Categoria: Cassazione penale
Visite: 9199

Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2012, n. 1431 - Responsabilità per un ponteggio privo di parapetti atti ad evitare la caduta dall'alto e infortunio a lavoratore manovale irregolare

 


 

 


Responsabilità di un datore di lavoro di fatto nonchè proprietario dell'unità immobiliare nella quale si eseguivano lavori edili per infortunio occorso a suo nipote, un lavoratore manovale irregolare che, svolgendo il suo lavoro su un ponteggio, perdeva l'equilibrio e cadeva in terra riportando lesioni personali.

All'imputato è stato mosso l'addebito di aver consentito il lavoro su un ponteggio del tutto difforme rispetto alle prescrizioni sotto diversi profili tecnici e soprattutto privo di parapetti atti ad impedire la precipitazione al suolo.

 

Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - Inammissibile.


La Suprema Corte afferma come i giudici di secondo grado abbiano fornito un'argomentazione analitica fondata su diverse e significative acquisizioni probatorie, immune da vizi logico-giuridici e dunque non censurabile nella presente sede di legittimità.

La Corte d'appello, condividendo l'articolata valutazione del fatto proposta dal primo giudice, reputa attendibili le dichiarazioni della persona offesa in ordine alla causa della caduta e del tutto inverosimili, per contro, le prospettazioni difensive circa una caduta accidentale dal balcone dell'abitazione.

Le dichiarazioni della vittima, oltre ad essere coerenti, sono suffragate da elementi esterni costituiti dalle dichiarazioni testimoniali del fratello e di un teste estraneo, nonchè dalle fotografie che mostrano il lavoratore proprio nel luogo dell'infortunio.


A fronte di tale attendibile versione si pone quella del tutto inverosimile fornita dall'appellante, secondo cui la caduta sarebbe stata accidentale e l'accusa sarebbe frutto di una iniziativa calunniosa nei confronti dello zio dovuta a pregresso rancore.


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE



Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:


Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanino - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco - Consigliere Rel.

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:



1) (...a.d...) N. IL (...a.d...);



avverso la sentenza n. 2732/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del 03/12/2010;



visti gli atti, la sentenza e il ricorso;



udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/11/2011 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;



Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. RIELLO, che ha concluso per l'inammissibilita';



Udito il difensore avv. (...a.d...), che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.



FattoDiritto

 

 

1. Il Tribunale di Lodi ha affermato la responsabilità dell'imputato in epigrafe in ordine al reato di cui all'articolo 590 c.p. commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro e lo ha altresì condannato al risarcimento del danno in favore della parte civile.



La sentenza è stata confermata dalla Corte d'appello di Milano.



All'imputato, nella qualità di datore di lavoro di fatto e proprietario dell'unità immobiliare nella quale si eseguivano lavori edili, è stato mosso l'addebito di aver consentito al nipote (...a.d...), manovale irregolare addetto al cantiere, di lavorare su un ponteggio del tutto difforme rispetto alle prescrizioni sotto diversi profili tecnici e soprattutto perchè privo di parapetti atti ad impedire la precipitazione al suolo.



In tale situazione il lavoratore perdeva l'equilibrio cadendo in terra e riportando rilevanti lesioni personali.



2. Ricorre per cassazione l'imputato deducendo vizio della motivazione. La sentenza di condanna si basa sulle dichiarazioni del lavoratore trascurando che si tratta di cittadino extracomunitario clandestino, privo di fissa dimora, nullatenente, animato da rancore verso i familiari, privo di conoscenza della lingua italiana.



Non si è inoltre tenuto conto del teste indotto dalla difesa che ha attribuito le lesioni alla caduta dal balcone di casa, si è trascurato che l'indagine è stata effettuata a distanza di oltre due anni dall'evento e che essa è stata deviata dall'utilizzo di un interprete di lingua italiana nominato in modo non corretto.



Si lamenta infine vizio della motivazione per ciò che attiene alla mancata concessione delle attenuanti generiche.



L'incensuratezza e la limitata gravità del fatto avrebbero dovuto indurre all'accoglimento della richiesta.



3. Il ricorso è manifestamente infondato.



La Corte d'appello, condividendo l'articolata valutazione del fatto proposta dal primo giudice, reputa attendibili le dichiarazioni della persona offesa in ordine alla causa della caduta e del tutto inverosimili, per contro, le prospettazioni difensive circa una caduta accidentale dal balcone dell'abitazione.



Le dichiarazioni della vittima, oltre ad essere coerenti, sono suffragate da elementi esterni costituiti dalle dichiarazioni testimoniali del fratello e di un teste estraneo, nonchè dalle fotografie che mostrano il lavoratore proprio nel luogo dell'infortunio.



A fronte di tale attendibile versione si pone quella del tutto inverosimile fornita dall'appellante, secondo cui la caduta sarebbe stata accidentale e l'accusa sarebbe frutto di una iniziativa calunniosa nei confronti dello zio dovuta a pregresso rancore.



L'ipotesi della caduta dal balcone sulla strada viene ritenuta inverosimile atteso che un accadimento di tale rilevanza esterna avrebbe attirato l'attenzione di molte persone.



Inoltre l'ipotesi di un'iniziativa calunniosa non è confortata da emergenze concrete giacchè la documentazione concernente una diffida è priva di significatività e d'altra parte l'avversione ipotizzata dovrebbe coinvolgere anche il teste estraneo ai rapporti familiari ed alle relative contese.



La Corte d'appello spiega, inoltre, le ragioni della mancata identificazione di altro lavoro, ed analizza in dettaglio le dichiarazioni della vittima analiticamente escludendo che sussistano le contraddizioni evocate dal ricorrente.



Si tratta di argomentazione analitica fondata su diverse e significative acquisizioni probatorie, immune da vizi logico-giuridici e dunque non censurabile nella presente sede di legittimità. A fronte di tale compiuto apparato argomentativo la difesa del ricorrente si limita a proporre enunciazioni critiche già argomentatamente confutate dal giudice di merito; e tenta di sollecitare impropriamente questa Corte alla riconsiderazione del merito.



Il diniego delle attenuanti generiche trova infine ben appropriata motivazione nel perdurare delle violazioni riscontrato in occasione di un sopralluogo; nonchè nell'assenza di iniziative risarcitorie.



Il ricorso è quindi inammissibile.



Segue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma di euro 1.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.





P.Q.M.


dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della cassa delle ammende della somma di euro 1.000,00.