Cassazione Penale, Sez. 4, 19 settembre 2012, n. 35921 - Estrazione di minerale di pomice e morte di un lavoratore per ostruzione delle vie respiratorie


 

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente

Dott. ZECCA Gaetanin - rel. Consigliere

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

Dott. BLAIOTTA Rocco Marco - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis) imputato;

2) (Omissis) N. IL (Omissis) imputato;

3) (Omissis) S.P.A. resp. Civile;

4) (Omissis) parte civile;

avverso la sentenza n. 1178/2010 CORTE APPELLO di MESSINA, del 13/05/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/03/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GAETANINO ZECCA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Vito D'Ambrosio il quale ha concluso per il rigetto dei ricorsi;

Uditi per le parti civili l'Avvocato (Omissis) che deposita conclusioni scritte e nota spese domandando l'accoglimento del proprio ricorso e il rigetto dei ricorsi proposti dagli imputati e dal responsabile civile

Udito per l'imputato (Omissis) e per il responsabile civile l'Avvocato (Omissis) che insiste per l'accoglimento dei ricorsi delle parti che difende Udito per l'imputato (Omissis) l'Avvocato (Omissis) che insiste per l'accoglimento del ricorso.


Fatto


La Corte di Appello di Messina, in parziale riforma della sentenza pronunziata dal Tribunale di Barcellona Pozzo di Gotto, Sezione distaccata di Lipari, ha assolto (Omissis) (sorvegliante) dal delitto a lui addebitato e ha confermato la sentenza di condanna pronunziata nei confronti di (Omissis) e (Omissis) ritenuti responsabili del contestato delitto di omicidio colposo (capo d della rubrica) e, condannati, in una al responsabile civile al pagamento delle spese sostenute dalla parte civile per il giudizio di appello. La sentenza di primo grado aveva dichiarato non doversi procedere per le contravvenzioni di cui ai capi a) b) e c) della rubrica (salva la precisazione che segue) per estinzione dei reati addebitati derivata da intervenuta prescrizione. Per la precisione la sentenza di primo grado aveva assolto (Omissis) e (Omissis) dal reato di cui alla Legge n. 626 del 1994, articolo 4, comma 5, lettera c) perchè il fatto non sussiste. La stessa sentenza aveva ritenuto gli imputati oggi ricorrenti (oltre a (Omissis)) responsabili del delitto di omicidio colposo e li aveva condannati alla pena ritenuta congrua previa concessione delle attenuanti generiche e disposta la sospensione condizionale della pena. Infine la sentenza confermata in appello aveva condannato gli imputati al risarcimento del danno da liquidarsi in separata sede. Il capo D della rubrica, a fronte del quale era stata espressa la condanna qui impugnata, addebitava a tutti gli imputati ai sensi degli articoli 113 e 589 c.p. di avere nelle rispettive qualità ( (Omissis) quale legale rappresentante della (Omissis) e quale datore di lavoro; (Omissis) nella qualità di direttore responsabile e di dirigente della (Omissis); (Omissis) nella sua qualità di sorvegliante), cooperato nel cagionare la morte del lavoratore (Omissis), per negligenza imprudenza, imperizia, nonchè per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e in particolare ponendo in essere le condotte di cui ai reati contravvenzionali contestati e consentendo al lavoratore di lavorare presso l'impianto di spolvero in assenza di condizioni di sicurezza, senza preventiva informazione e formazione sui rischi connessi alla lavorazione e in assenza di idoneo DPI. Al lavoratore era stato consentito di porsi all'interno del canale di spolvero al di sotto della tela del vaglio della pomice per battere detta tela con un martello al fine di provocare la caduta della polvere formatasi tra le maglie della griglia soprastante, determinandosi con una perdita di equilibrio lo scivolamento del lavoratore lungo il canale di spolvero e la sua caduta finale entro il fornello di scarico del lapilio nonchè la sua sommersione nella polvere.

(Omissis) (legale rappresentante della (Omissis) datore di lavoro) e (Omissis) (direttore responsabile della (Omissis)) hanno proposto separati ricorsi per cassazione per ottenere l'annullamento della sentenza impugnata.

Anche il legale rappresentante del responsabile civile (Omissis) spa ha proposto ricorso per cassazione per ottenere l'annullamento della sentenza impugnata.

