Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 27 settembre 2012, n. 37329 - Cooperativa e infortunio mortale di un socio lavoratore a seguito di ribaltamento di un trattore


 

 

 

 

Responsabilità del presidente e legale rappresentante di una cooperativa per infortunio mortale di un socio lavoratore che, mentre stava effettuando operazioni di pulizia dell'argine di un torrente utilizzando un trattore, a causa dello scivolamento - ribaltamento dello stesso, subiva lo schiacciamento del corpo.

All'imputato veniva rimproverato di non aver effettuato la valutazione del rischio afferente la descritta lavorazione, di aver consentito l'utilizzo del trattore senza l'ausilio di un operatore a terra e nonostante esso non montasse nè una gabbia di protezione del posto di guida nè avesse in dotazione una cintura di sicurezza per il conducente, misure e dispositivi che qualora assunte o presenti avrebbero certamente evitato il verificarsi del decesso.

Condannato, ricorre in Cassazione - Rigetto.

 


 

 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MARZANO Francesco - Presidente

Dott. MARINELLI Felicetta - Consigliere

Dott. CIAMPI Francesco - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luca - Consigliere

Dott. DOVERE S. - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 

sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 825/2011 CORTE APPELLO di FIRENZE, del 15/07/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 05/06/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. SALVATORE DOVERE;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. IACOVIELLO Francesco Mauroche ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

 

Fatto

1. Con conformi decisioni il Tribunale di Siena, sez. dist. di Poggibonsi, e la Corte di appello di Firenze condannavano (Omissis) alla pena di mesi sei di reclusione per aver cagionato il decesso di (Omissis), che quale socio lavoratore della cooperativa della quale il (Omissis) era presidente e legale rappresentante, stava effettuando operazioni di pulizia dell'argine di un torrente utilizzando un trattore, quando a causa dello scivolamento - ribaltamento dello stesso, subiva lo schiacciamento del corpo e quindi decedeva. Ad avviso dei giudici di merito il trattore procedeva sull'argine per le operazioni di disboscamento quando aveva dovuto affrontare un dislivello di circa 20 cm. che ne aveva provocato il sobbalzo, al termine del quale il trattore era finito su un conglomerato di cemento inserito nella scarpata, realizzando un movimento di scivolamento-ribaltamento. Il conducente era stato quindi catapultato all'esterno del mezzo d'opera, riportando lesioni letali. All'imputato veniva rimproverato di non aver effettuato la valutazione del rischio afferente la descritta lavorazione, di aver consentito l'utilizzo del trattore senza l'ausilio di un operatore a terra e nonostante esso non montasse nè una gabbia di protezione del posto di guida nè avesse in dotazione una cintura di sicurezza per il conducente, misure e dispositivi che qualora assunte o presenti avrebbero certamente evitato il verificarsi del decesso.

2.1. Ricorre avverso la sentenza della Corte di Appello l'imputato a mezzo del difensore di fiducia. Con un primo motivo deduce violazione dell'articolo 40 cpv. cod. pen., in relazione all'articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera b). Ad avviso del ricorrente da un canto non è assolutamente dimostrata la presenza sulla scarpata di numerosi blocchi di cemento, dall'altro non vi è prova che il blocco di cemento sul quale era capitato il trattore si trovasse già in sito al momento in cui erano stati effettuati i sopralluoghi preliminari all'inizio delle operazioni, non potendosi escludere che blocco fosse stato abbandonato sul ciglio della scarpata in un momento successivo e prossimo al sinistro. L'imputato inoltre non poteva prevedere che il conducente avvertisse la necessità di spostarsi sul bordo dell'argine stesso, atteso che il trattore nel procedere a marcia avanti sull'argine precedentemente pulito non avrebbe avuto nessuna necessità di spostarsi sul ciglio dell'argine stesso. Pertanto risultava assolutamente imprevedibile sia che il trattore potesse incappare nell'insidia sia che si trovasse a lavorare sul ciglio della scarpata.

2.2. Con un secondo motivo di ricorso si lamenta la violazione dell'articolo 163 del cod. pen., della Legge n. 689 del 1981, articolo 53, dell'articolo 568 c.p.p., comma 4 perchè, richiesta la sostituzione della pena detentiva inflitta all'imputato, con eliminazione del beneficio della sospensione condizionale della pena detentiva, la Corte di Appello rigettava l'istanza ritenendo che la sospensione condizionale della pena fosse istituto più favorevole all'imputato rispetto all'applicazione della pena pecuniaria sostitutiva ed immediatamente esecutiva; inoltre per la Corte la mancanza di una impugnazione sul punto da parte del pubblico ministero faceva sì che un eventuale accoglimento della richiesta dell'imputato si concretizzasse in una inammissibile riformatio in peius. Per contro, il ricorrente ricorda che vige il principio secondo il quale la sospensione condizionale della pena non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato; questi può impugnare la decisione che concede il beneficio quando tale provvedimento lede un suo interesse e l'eliminazione del beneficio concretizza una situazione più vantaggiosa per il medesimo.

