Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
Visite: 4358

SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 12 marzo 2012

Audizioni svolte presso prefettura di Perugia

Presidenza del presidente TOFANI

Audizione del prefetto di Perugia
Audizione del presidente della Regione Umbria, degli assessori alla salute e alle politiche del lavoro e del dirigente del servizio di prevenzione della direzione regionale della salute
Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Perugia
Audizione del direttore regionale del lavoro e del direttore regionale dell’INAIL
Audizione del comandante della legione Carabinieri Umbria e del direttore regionale dei Vigili del fuoco
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole


Audizione del prefetto di Perugia

Interviene il prefetto di Perugia, dottor Enrico Laudanna.

PRESIDENTE
Rivolgo il benvenuto al prefetto di Perugia, dottor Enrico Laudanna. Vorremmo conoscere le sue riflessioni su un tema importante e delicato quale quello legato alla sicurezza e alla salute sui luoghi di lavoro.
Prima di cederle la parola, desidero ringraziarla per la disponibilità e il sostegno che lei, la struttura e i funzionari della prefettura di Perugia avete voluto accordarci nell’organizzazione di questa missione.
Cedo quindi la parola al dottor Laudanna.

LAUDANNA
Signor Presidente, sono io che ringrazio voi per l’onore che ci fate di essere in questa sede e per l’opportunità che ci offrite di poter svolgere le nostre riflessioni su un tema così pregnante come quello degli infortuni sul lavoro.
Come verrà meglio precisato dai singoli convocati, su un piano di sintesi generale delle problematiche che riguardano questa Provincia è il caso di prendere le mosse, a mio parere, da due connotazioni peculiari, estendendo per analogia alcune considerazioni alla Provincia di Terni, laddove assimilabile a quella di Perugia. Mi riferisco all’elevato livello di sensibilità del contesto sociale, storicamente molto attento ai profili che riguardano la sicurezza, in particolare la sicurezza e la dignità del lavoro. Sono in controcanto presenti in questa Provincia delle criticità per talune connotazioni del tessuto economico e produttivo locale.
Per esempio, le aziende sono largamente di piccole dimensioni e in quanto tali hanno dei presidi di sicurezza meno rigorosi. Un altro fattore di criticità endemico è costituito dal ricorso piuttosto esteso alle esternalizzazioni e agli appalti endoaziendali. Si tratta anche in questo caso di fenomenologie che connotano e condizionano la risposta in tema di sicurezza e di contrasto agli infortuni.
Il settore edile, seppur attualmente in contrazione, è tuttavia particolarmente trainante. Si deve tener presente che i dati stabilizzati fanno riferimento al 2008, come peraltro quasi tutti i dati che riguardano le fenomenologie del nostro Paese; siamo quindi in un’epoca in cui la ricostruzione susseguente al terremoto ha ulteriormente incrementato il settore edile.
Ci siamo però procurati dati aggiornati a cui ci atteniamo. I dati stabilizzati sono utili per le statistiche; i dati aggiornati servono al prefetto per seguire in tempo reale l’andamento del tessuto sociale e della collettività che gli è affidata nel suo cammino di progresso. C’è anche qui una sacca di lavoro nero che è «fisiologica» in quanto sempre presente nel sistema produttivo del nostro Paese e che rappresenta una fonte di rischio. Come però vedremo tale sacca viene combattuta e indagata con grande attenzione dagli organi preposti. Mi riferisco non soltanto alle forze di polizia sul piano della repressione e delle fenomenologie di sicurezza, ma anche ad altri organismi, quali l’INAIL, gli ispettorati del lavoro et similia, con un coordinamento della prefettura attraverso la conferenza permanente, che hanno la possibilità di monitorare i profili del fenomeno.
In generale, nel 2011 si è registrato un calo dei fenomeni infortunistici rispetto al 2010, soprattutto se si considerano gli infortuni avvenuti in occasione di lavoro e cioè non quelli in itinere, ma quelli che si svolgono più propriamente sul luogo di lavoro. Vorrei qui aprire una brevissima parentesi per evidenziare che l’individuazione della fenomenologia è difficile, complessa e molto articolata. Molti incidenti sul lavoro hanno infatti esiti successivi al verificarsi dell’evento e, quindi, per disporre di dati aggiornati occorre introdurre una serie di correttivi che tengano conto del nesso di causalità che deve essere riservato alle conseguenze, anche a medio termine, degli incidenti che avvengono sul lavoro.
Il dato generale, nel raffronto degli anni 2010-2011, registra comunque un calo di circa il 10,4 per cento, ma un aumento degli incidenti mortali. Nel 2011 c’è stato un aumento da 16 a 18 degli incidenti mortali, equivalente in termini percentuali al 12 per cento circa.
Il trend delle malattie professionali, in linea con il dato nazionale, ha registrato un aumento. Secondo alcune analisi svolte dall’INAIL e dagli uffici del lavoro, potrebbe anche rinvenirsi una spiegazione nell’aumentata sensibilizzazione ed informazione degli interessati. Ci sono quindi molti correttivi da introdurre per leggere i dati, in quanto il dato non ha sempre e necessariamente la stessa base e non nasce sempre e necessariamente nello stesso contesto. Tuttavia, l’evoluzione dell’informazione e delle dinamiche del mondo del lavoro portano a cifre che vanno poi interpretate opportunamente.
Per quanto riguarda l’indice regionale di frequenza infortunistica, l’Umbria si colloca ad un livello molto alto; è infatti al top dell’incidenza regionale di frequenza infortunistica, anche se registra una diminuzione rispetto al periodo di osservazione precedente. In questo caso dobbiamo rigorosamente basarci sui dati stabilizzati e, quindi, stiamo parlando del 2008. Quando disporremo di dati più adeguati, potremo probabilmente fare delle riflessioni diverse. Si tratta comunque di un tetto preoccupante per quanto riguarda la frequenza in generale.

PRESIDENTE
Vorrei rilevare che noi disponiamo di dati consolidati che arrivano fino al 2010 e non al 2008. Questo fenomeno, così come lei correttamente lo ha descritto, lo riscontriamo proprio dai dati INAIL. Eventuali fenomeni sommersi non siamo in grado di rilevarli dai dati che ci vengono forniti.
C’è un decremento costante, ad eccezione però di quest’ultimo anno, nel quale, come lei giustamente ha ricordato, il numero dei decessi riprende a salire con un dato parziale ufficioso, dal momento che, come lei certamente sa, l’INAIL prima di luglio non conferma i propri dati relativi all’anno precedente.
Questa Commissione ha già avuto modo di conoscere l’Umbria per la vicenda di Campello sul Clitunno. Lei era già prefetto?

LAUDANNA
No.

PRESIDENTE
Anche per quanto riguarda gli incidenti mortali relativi al periodo 2006-2010, per i quali disponiamo dei dati consolidati dell’INAIL, si parte da 27 morti nel 2006 per arrivare a 16 nel 2010. Lo stesso vale per gli infortuni, che passano da 18.836 nel 2006 a 14.881 nel 2010 e, ufficiosamente, a 13.332 nel 2011.
Inoltre, dai dati ISTAT non abbiamo una diminuzione di disoccupati, ma un incremento del 3,1 per cento degli occupati. Dico questo perché ricordo quando l’Umbria si collocava al top delle percentuali relative agli infortuni. Si tratta quindi di un dato elevato – condivido le sue parole – che però segnala al tempo stesso una tendenza alla riduzione, seppur con un’inversione nel 2011 per quanto riguarda le morti.

