TRIBUNALE DI MODENA
Sezione lavoro
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il giudice del lavoro, dott.ssa Carla Ponterio
ha pronunciato la seguente

sentenza

nella causa relativa a controversia iscritta nel ruolo generale delle controversie di lavoro con il n. 263/06, decisa all’udienza di discussione del l’11.11.2010, promossa da:

M. F., rappresentata e difesa dall’avv. F. Biancardi e dall’avv. C. Lancellotti;

ricorrente

Contro:
M. srl, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. G. Giusti e dall’avv. G. Giusti;

M.U., rappresentato e difeso dall’avv. G. Giusti e dall’avv. G. Giusti;

S.I. Agenzia per il Lavoro spa, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. R. Scaramella del Foro di Milano;

convenuto

con la chiamata in causa di:

A. spa (già RSA spa), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. R. Ferrari;

S.R.M. di Assicurazioni, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentata e difesa dall’avv. A. Pini Bentivoglio e dall’avv. A. Marabini del Foro di Ravenna;

Conclusioni di parte ricorrente come da pagg. 10 e 11 del ricorso.
Conclusioni per M. srl come da pagg. 5 e 6 della comparsa di costituzione.
Conclusioni per M. U. come da pagg. 5 e 6 della comparsa di costituzione.
Conclusioni per S. I. Agenzia per il Lavoro spa come da pagg. 7 e 8 della comparsa di costituzione.
Conclusioni per A. spa come da pag. 4 della comparsa di costituzione.
Conclusioni per S. R. M. di Assicurazioni come da pagg. 16 e 17 della comparsa di costituzione.

MOTIVI DELLA DECISIONE
(art. 132 cpc come modificato dall’art. 45 comma 17 l. 69/09)

1. Il 21.3.03 presso lo stabilimento della M. srl si è verificato un infortunio a causa del quale M.F. ha riportato una lesione all’occhio destro.
La M. srl aveva stipulato con la S. I. spa un contratto di fornitura di lavoro temporaneo, per il periodo 7.1.03 – 4.4.03.
La S. aveva a sua volta stipulato con la M. un contratto per prestazioni di lavoro temporaneo per il medesimo periodo e per le mansioni di addetta alla sbavatura.

2. Ai sensi dell’art. 23 comma 5 dlgs 276/03, grava sul somministratore l’obbligo di informare i lavoratori dei rischi per la scurezza e la salute e di formarli e addestrarli all’uso delle attrezzature di lavoro.
Le parti possono tuttavia prevedere che tale obbligo sia adempiuto dall’utilizzatore.
La clausola n. 18 del contratto tra S. I. spa e M. srl prevedeva l’avvenuto adempimento da parte dell’impresa utilizzatrice agli obblighi imposti dal dlgs 626/94 e successive modificazioni e integrazioni.
Per effetto della clausola n. 19 del medesimo contratto, “l’impresa utilizzatrice, nel caso in cui le mansioni cui è adibito il lavoratore temporaneo richiedano sorveglianza medica obbligatoria o comportino rischi specifici connessi al ciclo produttivo della medesima, si obbliga ad informare e formare il lavoratore ai sensi degli artt. 21 e 22 dlgs 626/94 e successive modificazioni ed integrazioni. L’impresa utilizzatrice si impegna ad osservare nei confronti del prestatore di lavoro temporaneo tutti gli obblighi di protezione previsti nei confronti dei propri dipendenti ed è integralmente e direttamente responsabile per la violazione delle norme riguardanti gli obblighi in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Pertanto l’azienda utilizzatrice provvederà a fornire direttamente al lavoratore temporaneo, ove necessari, i dispositivi di protezione individuali nonché a disporre ed esigere dal lavoratore l’effettivo impiego…”.
Tenuto conto delle disposizioni citate, delle clausole contrattuali, delle modalità dell’infortunio e dei profili di colpa, come di seguito ricostruiti, nessuna responsabilità può addebitarsi a S. e deve pertanto respingersi la domanda proposta nei confronti della stessa.

