SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Seduta 102: martedì 24 aprile 2012

Audizione delle organizzazioni sindacali degli stabilimenti del gruppo FIAT

Presidenza del presidente TOFANI
indi del vice presidente NEROZZI

Intervengono, in rappresentanza della FIOM-CGIL, il dottor Maurizio Landini, segretario generale, la dottoressa Laura Spezia, segretaria nazionale, la dottoressa Barbara Pettine, responsabile politiche del lavoro, la dottoressa Giorgia Fattinnanzi, addetta stampa, il dottor Maurizio Marcelli, responsabile salute e sicurezza, e il dottor Michele De Palma, responsabile settore auto; in rappresentanza dell'UGL, il dottor Paolo Varesi, segretario confederale, il dottor Antonio D'Anolfo, segretario nazionale federazione metalmeccanici; in rappresentanza della FISMIC- CONFSAL, il dottor Roberto Di Maulo, segretario generale nazionale; in rappresentanza dell'UILM, il dottor Eros Panicali, segretario nazionale e responsabile settore auto, e la dottoressa Susanna Costa, responsabile ufficio salute e sicurezza; in rappresentanza della FIM-CISL, il dottor Bruno Vitali, segretario nazionale e responsabile auto, e il dottor Alberto Cipriani, responsabile nazionale su organizzazione del lavoro in FIAT.

PROCEDURE INFORMATIVE

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l'audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali degli stabilimenti del gruppo FIAT.
Comunico che, ai sensi dell’articolo 13, comma 2, del Regolamento interno della Commissione, è stata chiesta l’attivazione dell’impianto audiovisivo. Se non vi sono osservazioni, tale forma di pubblicità è dunque adottata per il prosieguo dei lavori. Avverto inoltre che sarà redatto e pubblicato il resoconto stenografico della seduta.
La Commissione ha avuto notizia, da parte della senatrice Carloni, di alcuni problemi che sarebbero emersi, con particolare riguardo alla salute delle donne e anche alla maternità, in alcuni stabilimenti del gruppo FIAT - Pomigliano d'Arco, Avellino (Irisbus), Pratola Serra (FMA), Termoli, Bologna (Magneti Marelli) e Torino (Mirafiori Carrozzeria) -, con riferimento a quanto prevede il nuovo contratto collettivo di lavoro.
In seguito a tale comunicazione, la Commissione ha deciso di organizzare l'audizione odierna, perché il tema è importante e delicato. Desideriamo pertanto conoscere elementi più precisi da parte delle parti sociali.

PANICALI
Signor Presidente, dal momento che ci troviamo davanti alla Commissione parlamentare d'inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle morti bianche, vorrei provare a scorporare la problematica in due aspetti.

PRESIDENTE
Mi perdoni se la interrompo, ma desidero specificare un punto dirimente: ci occupiamo anche di salute sui luoghi di lavoro.

PANICALI
Mi è chiarissimo, signor Presidente. Infatti, in occasione dei vari incontri cui periodicamente diamo luogo presso i diversi tavoli di lavoro, affrontiamo costantemente tale tematica. Al di là di ciò, nel momento in cui mi è pervenuta questa convocazione, ho cercato di ricostruire una panoramica degli ultimi tre anni relativamente alla questione degli infortuni, non solo con riferimento ai sei siti specificamente menzionati, ma a tutto il mondo FIAT e FIAT Industrial.
Il trend degli infortuni è in calo: dai 757 del 2009 si è scesi ai 616 del 2010 fino ad arrivare ai 317 del 2011. Questi dati chiaramente tengono conto anche del fatto che in questi anni si sta lavorando assai poco, perché molti degli operai impiegati in quegli stabilimenti sono in cassa integrazione. L'indice di frequenza degli infortuni (dato dal numero di infortuni verificatisi ogni 100.000 ore lavorate) è sceso dall'1,03 per cento del 2009 allo 0,76 del 2010, per finire allo 0,41 del 2011, mentre l'indice di gravità, altro elemento molto importante, connesso con la tipologia dei sinistri (dato dal calcolo dei giorni di assenza per infortuni per 1.000 ore lavorate) è calato dallo 0,32 per cento del 2009 allo 0,21 del 2010, per finire allo 0,13 del 2011. Negli ultimi tre anni, quindi, non si è verificato alcun infortunio mortale all'interno dei siti presi in esame.
Quando si parla di infortuni, salute e ambiente, chiaramente questi numeri dovrebbero essere pari allo zero, ma in rapporto al fatto che stiamo parlando di un'azienda con più di 200.000 dipendenti non credo che tali dati si possano considerare irrilevanti. Con riferimento al mondo italiano della FIAT, nel quale sono impiegati 86.000 dipendenti, ritengo che le risorse destinate alla sicurezza siano congruenti, anzi, magari riuscissimo ad averle all'interno di tutti gli stabilimenti in Italia.

PRESIDENTE
Dottor Panicali, la invito a limitarsi essenzialmente a mettere a fuoco l'oggetto specifico di quest'incontro.

PANICALI
Certo, signor Presidente, ho solo delineato un quadro d'insieme per poi passare alla questione contrattuale. Relativamente agli stabilimenti specificamente citati, non ho riscontrato alcun evento particolare, bensì la preoccupazione che il contratto siglato prima nel 2010 e definitivamente sottoscritto nel dicembre 2011 possa portare alcuni problemi.
Ecco la situazione dei siti interessati: quello dell'Irisbus è stato chiuso con accordo unitario; FMA lavora una settimana al mese (e questo è il nostro problema); lo stabilimento Carrozzerie Mirafiori sta sperimentando questo nuovo sistema con accordo unitario da tre anni; a Pomigliano d'Arco è dallo stesso periodo di tempo che non si lavora e sono stati investiti 800 milioni di euro per arrivare ad una nuova metodologia di organizzazione e misurazione ergonomica del lavoro.
Vi sono invece due stabilimenti che lavorano, quello di Termoli e quello di Bologna della Magneti Marelli, dove l'organizzazione del lavoro adottata con il nuovo contratto vige in realtà da trent'anni: vi sono 18 turni e anche se non era stato messo per iscritto che vi dovesse essere l'alternanza tra settimane da sei e da quattro giorni lavorativi, vi era però questo andamento, che è quello normale previsto da tutti i contratti nazionali, compreso quello di Federmeccanica. Da gennaio ad oggi, da quando è stato applicato il nuovo contratto, non è quindi cambiato assolutamente nulla in tutti i siti produttivi in Italia.
All'interno del gruppo FIAT era stato elaborato il progetto "Health & safety first", al quale con un accordo unitario si era convenuto di destinare risorse per la formazione alla sicurezza, anche destinate a quella continua, non solo per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) preposti, ma per tutti i lavoratori del gruppo. Qualcuno si è sottratto al progetto in corso d'opera, ma noi stiamo comunque procedendo e la formazione è già stata somministrata ad una serie di lavoratori. Per conseguire l'obiettivo di impartirla a tutti i lavoratori, verranno destinate risorse proprie dell'azienda, affinché si possa portare a termine il progetto.
Non credo che le novità contrattuali possano determinare discriminazioni e problematiche di genere. Per quanto riguarda la flessibilità, il precedente contratto prevedeva 104 ore di flessibilità (e non
40), articolate in modo diverso, a fronte delle 120 attuali, con la possibilità riconosciuta al 20 per cento di scegliere se lavorare il sabato, che precedentemente era negata.
Concludo sottolineando che non vedo nessun segnale di un peggioramento delle condizioni di lavoro. Andare a lavorare, purtroppo, sia per gli uomini che per le donne, è un problema e, a seconda del tipo di lavoro, può comportare minori o maggiori condizioni di disagio. Ritengo tuttavia che il contratto non abbia né modificato né peggiorato le precedenti condizioni di lavoro.