LAUDANNA
Per quanto riguarda il quadro di carattere generale, vorrei aggiungere che comunque la Regione, che in questo territorio è particolarmente attiva, ha curato, secondo la normativa vigente, sia l’attivazione del comitato regionale, cui ovviamente prende parte anche un rappresentante della prefettura, sia soprattutto il profilo della formazione. Attraverso il comitato ed una serie di iniziative è stato adottato un piano straordinario di formazione, che viene a giusto titolo considerata uno dei capisaldi della lotta agli infortuni. Vengono altresì realizzati specifici protocolli d’intesa tra i quali alcuni relativi ad una realizzazione infrastrutturale molto importante, che riguarda e riguarderà soprattutto questo territorio; mi riferisco al cosiddetto Quadrilatero Marche-Umbria, che richiede un approfondimento e strumenti più mirati al fine di evitare conseguenze sulla salute dei lavoratori. Dal 2006 è inoltre operativo presso la Regione Umbria un osservatorio regionale sugli infortuni e le malattie professionali che monitorizza, acquisisce, elabora ed analizza i dati relativi all’infortunistica e alle malattie per trarne poi valutazioni in chiave operativa.
Gli uffici territoriali del Ministero del lavoro dal canto loro, per quanto risulta alla prefettura nell’ambito del coordinamento generale delle attività degli uffici della pubblica amministrazione nella Provincia, dopo la tragedia di Campello sul Clitunno hanno particolarmente privilegiato l’analisi dei cosiddetti luoghi confinati, come i silos e le cisterne, che sono frequenti in questa zona e danno luogo a specifiche criticità in cui affonda le radici anche l’evento tragico che ho ricordato.
Le direzioni del lavoro sono solerti nell’adottare provvedimenti di sospensione. Nel 2011 mi risultano, come dato acquisito in prefettura, 120 provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale, concentrati prevalentemente nel settore terziario e dei servizi.
Sull’altro fronte l’INAIL, con la nascita del polo della salute e della sicurezza attraverso cui ha incorporato l’ISPESL e l’IPSEMA, ha potenziato l’attività di ricerca e concorre a sua volta in modo efficace al momento di raffronto e di coordinamento della problematica.
Vorrei in ultimo sottolineare che la prefettura, nell’ambito dei suoi compiti di coordinamento e di garanzia generale che svolge sul territorio, recepisce tutte queste istanze e, fondandosi non solo e non tanto sulle cifre che hanno quell’andamento che abbiamo già prima evidenziato, che vanno cioè storicizzate e lette con i nessi di causalità in tempi mediati, svolge anche in questo campo il compito di raccordo e collaborazione interistituzionale, che le dà la possibilità di gestire un coordinamento anche di questa problematica.
Come sempre accade per le attività generali che riguardano le pubbliche amministrazioni, ma anche per le problematiche del territorio (perché poi ci sono aziende private e coinvolgimenti imprenditoriali a vario titolo e di varia articolazione), la sede del coordinamento è la conferenza permanente, che venne istituita nel 1999 dal decreto legislativo n. 300 e che dà per l’appunto al prefetto la possibilità di avere un quadro complessivo delle fenomenologie su cui modulare la propria attività di accompagnamento delle collettività nel loro percorso sul territorio.
C’è un’opera di sensibilizzazione specifica che la prefettura ha svolto nel 2008 nel settore dell’edilizia, auspicando e sollecitando controlli più pregnanti, perché quello era il settore individuato a livello provinciale come il più significativo e degno di maggiore attenzione. Molte attività sono state rivolte all’individuazione ed alla definizione concertata di un modus operandi tra i soggetti interessati al problema, cosicché anche per impulso del Ministero dell’interno, che nel 2008 ha affrontato questo specifico profilo, si è svolta un’azione di supporto e di orientamento per le famiglie ed i soggetti interessati al tema dei familiari delle vittime di incidenti del lavoro; il Ministero dell’interno nel 2008 ha invitato i prefetti ad attivare dei meccanismi di coordinamento, di attenzione, di premura e di sostegno ai familiari delle vittime, sia per le difficili incombenze amministrative che sono sempre viste con particolare timore dai soggetti privati, sia per gli adempimenti successivi di tipo previdenziale che accompagnano le prescrizioni e le previsioni dell’ordinamento rispetto a queste fenomenologie.
Nel settembre 2010, con un’importante decisione la conferenza provinciale permanente ha promosso un monitoraggio ulteriore sulla sicurezza dei luoghi di lavoro, che ha fatto il punto complessivo della situazione all’epoca riscontrabile e da cui sono nate ulteriori intese anche operative con la Regione e gli uffici regionali preposti. Degli uffici regionali diranno i rappresentanti della Regione, ma i settori principali ai quali anche noi partecipiamo nell’ambito del comitato regionale di coordinamento sono quelli legati alle lavoratrici madri, ai lavoratori stranieri, che sono in questa realtà territoriale un fenomeno molto significativo, e alle attività che possono indurre a fenomenologie neoplastiche.

PRESIDENTE
Al comitato regionale di coordinamento partecipa solo lei, come prefetto di Perugia, oppure anche un delegato di Terni?

LAUDANNA
Partecipa un mio delegato e anche un delegato di Terni.

PRESIDENTE
Quindi in rappresentanza delle prefetture sono presenti queste due figure.
La ringrazio per il suo contributo, signor prefetto. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del presidente della Regione Umbria, degli assessori alla salute e alle politiche del lavoro e del dirigente del servizio di prevenzione della direzione regionale della salute

Intervengono il presidente della Regione Umbria, dottoressa Catiuscia Marini, l’assessore alla salute, dottor Franco Tomassoni, l’assessore alle politiche del lavoro, dottor Vincenzo Riommi, e il dirigente del servizio di prevenzione della direzione regionale della salute, dottoressa Maria Donata Giaimo.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca ora l’audizione del presidente della Regione Umbria, degli assessori alla salute e alle politiche del lavoro e della dirigente del servizio di prevenzione. Do il benvenuto a tutti i presenti e li ringrazio per la partecipazione a quest’incontro.
Come già saprete, non ci sono ragioni particolari che abbiano motivato la presenza odierna della Commissione parlamentare che ho il piacere di presiedere nella Regione Umbria e più specificamente a Perugia, se non che la nostra Commissione sta svolgendo ormai da tempo una serie di riflessioni in riferimento all’organizzazione sul territorio delle attività di contrasto e di prevenzione, anche facendo capo al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81, il cosiddetto Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro ed alla legge 3 agosto 2007, n. 123, che lo ha preceduto. Stiamo svolgendo un vero e proprio monitoraggio in tutte le Regioni d’Italia.
In modo particolare, stiamo dando rilevanza al coordinamento, previsto già dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre del 2007 e poi riconfermato nel decreto legislativo n. 81 del 2008, per poterci confrontare e cercare di capire come si sta andando avanti, quali sono le criticità e quale sia il punto di vista di soggetti del vostro rilievo su questo tema sia sotto il profilo costituzionale, sia sotto quello operativo, con riferimento alle norme che ho richiamato. Vorremmo riuscire a delineare un quadro più generale della situazione italiana, che se da un lato presenta effettivamente un trend di contenimento degli infortuni e delle morti sul lavoro, dall’altro presenta però numeri ancora troppo alti. Quindi dovremmo cercare di comprendere meglio quali sono, perché sicuramente ci saranno, i punti mancanti o deboli per svolgere insieme un’azione più attenta su una materia di competenza concorrente tra Stato e Regioni.
Le lascio quindi la parola, presidente.