Infine (Omissis), parte civile costituita, ha proposto ricorso per cassazione limitatamente alla disattesa richiesta di assegnazione di una provvisionale sulla liquidazione definitiva del risarcimento del danno (Omissis) censura la sentenza impugnata per:

1) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all'articolo 178 c.p., comma 1, lettera c), articolo 179 c.p., comma 1, articolo 420 ter c.p.p., comma 5, articolo 484 c.p.p., comma 2 bis, articolo 24, comma 2 e articolo 111, commi 2 e 4 della Carta Costituzionale per non avere la sentenza di appello rilevato la pur denunziata nullità della sentenza di primo grado per violazione dei diritti di difesa connessa al rigetto della istanza di rinvio dei difensori costretti dalle condizioni del mare e dalla sospensione della navigazione degli aliscafi da (Omissis) a non essere presenti all'udienza, invece egualmente tenuta. Il motivo di censura esprime dettagliate critiche degli argomenti utilizzati dalla sentenza di appello per negare la denunziata nullità.

2) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all'articolo 521 c.p.p. e articolo 24, comma 2 Carta Costituzionale per avere la sentenza impugnata violato il principio di correlazione tra accusa esplicitata nel decreto di citazione a giudizio e motivazione della sentenza.

La dinamica dell'infortunio mortale descritta in rubrica come collegata ad una attività (della vittima) di battitura delle tele di cernita, sarebbe invece poi stata accertata come attività di riparazione delle tele ( applicazione di una toppa ai setacci del canale di spolvero) così mutando l'intero quadro delle specifiche regole cautelari utilizzabili nella prima o nella seconda ipotesi e, con ciò, l'individuazione delle omissioni addebitabili.

3) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1, e articolo 40 cpv. c.p. e articolo 41 cpv. c.p..

Per essersi la sentenza di appello, come la sentenza di primo grado, attestata immotivatamente e senza valutazione delle considerazioni opposte presentate dai periti e dai consulenti su una causa della morte identificabile in asfissia meccanica acuta secondaria e dunque in una grave insufficienza respiratoria dovuta a soffocamento. Tale causalità avrebbe immotivatamente e senza sostegno di alcun argomento dotato di rigore tecnico scientifico escluso le causalità alternative motivatamente prospettate dalla difesa dell'imputato anche a mezzo delle considerazioni del consulente di parte (prof. (Omissis)). Alla sentenza impugnata viene dunque addebitato di non aver disposto la richiesta rinnovazione di perizia idonea a comporre le contraddizioni emerse.

La motivazione sarebbe erronea anche in relazione all'addebito di mancato uso di cinture di sicurezza provviste di adeguati ancoraggi e di mancata osservanza dell'obbligo di chiusura delle bocchette durante le operazioni di manutenzione. L'addebito sarebbe smentito dalle risultanze (dettagliatamente indicate le testimonianze e perfino le riproduzioni fotografiche dell'impianto sul punto) comprovanti la adeguata fornitura di dispositivi di prevenzione individuali e la esistenza di specifici ordini e direttive relativi all'obbligo d'impiego di quei dispositivi nonchè, infine, dalla affermata esistenza di adeguati punti di ancoraggio per le cinture.

Frutto di eguale travisamento sarebbe l'addebito di omessa informazione dei lavoratori rispetto ai rischi del lavoro e di omessa vigilanza sulla osservanza delle direttive antinfortunistiche, mentre le certificazioni relative al rinnovato canale di spolvero ne attesterebbero la conformità ai più elevato standards di sicurezza.

Da ultimo la imprudenza del lavoratore nello svolgimento delle sue mansioni era stata causa unica dell'infortunio erroneamente non valutata come tale dalla sentenza impugnata.

4) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b) ed e), in relazione all'articolo 19 del regolamento di polizia mineraria della regione Sicilia (D.P. 15 Luglio 1957, n. 7).

Ai sensi di tale articolo di regolamento regionale ogni obbligo di sicurezza grava sul direttore di miniera o cava e tale norma si coordina con il Decreto del Presidente della Repubblica n. 128 del 1959, articolo 6 come novellato dal Decreto Legislativo n. 626 del 1996, articolo 20.

