Cassazione Penale, Sez. 4, 27 settembre 2012, n. 37314 - Infortunio di un tirocinante e responsabilità: attività equiparata a quella dei lavoratori


 

 

 

Responsabilità del direttore e responsabile dello stabilimento di una spa che produce macchine per filati, per aver cagionato ad un tirocinante all'interno della ditta, traumi e lesioni alla mano destra, avendo omesso di dotare la macchina rettificatrice "Magnaghi" - presso la quale il tirocinante era impegnato nella lavorazione di un pezzo - di un dispositivo di protezione (schermo anteriore, fisso o mobile) delle mani e non avendo ottemperato all'obbligo di valutazione dei rischi specifici connessi all'attività di tirocinio espletata all'interno dello stabilimento.

Condannato, ricorre in Cassazione - Inammissibile.

La Corte afferma che, pur in assenza di un rapporto di lavoro subordinato tra l'infortunato e la spa, non può negarsi, come giustamente hanno rilevato i giudici del merito, che il tirocinante doveva ritenersi di fatto pienamente inserito nella struttura produttiva dell'azienda per lo svolgimento di un'attività certamente equiparata, sotto il profilo della sicurezza, a quella dei lavoratori dipendenti. Di guisa che giustamente è stato ritenuto che, anche con riguardo alla parte offesa, la società ed i suoi rappresentanti dovevano farsi carico degli interventi necessari a rendere sicuro il luogo di lavoro.

All'imputato, invero, nella richiamata qualità, incombeva il preciso obbligo di intervenire per la messa in sicurezza della macchina, ovvero, quantomeno. di impedirne l'utilizzo, in vista delle evidenti carenze strutturali che la stessa presentava e dei rischi che dall'uso della stessa comportava per l'operatore.


 

 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesc - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere

Dott. PICCIALLI Patrizia - Consigliere

Dott. MONTAGNI Andrea - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

(Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 5420/2009 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 24/09/2010;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 27/01/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO FOTI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. STABILE Carmine che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso;

Udito il difensore Avv. (Omissis) che ha chiesto l'accoglimento del ricorso

 

Fatto

 

1 - (Omissis), imputato di lesioni personali colpose commesse, con violazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di (Omissis), propone ricorso per cassazione, per il tramite del difensore, avverso la sentenza della Corte d'Appello di Firenze, del 24 settembre 2010, che ha confermato la sentenza del tribunale della stessa città, del 12 maggio 2008, che lo ha ritenuto colpevole del delitto contestato e riconosciute le circostanze attenuanti generiche con giudizio di prevalenza sulla contestata aggravante, lo ha condannato alla pena, interamente condonata, di 250,00 euro di multa.

Secondo l'accusa, condivisa dai giudici del merito, l'imputato, quale direttore e responsabile dello stabilimento " (Omissis) s.p.a." di (Omissis), che produce macchine per filati, per colpa generica e specifica, quest'ultima consistente nella violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articoli 68 e 69 e del Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4, comma 2 ha cagionato a (Omissis), tirocinante all'interno della ditta, traumi e lesioni alla mano destra, avendo omesso di dotare la macchina rettificatrice "Magnaghi" - presso la quale il tirocinante era impegnato nella lavorazione di un pezzo- di un dispositivo di protezione (schermo anteriore, fisso o mobile) delle mani e non avendo ottemperato all'obbligo di valutazione dei rischi specifici connessi all'attività di tirocinio espletata all'interno dello stabilimento. Ad esso il (Omissis) era stato ammesso sulla base di un protocollo d'intesa stipulato tra l'Associazione degli industriali della Provincia di (Omissis), il Comune e la Provincia di Firenze per lo svolgimento di tirocini formativi di giovani studenti presso le aziende aderenti all'iniziativa.

Il giudice del gravame ha, quindi, ribadito la responsabilità dell'imputato che, nei motivi d'appello, aveva sostenuto che, essendo l'infortunato uno studente che svolgeva attività di tirocinio presso lo stabilimento, titolare della posizione di garanzia era il "tutor" indicato dalla scuola. In proposito, lo stesso giudice ha rilevato che, pur non esistendo un rapporto di lavoro tra la " (Omissis)" e la persona offesa, questa, tuttavia, era stata inserita nell'ambito della struttura produttiva ed aveva, quindi, assunto la posizione di lavoratore subordinato anche in relazione alla normativa sulla sicurezza del lavoro; laddove i poteri del "tutor" della scuola erano solo finalizzati al controllo ed alla verifica del protocollo esclusivamente sotto il profilo formativo. Il protocollo d'intesa, peraltro, ha soggiunto il giudicante, prevedeva, tra l'altro, la figura del tutor aziendale, posizione rivestita da (Omissis), dipendente della " (Omissis)", che di fatto gestiva il tirocinante, assegnandolo alle varie lavorazioni. Lo studente, cioè, era inserito in un contesto aziendale per lo svolgimento di un'attività del tutto equiparata, sotto il profilo della sicurezza, a quella dei lavoratori subordinati; di essa, quindi, doveva farsi carico l'impresa, titolare dei poteri decisionali e di spesa necessari per rendere sicuro il luogo di lavoro.

