Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 17 gennaio 2012, n. 560 - Infermità denunciata come malattia professionale e mancanza di prova di tutte le circostanze fattuali


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere

Dott. FILABOZZI Antonio - Consigliere

Dott. MANCINO Rossana - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

sentenza



sul ricorso 5253/2007 proposto da:

M.D., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA TARO 25, presso lo studio dell'avvocato ST MAGARAGGIA, rappresentato e difeso dall'avvocato PAPADIA Francesco Vincenzo, giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

RETE FERROVIARIA ITALIANA S.P.A., (già FERROVIE DELLO STATO SOCIETA' DI TRASPORTI E SERVIZI PER AZIONI), in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA C. MONTEVERDI 16, presso lo studio dell'avvocato CONSOLO Giuseppe, che la rappresenta e difende giusta delega in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 75/2006 della CORTE D'APPELLO di BARI, depositata il 06/02/2006 r.g.n. 1544/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 10/11/2011 dal Consigliere Dott. ROSSANA MANCINO;

udito l'Avvocato PAPADIA FRANCESCO;

udito l'Avvocato RUGGIERI GIANFRANCO per delega CONSOLO GIUSEPPE;

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FRESA Mario, che ha concluso per l'inammissibilità del primo, secondo e terzo motivo, rigetto del quarto motivo del ricorso.


Fatto

 

1. Con sentenza del 6 febbraio 2006, la Corte d'Appello di Bari accoglieva il gravame svolto dalla Rete Ferroviaria italiana s.p.a. contro la sentenza di primo grado che aveva accolto la domanda proposta da M.D. per il riconoscimento dell'infermità denunciata come malattia professionale, con condanna della società alla corresponsione dell'equo indennizzo.

2. La Corte territoriale, superate le eccezioni di rito, riteneva che il M., a fronte delle specifiche contestazioni della società in ordine all'effettiva esposizione a rischi di servizio eventualmente connessi alle mansioni svolte, non avesse specificato, nel ricorso introduttivo, il tipo di mansioni svolte nella dedotta qualità di tecnico, il loro concreto atteggiarsi, la sussistenza di tutte le condizioni ambientali alle quali si sarebbe potuta connettere, in relazione di causalità, la malattia da cui era risultato affetto, nè assolto l'onere di provare tutte le circostanze fattuali. Inoltre, la prova testimoniale dedotta era risultata inammissibile in quanto generica, non articolata in capitoli e riferita solo astrattamente a possibili testi, nè poteva sopperire, a tali carenze ed omissioni, l'esercizio dei poteri ufficiosi o l'espletamento della consulenza medico-legale e l'anamnesi lavorativa in essa riportata.

3. Avverso l'anzidetta sentenza della Corte territoriale, M. D. ha proposto ricorso per cassazione fondato su quattro motivi. L'intimata ha resistito con controricorso, illustrato con memoria ex art. 378 c.p.c..

 

Diritto

 

4. Il ricorrente censura la sentenza impugnata con i motivi di seguito sintetizzati:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., omessa motivazione sul mancato esame della documentazione fornita dalla parte resistente e sulla mancata acquisizione del fascicolo sanitario del lavoratore e insufficiente motivazione sulla mancata ammissione della richiesta prova testimoniale (primo motivo);

- violazione e falsa applicazione del D.M. n. 2716 del 1958, art. 38;

del D.P.R. n. 686 del 1957, art. 36, e segg.; degli artt. 175 e 421 c.p.c. (secondo motivo);

- violazione e falsa applicazione del D.P.R. n. 303 del 1956, art. 4;

dell'art. 2087 c.c. (terzo motivo);

- violazione e falsa applicazione dell'art. 112 c.p.c. per la mancata pronuncia sulla richiesta di riconoscimento della malattia professionale (quarto motivo).

