Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 09 maggio 2012, n. 17229 - Presenza di una linea elettrica e situazione di pericolo ignorata dagli imputati e dalla stessa vittima


 

 

 

Responsabilità di un datore di lavoro, di un responsabile del cantiere e di un corresponsabile della direzione del cantiere, con compiti misti, amministrativi ed operativi, per la morte di un lavoratore avvenuta a seguito di folgorazione dovuta alla scarica di corrente elettrica di una linea di media tensione mentre sollevava e collocava in una buca un palo della pubblica illuminazione. In quel frangente il palo entrava in contatto con i fili della linea elettrica determinando il contatto letale. Tale svolgimento dei fatti rende evidente e necessitata la circostanza che la lavorazione avvenisse a distanza dalla rete elettrica inferiore a quella prescritta. D'altra parte l'operazione avveniva incongruamente tramite l'imbragatura del palo ad una motopala; mentre sarebbe stato richiesto l'uso di una gru su carro. Oltre a ciò, la situazione di pericolo avrebbe imposto di adottare appropriate misure, come lo spostamento della rete elettrica o l'esercizio di una costante ed effettiva vigilanza sull'attività posta in essere. Inoltre, è stata omessa la redazione del piano operativo di sicurezza che concretizza le garanzie previste in relazione alle singole lavorazioni da compiere nel cantiere, a fronte della inevitabile genericità del piano generale di sicurezza.

Condannati, ricorrono in Cassazione - Rigetto.

Quanto al datore di lavoro, egli ha ammesso di non aver mai effettuato un sopralluogo e di non essersi mai recato sul cantiere e dunque di non conoscere affatto le condizioni in cui venivano realizzate le opere. Pertanto, la condotta serbata dall'imputato, sia relativa ai singoli comportamenti sia complessivamente considerata, ha certamente avuto una determinante efficienza causale nel verificarsi dell'incidente, essendo mancata la predisposizione di mezzi e strumenti atti a prevenire gli infortuni e non essendo state poste in essere le necessarie attività di controllo.
La pronunzia considera altresì che non vi è alcuna prova della delega di funzioni nei confronti dei coimputati.


Quanto alla posizione del capo cantiere, come emerge da concordi dichiarazioni dei testi, essi hanno riferito della presenza dell'imputato nel cantiere come figura cui gli operai facevano capo quanto alle attività esecutive; ed hanno attribuito a costui la disposizione di collocare in sede i pali. Si è indubbiamente in presenza di una posizione di subordinazione di fatto che implicava l'onere di vigilare sull'osservanza dei precetti imposti.

La pronunzia considera altresì che è da escludere che l'imputato non si sia reso conto del pericolo a cui erano esposti coloro che stavano posizionando il palo, se è vero che egli fornì una generica indicazione nel senso di "stare attenti".

Si assume altresì che è priva di rilevanza la circostanza che la vittima fosse titolare di una ditta autonoma. Si considera che il capo cantiere stava eseguendo lavorazioni che bene avrebbe potuto svolgere qualsiasi operaio della ditta (Omissis). L'imputato, d'altra parte, avrebbe dovuto coordinare tutte le ditte presenti sul cantiere che, peraltro lavoravano in un clima di totale cooperazione. In tale situazione l'imputato aveva l'obbligo assorbente di bloccare i lavori fino alla messa in sicurezza di quella parte di opere.

Infine, quanto alla posizione del terzo imputato, egli si presentava come tecnico di fiducia della ditta in questione, presente sul cantiere a controllare l'andamento dei lavori con contestuale disposizione sulla loro esecuzione, relative anche allo scavo in atto. Tali compiti non sono affatto incompatibili con lo svolgimento di altre mansioni quali la contabilità ed incombenti amministrative. Tale ruolo trova del resto razionale giustificazione nel fatto che il datore di lavoro si disinteressava totalmente del cantiere.


La Corte ribadisce, quanto all'affermazione di responsabilità di tutti gli imputati, che l'argomentazione è diffusa, basata su definite e significative acquisizioni probatorie, conforme ai principi, immune da vizi logici. Si è infatti dimostrato che la presenza delle linea elettrica evidenziava un rischio altissimo ed assolutamente evidente per chiunque. Tale rischio avrebbe dovuto essere cautelato con iniziative che vengono analiticamente esposte: l'utilizzazione di un carro idoneo ad evitare oscillazioni dei pali, il distacco dell'energia, l'esercizio di una stringente vigilanza. Nessuna di tali iniziative è stata adottata e tutto avveniva in modo improvvisato, come se il drammatico rischio non esistesse.