VARESI
Signor Presidente, abbiamo redatto una breve e spero significativa nota che lasciamo alla Commissione e di cui vorrei dare rapida lettura.
Desidero preliminarmente ringraziare lei e tutta la Commissione per l'invito che ci è stato rivolto e soprattutto per l'importante ruolo che nel corso di questi anni ha svolto e continua a svolgere questa Commissione nella ricerca di ogni possibile causa di indebolimento della tutela delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori e delle lavoratrici in ogni luogo di lavoro. Si tratta di un’azione che vorrei definire tenace e che ha contribuito e contribuisce a mantenere alta l’attenzione delle istituzioni su un tema delicatissimo e complesso, che costa al nostro Paese un alto numero di vittime ed un prezzo sociale elevatissimo. In questa fase di recessione economica le esigenze della sicurezza rischiano di venire sopraffatte da esigenze di economia generale, in particolare di contenimento della spesa pubblica e di ricerca di modelli di relazioni industriali fortemente orientati ad incrementare la produttività da lavoro.
In questo contesto la nostra organizzazione sindacale è sempre molto vigile su quanto succede in ogni ambito lavorativo e, attraverso il proprio Ufficio salute e sicurezza nei luoghi di lavoro nonché attraverso i dirigenti sindacali periferici, attua un continuo monitoraggio delle condizioni di lavoro, anche in termini di tutela delle differenze di genere.
Nel corso dell’ultimo anno l'UGL ha promosso numerose iniziative nei diversi ambiti lavorativi, di concerto con la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro, di cui chi vi parla è componente effettivo, presentando gli esiti di decisioni che sicuramente hanno contribuito a migliorare e monitorare lo stato di applicazione della normativa e il suo possibile sviluppo. Abbiamo seguito e sollecitato con particolare interesse i lavori dei nove comitati costituiti. In particolare ci siamo occupati: di validazione di buone prassi in materia di salute e sicurezza sul lavoro; di elaborazione di procedure standardizzate per la valutazione dei rischi; di qualificazione delle imprese; di modelli per la gestione della sicurezza; di formazione e di criteri di qualificazione della figura dei formatori; di valutazione di stress lavoro-correlato; di attrezzature di lavoro e dispositivi di protezione individuali; di rischio chimico, fisico e biologico, elaborando ed approvando documenti ritenuti da molti di notevole importanza.
Allo scopo di promuovere la considerazione delle differenze di genere in relazione alla predisposizione e realizzazione delle attività di prevenzione, abbiamo sollecitato con successo la Commissione consultiva permanente per la salute e la sicurezza sul lavoro affinché approvasse uno specifico modello da presentare, ai fini della validazione delle buone prassi, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 2, comma 1, lettera v), del decreto legislativo n. 81 del 2008.
Per i motivi indicati, abbiamo accolto con piacere l’invito a partecipare a questa audizione ed abbiamo letto con molto rispetto, ma anche con un pizzico di curiosità, la riferita denuncia delle lavoratrici del gruppo FIAT-FIAT industrial, provenienti dagli stabilimenti di Pomigliano d’Arco, Avellino, Pratola Serra, Termoli, Bologna e Torino, le quali hanno indicato una serie di profonde sofferenze relative alla loro condizione personale e alla loro dignità di donne legate a gravi carenze nella cura dell’igiene e della salute personale, per effetto del nuovo contratto collettivo di lavoro di 1° livello che, a dire delle lavoratrici, avrebbe introdotto un'organizzazione del lavoro descritta come particolarmente penalizzante, in quanto in grado di determinare carichi di lavoro più pesanti e maggiore affaticamento sulle linee di produzione. È stato altresì denunciato il carattere discriminatorio delle nuove norme contrattuali con particolare riferimento alla tutela della maternità e della salute.
Riguardo all’attività degli stabilimenti citati, crediamo sia utile preliminarmente segnalare che Pomigliano d’Arco è in una fase di profonda ristrutturazione, essendo stato destinato alla produzione della nuova Panda. Da quanto ci risulta, inoltre, l’impianto è stato oggetto di un forte investimento economico per rendere gli impianti moderni e sicuri. Sulla stessa strada si trova lo stabilimento Carrozzerie Mirafiori, che al momento vede gli operai in CIGS per un anno, in virtù della riconversione delle linee per la futura produzione di Jeep e SUV.
Lo stabilimento Irisbus di Avellino dal 31 dicembre 2011 è praticamente chiuso; tutti i dipendenti sono in cassa integrazione per cessata attività dopo la decisione di FIAT di porre fine alle produzioni in quel sito, mentre nello stabilimento di Pratola Serra gli operai lavorano circa una settimana al mese.
Il nuovo contratto collettivo specifico di lavoro di 1º livello, richiamato dalle lavoratrici, è stato sottoscritto dalla quasi totalità delle organizzazioni sindacali lo scorso 29 dicembre 2010 e copre un arco di tempo che arriva sino al 31 dicembre 2012. In quanto a turni ed organizzazione del lavoro è opportuno ricordare che in molte realtà produttive venivano già applicate le variazioni introdotte dal nuovo accordo. A titolo di esempio, nello stabilimento di Termoli già dal 1994 si applicano turnazioni di 10, 12, 15 e 18 turni, mentre Pratola Serra ha visto l’utilizzo di tali turnazioni sin dall’avvio della propria attività. In buona sostanza, in questi due stabilimenti il nuovo accordo non ha mutato la natura e l’organizzazione del lavoro.
La nostra organizzazione sindacale ha sottoscritto quell’accordo con convinzione. L’accordo definisce normative e trattamenti per tutti i dipendenti FIAT sul territorio nazionale, mantenendo intatti tutti i diritti individuali e collettivi e migliorando le parti economiche. C'è una nuova e più alta paga base; c’è un nuovo inquadramento professionale; sono state istituite alcune commissioni chiamate a vigilare sull’applicazione dell’accordo, migliorando le verifiche sull’organizzazione del lavoro e regolando le modalità dei premi individuali collegati alle proposte di miglioramento fatte dai lavoratori; si aumenta il salario annuale attraverso un premio straordinario e il nuovo premio di competitività.
Con tale accordo si traccia un confine nuovo e si lancia la sfida per aumentare la produzione di automobili in Italia, salvaguardando i posti di lavoro e tentando di avvicinare i salari italiani a quelli europei. Abbiamo sottoscritto questo importante contratto collettivo anche in relazione alle tutele riconosciute ai lavoratori, prima fra tutte la tutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, riconosciuta come un obiettivo condiviso dall’azienda e dai lavoratori, a partire dal rispetto degli obblighi previsti dalle disposizioni legislative. Coerentemente con tale obiettivo, non solo i datore di lavoro, i dirigenti e i preposti, il medico competente, il responsabile di prevenzione e protezione, ma i lavoratori e i loro rappresentanti per la sicurezza collaborano per eliminare o ridurre progressivamente i rischi alla fonte e migliorare le condizioni ergonomiche ed organizzative dei luoghi di lavoro.
Proprio ai lavoratori, infatti, oltre a tutta una serie di doveri, vengono riconosciuti importanti e delicati diritti; tra questi in particolare il diritto di verificare, mediante il rappresentante per la sicurezza, l’applicazione delle misure di prevenzione e protezione; il diritto di ricevere una adeguata informazione e formazione in materia di salute e sicurezza, con particolare riguardo al proprio posto di lavoro, alle proprie mansioni, alla propria condizione di lavoratore.
A completamento di un ampio articolato definito "Ambiente di lavoro", si aggiunge il progetto "Health & safety first", volto ad incrementare le azioni necessarie ad assicurare l’acquisizione di un'effettiva consapevolezza da parte dei lavoratori in materia di prevenzione e sicurezza sul lavoro, attraverso lo sviluppo di azioni concrete di formazione orientate a favorire comportamenti effettivi, secondo logiche e metodologie all’avanguardia.
Seppur nel poco tempo a disposizione, apprese le motivazioni che hanno giustamente indotto la Commissione parlamentare ad avviare tutta una serie di accertamenti per verificare quanto ad essa denunciato, la mia organizzazione sindacale ha operato una rapida ricognizione sulle condizioni di lavoro dei lavoratori e delle lavoratrici negli stabilimenti FIAT, senza acquisire alcun elemento che possa far semplicemente dedurre l’esistenza di qualsivoglia violazione o compressione dei diritti tutelati dalla normativa in materia di salute e sicurezza, anche in relazione all’applicazione del nuovo contratto collettivo specifico di lavoro.
La mia organizzazione sindacale si è posta altresì il problema di valutare se, al di fuori della normativa in oggetto, l'assegnazione in via transitoria di un premio straordinario di 600 euro ai lavoratori che assicurano una presenza annua pari o superiore a 870 ore, potesse rappresentare motivo discriminante per le lavoratrici assenti per maternità, allattamento o assenza dovuta alla propria condizione di donna. Dopo ampia discussione siamo giunti alla conclusione che trattandosi per propria natura di un emolumento transitorio e aggiuntivo alla retribuzione ordinaria, volto esclusivamente ad incrementare la produttività da lavoro, esso non presenta caratteri discriminatori, pur restando ferma la volontà dell'UGL di procedere, in sede di rinnovo dell'accordo, ad una diversa valutazione di questi tipi di assenza dal lavoro.

LANDINI
Anzitutto, ringrazio la Commissione per questa possibilità di confronto e discussione. Vorrei dire subito che non siamo stati in grado di dare seguito all'invito che ci avete rivolto di far partecipare anche i rappresentanti della sicurezza o i delegati sindacali, perché, com'è noto, nei suoi stabilimenti la FIAT non riconosce più i delegati della FIOM-CGIL né i rappresentanti della sicurezza che erano stati eletti dai lavoratori iscritti alla FIOM. Mi permetto quindi di segnalare, proprio a partire dalla tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori, che secondo noi è in atto una grave violazione delle libertà, delle leggi vigenti e della Costituzione, relativamente al diritto di chi lavora di potere eleggere i propri delegati e i propri rappresentanti per la sicurezza: oggi in FIAT questo non è garantito. Avremmo voluto far partecipare a questa importante discussione direttamente le persone coinvolte, che a volte meglio di noi possono raccontare la loro condizione e i problemi che vivono, ma vi è questa situazione.
Mi permetto quindi di preannunciare che, oltre a svolgere un'analisi, avanzeremo alcune richieste, tra cui quella che sia avviata una vera e propria indagine, che affronti anche il problema della limitazione delle libertà dei lavoratori negli stabilimenti FIAT, in violazione delle leggi vigenti e dei principi della nostra Costituzione.
Per passare ai temi oggetto dell'audizione, nel materiale che abbiamo consegnato agli atti della Commissione vi è anche una lettera aperta al Ministro e alla consigliera nazionale di parità, firmata da 250 lavoratrici, dipendenti di tutti gli stabilimenti FIAT e non solo di quelli citati, le quali denunciano non solo un disagio ulteriore ed una condizione di lavoro pesante in particolare per le donne, ma anche che l'ultimo contratto di lavoro, sostitutivo del contratto nazionale, che la FIAT ha imposto ed introdotto nella propria impresa contiene norme discriminatorie per le lavoratrici. Infatti, alcuni istituti salariali sono collegati alla presenza del dipendente in fabbrica e quando la lavoratrice o il lavoratore si assenta per maternità o chiede un permesso per la cura del figlio, ovvero è in congedo parentale per assistenza al figlio o ex legge n. 104 non percepisce il salario. A noi pare questa una discriminazione esplicita, addirittura in contrasto con le leggi del nostro Paese. Peraltro, l'avvio di questa discussione nel nostro Paese, fino ad arrivare a questa importante seduta oggi nel nostro Senato, nasce proprio da questa denuncia delle lavoratrici e dei lavoratori della FIAT cui noi vogliamo dare voce e rappresentanza.
Naturalmente, avendo depositato una memoria scritta mi limiterò a soffermarmi su alcuni punti. Restiamo comunque disponibili, se nel prosieguo del lavoro ve ne fosse bisogno, ad aggiungere altri elementi, dal momento che la nota non esaurisce tutti i temi, ma vuole semplicemente indicare alcuni problemi e dare alcune indicazioni.
Partiamo da un primo dato. La FIOM, nel 2008, ha svolto una indagine sulle condizioni lavorative e su come le persone si trovavano nei luoghi di lavoro in Italia, attraverso un questionario e dei colloqui; l'indagine ha coinvolto più di 100.000 persone, nel senso che su 300.000 questionari distribuiti negli stabilimenti FIAT (ma non solo), hanno risposto 100.000 lavoratrici e lavoratori. In particolare, portiamo i dati emersi dalle risposte date al questionario dai lavoratori e soprattutto dalle lavoratrici FIAT rispetto alle condizioni di lavoro. Quello che viene denunciato è un peggioramento secco delle condizioni di lavoro, soprattutto per chi è soggetto a lavoro vincolato, cioè per chi lavora alla catena di montaggio, molto spesso con ritmi vincolati e tempi di fase che non sono superiori ai 60 secondi, cioè al minuto, con livelli di saturazione estremamente complicati. Ebbene, colpisce che addirittura il 71 per cento di coloro che hanno risposto afferma di pensare di non essere in grado di poter reggere fisicamente la condizione di lavoro attuale oltre i 60 anni di età.
Non voglio polemizzare rispetto alle recenti riforme pensionistiche adottate, ma vorrei indicare che già nel 2008 chi lavorava in certe condizioni diceva che non pensava di poter reggere oltre una certa durata.