3. Dal citato contratto risulta che la M. avrebbe dovuto svolgere mansioni di addetta alla sbavatura e che di fatto tali mansioni aveva svolto dall’inizio di esecuzione del contratto fino al giorno dell’infortunio.
Il 21.3.03, a causa dell’assenza di un dipendente della M. srl, su disposizioni di M.U., la ricorrente fu adibita alle lavorazioni presso la macchina fresatrice per cave.
Al momento dell’infortunio la M. stava svolgendo le operazioni descritte nell’informativa dell’Ausl (doc. 45 ric.).
Durante la lavorazione di un pezzo, l’utensile per l’asportazione del materiale si ruppe e un frammento di materiale colpì l’occhio destro della lavoratrice.
Al momento dell’incidente, la fresatrice non era provvista di schermo protettivo e la lavoratrice non indossava occhiali protettivi (cfr. deposizione teste R. dell’Ausl).
Più esattamente, come rilevato dai tecnici dell’Ausl nel corso del sopralluogo, la macchina fresatrice era dotata di uno schermo che la teste R. ha definito “parziale e di conformazione tale da non assicurare una protezione completa”.
La teste T., dipendente della M. srl, ha spiegato che lo schermo protettivo doveva essere sollevato dal lavoratore come una specie di saracinesca ed ha precisato che la macchina poteva funzionare anche se non si sollevava lo schermo.
Dall’informativa prodotta da parte ricorrente risultano contestati al datore di lavoro, con verbale di prescrizioni, la violazione dell’art. 45 dpr 547/55 poiché la macchina non era provvista di involucro o schermo protettivo atto ad evitare la proiezione violenta di parti dell’utensile (frammenti) o del pezzo lavorato; la violazione dell’art. 4 comma 5 lett. f) dlgs 626/94 per non avere il datore di lavoro richiesto l’uso da parte della lavoratrice dei dispositivi di protezione individuali messi a sua disposizione (occhiali).
Gli ufficiali di polizia giudiziaria dell’Ausl hanno poi verificato la positiva attuazione delle prescrizioni da parte dell’azienda e appurato che la stessa aveva istallato sulla fresatrice uno schermo di protezione collegato a microinterruttore che permette il funzionamento della macchina solo con la protezione correttamente posizionata, il che conferma, ulteriormente, la inidoneità dello schermo amovibile esistente al momento dell’infortunio.
Il legale rappresentante della M. srl risulta essere stato rinviato a giudizio per il reato di lesioni colpose aggravate dalla violazione delle norme di prevenzione degli infortuni e il procedimento definito con sentenza di applicazione pena, ai sensi dell’art. 444 cpp (doc. 50 ric.).
Gli elementi di prova finora esaminati consentono di ritenere dimostrato non solo il verificarsi dell’infortunio secondo le modalità descritte in ricorso, ma anche il grave profilo di colpa della M. srl per non avere adeguatamente informato e formato la lavoratrice sull’uso della fresatrice e per aver adibito la stessa ad una macchina priva di schermo protettivo, senza esigere l’uso degli occhiali.
Parte convenuta M. srl non ha fornito alcuna prova atta a superare i profili di colpa appena delineati (cfr. Cass., 16003/07; cfr. anche Cass., 10441/07; Cass., 12445/06).
Non vi è dubbio che esista un diretto nesso causale tra la mancata adozione delle misure di prevenzione e le lesioni riportate dalla M..
Deve quindi affermarsi la responsabilità della M. srl per l’infortunio occorso.

4. Deve respingersi la domanda proposta nei confronti di M.U., dipendente della M. srl e responsabile del servizio di prevenzione e protezione.
La responsabilità del predetto, solidale e di natura extracontrattuale, presupporrebbe l’allegazione e prova da parte della ricorrente non solo della violazione degli obblighi di prevenzione e protezione imputabile al medesimo ma anche dell’esistenza di un potere in capo al predetto di adozione delle necessarie misure, elementi che nel caso di specie difettano.

5. Le conseguenze lesive dell’infortunio sono state puntualmente ricostruite e descritte nella relazione del ctu.
Il ctu ha quantificato il danno biologico nella misura del 25% (in misura uguale alla valutazione Inail), l’inabilità temporanea totale nella misura di 40 giorni, parziale al 75% per 90 giorni, parziale al 50% fino al 23.5.04.
Il ctu ha escluso ogni incidenza negativa sulla capacità lavorativa specifica.
Le conclusioni del ctu, adeguatamente motivate in base alla documentazione medica in atti e su cui hanno concordato i consulenti di entrambe le parti, sono in toto condivisibili.