Infine, quanto alla ponderazione delle colpe (tema che coinvolge i ricorsi sia degli imputati che delle parti civili) la pronunzia rileva che la vittima era l'unico lavoratore con particolari cognizioni in ambito elettrico ed era dunque certamente in grado di percepire l'effettiva portata del pericolo, reso ancor più incombente dall'uso di mezzi assolutamente non appropriati alle operazioni da svolgere, perchè non idonei ad evitare rilevanti oscillazioni del palo con conseguente possibilità di collisione con la linea elettrica, anche in assenza di particolari errori del manovratore del mezzo meccanico. La comparativa ponderazione dei diversi profili di colpa addebitati ai vari soggetti coinvolti nel sinistro conduce ad apprezzare nella misura del 25% il concorso di colpa della vittima.


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco - rel. Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis) imputato;

2) (Omissis) N. IL (Omissis) imputato;

3) (Omissis) N. IL (Omissis) imputato;

4) COMUNE DI NOVOLI resp. civile;

5) (Omissis) N. IL (Omissis) p. civile;

6) (Omissis) N. IL (Omissis) p. civile;

7) (Omissis) N. IL (Omissis) p. civile;

8) (Omissis) N. IL (Omissis) p. civile;

9) (Omissis) N. IL (Omissis) p. civile;

avverso la sentenza n. 419/2008 CORTE APPELLO di LECCE, del 09/12/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso

udita in PUBBLICA UDIENZA del 08/03/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROCCO MARCO BLAIOTTA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Geraci, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi degli imputati e delle parti civili; l'annullamento senza rinvio della sentenza per ciò che riguarda la condanna al risarcimento del danno del resp. Civile Comune di Novoli;

udito per le parti civili l'avv. (Omissis), che ha chiesto il rigetto dei ricorsi degli imputati (Omissis) e (Omissis) nonchè di quello del responsabile civile; e l'accoglimento del proprio ricorso;

udito per il responsabile civile l'avv. (Omissis), che ha chiesto l'accoglimento del proprio ricorso;

uditi per gli imputati, gli avv. (ndr.: testo originale non comprensibile) (Omissis) e (Omissis) che hanno chiesto l'accoglimento dei ricorsi.

FattoDiritto



1. Il Tribunale di Lecce ha affermato la penale responsabilità degli imputati in epigrafe in ordine al reato di omicidio colposo commesso con violazione delle norme sulla sicurezza del lavoro, in danno di (Omissis). Essi, unitamente ai responsabili civili Comune di Novoli ed impresa (Omissis), riconosciuto il concorso di colpa della vittima nella misura del 25%, sono stati altresì condannati al risarcimento del danno nei confronti delle costituite parti civili, nonchè al pagamento di una provvisionale di 5000 euro in favore di ciascuna delle stesse parti civili.

La pronunzia è stata parzialmente riformata dalla Corte d'appello di Lecce. Sono state confermate le statuizione penali. Sono state eliminate le statuizioni civili nei confronti dell'impresa (Omissis) come soggetto distinto da (Omissis). Del pari sono state eliminate le stesse statuizione civili nei confronti di (Omissis), non essendovi stata nei suoi confronti costituzione delle parti civili. è stata rideterminata l'entità delle provvisionali quantificate in 40.000 euro nei confronti della moglie della vittima (Omissis); di 30.000 euro nei confronti delle figlie (Omissis) e (Omissis); di 10.000 euro nei confronti della sorella (Omissis) e del fratello (Omissis).

2. Ricorrono per cassazione tutte le parti private.

2.1 (Omissis) deduce tre motivi.

2.1.1 Con il primo motivo si censura l'ordinanza adottata dalla Corte di appello con la quale è stata ritenuta l'inesistenza di un impedimento dedotto nel giudizio davanti al Tribunale, connesso ad un concomitante impegno professionale. La Corte medesima ha ritenuto intempestiva l'istanza, essendo stata presentata solo due giorni prima dell'udienza, dando per accertato che il difensore avesse avuto notizie dell'impedimento molto tempo prima, senza che vi fosse riscontro probatorio al riguardo.

La stessa Corte ha ritenuto indimostrato che i mezzi di prova da esperire nell'altro processo coinvolgessero la posizione dell'imputato assistito dal difensore richiedente. Si è trascurato che si trattava di procedimento riguardante lottizzazione particolarmente complessa, nel quale il legale difendeva il capo dell'ufficio tecnico comunale ed andavano assunti atti di elevato rilievo probatorio. Tale situazione giustificava il dedotto impedimento.