PRESIDENTE
Dottor Landini, chiedo scusa: i dati sono importanti e li studieremo, però vorremmo focalizzare la nostra attenzione sul contratto di lavoro in vigore.

LANDINI
Mi riferivo proprio a questo, dicendo come già prima che si introducesse il nuovo sistema di metrica del lavoro, negli stabilimenti FIAT erano state denunciate condizioni di lavoro piuttosto pesanti ed un certo malessere. In particolare, emergeva - altro dato rilevante per la discussione di oggi - che la condizione delle lavoratrici era peggiore di quella dei lavoratori addetti alle stesse mansioni, con gli stessi turni, per i disturbi ed i disagi che si verificano. A sostegno di quanto detto, porto ad esempio il dato di uno stabilimento specifico: Menfi. Si tratta di uno stabilimento giovane della FIAT perché è nato nel 1994, quindi chi vi lavora ha mediamente quarant'anni e non ha lavorato più di vent'anni nello stabilimento, mentre da altre parti la situazione è anche peggiore. Vorrei far notare che in quello stabilimento già adesso ci sono 2.500 persone su 5.700 dipendenti che sono state definite, dagli stessi medici dell'azienda, "lavoratori con ridotte capacità lavorative". Inoltre, da un lavoro svolto assieme ai patronati risulta che nel 2010, in un solo anno, più di 300.000 lavoratori hanno avute riconosciute malattie professionali, cioè è stato riconosciuto che i danni alla salute riportati sono dovuti al tipo di lavoro svolto e alle metriche che si sono determinate. Naturalmente, siamo in grado di fornire informazioni analoghe, anche con maggiori dettagli e con riferimento ad altri stabilimenti della FIAT, ma abbiamo bisogno di un lasso di tempo maggiore. Questa situazione, piuttosto pesante, era però previgente all'introduzione del nuovo metodo di lavoro in FIAT.
Attualmente la legge prevede che si elabori una valutazione dei rischi che tenga conto anche del genere, maschile o femminile. All'interno della FIAT, tuttavia, ci troviamo di fronte alla completa mancanza di qualsiasi analisi statistica caratterizzata dalla distinzione di genere, ossia dal fatto che si stia parlando di una donna o di un uomo. Com'è noto, oltre a prevederlo la legge e come dimostrano le dinamiche europee, il tema è molto importante, ma tale elemento manca completamente nel lavoro di valutazione dei rischi realizzato in FIAT.
L'Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro, che ha studiato la materia, indica una serie di vincoli. Intendo pertanto denunciare la suddetta mancanza, che produce una sottostima del rischio per le lavoratrici e di conseguenza, com'è noto, una serie di possibili danni specifici, che si rivelano peggiori o maggiori per le donne, rispetto agli uomini. Nei sistemi di lavoro, se si vogliono tutelare la salute e la sicurezza delle persone, bisognerebbe tenere conto anche del fatto che sia una donna o un uomo a svolgere determinate mansioni. Con il cosiddetto contratto specifico viene introdotta una nuova metrica di valutazione dei carichi di lavoro, con riferimento alla quale vorrei farvi notare un aspetto solo apparentemente sindacale, che a mio avviso riveste invece una propria importanza. Il contratto nazionale da sempre prevede che sia un diritto dell'azienda decidere quali metriche applicare, senza bisogno dell'accordo con il sindacato, e che sia suo dovere comunicarle al sindacato e ai lavoratori, i quali a loro volta hanno diritto di conoscerle e, se vogliono, di contestarle. Non c'è però mai stata la richiesta che la metrica stabilita fosse firmata, con il riconoscimento da parte del sindacato che fosse proprio quella esatta, giusta e funzionante. Ci troviamo di fronte ad una novità: con il contratto specifico di lavoro, per la prima volta la FIAT non solo introduce una nuova metrica - che contestiamo, spiegando anche perché non ci convince, dato che potrebbe rivelarsi peggiore, non essendo neppure stata sperimentata - ma ci chiede di riconoscere che è esatta, va bene e non causa problemi alla salute. Questo elemento rischia di non far riconoscere tante malattie professionali contratte dai lavoratori in conseguenza del metodo di lavoro applicato: può apparire un cambiamento banale, ma invece è di fondo. In nessun'altra azienda metalmeccanica d'Italia, neppure nelle catene di montaggio, il sindacato è mai arrivato a firmare la metrica scelta dall'azienda stessa, riconoscendo che di per sé è perfetta, va bene e che eventualmente, se vi sono problemi, sono dovuti al fatto che sono i lavoratori a sbagliare nell'applicarla. Non è mai stato così, quindi, a nostro avviso, siamo di fronte ad un fatto che introduce un elemento né corretto né giusto. La nuova metrica introdotta, insomma, presenta elementi che non funzionano, perché consiste in una metodologia non rispettosa del lavoratore, che di sicuro, per com'è calcolata, provoca un aumento della saturazione, ossia delle operazioni da fare nello stesso minuto. Se cioè in un minuto si deve fare un numero «x» di operazioni e nel calcolarle si deve tenere conto anche dei fattori di riposo, onde non rovinarsi fisicamente, la nuova metrica rende il carico di lavoro saturo in misura assai maggiore, senza più calcolare una serie di fattori di affaticamento e quindi di riposo che prima dovevano invece essere presi in considerazione. A parità di tempo, quindi, se con la metrica vigente precedentemente in otto ore di lavoro, in termini operativi, se ne lavoravano di sicuro sette, oggi nella stessa unità di tempo si devono effettuare molti più movimenti rispetto a prima, con una saturazione molto più elevata. A parità di tempo impiegato, il numero di movimenti e la saturazione che si raggiungono sono molto più alti.
L'accordo realizzato riduce inoltre una serie di tutele. Innanzitutto, vengono tolti dieci minuti di pausa al giorno; quindi mentre prima per il lavoratore ve n'erano 40, oggi ve ne sono 30 (dieci minuti di pausa in meno lavorando sulle catene di montaggio). La mensa viene portata a fine turno e, se l'azienda ne ha bisogno, può far lavorare in straordinario il lavoratore anche durante quella mezz'ora che dovrebbe essere dedicata alla pausa pranzo (quindi egli rischia di non poter usufruire nemmeno della mensa e della relativa mezz'ora di pausa perché deve lavorare). Nello svolgimento dei turni vengono introdotte 120 ore di straordinario obbligatorio l'anno, quindi non si prevedono semplicemente 18 turni da 40 ore alla settimana, effettivamente lavorate e retribuite, ma se l'azienda decide di utilizzare lo straordinario, il singolo lavoratore sarà impiegato per 48 ore alla settimana anziché 40. Vi invito a fare il calcolo: complessivamente questo determina
120 ore di straordinario obbligatorio nell'arco dell'anno; quindi l'orario di lavoro effettivo della singola persona passa da 40 a 43 ore alla settimana; inoltre, l'accordo prevede che l'azienda, se ne ha la necessità, per recuperi o altri motivi, modificando l'attuale contratto possa comandare al lavoratore di effettuare le 120 ore di straordinario quando essa ritiene più opportuno, ad esempio anche durante il giorno di riposo, con un aumento effettivo - e, a nostro avviso, un peggioramento secco - delle condizioni di lavoro precedentemente determinate.
Per la stessa ragione che ho ricordato in apertura del mio intervento, è evidente che una mancata corretta valutazione dei rischi ha un certo peso. Ci permettiamo di osservare che alcuni RLS (fino al 2011 eletti dai lavoratori), che avevano partecipato a programmi di formazione e una parte consistente dei quali era iscritta alla FIOM o addirittura figurava tra i suoi delegati sindacali, dal 2012 non hanno più il diritto e la possibilità di mettere in atto tali procedure. Tra coloro che verranno nominati in questi giorni di sicuro non comparirà alcun lavoratore iscritto, simpatizzante o in un qualche modo legato alla FIOM, che è stata esclusa. Trovo che questa sia una valutazione da fare, perché la legge prevede che tutti debbano poter eleggere e scegliere i propri rappresentanti tra qualsiasi lavoratore dell'azienda cui appartengono, quindi vi è un ulteriore elemento di discriminazione.
La sistematica mancanza di valutazione della differenza di genere dei lavoratori, con riferimento ai danni determinati dal tipo di lavoro svolto, a nostro avviso configura una condotta discriminatoria nei confronti del lavoro femminile. Nei colloqui e nel questionario realizzati nell'ambito di questa indagine, è stata indicata da parte delle lavoratrici una serie di disturbi. Proprio per le caratteristiche di questi ultimi, le lavoratrici hanno denunciato cosa significhi un rischio del genere e quali danni possono derivare per la normale attività lavorativa e fisica con questi turni e con questi ritmi. Le conseguenze possono mettere a rischio anche la salute riproduttiva delle donne che lavorano all'interno di queste aziende e non ci risulta che a tal proposito esista alcuna valutazione del rischio da parte della FIAT, mentre tanti studi a livello internazionale proprio in questa materia indicano come sia necessario affrontare tali temi, per la tutela integrale della salute, in questo caso delle lavoratrici.
Riterremmo molto importante che questa Commissione parlamentare, alla fine della sua discussione, si facesse promotrice di una vera e propria indagine conoscitiva sull'insieme di tutti i temi che abbiamo qui evidenziato, per approfondire l'esistenza di tali rischi e dare una risposta concreta alle domande formulate. Credo che non sia accettabile, in un Parlamento eletto dal popolo e che deve rispondere alla Costituzione, che si accetti passivamente che nel più grande gruppo industriale del nostro Paese vi sia una violazione delle libertà sindacali, quindi delle libertà personali degli uomini e delle donne che lavorano.
Mi permetto di chiarire un punto. Noi non stiamo chiedendo la tutela di un'organizzazione sindacale: il problema non è quello di tutelare la FIOM e la CGIL, che penso siano in grado di tutelarsi da sole; stiamo dicendo che quando un lavoratore non ha il diritto di potersi scegliere un sindacato, sempre che voglia aderire a un sindacato, si verifica una violazione di un diritto previsto dalla Costituzione, quello di non essere discriminato per il proprio pensiero e le proprie convinzioni, oltre a quello di poter essere un cittadino anche nel luogo di lavoro, FIAT compresa. Questo secondo noi è un elemento molto importante, accanto a quello della tutela della salute e della sicurezza; anzi, credo sia una condizione per la realizzazione di tali obiettivi.
Vi ringrazio per la pazienza e l'attenzione.

