Cassazione Civile, Sez. Lav., 10 luglio 2012, n. 11551 - Due rendite per malattia professionale e costituzione di una rendita unica




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE


SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. NOBILE Vittorio - Consigliere

Dott. MAISANO Giulio - rel. Consigliere

Dott. CURZIO Pietro - Consigliere

ha pronunciato la seguente:



SENTENZA



sul ricorso 13208/2007 proposto da:

(Omissis), elettivamente domiciliata in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), rappresentata e difesa dall'avvocato (Omissis), giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis) che lo rappresentano e difendono, giusta procura notarile in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 149/2006 della CORTE D'APPELLO di ANCONA, depositata il 26/04/2006 r.g.n. 751/04;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 31/05/2012 dal Consigliere Dott. GIULIO MAISANO;

udito l'Avvocato (Omissis) per delega (Omissis);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

 

Fatto

 


Con sentenza del 26 aprile 2006 la Corte d'Appello di Ancona ha confermato la sentenza del Tribunale di Macerata del 24 settembre 2004, che ha rigettato la domanda di (Omissis) intesa ad ottenere la costituzione della rendita dell'I.N.A.I.L. nella misura risultante dalla unificazione dell'invalidità professionale riconosciuta nel grado del 5% per neuropatia ulnare destra da sovraccarico meccanico, e della già riconosciuta rendita per malattia professionale con grado dell'11%. Per quanto rileva in questa sede, la Corte territoriale ha motivato tale decisione considerando l'irritualità della suddetta richiesta di unificazione non formulata in primo grado.

La (Omissis) propone ricorso per cassazione avverso tale sentenza affidato ad un unico motivo.

Resiste con controricorso l'I.N.A.I.L. che ha presentato memoria ex articolo 378 cod. proc. civ..

Diritto

 

Con l'unico motivo si lamenta violazione e falsa applicazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 80, articolo 437 cod. proc. civ. e articolo 149 disp. att. cod. proc. civ., anche in relazione al medesimo Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 112. In particolare si ritiene applicabile l'articolo 112 citato, che prevede il termine di tre anni per l'azione giudiziaria in materia di malattie professionali, per cui, non essendo maturato tale termine in quanto il riconoscimento della malattia professionale nella percentuale dell'11% è stato ottenuto pochi mesi prima della proposizione della domanda giudiziale relativa alla malattia professionale poi riconosciuta nella misura del 5%, la nuova domanda per la costituzione di un'unica rendita quale somma delle due invalidità, sarebbe comunque ammissibile.

Il ricorso è infondato. Come affermato dalle SS.UU. di questa Corte (sent. n. 11198/2002, nonchè n. 11813/2003), il soggetto che sia titolare di rendita per infortunio sul lavoro o malattia professionale e che intenda, in relazione a diverso e successivo evento assicurato, ottenere la costituzione di una rendita unica, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124, articolo 80, ha l'onere di dedurre e allegare, a pena di inammissibilità della relativa domanda, l'esistenza dell'evento indennizzato e della rendita ad esso relativa. Orbene, il dante causa degli odierni ricorrenti ha dedotto la titolarità di una rendita per l'altra malattia professionale non solo dopo il deposito del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado, ma anche dopo il deposito della relazione del CTU, così contravvenendo al principio di diritto sopra evidenziato, come correttamente rimarcato dalla corte d'appello di Roma. Pertanto la domanda si è dimostrata infondata per l'indispensabile necessità del puntuale rispetto delle regole procedurali, da cui dipende, dopo tutto, la stessa sopravvivenza del giusto processo.

Le spese di giudizio, liquidate in dispositivo, seguono la soccombenza.

P.Q.M.



La Corte di Cassazione rigetta il ricorso;

Condanna la ricorrente al pagamento delle spese di giudizio liquidate in euro 50,00 oltre euro 2.500,00 per onorari, oltre I.V.A. e C.P.A.