2.1.2 Con il secondo motivo si censura la motivazione per ciò che attiene all'affermazione di responsabilità. Al ricorrente è stata attribuita la veste di preposto, senza che, tuttavia, al riguardo sia emersa alcuna prova. Si è pure trascurato che anche l'utilizzazione di appropriati dispositivi di sicurezza non avrebbe evitato la produzione dell'evento, con la conseguenza che non si configura nesso di causalità tra la colpa ed evento.

In particolare, la vittima non era dipendente della ditta (Omissis) affidataria dei lavori, ma era stata incaricata dal fratello (Omissis) di eseguire i lavori inerenti all'elettricità. Tale circostanza è stata erroneamente ritenuta priva di rilievo. Non si comprende per quale ragione il ricorrente dovesse sovraintendere, anche per ciò che concerne la sicurezza, all'operato di chi non apparteneva alla sua stessa azienda. Erroneamente non si è fatta applicazione del Decreto Legislativo n. 494 del 2006, (ndr 1996) articolo 3, comma 3, che, in presenza di più imprese nello stesso cantiere, affida la sicurezza ad un coordinatore per l'esecuzione dei lavori nominato dal committente. Tale incarico non era sicuramente ricoperto dall'imputato.

Si deduce infine che senza alcuna motivazione si è negata la prevalenza delle attenuanti generiche nonostante lo stato di incensuratezza, la lieve intensità della colpa dovuta al ruolo subordinato e la modesta percentuale di responsabilità che gli si può attribuire nella determinazione dell'evento.

Con motivi aggiunti si è dedotto che difetta un ruolo causale della condotta dell'imputato; avendo svolto un decisivo rilievo la mancata menzione della linea elettrica in tutti gli atti progettuali relativi ai lavori, sicchè anche una appropriata vigilanza non sarebbe servita. In ogni caso, il ruolo dell'imputato era, al più, di preposto e non era quindi afferente alle cause prime del sinistro. In ogni caso, la Corte d'appello non ha dato dimostrazione dell'assunzione del ruolo in questione, che era invece ricoperto da (Omissis).

Si assume altresì che il concorso di colpa è stato erroneamente determinato, atteso che la vittima era l'unica persona in grado di apprezzare adeguatamente il rischio.

2.2 (Omissis) deduce tre motivi.

2.2.1 Con il primo motivo si propone censura perfettamente corrispondente a quella avanzata dal coimputato (Omissis) (2.1.1).

2.2.2 Con il secondo motivo si deduce vizio della motivazione in ordine all'affermazione di responsabilità. Si è ritenuto che le lavorazioni avessero luogo a distanza inferiore a 5 metri dalla linea elettrica senza che sia stata acquisita alcuna prova al riguardo. La pronunzia, sul punto, è apodittica.

Si è pure imputato al ricorrente di non essersi attivato per spostare la linea elettrica, trascurando che tale determinazione avrebbe potuto essere presa solo dall'amministrazione pubblica proprietaria del terreno sul quale insisteva la linea elettrica in questione.

Ancora, si lamenta che erroneamente si è ritenuto che il piano operativo di sicurezza (di cui si contesta la mancata redazione da parte dell'imputato) costituisca il documento che traduce in termini di concretezza le esigenze relative alla sicurezza del cantiere. Al riguardo sono state poste enunciazioni totalmente generiche, trascurando che il piano di sicurezza del cantiere costituisce il documento fondamentale dal quale deriva il piano operativo di sicurezza ad esso complementare e con funzioni di dettaglio. Il piano di sicurezza del cantiere redatto dal progettista non riportava l'indicazione della linea elettrica, e tale dato non avrebbe potuto non essere riprodotto nel piano operativo di sicurezza omesso, ove esso fosse stato tempestivamente redatto.

Oggetto di censura sono pure le valutazioni della Corte d'appello in tema di delega di funzioni. L'imputato ha sempre dedotto l'esistenza di delega in materia di sicurezza conferita al dipendente (Omissis). La circostanza è stata riferita da diversi testimoni, ma la Corte d'appello si è limitata a ritenere l'assenza di delega per difetto di un formale atto che, tuttavia, non è richiesto.

Inoltre si sono tratte indebite illazioni dalle dichiarazioni rese dall'imputato nel corso del processo. è ben vero che egli ha riferito di una prassi aziendale tollerata in virtù della quale (Omissis) subappaltava i lavori elettrici al fratello (Omissis), ma nel caso di specie tale affidamento non era nè autorizzato nè conosciuto. Al riguardo la motivazione è carente e contraddittoria.