La interpretazione data dalla sentenza impugnata individuerebbe una sorta di responsabilità oggettiva i dell'imprenditore oltretutto neppure prevista (Omissis) (direttore responsabile della (Omissis)) censura la sentenza impugnata per:

1) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all'articolo 521 c.p.p. e articolo 24, comma 2 Carta Costituzionale per avere, la sentenza impugnata, violato il principio di correlazione tra accusa esplicitata nel decreto di citazione a giudizio e motivazione della sentenza.

La dinamica dell'infortunio mortale descritta in rubrica come collegata ad una attività (della vittima) di battitura delle tele di cernita, sarebbe invece poi stata accertata come attività di riparazione delle tele (applicazione di una toppa ai setacci del canale di spolvero) così mutando l'intero quadro delle specifiche regole cautelari utilizzabili nella prima o nella seconda ipotesi e, con ciò, l'individuazione delle omissioni addebitabili.

Ribadisce il ricorrente che il difetto di correlazione non deve essere valutato in base al mero confronto tra fatto addebitato e sentenza, ma in relazione alla effettiva lesione del diritto di difesa.

2) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1 e articoli 40 cpv. e 41 cpv. c.p..

per essersi, la sentenza di appello come la sentenza di primo grado, attestata immotivatamente e senza valutazione delle considerazioni opposte presentate dai periti e dai consulenti su una causa della morte identificabile in asfissia meccanica acuta secondaria e dunque in una grave insufficienza respiratoria dovuta a soffocamento. Tale causalità avrebbe immotivatamente e senza sostegno di alcun argomento dotato di rigore tecnico scientifico escluso le causalità alternative motivatamente prospettate dalla difesa dell'imputato La motivazione sarebbe erronea anche in relazione all'addebito di mancato uso di cinture di sicurezza provviste di adeguati ancoraggi e di mancata osservanza dell'obbligo di chiusura delle bocchette durante le operazioni di manutenzione. L'addebito sarebbe smentito secondo ampia allegazione documentale a ricorso per cassazione, dalla consulenza redatta dall'Ing. (Omissis) e dalle dichiarazioni dibattimentali che davano contezza dell'avvenuta valutazione del rischio di caduta dall'alto nel canale di spolvero, della predisposizione di misure di sicurezza, della comunicazione ai lavoratori di precisi ordini antinfortunistici (teste (Omissis)), della esistenza di adeguati ancoraggi per le cinture di sicurezza risultanti anche dal fascicolo fotografico realizzato dai carabinieri intervenuti, nonchè della inesistenza di una tolleranza della inosservanza delle disposizioni antinfortunistiche.

Il ricorrente evidenzia la mancata considerazione in sentenza del comportamento abnorme del lavoratore, suscettibile di costituire causa esclusiva e sufficiente dell'infortunio mortale, ma evidenzia ancora la propria giustificata assenza dalla cava il giorno dell'infortunio mortale e, infine, la responsabilità del sorvegliante (Omissis) in cooperazione col lavoratore che a sua volta non aveva seguito le procedure operative a lui note da 30 anni.

li legale rappresentante del responsabile civile (Omissis) spa ha denunziato:

1) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera c) ed e), in relazione all'articolo 521 c.p.p. e articolo 24 Cost. per violazione del principio di correlazione tra contestato e ritenuto;

2) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1, articoli 40 cpv. e 41 cpv. c.p. con riferimento alla illogica valutazione della causa di morte del lavoratore e della responsabilità degli imputati (Omissis) e (Omissis);

3) violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in relazione agli articoli 2043 e 2049 c.c. per avere affermato la responsabilità degli imputati e, dunque, del responsabile civile a fronte e nonostante una provata condotta colposa del dipendente.

Infine (Omissis), parte civile costituita, con unico motivo ha denunziato violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b), in relazione all'articolo 539 c.p.p..

All'udienza pubblica del 13 Marzo 2012 i ricorsi sono stati decisi con il compimento degli incombenti imposti dal codice di rito.

Diritto



La sentenza impugnata costituisce un compendio motivazionale unitario per causa della condivisione, esplicitata dalla sentenza di appello che peraltro con ampia e puntuale ricognizione non limitata ad un mero rinvio al complesso percorso giustificativo compiutamente illustrato dal primo giudice, fornisce ogni risposta alle censure proposte in appello.

