Categoria: Cassazione civile
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Cassazione Civile, Sez. Lav., 25 marzo 2013, n. 7400 - Lavori agricoli e infortunio: responsabilità di un datore di lavoro


 

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico - Presidente

Dott. STILE Paolo - Consigliere

Dott. LA TERZA Maura - Consigliere

Dott. AMOROSO Giovanni - Consigliere

Dott. MAMMONE Giovanni - rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso 2291-2009 proposto da:

*** ***, già elettivamente domiciliato in ***, presso lo studio dell'avvocato ***, rappresentato e difeso dall'avvocato ***, giusta delega in atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;



- ricorrente - contro

*** ***;



- intimato -



Nonché da:



*** ***, elettivamente domiciliato in ***, presso lo studio dell'avvocato ***, rappresentato e difeso dall'avvocato ***, giusta delega in atti;



- controricorrente e ricorrente incidentale - contro

*** ***, già elettivamente domiciliato in ***, presso lo studio dell'avvocato ***, rappresentato e difeso dall'avvocato ***,

giusta delega in atti e da ultimo domiciliato presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;



- controricorrente al ricorso incidentale -

avverso la sentenza n. 407/2007 della CORTE D'APPELLO di CAMPOBASSO, depositata il 25/01/2008 r.g.n. 322/05;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 12/02/2013 dal Consigliere Dott. GIOVANNI MAMMONE;

udito l'Avvocato ***;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. CORASANITI Giuseppe, che ha concluso per il rigetto del principale e accoglimento dell'incidentale.



Fatto





1.- Con ricorso al Giudice del lavoro di Campobasso, ***, premesso che in data *** aveva subito un infortunio sul lavoro mentre era addetto a lavori agricoli alle dipendenze di *** e che aveva riportato lesioni personali da cui era residuata inabilità parziale del 35%, chiedeva la condanna di detto datore al risarcimento del danno biologico (all'epoca non riconosciuto dall'INAIL). Costituitosi il *** e chiamato in causa il suo assicuratore *** a titolo di garanzia, il Tribunale condannava il datore di lavoro a risarcire il danno nella misura di euro 82.432,00 e rigettava la domanda di garanzia.

2.- Proposto appello dal ***, la Corte d'appello di Campobasso con sentenza del 25.01.08 accoglieva parzialmente l'impugnazione, ravvisando il concorso di colpa dell'infortunato del 50%, e riduceva in pari misura la soccombenza dell'appellante.

3.- La Corte, ricostruite le modalità dell'incidente, rilevava che l'infortunato, intento ai lavori di trebbiatura, per verificare la qualità del grano, aveva aperto uno sportello laterale della macchina trebbiatrice. L'incidente era dovuto alla mancanza della rete di protezione del meccanismo operatore e, allo stesso tempo, dell'imprudenza del lavoratore, il quale, invece di attendere che i semi del cereale schizzassero direttamente dallo sportello, aveva imprudentemente inserito la mano destra (o quantomeno le dita) all'interno dello stesso per attingere il prodotto ed era rimasto mutilato del dito pollice.

4.- Avverso questa sentenza propone ricorso per cassazione datore di lavoro ***. Risponde il lavoratore di *** con controricorso e ricorso incidentale.


Diritto




5.- Il controricorrente preliminarmente deduce la nullità della procura speciale di parte ricorrente, assumendo che dal suo testo non sarebbe desumibile la volontà del *** di conferire al suo difensore l'incarico defensionale. Dal contesto della procura, posta a margine del ricorso per cassazione, tuttavia emerge chiara la volontà del ricorrente principale di nominare proprio difensore l'Avv. ***, sottoscrittore del ricorso, il che rende infondata l'eccezione di nullità.

6.- Analogamente è infondata l'eccezione di inammissibilità del ricorso proposta dallo stesso controricorrente per una pretesa carente formulazione dei motivi e per l'insufficienza dei quesiti proposti ex articolo 366 bis c.p.c. La formulazione dei motivi e dei quesiti è sufficientemente chiara; degli stessi il Collegio enuclea la sintesi di seguito indicata (v. n. 8).

7.- Sono, invece, del tutto irrilevanti le doglianze dello stesso controricorrente circa le modalità di comunicazione della sentenza impugnata alla parte appellata, non essendo le stesse oggetto di uno specifico motivo di impugnazione.

8.- Tanto premesso e riuniti i ricorsi ai sensi dell'articolo 335 c.p.c., i motivi del ricorrente principale possono riassumersi come segue.

