Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2013, n. 2572 - Caduta da un'impalcatura priva dei necessari presidi di sicurezza e prescrizione del reato: utilizzabilità delle dichiarazioni di un ispettore dell'Asur


 

I giudici di merito hanno ritenuto l'utilizzabilità delle dichiarazioni del teste (Omissis) in quanto egli ha riferito quanto accertato nell'espletamento dell'attività di indagine svolta nella sua qualità di ispettore dell'ASUR in materia di lavoro, intervenuto sul luogo dell'infortunio per gli accertamenti, testimone quindi particolarmente esperto in materia infortunistica. Sul punto si è espressa la condivisibile giurisprudenza di questa Corte secondo cui il divieto di apprezzamenti personali del testimone non è riferibile ai fatti direttamente percepiti dallo stesso, al quale, a causa della speciale condizione di soggetto qualificato, per le conoscenze che gli derivano dalla sua abituale e specifica attività, non può essere precluso di esprimere apprezzamenti, se questi sono inscindibili dalla deposizione sui fatti stessi.




 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere

Dott. ESPOSITO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 191/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del 29/09/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/12/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aniello Roberto che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Udito il difensore avv. (ndr.: testo originale non comprensibile) (Omissis) del foro di Roma che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Fatto



(Omissis) è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Ancona per rispondere del reato di cui all'articolo 590 cod. pen., commi 2 e 3, perchè, in data 15.10.2004, essendo datore di lavoro dell'impresa edile " (Omissis) s.r.l.", cagionava lesioni a (Omissis), il quale cadeva da una impalcatura priva dei previsti mezzi di sicurezza, giudicate inizialmente con prognosi riservata fino al 5.11.2004 e successivamente con 60 giorni di prognosi.

Con sentenza del 21.05.09 il Tribunale di Ancona-sezione distaccata di Senigallia - in composizione monocratica aveva dichiarato (Omissis) colpevole del reato di cui sopra e delle contravvenzioni di cui all'articolo 77 lettera c) ed a) in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articoli 16 e 24 e lo aveva condannato, per le contravvenzioni, alla pena di mesi tre di arresto, per le lesioni colpose gravi alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con i doppi benefici, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile da quantificarsi in separata sede.

Avverso la decisione del Tribunale ha proposto appello il difensore dell'imputato. La Corte di Appello di Ancona, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 29.09.2011, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava non doversi procedere nei confronti di (Omissis) in ordine ai reati contravvenzionali per prescrizione e, per l'effetto, riduceva la pena in quella di mesi quattro di reclusione. Confermava nel resto.

Avverso la predetta sentenza il (Omissis), a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso in cassazione, chiedendone l'annullamento, e la censurava per i seguenti motivi:

1)inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d);

2)manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)).

Lamentava sul punto il ricorrente in questa sede, come già in sede di appello, che i giudici di merito avevano ritenuto la sua responsabilità, fondando il proprio convincimento, principalmente, sulle dichiarazioni rese dal teste del pubblico ministero, ispettore (Omissis), o, meglio, quasi aderendo in maniera acritica alle stesse. Il predetto teste infatti, oltre ad alcuni chiarimenti in merito all'attività da lui svolta, si sarebbe spinto a compiere, in sede dibattimentale, apprezzamenti e valutazioni, quanto alla dinamica dell'occorso, con riferimento a dichiarazioni di altri soggetti sentiti a sommarie informazioni nella fase delle indagini preliminari, sebbene egli non avesse assistito all'evento dannoso, assumendo in tal modo il ruolo di consulente tecnico del pubblico ministero. Tale prova, pertanto, ad avviso del ricorrente, sarebbe stata illegittimamente acquisita e quindi inutilizzabile e,pertanto, la sentenza impugnata, avendo avuto la testimonianza di cui sopra una efficacia determinante sul convincimento del giudice, doveva essere annullata.

2) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)) in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto corretta la motivazione della sentenza di primo grado, laddove aveva posto a fondamento della sua decisione le sommarie informazioni rese dalla persona offesa (Omissis) nella fase delle indagini preliminari, piuttosto che le dichiarazioni rese dal medesimo in sede dibattimentale senza rispondere alla precisa doglianza sul punto, formulata dalla difesa del ricorrente nei motivi di appello. Secondo il (Omissis) anche il filmato acquisito al fascicolo del dibattimento non aveva una efficacia determinante ai fini della dichiarazione della sua responsabilità, così come ritenuto nella sentenza impugnata, in quanto, dallo stesso, la presenza del (Omissis) sull'impalcatura, era solo intuibile ed, inoltre, la scala che sarebbe stata utilizzata dal lavoratore, non si trovava affatto sull'impalcatura, bensì accanto alla stessa.

Diritto



Osserva la Corte che, con riferimento al reato contestato al ricorrente previsto dall'articolo 590 co.2 e 3 c.p., commesso in data 15.10.2004, risulta decorso alla data odierna, tenuto conto anche dei periodi di sospensione, il termine massimo di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei.

Non emergono infatti elementi che rendono evidente che il fatto non sussiste, o che l'imputato non lo ha commesso, o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato.

Perchè possa applicarsi infatti la norma di cui all'articolo 129 cpv cod. proc. pen., che impone il proscioglimento nel merito in presenza di una causa di estinzione del reato, è necessario che risulti evidente dagli atti processuali la prova dell'insussistenza del fatto, o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato. Il sindacato della Corte di Cassazione in presenza di una causa estintiva del reato, deve limitarsi ad accertare se una delle ipotesi di cui all'articolo 129 cpv cod. proc. pen. ricorra in maniera evidente in base alla situazione di fatto risultante dalla stessa sentenza impugnata, senza che possa estendersi ad una critica del materiale probatorio acquisito al processo, ciò implicando indagini e valutazioni di fatto che esulano dai compiti costituzionali della Corte.

"In tema di declaratoria di causa di non punibilità nel merito, rispetto a causa estintiva del reato, il concetto di "evidenza" presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva, che ogni manifestazione appaia superflua, concretizzandosi, cosi, in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato" (Cass. Sez. 4 sent. N. 12724 del 28.10.1988).

Tanto premesso, nella fattispecie che ci occupa, devono invece essere confermate le statuizioni civili in quanto i proposti motivi di ricorso non sono fondati.

Per quanto attiene al primo motivo infatti i giudici di merito hanno ritenuto l'utilizzabilità delle dichiarazioni del teste (Omissis) in quanto egli ha riferito quanto accertato nell'espletamento dell'attività di indagine svolta nella sua qualità di ispettore dell'ASUR in materia di lavoro, intervenuto sul luogo dell'infortunio per gli accertamenti, testimone quindi particolarmente esperto in materia infortunistica. Sul punto si è espressa la condivisibile giurisprudenza di questa Corte (cfr, tra le altre, Cass., Sez. 2, Sent. n 44326 dell'11.11.2010, Rv. 249180) secondo cui il divieto di apprezzamenti personali del testimone non è riferibile ai fatti direttamente percepiti dallo stesso, al quale, a causa della speciale condizione di soggetto qualificato, per le conoscenze che gli derivano dalla sua abituale e specifica attività, non può essere precluso di esprimere apprezzamenti, se questi sono inscindibili dalla deposizione sui fatti stessi.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, avendo la Corte territoriale indicato dettagliatamente le ragioni per cui ha ritenuto attendibili le prime dichiarazioni rese dalla persona offesa (Omissis) nella fase delle indagini preliminari, che concordano con quanto risultante dalla visione del filmato acquisito agli atti, piuttosto che le divergenti valutazioni da lui rese in dibattimento, ritenendo che la persona offesa fosse verosimilmente condizionata dal rapporto di dipendenza con l'imputato e quindi dalla volontà di non danneggiarlo processualmente.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio ai fini penali per essere il reato estinto per prescrizione il ricorso deve essere invece rigettato ai fini civili.

P.Q.M.



Annulla senza rinvio ai fini penali la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Rigetta il ricorso ai fini civili.

