Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 28 novembre 2012, n. 21150 - Trasformazione della rendita in capitale


 



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. MIANI CANEVARI Fabrizio - Presidente

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. VENUTI Pietro - Consigliere

Dott. MANNA Antonio - Consigliere

Dott. BERRINO Umberto - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 


sul ricorso 25575/2007 proposto da:

(Omissis), domiciliato in (Omissis), presso lo studio dell'avvocato (Omissis), che lo rappresenta e difende giusta delega in atti;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante prò tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati (Omissis) e (Omissis), che lo rappresentano e difendono giusta procura notarile in atti;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 932/2007 della CORTE D'APPELLO di SALERNO, depositata il 04/07/2007 r.g.n. 302/07;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 25/10/2012 dal Consigliere Dott. UMBERTO BERRINO;

udito l'Avvocato (Omissis);

udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale DOTT. FRESA Mario, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Fatto



Con sentenza dei 30/5 - 4/7/07 la Corte d'appello di Salerno ha accolto l'impugnazione proposta dall'Inps avverso la sentenza del giudice del lavoro del Tribunale dello stesso capoluogo che aveva riconosciuto a (Omissis) il credito di euro 4188,56 a titolo di capitalizzazione della rendita ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 75 ed ha rigettato la domanda formulata da quest'ultimo col ricorso del 2/9/03, confermando nel resto l'appellata decisione e compensando per intero tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Nel pervenire a tale decisione la Corte ha spiegato che il contrasto sorto in ordine alla scelta del criterio da adottarsi per la trasformazione della rendita in capitale, cioè se quello basato sulla retribuzione effettiva o l'altro ancorato alla retribuzione convenzionale desumibile dall'articolo 116 del citato testo unico, doveva essere risolto nel secondo senso, tanto più che la Corte Costituzionale aveva ritenuto infondata la questione di legittimità costituzionale della norma di cui all'articolo 75 del predetto testo unico nella parte in cui impone la capitalizzazione della rendita calcolata sul minimo della retribuzione annua ai sensi del comma 3 del citato articolo 116, essendo un tale minimo calcolato sulla scorta della media delle retribuzioni assunte a base della liquidazione dell'indennità per inabilità temporanea.

Per la cassazione della sentenza propone ricorso il (Omissis), il quale affida l'impugnazione a tre motivi di censura.

Resiste con controricorso l'Inail.

Diritto



1. Col primo motivo il ricorrente denunzia la violazione e falsa applicazione dell'articolo 330, comma 1, del'articolo 170, comma 1, articoli 139 e 141 c.p.c., in ordine alla notificazione dell'appello al procuratore costituito, nonchè dell'articolo 101 c.p.c. in merito al contraddittorio delle parti, il tutto in relazione all'articolo 360 c.p.c., nn. 3 e 4. Sostiene il ricorrente che la nullità della sentenza impugnata deriva, anzitutto, dal fatto che la notifica dell'atto d'appello è stata eseguita alla parte personalmente, anzichè nel domicilio eletto presso il procuratore costituito nella circoscrizione del giudice di merito, senza che siffatto vizio sia stato sanato dalla costituzione spontanea dell'appellato o attraverso la rinnovazione della notifica ai sensi dell'articolo 291 c.p.c.; inoltre, la nullità discenderebbe pure dalla circostanza della non chiara leggibilità del nominativo della persona alla quale l'atto da notificare era stato consegnato, in maniera tale da non consentire di ricavarne un collegamento con lo studio del difensore domiciliatario.

Il motivo è infondato.

Invero, la Corte d'appello ha chiaramente posto in evidenza che l'avv. Giuseppe Spagnuolo, al quale l'appello risultava essere stato notificato all'indirizzo dello studio ove la parte aveva eletto domicilio, era uno dei due difensori domiciliatari costituiti per l'appellato, per cui a nulla rileva il fatto che non sarebbe stato ben specificato il soggetto consegnatario dell'atto stesso, in quanto opera la presunzione legale di conoscenza del destinatario della notifica al cui indirizzo l'atto era pervenuto.