La attività industriale nella quale avviene il fatto da cui nasce il processo che ne occupa, è quella della estrazione di minerale di pomice , del trattamento del minerale estratto, trattamento inteso a differenziare il materiale di cava, secondo la sua granulometria con l'impiego di un sistema di nastri e setacci assemblati e posti su un piano inclinato (con pendenza iniziale di 43-44 gradi); tale impianto riceve dall'alto il materiale estratto e lo seleziona per caduta verso il basso. Il contesto industriale in relazione al quale si sviluppa la sentenza impugnata e sul quale si articolano le censure dei quattro ricorsi per cassazione, è quello di un impianto "da parco museale" o archeologia industriale, secondo la descrizione di un consulente della procura poi sottolineata dal compendio delle sentenze di merito (la sentenza di appello sottolinea la descrizione operata dallo stesso consulente che rappresenta il sistema di produzione della (Omissis) spa come "una bolgia infernale").

La censura relativa alla violazione dei diritti di difesa per mancata concessione di richiesto rinvio (ricorso (Omissis) 1 motivo) a fronte della sospensione dei collegamenti con (Omissis), sede dell'Ufficio, è infondata e deve essere rigettata posto che la sentenza di appello ha ampiamente e logicamente motivato sul carattere non assoluto dell'impedimento a fronte della evidenza di alternative possibili di viaggio significata dalla presenza di altre parti del processo che avevano raggiunto via mare la sede dell'ufficio giudiziario e a fronte della prevedibilità dell'ostacolo che poteva essere altrimenti evitato con una "prudenziale anticipazione dell'utilizzo dei mezzi di trasporto per realizzare utile margine di tempo su eventuali contrattempi sorti. L'improvviso mutamento delle condizioni meteo non costituisce impedimento assoluto quando quel mutamento non incida su altre possibilità di viaggio con mezzi di trasporto collettivo adeguati. Il carattere improvviso è funzione della mancanza di informazioni del viaggiatore ed è illogicamente allegato in fatto, in una realtà condivisa nella quale il sistema satellitare di previsioni metereologiche rende prevedibili e con buon anticipo fenomeni meteo sia di dettaglio che di sistema. Diventa allora marginale e anzi superflua la considerazione con la quale la sentenza impugnata ha rilevato, a riprova della non assolutezza dell'impedimento, che la sospensione dei viaggi di collegamento con aliscafi non risultava completata dalla sospensione dei collegamenti mediante natanti a dislocamento. In conclusione nessuna violazione dell'articolo 486 c.p.p., comma 5 si è verificata.

Anche le censure (censura n. 2 ricorso (Omissis); censura n. 1 ricorso (Omissis) censura n. 1 ricorso del responsabile civile) relative alla violazione del principio di corrispondenza tra contestato e ritenuto fissato all'articolo 521 c.p.p. sono infondate. Di conseguenza è assorbita ogni denunzia di violazione dell'articolo 24 Cost. Italiana, comma 2.

Che la causa della presenza del lavoratore nel canale di spolvero indicata nella contestazione di rubrica sia risultata diversa nel corso della istruttoria dibattimentale (presenza non per battere la tela del vaglio ma per ripararne un elemento, nella stessa condizione di rischio e per la stessa occasione di lavoro poste a contenuto del capo di imputazione) non ha comportato modificazione alcuna della struttura della contestazione nè della essenza delle omissioni addebitate (tra le molte Cass. Pen. Sez. 6 14/9/2007 n. 34879) come fonte causale dell'evento morte e come evidenza della colpa omissiva addebitata.