Conclusivamente, si assume che causa unica dell'evento è la condotta dell'ingegnere che in tutti i documenti elaborati non ha fatto alcun cenno all'esistenza di una linea elettrica ad alta tensione ed alla sua possibile interferenza con i lavori. è evidente la decisività di tale circostanza che rappresenta da sola la causa dell'evento mortale. La colpevole condotta del professionista ha tratto in inganno l'impresa del ricorrente che pertanto è stata vittima dell'indicato errore. In conclusione, difetta nesso tra colpa ed evento, senza che la questione sia stata in alcun modo esaminata dalla Corte territoriale.

2.2.3 Con il terzo motivo si lamenta la mancata concessione di attenuanti generiche prevalenti rispetto all'aggravante, in considerazione anche del concorso di colpa della vittima e degli altri imputati.

2.3 (Omissis), fratello della vittima, censura la motivazione della pronunzia per quanto attiene all'affermazione di responsabilità. E emerso, infatti, che unico responsabile dei reati è il datore di lavoro, atteso che questi non aveva conferito alcuna delega segnatamente per ciò che attiene al tema della sicurezza. Il datore di lavoro, infatti, non aveva redatto il piano operativo di sicurezza, nè il piano di coordinamento. L'affermazione di responsabilità è stata dunque basata sul Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4 trascurando che le responsabilità dei dirigenti e dei proposti sono connesse all'ambito delle rispettive attribuzioni e competenze. L'imputato, a tale riguardo, ha sempre sostenuto e documentato che le sue attribuzioni e competenze riguardavano esclusivamente l'ambito amministrativo ed erano sganciate dallo svolgimento delle attività produttive in senso stretto; essendo gli solo incaricato di intrattenere rapporti con i fornitori per approvvigionare la ditta dei materiali di consumo, a tal fine occupandosi pure di stilare la documentazione pertinente. Egli non era incaricato di redigere progetti, di presiedere all'attività nei cantieri o di dare disposizioni relative al concreto svolgimento delle singole attività lavorative.

Per quanto attiene allo specifico cantiere, si assume ancora, è emerso che l'imprenditore aveva attribuito compiti al geometra (Omissis), sicchè non vi era alcuna necessità che altri si occupasse della gestione dell'attività in quel luogo. A conclusioni diverse i giudici del gravame sono pervenuti attraverso un'interpretazione illogica delle dichiarazioni dal teste (Omissis). Il fatto che l'imputato rappresentasse la ditta (Omissis) e desse indicazioni sul luogo in cui svolgere determinati lavori, per fornire il necessario raccordo con la committenza, non significa che gli fossero conferite mansioni di dirigente e men che meno competenze relative alla direzione del cantiere. A tale riguardo vengono richiamate le deposizioni di alcuni testi dalle quali emerge il ruolo amministrativo del ricorrente. Nè vi sono elementi per ritenere un'eventuale ingerenza di fatto del ricorrente nell'organizzazione e nella direzione dei lavori. Egli, infatti, non si recava nel cantiere da tempo e non era neppure al corrente che si stessero eseguendo lavori di posizionamento dei pali elettrici, nè a maggior ragione era informato della regolarità della loro esecuzione. Conclusivamente, va esclusa la responsabilità in assenza di attribuzioni e competenze pertinenti ai fatti che hanno dato luogo all'incidente sul lavoro.

3. Il responsabile civile comune di Novoli deduce diversi motivi.

3.1 Con il primo motivo si lamenta che erroneamente la Corte d'appello ha ritenuto l'esistenza di culpa in eligendo nel conferimento dell'appalto da parte del Comune. La stessa Corte ha fatto applicazione del Decreto Legislativo n. 163 del 2006 che, tuttavia non è pertinente, essendo successivo all'epoca dei fatti. Trova invece applicazione il Decreto del Presidente della Repubblica n. 34 del 2000, alla stregua del quale non si configura alcun inadempimento da parte dell'amministrazione. Alla stregua dei criteri indicati in tale normativa, la ditta del (Omissis) aveva tutti i requisiti di idoneità non solo astratta ma anche concreta per la realizzazione delle opere, essendo iscritta presso il registro delle imprese quale ditta individuale abilitata all'esecuzione dei lavori editi e simili. è ben vero che essa non poteva eseguire direttamente le opere di illuminazione e distribuzione dell'energia elettrica, ma era abilitata al subappalto ai sensi dell'articolo 24 della richiamato Decreto del Presidente della Repubblica.

