Categoria: Cassazione penale
Visite: 11075

Cassazione Penale, Sez, 4, 28 maggio 2012, n. 20654 - Omissioni di un datore di lavoro, caduta dall'alto e nesso di causa tra evento lesivo e successivo decesso in ospedale in seguito ad infezione


 

 

 

Responsabilità del titolare di una ditta individuale esercente l'attività di copertura e di scopertura in eternit, per la morte di un lavoratore dipendente.

L'imputato ometteva, per colpa, di cooperare con la ditta appaltatrice all'attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi incidenti sull'attività lavorativa e di coordinare gli interventi di protezione e di prevenzione dei rischi cui erano esposti i lavoratori; di valutare adeguatamente i rischi lavorativi inerenti alle mansioni svolte dalla vittima che lo esponevano al pericolo di caduta e specificamente per aver omesso per colpa generica, di predisporre, lungo il colmo del tetto, una "tesata" tale da consentire ai lavoratori di rimuovere in sicurezza i lucernai.

All'imputato si addebitava inoltre di aver omesso, per colpa, di predisporre impalcature, ponteggi od altre opere provvisionali anticaduta e di informare dettagliatamente lo (Omissis) sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro ai quali era direttamente esposto per l'attività svolta e di impartirgli un'adeguata formazione.

L'imputato era stato ritenuto altresì responsabile del delitto previsto dall'articolo 374 cod. pen., commi 1 e 2 (capo B) per aver artificiosamente immutato lo stato dei luoghi sottoposti a sequestro, installando sul colmo del tetto una "tesata" - invero non presente nei rilievi fotografici eseguiti nell'immediatezza dell'infortunio.


Condannato in primo e secondo grado, ricorre in Cassazione - La Corte annulla la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui all'articolo 374 cod. pen. (delitto di frode processuale). Rigetta nel resto il ricorso.

Nel far luogo al rigetto dei motivi di gravame proposti dal difensore dell'imputato, la Corte d'appello ha ribadito, condividendo gli assunti motivazionali della sentenza di primo grado quanto all'affermazione della penale responsabilità per il delitto di omicidio colposo aggravato, la sussistenza del nesso di causa tra il fatto lesivo - e dovuto alle molteplici omissioni contestate e connotate dagli accertati profili di colpa generica e specifica - ed il successivo decesso dell'operaio, verificatosi a causa di un processo settico contratto durante la permanenza del paziente presso il Centro di riabilitazione di (Omissis) che "si è inserito nel processo causale che era stato instaurato dalla condotta dell'imputato come uno sviluppo non imprevedibile nè atipico di questa" tantopiù che,nel caso di specie, non risultano accertati estremi di colpa dei medici che ebbero in cura l'infortunato nè è nota la causa della sepsi.

La Suprema Corte, riprendendo le considerazione dei giudici di merito afferma che, nel caso concreto - difettando peraltro l'accertamento di qualsivoglia colpa dei medici curanti - sia l'infezione contratta dal paziente relativamente alle ferite chirurgiche prodotte dai delicatissimi e plurimi interventi chirurgici resisi necessari a seguito delle gravi lesioni craniche con emorragia meningea subite in conseguenza dell'infortunio sia la polmonite di origine verosimilmente nosocomiale integrano altrettante complicanze nient'affatto eccezionali od anomale nè tantomeno di rarissima ed imprevedibile verificazione, trattandosi di eventualità purtroppo frequentemente verificabili in ambito ospedaliero tantopiu in danno di organismi (quale quello dell'infortunato (Omissis)) significativamente indebolito dalla lunga spedalizzazione e quindi defedato, come tale maggiormente esposto a siffatte complicanze.

Sicchè deve concludersi che conditio sine qua non dell'evento (ovvero prima, ineludibile condizione dell'evento) non poteva che risultare il complesso delle omissioni colpose ascritte all'imputato quale riconosciuto responsabile dell'infortunio occorso al dipendente.


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Frances - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizi - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luc - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 14617/2008 CORTE APPELLO di TORINO, del 12/04/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/05/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. D'Ambrosio Vito che ha concluso per l'annullamento con rinvio in ordine al capo B) e per il rigetto nel resto;

Udito il difensore avv. (Omissis) del foro di (Omissis) che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