La dinamica stessa dell'infortunio mortale addebitato rimane quella della caduta del lavoratore, non colto da malore alcuno e non affetto da malattie capaci di determinare un malore, intento a operazioni sulle reti del vaglio (ancorchè tali operazioni non siano più di scuotimento della rete ma di tentata applicazione di una "pezza" alla rete medesima), nel canale di spolvero con l'impianto in pieno funzionamento, in situazione di accertato altissimo rischio, e con finale sommersione del lavoratore medesimo nelle polveri di pomice che ne causano la morte per ostruzione delle vie respiratorie. Il principio di cui all'articolo 521 c.p.p., non ha subito alcuna errata applicazione nè alcuna erronea lettura. Il motivo di censura ( terzo del ricorso (Omissis), secondo del ricorso (Omissis), secondo del ricorso del responsabile civile) che denunzia violazione dell'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e), in relazione all'articolo 192 c.p.p., comma 1, articoli 40 cpv. e 41 cpv. c.p. con riferimento alla illogica valutazione della causa di morte del lavoratore e della responsabilità degli imputati (Omissis) e (Omissis) è privo di qualsiasi fondatezza.

La analisi ragionata e coerente delle risultanze probatorie e delle indicazioni ricavate dalle valutate perizie medico-legali, consulenze, esami istologici, indicazione del microscopio polarizzatore (sentenza di primo grado pgg 20-23 sentenza di appello pgg 10-14) ha fornito un accertamento della causa della morte del lavoratore forte della valutazione delle contrapposte tesi medico legali e della esclusione di congetturate cause alternative di morte e ha fornito una certezza non scalfita minimamente dalle censure di ricorso. L'ampiezza delle indagini svolte e la coerenza logica delle considerazioni e valutazioni sviluppate sul materiale dì prova raccolto smentiscono gli assunti della censura che denunzia la violazione dell'articolo 192 c.p.p.. In realtà una così fatta censura (specialmente nel dettaglio del ricorso del responsabile civile) propone una ricostruzione in fatto alternativa e antagonista di quella motivatamente e logicamente formulata dalla sentenza impugnata sicchè è doveroso concludere per la esclusione della possibilità di una terza valutazione di merito in sede di legittimità. Quanto alla individuazione della responsabilità essa è stata compiuta attraverso una ricognizione ancora una volta completissima di tutte le risultanze raccolte con analisi critica della pericolosità estrema della specifica organizzazione del lavoro, e con la individuazione di omissioni che riguardano sia gli obblighi propri e non delegabili del datore di lavoro obbligazioni di garanzia gravanti sugli altri imputati. L'accertamento posto a fondamento delle valutazioni di responsabilità personale ha evidenziato il mancato svolgimento di formazione professionale o lo svolgimento su tematiche indifferenti ai rischi propri della organizzazione e della attività della cava di pomice, la intercambiabilità dei lavoratori nelle diverse posizioni di lavoro con diverse situazioni di rischio e diverse esigenze di apporto professionale, la assenza di ancoraggi fermi suscettibili di dare un senso alla fornitura di cinture di sicurezza non agganciabili per aria, la mancata previsione dei rischi realmente legati al sistema di vaglio della granulometria del minerale costituente il cuore del sistema produttivo e il punto di crisi della sicurezza degli addetti, la normalità di un sistema di manutenzione a impianto funzionante e in condizioni di precarietà e di rischio assolute, la carenza del documento di sicurezza e salute che nulla prevedeva in ordine ai rischi di manutenzione mediante "rattoppo" dei pannelli della rete del vaglio. Correttamente la sentenza impugnata ha affermato la responsabilità del datore di lavoro posto che le evidenti carenze di un intero sistema produttivo sono addebitabili al datore di lavoro anche in presenza di una delega per gli adempimenti di dettaglio relativi alla salute e alla sicurezza dei lavoratori, e posto che le omissioni addebitate in punto di valutazione dei rischi si appartengono alla esclusiva responsabilità del datore di lavoro Decreto Legislativo n. 626 del 1994, ex articolo 4 e successive norme di continuità regolativa (Testo Unico n. 81 del 2008, articoli 2 e 17) Il resto delle omissioni accertate investe senza ombra di dubbio la responsabilità del direttore responsabile dello stabilimento.

Il nesso di causalità tra le omissioni e la morte del lavoratore è adeguatamente individuato dalle due sentenze di merito che sulla esistenza di quel nesso hanno articolato un esaustivo percorso giustificativo esente da contraddizioni e da discontinuità.