6. Si ritiene di dover riconoscere la risarcibilità del danno biologico differenziale.
Ciò sulla base di una interpretazione di ordine letterale e sistematica delle disposizioni di cui al dlgs 38/00 e del dpr 1124/65.
L’art. 10 dpr 1124/65 prevede: “l’assicurazione a norma del presente decreto esonera il datore di lavoro dalla responsabilità civile per gli infortuni sul lavoro. Nonostante l’assicurazione predetta permane la responsabilità civile a carico di coloro che abbiano riportato condanna penale per il fatto dal quale l’infortunio è derivato.(……) Non si fa luogo a risarcimento qualora il giudice riconosca che questo non ascende a somma maggiore dell’indennità che, per effetto del presente decreto, è liquidata all’infortunato o ai suoi aventi diritto. Quando si faccia luogo a risarcimento, questo è dovuto solo per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti”.
L’art. 13 D.Lgs. 38/00 dispone che il nuovo indennizzo debba essere erogato “in luogo della prestazione di cui all’articolo 66, primo comma, numero 2) del testo unico”.
Quest’ultima disposizione prevede l’erogazione di “una rendita per l’inabilità permanente”.
È evidente come l’indennizzo di cui al D.Lgs. 38/00 sia andato a sostituire la rendita per inabilità permanente prevista dall’art. 66 del dpr 1124/65.
Quindi, l’art. 10 dpr 1124/65, nel momento in cui prevede il risarcimento del danno differenziale “per la parte che eccede le indennità liquidate a norma degli articoli 66 e seguenti” fa riferimento all’indennità di cui all’art. 66 comma 1 n. 2 ora sostituita dall’indennizzo di cui all’art. 13 D.Lgs 38/00.
È vero che, nella sua versione originaria, l’art. 10 dpr 1124/65 non poteva riferirsi al danno differenziale “biologico”, ma è altrettanto vero che per effetto della inclusione operata dal Dlgs 38/00 del danno biologico nell’ambito delle prestazioni assicurative INAIL, la sfera di applicazione dell’art. 10 ha subito una espansione tale da comprendere nel danno differenziale risarcibile anche quello biologico.
Il dlgs 38/00 si è limitato a sostituire la rendita ex art. 66 comma 1 n. 2 dpr 1124/65 col nuovo indennizzo, inclusivo del danno biologico, lasciando inalterato tutto il sistema previgente e, in particolare, la funzione indennitaria e non di tutela risarcitoria dell’assicurazione Inail.
Quest’ultima, infatti, è esclusivamente finalizzata a garantire ai lavoratori colpiti da eventi lesivi causati dall’attività lavorativa mezzi adeguati alle esigenze di vita e non è volta ad assicurare il pieno e integrale ristoro del danno patito.
La conferma di questa interpretazione è data dal comma 11 dell’art. 13 dlgs. 38/00 che, nel disporre che -per quanto non previsto dalle presenti disposizioni si applica la normativa del testo unico, in quanto compatibile-, dimostra di ritenere applicabile anche alla nuova forma di indennizzo la risarcibilità del danno differenziale sancita dall’art. 10 del T.U.”.
Una lettura dell’art. 13 dlgs 38/00 quale norma volta a garantire non solo l’indennizzo sociale del danno biologico ma anche il suo risarcimento si esporrebbe a profili di incostituzionalità traducendosi in una compressione, del tutto ingiustificata, del diritto al risarcimento pieno ed integrale del danno alla salute.
La categoria del danno differenziale ha trovato peraltro espresso riconoscimento nella giurisprudenza della Corte di Cassazione (cfr. Cass., 9817/08; Cass., 10529/08).