Fatto



Con sentenza in data 12 aprile 2011, la Corte d'appello di Torino confermava la sentenza emessa il 29 maggio 2008 dal GIP del Tribunale di Torino, in esito a giudizio abbreviato, con la quale (Omissis) era stato ritenuto responsabile del delitto di cui all'articolo 589 cod. pen., commi 1 e 2 (capo A) commesso in (Omissis) in danno di (Omissis) - deceduto in (Omissis) - perchè, quale titolare dell'omonima ditta individuale esercente l'attività di copertura e di scopertura in eternit e datore di lavoro della vittima, ometteva, per colpa, di cooperare con la ditta appaltatrice all'attuazione delle misure di prevenzione e di protezione dai rischi incidenti sull'attività lavorativa e di coordinare gli interventi di protezione e di prevenzione dei rischi cui erano esposti i lavoratori; di valutare adeguatamente i rischi lavorativi inerenti alle mansioni svolte dallo (Omissis) che lo esponevano al pericolo di caduta e specificamente per aver omesso per colpa generica, di predisporre, lungo il colmo del tetto, una "tesata" tale da consentire ai lavoratori di rimuovere in sicurezza i lucernai. All'imputato si addebitava inoltre di aver omesso, per colpa, di predisporre impalcature, ponteggi od altre opere provvisionali anticaduta e di informare dettagliatamente lo (Omissis) sui rischi specifici esistenti nell'ambiente di lavoro ai quali era direttamente esposto per l'attività svolta e di impartirgli un'adeguata formazione. Il (Omissis) era stato ritenuto altresì responsabile del delitto previsto dall'articolo 374 cod. pen., commi 1 e 2 (capo B) per aver artificiosamente immutato lo stato dei luoghi sottoposti a sequestro, installando sul colmo del tetto una "tesata" - invero non presente nei rilievi fotografici eseguiti nell'immediatezza dell'infortunio dalla P.G. ex articolo 354 cod. proc. pen. - alla quale l'operaio infortunato avrebbe dovuto agganciare la cintura di sicurezza; fatto commesso in (Omissis), in epoca successiva e prossima all'infortunio occorso il (Omissis). Per l'effetto, il prevenuto era stato condannato, per ciascun reato, alle pene ritenute di giustizia oltrechè al risarcimento dei danni in favore delle costituite parti civili, da liquidarsi in separata sede, fatta eccezione per le provvisionali alle stesse accordate.

Nel far luogo al rigetto dei motivi di gravame proposti dal difensore dell'imputato, la Corte d'appello, per quanto in questa sede rileva, ha ribadito, condividendo gli assunti motivazionali della sentenza di primo grado quanto all'affermazione della penale responsabilità per il delitto di omicidio colposo aggravato, la sussistenza del nesso di causa tra il fatto lesivo avvenuto in (Omissis) - e dovuto alle molteplici omissioni contestate al (Omissis) e connotate dagli accertati profili di colpa generica e specifica - ed il successivo decesso dell'operaio, verificatosi in (Omissis) a causa di un processo settico contratto durante la permanenza del paziente presso il Centro di riabilitazione di (Omissis) che "si è inserito nel processo causale che era stato instaurato dalla condotta dell'imputato come uno sviluppo non imprevedibile nè atipico di questa" tantopiù che,nel caso di specie, non risultano accertati estremi di colpa dei medici che ebbero in cura l'infortunato nè è nota la causa della sepsi.

Ricorre per cassazione il difensore del (Omissis) avverso la sentenza, invocandone l'annullamento. Deduce due distinte censure per vizi motivazionali in riferimento alle due imputazioni.

Con il primo motivo si duole il ricorrente dell'omessa motivazione in ordine alla ritenuta responsabilità del prevenuto quanto al delitto di frode processuale (capo B). La Corte d'appello di Torino, ad avviso del ricorrente, ha totalmente omesso di pronunziarsi in merito a detto addebito, pur investita da specifici motivi di gravame, neppure richiamando per relationem le argomentazioni esposte dal Giudice di prime cure onde confutare le doglianze della difesa. Con la seconda censura denunzia il ricorrente la manifesta illogicità della motivazione in punto alla responsabilità dell'imputato in relazione al delitto di omicidio colposo. La Corte distrettuale avrebbe erroneamente omesso di considerare, in applicazione dell'articolo 41 cod. pen.-, comma 2 (secondo il quale l'interruzione del nesso eziologico si verifica, non solo nel caso in cui l'evento sia determinato da una serie causale del tutto autonoma, ma anche in presenza di una sequenza causale non completamente avulsa dall'antecedente, ma connotata da caratteristiche assolutamente anomale ed eccezionali) che, nella concreta fattispecie, l'evento mortale non poteva che trovare causa esclusiva e determinante nella patologia settica. Invero, stante il processo di guarigione in atto ed il rilevante lasso di tempo intercoso tra la dimissione del paziente dal reparto di neurochirurgia ed il ricovero presso il Pronto Soccorso dell'Ospedale di (Omissis), l'insorgenza delle problematiche cliniche riconducibili alle infezioni avevano integrato un processo eziologico non riconducibile a quello antecedente.

Con memoria depositata in cancelleria anteriormente all'odierna udienza, il difensore delle parti civili, assumendo che entrambi i motivi del ricorso proposto dall'imputato attengono a censure di merito, insiste per la declaratoria di inammissibilità con condanna dell'imputato alla rifusione delle spese del presente giudizio.