Di qui la responsabilità dell'imputato che, quale esercente i poteri del datore di lavoro, e quindi con ampi poteri d'intervento, aveva il potere ed il dovere, non solo di impedire che il tirocinante fosse assegnato ad un macchinario pericoloso, ma anche di mettere in sicurezza detto macchinario, pericoloso per chiunque, anche lavoratore esperto, vi fosse stato assegnato.

2 - Avverso la citata sentenza propone ricorso, dunque, il (Omissis), che deduce:

a) Violazione di legge, non avendo il giudice del gravame considerato la mancanza di legittimazione dell'imputato al controllo della gestione d'impresa, cui era stato delegato il dipendente (Omissis). Rileva il ricorrente che nessun rapporto di lavoro subordinato esisteva tra lo studente infortunato e la " (Omissis)" e che al (Omissis) spettavano i doveri di vigilanza e di controllo, essendo stato a ciò delegato;

b) violazione dell'articolo 40 c.p., comma 2, non avendo lo stesso giudice considerato la delega di funzioni conferita al (Omissis), al quale spettavano i doveri di vigilanza;

c) Vizio di motivazione della sentenza impugnata, laddove non è stata considerata la condotta gravemente imprudente della persona offesa, che aveva posto in essere una manovra del tutto abnorme, avendo avvicinato la mano alle mole della macchina, con gesto del tutto imprevedibile. Conclude il ricorrente chiedendo l'annullamento della sentenza impugnata.

Diritto

 

Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile in considerazione della manifesta infondatezza dei motivi dedotti.

1 - Quanto ai due primi motivi di ricorso, che possono essere trattati congiuntamente avendo ad oggetto l'esistenza ed il rilievo, nei termini intesi dal ricorrente, della presunta delega di funzioni conferita dall'imputato al dipendente e capo reparto (Omissis), osserva la Corte che le doglianze a tal proposito formulate non hanno pregio alcuno.

Ivi compresa quella, già esaminata e giustamente respinta dai giudici del gravame, con la quale viene negata qualsiasi responsabilità in capo all'imputato in considerazione della assenza di un rapporto di lavoro subordinato tra la persona offesa e la " (Omissis)"; argomento che sembra riaffiorare nell'articolazione del primo motivo di ricorso, laddove tale circostanza viene ancora richiamata, sia pure in termini generici.

A tale proposito, è quindi opportuno ribadire che, pur in assenza di un tal rapporto, non può negarsi, come giustamente hanno rilevato i giudici del merito, che il tirocinante infortunato doveva ritenersi di fatto pienamente inserito nella struttura produttiva dell'azienda per lo svolgimento di un'attività certamente equiparata, sotto il profilo della sicurezza, a quella dei lavoratori dipendenti. Di guisa che giustamente è stato ritenuto che, anche con riguardo al (Omissis), la " (Omissis)" ed i suoi rappresentanti dovevano farsi carico degli interventi necessari a rendere sicuro il luogo di lavoro.

Tanto ulteriormente ribadito, dunque, e rilevato che il Decreto del Presidente della Repubblica n. n. 547 del 1955, articolo 68 prescrive che gli organi lavoratori delle macchine e le relative zone di operazione devono essere adeguatamente protette per evitare che essi vengano a contatto con parti del corpo del lavoratore, quanto al tema della presunta delega al capo reparto (Omissis), osserva la Corte come, indipendentemente ed a prescindere dall'esistenza di una tale delega ed ai limiti entro i quali la stessa sarebbe stata conferita, spettava comunque all'imputato, nella sua qualità di direttore dello stabilimento e di delegato in materia di sicurezza, di intervenire per mettere a norma la macchina che ab origine presentava elementi di pericolo per i lavoratori. Di dotarla, cioè, dei più opportuni strumenti di sicurezza, ossia di uno schermo che impedisse alle mani dell'operatore di venire a contatto con gli organi in movimento, ovvero di altro idoneo dispositivo. All'imputato, invero, nella richiamata qualità, incombeva il preciso obbligo di intervenire per la messa in sicurezza della macchina, ovvero, quantomeno, di impedirne l'utilizzo, in vista delle evidenti carenze strutturali che la stessa presentava e dei rischi che dall'uso della stessa comportava per l'operatore.

