, invece, sotto qualunque altro sistema. Mentre in altri casi si aspettano i risultati, cioè il numero degli infortuni, prima di punire o premiare i dipendenti, nella B-BS si aspettano i comportamenti. Mentre, nel primo caso, per punire o premiare devo aspettare mesi, nel caso della B-BS, invece, si aspettano solo poche ore. In questo arco di tempo, infatti, si presenterà già un'occasione per dare la conseguenza. Nella B-BS, il lavoratore prende, in media, dalle 900 alle 1.200 conseguenze all'anno, perché le prende sulla base di comportamenti giornalieri. Al di fuori della B-BS, invece, si prendono dalle due alle cinque conseguenze all'anno. All'atto pratico, una volta alla settimana le squadre di operai valutano l'andamento dei vari tipi di comportamento che mettono in essere; si pongono un obiettivo (ad esempio, decidono di aumentare l'uso dei guanti, portandolo dal 60 al 65 per cento) e, se raggiungono l'obiettivo per tre volte consecutive, seguiranno una celebrazione e varie conseguenze positive. I grafici che vi sto mostrando sono tutti reali. Tutta la B-BS procede con piccoli gruppi di lavoro, attraverso questi incrementi dei comportamenti. Ovviamente, quando si arriva addirittura a un tetto del 100 per cento dei comportamenti di sicurezza, l'infortunio di quel tipo è totalmente azzerato.
Abbiamo dunque scoperto come si ottiene la motivazione al lavoro. Quanto ho illustrato finora, infatti, serve ad ottenere che il lavoratore "voglia" comportarsi in un determinato modo ed è la ragione per la quale, dove si applica la B-BS, vi è quel calo degli infortuni (pari al 54 per cento, secondo gli studi del 2002, e al 65 per cento secondo gli studi più recenti) riportato in tutta la letteratura mondiale del settore.
Passo ora a spiegare come si ottiene il comportamento di sicurezza. Riprendendo l'esempio citato prima, studiamo come fare in modo che l'operaio non cammini sotto la gru. Perché l'operaio camminava sotto la gru? Per un motivo molto semplice, è l'abc skinneriano. L'operaio sta trasportando 30 chili di tubi. Se passa sotto la gru, deve percorrere un tragitto di 100 metri; se, invece, fa il percorso lungo le strisce blu i metri diventano 400. Sotto la gru l'operaio è all'ombra, mentre camminando lungo le strisce blu egli si trova al sole. La prima volta l'operaio percorrerà i 400 metri, faticosissimi, perché si stanca molto di più, e quando arriverà proverà la sensazione che gli si stacchino le braccia. Questa sensazione si chiama punizione. L'operaio ha fatto il giro previsto, ed è stato punito. Non solo: il suo capo, che non guarda ai comportamenti ma ai risultati, lo rimprovera per il tempo che ha impiegato. Anche questa si chiama punizione. Egli non lo sa, ma è una punizione. Nella B-BS, questo stimolo verrà rimosso. Se, invece, l'operaio passa sotto la gru, percorrerà 100 metri, si stancherà molto di meno (e già questo è un rinforzo) e, soprattutto, quando poserà i tubi, il suo capo lo elogerà davanti agli altri per la velocità con la quale ha svolto il compito. Per tale motivo, l'operaio continuerà a passare sotto la gru.