3.2 Con il secondo motivo si deduce che nell'ambito dell'appalto di opere pubbliche l'appaltatore conserva elevati margini di autonomia ed è quindi da considerarsi unico responsabile dei danni cagionati a terzi; mentre si configura responsabilità concorrente e solidale dell'amministrazione committente solo quando il fatto dannoso sia stato posto in essere in esecuzione del progetto o di direttive impartite, mentre la responsabilità esclusiva di questa è configurabile solo allorquando l'amministrazione abbia rigidamente vincolato l'attività dell'appaltatore. D'altra parte, il committente non è obbligato a sorvegliare l'esecuzione del contratto. In conseguenza la responsabilità del committente medesimo non può fondarsi sull'omessa vigilanza nei confronti dell'appaltatore. Parimenti non può configurarsi culpa in vignando anche in relazione alle funzioni delegate ai professionisti esterni incaricati della progettazione dei lavori e dei connessi adempimenti inerenti alla sicurezza.

3.3 Con il terzo motivo si lamenta che la vittima non figurava neppure formalmente nell'organico del personale preposto all'esecuzione dell'opera. In conseguenza non può configurarsi alcuna responsabilità del Comune per l'illegittimo ed illecito operato della dalla ditta (Omissis), che ha provveduto a subappaltare parte dell'esecuzione dell'opera senza autorizzazione del committente.

3.4 Lo stesso responsabile civile ha presentato motivi aggiunti.

Si censura come irrazionale la valutazione del giudice di merito che ha attribuito alla vittima una irrisoria percentuale di colpa del 25%, a fronte di una grave responsabilità riconducibile al fatto che egli era l'unico soggetto munito di competenze tecniche per comprendere la gravità del pericolo incombente.

Si censura altresì la ritenuta culpa in vigilando dell'amministrazione comunale. Essa è priva di competenze istituzionali al proprio interno ed ha conseguentemente nominato tre tecnici di comprovate esperienza, perchè potessero adempiere all'obbligo di vigilanza. D'altra parte la Corte d'appello non ha neppure chiarito il ruolo eziologico dell'assunto difetto di vigilanza tanto più che si è in presenza di modalità delle lavorazioni irregolari ed imprevedibile. Si è tra l'altro omesso di considerare che il tecnico incaricato dall'amministrazione ha omesso di indicare nel progetto l'esistenza della linea elettrica, nè tale circostanza è pervenuta a conoscenza dell'amministrazione comunale da parte di alcuno degli ulteriori tecnici incaricati.

4. Le parti civili deducono che erroneamente è stata ritenuta l'esistenza di concorso di colpa della vittima. In realtà nel caso in esame non può rivolgersi alla stessa vittima alcun concreto rimprovero. Il lavoratore in realtà non ha tenuto un comportamento abnorme e comunque esorbitante rispetto al procedimento di lavoro ed incompatibile con sistema di lavorazione, cui ha ripetutamente fatto riferimento la giurisprudenza di legittimità. D'altra parte non può imporsi al lavoratore l'obbligo di segnalare alla dirigenza non già l'esistenza di un pericolo ma la teorica possibilità che un pericolo possa derivare dalla negligenza del datore di lavoro. Nel caso di specie l'esistenza della linea ad alta tensione era una situazione stabile, preesistente e non suscettibile di essere modificata. Non incombeva di certo al lavoratore accertarsi che la linea elettrica fosse stata disattivata, in quanto tale obbligo gravava sul datore di lavoro e si trattava di una precauzione cogente che doveva presumersi fosse stata adottata.

Si deduce altresì che, a seguito della morte di (Omissis), padre della vittima, a suo tempo costituitosi parte civile, gli eredi di costui si erano costituiti a loro volta parti civili in sostituzione del deceduto, facendo proprie tutte le richieste precedentemente formulate nell'interesse della detta parte civile. In conseguenza, pure nei confronti di costoro avrebbe dovuto essere espressa la condanna al risarcimento del danno ed assegnata la relativa provvisionale.

Si lamenta infine che la Corte d'appello ha accolto il gravame quanto alla entità della provvisionale, ha determinato in motivazione l'indennizzo nella misura di euro 70.000 per la moglie, di euro 60.000 per i figli e di euro 10.000 per i fratelli. Tuttavia nel dispositivo letto in udienza e riportato nel corpo della pronunzia dette somme sono state ridotte a euro 40.000 per la moglie ed a euro 30.000 per ciascuna delle figlie, mentre per i fratelli la somma è stata correttamente riportata. Si è pertanto in presenza di contraddittorietà dell'atto non sanabile, che impone l'annullamento con rinvio.