Corte di Cassazione, Sezione 4 penale

Sentenza 17 gennaio 2013, n. 2572



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BRUSCO Carlo Giuseppe - Presidente

Dott. ROMIS Vincenzo - Consigliere

Dott. D'ISA Claudio - Consigliere

Dott. MARINELLI Felicetta - rel. Consigliere

Dott. ESPOSITO Antonio - Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

1) (Omissis) N. IL (Omissis);

avverso la sentenza n. 191/2010 CORTE APPELLO di ANCONA, del 29/09/2011;

visti gli atti, la sentenza e il ricorso;

udita in PUBBLICA UDIENZA del 13/12/2012 la relazione fatta dal Consigliere Dott. FELICETTA MARINELLI;

Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. Aniello Roberto che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

Udito il difensore avv. (ndr.: testo originale non comprensibile) (Omissis) del foro di Roma che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

Fatto



(Omissis) è stato tratto a giudizio davanti al Tribunale di Ancona per rispondere del reato di cui all'articolo 590 cod. pen., commi 2 e 3, perchè, in data 15.10.2004, essendo datore di lavoro dell'impresa edile " (Omissis) s.r.l.", cagionava lesioni a (Omissis), il quale cadeva da una impalcatura priva dei previsti mezzi di sicurezza, giudicate inizialmente con prognosi riservata fino al 5.11.2004 e successivamente con 60 giorni di prognosi.

Con sentenza del 21.05.09 il Tribunale di Ancona-sezione distaccata di Senigallia - in composizione monocratica aveva dichiarato (Omissis) colpevole del reato di cui sopra e delle contravvenzioni di cui all'articolo 77 lettera c) ed a) in relazione al Decreto del Presidente della Repubblica n. 164 del 1956, articoli 16 e 24 e lo aveva condannato, per le contravvenzioni, alla pena di mesi tre di arresto, per le lesioni colpose gravi alla pena di mesi quattro di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali, con i doppi benefici, oltre al risarcimento del danno in favore della costituita parte civile da quantificarsi in separata sede.

Avverso la decisione del Tribunale ha proposto appello il difensore dell'imputato. La Corte di Appello di Ancona, con la sentenza oggetto del presente ricorso emessa in data 29.09.2011, in parziale riforma della sentenza impugnata, dichiarava non doversi procedere nei confronti di (Omissis) in ordine ai reati contravvenzionali per prescrizione e, per l'effetto, riduceva la pena in quella di mesi quattro di reclusione. Confermava nel resto.

Avverso la predetta sentenza il (Omissis), a mezzo del suo difensore, proponeva ricorso in cassazione, chiedendone l'annullamento, e la censurava per i seguenti motivi:

1)inosservanza delle norme processuali stabilite a pena di inutilizzabilità (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera d);

manifesta contraddittorietà ed illogicità della motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)).

Lamentava sul punto il ricorrente in questa sede, come già in sede di appello, che i giudici di merito avevano ritenuto la sua responsabilità, fondando il proprio convincimento, principalmente, sulle dichiarazioni rese dal teste del pubblico ministero, ispettore (Omissis), o, meglio, quasi aderendo in maniera acritica alle stesse. Il predetto teste infatti, oltre ad alcuni chiarimenti in merito all'attività da lui svolta, si sarebbe spinto a compiere, in sede dibattimentale, apprezzamenti e valutazioni, quanto alla dinamica dell'occorso, con riferimento a dichiarazioni di altri soggetti sentiti a sommarie informazioni nella fase delle indagini preliminari, sebbene egli non avesse assistito all'evento dannoso, assumendo in tal modo il ruolo di consulente tecnico del pubblico ministero. Tale prova, pertanto, ad avviso del ricorrente, sarebbe stata illegittimamente acquisita e quindi inutilizzabile e,pertanto, la sentenza impugnata, avendo avuto la testimonianza di cui sopra una efficacia determinante sul convincimento del giudice, doveva essere annullata.

2) Mancanza e manifesta illogicità della motivazione (articolo 606 c.p.p., comma 1, lettera e)) in quanto la Corte territoriale avrebbe erroneamente ritenuto corretta la motivazione della sentenza di primo grado, laddove aveva posto a fondamento della sua decisione le sommarie informazioni rese dalla persona offesa (Omissis) nella fase delle indagini preliminari, piuttosto che le dichiarazioni rese dal medesimo in sede dibattimentale senza rispondere alla precisa doglianza sul punto, formulata dalla difesa del ricorrente nei motivi di appello. Secondo il (Omissis) anche il filmato acquisito al fascicolo del dibattimento non aveva una efficacia determinante ai fini della dichiarazione della sua responsabilità, così come ritenuto nella sentenza impugnata, in quanto, dallo stesso, la presenza del (Omissis) sull'impalcatura, era solo intuibile ed, inoltre, la scala che sarebbe stata utilizzata dal lavoratore, non si trovava affatto sull'impalcatura, bensì accanto alla stessa.

