Il direttore di uno stabilimento e il responsabile della produzione della linea cavi bassa tensione vengono imputati del delitto di lesione personale colposa in danno di un lavoratore per aver "attivato e mantenuto in produzione la linea LTI senza che vi fosse la necessaria perimetrazione degli organi in movimento idonea ad impedire l'accesso dei lavoratori, nè alcun comando di emergenza del tipo a "fungo" o similare per l'arresto della linea in caso di incidenti, nè installazione di cartelli di pericolo o divieto di compiere operazione di registrazione o riparazione con la macchina in movimento, nè valutazione dei rischi della predetta linea di produzione" - Omissione di ogni cautela e presidio antinfortunistico - Responsabilità del direttore di stabilimento anche dopo il pensionamento in funzione di consulente esterno - Sussiste.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Dott. Coco Giovanni Silvi - Presidente -
Dott. Campanato Graziana - Consigliere -
Dott. Brusco Carlo Giuseppe - Consigliere -
Dott. Colombo Gherardo - Consigliere -
Dott. Piccialli Luigi - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
1) D.F.S., N. IL (omissis);
contro
2) S.E., N. IL (omissis);
3) C.M., N. IL (omissis);
avverso sentenza del 22/03/2006 Corte Appello di Roma;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in pubblica udienza la relazione fatta dal Consigliere Dr. Campanato Graziana;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dr. Baglioni Tindari, che ha concluso per il rigetto del ricorso e la condanna al pagamento delle spese processuali;
Udito, per la parte civile, l'Avv. Pennigotti Ugo, che ha chiesto l'annullamento della sentenza.
S.E. e C.M. venivano imputati del reato di lesioni colpose in danno del lavoratore D.F.S.; reato commesso con violazione di norme antinfortunistiche per avere, il primo in qualità di direttore dello stabilimento della ditta Alcatel Cavi s.p.a. sita in località (omissis) ed il secondo in qualità di responsabile della produzione della linea cavi bassa tensione, attivato a partire dal gennaio del 1999 e mantenuto in produzione la linea LTI senza che vi fosse la necessaria perimetrazione degli organi in movimento idonea ad impedire l'accesso dei lavoratori, nè alcun comando di emergenza del tipo a "fungo" o similare per l'arresto della linea in caso di incidenti, nè installazione di cartelli di pericolo o divieto di compiere operazione di registrazione o riparazione con la macchina in movimento, nè valutazione dei rischi della predetta linea di produzione, cosicchè il lavoratore , operaio generico, addetto alla produzione LTI, mentre con la mano era intento a favorire il corretto avvolgimento di un cavo a bassa tensione, veniva agganciato all'interno della bobina e riportava lesioni guarite oltre il quarantesimo giorno.
Con sentenza in data 19 novembre 2003 il Tribunale di Latina affermava la responsabilità del C. e lo condannava con la concessione delle attenuanti generiche alla pena di mesi quattro di reclusione ed al risarcimento del danno alla parte civile costituitasi alla quale liquidava una provvisionale immediatamente esecutiva di Euro 15.000,00 mentre assolveva lo S. per insussistenza del fatto per essere questi andato in pensione il (omissis), posto che il fatto si era verificato il (omissis) dello stesso anno.
Proponevano appello sia l'imputato C. che la parte civile:
il primo sosteneva che il tribunale non aveva tenuto conto delle dimensioni dello stabilimento, che era articolato in varie direzioni ed impiegava 500 operai: tra queste direzioni vi era quella preposta alla sicurezza al cui direttore spettava la responsabilità dell'adeguamento dei sistemi di protezione del lavoro.
Inoltre lamentava che il primo giudice aveva trascurato le dichiarazioni dei testi C.P. (ispettore ASL), Ca. (capo del personale) e T. ( responsabile della linea di produzione dei cavi cui il lavoratore infortunato era addetto ) dalle quali emergeva che esso appellante non era più responsabile della linea cavi a bassa tensione, collocata fuori esercizio dal (omissis), i cui operai erano stati messi in cassa integrazione, mentre all'epoca dell'incidente egli si trovava in missione in Germania.
Il difensore della parte civile sosteneva che l'imputato S., pur essendo andato in pensione dal (omissis), di fatto svolgeva funzioni di direttore dello stabilimento come consulente esterno e tale ruolo aveva svolto sino al (omissis), quando era stato nominato il nuovo direttore., per cui doveva esser ritenuto responsabile delle violazioni delle norme antinfortunistiche che erano state accertate. Inoltre lo stesso nell'epoca precedente il pensionamento non aveva ottemperato a quanto prescritto dalla relazione di valutazione dei rischi (omissis), pur essendo responsabile della sicurezza dello stabilimento, con gli obblighi conseguenti di adeguamento dei macchinali e di informazione sui rischi delle relative operazioni ai dipendenti.
La Corte d'Appello di Roma confermava l'assoluzione dello S., affermando che dalla relazione (omissis) non emergevamo prescrizioni relative alla macchina in questione, per cui l'inerzia sia dello S. che del C. non era da porsi in relazione con l'evento ed aggiungeva che all'epoca del fatto il C. non era più responsabile della linea di produzione di cavi a bassa tensione, per cui in sua assenza qualcuno non meglio identificato aveva richiesto l'attività del D.F. incaricandolo di avvolgere il cavo, senza che ciò potesse coinvolgere l'imputato nella responsabilità di quanto accaduto.
Pertanto la corte, sulla base di dette considerazioni assolveva anche il C. con sentenza pronunciata il (omissis).
