Categoria: Cassazione penale
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Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2013, n. 2564 - Manutenzione di un pesante portone e mancata formazione


 

 

 

 

Responsabilità di un datore di lavoro per infortunio occorso ad un dipendente con mansioni di saldatore. L'operaio rimase schiacciato sotto una pesante porta metallica di chiusura della ditta (Omissis), alla cui parte inferiore era intento a saldare un profilo scatolare metallico onde raddrizzarlo e consentirne il più agevole scorrimento. Il portone, sollevato da un collega di lavoro dal binario scorrevole con una leva, all'improvviso subì uno spostamento, investendo il lavoratore, a cagione dell'azione di sollevamento esercitata dai due operai, privi di adeguata formazione professionale e delle necessarie informazione sui rischi insiti nell'operazione.

Condannato, ricorre in Cassazione - Rigetto.

"Il geom. (Omissis), tecnico dell'ASL, nel ricostruire la dinamica del sinistro, ha precisato che l'intervento di manutenzione del pesante portone non avrebbe dovuto eseguirsi sul posto, impiegando un sistema di leve del tutto precario per sollevarlo. Il portone avrebbe dovuto esser adeguatamente imbracato e sollevato a messo autogrù o di autocarro dotato di gru e quindi trasportato nella vicina officina per esser ivi sottoposto,una volta appoggiato su appositi cavalletti, al programmato intervento di manutenzione. Deve quindi conclusivamente affermarsi, in linea di principio, che, come correttamente rilevato dalla Corte distrettuale, alla violazione della specifica regola cautelare contestata all'imputato ha fatto seguito la produzione dell'evento lesivo (cd. causalità della colpa) e che, nel caso in cui volesse ipotizzarsi una concorrente negligenza od imperizia dello stesso lavoratore, cionondimeno, sussisterebbe la responsabilità del datore di lavoro giacchè l'osservanza della normativa antinfortunistica è finalizzata a prevenire anche condotte od omissioni colpose del dipendente - parte offesa."



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo G. - Presidente

Dott. FOTI Giacomo - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. MASSAFRA Umberto - Consigliere

Dott. VITELLI CASELLA Luc - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 373/2010 CORTE APPELLO di POTENZA, del 10/06/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/04/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Gialanella Antonio che ha concluso per il rigetto del ricorso.

Udito il difensore avv. (Omissis) del Foro di Potenza che chiede l'accoglimento del ricorso insistendo sui motivi del ricorso stesso.

 

Fatto



Con sentenza emessa in data 10 giugno 2011, la Corte d'appello di Potenza confermava la sentenza 15 gennaio 2009 del Tribunale di Potenza che aveva dichiarato (Omissis) responsabile del delitto di lesioni personali colpose gravi - con malattia superiore a giorni 40 e con indebolimento permanente dell'apparato della deambulazione - commesso con imprudenza, imperizia e negligenza oltrechè con violazione della normativa antinfortunistica di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 21 in (Omissis), in danno di (Omissis), dipendente dell'imputato con mansioni di saldatore. L'operaio, come accertato in punto di fatto, rimase schiacciato - riportando le suddette gravi lesioni - sotto una pesante porta metallica di chiusura della ditta (Omissis), alla cui parte inferiore era intento a saldare un profilo scatolare metallico onde raddrizzarlo e consentirne il più agevole scorrimento. Il portone, sollevato da un collega di lavoro dal binario scorrevole con una leva, all'improvviso subì uno spostamento, investendo il (Omissis), a cagione dell'azione di sollevamento esercitata dai due operai, privi di adeguata formazione professionale e delle necessarie informazione sui rischi insiti nell'operazione.