Diritto



Osserva la Corte che, con riferimento al reato contestato al ricorrente previsto dall'articolo 590 co.2 e 3 c.p., commesso in data 15.10.2004, risulta decorso alla data odierna, tenuto conto anche dei periodi di sospensione, il termine massimo di prescrizione pari ad anni sette e mesi sei.

Non emergono infatti elementi che rendono evidente che il fatto non sussiste, o che l'imputato non lo ha commesso, o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato.

Perchè possa applicarsi infatti la norma di cui all'articolo 129 cpv cod. proc. pen., che impone il proscioglimento nel merito in presenza di una causa di estinzione del reato, è necessario che risulti evidente dagli atti processuali la prova dell'insussistenza del fatto, o che l'imputato non lo ha commesso o che il fatto non è preveduto dalla legge come reato. Il sindacato della Corte di Cassazione in presenza di una causa estintiva del reato, deve limitarsi ad accertare se una delle ipotesi di cui all'articolo 129 cpv cod. proc. pen. ricorra in maniera evidente in base alla situazione di fatto risultante dalla stessa sentenza impugnata, senza che possa estendersi ad una critica del materiale probatorio acquisito al processo, ciò implicando indagini e valutazioni di fatto che esulano dai compiti costituzionali della Corte.

"In tema di declaratoria di causa di non punibilità nel merito, rispetto a causa estintiva del reato, il concetto di "evidenza" presuppone la manifestazione di una verità processuale così chiara, manifesta ed obiettiva, che ogni manifestazione appaia superflua, concretizzandosi, cosi, in qualcosa di più di quanto la legge richieda per l'assoluzione ampia, oltre la correlazione ad un accertamento immediato" (Cass. Sez. 4 sent. N. 12724 del 28.10.1988).

Tanto premesso, nella fattispecie che ci occupa, devono invece essere confermate le statuizioni civili in quanto i proposti motivi di ricorso non sono fondati.

Per quanto attiene al primo motivo infatti i giudici di merito hanno ritenuto l'utilizzabilità delle dichiarazioni del teste (Omissis) in quanto egli ha riferito quanto accertato nell'espletamento dell'attività di indagine svolta nella sua qualità di ispettore dell'ASUR in materia di lavoro, intervenuto sul luogo dell'infortunio per gli accertamenti, testimone quindi particolarmente esperto in materia infortunistica. Sul punto si è espressa la condivisibile giurisprudenza di questa Corte (cfr, tra le altre, Cass., Sez. 2, Sent. n 44326 dell'11.11.2010, Rv. 249180) secondo cui il divieto di apprezzamenti personali del testimone non è riferibile ai fatti direttamente percepiti dallo stesso, al quale, a causa della speciale condizione di soggetto qualificato, per le conoscenze che gli derivano dalla sua abituale e specifica attività, non può essere precluso di esprimere apprezzamenti, se questi sono inscindibili dalla deposizione sui fatti stessi.

Anche il secondo motivo di ricorso è infondato, avendo la Corte territoriale indicato dettagliatamente le ragioni per cui ha ritenuto attendibili le prime dichiarazioni rese dalla persona offesa (Omissis) nella fase delle indagini preliminari, che concordano con quanto risultante dalla visione del filmato acquisito agli atti, piuttosto che le divergenti valutazioni da lui rese in dibattimento, ritenendo che la persona offesa fosse verosimilmente condizionata dal rapporto di dipendenza con l'imputato e quindi dalla volontà di non danneggiarlo processualmente.

La sentenza impugnata deve essere pertanto annullata senza rinvio ai fini penali per essere il reato estinto per prescrizione il ricorso deve essere invece rigettato ai fini civili.

P.Q.M.



Annulla senza rinvio ai fini penali la sentenza impugnata perchè il reato è estinto per prescrizione.

Rigetta il ricorso ai fini civili.