VITALI
Signor Presidente, anch'io mi unisco ai ringraziamenti espressi nei confronti della Commissione per l'opportunità che ci viene data.
Dividerò il mio intervento in tre parti: una breve premessa, una considerazione di merito e nella terza parte lascerò la parola al nostro esperto per fornirvi elementi tecnici di valutazione.

PRESIDENTE
Colgo l'occasione per precisare un aspetto. Noi non vogliamo comprimere il dibattito, ma desideriamo semplicemente restare nel tema. Abbiamo organizzato l'incontro odierno perché riteniamo che l'argomento sia di straordinario interesse per la nostra Commissione. Siamo pertanto ben lieti di venire a conoscenza ed approfondire tutto ciò che riguarda l'oggetto del nostro incontro.

VITALI
Inizierò il mio intervento con una premessa. Noi abbiamo firmato gli accordi, compreso quello del CCSL, nel rispetto dello Statuto dei lavoratori e della Costituzione (ci sono state 26 sentenze su 30 che hanno attribuito piena legittimità alla situazione in atto). A noi dispiace che la FIOM non li abbia firmati perché, là dove vi siano dei limiti, solo i firmatari possono fare qualcosa per migliorarli. Questa premessa era necessaria, altrimenti potrebbe sembrare che si sia agito in un ambito di illegalità e incostituzionalità.
Le segnalazioni fatte dalle lavoratrici si inquadrano - come noto a tutti - in un contesto di scontro politico-sindacale. Leggendo il resoconto della seduta in cui è stata deliberata l’indagine della Commissione, considerata la genericità della denuncia e il contesto della situazione, rileviamo elementi di strumentalità. Gli stabilimenti interessati sono sei su 60 stabilimenti italiani: Pomigliano d'Arco, Avellino (Irisbus), Termoli, Bologna (Magneti Marelli), Torino (Carrozzerie Mirafiori), Pratola Serra.
Ricordo che domani mattina abbiamo una convocazione in tribunale perché un nostro delegato presso la Electrolux è stato denunciato dall'azienda - dove vi è manodopera prevalentemente femminile su catene di montaggio con tempi assai più corti di quelli dell'auto - poiché aveva avviato delle iniziative a difesa della salute delle lavoratrici della Electrolux.
Le lavoratrici che hanno inviato la lettera hanno fatto riferimento al sistema WCM (World class manufacturing) e al metodo ERGO-UAS. Il primo era già stato introdotto nel 2006-2007 in via sperimentale in alcuni stabilimenti, e nel 2009-2010 (quando eravamo in presenza di un'attività di sorveglianza sindacale unitaria e totale) è stato esteso a tutti gli impianti della FIAT. Abbiamo preparato un documento, che consegniamo alla Commissione, dove sono spiegate le implementazioni di tali sistemi nonché i grafici e i dati relativi alla frequenza degli infortuni. Da quando sono stati introdotti i suddetti sistemi - entrati a regime tra il 2009 e il 2010, quindi successivamente all'indagine realizzata dalla FIOM - l'indice degli infortuni è sceso dallo 0,73 allo 0,28 per cento ogni 100.000 ore lavorate. Si è pertanto verificata una forte riduzione della frequenza degli infortuni in tutti gli stabilimenti, compresi quelli citati dalle lavoratrici. Ricordo anch'io ad ogni modo che alcuni di questi stabilimenti sono chiusi e non lavorano da tanto tempo, come ad esempio la Irisbus di Avellino, oppure lavorano a regime estremamente ridotto, come lo stabilimento Carrozzerie Mirafiori e quello di Pratola Serra.
Vi invito a leggere il contratto collettivo FIAT, il cosiddetto CCSL richiamato nelle segnalazioni, perché nella parte centrale e in quella degli allegati esso fornisce strumenti di monitoraggio continuo ai delegati sindacali, alle commissioni preposte e finanche ai singoli lavoratori. È inedito nella storia della FIAT che il singolo lavoratore possa coinvolgere il delegato sindacale e la commissione, e possa chiedere personalmente, rimanendo tutelato per contratto, la verifica dei cosiddetti tempi linea di attraversamento del materiale in costruzione, se li ritiene troppo veloci o incongrui. Ciò che spetta a noi è l'applicazione di quanto contenuto nel CCSL.
I nuovi sistemi sono stati introdotti per migliorare la situazione esistente precedentemente, che è stata oggetto di numerosi confronti sindacali e di numerose denunce da parte del sindacato, anche grazie al fatto che le leggi hanno imposto miglioramenti delle condizioni di salute e sicurezza sul lavoro. Si tratta di sistemi internazionali; il WCM è usato del resto anche dal gruppo Volkswagen da dieci anni. Negli accordi conclusi abbiamo quindi inserito condizioni ed elementi di sorveglianza continua riferiti ai suddetti sistemi.
Per quanto riguarda il premio straordinario, abbiamo utilizzato criteri di erogazione fondamentalmente di due tipi: il primo è esteso a tutti i lavoratori, anche a quelli in cassa integrazione, quindi non è legato alla presenza sul luogo di lavoro in quel determinato momento; il secondo tipo, mutuato dall'indennità di disagio linea, che in FIAT è prevista dagli anni Settanta, è legato alla presenza effettiva del lavoratore o della lavoratrice presso la catena. Se il lavoratore non è presente, a vario titolo, per ferie o per altre motivazioni (ad esempio perché in permesso per maternità), l'indennità di disagio linea non viene erogata. Il premio straordinario ha mutuato il criterio da questo tipo indennità, per questo abbiamo acceduto alla sottoscrizione dell'accordo.
A questo punto lascerei la parola ad Alberto Cipriani, che entrerà nel merito del sistema.

CIPRIANI
La metrica del lavoro, che è stata citata più volte, non nasce certamente oggi. È nata con il taylorismo e con il fordismo, quando è iniziata l'attività industriale di serie, ed ha avuto una sua evoluzione nel mondo. In Italia ci sono imprese che utilizzano sistemi molto domestici ed imprese grandi come la FIAT, che da sempre utilizzano sistemi scientificamente riconosciuti. Cosa succedeva prima? FIAT utilizzava un sistema che era di sua proprietà, autoreferenziale, un po' come fa Toyota ancora adesso. Si trattava di un sistema che FIAT aveva elaborato attraverso i suoi uffici studi e che implementava in tutti gli stabilimenti. Tale sistema ha avuto una sua evoluzione: prima si chiamava TMC1, successivamente TMC2. Era di proprietà della FIAT, che decideva come implementarlo; il sindacato ne prendeva atto, cercando con accordi di gestire le situazioni all'interno degli stabilimenti, dato per scontato che lo strumento di metrica del lavoro era quello. Peraltro, oggi possiamo considerare molto gravi alcuni accordi che vigevano precedentemente in FIAT: ad esempio, negli anni Sessanta tali accordi accettavano il concetto di cottimo, che oggi giustamente aborriamo. Tuttavia, era un'altra epoca e lo scambio, non solo in Italia, era quello di accettare condizioni anche pesanti e di messa a rischio della salute dei lavoratori - altro che oggi! - a fronte di denaro. Non devo spiegare cosa sia il cottimo perché spero che nell'immaginario collettivo si possa capirne la valenza: i ritmi erano molto pesanti.
Come ho detto, Toyota utilizza un sistema tutto suo. Ho visitato gli stabilimenti in Giappone come ho visitato stabilimenti in India, negli Stati Uniti e in Germania. Chi non è esperto e vede lavorare i lavoratori in Giappone, in Germania, in Italia o in Brasile non si rende conto di grandi differenze, perché lo standard a livello mondiale è molto simile. In realtà, le differenze sono molte. Ad esempio, Toyota utilizza il criterio della velocità come fondamento, poi spesso si ferma perché per la qualità una velocità troppo elevata non va bene e sappiamo che Toyota è uno dei migliori costruttori in termini di qualità.
Le case automobilistiche tedesche, invece, non funzionano così. Perché ho fatto questa premessa? Perché il sistema di cui stiamo parlando, l'ERGO-UAS, è di proprietà della MTM International ed è di derivazione tedesca. Il nostro modello di riferimento è la Germania e non certo il Giappone, che sono i due poli forti a livello mondiale (gli americani si stanno risvegliando solo in questi ultimi anni e probabilmente ce ne faranno vedere delle belle, perché stanno riscoprendo i sistemi industriali dopo averli abbandonati per anni). Tale sistema è migliore o peggiore del sistema che c'era prima? Non lo so. Certamente è l'orologio, è lo strumento che viene utilizzato.
Quanto ai problemi che sono stati posti dalle lavoratrici, anzitutto se li pongono adesso è evidente che si tratta di conseguenze del vecchio sistema e non di quello attuale, che è in essere da poco. Tuttavia, le lavoratrici hanno giustamente posto problemi veri: indipendentemente dall'orologio che si utilizza, dallo strumento che viene messo in atto, quello che conta davvero all'interno degli stabilimenti è come esso viene gestito. E qui hanno una parte importantissima i rappresentanti sindacali e gli accordi sindacali, che devono cercare di fornire regole e strumenti di gestione che consentano ai lavoratori di essere concretamente tutelati, a prescindere dallo strumento che si utilizza. Tuttavia, lo strumento attuale presenta una differenza sostanziale rispetto al passato e per tale motivo è citato come allegato negli accordi. Come ho detto, prima si trattava di un sistema che FIAT si era costruita e autocertificava, laddove oggi è un sistema che FIAT compera da una organizzazione che lo vende anche a Volkswagen, a Mercedes, a BMW, così come a tante altre case automobilistiche, e che viene certificato da MTM International.
La novità più interessante di questi nuovi sistemi - lo dico da un punto di vista squisitamente tecnico, quindi il mio non è un intervento politico, pur se cerco di fare il sindacalista al meglio delle possibilità - è l'applicazione del criterio ergonomico all'interno della organizzazione del lavoro.