8.1.- Primo e secondo motivo: violazione del Decreto del Presidente della Repubblica 29 aprile 1955, n. 547, articoli 4 e 115 e dell'articolo 2087 c.c., nonché carenza di motivazione e violazione dell'articolo 2697 c.c. Il giudice ha ritenuto la responsabilità del datore per l'inosservanza dell'obbligo di adottare le misure di sicurezza previste nell'uso delle macchine, di rendere edotti i lavoratori dei rischi e di imporre agli stessi l'uso dei mezzi di protezione (articolo 4) e dell'obbligo di dotare i macchinali di dispositivi idonei ad evitare il contatto delle mani o di altre parti del corpo con le parti mobili del meccanismo stesso (Decreto del Presidente della Repubblica n. 547, articolo 115), senza considerare che al riguardo, per il tipo di macchinario in uso, non esiste alcuna norma esplicita. In ogni caso, quando è entrato nella specificità dell'evento, il giudice non ha considerato che lo sportello in questione costituiva esso stesso un dispositivo di sicurezza, ed ha indicato come necessario un requisito (la rete protettiva) tecnicamente impraticabile e non ha preso in considerazione che volontariamente il lavoratore non aveva utilizzato i guanti protettivi, costituenti dispositivo di sicurezza individuale.

8.2.- Terzo e quarto motivo: violazione degli articoli 1227, 2087 e 2697 c.c., nonché carenza di motivazione. Il comportamento del lavoratore era stato tanto anomalo ed imprevedibile da assurgere a causa esclusiva dell'evento, di modo che la condotta del datore (ove anche caratterizzata da colpa) risultò priva del carattere dell'efficienza rispetto alla verificazione dell'evento. Il giudice avrebbe dovuto considerare che il lavoratore aveva posto in essere un comportamento stravagante in riferimento alle specifiche mansioni assegnate.

9.- Il lavoratore, ricorrente incidentale, deduce due motivi.

9.1.- Primo motivo: violazione dell'articolo 415 c.p.c., comma 2, e carenza di motivazione, non avendo il giudice dichiarato l'improcedibilità dell'appello in ragione della violazione del termine di notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell'udienza indicati dalla norma (dieci giorni dalla emissione del decreto).

9.2.- Secondo motivo: carenza di motivazione e violazione dell'articolo 416 c.p.c., comma 2, sostenendosi che la circostanza affermata dal giudice, che l'infortunato introdusse la mano nel vano dello sportello della mietitrice, non emergerebbe da nessun riscontro processuale, ma sarebbe solo frutto di una argomentazione dell'appellante ***.

10.- Per evidente consequenzialità logica deve essere esaminato preliminarmente il primo motivo del ricorso incidentale, con cui si lamenta l'omesso esame dell'eccezione di improcedibilità dell'appello in ragione della notifica dello stesso e del pedissequo decreto di fissazione dell'udienza oltre il termine di dieci giorni previsto dall'articolo 435 c.p.c., comma 2, (dieci giorni successivi al deposito del decreto).

La giurisprudenza di questa Sezione ritiene che detto termine abbia carattere ordinatorio e che la sua inosservanza non produca conseguenze pregiudizievoli per la parte, dato che non incide su alcun interesse di ordine pubblico processuale o su di un interesse dell'appellato, a condizione che sia rispettato il termine di comparizione che per il medesimo articolo 435 c.p.c., commi 3 - 4, deve intercorrere tra la notifica dell'appello e l'udienza di discussione (v., tra le altre, Cass. 30.12.10 n. 26489 e 15.10.10 n. 21358).

Parte ricorrente, pur ribadendo con convinzione il carattere ordinatorio del termine, intende far derivare dalla sua violazione la decadenza dall'impugnazione e la nullità del relativo giudizio. Si tratta con tutta evidenza di affermazioni errate e comunque contraddittorie, in quanto per giungersi a detta conclusione avrebbe dovuto affermarsi la natura perentoria del termine, in conformità di altro orientamento giurisprudenziale, non condiviso da questo Collegio e derivante da un obiter dictum di S.u. 30.07.08 n. 20604, che tuttavia neppure è richiamato dal ricorrente incidentale.

Il motivo è, pertanto, infondato.

In ogni caso deve qui rilevarsi che, pur avendo il giudice omesso di pronunziare sull'eccezione di improcedibilità, risultando nella specie concesso il termine di comparizione, deve ritenersi correttamente instaurato il giudizio di appello.

