Responsabilità del legale rappresentante di un'impresa, condannato per più violazioni in materia di igiene del lavoro - In relazione a quanto disposto dal D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20, nel caso in cui la proroga ad un adempimento, tempestivamente richiesta, intervenga successivamente allo spirare del termine originariamente stabilito con il provvedimento che impartisce le prescrizioni, il nuovo termine, in mancanza di diversa espressa statuizione contenuta nel nuovo provvedimento, inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della scadenza originariamente disposta - Sussiste

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. Vitalone Claudio - Presidente -
Dott. De Maio Guido - Consigliere -
Dott. Marmo Margherita - Consigliere -
Dott. Sensini Maria Silvi - Consigliere -
Dott. Sarno Giulio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

S E N T E N Z A  /  O R D I N A N Z A

F a t t o   e   D i r i t t o
R.S. propone ricorso per Cassazione avverso la sentenza del tribunale di Milano con la quale veniva condannato alla pena per di Euro tremila di ammenda, con il beneficio della menzione, per il reato di cui agli articoli 81 cpv c.p., D.P.R. n. 303 del 1956, artt. 8, 9, e 58, comma 1 e 2, lett. a) per avere, nella sua qualità di legale rappresentante dell'impresa Russottfiance spa adibito a luogo di lavoro, nell'hotel (omissis), posti seminterrato adibiti a lavanderia, refettorio del personale, ufficio governante, ufficio economato, officina, magazzino e a sale riunioni senza la prescritta autorizzazione e per aver consentito il lavoro nei locali predetti nonostante fossero tutti privi di impianti di condizionamento.
Il ricorrente eccepisce:
1) violazione ed erronea implicazione degli articoli 161 e 178 c.p.c., lett. c), asserendo l'irregolare vocatio in ius dell'imputato in quanto l'atto contenente l'elezione di domicilio sarebbe stato redatto dalla polizia municipale a soli fini amministrativi;
2) violazione del D.Lgs. n. 758 del 1994, articoli 20 e ss., non potendo ritenersi spirato il termine assegnato per l'adempimento delle indiscrezioni imposte dalla ASL essendo tardivamente intervenuta la proroga del termine ritualmente richiesta;
3) violazione del D.Lgs. n. 758 del 1994, articolo 24 in quanto la sentenza impugnata non avrebbe tenuto conto dell'adempimento tardivo per l'applicazione dell'articolo 162 bis c.p..

M O T I V I   D E L L A   D E C I S I O N E

Il ricorso è infondato e va, pertanto, rigettato.
1. Per quanto concerne il primo motivo, si appalesa assolutamente infondato il rilievo secondo cui l'imputato non avrebbe mai eletto domicilio presso lo studio del difensore, risultando, invece, dall'esame degli atti - consentito in ragione della natura processuale della doglianza formulata - che l'imputato ha sottoscritto in data 12.11.2002, dinanzi alla Direzione della Polizia Municipale di Milano, il "verbale di identificazione e dichiarazione o elezione di domicilio - art. 349, 161 c.p.p. - Informazione sul diritto di difesa - art. 369 e 369 bis -" recante l'elezione di domicilio presso lo studio dell'avv.to Antonino Gavazzo.
2. Con il secondo motivo di ricorso il ricorrente eccepisce che, essendo stata autorizzata la proroga dell'adempimento - ritualmente richiesta - dopo la scadenza del termine originariamente stabilito, il nuovo termine concesso non poteva che decorrere dalla data del provvedimento di proroga e, di conseguenza, l'accertamento operato dal personale della ASL doveva considerarsi intervenuto prima dello spirare del termine complessivamente concesso.
La prospettazione indicata non può essere condivisa.
Il D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20, testualmente prevede, infatti, che "... quando specifiche circostanze non imputabili al contravventore determinano un ritardo nella regolarizzazione, il termine di sei mesi può essere prorogato per una sola volta, a richiesta del contravventore, per un tempo non superiore ad ulteriori sei mesi..".
Ciò posto osserva il Collegio che, poichè l'atto di proroga è, per sua natura, finalizzato ad estendere nel tempo gli effetti di un provvedimento preesistente, appare contraddittorio sostenere che il nuovo termine possa avere una decorrenza iniziale diversa da quella della scadenza del termine originariamente fissato.
Va aggiunto poi che, limitatamente al caso di specie, la soluzione indicata dal ricorrente si porrebbe anche in insanabile contrasto con la logica stessa della disposizione in esame che è quella di favorire la massima tempestività dell'approntamento delle misure necessarie per la sicurezza sui luoghi di lavoro;
interesse questo certamente preminente rispetto a qualsiasi altro, al punto da giustificare, come rilevato anche dalla Corte Costituzionale, persino la rinuncia all'esercizio dell'azione penale.
Vero è tuttavia che la proroga del termine fissato in un atto può essere accordata solo in pendenza del periodo di efficacia di esso, dovendosi altrimenti considerare l'atto di proroga come un nuovo provvedimento, che comporta la riproduzione del relativo procedimento.
Ma anche il riconoscimento dell'autonomia del provvedimento di proroga rispetto a quello principale, siccome intervenuto dopo la scadenza del termine, non implica comunque l'accoglimento della tesi del ricorrente.
Vale la pena, infatti, di richiamare sul punto l'orientamento della giurisprudenza amministrativa secondo cui, se è vero che la proroga di un termine scaduto, ove ne presenti tutti i requisiti e non sussistano altri ostacoli di carattere normativo, vale come rinnovazione dell'atto, quest'ultima (la rinnovazione, ndr), può certamente avere, nei limiti consentiti dall'ordinamento, efficacia retroattiva, in modo da saldarsi con il precedente provvedimento.
Nè, per le ragioni esposte, si può dubitare della legittimità e della conformità sistemica dell'effetto retroattivo del nuovo provvedimento.
E, dunque, in relazione a quanto disposto dal D.Lgs. n. 758 del 1994, art. 20, si deve concludere che, nel caso in cui la proroga, tempestivamente richiesta, intervenga successivamente allo spirare del termine originariamente stabilito con il provvedimento che impartisce le prescrizioni, il nuovo termine - in mancanza di diversa espressa statuizione contenuta nel nuovo provvedimento - inizia a decorrere dal giorno successivo a quello della scadenza originariamente disposta.
3. In relazione al terzo motivo non risulta mai formulata richiesta di oblazione ai sensi dell'art. 162 bis c.p., nè evidentemente la stessa può essere avanzata in questa sede.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 28 febbraio 2007.
Depositato in Cancelleria il 4 aprile 2007