 

Diritto


Il primo motivo di ricorso è fondato.

Come sostenuto dal ricorrente, la Corte distrettuale, pur investita da specifici ed articolati motivi di gravame proposti in punto a responsabilità dell'imputato in relazione all'addebito di cui all'articolo 374 cod. pen. (capo B), riportati nell'atto d'appello depositato in data 30 settembre 2008, a partire dalla terzultima pagina, ha effettivamente omesso ogni valutazione al riguardo. Nella motivazione della sentenza compaiono fugaci e limitatissimi accenni al delitto di frode processuale a proposito unicamente (cfr. fgl. 11 e segg.) della trattazione del tema della pena. Ne discende quindi che, in presenza del denunziato vizio di omessa motivazione, la sentenza impugnata deve esser annullata limitatamente all'imputazione di cui all'articolo 374 cod. pen. con rinvio ad altra sezione della Corte d'appello di Torino, ad ogni conseguente effetto.

Inaccoglibile è invece la seconda censura dedotta con la quale, in buona sostanza, la difesa ripropone la tesi dell'asserita interruzione del nesso eziologico tra le condotte colpose omissive ascritte al (Omissis) e l'evento letale subito dal dipendente (Omissis), per effetto della sopravvenienza, quale causa imprevedibile ed eccezionale, di un processo settico di origine nosocomiale dal paziente contratto nella fase terminale della degenza ospedaliera, conseguente all'infortunio.

Ebbene rileva il Collegio che, con argomentazioni perfettamente in linea con il prevalente e consolidato orientamento interpretativo del disposto dell'articolo 41 cod. pen., comma 2, più volte riaffermato dalla giurisprudenza di legittimità, i Giudici di merito hanno già congruamente ed esaustivamente dato contezza della infondatezza di siffatta tesi. Invero, fermo il principio della cd. equivalenza delle cause o della conditio sine qua non (sul quale è imperniata la disciplina normativa del nesso eziologico), la cause sopravvenute in tanto possono giudicarsi atte ad interrompere il nesso di causa con la precedente azione od omissione poste in essere dall'imputato in quanto diano luogo ad una sequenza causale completamente autonoma da quella determinata dall'agente ovvero ad una linea di sviluppo dell'azione precedente, del tutto autonoma ed imprevedibile ovvero ancora nel caso in cui si prospetti un processo causale non totalmente avulso da quello antecedente, ma caratterizzato da un percorso completamente atipico, di carattere assolutamente anomalo ed eccezionale ovverosia integrato da un evento che non si verifica se non in fattispecie del tutto imprevedibili, tali non essendo,ad esempio,come ritenuto dalla giurisprudenza di legittimità, l'eventuale errore del medico (cfr. Sez. 4 n. 11779/1997; Sez. 4 n. 41293/2007; Sez. 5 n. 17394/2005).

Nel caso concreto, come opportunamente sottolineato dai Giudici di merito sulla base delle acclarate emergenze di fatto - difettando peraltro l'accertamento di qualsivoglia colpa dei medici curanti - sia l'infezione contratta dal paziente relativamente alle ferite chirurgiche prodotte dai delicatissimi e plurimi interventi chirurgici resisi necessari a seguito delle gravi lesioni craniche con emorragia meningea subite in conseguenza dell'infortunio sia la polmonite di origine verosimilmente nosocomiale integrano altrettante complicanze nient'affatto eccezionali od anomale nè tantomeno di rarissima ed imprevedibile verificazione, trattandosi di eventualità purtroppo frequentemente verificabili in ambito ospedaliero tantopiu in danno di organismi (quale quello dell'infortunato (Omissis)) significativamente indebolito dalla lunga spedalizzazione e quindi defedato, come tale maggiormente esposto a siffatte complicanze. Sicchè deve concludersi che conditio sine qua non dell'evento (ovvero prima, ineludibile condizione dell'evento) non poteva che risultare il complesso delle omissioni colpose ascritte all'imputato quale riconosciuto responsabile dell'infortunio occorso al dipendente.

La soccombenza dell'imputato in relazione all'addebito contestato al capo A ex articolo 589 cod. pen. legittima la condanna alla rifusione delle spese in favore delle costituite parti civili che ex actis - unitariamente e complessivamente - si liquidano in euro 750, oltre IVA, CPA e spese generali, come per legge.

P.Q.M.


Annulla la sentenza impugnata limitatamente alla imputazione di cui all'articolo 374 cod. pen., con rinvio ad altra Sezione della Corte d'appello di Torino.

Rigetta nel resto il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione in favore delle costituite parti civili delle spese di questo giudizio che ex actis liquida in euro 750,00, oltre IVA, CPA e spese generali, come per legge.