Il quarto motivo di censura espresso dal ricorso (Omissis) vorrebbe la efficacia della legge penale statuale neutralizzata da una fonte secondaria regolamentare regionale. Si tratta di errore di diritto del ricorso posto che la normativa antinfortunistica statuale non è cedevole rispetto a normative amministrative dettate a fini di settore senza possibilità alcuna di abrogazione (della) o di deroga alla legislazione statuale dettata per la tutela della salute e alla sicurezza dei lavoratori. Peraltro le responsabilità addebitate al legale rappresentante della società sono individuate come legate a obbligazioni di garanzie proprie del datore di lavoro e non delegabili ad alcuno.

Anche il ricorso (Omissis) deve essere rigettato. Si è sopra già detto delle ragioni di rigetto delle censure proposte anche dal (Omissis) ma in dettaglio si deve aggiungere che le omissioni accertate delle obbligazioni del (Omissis) sono omissioni attinenti all'intero sistema di produzione e all'intero sistema di sicurezza del lavoro concretamente mantenuto in azienda, sicchè l'allegata assenza del (Omissis) dallo stabilimento di produzione proprio nel giorno dell'infortunio non ha alcuna efficienza scriminante o esimente rispetto alle omissioni (di sistema e stabilmente conservate) che costituirono causa accertata della morte del lavoratore e della responsabilità dei titolari di posizione di garanzia. La indicazione di responsabilità esclusiva del sorvegliante per la asserita omissione direttive di dettaglio rapportabili al suo potere di (limitata) supremazia gerarchica, non costituisce censura accoglibile, proprio per il carattere sistematico delle omissioni e delle carenze tutte rapportate, dall'accertamento delle sentenze di merito, non ad un episodio occasionale ma all'assetto voluto e mantenuto dal datore di lavoro e dal dirigente responsabile dello stabilimento o della produzione.

Anche le censure proposte con il ricorso del responsabile civile devono essere rigettate per quanto fin qui esposto con trattazione unitaria. A proposito dello specifico di tale ricorso resta solo da aggiungere che la allegazione di assenza di contestazioni per reati riguardanti la sicurezza del lavoro in epoche precedenti l'infortunio mortale oggetto di procedimento, non ha alcuna capacità di dare fondamento alle censure che asseriscono l'omesso accertamento della piena conformità degli impianti e delle procedure di sistema alle norme poste a garanzia della salute e della incolumità dei lavoratori. La assenza di contestazioni non è di per sè prova positiva della assenza di situazioni contestabili che, viceversa, sono state adeguatamente riscontrate per il tempo dell'infortunio dalle due conformi sentenze di merito che smentiscono gli assunti in fatto del ricorso. L'allegazione, pure in fatto, di cospicui investimenti di aggiornamento dell'impianto nel gennaio 2004, non cancella gli accertamenti motivatamente sviluppati dalle due sentenze per un infortunio verificatosi nel febbraio del 2004. La stessa allegazione di una conseguita certificazione di qualità, non basta ad eliminare le specifiche omissioni pur accertate nel contraddittorio del dibattimento penale e attraverso la analisi critica di due sintesi motivazionali. Sul punto è dunque esente da qualsiasi vizio la sentenza impugnata.

Anche il ricorso della parte civile deve essere rigettato. La liquidazione di provvisionale è stata negata con sentenza di primo grado non impugnata dalla parte civile. In forza del principio devolutivo restava precluso in appello ogni ulteriore esame in ordine alla (negata) provvisionale e dunque la statuizione censurata non ha violato l'articolo 539 c.p.p., comma 2. In conclusione tutti i ricorsi devono essere rigettati e i ricorrenti devono essere condannati al pagamento delle spese processuali.

I ricorrenti (Omissis), (Omissis), e spa (Omissis) devono altresì essere condannati alla rifusione di due terzi delle spese sostenute dalle parti civili per questo giudizio di cassazione; si liquida tale frazione di spese in euro 2.000,00 oltre accessori come per legge. La complessità delle questioni affrontate e il rigetto del ricorso della parte civile sulla questione della negata provvisionale costituiscono giusti concorrenti motivi per compensare tra le parti private l'altro terzo.

P.Q.M.


Rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Condanna inoltre i ricorrenti (Omissis), (Omissis), e spa (Omissis) alla rifusione di due terzi delle spese in favore delle parti civili che liquida in euro 2.000,00 oltre accessori come per legge dichiarando compensato l'altro terzo.