5. In breve, il ricorrente si duole che la corte di merito abbia omesso di valutare l'unico documento depositato dalla società contenente la relazione relativa alla domanda di riconoscimento di dipendenza dell'infermità da causa di servizio; non abbia ammesso la dedotta prova testimoniale dei "compagni di lavoro dello stesso ricorrente"; non abbia acquisito il fascicolo sanitario del ricorrente agli atti dell'Ufficio sanitario della società, contenente la descrizione delle mansioni periodicamente affidate ai lavoratori, l'esito delle visite periodiche di prevenzione delle tecnopatie. Si duole, inoltre, che la corte non abbia richiesto alla società le risultanze delle indagini amministrativa e medica espletate, onerando il lavoratore della prova di circostanze in atti, neanche in contestazione, come le mansioni di tecnico espletate. Si duole, ancora, per l'inversione dell'onere della prova in ordine alla morbigeneità delle mansioni, addossata al lavoratore, anzichè onerare la società della relativa prova documentale. Infine, si duole che delle due domande proposte in giudizio, malattia professionale e/o causa di servizio, la corte di merito non abbia esaminato il riconoscimento della malattia professionale che non richiedeva alcuna prova a carico del lavoratore, se non la denuncia della patologia e la certificazione medica attestante il nesso causale.

6. I motivi, esaminati congiuntamente per la loro connessione logica, non sono meritevoli di accoglimento.

7. In tema di equo indennizzo, grava sul lavoratore l'onere di provare, con precisione, i fatti costitutivi del diritto, dimostrando la riconducibilità dell'infermità alle modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita, variabili in relazione al luogo di lavoro, ai turni di sevizio, all'ambiente lavorativo, non potendo configurare un fatto notorio che non necessita di prova neanche l'inerenza delle mansioni alle qualifiche, attesa la variabilità in dipendenza del concreto posto di lavoro, della sua localizzazione geografica, dei turni di servizio, dell'ambiente in generale, essendo assolutamente irrilevante che la controparte non abbia contestato, con la comparsa di costituzione in primo grado, le modalità della prestazione lavorativa allorquando dette modalità non siano state precisate (ex multis, Cass. SU, 11353/2004).

8. L'onere di allegazione del dipendente è, inoltre, assolto dimostrando la riconducibilità della patologia denunciata alle modalità concrete di svolgimento delle mansioni inerenti la qualifica rivestita, non potendosi considerare sufficiente il mero richiamo alle mansioni astrattamente previste, come, nella specie, la mera generica deduzione delle mansioni di tecnico.

9. Ne consegue che, ove sia mancata l'indicazione di tali fatti, la prova del fatto costitutivo e del nesso causale non può essere affidata all'accertamento peritale, non costituendo la consulenza di ufficio un mezzo sostitutivo dell'onere della prova, ma solo uno strumento istruttorio finalizzato ad integrare l'attività del giudice per mezzo di cognizioni tecniche con riguardo a fatti già acquisiti (ex multis, Cass. 16778/2009).

10. Peraltro, le differenze tra equo indennizzo e rendita per malattia professionale, esistenti sotto diversi profili, involgono anche il nesso eziologico tra infermità ed attività lavorativa, atteso che, con riferimento all'indennizzo, la riconducibilità delle infermità alle specifiche modalità di svolgimento delle mansioni inerenti alla qualifica rivestita (quali luoghi di lavoro, turni di servizio, ambiente lavorativo, ecc.) rientrano tra i fatti costitutivi del diritto, mentre quanto alla rendita, per la quale rileva che la malattia sia contratta nell'esercizio o a causa della lavorazione svolta, sussiste uno stretto nesso tra patologia ed attività lavorativa, che in caso di fattori plurimi deve costituire la conditio sine qua non della malattia (v., ex multis, Cass. 17353/2005).

11. La decisione della Corte territoriale che, informandosi agli esposti principi, ha ritenuto non specificato, nel ricorso introduttivo, il tipo di mansioni svolte nella dedotta qualità di tecnico, il loro concreto atteggiarsi, la sussistenza di tutte le condizioni ambientali alle quali si sarebbe potuta connettere, in relazione di causalità, la malattia da cui era risultato affetto, nè assolto l'onere di provare tutte le circostanze fattuali, è immune da censure.

12. Il ricorso va, pertanto, rigettato.

13. Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio ai sensi dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo anteriore all'entrata in vigore del D.L. 30 settembre 2003, n. 269, art. 42, comma 11, conv. in L. 24 novembre 2003, n. 326, nella specie inapplicabile ratione temporis, infatti, le limitazioni di reddito per la gratuità del giudizio introdotte da tale ultima norma non sono applicabili ai processi il cui ricorso introduttivo del giudizio sia stato depositato, come nella specie, anteriormente al 2 ottobre 2003.

 

P.Q.M.

 

La Corte rigetta il ricorso; nulla spese.