MARINI
Buongiorno a lei, signor Presidente, e a tutti i rappresentanti della Commissione. Insieme a me è presente l’assessore Tomassoni, con delega alle politiche della salute, l’assessore Riommi, con delega alle politiche del lavoro e delle imprese, e la dottoressa Giaimo, la dirigente del servizio di prevenzione che, nell’ambito della direzione regionale salute, in maniera più diretta segue anche la materia che è oggetto di specifico interesse della vostra Commissione parlamentare. Consegneremo anche del materiale integrativo più dettagliato, oltre a quello già a vostra disposizione, limitandomi ora a fare una breve sintesi.
La Regione Umbria aveva già istituito un suo iniziale comitato regionale a partire dal 1998, quindi antecedente anche all’ultima normativa e agli impegni contenuti sia nella normativa del 2007, sia poi nel decreto legislativo n. 81. Ovviamente il comitato è stato riorganizzato e adeguato ai sensi della nuova normativa e quello vigente è stato aggiornato nella composizione da parte nostra a seguito delle elezioni del 2010; quindi il comitato regionale di coordinamento formalmente istituito svolge tutte le funzioni che sono previste.
Dal 2006 la Regione Umbria ha anche istituito l’osservatorio regionale sugli infortuni e le malattie professionali, in coerenza con la normativa nazionale, ma soprattutto con un’attenzione specifica che da sempre la Regione ha anche in considerazione della situazione e dei numeri che la riguardano; quindi è sempre stato argomento di preoccupazione politica, sia della Giunta regionale, sia degli altri soggetti istituzionali, a cominciare da un rapporto di collaborazione con le stesse associazioni delle imprese.
La Regione svolge anche un’attività di programmazione, oltre che di organizzazione, con azioni specifiche e mirate cui farò poi riferimento. In primo luogo, desidero dare alcune informazioni organizzative. Tutta la materia della sicurezza è organizzata nell’ambito dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro, che sono tutti strutturati nei dipartimenti delle quattro aziende sanitarie locali, con un’organizzazione complessiva per la nostra Regione di 90 unità, di cui 16 medici e 59 tecnici della prevenzione. Tale organizzazione fa quindi capo al nostro sistema sanitario. Il piano sanitario regionale vigente ha individuato tutte le linee strategiche e le azioni nell’ambito della attività di programmazione ordinaria su cui concentrare le azioni dei PSAL ed ha, in adempimento al patto per la tutela della salute e la prevenzione nei luoghi di lavoro, messo a sistema tutta l’attività di vigilanza, anche attraverso un piano straordinario; inoltre abbiamo dato seguito anche agli interventi previsti negli accordi nazionali, in particolare quelli contenuti nel piano edilizia e nel piano della prevenzione in agricoltura, che peraltro in questa Regione, in termini di numero di aziende e di occupati, essendo superiore alla media nazionale, ovviamente ha una certa rilevanza.
Forniremo anche i dati di dettaglio, ma vorrei ora fornirne uno sintetico: c’è un lavoro organizzato e sistematico di verifica e nel corso del 2011 sono stati effettuati oltre 5.000 sopralluoghi, sono state controllate 4.500 aziende, pari al 10 per cento delle aziende complessive, quindi superando anche gli obblighi previsti dalla normativa nazionale proprio perché il tema degli infortuni e i dati assoluti ad essi relativi hanno sempre determinato una situazione di grande allarme e preoccupazione nella comunità regionale. Di fatto, abbiamo controllato circa il 10 per cento delle aziende che hanno dipendenti nel territorio regionale. In particolare poi la nuova amministrazione regionale, dando seguito anche al piano sanitario vigente ed alla programmazione, ha predisposto un piano regionale di prevenzione per il periodo 2010-2012 con delle linee progettuali che non sono solo di adempimento nazionale, ma anche specifiche per la nostra realtà. L’innovazione rispetto al piano precedente riguarda l’agricoltura, dove adempiendo al piano nazionale si è definito un primo obiettivo che riguarda gli infortuni sul lavoro in agricoltura (senza entrare ora nel dettaglio, vi fornirò tutti i dati anche relativi alla modalità con cui si svolgono i progetti, il modello organizzativo con le ASL, il rapporto con le associazioni di categoria).
Una seconda linea progettuale specifica che abbiamo voluto costruire è quella che riguarda la salute e la sicurezza nelle grandi opere infrastrutturali in Umbria (un’analoga iniziativa credo sia stata assunta dalla Regione Marche) con particolare riferimento alla sicurezza nel maxicantiere del Quadrilatero, la più grande infrastruttura dell’Italia centrale. Rispetto ad essa abbiamo siglato un protocollo d’intesa con i contraenti generali, oltre che con le ASL, l’INAIL, la Regione e le parti sociali, considerando anche la rilevanza numerica del personale e degli operai, i mezzi coinvolti e i rischi connessi a questa grande opera. Abbiamo definito questa linea nel corso del 2011 ed è diventata operativa alla fine dello stesso anno. In questi cantieri, dall’apertura formale risalente a poco più di due anni fa, sono state effettuate circa 188 ispezioni, quindi la situazione viene monitorata seguendo l’esperienza che l’Umbria e le Marche avevano avuto per i cantieri della ricostruzione successiva al terremoto del 1997.
Una terza linea progettuale specifica, scelta nell’ambito della programmazione regionale in aggiunta all’attività ordinaria prevista dal testo unico, riguarda il monitoraggio dei rischi e dei danni da esposizione a cancerogeni professionali. È stato individuato anche un campione di aziende a rischio per cui si tratta di una linea già operativa dal 2011. All’inizio del 2012, poche settimane fa, la Giunta regionale ha approvato, in adempimento al piano nazionale, le procedure per il monitoraggio ambientale e l’esposizione dei lavoratori ad agenti cancerogeni.
La quarta linea progettuale è costituita dai cosiddetti cantieri alcohol free, che abbiamo previsto sia per le grandi opere sia, più complessivamente, per gli interventi in edilizia. Le imprese edili hanno un peso percentualmente superiore rispetto ad altri settori (anche se nel periodo di crisi che stiamo vivendo la sua rilevanza è più ridotta), e di conseguenza anche il numero dei lavoratori coinvolti è maggiore. Si tratta di un progetto di intervento volto a valutare e a ridurre gli effetti negativi causati dall’uso di alcool e droghe tra i lavoratori e il personale dei cantieri edili, in particolare quelli impiegati nelle grandi opere. Questo progetto specifico ha riguardato nel 2011 undici cantieri e circa duecento lavoratori.
L’ultima linea riguarda l’applicazione del regolamento europeo REACH (Registration, evaluation and authorization of chemicals) sull’esposizione alle sostanze chimiche, per quanto riguarda le attività di formazione nelle aziende connesse al ciclo della chimica su scala regionale e l’applicazione dei regolamenti attuativi nel sistema regionale.
Vi ho illustrato sinteticamente gli impegni del periodo 2010-2012 contenuti nel piano sanitario regionale e alcuni obiettivi che la Regione si è data, in modo particolare in base all’esperienza ispettiva delle ASL e all’attività della direzione regionale salute.
Colgo l’occasione per sottolineare altresì che sulle linee guida che abbiamo sottoscritto sono state avviate specifiche sinergie istituzionali. La prima, quella su agenti cancerogeni e amianto, vede la collaborazione tra Regione e INAIL regionale con uno specifico protocollo d’intesa, che individua obiettivi ed impegni reciproci.
Un secondo protocollo d’intesa è stato sottoscritto nel 2011 dalla Regione Umbria e dalle direzioni del lavoro sulla salute e la sicurezza delle lavoratrici madri, in cui abbiamo assunto una serie di impegni per intervenire in maniera immediata a tutela delle madri lavoratrici eventualmente sottoposte a specifici rischi che potrebbero derivare dalle attività che svolgono.
Il terzo protocollo al quale ho già fatto riferimento è quello per la pianificazione degli interventi nelle grandi opere infrastrutturali: oltre ai soggetti che istituzionalmente controllano la sicurezza nei luoghi di lavoro, sono state coinvolte le associazioni di categoria, le organizzazioni sindacali e le autorità locali sul territorio, quindi estendendo il numero dei soggetti istituzionali e privati impegnati nella verifica, nei controlli e nell’attività formativa e preventiva.
La Regione Umbria ha emanato una legge regionale nel 2010 in materia di appalti pubblici che prevede una serie di norme che rafforzano in maniera indiretta l’attenzione rivolta nei confronti delle imprese aggiudicatarie di appalti pubblici, in particolare quelle connesse ai lavori pubblici. Nello specifico, si intende monitorare, in sede di aggiudicazione e di eventuali ribassi d’asta, le segnalazioni che permetteranno poi di valutare in maniera attenta ciò che concerne le verifiche, i controlli nei cantieri pubblici e la qualità del lavoro delle imprese. Vi sono inoltre norme che riguardano i costi della sicurezza, che non possono essere oggetto di valutazione in sede di ribasso, quindi integrando o anticipando alcune modifiche legislative avvenute a livello nazionale; vi è poi il tema della tracciabilità, nonché i controlli obbligatori per tutte le imprese che si aggiudicano le gare con una media dei ribassi superiore a una certa soglia, facendo presupporre possibili rischi legati alla sicurezza.
Ulteriori adempimenti sono previsti nell’ambito delle normative in materia di edilizia privata. Cito in particolare la legge regionale n. 1 del 2004, che prevede, principalmente da parte dei Comuni, delle verifiche sulla regolarità contributiva, che in Umbria è diventata obbligatoria dal 2004, anche in questo caso anticipando in parte e integrando alcune norme nazionali. La suddetta legge regionale stabilisce inoltre controlli e attività di prevenzione in materia di sicurezza sui cantieri edili di interesse privato, che abbiano committenza esclusivamente privata, sopra una certa soglia di intervento.
Ho toccato diversi argomenti in modo rapido, ma sia io che gli assessori presenti siamo disponibili a rispondere ad eventuali quesiti di approfondimento. Inoltre, abbiamo preparato un fascicolo riassuntivo contenente dati e modalità con cui, in maniera organizzata, sono effettuati i controlli e con cui vengono adempiuti tutti gli obblighi previsti a livello normativo.

DONAGGIO
Signor Presidente, l’esposizione della presidente Marini è molto esauriente e dà l’idea della determinazione con cui è affrontata la questione degli infortuni e della sicurezza sul lavoro. Credo che rispetto a tale impegno non siano stati indifferenti l’approvazione del Codice di sicurezza del lavoro e del decreto legislativo n. 81 del 2008, nonché l’azione sistematica e costante del Presidente della Repubblica nel sollecitare attenzione al tema in discussione.
Dopo aver letto i dati che ci ha consegnato il prefetto Laudanna, mi chiedo però se vi siete interrogati e dati una spiegazione dell’impennata degli incidenti mortali avvenuti nel 2011. A fronte di una flessione degli infortuni sul lavoro, anche se il dato non è consolidato, il numero delle morti sul lavoro farebbe presupporre un abbassamento della soglia di attenzione o, per dirla con parole diverse, un innalzamento della soglia di rischio. Non siamo infatti riusciti a capire in quale settore si è concentrata l’impennata degli incidenti mortali, tenuto conto che sei casi in più non sono pochi: nel 2010 vi erano stati undici incidenti mortali, a fronte dei diciassette del 2011.

