Cassazione Penale, Sez. Fer., 02.12.2011 (ud. 01.09.2011), n. 45009 “Guida alla lettura” a cura di Romina Allegrezza |
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SOMMARIO: Fatti di causa - Questioni di diritto - Soluzione adottata - Riferimenti giurisprudenziali - Essenziali Riferimenti bibliografici |
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Fatti di causa |
Un dipendente di una srl con mansioni di capocantiere, mentre stava effettuando lavori in posa della copertura di un fabbricato, precipitava, infortunandosi mortalmente, da un’altezza di 2,50 metri attraverso l’apertura, coperta da una guaina e non visibile, di un lucernaio. Dell’accaduto veniva ritenuto responsabile il coordinatore per l’esecuzione dei lavori (al contempo estensore del piano di sicurezza e di coordinamento), il quale, per delineare la sicura procedura di posa nel tetto, si era occupato di effettuare gli aggiornamenti del suddetto piano e aveva compiuto specifici interventi in cantiere, prescrivendo l’uso delle cinture di sicurezza per il rischio di caduta al suolo da un’altezza superiore ai due metri. Tuttavia, il medesimo, che in seguito ad ulteriori sopralluoghi aveva constatato l’inadempienza da parte dei lavoratori alle anzidette prescrizioni, aveva omesso di segnalare tali inadempienze, limitandosi semplicemente ad ordinare la chiusura delle cavità rimaste aperte. |
Questioni di diritto |
Ai sensi del d.lgs. n. 494 del 1996 (artt. 2, 5 e 12), il coordinatore per l’esecuzione era chiamato a svolgere una pluralità di funzioni, funzioni che gli competono ancora oggi, posto che le stesse sono rimaste sostanzialmente inalterate anche dopo l’entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2008 e s.m.i., artt. 92 e ss. Tuttavia, individuare l’area di responsabilità gravante su tale figura non è operazione semplice e le questioni giuridiche alla base della sentenza in esame ne costituiscono un chiaro esempio. Nel caso di specie, infatti, da un lato, va segnalata l’argomentazione dei giudici di merito, i quali hanno ritenuto che le competenze del coordinatore per l’esecuzione non si esauriscono in meri compiti organizzativi e di raccordo o di collegamento tra le eventuali varie imprese che collaborano nella realizzazione dell’opera, ma si estendono anche al compito di adeguare il piano di sicurezza in relazione allo stato di avanzamento dei lavori e alle eventuali modifiche intervenute, con l’obbligo di vigilare sul rispetto del piano stesso, di segnalare eventuali inosservanze e di sospendere, ex art. 5, comma 1, lett. f), in caso di pericolo grave e imminente direttamente riscontrato, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti effettuati dalle imprese interessate. Dall’altro, invece, si distingue la posizione, ovviamente contrapposta, dell’imputato, il quale ha fondato la propria difesa su una diversa interpretazione delle norme in questione, nello specifico dell’art. 5 del d.lgs. n. 494 del 1996, sul presupposto che la nuova formulazione del medesimo articolo introdotta dal d.lgs. n. 528 del 1999 (con la sostituzione del verbo ‘assicurare’ con quello più “tenue” ‘verificare’) avrebbe ridimensionato il ruolo e le responsabilità del coordinatore per l’esecuzione: lo stesso non era più tenuto, quindi, ad assicurare l’applicazione del piano di sicurezza, ma solamente a verificarne l’applicazione. Ad ogni modo, l’imputato reputava comunque di aver adempiuto ai suoi compiti, da ultimo quello di sospendere i lavori, posto che prima dell’infortunio aveva ordinato la chiusura delle cavità ancora presenti sul tetto. Tuttavia, i giudici di merito avevano ritenuto questa condotta irrilevante ai fini del decidere, dal momento che, dovendosi ritenere tutto il tetto zona non sicura, tutte le singole lavorazioni sul tetto andavano sospese. In conclusione, un dato affiora in maniera chiara: secondo le motivazioni addotte dai giudici di merito l’obbligazione del coordinatore per l’esecuzione darebbe luogo ad una vera e propria obbligazione di risultato, mentre, secondo la tesi dell’imputato, la medesima si esaurirebbe in un’obbligazione di mezzi, perlopiù incentrata su funzioni di coordinamento. |
Soluzione adottata |
Considerato che, ex artt. 2, 5 e 12 del d.lgs. n. 494 del 1996 e s.m.i., sul coordinatore per l’esecuzione “gravava l’obbligo, oltreché di essere presente in cantiere, di controllare (id est: “verificare”) l’osservanza alle regole in materia di sicurezza”, la Corte di Cassazione, confermando la decisione dei Giudici di merito, ha rigettato il ricorso. Il Supremo Collegio, infatti, ha ritenuto la condotta dell’imputato in rapporto causale rispetto all’evento determinatosi, ritenendo indubbia la circostanza che, se il coordinatore per l’esecuzione avesse concretamente ed esplicitamente dato corso a quanto previsto dalla legge, eventualmente imponendo la sospensione dei lavori, in attesa dei “necessari approfondimenti”, l’infortunio sarebbe stato evitato. Il coordinatore per l’esecuzione veniva così ritenuto colpevole del reato di cui all’art. 589, commi 1 e 2, c.p. |
Riferimenti giurisprudenziali |
La sentenza conferma l’orientamento, ormai consolidato, della Suprema Corte che pone in capo al coordinatore per l’esecuzione una posizione di garanzia di ampio contenuto che si estrinseca in ben delineati compiti di vigilanza e di controllo e in connessi poteri impeditivi, come quello di sospendere i lavori in caso di pericolo grave ed imminente. |
Essenziali riferimenti bibliografici |
Per un approfondimento sulla figura del coordinatore per l’esecuzione e sulle relative responsabilità si rinvia a: |