Giova, altresì, ricordare che si è avuto modo di affermare (Cass. Sez. 1 n. 14642 del 21/11/2001) che "la notificazione della sentenza munita della formula esecutiva alla parte presso il procuratore costituito deve considerarsi equivalente alla notificazione al procuratore stesso, prescritta dagli articoli 285 e 170 cod. proc. civ., ed è, pertanto, idonea a far decorre il termine breve d'impugnazione, in quanto soddisfa l'esigenza di assicurare che la sentenza sia portata a conoscenza della parte per il tramite del suo rappresentante processuale, professionalmente qualificato a valutare l'opportunità dell'impugnazione, nè l'apposizione della formula esecutiva impedisce l'inizio del decorso del termine breve per l'impugnazione, non avendo rilevanza alcuna, ai fini della decorrenza del detto termine, la volontà della parte che abbia richiesto la notifica".

Quanto alla ulteriore questione della mancanza di chiarezza sul nominativo della persona che ricevette l'atto presso lo studio del domicilio eletto in Salerno non può che rilevarsene l'inammissibilità, trattandosi di questione che risulta essere stata prospettata per la prima volta nella presente sede di legittimità.

2. Col secondo motivo di censura, svolto ai sensi dell'articolo 360 c.p.c., n. 5, per presunto vizio motivazionale su un punto decisivo della controversia relativo alla quantificazione della rendita per infortunio sul lavoro, il ricorrente si duole sostanzialmente dell'omesso esame della domanda riflettente il calcolo di tale provvidenza e della mancata spiegazione dell'iter seguito nell'adozione della soluzione contabile diversa da quella, a lui favorevole, adottata dal primo giudice.

Va rilevata l'inammissibilità del motivo in quanto, a fronte del fatto che i giudici d'appello hanno chiaramente spiegato le ragioni per le quali hanno ritenuto di seguire il criterio basato sul riferimento normativo di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articoli 75 e 116, ai fini del computo della rendita da capitalizzare, il ricorrente non formula, in spregio al principio dell'autosufficienza del ricorso, un momento di sintesi omologo del quesito di diritto in guisa tale da consentire di verificare se sussiste realmente la proclamata decisività del punto della controversia indicato in epigrafe. Al riguardo, è bene ricordare che nell'appellare la sentenza l'Inail dedusse l'erroneità della decisione del primo giudice, il quale aveva conteggiato la capitalizzazione della rendita calcolandola sulla base della retribuzione annua riferita ai compimento del decennio (30/4/91) dalla sua costituzione, anzichè sul limite minimo di retribuzione annua di cui al Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 75, criterio legale, quest'ultimo, che è quello correttamente adottato dalla Corte di merito.

3. Col terzo motivo il ricorrente censura l'impugnata sentenza per violazione e falsa applicazione delle norme di diritto degli articoli 112, 115, 116 c.p.c. e articolo 2967 cod. civ. in merito all'esame, alla prova ed al conteggio offerto dall'ausiliare al primo giudice, in relazione all'articolo 360 c.p.c., n. 3.

Nel sintetizzare tale motivo, attraverso la formulazione del quesito di diritto, il (Omissis) si lamenta, sostanzialmente, del fatto che il giudice d'appello avrebbe violato il principio di corrispondenza tra chiesto e pronunziato nel momento in cui non aveva risposto alla censura dell'Inail riguardante il conteggio elaborato dall'ausiliare del primo giudice.

è agevole osservare che il motivo è infondato, stante la carenza di interesse dell'odierno ricorrente rispetto a presunte omissioni decisionali sulle censure a suo tempo sollevate dalla parte avversaria; inoltre, non è esatto che il giudicante non ha indicato il metodo di calcolo contabile nell'addivenire al rigetto della domanda dell'assicurato, avendo, ai contrario, spiegato che era da seguire quello della retribuzione convenzionale desumibile dalla lettura del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 116.

Il ricorso va, pertanto, rigettato.

Nulla va disposto in ordine alle spese di questo giudizio a norma dell'articolo 152 disp. att. c.p.c., nel testo vigente prima delle modifiche apportate dalla Legge n. 326 del 2003, atteso che il ricorso di primo grado fu depositato il 2 settembre 2003.

P.Q.M.



La Corte rigetta i ricorso. Nulla per le spese.