PRESIDENTE
I dati consolidati del 2010 indicano sedici morti.

DONAGGIO
Non mi riferivo agli incidenti in itinere, ma a quelli verificatisi esclusivamente nei luoghi di lavoro.
In secondo luogo, l’esposizione della presidente Marini non ha fatto cenno al ruolo dei rappresentanti della sicurezza nei luoghi di lavoro, che è fondamentale. In sostanza, tutti i protocolli citati dovrebbero tradursi in disposizioni precise da rendere pubbliche nel luogo di lavoro. I rappresentanti della sicurezza come vengono coinvolti e messi in condizione di svolgere la loro funzione all’interno dei progetti che ci ha illustrato? Il documento di valutazione dei rischi deve essere sottoscritto dal rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Non ho compreso quale ruolo avete riservato, nella definizione del programma, a una figura che invece nel Testo unico sulla sicurezza sul lavoro è considerata un elemento chiave, svolgendo la funzione di braccio operativo all’interno dei luoghi di lavoro. Appassionarsi semplicemente alla loro modalità di nomina è un fatto del tutto marginale, mentre occorre concentrarsi sulle loro funzioni, i loro compiti (che non sono pochi), la loro formazione e il modo in cui vengono messi in grado di operare.

MARINI
In primo luogo, vorrei che la dottoressa Giaimo vi fornisse i dati esatti del fenomeno.

GIAIMO
I dati sono i seguenti: nel 2011 abbiamo avuto venti infortuni mortali nel complesso, di cui quattro in itinere e un incidente stradale. Quindi, sono quindici.

PRESIDENTE
L’INAIL sostiene che siano diciotto. Invece quanti sono in base alle sue informazioni?

GIAIMO
I dati che le ho citato sono estratti dal sistema informativo INAIL: venti casi in totale, di cui quattro in itinere, un incidente stradale e quindici durante il lavoro.

PRESIDENTE
Mi scusi se la interrompo nuovamente. Perché distingue l’incidente stradale dagli altri casi? L’infortunio avviene o in itinere o sul lavoro.

GIAIMO
Evidentemente alcuni infortuni vengono catalogati anche come incidenti stradali. Ad ogni modo, questi sono i dati che mi hanno mandato. A noi ne risultano quindici in occasione di lavoro. Ma la sostanza è che i numeri, senatrice Donaggio, possono oscillare: è vero che il trend sembra purtroppo in crescita, ma i numeri sono così piccoli che talora l’incremento può sembrare assolutamente significativo.
La cosa che ci ha preoccupato particolarmente è che almeno quattro di questi casi, se non ricordo male, sono avvenuti nel settore dell’agricoltura. Il problema più grande è che noi abbiamo moltissime imprese, circa il 95 per cento, in cui lavorano circa tre o quattro dipendenti, e in agricoltura questo problema è ancora più enfatizzato.
Come la presidente Marini ha già accennato, nel piano regionale per l’agricoltura noi abbiamo costruito un percorso in seno al coordinamento, condiviso con le parti sociali e con le associazioni di categoria, per formare i cosiddetti tecnici delle associazioni: poiché le imprese piccolissime sono più di 30.000 ed è impensabile che il sistema di vigilanza, anche integrato, riesca a raggiungerle, abbiamo pensato di formare i tecnici che poi parleranno direttamente con le imprese per motivi amministrativi, in modo che siano, in termini di sensibilizzazione nei confronti dei datori di lavoro, dei moltiplicatori di informazione rispetto alla sicurezza di alcune macchine, visto che assieme alle associazioni abbiamo scelto di concentrarci su alcune macchine. Faccio un esempio banale. Le morti sono state causate per lo più dal rovesciamento di trattori o nell’utilizzo di macchine abbastanza semplici, quali le motozappe. Purtroppo la tipologia di settore produttivo fa sì che il parco automezzi non venga aggiornato regolarmente. In tale ottica l’assessorato all’agricoltura sta compiendo uno sforzo aggiuntivo per informatizzare il fascicolo generale delle imprese, all’interno del quale verrà registrato anche tutto il parco macchine. Attualmente si sta operando per cercare di mettere a disposizione della vigilanza l’elenco delle macchine, in maniera che sia possibile andare a verificare concretamente la rispondenza di queste macchine al minimo dei requisiti di sicurezza.
Non nascondiamoci che poi adeguarle ai requisiti di sicurezza comporta un onere economico, perché i servizi possono arrivare e prescrivere, nel caso di riscontro di inadempienze, però il problema è come tradurre poi questo aspetto in effettivo adeguamento di tutto il parco macchine. Un conto è infatti trovare una macchina non adeguata in mezzo ad un campo che lavora e un conto è trovarla ferma.

RIOMMI
Signor Presidente, nella sollecitazione si rifletteva anche sulla possibilità che quel dato possa essere un indicatore di una tendenza sostanziale del mondo produttivo in questa fase ad alzare la soglia di rischio. Premesse le considerazioni che noi umbri siamo costretti a fare sempre, vale a dire che un aumento del 10 per cento degli incidenti mortali in Umbria corrisponde a 1,5 morti l’anno in più, per cui il campione statistico è sempre molto modesto e dunque anche la casualità di un episodio in un anno rispetto all’altro può spostare di molto gli indicatori, credo che comunque da questo punto di vista la preoccupazione sia legittima. Del resto, oltre a ragionare sul dato puntuale che veniva indicato, ragionerei anche su un’altra tendenza che in questa fase si riscontra, magari meno eclatante, ma probabilmente più espressiva di un problema; l’aumento dell’intensità e della gravità degli incidenti segnalati. Se noi leggessimo in maniera neutra questo dato nella serie degli ultimi anni, sembrerebbe che a fronte di una riduzione degli incidenti, ci sia un aumento percentuale degli incidenti gravi. Questo può in realtà far pensare che vi sia una sottostima e una non denuncia di una parte dell’incidentalità e che negli ultimi due o tre anni, un dato che non è solo umbro ma proprio dell’intero ciclo produttivo, vi sia una tendenza a stressare queste attività, con il rischio di innalzare il dato sull’infortunistica grave e generalizzata.
La seconda considerazione, che in Umbria ha un suo specifico riscontro, è in riferimento al dato illustrato dalla dottoressa Giaimo relativamente all’enorme incidenza che sui nostri dati ha l’infortunistica legata all’agricoltura.

PRESIDENTE
Dottor Riommi, la interrompo anche per fornirle un quadro più ampio e avere uno scambio di informazione; il dato dei 4 morti su 20 rientra quasi nella media nazionale. Noi abbiamo intorno ai 1.000 morti, di cui circa 160 sono nell’agricoltura. Voglio dirlo perché altrimenti questo dato si potrebbe vedere in modo eccessivo ed esponenziale. Conveniamo che è un dato gravissimo, ma non è così straordinariamente presente solo in Umbria. Noi, in base all’orografia del terreno delle Regioni, troviamo elementi maggiori e minori.

RIOMMI
In Umbria abbiamo due dati specifici che sono l’orografia e la tipologia di attività; si tratta infatti di attività marginali post lavorative.

PRESIDENTE
Dappertutto sono attività marginali; nel nostro Paese spesso le persone che lavorano in campagna non sono neanche agricoltori, ma hanno semplicemente un trattore in famiglia.

RIOMMI
Ricordo però che noi abbiamo il 94 per cento di terreni in pendenza.

PRESIDENTE
Inoltre il trattore è spesso degli anni Sessanta, se non di epoca anteriore, e in condizioni di sicurezza pessime.
Voglio quindi fornirvi questa notizia; noi come Commissione ci siamo molto attivati su questo tema perché è profondo e importante. Abbiamo un colloquio serrato con l’Unione europea e con la Commissione di riferimento per avere il via libera per una proposta di legge, che quanto meno a livello di Governo è stata accolta dopo vari aggiustamenti ed approfondimenti, per fare in modo che se si dovessero dare contributi pubblici ai fini della messa in sicurezza di queste macchine – del resto l’ISPESL ha già sviluppato tipologie di intervento per rendere più sicure le macchine stesse – questo contributo pubblico non vada ad accumularsi con il limite del de minimis, perché altrimenti l’agricoltore preferisce avvalersi di altri contributi e non di questo che riguarda la sicurezza delle macchine.
Abbiamo fondati motivi di ritenere che la Commissione europea non creerà problemi su questa norma, cui speriamo di arrivare il prima possibile. Ciò in qualche modo potrebbe anche dal vostro punto di vista semplificare la situazione a livello locale senza entrare in quel conflitto al quale abbiamo fatto riferimento.