PRESIDENTE
Lei è un tecnico e la stiamo seguendo con grande interesse. Potrebbe rappresentare meglio che cosa è accaduto a partire dal contratto del 2010 rispetto al passato?

CIPRIANI
Dal punto di vista del sistema di organizzazione del lavoro di cui si parla, il cambiamento non è intervenuto con il contratto. Quest'ultimo ha solo esteso delle sperimentazioni che erano già in essere e che anche unitariamente avevamo iniziato ad elaborare, tant'è che molti rappresentanti sindacali - me compreso - sono certificati, ossia hanno conosciuto questo sistema, l'hanno studiato ed hanno sostenuto un esame per poter capire come affrontare, dal punto di vista dei lavoratori, le criticità negli stabilimenti.
Come dicevo - e qui arriva il nodo - la grande novità è l'ergonomia. Che cosa significa? Significa che un'azienda, non per sua volontà perché l'imprenditore è illuminato - penso infatti che gli imprenditori badino solo a conseguire il profitto - ma perché lo impone la legge, lo impongono le normative europee, anzi mondiali trattandosi di normative dell'ISO, deve progettare non solo le auto ma qualunque prodotto tenendo conto della salute e della sicurezza, anzitutto di chi utilizza questi beni ma anche di chi li produce. Quando si progettava la FIAT 127, nessuno avrebbe mai pensato di dover studiare il processo produttivo avendo in mente anche il lavoratore e le sue condizioni di salute. Non ci si poneva il problema mentre oggi si è obbligati a farlo. Con questo nuovo sistema, attraverso un software molto complicato, quando viene progettata un'automobile bisogna tenere conto anche di chi lavora sul processo produttivo e delle sue condizioni di salute. Quindi, tutta una serie di posture, di forze, di carichi o di alte frequenze è, ad esempio, vietata. Sono applicati criteri (i cosiddetti check-list) che definiscono come dev'essere strutturato il processo produttivo, anche in ordine all'ergonomia: ecco la grande, rivoluzionaria novità.

PRESIDENTE
Prima di concludere, vorrei rispondesse alla domanda che le ho rivolto, perché mi sembra di cogliere un punto importante: bisogna capire se quanto denunciato da quelle lavoratrici si fonda su una motivazione oggettiva, legata alla nuova organizzazione derivante da questo accordo, o meno. Dalle parole del dottor Landini, si evince che ha avuto luogo una modificazione dell'intensità dei ritmi di lavoro.

CIPRIANI
Questo credo non sia vero: proprio parlando di ritmi, nel sistema precedentemente in vigore si usava uno strumento diverso. Il sistema precedente misurava il tempo in secondi e si avvaleva dei centesimi di secondo, ovviamente nell'ambito dei micromovimenti di cui stiamo parlando. Com'è stato detto poc'anzi, un ciclo di lavoro può durare un minuto o un minuto e mezzo, quindi si tratta di tempi molto piccoli, sui quali si gioca la competitività delle imprese, che di conseguenza sono molto attente ai microsecondi.
Il nuovo sistema si basa invece sui TMU (Time measurement unit), per cui un secondo vale circa 27 unità di misurazione del tempo. Come comprenderete, già solo questo dimostra come si tratti di due sistemi completamente diversi, non confrontabili. È cambiata proprio la struttura portante dell'azienda e del sistema. Svestendo per un attimo i panni del tecnico, nella sperimentazione a Mirafiori (insieme agli amici e compagni della FIOM, con i quali la portiamo avanti), in occasione della trasformazione da TMC2 a ERGO-UAS sulla linea della Mito, posso dire che non fu riscontrata alcuna criticità, mentre ci aspettavamo molti problemi, come può accadere quando un sistema cambia in modo tanto radicale.

LANDINI
Durante la sperimentazione a Mirafiori, la pausa era di 40 minuti.

CIPRIANI
Inizialmente, durante la sperimentazione, la pausa durava 40 minuti, per una serie di criticità dovute a fattori tecnico-organizzativi da sistemare, mentre a regime si è passati a 30.

LANDINI
Non con l'accordo di tutti, però, e il passaggio è stato il seguente: su base sperimentale, vi erano 40 minuti di pausa, ma a sperimentazione terminata si è passati a 30 (cioè dieci in meno), cosa che già costituisce un cambiamento.

CIPRIANI
Si tratta di due sistemi differenti; lo scarto di dieci minuti è dovuto al fatto che nell'ERGO-UAS tutta una serie di tempi viene considerata in modo diverso dal passato, cosa facilmente dimostrabile perché si tratta di matematica. Il tema delle pause è importante non tanto per i ritmi di lavoro, che pure devono essere tenuti sotto osservazione, quanto per la questione della salute e dell'ergonomia. Volkswagen, ad esempio, da tre anni ha implementato lo stesso identico sistema in tutti gli stabilimenti del mondo, ma con una condizione peggiorativa, perché in FIAT il sistema ergonomico produce una maggiorazione di tempo, mentre lì si utilizzano i tempi base ERGO-UAS e ci si avvale della suddetta pausa.
Posso citare anche la Daimler e comunque i tedeschi, perché sono coloro che hanno studiato in modo più approfondito il tema, all'università di Darmstadt. Presso lo stabilimento di Stoccarda si fanno 45 minuti di pausa e una volta alla settimana altri 20 minuti vengono dedicati ad una riunione (cosa molto interessante, che hanno implementato lì): la loro pausa mensa, però, non è retribuita. Le pause in FIAT sono di 30 minuti, cui se ne aggiungono altri 30 per la pausa mensa, pertanto si arriva ad un'ora e la pausa è dunque più lunga, anche se distribuita.
A quanto dicono i medici del lavoro, per tutelare la salute dei lavoratori è molto importante non solo il tempo totale della pausa, che certamente ha una propria rilevanza, ma la sua distribuzione. Se si lavorano due ore e si fa una pausa di 30 minuti, non va bene: è meglio lavorare un'ora o un'ora e mezzo e fare dieci minuti di pausa (ma non meno di otto, altrimenti il recupero psicofisico non avviene). Chi produce questi sistemi ovviamente deve attenersi a criteri scientifici. Siamo agli inizi dell'applicazione ergonomica nel mondo dell'automobile, ma non solo, quindi vi sarà sicuramente un'evoluzione ulteriore, che dovremo continuare a monitorare, con particolare riferimento all'impatto sui lavoratori, perché in Europa non vi sono dati sul tema.
Mi sto occupando anche di un altro aspetto. Ho appreso con soddisfazione che la Federazione europea dei metalmeccanici sta conducendo una ricerca in Europa proprio sul tema dell'organizzazione del lavoro e dell'ergonomia, per vedere cosa sta avvenendo nei più grandi stabilimenti di Germania, Francia, Italia, Spagna, Polonia, Repubblica Ceca e Gran Bretagna. Vedremo quali risultati emergeranno, ma certamente le case automobilistiche non stanno collaborando, perché né i tedeschi né i francesi sono disponibili a fornire dati sul fronte, o meglio, sono molti parchi nel farlo. Il sindacato, per quanto può, tenta di produrre risultati anche a livello europeo, con l'intenzione di esaminare gli effetti di questi nuovi sistemi sui lavoratori, come è suo compito.

DI MAULO
Signor Presidente, pur avendo grande rispetto per le istituzioni, non posso mancare di premettere che sarò polemico sia nella fase iniziale del mio intervento sia nelle conclusioni, seppure con un intento che mira ad essere costruttivo.
Mi dispiace che abbia considerato estranei all'oggetto dell'incontro odierno i dati inizialmente riferiti dal collega Panicali sugli infortuni, prima di tutto perché sono comunque significativi in sé e per sé, ma anche perché, a mio avviso, testimoniano la tendenza degli stakeholders a prestarvi maggiore attenzione (mi riferisco a tutti coloro che intervengono in FIAT sulle questioni della sicurezza relativamente ai fattori della produzione). Tale attenzione - che, essendo stata ampiamente ricordata dai miei colleghi, ometterò di sottolineare - è ulteriormente confermata da due fatti. In primo luogo, a partire da quattro o cinque anni fa, l'azienda ed i sindacati hanno congiuntamente dimostrato grande attenzione a questo aspetto, promuovendo un esperimento pilota totalmente innovativo, che ha coinvolto migliaia di lavoratori, come risulta dalla relazione precedentemente illustrata. Stiamo continuando a portare avanti tale progetto, che non si è ancora concluso. Sono altresì in corso i lavori di una commissione, sostenuta dal CCSL, che promuoverà l'adeguata formazione di tutti i lavoratori, a partire dagli RLS. In questi giorni, si stanno eleggendo i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (con grande partecipazione da parte dei lavoratori), quindi stiano tranquilli i senatori della Repubblica: il sindacato c'è ancora in FIAT e gode di larghissimo consenso da parte della maggioranza dei colleghi.

PRESIDENTE
Noi non abbiamo mai immaginato il contrario, ma ricordo che non è questo il tema di oggi.