5. I ricorsi degli imputati e delle parti civili sono infondati. è invece fondato il ricorso del responsabile civile.

Il fatto è stato ricostruito dai giudici di merito nei termini seguenti. Il lavoratore (Omissis) è deceduto per folgorazione dovuta alla scarica di corrente elettrica di una linea di media tensione mentre sollevava e collocava in una buca un palo della pubblica illuminazione. In quel frangente il palo entrava in contatto con i fili della linea elettrica determinando il contatto letale. Tale svolgimento dei fatti rende evidente e necessitata la circostanza che la lavorazione avvenisse a distanza dalla rete elettrica inferiore a quella prescritta.

D'altra parte l'operazione avveniva incongruamente tramite l'imbragatura del palo ad una motopala; mentre sarebbe stato richiesto l'uso di una gru su carro. Oltre a ciò, la situazione di pericolo avrebbe imposto di adottare appropriate misure, come lo spostamento della rete elettrica o l'esercizio di una costante ed effettiva vigilanza sull'attività posta in essere, tale da garantire adeguatamente i lavoratori. Inoltre, è stata omessa la redazione del piano operativo di sicurezza che concretizza le garanzie previste in relazione alle singole lavorazioni da compiere nel cantiere, a fronte della inevitabile genericità del piano generale di sicurezza.

Tale conclamata situazione chiama in causa in primo luogo il datore di lavoro. Costui ha ammesso di non aver mai effettuato un sopralluogo e di non essersi mai recato sul cantiere e dunque di non conoscere affatto le condizioni in cui venivano realizzate le opere. Pertanto, la condotta serbata dall'imputato, sia relativa ai singoli comportamenti sia complessivamente considerata, ha certamente avuto una determinante efficienza causale nel verificarsi dell'incidente, essendo mancata ta predisposizione di mezzi e strumenti atti a prevenire gli infortuni e non essendo state poste in essere le necessarie attività di controllo.

La pronunzia considera altresì che non vi è alcuna prova della delega di funzioni nei confronti dei coimputati, che difetterebbe comunque dei necessari requisiti formali. D'altra parte, lo stesso imputato ha ammesso di non aver adottato alcuna delega dei compiti relativi alla sicurezza.

Nè rileva che la vittima prestasse l'attività lavorativa in assenza dell'autorizzazione da parte del titolare della ditta. è stato lo stesso imputato ad ammettere che fosse consuetudine affidare i lavori elettrici al fratello di (Omissis) titolare di una ditta individuale. L'affermazione di essere all'oscuro di siffatte lavorazioni contrasta con precedenti dichiarazioni ed è dunque inverosimile; ma lo stesso imputato non potrebbe che imputare a sè medesimo tale ignoranza. In ogni caso se la prassi era nel senso indicato appare sussistere un assenso preventivo implicito circa il coinvolgimento della vittima nei lavori elettrici.

Quanto alla posizione dell'Imputato (Omissis), non si dubita che si trattasse del capo cantiere, come emerge da concordi dichiarazioni dei testi. Essi hanno riferito della presenza dell'imputato nel cantiere come figura cui gli operai facevano capo quanto alle attività esecutive; ed hanno attribuito a costui la disposizione di collocare in sede i pali. Si è indubbiamente in presenza di una posizione di subordinazione di fatto che implicava l'onere di vigilare sull'osservanza dei precetti imposti.

La pronunzia considera altresì che è da escludere che l'imputato non si sia reso conto del pericolo a cui erano esposti coloro che stavano posizionando il palo, se è vero che egli fornì una generica indicazione nel senso di "stare attenti".

Si assume altresì che è priva di rilevanza la circostanza che la vittima fosse titolare di una ditta autonoma. Si considera che il (Omissis) stava eseguendo lavorazioni che bene avrebbe potuto svolgere qualsiasi operaio della ditta (Omissis). L'imputato, d'altra parte, avrebbe dovuto coordinare tutte le ditte presenti sul cantiere che, peraltro lavoravano in un clima di totale cooperazione. In tale situazione l'imputato aveva l'obbligo assorbente di bloccare i lavori fino alla messa in sicurezza di quella parte di opere.

Infine, quanto alla posizione di (Omissis), si assume che diversi testi lo indicano come persona cui erano demandati compiti di direzione dell'intero cantiere e di rappresentanza della ditta (Omissis) nei confronti dei terzi. Egli si presentava come tecnico di fiducia della ditta in questione, presente sul cantiere a controllare l'andamento dei lavori con contestuale disposizione disposizioni sulla loro esecuzione, relative anche allo scavo in atto. Tali compiti non sono affatto incompatibili con lo svolgimento di altre mansioni quali la contabilità ed incombenti amministrative. Tale ruolo trova del resto razionale giustificazione nel fatto che il datore di lavoro (Omissis) si disinteressava totalmente del cantiere. Nè infine può trascurarsi che la vittima veniva chiamata a prestare attività lavorativa nell'ambito delle commesse affidate alla ridetta ditta (Omissis) proprio per incarico del fratello (Omissis). Dunque anche in tale caso la funzione di fatto assunta coinvolge l'imputato nell'obbligo di predisposizione delle misure di prevenzione, correlate anche alle modalità di esecuzione delle opere.