11.- Procedendo all'esame dei due primi motivi del ricorso principale in unico contesto, deve rilevarsi che la responsabilità dell'imprenditore delineata dall'articolo 2087 c.c. è diretta a sanzionare l'omessa predisposizione da parte del datore di lavoro di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto del concreto tipo di lavorazione e del connesso rischio. Tale norma, come noto, avendo carattere di norma di chiusura del sistema antinfortunistico, non è circoscritta alla violazione di regole d'esperienza o di regole tecniche preesistenti e collaudate, ma deve ritenersi volta a sanzionare, anche alla luce delle garanzie costituzionali del lavoratore, l'omessa predisposizione di tutte quelle misure e cautele atte a preservare l'integrità psicofisica e la salute del lavoratore nel luogo di lavoro, tenuto conto della concreta realtà aziendale e della maggiore o minore possibilità di venire a conoscenza e di indagare sull'esistenza di fattori di rischio in un determinato momento storico (v., tra le tante, Cass. 23.09.10 n. 20142,1.02.08 n. 2491e 14.01.05 n. 644).

Nel caso di specie il giudice di merito ha individuato l'omissione del datore nella violazione di due disposizioni antinfortunistiche indicate dal Decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1955, n. 547, articolo 4, lettera c) (obbligo di esigere il rispetto delle norme di sicurezza e dei mezzi di protezione), e l'articolo 115 (obbligo di munire le presse, le trance e le macchine simili di ripari e dispositivi atti ad evitare che le mani o altre parti del corpo dei lavoratori siano offese da parti mobili della macchina in funzione). Parte ricorrente ha contestato tale accertamento di responsabilità solo con considerazioni di fatto, del tutto incongrue sul piano logico e comunque inidonee a contrastare la logicità della motivazione fornita dal giudice a proposito della necessità del dispositivo previsto dall'articolo 115 e della sua idoneità ad evitare l'infortunio.

12.- Passando al terzo ed al quarto motivo del ricorso principale, da trattare in unico contesto con il secondo motivo del ricorso incidentale, deve rilevarsi che la responsabilità del datore di lavoro di cui all'articolo 2087 è di natura contrattuale, per cui, ai fini del relativo accertamento, sul lavoratore che lamenti di aver subito a causa dell'attività lavorativa svolta un danno alla salute, incombe l'onere di provare l'esistenza del danno e la nocività dell'ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l'uno e l'altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro - una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze - l'onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno, ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (giurisprudenza costante, v. da ultimo Cass. 17.02.09 n. 3788).

Quanto all'incidenza del rapporto di causalità, nel caso di specie trova applicazione la regola dell'articolo 41 c.p., per la quale il rapporto causale tra evento e danno è governato dal principio dell'equivalenza delle condizioni, principio secondo il quale va riconosciuta l'efficienza causale ad ogni antecedente che abbia contribuito, anche in maniera indiretta e remota, alla produzione dell'evento, salvo il temperamento previsto nello stesso articolo 41 c.p., in forza del quale il nesso eziologico è interrotto dalla sopravvenienza di un fattore sufficiente da solo a produrre l'evento, tale da far degradare le cause antecedenti a semplici occasioni (Cass. 9.09.05 n. 17959).

Circa la partecipazione del lavoratore alla causazione dell'evento, deve rilevarsi che le norme sulla prevenzione degli infortuni, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione, ma anche da quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso. Il datore di lavoro è, pertanto, responsabile dell'infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente. In particolare non assume effetto esimente il concorso di colpa del lavoratore, la cui condotta comporta, invece, l'esonero totale da responsabilità quando presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza, necessariamente riferiti al procedimento lavorativo "tipico" ed alle direttive ricevute, così da porsi come causa esclusiva dell'evento (v. per tutte Cass. 10.09.09 n. 19494).

Circa il comportamento tenuto dal lavoratore deve disattendersi il secondo motivo del ricorso incidentale, in cui si sostiene che non risulterebbe agli atti la circostanza che il *** introdusse la mano nel vano dello sportello laterale della mietitrice, in quanto il giudice avrebbe male interpretato la testimonianza del teste *** resa a verbale del ***. Nella realtà la Corte d'appello dalle dette dichiarazioni trae la conclusione che il lavoratore attuò la manovra pericolosa "introducendo la mano o almeno le dita" nel vano aperto dello sportello, così assegnando una rappresentazione dell'infortunio meccanicamente credibile e logicamente articolata sul piano eziologico.

13.- Sulla base di queste considerazioni, deve rilevarsi che la Corte d'appello abbia fatto corretta applicazione dei principi in materia di causalità ed abbia congruamente individuato il comportamento concausale del lavoratore. Sono pertanto da disattendere i motivi terzo e quarto del ricorso principale ed il motivo secondo dell'incidentale.

14.- In conclusione entrambi i ricorsi sono infondati e debbono essere rigettati, con compensazione delle spese del giudizio di legittimità.



P.Q.M.





La Corte riunisce i ricorsi e li rigetta, compensando tra le parti le spese del giudizio di legittimità.