Avverso detta decisione ha proposto ricorso la parte civile che ne chiede l'annullamento a sensi dell'art 576 c.p.p., deducendo la carenza e manifesta illogicità della motivazione.
Sostiene che, diversamente da quanto affermato dal giudice d'appello, la linea di produzione in esame era stata solo formalmente interdetta dal funzionamento in data (omissis), ma veniva quotidianamente utilizzata fino al giorno dell'incidente e responsabile della stessa era rimasto il C., il quale solo temporaneamente, per qualche settimana, si era recato in missione in Germania, omettendo di segnalare all'azienda detto quotidiano funzionamento della linea LTI.
In relazione alla condotta precedente al fatto l'appellante sottolineava che la corte aveva omesso di considerare che detta linea era stata attivata nel (omissis) e che ad entrambi gli imputati nel (omissis) veniva comunicata la relazione di valutazione rischi datata (omissis) (essa era stata eseguita di fatto prima della consacrazione formale) e nessuno dei due responsabili si era attivata per la messa a norma.
Contestava pertanto che tale inerzia non fosse da porsi in relazione all'evento.
Con il secondo motivo il ricorrente deduce carenza di motivazione in relazione anche ad altri dati obiettivi che non sarebbero stati presi in considerazione dalla corte: dai documenti prodotti risultava che lo S. era il responsabile della sicurezza con l'obbligo di assicurarsi che i macchinali e le attrezzature fossero in regola con le norme antinfortunistiche, mentre, nonostante la relazione del (omissis) la linea LTI era priva dei congegni di sicurezza, dato obiettivo mai posto in discussione nemmeno dagli imputati.
Inoltre lo S. aveva conservato le funzioni di direttore anche dopo il pensionamento avvenuto il (omissis) sino al subentro del nuovo direttore avvenuto il (omissis) ed anche di questo dato importante la corte non aveva tenuto conto.
Con memoria depositata il 17 febbraio 2007 entrambi gli imputati chiedevano il rigetto dell'appello della parte civile, sostenendo che la corte territoriale aveva preso in esame tutte le circostanze dedotte dalla stessa.
Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso Premesso che il ricorso riguarda solo gli effetti civili della sentenza di assoluzione pronunciata nei confronti dei due imputati, ormai divenuta definitiva quanto alle statuizioni penali per mancata impugnazione del P.M. e che entro tale ambito viene sottoposto al sindacato di legittimità la motivazione della stessa, si osserva che le doglianze della parte civile colgono nel segno.
Invero la corte per quanto riguarda la posizione del C. ed entrambi i giudici di primo e secondo grado per quanto concerne lo S. hanno omesso di considerare che infortunio occorso al lavoratore è stato certamente causato dalla mancanza di idonee protezioni della linea a bassa tensione alla quale era addetto; che tale attività non era stata scelta dal lavoratore e che lo stesso aveva seguito le modalità operative apprese dagli operai più esperti.
Pertanto è pacifico che il Di Filippo non eseguiva attività abnorme rispetto a quanto prodotto dallo stabilimento in un settore che, sia pure dismesso formalmente al (omissis), continuava di fatto ad operare.
Da tale dato di fatto incontrovertibile ne deriva che il C. manteneva la sua posizione di garanzia rispetto alla tutela del reparto di lavoro di cui era responsabile in quanto questa posizione nè formalmente, nè di fatto mai era venuta meno, e che lo S., responsabile della sicurezza sino al momento del pensionamento avvenuto al (omissis), aveva tollerato che un reparto lavorasse in regime di estremo pericolo e durante il periodo successivo al pensionamento in cui in veste di consulente continuava nella direzione dello stabilimento sino al (omissis), epoca in cui il nuovo direttore si insediava, aveva continuato a tollerarne la lavorazione che continuava ad essere prestata sia pure saltuariamente e sia pure in un reparto apparentemente fantasma.
In questa situazione i giudici di merito traggono le conclusioni che entrambi i dirigenti non debbano rispondere di quanto occorso al lavoratore: questo tipo di ragionamento contrasta con i principi riguardanti la posizione di responsabilità dei soggetti preposti alla sicurezza che sono tenuti ad impedire che l'ambiente di lavoro sia fonte di infortuni a causa di mancata adozione di presidi che sono imposti da norme antinfortunistiche e di normale diligenza e prudenza e tali erano lo S. certamente sino al pensionamento ed il C. sino alla data del fatto.
Inoltre i giudici di merito hanno omesso di considerare la responsabilità che lo S., consulente esterno, continuava ad assumere per avere di fatto svolto le funzioni di direzione di uno stabilimento che conosceva molto bene per la precedente direzione, cosicchè allo stesso non poteva sfuggire che il reparto addetto alla linea LTI continuava di fatto a lavorare in una situazione di precarietà quanto alla sicurezza; situazione che egli non aveva impedito quando era in pieno servizio; nè la corte ha esaminato il dovere del C. di impartire disposizioni durante la sua assenza per la missione in Germania al fine di evitare incidenti nel reparto soppresso, ma di cui era ancora il responsabile anche formalmente perchè mai esonerato da tale compito, posto che la lavorazione continuava per portare a termine le ultime commesse.
Ciò premesso, la sentenza va annullata ai soli fini civili con rinvio per nuovo esame al giudice civile competente per valore in grado di appello, che deciderà anche in ordine alle spese sostenute dalle parti nel presente grado di giudizio
Così deciso in Roma, il 6 marzo 2007.
Depositato in Cancelleria il 17 aprile 2007