6. Tale complessiva, articolata ponderazione si sottrae a tutte le indicate censure.

Per ciò che attiene alla dedotta nullità dell'ordinanza con la quale è stata rigettata l'istanza di rinvio formulata dal difensore degli imputati (Omissis) e (Omissis), la pronunzia osserva che il provvedimento adottato dal primo giudice è immune da censure, essendo basato su due profili ambedue pienamente fondati. Da un lato la richiesta è stata depositata tardivamente, cioè solo due giorni prima della data dell'udienza, sebbene, si deduca implicitamente dall'argomentazione, l'attività da svolgere nell'altro procedimento fosse stato già da tempo programmata proprio alla luce degli argomenti esposti dalla richiedente. Dall'altro lato, poi, non è emerso che le incombenze afferenti all'altro procedimento assumessero un rilievo tanto preponderante da giustificare il rinvio, anche in comparazione con un gli impegni programmati per l'udienza di cui si chiedeva il rinvio, tutt'altro che insignificanti considerata ia programmata escussione di testi di rilievo.

L'argomentazione è corretta nel suo nucleo: si è ragionevolmente considerato che non è stata dedotta alcuna ragione che potesse attribuire preminente rilievo all'altra udienza, tale da giustificare il differimento richiesto.

7. Quanto all'affermazione di responsabilità di tutti gli imputati, l'argomentazione è diffusa, basata su definite e significative acquisizioni probatorie, conforme ai principi, immune da vizi logici. Si è infatti dimostrato che la presenza delle linea elettrica evidenziava un rischio altissimo ed assolutamente evidente per chiunque. Tale rischio avrebbe dovuto essere cautelato con iniziative che vengono analiticamente esposte: l'utilizzazione di un carro idoneo ad evitare oscillazioni dei pali, il distacco dell'energia, l'esercizio di una stringente vigilanza. Nessuna di tali iniziative è stata adottata e tutto avveniva in modo improvvisato, come se il drammatico rischio non esistesse.

8. Attesa tale plateale situazione, correttamente la Corte d'appello chiama in causa in primo luogo il datore di lavoro (Omissis). Costui, in effetti, si è disinteressato delle problematiche afferenti alla sicurezza che coinvolgevano il cantiere nel suo complesso, indipendentemente dai soggetti che a qualunque titolo vi prestavano attività. L'argomentazione, in ogni caso, è altamente persuasiva a proposito della ritualità del coinvolgimento della vittima nelle lavorazioni elettriche.

D'altra parte l'errore in fase di redazione degli elaborati progettuali non rendeva meno evidente il pericolo conclamato dalla fisica, visibile presenza dei cavi elettrici. Pure correttamente la Corte esclude la presenza di una valida delega nei confronti di alcuno, in totale assenza delle condizioni di validità poste dalla nota giurisprudenza di questa Suprema Corte.

9. Discorso sostanzialmente sovrapponile può essere condotto per ciò che riguarda l'imputato (Omissis). La Corte ne delinea persuasivamente il ruolo di responsabile del cantiere, alla luce di diverse e significative acquisizioni fattuali. Gli incombeva, dunque, l'onere di assicurarsi della sicurezza delle operazioni delicate e rischiose che si compivano al momento del sinistro. D'altra parte, è da considerare che la previsione normativa della figura del coordinatore per la sicurezza non fa venir meno i primari compiti prevenzionistici che gravano sul datore di lavoro e sui suoi collaboratori, come costantemente enunciato dalla giurisprudenza di questa Suprema Corte.

10. Al fondo, non è dissimile la posizione dell'imputato (Omissis). Con riguardo al ruolo di costui la pronunzia reca una diffusa argomentazione in fatto che induce a ritenere dimostrato il ruolo di corresponsabile della direzione del cantiere, con compiti misti, amministrativi ed operativi. Tale apprezzamento è invero immune da vizi logici; e non può essere posto in discussione nella presente sede di legittimità. Ne discende che valgono per tale soggetto le considerazioni svolte per (Omissis) correttamente la Corte di merito ha ritenuto che il rischio fosse altissimo e conclamato, ma deplorevolmente trascurato dai soggetti responsabili della sicurezza.