7. La liquidazione del danno è effettuata in via equitativa, utilizzando i criteri elaborati dalla giurisprudenza del tribunale di Milano e in relazione alla categoria del danno non patrimoniale comprensiva del danno biologico come lesione all’integrità psicofisica e del danno morale inteso come conseguenza delle predette lesioni in termini di dolore e sofferenza soggettiva (cfr. Cass., ss.uu., 26972/08).
Tenuto conto dell’età della ricorrente e della percentuale di danno biologico calcolata dal ctu, si determina il danno non patrimoniale in euro 107.328,00, a cui deve aggiungersi un aumento personalizzato in relazione al danno morale in ragione dell’impatto particolarmente negativo delle conseguenze fisiche dell’infortunio tenuto conto della giovane età della ricorrente all’epoca dei fatti e del carattere particolarmente invalidante della perdita del visus nell’occhio destro con deformazione della pupilla.
Tale aumento deve ritenersi congruo nella misura del 21% (l’aumento massimo personalizzato di cui alle tabelle di Milano è pari al 34%), con conseguente determinazione del danno biologico come pari a circa euro 129.900,00, che corrisponde all’importo liquidato dall’Inail (cfr. documentazione Inail del 17.10.11).
Sulla base delle medesime tabelle e considerata la durata della inabilità temporanea assoluta e parziale ricostruita dal ctu, si determina l’ulteriore danno biologico correlato a tale inabilità in euro 5.280,00 per i 40 giorni di inabilità assoluta, in euro 8.910,00 per 90 giorni di inabilità al 75%, in euro 5.940,00 per 90 giorni di inabilità al 50%, per un totale di euro 20.130,00.
Il danno biologico da risarcire, detratto quanto dovuto dall’Inail, risulta quindi pari a euro 20.130,00.
Sulle somme come sopra liquidate, già rivalutate al 2011, devono calcolarsi gli interessi legali dal giorno dell’infortunio al saldo.

8. Non può trovare accoglimento la domanda di manleva proposta da M. srl nei confronti di A. spa in ragione della formulazione letterale della polizza, limitata ai prestatori di lavoro dipendenti dell’assicurato, ed atteso che tale non può considerarsi il lavoratore interinale.
Né può trovare applicazione, dato il chiaro tenore della polizza, la garanzia prevista verso i terzi definiti come coloro che non sono soggetti ad assicurazione obbligatoria.
Non pare esservi in tale lettura alcuna contraddittorietà, risultando gli infortuni occorsi a lavoratori non dipendenti privi di copertura assicurativa.

9. In ragione della soccombenza, si condanna la M. srl alla rifusione delle spese di lite che si liquidano come in dispositivo.
Si pongono a carico della medesima parte convenuta, a titolo definitivo, le spese di ctu già liquidate come in atti.
Spese di lite compensate tra la ricorrente, S. spa e M.U. in ragione della complessità della fattispecie per le problematiche giuridiche connesse ai profili di responsabilità nei casi di fornitura di lavoro temporaneo.
Spese di lite compensate anche tra le parti convenute e le rispettive chiamate in causa.

P.Q.M.

Visto l’art. 429 cpc,
definitivamente pronunciando, ogni diversa domanda o eccezione disattesa e respinta,
condanna la M. srl al risarcimento dei danni non patrimoniali causati alla ricorrente dall’infortunio occorso in data 21.3.03 che liquida in € 20.130,00, detratto quanto già corrisposto dall’Inail, oltre interessi legali dal giorno dell’infortunio al saldo.
Condanna la M. srl alla rifusione delle spese di lite che liquida in € 200,00 per spese, € 1.500,00 per diritti ed € 2.000,00 per onorari, oltre rimborso forfettario spese generali, Iva e Cpa come per legge.
Pone definitivamente a carico della M. srl le spese di ctu già liquidate come in atti.
Respinge le domande proposte dalla ricorrente nei confronti di M.U. e di S. I. Agenzia per il Lavoro spa.
Respinge la domanda proposta da M. srl nei confronti della A. spa.
Compensa le spese di lite tra parte ricorrente, M.U. e S. I. Agenzia per il lavoro spa e tra M. srl, M.U. e A. spa nonché tra S. e la S. R. M. di Assicurazioni.
Modena, 18.10.11

Il giudice del lavoro
Dott.ssa Carla Ponterio