DI MAULO
Chiedo scusa.
Stiamo continuando ad operare e stiamo definendo un corso di formazione congiunta che inizierà la prossima settimana e che coinvolgerà prima i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza e poi prevederà la partecipazione di preposti, RSPP e lavoratori. C'è quindi grande attenzione attorno ai problemi della sicurezza come è testimoniato dai dati riportati in precedenza dal collega Vitali, che ha accennato ad una riduzione del 66 per cento del numero degli infortuni, a testimonianza di un'estrema attenzione verso il fenomeno.
In secondo luogo, se è vero ciò che ha dichiarato il collega Cipriani, è altrettanto vero che gli accordi sindacali, a partire dal noto accordo del 5 agosto 1971, hanno sempre regolamentato in allegato, con minuziosa precisazione, l'organizzazione del lavoro. Si tratta di accordi controfirmati e, per così dire, "fermati", come dice la legislazione, perché quando si firma un allegato di un accordo, si "ferma" quel tipo di regolamentazione. Dal PCM (Project cycle management) del 1971 al TMC1 della seconda metà degli anni Ottanta, dall'accordo del 2002 con cui si è introdotto il TMC2 (sono stato uno dei firmatari quindi lo ricordo perfettamente) all'allegato 3 dell'accordo siglato a Pomigliano il 29 dicembre 2010, la materia dell'organizzazione del lavoro è sempre stata definita e regolamentata.
Cosa cambia con il contratto di cui stiamo parlando oggi (di cui la collega Susanna Costa consegnerà alla Commissione il testo integrale)? Il sistema WCM e il metodo ERGO-UAS sono stati introdotti progressivamente a partire dal 2008 con un accordo sindacale. Vi è sempre stata una partecipazione unitaria ai convegni, dove tutte le organizzazioni sindacali presenti in FIAT plaudivano all'iniziativa del WCM e dell'ERGO- UAS. Ne ricordo uno in particolare, al Politecnico di Torino nel 2008, che cercava di unire, come ha spiegato meglio di me il collega Cipriani, l'ERGO-UAS, ossia l'attenzione ai problemi ergonomici, con la nuova organizzazione del lavoro. Faccio un esempio concreto. In passato il lavoratore aveva un pannello dove vi erano gli strumenti e un cassone a sette metri dove prendere il materiale da mettere sulla plancia in movimento; il lavoratore doveva prendere l'attrezzo, posizionarlo, operare e muoversi con dei passaggi in avanti e indietro. Cosa cambia con il WCM (io sono un povero sindacalista, ma chi inventa questi sistemi e li vende a livello industriale ricava una gran quantità di denaro)? L'invenzione fondamentale è la seguente: c'è un carrellino attaccato alla macchina che ha già predisposti al suo interno strumenti e attrezzature; quindi il lavoratore non fa più i dieci metri per andare a prendere gli strumenti e i sette metri, con i relativi movimenti, per prendere l'attrezzo e posizionarlo. In questo modo, il lavoratore gode di un beneficio dal punto di vista ergonomico, perché tutte quelle movimentazioni che prima ripeteva per centinaia di volte al giorno (i tempi sono sempre stati di 60 secondi per una posizione), vengono ridotte. Nell'accordo del 5 agosto 1971, i 40 minuti di riposo erano costituiti da 20 minuti di riposo fisiologico (che rimangono intatti) e 20 minuti dovuti all'affaticamento. Se con la nuova tecnica diminuisce l'affaticamento, si riduce la consunzione del lavoratore, per cui il bisogno di ristoro dall'affaticamento diminuisce.
La prima attenzione all'ergonomia si è avuta negli anni Novanta quando, per la produzione della FIAT Punto, vennero introdotti i ganci girevoli, per cui il lavoratore non doveva più operare con una postazione alzata, o peggio abbassata, ma lavorava in posizione diritta, diminuendo la faticosità. Coefficienti minori di affaticamento determinano una naturale redistribuzione delle pause. Ho spiegato in sintesi (come farebbe un operaio e non un tecnico, ma facevo il tipografo quindi posso fregiarmi del titolo di operaio) la novità introdotta dal WCM.
Il nuovo contratto prevede una novità rivoluzionaria: consente al lavoratore di contestare non i tempi di saturazione, bensì l'adeguatezza complessiva della postazione di lavoro. Le postazioni devono essere a norma e la norma deve essere registrata. Ciascuna postazione prevede: una luce verde, una luce gialla e una luce rossa (quest'ultima quando si supera la soglia dell'attenzione). La luce gialla corrisponde a un intervento, che può anche essere l'affiancamento del lavoratore con il team leader, per ridurre l'impatto della faticosità. La luce rossa invece impedisce di lavorare in quella postazione, che quindi deve essere rivista. La novità del CCSL, a partire dall'accordo di Pomigliano, è che si riconosce al lavoratore la possibilità di segnalazione che c'è qualcosa che non va. Si apre in questo modo una procedura di cinque giorni lavorativi in cui il caposquadra deve dare una risposta alle segnalazioni, insieme al componente dell'analisi sistemi dell'azienda. Se la risposta non è soddisfacente, il lavoratore può chiedere l'intervento dell'RLS (gli RLS sono stati rinnovati da pochi giorni con grande partecipazione da parte dei lavoratori), che pone il problema alla commissione centrale. Il CCSL prevede quindi un intervento a favore del lavoratore per tutelarne le condizioni, nel caso in cui le regole del WCM non siano state, per cause oggettive o soggettive, rispettate in pieno. Quindi il CCSL interviene a tutela delle condizioni di lavoro, non le peggiora. Le condizioni di lavoro sono state modificate, non peggiorate, dall'introduzione del WCM.
Si consideri che già dal 2008, con accordo aziendale firmato da tutte le organizzazioni sindacali, il WCM (che è stimato da una commissione internazionale, come ha detto Cipriani, guidata da un giapponese rigorosissimo, che incute terrore a tutti) produce un premio contrattualmente definito, ovvero al raggiungimento del livello argento e del livello oro - i due tipi di livello raggiungibili dal WCM - viene elargito un premio annuo in denaro, non grandissimo (mi sembra circa 200 euro nel caso dell'argento e 400 euro nel caso dell'oro) per tutti i lavoratori.
Concludo con due considerazioni di ordine generale. Purtroppo, sarà una mia carenza, ma non conosco studi di genere in alcun tipo di contrattazione sindacale su questa materia. L'unico aspetto di genere che vedo, come ha evidenziato il dottor Vitali, è l'aver legato il premio di risultato alla presenza. Al riguardo, sicuramente quanto segnalato è vero e lo è talmente che anche noi abbiamo intenzione di modificarlo. Aggiungo tuttavia che è dal 1950 che c'è una discriminazione di genere, perché le paghe di posto, che negli anni Cinquanta erano larga parte della retribuzione di un lavoratore, erano legate alla presenza, quindi si tratta una "novità" introdotta negli anni Cinquanta.
Infine, apprezzo che ci sia stata questa attenzione attorno alla FIAT. Mi auguro, da cittadino e da operatore sindacale, leggendo quanti disastri provoca l'assenza di regole, a partire dal lavoro sommerso e dal lavoro nero, che ci sia uguale attenzione da parte di tutti, in particolare di chi ha responsabilità istituzionali, non solo verso aziende come la FIAT, dove il sindacato c'è e ci sarà sempre, ma anche e soprattutto verso quelle situazioni in cui i lavoratori sono meno tutelati e protetti.

PRESIDENTE
Penso che queste ultime espressioni avrebbe potuto risparmiarle, perché noi abbiamo grande rispetto di tutti, soprattutto di quelle realtà dove si lavora nel rispetto della salute e della sicurezza. Noi abbiamo il dovere, anche per la nostra attività istituzionale, di attenzionare gli elementi che ci vengono sottoposti. Evitiamo quindi inutili polemiche, perché spesso ci si infila in un vicolo cieco da cui bisogna tornare indietro e fare la strada normale.
Non è che io abbia voluto ritenere fuori focus per mia personale discriminazione quanto detto dal dottor Panicali (se avete dati in riferimento agli infortuni e ce li consegnate ve ne saremo grati, soprattutto se mostrano un trend decrescente, perché questo ci incoraggia), ma oggi ci occupiamo delle malattie professionali. Questo è il motivo. Non è che non vogliamo il dato (che, tra l'altro, è positivo): lo accettiamo e ne siamo felici.
Vorrei chiarire che da parte nostra non c'è mai polemica: nella attività di audizione, di missione, di indagine e di inchiesta di questa Commissione cerchiamo di seguire un percorso e credo che il dottor Panicali abbia colto che il mio rilievo andava in questo senso.

VITALI
Signor Presidente, desidero specificare che nei documenti che ho consegnato ci sono anche dati (FIAT-Chrysler) sulle malattie professionali, che in questo caso sono in aumento: gli infortuni sono in diminuzione ma le malattie in aumento, perché registrano condizioni pregresse e non i nuovi sistemi.

PRESIDENTE
Dato che sto parlando ad addetti ai lavori, mi consentirete una breve riflessione. Desidero sottolineare nuovamente che la nostra Commissione sta alzando molto il livello di guardia proprio sulle malattie professionali perché è vero che c'è una tendenza in crescita, ma è pur vero che sono il portato di situazioni precedenti. Allora, per non dover dire, fra cinque o dieci anni, che questo sistema probabilmente doveva essere modificato, il nostro obiettivo è quello di prevenire.
Non conosco il sistema e non so quali effetti darà, siamo qui per capire. Tuttavia, ci sono stati fenomeni drammatici, che purtroppo stiamo scontando e sconteremo nei prossimi dieci anni, basti pensare all'amianto: eppure, fino al 1972, si poteva tranquillamente adoperare quel materiale.
Dobbiamo porci il problema della prevenzione perché soprattutto le nuove malattie professionali richiedono attenzione. Ecco perché come Commissione ci siamo soffermati su questo aspetto. Nulla toglie però che se lo riterrete opportuno potrete inviarci della documentazione e aprire una collaborazione a seguito dell'incontro di oggi. Infatti, l'incontro non può essere esaustivo; non è una tribuna o un palco, è un luogo di confronto, di studio e di approfondimento.
Ognuno di noi proviene da culture differenti, tuttavia l'obiettivo deve essere unico. In questi anni la Commissione ha cercato di seguire questo percorso, anche con dei risultati, forse poco noti, perché su di noi si accendono poco i riflettori, ma sicuramente significativi, monitorando le nuove normative e cercando di capire se esse non riducano le tutele, ovvero se non riducano gli impegni che devono essere profusi per far sì che i rischi siano eliminati o quantomeno ridotti. Da questo lavoro emerge una attenzione di cui siamo orgogliosi per quello che rappresentiamo, ovviamente pro tempore.
L'incontro di oggi, quindi, per noi è stato doveroso. Quando chiunque ci chiede di avere un incontro, fornendo elementi a motivo di tale richiesta, abbiamo l'obbligo di sentirlo, è uno dei nostri compiti.

NEROZZI
Concordo quanto detto dal Presidente. Non è nostra intenzione discutere di questioni sindacali o contrattuali, perché il nostro compito è discutere della sicurezza, della salute e del funzionamento delle leggi in materia.
Peraltro, voglio rassicurare il segretario della FISMIC-CONFSAL, che andiamo anche dove c'è lavoro nero. Se lei leggesse le numerose relazioni sull'attività svolta da questa Commissione negli ultimi sette anni, cioè da quando è stata costituita, vedrebbe che ci siamo recati anche in luoghi dove è dato andare solo a noi ed ai magistrati. E qualche volta non c'erano né le istituzioni né le forze sociali (non ultima, Barletta, tanto per non parlare di cose troppo lontane). Dottor Landini, al riguardo è accessibile un volume che sarebbe per voi interessante esaminare: mi rivolgo a lei perché questo punto riguarda la questione della rappresentanza in rapporto al Senato e ai senatori in senso più lato, ma anche a questa Commissione. Perchè resti agli atti, voglio richiamare che l'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori è stato modificato da un referendum promosso dai radicali e da una parte di Rifondazione, mentre, se ricordo bene, tutte le organizzazioni sindacali istituirono un comitato ad esso contrario (per la prima volta, allora, la UGL era compatta, al fianco di CGIL, CISL e UIL).