11. Quanto alla valutazione delle circostanze, la pronunzia considera che si è in presenza di estrema superficialità nello svolgimento dei compiti gravanti su tutti gli imputati; sicchè al beneficio delle attenuanti generiche non può attribuirsi valenza superiore a quella negativa insita nella contestata aggravante; sicchè deve essere confermato il giudizio di equivalenza ed appare proporzionata la pena irrogata. L'apprezzamento è correttamente argomentato e non può essere posto in discussione nel giudizio di legittimità.

12. Infine, quanto alla ponderazione delle colpe (tema che coinvolge i ricorsi sia degli imputati che delle parti civili) la pronunzia rileva che la vittima era l'unico lavoratore con particolari cognizioni in ambito elettrico ed era dunque certamente in grado di percepire l'effettiva portata del pericolo, reso ancor più incombente dall'uso di mezzi assolutamente non appropriati alle operazioni da svolgere, perchè non idonei ad evitare rilevanti oscillazioni del palo con conseguente possibilità di collisione con la linea elettrica, anche in assenza di particolari errori del manovratore del mezzo meccanico. La comparativa ponderazione dei diversi profili di colpa addebitati ai vari soggetti coinvolti nel sinistro conduce ad apprezzare nella misura del 25% il concorso di colpa della vittima. Si tratta di apprezzamento adeguatamente argomentato che da un lato da conto degli errori professionali della vittima; e dall'altro considera la totale assenza di iniziative volte a cautelare il rischio incombente da parte dei soggetti responsabili della sicurezza. è tipica ponderazione discrezionale sottratta, quanto al merito, a qualunque sindacato nel giudizio di legittimità.

I ricorsi degli imputati devono essere conseguentemente rigettati. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

13. Pure privi di pregio sono i ricorsi delle parti civili. Della ponderazione delle colpe si è detto (12). Per ciò che attiene alla determinazione della provvisionale la Corte ha ampiamente accolto le doglianze, incrementando l'entità. Si afferma, infatti, che il danno provato è quello morale, nella misura di euro 70.000 per la moglie, di euro 60.000 per ciascuno del figli, nonchè di euro 10.000 per ciascuno dei fratelli del defunto. L'indicazione di importi leggermente inferiori in dispositivo non è frutto di un errore, ma della implicitamente ritenuta opportunità di riservare alla sede definitiva la completa liquidazione del danno.

Infine, non vi è dubbio che la condanna degli imputati al risarcimento del danno nei confronti delle parti civili si riferisca anche ai diritti acquisiti iure ereditario.

I ricorsi devono essere conseguentemente rigettati. Segue per legge la condanna al pagamento delle spese processuali.

La reciproca soccombenza induce a compensare le spese tra le parti private.

15. Infine, il ricorso del responsabile civile deve essere accolto. La sentenza e larga parte dei motivi di ricorso si diffondono in argomentazioni che riguardano la responsabilità del Comune per fatto proprio. Tale approccio al ruolo del responsabile civile è erroneo. Invero la chiamata in causa di tale soggetto nel giudizio penale non vale ad introdurre la considerazione di tutti i profili di responsabilità civile. Al contrario, come emerge nitidamente dal tenore letterate degli articoli 185 cod. pen. ed articolo 83 cod. proc. pen, di coinvolgimento del responsabile civile riguarda solo la responsabilità per il fatto dell'imputato. Orbene, non si comprende- in relazione a quale degli imputati venga chiamata in causa la responsabilità concorrente dell'amministrazione comunale. Invero, non è mai stato individuato alcun vincolo tra i soggetti di cui si discute, atto a giustificare la responsabilità per fatto altrui e non per fatto proprio del Comune. è sufficiente rammentare che il contratto d'appalto non è idoneo a fondare la responsabilità del committente per fatto altrui ex articolo 83 cod. proc. pen., come già condivisibilmente ritenuto da questa Suprema Corte (Cass. 4, 20 settembre 2008, Rv. 242088). La conseguenza è che non vi è possibilità di configurare legittimazione processuale dell'indicato soggetto pubblico nella presente sede penale. Le sentenze di merito devono essere conseguentemente annullate per la parte che riguarda la condanna al risarcimento del danno nei confronti del Comune di Novoli.

P.Q.M.



Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e quella di primo grado nei confronti del responsabile civile Comune di Novoli.

Rigetta i ricorsi di (Omissis), (Omissis), (Omissis) e delle parti civili (Omissis), (Omissis), (Omissis), (Omissis) e (Omissis), che condanna al pagamento delle spese processuali.

Dichiara interamente compensate fra le parti private le spese di questo giudizio.