Questi sono gli stimoli esistenti nelle aziende, e la B-BS va a rimuoverli o a modificarli. Lo stimolo in esame, però, riguarda il voler passare sotto la gru. Si dia invece il caso dell'operaio che si comporta in modo pericoloso (caso quasi inesistente oggi, a motivo dell'overtreatment di formazione) ignorando il divieto di passare sotto la gru (magari perché è straniero e non legge bene l'italiano). A questo punto, la B-BS non si occupa più della motivazione (problema che abbiamo risolto), ma di come fare in modo che l'operaio sappia attuare il comportamento giusto: e qui interviene la didattica. La didattica si compone di due elementi che, incredibilmente, non sono noti. Per insegnare devo sapere cosa insegnare: se insegno prevenzione antincendio, devo sapere come si spegne il fuoco. Si prenda il caso di un ragazzo il quale pur sapendo guidare l'auto non riesce ad insegnare alla propria fidanzata a guidare. Ciò accade perché egli sa guidare, ma non ha la didattica. Perché la ragazza in questione, dopo le prime lezioni con un istruttore, impara a guidare così velocemente? Perché l'istruttore sa sì guidare l'auto come il suo fidanzato (cioè ha i contenuti didattici), ma ha anche il metodo. Per inciso, l'istruttore di scuola guida ha applicato un metodo denominato shaping. Se un formatore per la sicurezza antincendio non conosce lo shaping, non dovrebbe neanche entrare nell'aula. Incredibilmente, noi controlliamo solo che sappia spegnere l'incendio. Quando l'istruttore insegna a guidare, egli suddivide in unità di apprendimento molto piccole tutto il programma e procede ad insegnare le singole unità didattiche, che rappresentano tutte stimoli antecedenti skinneriani. Quando la ragazza attua il comportamento esatto, ella riceve un complimento dall'istruttore. Questo è un rinforzo, una conseguenza. Ad ogni comando dato, che rappresenta un antecedente skinneriano, si registra un comportamento e si ottiene immediatamente la conseguenza. E esattamente come nella B-BS, dove noi guardiamo al comportamento e diamo la conseguenza. Ricevendo stimoli così ravvicinati dall'istruttore, la ragazza in questione ottiene una conseguenza ogni secondo e, dopo circa un minuto, ella saprà già maneggiare frizione e acceleratore, e sarà in grado di passare così all'esercizio successivo. Vi renderete a questo punto conto come un didatta che non conosca lo shaping è un didatta analfabeta, che non conosce la metodologia.
Quali sono allora i metodi didattici da impiegare nella sicurezza sul lavoro? Sono metodi che è stato provato dalla ricerca sperimentale che funzionano. Chi conosce questi metodi didattici insegna in pochi minuti comportamenti estremamente complessi, in modo che non vengano mai, o quasi mai, dimenticati. Chi non conosce questi metodi non può farlo. E il caso degli insegnanti di inglese, che spiegano per anni l'inglese, ma i cui studenti, una volta diplomati, devono ammettere di conoscere l'inglese solo a livello scolastico. Ed è patetico che il livello scolastico, che dovrebbe corrispondere a un ottimo livello di conoscenza, sia diventato sinonimo di non conosciuto, proprio perché vi sono insegnanti che non conoscono lo shaping. I metodi, elencati nella slide alle mie spalle, non devono essere appresi tutti. Basterebbe conoscere due soli di questi metodi, per apprendere la didattica.
Molto spesso chi fa l'insegnante non sa neanche cosa voglia dire la parola "apprendimento", laddove esso dovrebbe essere il prodotto e la misura dell'insegnamento. Chiedete a due professori cosa sia l'apprendimento. Uno risponderà con un numero incredibilmente alto di parole. Se lo chiedete all'altro docente, egli ne userà, per rispondere, un numero ancora più alto, ma le parole dell'uno non hanno nulla a che vedere con le parole dell'altro, perché non sono a conoscenza di quanto producono. Dal punto di vista scientifico, l'apprendimento è la modificazione in probabilità di una risposta comportamentale sotto condizioni date. Ad esempio, prendo un operaio, lo pongo a due metri e 48 centimetri da un fuoco (reale o virtuale che sia, ma ha poca importanza); faccio in modo che il braccio gli si scaldi ad una certa temperatura; lo metto in vista di un secchio d'acqua o di un estintore (queste sono le circostanze specifiche: fiamma, estintore) e gli dico di spegnere il fuoco. Se l'operaio prende l'estintore e dirige il getto a pioggia sulla fiamma gli si fa seguire un corso; dopodiché viene posto nuovamente davanti ad un fuoco, alla stessa distanza, con gli stessi estinguenti e a quel punto gli si dice di nuovo di spegnere il fuoco (antecedente). Davanti a questo antecedente, visivo e uditivo, l'operaio prende l'estintore, lo dirige sulla base della fiamma - dopo aver frequentato il corso - insiste sul pulsante dell'estintore per alcuni secondi dopo che le fiamme sono apparentemente spente, rimette la sicura all'estintore e poi lo posa. A quel punto l'operaio è promosso. Questo significa cambiare il comportamento sotto condizioni date. Pensate che si fanno corsi a persone senza che si sappia se sono capaci di spegnere o meno un incendio; si fanno corsi inutili a chi è già formato o a chi è troppo indietro e magari non capisce neanche l'italiano, per cui si limita semplicemente a guardare. Cosa significa dunque cambiare la probabilità di risposta? Significa che bisogna dimostrare una, tre, cinque volte su cinque (quindi al 100 per cento) che in una determinata circostanza si è capaci di adottare il giusto comportamento. Con gli elicotteristi lo si fa; chissà perché non lo si fa con chi incidentalmente deve spegnere un fuoco.