è, dunque, il mancato adeguamento della macchina alle esigenze di sicurezza, in particolare, la mancata adozione di sistemi in grado di evitare situazioni di pericolo per i lavoratori, il principale profilo di colpa giustamente riscontrato dai giudici del merito nella condotta dell'imputato, al quale si aggiungono quelli di non avere impedito l'uso di una macchina pericolosa ad un inesperto tirocinante e di non avere, in via generale, valutato il rischio connesso con l'utilizzo, anche da parte dei dipendenti, di detta macchina.

2 - Manifestamente infondato è anche il terzo motivo di ricorso, con il quale viene dedotto il vizio di motivazione della sentenza impugnata per non avere i giudici del gravame considerato il comportamento altamente imprudente ed imprevedibile della vittima, che aveva inopinatamente avvicinato le mani alle mole della macchina (ove già aveva lavorato nei giorni precedenti) per la rettifica del pezzo di metallo sul quale la stessa stava lavorando. Condotta che, sostiene il ricorrente, doveva essere considerata alla stregua di una causa eccezionale, atipica, non prevista e non prevedibile, alla quale esclusivamente doveva essere ricondotto l'infortunio del quale il (Omissis) è rimasto vittima.

In realtà, osserva la Corte, una volta accertato che, come legittimamente hanno sostenuto i giudici del merito, la macchina sulla quale il tirocinante stava lavorando, realizzata nel 1978 - secondo vecchi e superati criteri di sicurezza che non impedivano all'operatore di avvicinare le mani alle mole in movimento -, non presentava gli standard di sicurezza previsti dalla normativa in vigore, in quanto mancante delle protezioni previste dal Decreto del Presidente della Repubblica n. 574 del 1955, articolo 68;

accertato, ancora, che la macchina aveva caratteristiche di pericolosità non solo per l'apprendista, ma per qualsiasi lavoratore e che l'incidente è stato determinato proprio dall'assenza dei dispositivi di sicurezza previsti imposti dalla legge, tanto accertato, dunque, nessun rilievo può attribuirsi alla condotta della persona offesa, ove anche imprudente, essendo le lesioni da questa patite in evidente rapporto di causalità con la violazione, da parte dell'imputato, delle norme in materia di sicurezza sul lavoro.

In tema di infortuni sul lavoro, invero, questa Corte ha affermato che "il nesso causale tra la condotta colposa del datore di lavoro e del preposto per la omessa predisposizione o vigilanza sull'osservanza delle prescrizioni antinfortunistiche, e l'evento non è interrotto dal comportamento imprudente del lavoratore, atteso che le norme antinfortunistiche sono dettate al fine di ottenere la sicurezza delle condizioni di lavoro e di evitare incidenti ai lavoratori in ogni caso e cioè anche quando essi stessi per imprudenza, disattenzione, assuefazione al pericolo possono provocare l'evento" (Cass. 1352/92), salvo che sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato che abbia dato causa all'evento.

Circostanza da escludersi nel caso di specie.

Invero, secondo la condivisa e consolidata giurisprudenza di questa Corte, "abnorme" può considerarsi solo il comportamento che, per la sua stranezza, imprevedibilità, eccezionalità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro (Cass. n. 23292/2011), laddove il gesto dell'apprendista di avvicinare alle mole il pezzo di metallo da rettificare sul quale stava lavorando, e quindi, necessariamente, anche le proprie mani, non si presenta per nulla imprevedibile, eccezionale o esorbitante dal procedimento di lavoro, ma perfettamente compatibile col sistema di lavorazione.

L'argomento, seppur non specificamente trattato dal giudice del gravame, risulta tuttavia chiaramente considerato nella sentenza impugnata, laddove è stata ribadita la pericolosità della macchina, presso la quale il (Omissis) stava lavorando, a causa dell'assenza dei previsti presidi di sicurezza. Argomento che non richiedeva ulteriori approfondimenti, anche alla luce della consolidata giurisprudenza di questa Corte secondo cui la condotta imprudente dell'infortunato non assurge a causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l'evento quando sia comunque riconducibile all'omissione di doverose misure antinfortunistiche da parte del datore di lavoro.

3 - Alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè al versamento, in favore della cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo determinare in euro 1.000,00.

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore della cassa delle ammende.