VITALI
Mi permetto di interromperla per rimarcare che era esclusa la FIOM.

NEROZZI
È male informato: facevo parte di quel comitato, quindi ho memoria dell'accaduto.

PRESIDENTE
È un testimone diretto, il senatore Nerozzi.

NEROZZI
La FIOM ha fatto un altro referendum.

LANDINI
Sull'articolo 18.

NEROZZI
È vero; e avrebbe potuto non farlo, ma qui si aprirebbe un altro dibattito. Se ricordo bene, inoltre, il 28 giugno di quest'anno l'accordo tra CGIL, CISL e UIL - accettato anche dall'UGL, come abbiamo sentito durante altre audizioni - vorrebbe modificare la questione della rappresentanza proprio su questo punto: si tratta di altra materia, ma non siamo insensibili all'accaduto.
Sono tre gli aspetti che mi hanno colpito. In primo luogo, dal momento che abbiamo ottimi rapporti con la Germania e con il Parlamento tedesco, andremo a verificare cosa comporta il metodo praticato dalla Volkswagen rispetto alle malattie e agli infortuni (com'è già avvenuto per altri contesti, per esempio in relazione all'amianto). La legge degli anni Cinquanta chiaramente rispecchia il contesto del periodo in cui è stata varata; fortunatamente la legislazione in seguito è stata migliorata, soprattutto con riferimento alla condizione femminile (la senatrice Carloni la conosce meglio di me). In tutte le questioni che affrontiamo, comunque, tendiamo a rendere non disponibile a modifiche la legge sulla maternità.
Con riguardo agli RLS, questi devono essere eletti con le modalità che la legge prevede e la FIAT, rispetto alla rappresentanza, ha compiuto una scelta che non giudico in questa sede. Ricordo però che la situazione degli RLS è normata da una legge dello Stato, come tale non derogabile da accordi tra le parti.
La questione delle malattie di genere, già presente nella terza relazione intermedia della Commissione, richiede una certa attenzione. Esaminando quanto sta avvenendo nel campo delle malattie professionali, abbiamo rilevato infatti che quelle di genere - prevalentemente femminili, ma anche maschili, ad esempio nel settore dei trasporti - negli ultimi anni hanno subìto un aumento considerevole, quindi da esaminare, e che presenta diversi riflessi, con stati di malessere e patologie che vanno oltre quelle affrontate. Verificheremo la situazione audendo i rappresentanti sia della FIAT sia dell'ASL.
È vero che da calcoli effettuati con scrupolo - cosa che non sempre accade - è risultata una riduzione degli infortuni e delle morti sul lavoro nella grande impresa che fa parte del sistema confindustriale (ovviamente detraendo le ore di cassa integrazione, che non contano come lavoro). Purtroppo, in compenso, tutte le strutture date in appalto hanno presentato una crescita, anche numerica, delle invalidità e delle morti, quindi bisogna considerare tutto l'insieme.
Questi dati sono assolutamente interessanti e se ci farete avere anche quelli relativi al caso Electrolux apriremo la questione su quel fronte, dal momento che si tratta di una materia d'indagine nuova, che riteniamo possa essere utile per il futuro. Solitamente, infatti, apriamo avviamo un'indagine in seguito alla segnalazione di un problema, come è nostro dovere istituzionale, dal momento che siamo la Commissione d'inchiesta che si occupa degli infortuni sul lavoro e non la Commissione permanente che si occupa di lavoro. Quindi, ci rechiamo ovunque si verifichi un incidente di un certo tipo o ci venga segnalata una situazione da monitorare (recentemente, ad esempio, ci siamo recati nei cantieri della metro C di Roma).

CARLONI
Signor Presidente, innanzitutto penso che possiamo ritenerci molto soddisfatti di tutti gli elementi che ci sono stati forniti in questa prima audizione delle organizzazioni sindacali. A mio avviso, i nostri ospiti hanno confermato in modo significativo le motivazioni addotte per avviare questa indagine, che ho proposto con una lettera al Presidente della Commissione e alla Commissione stessa, essendo peraltro un suo componente effettivo.
Naturalmente, ognuno è libero di pensare che tale indagine si svolge all'interno di una situazione di evidente conflitto, in relazione alla situazione FIAT. Il conflitto c'è - come possiamo leggere tutti i giorni sulle pagine dei giornali e ognuno nel proprio cuore ha diritto di schierarsi dove e come vuole - ma tutto questo ha poco a che fare con il lavoro che invece ho ritenuto doveroso avviare, in qualità di senatrice componente di questa Commissione, segnalando la situazione al Presidente e alla Commissione stessa.
Ho partecipato ad un incontro che il mio Gruppo ha organizzato con una delegazione molto significativa di lavoratrici di aziende FIAT, le quali hanno voluto metterci al corrente della loro situazione, estremamente delicata, chiedendo il nostro interessamento con particolare riferimento agli aspetti della rappresentanza. Si trattava infatti di lavoratrici iscritte alla FIOM, che dunque non avevano neanche la possibilità di disporre di un permesso sindacale per partecipare in sede all'incontro con il gruppo parlamentare per far presente una situazione che vivevano con grande sofferenza.
Queste situazioni hanno a che fare con un profilo discriminatorio denunciato in maniera molto specifica. Tale profilo è del tutto evidente, anche se può risultare comprensibile alla luce di tante valutazioni, perché il premio di produzione riguarda una quota significativa di salario non accessibile per le lavoratrici in maternità. Si tratta di un caso di scuola, di una discriminazione diretta sulla quale non credo ci sia molto da discutere, visto che la legislazione è piuttosto chiara da questo punto di vista.
Abbiamo fatto presente la situazione al Governo e ad un consigliere di parità, posto che non è materia di competenza della nostra Commissione, ed abbiamo ascoltato testimonianze, veramente molto toccanti, sulla situazione di estremo disagio in relazione al benessere e allo stato di salute delle lavoratrici di Pomigliano e dello stabilimento Mirafiori, di quelle che hanno lavorato fino al 31 dicembre alla Irisbus e di altre che stanno lavorando con la complicazione di negare di essere iscritte alla FIOM se non vogliono morire di fame in una realtà così povera di occasioni di lavoro.
L'audizione odierna conferma l'importanza degli aspetti di genere per la salute e la sicurezza sul lavoro, a cui la Commissione si è interessata grazie soprattutto alle sollecitazioni della senatrice Donaggio, che si è molto battuta affinché il lavoro della Commissione si focalizzasse anche sul binario della salute di genere. Quando parliamo di salute, non c'è materia rispetto alla quale è più decisivo il fatto che essa si sviluppi nel corpo femminile piuttosto che in quello maschile. Purtroppo nel nostro Paese la medicina di genere non è così avanzata come dovrebbe, ma abbiamo una normativa, di diretta provenienza europea, che è molto stringente a proposito dei luoghi di lavoro. Il decreto legislativo n. 81 del 2008 dichiara che la salute e la sicurezza sul lavoro non possono essere affrontate in termini neutri.
Al di là delle segnalazioni delle lavoratrici che mi hanno indotta a rivolgermi al Presidente della Commissione, è del tutto evidente, guardando anche solo il sito delle aziende FIAT, che non vi è attenzione agli aspetti della sicurezza di genere. Eppure in FIAT ci sono lavoratrici, fanno lavori a turni e sono una componente importante.
Mi rendo conto che è anche indelicato affrontare oggi alcuni temi posti dalle lavoratrici perché, con tutto il rispetto, non credo che vi sia la competenza: l'Europa ci dice che è scientificamente provato che il lavoro a turni ha un'incidenza sulle donne in termini di disturbi del ciclo, ma è difficile parlarne oggi, dal momento che voi non vi siete mai interessati a questi temi, che invece sono molto reali e concreti. I nuovi sistemi e le metriche adottate in relazione alla misurazione delle pause hanno delle conseguenze importanti sulle lavoratrici, ed è evidente che con il ciclo l'esigenza delle pause cambia. Ma sono questioni che ogni singola lavoratrice deve contrattare con il proprio capo o, viceversa, i sistemi e la valutazione del rischio sulla salute dovrebbero essere definiti preliminarmente?
Sono consapevole che si tratta di problemi generali che non riguardano esclusivamente le organizzazioni sindacali del mondo FIAT, ma se vogliamo essere seri e rispettare le normative nazionali ed europee, dobbiamo affrontare questi temi - anche considerato che la FIAT è una grande azienda globale - in un quadro di sostenibilità, senza svendere una cultura e una tradizione fatta di diritti, saperi e rispetto della professionalità.
Con il confronto odierno ho maturato un grande stimolo a continuare in questo lavoro di approfondimento. I sistemi di cui abbiamo discusso vanno considerati anche in relazione alla nostra normativa: una modifica di parametri di riferimento così radicale certamente ha un impatto sul nostro tipo di normativa. Noi, in qualità di parlamentari, sia con l'attività legislativa che con la funzione di sindacato ispettivo, abbiamo il dovere di verificare se le nostre norme funzionano e di approfondire alcuni temi in modo molto rigoroso. La mia iniziativa credo sia stata funzionale al mandato istituzionale che abbiamo, che è veramente molto preciso e puntuale, e che vogliamo portare avanti avvalendoci anche del vostro contributo, in un quadro che ci auguriamo sia di continuo miglioramento.
Sono una senatrice eletta in Campania e vivo la realtà di Pomigliano in modo molto drammatico, perché l'investimento dell'azienda è stato molto significativo, ma le aspettative occupazionali sono altrettanto importanti. In questo momento c'è una grandissima incertezza in una realtà così seria dal punto di vista sociale e occupazionale. Tutti dovremmo contribuire, in tutti i tavoli e a tutti i livelli, per fare uno sforzo di miglioramento: questo è lo spirito dell'impegno comune. Tutti dobbiamo fare il massimo affinché si possano compiere dei passi in avanti.