RIOMMI
Stavo illustrando quel dato strutturale sull’agricoltura che da noi è particolarmente importante.

PRESIDENTE
Sì, ma ce ne sono altri 16.

RIOMMI
Se andiamo sul dato strutturale, oltre all’agricoltura, bisogna tenere presente un altro problema vero; in Umbria ancora oggi, nonostante le tendenze siano molto «diminuite», perché nel 2004 avevamo il doppio degli incidenti mortali del 2010, abbiamo un dato di stock che è molto alto e che non deriva però da altro.

PRESIDENTE
Qual è il dato di stock?

RIOMMI
Il dato di stock, determinato dal numero di incidenti sul totale delle ore lavorate in Umbria, è storicamente uno dei più alti d’Italia.

PRESIDENTE
Assessore, noi abbiamo questi dati. Abbiamo apprezzato molto la relazione della presidente per l’ampio raggio di attenzione e di interventi che questa Regione svolge e questo dà grande merito a voi e grande soddisfazione a noi.
Abbiamo dei dati che in quanto forniti dall’INAIL sono da ritenersi validi, integrati con dati dell’ISTAT per quanto riguarda gli occupati; se sulla base di questi dati facciamo un calcolo emerge che per quanto riguarda gli infortuni mortali abbiamo un avuto un picco elevatissimo nel 2006 con 27 morti, facendo la somma dei morti in itinere e dei morti in costanza di lavoro diretto. Nel 2007 tale dato è pari a 19, nel 2008 a 16, nel 2009 a 17 e nel 2010 a 16. Ora questo dato subisce un incremento e arriva a 20. È un dato che indubbiamente ci deve far riflettere e che va esaminato in maniera più approfondita. Questo lo dico in senso collaborativo, proprio perché è sulla base della collaborazione che nascono i nostri incontri.
A fronte di questo dato, come dicevo, non c’è un trend significativo di diminuzione di occupazione. Infatti, dai dati ISTAT che abbiamo, tolta una punta occupazionale del 2008 con 375.000 soggetti, nel 2006, 2007, 2009 e 2010 risultano rispettivamente 354.000, 366.000, 366.000 e 365.000 occupati. Quindi, l’occupazione è costante, anche se bisogna poi analizzare attentamente quante sono le ore lavorate rispetto al dato occupazionale. Voi sapete infatti che l’occupazione tiene conto delle varie casse integrazioni, quindi è verosimile che si siano lavorate meno ore.
I dati su cui stiamo riflettendo, dal punto di vista del suo ragionamento, sono ancora più interessanti e, forse, direi più gravi di quelli che appaiono. Non ho il numero di ore lavorate in meno e quindi non sono in grado di poter dare questo dato, ma è verosimile, attese le ore di cassa integrazione in tutta Italia, che ce ne siano state qui, anche in deroga e voi come Regione avete un ruolo importante da questo punto di vista.
Noi abbiamo necessità di mantenere un livello di alta attenzione, senza la motivazione del primato negativo. Per quanto riguarda gli infortuni c’è infatti una diminuzione perché passiamo dai 18.000 del 2006 ai 13.000 del 2011, per cui significa che c’è un’attività di prevenzione sul territorio, facendo sempre la tara delle ore lavorate, pur mantenendola sempre ai margini del nostro ragionamento. Il vostro impegno produrrà sicuramente un’attenzione maggiore nelle situazioni critiche, in cui bisognerà che voi interveniate come riterrete opportuno.
Infine, vorrei rilevare che è un tema sul quale puntiamo molto sul tema del comitato di coordinamento, che purtroppo molto spesso nelle Regioni non si muove come dovrebbe. Prendiamo atto invece con soddisfazione che qui non solo si muove, non solo è costituito, ma addirittura era presente ante litteram.
Vorremmo sapere se voi comunicate con relazioni annuali ai Ministri di riferimento, al Ministro del lavoro e al Ministro della salute. Uno dei punti importanti è infatti la creazione di questo contatto tra istituzioni locali e centrali.

GIAIMO
Non lo abbiamo fatto finora, ma stavamo predisponendo la relazione sulla base della modulistica che abbiamo prodotto recentemente nel tavolo regionale. Di fatto questa documentazione è pronta.

PRESIDENTE
Noi non abbiamo elementi per valutare quanto accade in Italia, non sappiamo cosa stia succedendo da questo punto di vista, tant’è vero che è in corso un dibattito all’interno della Commissione per capire meglio questo aspetto.
Tenga presente che siete una Regione dinamica, come voi avete rappresentato e noi con grande soddisfazione abbiamo preso atto, ma anche che questa norma risale al 2007; quindi ci sono anni in cui non c’è stato dialogo tra il Governo centrale e quello riferito al territorio regionale.

MARINI
Vorrei aggiungere che per quanto riguarda i lavoratori, per ogni punto delle linee progettuali che ho illustrato c’è una parte che riguarda in maniera specifica il ruolo e la funzione dei responsabili della sicurezza nei luoghi di lavoro. Come Regione, in maniera autonoma (perché questo ci è stato segnalato anche dalle associazioni di categoria che ci chiedono di fare da supporto alla responsabilizzazione dei lavoratori; non basta infatti soltanto che l’impresa fornisca tutte le attrezzature e gli equipaggiamenti, ma è necessaria anche una consapevolezza diffusa del lavoratore, soprattutto per i cantieri edili e per alcune tipologie nelle piccolissime e piccole aziende) abbiamo sviluppato un progetto regionale di formazione e di supporto ai responsabili della sicurezza nei luoghi di lavoro, finanziato direttamente dalla Regione nell’ambito del fondo sanitario regionale. Lo consideriamo un aspetto integrante della nostra attività, anche per la preoccupazione che destano i dati precedentemente richiamati dal punto di vista sociale, della comunicazione e della rappresentazione della Regione. È vero altresì che la piccola dimensione dell’Umbria ci permette
anche di conoscere nel dettaglio la modalità di quegli incidenti mortali: paradossalmente, ma è anche vero fortunatamente che gli incidenti non si concentrano solo nelle grandi aziende o in quelle tecnologicamente molto avanzate; anzi, laddove il rischio dovrebbe essere molto più elevato questi incidenti non accadono proprio perché evidentemente il sistema di prevenzione, sicurezza, formazione e controllo funziona. Avvengono piuttosto quasi tutti in piccole e piccolissime aziende per cui dobbiamo capire come intervenire su questa parte del mondo del lavoro che caratterizza in larga parte il territorio, ma che fa più fatica ad essere sia formata che controllata.
Nei documenti che lasciamo alla Commissione c’è anche una relazione riassuntiva dell’attività del comitato regionale di coordinamento di cui lei, signor Presidente, ci chiedeva notizie. Per noi è una modalità costante di lavoro operare attraverso il comitato regionale che rappresenta il luogo dove si assolvono tutti gli adempimenti indicati dalle norme ed emergono le proposte di aggiornamento, le linee d’azione su cui lavorare, le proposte di impegni dal punto di vista politico e finanziario per la Giunta regionale; quindi molti degli atti deliberati dalla Giunta regionale sono il frutto del lavoro del comitato regionale di coordinamento. La relazione contiene anche una sintesi recente delle azioni più significative portate avanti dalla costituzione del comitato, con riferimento ad esempio al tema della formazione dei lavoratori che è scaturito nell’ambito del comitato regionale di coordinamento e si è tradotto poi in una delibera ed anche in risorse finanziarie dedicate.
Un altro impegno ha riguardato il recepimento dell’accordo della Conferenza Stato-Regioni proprio sulla formazione dei datori di lavoro delle piccole e medie imprese, che vogliamo assumere proprio alla luce di quel dato di cui dicevo sugli incidenti mortali. Non ci basta controllare le grandi aziende, in cui si pensa che, dato l’elevato numero di lavoratori impiegati, si verifichi il maggior numero di incidenti, ad esempio nelle acciaierie. In realtà quello è il luogo dove maggiormente funziona la catena della sicurezza, mentre le piccolissime aziende edili o agricole sfuggono di più ad azioni a carattere formativo e di sicurezza; quindi abbiamo intrapreso delle azioni, frutto del lavoro del comitato, che vengono descritte nei documenti che consegniamo alla Commissione, corredati di schede riassuntive e sintetiche di quanto verrà trasmesso poi anche al Ministero.

PRESIDENTE
Vorrei chiedervi se avete anche copia della legge regionale relativa agli appalti, altro grande tema sul quale la Commissione si sta impegnando.

MARINI
Ve la faremo avere.

SPADONI URBANI
Avete l’elenco degli incidenti distinti per tipologie di lavoro?

GIAIMO
Non ve lo abbiamo portato perché dovrebbe farvelo avere il rappresentante dell’INAIL, con cui abbiamo concordato di non sovrapporci.