La definizione del principio di apprendimento è ben contenuta nel magistrale articolo di Skinner «Are theories of learning necessary?» del 1950. È dal 1950 che tutta la comunità scientifica internazionale, 18.000 persone, usa solo tale definizione. È un principio che andrebbe scritto ovunque, perché se non si sa cos'è l'apprendimento, come si fa a dire qualcosa su una materia che non è neanche definita? Una volta definito l'apprendimento, esistono dei requisiti minimi e imprescindibili che un sistema didattico deve avere per poter funzionare. Innanzitutto, il didatta deve essere capace di prendere la materia (che è grande) e di suddividerla in subunità di apprendimento, come accade nella scuola guida. Ogni subunità deve essere fatta di domanda, risposta e feedback. Che questo processo sia fatto da una macchina (come il simulatore di volo) o da un professore a scuola è la stessa identica cosa. Se però manca la programmazione didattica, nessun materiale può essere appreso. Non esiste un apprendimento globale; esiste invece un apprendimento analitico.
Inoltre, devono essere fissati i parametri dell'apprendimento. Dopo avere insegnato un dato argomento, agli allievi spesso si dà un'ora e mezzo di tempo per rispondere a dieci domande, poco meno di dieci minuti per ogni domanda. Se, ad esempio, il questionario è sottoposto ad un macchinista delle ferrovie, è possibile che in una domanda si chieda all'esaminando che cosa deve fare quando si trova davanti al semaforo giallo disattivato, alla "marmotta" storta e a tre led gialli sul cruscotto e per rispondere a tale domanda ha dieci minuti di tempo per pensarci. Questo significa costruire delle bombe umane. Il fatto che tale sistema sia assolutamente sbagliato è condiviso dall'intera comunità scientifica mondiale; non c'è un solo scienziato che abbia mai detto il contrario. Se al macchinista delle ferrovie si danno dieci minuti per rispondere ad una domanda come quella, quando sarà su un treno e si troverà in quelle condizioni, impiegherà dieci minuti per capire che cosa deve fare. Pensate cosa può accadere se il macchinista guida un treno ad alta velocità che viaggia a 300 chilometri orari. Ammesso e non concesso che il macchinista non impieghi dieci minuti per reagire, come se fosse davanti al questionario, ma solo sei secondi, la manovra è comunque inutile. Le manovre di emergenza insegnate come facciamo noi sono pura follia, perché chi impara in quelle condizioni è veramente un morto che cammina. La metà degli incidenti delle ferrovie è causata proprio da questo: errore umano. Ma non si tratta di un errore voluto. Il professore non aveva idea che bisognava programmare l'apprendimento secondo due principi, il tasso di risposta e la velocità di risposta: non ti lascio andare fino a quando la risposta è giusta nell'80, 90, 100 per cento dei casi (tasso di risposta) e fino a quando la risposta giusta viene data ad una velocità adeguata (controllo dell'apprendimento). La validità di questo principio è stata dimostrata 35 anni fa da un medico che sottoponeva ai candidati un questionario di 40 domande alle quali dovevano rispondere in un minuto.
L'apprendimento, quindi, per essere valido richiede una serie di requisiti. Se si usano le leggi dell'apprendimento la ritenzione degli errori nel tempo è bassa; se non si usano, il numero degli errori è molto elevato. Nella AgustaWestland, ad esempio, si usano solo metodi di questo genere.

PRESIDENTE
La ringraziamo per il contributo.
Purtroppo per ulteriori impegni istituzionali non rimane tempo sufficiente per approfondire l'argomento e per porre quesiti che si preannunciano anche molto numerosi. Rifletteremo su quanto ci ha illustrato, non escludendo la possibilità di fissare con voi un nuovo incontro.
Dichiaro conclusa l'audizione.


Note: Testi non rivisitati dagli oratori
Fonte: Senato della Repubblica