 

Diritto

3.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile. Le circostanze che vengono addotte per dimostrare l'imprevedibilità della presenza di ingombri sull'area di operazioni del trattore appaiono per un verso meramente congetturali per altro verso inconferenti. è meramente congetturale il fatto che i blocchi di cemento fossero stati portati sul posto dopo i sopralluoghi. A fronte del fatto che essi erano inglobati nella scarpata - e quindi verosimilmente collocativi durante i lavori di formazione della scarpata medesima - nessun specifico elemento di prova è stato neppure indicato per sostenere la tesi (non a caso prospettata in termini meramente ipotetici) dell'assenza degli stessi al tempo dei sopralluoghi. Ma quand'anche così fosse, lo stato della vegetazione, tanto fitta da rendere non percepibile l'andamento della scarpata, imponeva di prevedere che in essa si celasse qualche insidia, insorta nello spazio temporale tra l'ultimo sopralluogo e l'esecuzione delle operazioni. Quindi era certamente doveroso disporre la presenza in ausilio di un operatore a terra. Quanto al fatto che il lavoratore avesse partecipato ai sopralluoghi, che l' (Omissis) fosse persona esperta e che non avesse alcuna necessità di portarsi sull'argine della scarpata per compiere le operazioni affidategli, si tratta di rilievi privi di reale significatività; lo stato dei luoghi costituiva di per sè una fonte di pericolo e proprio per la mancata percezione dell'andamento della scarpata l' (Omissis) si trovò prossimo al ciglio della stessa.

In definitiva, la prevedibilità dell'evento è nelle caratteristiche intrinseche dell'area delle operazioni e nelle modalità con le quali queste dovevano essere svolte. Esse rendevano altamente probabile il rischio di uno scivolamento o di un ribaltamento lungo la scarpata, ad evitare il quale sarebbe stata necessaria la presenza di un secondo operatore; e per evitare che ai movimenti incontrollati del mezzo d'opera seguissero lesioni del conducente, il trattore avrebbe dovuto essere provvisto di gabbia di sicurezza e di cintura di sicurezza.

3.2. Quanto al secondo motivo di ricorso, coglie il segno la censura secondo la quale la motivazione offerta dalla Corte distrettuale al riguardo del trattamento sanzionatorio non è congrua. Infatti, la sospensione della pena detentiva non è più favorevole all'imputato rispetto alla irrogazione di una pena pecuniaria. Tuttavia, tale vizio della decisione non vale a provocarne l'annullamento, atteso che le sanzioni sostitutive sono certamente compatibili con l'istituto della sospensione condizionale della pena (si ricordano, tra le diverse, Cass. Sez. 1, n. 41442 del 14/10/2005, D'Angelantonio, Rv. 232743; Cass. Sez. 3, n. 46458 del 22/10/2009, Mbengue, Rv. 245618, per le quali "la sostituzione della pena detentiva breve irrogata con la corrispondente pena pecuniaria, ai sensi della Legge n. 689 del 1991, articolo 53, non pregiudica l'applicazione del beneficio della sospensione condizionale della pena, in quanto la pena sostitutiva è a tutti gli effetti una sanzione penale"), e quindi non incorre in violazione di legge una sentenza che abbia applicato entrambi gli istituti.

Il ricorrente, d'altronde, non lamenta che il giudice abbia errato nel ritenere sussistenti i presupposti per la concessione della sospensione condizionale della pena stabiliti dall'articolo 163 cod. pen..

Sotto altro profilo, è vero che secondo l'orientamento delle Sezioni unite di questa Corte (Cass. 16 marzo 1994, Rusconi) la sospensione condizionale della pena non può risolversi in un pregiudizio per l'imputato in termini di compromissione del carattere personalistico e rieducativo della pena. Di conseguenza l'imputato, al quale sia stato concesso d'ufficio il beneficio, può impugnare il provvedimento allorchè la concessione sia idonea a ledere un suo interesse e l'eliminazione del beneficio consenta il conseguimento di una situazione giuridica più vantaggiosa.

Tuttavia, come precisato sempre dalle Sezioni unite, il pregiudizio adotto dall'interessato non deve riguardare mere valutazioni soggettive di convenienza, ma deve concernere interessi giuridicamente apprezzabili, in quanto correlati alla funzione stessa della sospensione condizionale.

Tale interesse è stato ravvisato nelle condanne a pena pecuniaria per le contravvenzioni per le quali la legge ammette la definizione in via amministrativa o l'oblazione limitatamente alle ipotesi di cui all'articolo 162 cod. pen., in quanto tali condanne non vengono iscritte nel casellario giudiziario se non viene concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena. In tali casi il beneficio si risolve in un pregiudizio per l'imputato stante la maggiore stigmatizzazione della pena irrogata a seguito dell'iscrizione nel casellario.

Tale iscrizione per l'imputato può rappresentare un pregiudizio più grave del vantaggio costituito dall'esenzione, peraltro condizionata, dal pagamento dell'ammenda.

Nel caso che occupa il ricorrente non ha specificato quale interesse meritevole di tutela giuridica sia assicurato dalla eliminazione della concessione del beneficio; nè si può valutare meritevole l'interesse a garantirsi la possibilità di accedere al beneficio nel caso di commissione futura di ulteriori reati che comportino l'inflizione di una pena suscettibile di sospensione condizionale.

4. Segue al rigetto del ricorso la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.



Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.