Propone ricorso per cassazione, per tramite del difensore, il (Omissis), deducendo un'unica censura, per contraddittorietà della motivazione in ordine alla valutazione delle risultanze probatorie e per difetto di motivazione quanto al diniego della richiesta di conversione della pena detentiva (a fronte dello stato di incensuratezza del prevenuto) che così può esser sintetizzata. La Corte distrettuale avrebbe erroneamente apprezzato le risultanze probatorie (ed in particolare le deposizioni dei testi (Omissis) e (Omissis)) che avevano dimostrato di essere entrambi perfettamente a conoscenza delle caratteristiche e delle modalità dell'intervento da eseguirsi sul portone, peraltro sotto la direzione dello stesso datore di lavoro che aveva sovrainteso alla predisposizione di un sistema di sicurezza atto ad impedirne la fuoriuscita dall'apposito binario.

Diritto


Il ricorso è infondato e deve quindi esser respinto con il conseguente onere del pagamento delle spese processuali a carico del ricorrente, ex articolo 616 cod. proc. pen..

La sentenza impugnata resiste alle critiche dedotte dal ricorrente in punto responsabilità, attesochè l'apparato motivazionale appare connotato da indubbia esaustività e coerenza con le risultanze emerse dall'istruttoria, sottoposte altresì a congruo, logico e conforme apprezzamento da entrambi i giudici di merito, di guisa da divenire insindacabile in sede di legittimità.

Deve quindi osservarsi che, a dimostrazione della sussistenza degli estremi di colpa specifica e generica contestati all'imputato, la Corte d'appello ha individuato, quali fonti di prova del proprio convincimento, le deposizioni rese dai lavoratori (Omissis) e (Omissis) (quest'ultimo,anche in veste di parte offesa) in punto alla mancata formazione professionale in generale e specificamente riferita all'intervento manutentivo del portone, mai prima d'allora eseguito dall'operaio saldatore, rimasto vittima del grave infortunio. Nè, ad onta della tesi sostenuta dalla difesa anche con i motivi d'appello, poteva dirsi idonea ad escludere tale profilo di colpa - al pari della generica violazione degli obblighi di prudenza, diligenza e perizia - l'acclarata presenza dell'imputato sul posto, fino a poco tempo prima del verificarsi dell'incidente. Erano invero risultate improprie ed inadeguate, agli effetti della informazione sui rischi specifici cui gli operai erano esposti e - quindi - ai fini della prevenzione da eventuali infortuni, le disposizioni e le direttive impartite, in quella stessa circostanza, dal datore di lavoro ai dipendenti quanto alle corrette modalità da seguire nell'esecuzione dell'intervento manutentivo.

Al riguardo il geom. (Omissis), tecnico dell'ASL, nel ricostruire la dinamica del sinistro, ha precisato che l'intervento di manutenzione del pesante portone non avrebbe dovuto eseguirsi sul posto, impiegando un sistema di leve del tutto precario per sollevarlo. Il portone avrebbe dovuto esser adeguatamente imbracato e sollevato a messo autogrù o di autocarro dotato di gru e quindi trasportato nella vicina officina per esser ivi sottoposto,una volta appoggiato su appositi cavalletti, al programmato intervento di manutenzione. Deve quindi conclusivamente affermarsi, in linea di principio, che, come correttamente rilevato dalla Corte distrettuale, alla violazione della specifica regola cautelare contestata all'imputato ha fatto seguito la produzione dell'evento lesivo (cd. causalità della colpa) e che, nel caso in cui volesse ipotizzarsi una concorrente negligenza od imperizia dello stesso lavoratore, cionondimeno, sussisterebbe la responsabilità del datore di lavoro giacchè l'osservanza della normativa antinfortunistica è finalizzata a prevenire anche condotte od omissioni colpose del dipendente - parte offesa.

Inammissibile è la doglianza relativa al difetto di motivazione in ordine alla mancata applicazione della conversione della pena detentiva in quella pecuniaria, Legge n. 689 del 1981, ex articolo 53. La Corte d'appello si è invero limitata a denegare qualsivoglia riduzione della pena della reclusione oltrechè la sua sostituzione, richiamando, ex articolo 133 cod. pen., "il grado della colpa e l'entità del danno cagionato alla parte offesa " ed invero del tutto esaustivamente attesochè a tanto l'imputato aveva fatto cenno nelle sole conclusioni dell'atto d'appello.

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.