DONAGGIO
Mentre ascoltavo la discussione, soprattutto l'esposizione su come arrivare dalle condizioni di lavoro a norme che aiutino a prevenire, dato che l'obiettivo è quello di intervenire a monte e non a valle, mi sono venuti in mente episodi verificatisi durante la mia esperienza sindacale, magari lontani nel tempo ma significativi per capire come abbiamo cercato di dare un contributo alla questione della salute di genere.
Alla salute di genere fa preciso riferimento anche la terza relazione intermedia della Commissione, in cui abbiamo voluto ci fosse una segnalazione al riguardo. E non perché è una moda, ma perché si tratta di un elemento che va indagato. La salute, di solito, si ferma alla cintura e ricomincia dalle ginocchia in giù e non si capisce mai come considerare la persona a tutto tondo. Mi è venuto in mente un episodio che i miei colleghi avranno già sentito, ma che voglio condividere con i nostri ospiti. L'attuale ministro dell'ambiente, Corrado Clini, è un medico del lavoro che cominciò la sua esperienza a Porto Marghera, dove svolgevo attività sindacale. Allora non vi erano norme rilevanti come il decreto legislativo n. 626 del 1994, c'era solo l'articolo 7 [9] dello Statuto dei lavoratori e le Commissioni ambiente e salute, eppure si fecero grandi cose.
Una volta il medico del lavoro, ministro Clini, decise di somministrare un questionario sociosanitario in una fabbrica metalmeccanica delle leghe leggere, nel quale vi era una parte relativa alla condizione sociale del lavoratore. Da questa indagine emerse che in quella fabbrica c'era un'alta concentrazione di divorziati e separati, un dato che non c'entra con la salute ma che richiamò l'attenzione del medico, il quale chiese di poter effettuare un approfondimento (come mai tutti coloro che litigavano si erano dati appuntamento in quella fabbrica?), naturalmente garantendo l'anonimato. Ebbene, risultò che l'esposizione alle alte temperature aveva provocato un numero notevole di casi di impotenza e sterilità tra i lavoratori, che erano tutti maschi: bastava aspettare che il tempo passasse e la coppia andava in crisi. A Marghera si firmò un accordo che fece epoca, sugli avvicendamenti parziali o totali e a rotazione in quelle mansioni. L'accordo venne dopo, non prima. Nelle rotazioni furono tolti alcuni lavoratori e messi altri perché dopo un certo numero di anni la salute veniva compromessa in maniera irreversibile.


Presidenza del vice presidente NEROZZI

DONAGGIO (Segue)
Il secondo episodio che ricordo risale a quando cominciarono a diffondersi in maniera rilevante le procedure informatiche, cioè le macchine da scrivere manuali furono sostituite dai computer. L'azienda nella quale lavoravo avanzò ai sindacati una proposta in base alla quale per due ore di esposizione davanti al computer veniva corrisposta una indennità, per quattro ore un'altra e così via. Le lavoratrici dell'azienda chiesero che uno studio dell'Università accertasse se quelle lavorazioni e le relative radiazioni influissero sulla loro salute e su quella dei loro figli, relativamente non solo alla possibilità di nascituri non sani, ma anche a possibili effetti sui bambini in allattamento. Accettarono di introdurre quegli strumenti di lavoro solo quando ebbero il rapporto dell'Università di Padova che le garantiva in tal senso. Rifiutarono quindi la monetizzazione del tema salute, ciò che ritengo rappresenti il limite di come spesso tale tema è stato affrontato. L'azienda infatti non paga due volte la stessa cosa: se dà l'indennità risana l'ambiente? No. Magari alza la soglia di rischio e non dà l'indennità.
Venendo ad oggi, nella definizione della terza relazione intermedia e della risoluzione approvata all'unanimità dall'Assemblea del Senato, abbiamo dovuto scontrarci con il Governo precedente ed anche con l'attuale. La Commissione ha avuto un confronto molto franco con questo Governo, perché questo inseriva ovunque la frase «compatibilmente con le condizioni economiche» prima delle parole «si applicano le norme sulla sicurezza», frase che abbiamo puntualmente espunto perché la salute è un bene indisponibile, come ha giustamente ricordato il vice presidente Nerozzi. Tuttavia se su altri tavoli la questione salute viene monetizzata, è difficile poi avere la forza per sostenere che si devono applicare le tutele relative alla salute. Mi riferisco all'intervento del dottor Landini, che per me è stato significativo da questo punto di vista, quando ha spiegato come questi temi siano stati affrontati nell'accordo generale, temi che per me sono materia indisponibile rispetto alla contrattazione perché fanno parte di altro.
Abbiamo un'istituzione che conserva copia tutti gli accordi contrattuali siglati nel Paese: il CNEL. Ebbene, se il Presidente fosse d'accordo, credo dovremmo audire i rappresentanti del CNEL affinché ci spieghino come archiviano, dal punto di vista della materia, questo tipo di accordi e se questa sia considerata materia negoziabile - e per noi negoziabile non è - sulla base di intese unanimi o che coinvolgono comparti di rappresentanze sindacali. Tale approfondimento, con il nostro lavoro comune molto serio e con le competenze che ciascuno di noi ha messo a disposizione, consentirebbe di ricavare con la quarta relazione annuale della Commissione alcune linee guida ed indicazioni per ribadire che il diritto alla salute ed alla sicurezza sul lavoro dei lavoratori non è derogabile.
In questo credo molto, perché non c'è solo la fase estrema della malattia irreversibile o della morte sul lavoro, come dimostra anche la questione dell'amianto, che si sta trascinando nel tempo. Si tratta di rendere compatibili e coerenti le richieste con le tutele, garantendo ai lavoratori che un punto centrale rispetto alle questioni della salute e della sicurezza è la prevenzione dell'insorgenza di tutte quelle patologie a lungo decorso, che non consentono di condurre o concludere la propria vita lavorativa potendo avere davanti un tempo da dedicare a se stessi.


Presidenza del presidente TOFANI

PANICALI
Essendo stato il primo ad intervenire non ho toccato il punto della doppia rappresentanza, che invece è stato ripreso in più interventi.
Non voglio che si dica che la mia organizzazione sottoscrive intese che sono al di fuori delle leggi italiane, europee e costituzionali. In termini di rappresentanza, ci sono i magistrati che stanno provvedendo e si applica una legge dello Stato, l'articolo 19 della legge n. 300 del 1970.
In termini di sicurezza, c'è il decreto legislativo n. 626 del 1994, che poi avuto una sua evoluzione fino al decreto legislativo n. 81 del 2008, che prevede che là dove si applica lo Statuto dei lavoratori, quindi nelle aziende sopra i 15 dipendenti - al di sotto di tale numero è diverso - i rappresentanti per la sicurezza devono essere rappresentanti sindacali. Quindi noi oggi stiamo applicando esattamente quanto previsto nel decreto legislativo n. 626 rispetto a dove c'è la rappresentanza.
Comunque, poiché avete detto che volete fare una verifica, ho indicato il punto che menziona che gli RLS devono essere delegati sindacali, là dove c'è la rappresentanza.

PRESIDENTE
Questo argomento vorremmo tenerlo a latere. Comunque in proposito effettueremo un approfondimento anche noi come Commissione, perché mi sembra sia corretto farlo. Al di là di questo non possiamo entrare.
Possiamo solamente ringraziarvi per la vostra presenza, facendo emergere alcuni aspetti della questione prima richiamata dalla senatrice Donaggio - e mi scuso se in parte non ho ascoltato il suo intervento - che si è molto impegnata sulle problematiche di genere in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
Non solo ne abbiamo fatto un elemento della nostra ultima relazione, ma anche del dispositivo della risoluzione approvata in Assemblea all'unanimità al termine della discussione sulla relazione stessa, al fine di sottolineare la necessità di prestare attenzione alle problematiche di genere sul lavoro, che non possono non essere considerate. Ritengo importante il fatto che tale risoluzione sia stata votata all'unanimità, perché - al di là di tutti gli argomenti che, con vari aggettivi, si sviluppano intorno alla politica e a coloro i quali si trovano in Parlamento - dimostra l'esistenza di un canale di attenzione e anche di condivisione sull'argomento, posto che, pur avendo ognuno di noi le proprie idee, la propria sensibilità, la propria cultura e la propria storia, siamo riusciti ad arrivare a una sintesi.
Ci auguriamo dunque che questi passaggi riescano ad influenzare le sensibilità non solo nel nostro settore (viviamo in un unicum e non in modo segmentato), costituendo motivo di riflessione da parte di tutti. Continueremo a svolgere questa attività come avevamo deciso, perché dovremo audire altri soggetti, tra i quali ovviamente figurano i vertici del gruppo FIAT, per avere un quadro più chiaro e dare ulteriore attenzione al tema degli aspetti di genere nel lavoro.
Consentitemi infine un ultimo riferimento per sottolineare come la Commissione si sia già occupata della questione. Un paio di anni fa decidemmo di avviare un'indagine per comprendere come mai nel giro di 12 mesi fossero deceduti 12 portalettere, ponendoci il problema del genere dei lavoratori. Il motorino messo a loro disposizione per il recapito della corrispondenza (un Piaggio 125) era lo stesso per tutti (alti, bassi, uomini o donne). Ci addentrammo così in un ambito che non ci era noto. Ci rendemmo conto che vi erano vari aspetti da considerare: se il motore era omologato, a maggior ragione con il carico previsto, suddiviso in un contenitore sulla ruota anteriore, uno su quella posteriore e uno tra le gambe dell'operatore; se chi lo conduceva pesava 60 o 80 chili, se era alto 1,5 o 1,8 metri, se era una donna o un uomo. Spesso non si pensa a certi particolari: da quel momento, invece, la Commissione ha avuto sempre più attenzione al genere dei lavoratori. Con riferimento all'episodio succitato, anche le Poste Italiane S.p.A. dimostrarono grande attenzione, nel valutare tali aspetti.
Per concludere, il nostro incontro è l'inizio di una collaborazione che potrà portarci, se necessario, ad incontrarci nuovamente. Oggi abbiamo cercato di avviare un lavoro congiunto, cercando di lasciare fuori alcuni aspetti che saranno esaminati da chi di dovere.
Ringrazio ancora una volta tutti coloro che sono intervenuti per il prezioso contributo fornito ai nostri lavori e dichiaro conclusa l'audizione.


Note: Testi non rivisitati dagli oratori
Fonte: Senato della Repubblica