PRESIDENTE
Vorrei sapere se ritenete opportuno svolgere attività tese a contenere il numero delle stazioni appaltanti. Uno dei problemi più complessi per quanto riguarda gli appalti pubblici è il ricorso al massimo ribasso. In alcune parti d’Italia i Comuni si stanno organizzando con stazioni uniche appaltanti e questo è funzionale per i costi, in riferimento all’importo di un appalto, ma anche per la professionalità, perché spesso ci sono Comuni che non hanno queste specifiche professionalità nella definizione di appalti di questo tipo. Questo serve però anche a dare un segnale di attenzione sul massimo ribasso, perché è proprio lì che spesso si annida la problematica maggiore (credo che voi siate arrivati alle nostre stesse conclusioni, tant’è che la Regione ha approvato una legge in tal senso). Lei, signora Presidente, dice che si è evitato di toccare al ribasso le quote, ma questo è già previsto dalla legge nazionale.

RIOMMI
Nella legge regionale è stato definito un meccanismo più pregnante.

PRESIDENTE
Il meccanismo è preciso ed è stato uno degli argomenti su cui c’è stato il maggiore impegno nella passata legislatura, nel momento della definizione del decreto n. 81 del 2008. Voi avrete aggiunto forse qualche corollario.

MARINI
Lascio alla Commissione una sintesi della legge.

PRESIDENTE
La legge nazionale già prevede che questa riduzione non si possa fare su quanto previsto per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali (un altro tema che non abbiamo toccato), che stanno crescendo non solo in Umbria, ma in tutta Italia.

MARINI
Abbiamo introdotto un meccanismo, con l’articolo 23 della legge regionale n. 3 del 21 gennaio 2010, relativo ai costi della sicurezza nell’affidamento dei lavori pubblici, in base al quale si deve indicare in maniera specifica e separata, oltre al costo della sicurezza e dell’intervento, anche l’onere della quota parte delle spese generali per la sicurezza, che invece è materia non oggetto del Codice degli appalti, ed il costo presunto della manodopera specializzata, ugualmente non previsto nel Codice degli appalti. Va distinto anche il costo presunto per il personale, se il ribasso incide su questo; non è che la gara viene considerata anomala, perché il Codice nazionale non lo prevede, ma abbiamo fatto in modo che scatti il meccanismo dei controlli. I cantieri che hanno agito in questo modo sono oggetto di un monitoraggio specifico obbligatorio in capo alle stazioni appaltanti, ovviamente i controlli di cui alla disciplina della legge regionale dei lavori pubblici.

PRESIDENTE
Ecco perché l’aspetto relativo alla stazione appaltante è importante: meno sono, più qualificato è l’intervento.

MARINI
Allo stesso modo, se l’incremento della media del ribasso è superiore ad una certa media aritmetica, scattano automaticamente maggiori controlli. In una Regione dove operano tante piccole e medie imprese, ma anche le grandi, perché c’è il meccanismo del subappalto e della concessione, la legge regionale n. 3 del 2010 va proprio in questa direzione. La legge peraltro è stata anche oggetto di un ricorso da parte dello Stato; si è pronunciata anche la Corte costituzionale con una sentenza, ma le norme sono state fatte salve, perché su queste ovviamente convergevano anche le stesse associazioni delle imprese.

SPADONI URBANI
Avete monitorato i risultati che avete ottenuto dall’attuazione della legge regionale?

MARINI
Sì, abbiamo i dati complessivi, perché la legge prevede anche un osservatorio sugli appalti pubblici.

SPADONI URBANI
Di che anno è questa legge?

MARINI
È del 2010.

SPADONI URBANI
Quindi è nuova rispetto al Codice degli appalti?

MARINI
Sì, perché recepiva anche la norma nazionale, il cosiddetto primo piano casa.

SPADONI URBANI
Siete già riusciti ad avere dei dati?

MARINI
Sì, abbiamo dei dati. La legge viene applicata e le associazioni delle imprese l’hanno condivisa perché rappresenta uno strumento per controllare non solo le gare anomale, ma anche quelle con ribassi eccessivi, che determinano distorsioni anche sul mercato delle imprese.

PRESIDENTE
Questo avviene già con la normativa nazionale, perché quando c’è un ribasso eccessivo questo va documentato. Lo diciamo perché non siamo fuori dal mondo.

RIOMMI
L’accertamento scatta in automatico non quando il ribasso è eccessivo, ma quando supera una certa soglia: è un indicatore in più che induce a controllare.

PRESIDENTE
Il ribasso può essere eccessivo a qualsiasi soglia, perché la stazione appaltante può ritenere eccessivo anche il 30 per cento.

RIOMMI
Bisogna agganciare maggiormente i controlli.

SPADONI URBANI
Si richiede la congruità dei prezzi, perché ci deve essere l’utile d’impresa.

PRESIDENTE
L’importante è che si continui a lavorare con grande collaborazione.

SPADONI URBANI
Ho seguito in modo particolare questi incidenti avvenuti in agricoltura, perché sono tutti concentrati in un mese. La mia impressione – non so se ve ne siete resi conto – è che questi incidenti abbiano coinvolto soprattutto persone che non sono conduttrici d’impresa, ma sono hobbisti, pensionati che si mettono su un trattore e magari lavorano di notte alla luce di un faro, o magari il preside che raccoglie le olive. Come pensate di poter controllare in questi casi?

MARINI
Sono quelli che definiamo gli agricoltori della domenica.

PRESIDENTE
La senatrice Spadoni Urbani sa benissimo che ci stiamo anche interrogando su questo aspetto, sentendo anche esponenti e funzionari del Ministero dei trasporti. Questo fra noi e voi è un tavolo politico nel quale si tratta di stabilire se dobbiamo continuare a far finta di nulla sull’assenza di norme sulla condizione dei trattori e delle macchine agricole o se è arrivato il momento di rendere obbligatorio il possesso di una patente per poter condurre un trattore, perché come sapete in un terreno privato non è prevista nessuna patente. In secondo luogo deve essere fissata l’età minima e quella massima per la guida di questi mezzi. In terzo luogo, come per le automobili, mi pare sia arrivato il momento di prevedere la revisione anche per i trattori. Vi rappresentiamo situazioni che voi conoscete e su cui la politica dovrà decidere, perché credo che soprattutto la politica nazionale abbia grandi responsabilità su questo tema.

MARINI
In una Regione piccola, anche il singolo incidente si conosce. Da questi dati, ad esempio, non emerge solo la vetustà del mezzo, ma anche l’aspetto tecnologico, cioè il fatto che in agricoltura ci sono tanti mezzi che vengono utilizzati a prescindere dalla formazione specifica. I mezzi oggi in uso sono molto tecnologici e molti degli incidenti sono legati al fatto che chi compra questa attrezzatura per usarla nei giardini o nei campi non ha strumenti di formazione.

SPADONI URBANI
Non li sanno usare.

TOMASSONI
Quello che incide negativamente è l’età, oltre alla cattiva conoscenza del funzionamento dei mezzi.

PRESIDENTE
Questo però dipende da noi, è una responsabilità che dobbiamo assumerci tutti. Ringrazio i nostri interlocutori per il loro contributo e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Perugia

Interviene il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Perugia, dottor Giovanni Galati.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Perugia, dottor Giovanni Galati, che saluto e ringrazio per la sua partecipazione all’incontro odierno. Questa Commissione parlamentare è oggi presente presso la prefettura di Perugia non per motivi specifici, ma per approfondire la conoscenza sul territorio nazionale delle varie realtà regionali, per comprendere quale sia lo stato di attuazione ed il funzionamento del Testo unico e delle altre norme sulla sicurezza e quindi per avere anche un confronto a livello istituzionale sul territorio con i singoli soggetti che in qualche modo possono fornirci elementi tali da poter conoscere meglio eventuali lacune ed eventuali interventi necessari, per avere quindi una sintesi generale a livello nazionale su come stanno andando le cose.
Il trend degli infortuni mostra un segnale contenuto di diminuzione (il dato relativo agli infortuni mortali dobbiamo ancora vederlo, ma credo vi sia il rischio che coincida con quello dell’anno scorso), che però rimane ancora debole, perché nonostante tante attenzioni che pure sono presenti vi sono troppi infortuni: più di 750.000 in un anno.
Lei è a conoscenza dell’ipotesi di istituire una procura nazionale che si occupi dei problemi del lavoro, della salute e della sicurezza? Qual è la sua opinione a tale riguardo?

