Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 3, 30 agosto 2012, n. 33520 - Cinture di sicurezza inadeguate in quanto dotate di funi di trattenuta logore: inidoneità a garantire la resistenza in caso di caduta del lavoratore


 

 

Responsabilità dell'amministratore unico di una ditta nella quale, a seguito di ispezione, venivano trovati due dipendenti, intenti nei lavori di posa in opera di pannelli in calcestruzzo ad un'altezza di circa 4 metri, con cinture di sicurezza inadeguate in quanto dotate di funi di trattenuta logore e quindi inidonee a garantire la resistenza in caso di caduta del lavoratore in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 374, comma 2 come modificato dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 36, comma 6.

Condannato, propone appello convertito in ricorso per Cassazione - Inammissibile.


 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MANNINO Saverio - Presidente

Dott. SQUASSONI Claudia - Consigliere

Dott. GENTILE Mario - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - rel. Consigliere

Dott. ANDREAZZA Gastone - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

(Omissis), nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 25 febbraio 2011 del tribunale di Locri;

Udita la relazione fatta in pubblica udienza dal Consigliere Giovanni Amoroso;

Udito il P.M., in persona del S. Procuratore Generale dott. SALZANO Francesco che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

la Corte osserva:

 

Fatto

 

1. A seguito di opposizione a decreto penale di condanna, è stata disposta la citazione a giudizio di (Omissis), affinchè rispondesse del reato p. e p. dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 389, lettera B in relazione all'articolo 374 del medesimo Decreto del Presidente della Repubblica.

All'udienza del 23.10.2009, dichiarata la contumacia dell'imputato, è stato aperto il dibattimento e sono stati ammessi i mezzi di prova. All'udienza del 29.10.2010, è stato escusso il teste Ispettore (Omissis).

Il tribunale di Locri con sentenza in data 25.2.2011 ha dichiarato l'imputato responsabile del reato ascritto e lo ha condannato alla pena di euro 600 di ammenda oltre al pagamento delle spese processuali.

In particolare il tribunale aveva accertato che nel corso di un'ispezione presso il cantiere edile sito in (Omissis) - era emerso che vi erano in corso lavori di posa in opera di pannelli in calcestruzzo, lungo le pareti esterne del fabbricato, ad un'altezza di circa 4 metri. Nel corso del controllo, gli Ispettori accertavano che due dei quattro dipendenti della ditta " (Omissis) s.r.l." - della quale risultava amministratore unico l'odierno imputato effettuavano i detti lavori con l'ausilio di cinture di sicurezza inadeguate in quanto dotate di funi di trattenuta logore e quindi inidonee a garantire la resistenza in caso di caduta del lavoratore, in violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 374, comma 2 come modificato dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 36, comma 6.

2. Avverso questa pronuncia l'imputato propone appello convertito in ricorso per cassazione con un unico motivi.

Diritto

 

1. Il ricorso è articolato in un unico motivo con cui il ricorrente deduce l'insussistenza del fatto addebitatogli che lamenta la mancanza della prova della ricezione della richiesta di definizione in via amministrativa della contravvenzione.

2. Il ricorso è inammissibile.

La censura di insussistenza del fatto è generica a fronte di una motivazione precisa della sentenza impugnata che fa riferimento alla deposizione testimoniale dell'ispettore del lavoro che ha attestato utilizzo di cinture di sicurezza inadeguate ed in idonee a garantire la resistenza in caso di caduta del lavoratore.

L'imputato poi, nel giudizio celebratosi a seguito di opposizione a decreto penale, non ha chiesto di definire la contestazione mediante pagamento della somma determinata a titolo di oblazione nè ordinaria nè speciale.

3. Pertanto il ricorso va dichiarato inammissibile.

Tenuto poi conto della sentenza 13 giugno 2000 n. 186 della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'articolo 616 c.p.p., l'onere delle spese del procedimento nonchè quello del versamento di una somma, in favore della cassa delle ammende, equitativamente fissata in euro 1.000,00.

P.Q.M.



la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di euro mille alla cassa delle ammende.