GALATI
Si tratta di una proposta del procuratore Guariniello che ho avuto modo di apprendere dai giornali, relativamente ad un procedimento svoltosi a Torino. Non sono per niente favorevole, perché ritengo che la realtà locale debba essere affidata ai magistrati del luogo, che verranno poi coordinati dai magistrati che ricoprono le cariche dirigenziali. Pertanto, non è necessario creare un’altra procura nazionale: non sono assolutamente favorevole a una procura nazionale per gli infortuni sul lavoro.
Per quanto riguarda l’audizione odierna, premetto che sono procuratore generale presso questa Corte di appello soltanto da quattro mesi, quindi la mia visione deriva dalla documentazione che ho acquisito e che voi forse già conoscete. Ritengo non si possa dire che l’incidenza degli infortuni sia veramente diminuita, perché il dato deve tenere conto, a mio avviso, della riduzione della quantità di lavoro, cioè della crisi. Ci sono 24.000 cassaintegrati e molte piccole imprese hanno chiuso, non lavorano più . Tenendo conto di ciò , non c’è stata una diminuzione degli infortuni, a mio sommesso avviso.
Per quanto riguarda poi i procedimenti penali in materia di infortunistica sul lavoro, secondo i dati dal 1º luglio 2010 al 30 giugno 2011 vi sono stati sei omicidi colposi (in precedenza mi sembra che ce ne fosse stato soltanto uno) e 529 lesioni colpose. Non si può quindi dire che in Umbria la diminuzione delle attività lavorative che si svolgono nella Regione abbia avuto un’incidenza rilevante.
Devo però rilevare che da parte dell’ispettorato del lavoro e delle forze di polizia, che si coordinano tra di loro in maniera fattiva e incisiva, vi è stata un’azione di prevenzione che ha portato a risultati positivi. Per quanto concerne il lavoro compiuto in particolare dai Carabinieri, richiesti in caso di infortuni, la loro attività è andata oltre, nel senso di estendersi anche alla vigilanza e al controllo del rispetto delle norme del Testo unico, di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008.
Vi sono imprese, in particolare quelle gestite dai cinesi, in cui si è riscontrata attività lavorativa svolta da extracomunitari della stessa terra privi di permesso di soggiorno, quindi lavoratori clandestini. Sapete benissimo che il lavoratore clandestino è meno tutelato. In quel caso si sono riscontrati moltissimi infortuni sul lavoro. Ricordo altresì un fatto gravissimo, che risale al 25 novembre 2006 e che, a seguito di una violenta esplosione presso la Umbria Olii, ha causato la morte di quattro persone.

PRESIDENTE
È stato oggetto anche della nostra indagine.

GALATI
In quel caso si riscontrò la violazione di numerose norme antinfortunistiche.
Sarebbe necessario diffondere la cultura della sicurezza del lavoro nell’ambito delle imprese, in particolare dove si riscontra maggiore incidenza degli infortuni, ossia nelle piccole imprese o in quelle subappaltatrici. La piccola impresa non ha il direttore dei lavori per cui, con risultati molto negativi, la prevenzione non viene rispettata.

MARAVENTANO
Esiste un fenomeno di sfruttamento minorile?

GALATI
Si tratta di un fenomeno molto limitato, che è stato riscontrato in attività artigianali, specialmente nelle piccolissime imprese di cui parlavo prima.

MARAVENTANO
Può riferirsi a una particolare comunità?

GALATI
Il fenomeno è piuttosto riferibile alla comunità cinese, come del resto avviene in tutta Italia.

MARAVENTANO
Ci può fornire dei dati?

GALATI
Al momento non ho dei dati precisi, ma ve li potrò fare avere.
Desidero aggiungere che considero molto interessante il lavoro che state svolgendo. Se mi permettete un suggerimento, vorrei ricordare che presso la Corte di cassazione, ambito da cui provengo e in cui ho lavorato per sedici anni, vi è una sezione specializzata, la IV sezione penale, che si occupa degli infortuni sul lavoro. In questa sezione operano colleghi specializzati, che hanno una cognizione e una visione completa e che possono offrire suggerimenti utili anche per riforme legislative o per consentire un’interpretazione più aderente alla realtà delle leggi in vigore. È vero che un passo avanti è già stato fatto con il Testo unico, ma ritengo che ascoltare questi colleghi potrebbe darvi un aiuto molto incisivo. Posso anche indicarvi qualche nome: il presidente Carlo Brusco, il presidente Francesco Marzano, la collega Piccialli, che è molto brava ed ha scritto moltissime sentenze in materia di lavoro, immagino perché sia il suo campo di specializzazione. Credo che tali persone potranno darvi un contributo che ritengo incisivo e positivo nel quadro generale che volete definire.
Avevo pensato che la vostra indagine si limitasse soltanto all’Umbria, ma lei, signor Presidente, ha fatto presente che riguarda tutto il territorio nazionale.

PRESIDENTE
Oggi ascoltiamo le figure istituzionali umbre in relazione alla situazione della vostra Regione, ma si tratta di un’indagine nazionale, svolta Regione per Regione. Pensiamo infatti che, come sta accadendo oggi, la vicinanza tra istituzioni e il confronto diretto con le figure istituzionali sia molto utile per comprendere meglio il fenomeno.

GALATI
È utilissimo.

PRESIDENTE
Esiste una sezione specializzata presso la procura di Perugia per quanto riguarda gli infortuni?

GALATI
Non c’è una sezione specializzata, né posso averla, visto che siamo solo in tre.

PRESIDENTE
Non a caso ho parlato di Perugia. Sarebbe infatti interessante se anche all’interno delle procure – da parte nostra, ci metteremo in contatto con la IV sezione penale della Corte di cassazione e con le persone da lei indicate – si iniziasse ad avere un confronto con personalità interessate in modo più specifico a questi temi. Sarebbe più interessante per tutti.

GALATI
Infatti si tratta di uno degli argomenti sul quale è mia intenzione svolgere un approfondimento ed organizzare una riunione con i procuratori del distretto, con i responsabili dell’INAIL e delle forze dell’ordine, per arrivare ad una relazione contenente anche proposte operative che portino a una soluzione di quei problemi che quotidianamente si pongono, anche in termini di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

PRESIDENTE
E direi anche in relazione alla gestione dell’evento. Qualche tempo fa abbiamo scritto a tutti i procuratori generali per chiedere loro un’attenzione per quanto riguarda, ad esempio, gli incidenti che avvengono su strada – non mi riferisco agli incidenti in itinere – perché spesso nelle prime rilevazioni vengono considerati come infortuni stradali. Quindi consideriamo con grande interesse una maggiore collaborazione con la magistratura su questo tema.

GALATI
E di questi incidenti ce ne sono tanti.

PRESIDENTE
Ci sono molto attività svolte in moto, ad esempio.

GALATI
Con l’utilizzo di mezzi. Ad esempio, si verifica lo sfruttamento dell’autista che deve raggiungere il più presto possibile un certo luogo, va considerato il fattore stanchezza e altro ancora.

PRESIDENTE
I fattori da considerare sono diversi.
Noi dobbiamo principalmente capire quali sono le situazioni in cui si applicano norme e regole ed intervenire rispetto a quelle in cui ciò non accade. L’esempio fatto da lei, che pure si verifica, è un caso di trasgressione. Lei sa meglio di me, per la funzione che svolge, che il camionista è tenuto a rispettare orari di guida e orari di sosta, tanto che tutto viene registrato in quella che potremmo definire una sorta di scatola nera presente sul mezzo.

GALATI
Ma se l’autista supera questi limiti e non rispetta la sosta, la responsabilità è soltanto sua?

PRESIDENTE
Qui non stiamo facendo un’udienza.

GALATI
Non lo dico per una mia deformazione professionale.

PRESIDENTE
Si tratta di capire in primo luogo se vi è una carenza a livello normativo e poi come le norme vigenti vengono attuate, verificando se si determina a monte un condizionamento nei confronti dell’autista che gli impedisca di fargli rispettare le norme che pure esistono.

GALATI
Le norme ci sono, a mio avviso.

PRESIDENTE
Credo che la magistratura potrebbe offrirci un grande aiuto anche nell’interpretazione delle norme esistenti, perché l’impatto della bontà della norma e l’applicazione della stessa è di vostra competenza.

GALATI
Il mio suggerimento di ascoltare i colleghi della IV sezione è proprio motivato dal fatto che l’interpretazione delle norme è funzione propria della Corte di cassazione nelle sue funzioni di legittimità. Tra l’altro, non ho ricevuto l’invito che avete rivolto ai procuratori perché non mi ero ancora insediato in questo incarico.

PRESIDENTE
Infatti l’invito risale a due anni fa.

GALATI
Quando ancora non mi ero insediato.

PRESIDENTE
Bisogna evitare che in uno stesso tribunale su temi identici ci siano differenti interpretazioni – chiamiamole così – e forse anche differenti sentenze.

GALATI
È una conseguenza. Si richiede uniformità di indirizzo.

PRESIDENTE
Occorre un po’ più di collaborazione anche tra di noi, che poi è uno degli aspetti che si vorrebbe far emergere dall’incontro odierno.

GALATI
Sono favorevole a questi incontri e alle collaborazioni, perché portano sempre risultati positivi.

PRESIDENTE
La ringraziamo per averci offerto il suo contributo, signor procuratore. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del direttore regionale del lavoro e del direttore regionale dell’INAIL

Intervengono il direttore regionale del lavoro, dottor Sabatino Chelli, e il direttore regionale dell’INAIL, dottor Tullio Gualtieri.

PRESIDENTE
Ringrazio il dottor Sabatino Chelli, direttore regionale del lavoro, per la sua partecipazione e per la collaborazione che offrirà ai nostri lavori. La nostra presenza a Perugia s’inserisce nel contesto di una serie di visite sul territorio nazionale che stiamo svolgendo in riferimento ai compiti propri della Commissione parlamentare d’inchiesta al fine di comprendere la situazione in tema di contrasto degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali. Vorremmo comprendere in modo particolare perché si determinano ancora tante morti sul lavoro. La pregherei quindi di darci un quadro dell’attività e dell’organizzazione della direzione regionale del lavoro in questa Regione.

CHELLI
La direzione regionale del lavoro non è l’unico ufficio del Ministero del lavoro presente a livello territoriale; ci sono infatti anche le direzioni territoriali, che fino a pochi mesi fa si chiamavano direzioni provinciali, con compiti più prettamente operativi anche sul versante delle verifiche ispettive, del controllo sulla regolarità lavoristica e, in parte, anche per la materia prevenzionistica. La direzione regionale del lavoro esercita anche compiti di tipo ispettivo, laddove sia necessario in funzione di coordinamento, ma ha soprattutto la funzione di coordinare gli uffici territoriali rispetto alle tematiche della vigilanza.
Per quanto riguarda la Regione Umbria, ho riportato i dati sulla situazione dei nostri uffici, dai quali emerge una situazione sostanzialmente soddisfacente. Abbiamo 89 ispettori del lavoro, di cui 11 sono ispettori tecnici. Ci sono poi altri 3 ispettori amministrativi in arrivo, che sono transitati nel ruolo tecnico; il totale è sempre quello, ma alcuni si sono spostati dal ruolo amministrativo al ruolo tecnico, potenziando, sia pure in piccola parte, la dotazione di ispettori strettamente tecnici, che hanno competenza soltanto in alcuni settori determinati dall’articolo 13 del decreto legislativo n. 81 del 2008. Questa competenza si esplica principalmente nel settore dell’edilizia, perché gli altri settori sono abbastanza residuali; abbiamo qualche lago e qualche fiume, ma i lavori subacquei non sono certamente le attività prevalenti. L’unico settore in cui vi è competenza concorrente per quanto riguarda la materia prevenzionistica tra il nostro ufficio e le ASL, che sono il soggetto competente, è l’edilizia.
Per quanto riguarda l’attività svolta dal personale che ho richiamato, l’anno scorso sono state effettuate 4.122 verifiche ispettive. Se facciamo una media tra le ispezioni e il personale in forza, emerge un dato di circa 40 ispezioni per ispettore. È un dato apparentemente non brillante, ma bisogna tener conto che gli ispettori del lavoro sono attualmente gli unici funzionari amministrativi che il Ministero ha reclutato negli ultimi dieci anni. Ciò significa che questi funzionari sono spesso costretti ad essere impiegati in attività di carattere non ispettivo.
Per quanto ci riguarda la percentuale d’impiego è fortunatamente abbastanza positiva, nel senso che abbiamo ancora una buona dose di personale amministrativo e questo ci consente di utilizzare gli ispettori prevalentemente per l’attività principale per cui devono essere impiegati e quindi le verifiche ispettive.
Ricordo che sono stato già ascoltato da questa Commissione sul tema della sicurezza sul lavoro, in occasione di un evento infortunistico particolarmente grave avvenuto presso la ThyssenKrupp di Terni; allora ero direttore provinciale di Terni, mentre adesso mi trovo sempre nella stessa Regione ad operare in una veste diversa. Il dottor Gualtieri vi riporterà nei dettagli i dati numerici sui settori produttivi in cui il fenomeno infortunistico incide in misura maggiore. Il problema principale che emerge dalla nostra attività, rivolta prevalentemente alla tutela del lavoro dal punto di vista della regolarità dell’inquadramento normativo e previdenziale e non tanto dal punto di vista della sicurezza, se non per quanto riguarda l’edilizia, è la frammentazione del tessuto produttivo. L’Umbria è infatti una Regione in cui, a parte alcune grosse realtà come la ThyssenKrupp di Terni, c’è una presenza di imprese sostanzialmente piccole e medie. Dal punto di vista della sicurezza ciò è un problema perché l’applicazione delle tutele previste dal decreto legislativo n. 81 del 2008 riesce abbastanza bene rispetto ad aziende che hanno strutture organizzative importanti, mentre nelle piccole e piccolissime aziende diventa problematica, proprio perché diventa difficile anche fare delle verifiche su queste aziende. Spesso si tratta infatti di realtà talmente piccole in cui nemmeno la minaccia della sanzione per quanto pesante, come previsto attualmente dalle norme, riesce effettivamente a fungere da deterrente sufficiente per il rispetto di regole che, seppur doverose, implicano un costo per le aziende.
Un altro fenomeno importante, che mi sembra il caso di evidenziare, è legato alla presenza, soprattutto nei settori più delicati dell’edilizia e della metalmeccanica, delle cosiddette esternalizzazioni produttive, con le lavorazioni in appalto e subappalto. Anche su questo punto il decreto legislativo n. 81 pone dei presidi stringenti perché è previsto un obbligo di valutazione dei rischi interferenziali, che sono quelli che derivano dalla contestuale presenza in un ambiente lavorativo di più soggetti che vi lavorano. È chiaro però che in queste situazioni c’è un rischio di sicurezza molto più elevato perché le ditte che entrano a lavorare nelle aziende non sempre si coordinano con chi già vi lavora.
Un altro problema specifico del settore edile è la presenza di imprese che sono addirittura individuali, cioè imprese artigiane singole che spesso nascondono una forma di mascheramento di lavoro subordinato, se non addirittura di lavoro nero vero e proprio. Spesso si trovano a lavorare nell’organizzazione complessiva del cantiere soggetti che sono formalmente inquadrati come artigiani, ma di fatto lavorano a pieno titolo nel ciclo produttivo complessivo del cantiere. Questo dal punto di vista della sicurezza è un problema notevole, che attualmente è di difficile soluzione. A livello ispettivo ci sono degli strumenti, i rapporti di lavoro si possono riqualificare, e certo si possono applicare le sanzioni previste in questi casi, ma dal punto di vista della sicurezza si dovrebbero individuare requisiti più stringenti per quanto riguarda la qualificazione di questi soggetti. Non è infatti opportuno e neanche giusto dal punto di vista della concorrenza strettamente economica che soggetti privi di qualificazione acquisiscano una qualifica formale di artigiani e possano poi lavorare in realtà così a rischio senza che ci siano conseguenze per il committente, che è tenuto al rispetto di obblighi stringenti. Come sapete tutti, infatti, gli obblighi di coordinamento dei modelli di sicurezza per i lavoratori autonomi non sono gli stessi di quelli per i lavoratori subordinati. C’è un obbligo, previsto dal decreto legislativo n. 81, di adottare delle forme di coordinamento anche per la sicurezza, ma è chiaro che il lavoratore autonomo in quanto tale è lui il responsabile principale della propria sicurezza. Laddove questo lavoratore autonomo non sia tale, il rischio per la sicurezza è notevole. Ripeto poi che c’è anche un problema di funzionamento corretto del mercato.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda la professione dell’imprenditore nelle costruzioni e nell’edilizia, la nostra Commissione si sta ponendo il problema seriamente perché non ci si può iscrivere dalla sera alla mattina alla camera di commercio e diventare soggetto che può gestire ogni cosa, non tanto nel pubblico quanto nel privato.
Per quanto riguarda le attività ispettive di vostra competenza, relative al settore dell’edilizia e delle costruzioni in genere, avete rilevato cantieri che avevano un significativo numero di persone non in regola? Lei sa benissimo che abbiamo una normativa molto chiara e netta che, superato il limite del 20 per cento di lavoratori irregolari, prevede la chiusura del cantiere. Vorrei avere qualche dato a tale riguardo per capire come è la situazione. Considerato che continua a salire il numero dei morti in questa Regione, il numero degli infortuni e il fatto che dalla tara delle ore lavorate non emergono grandi elementi per poter pensare ad un trend significativamente positivo e in ribasso, è chiaro che ci poniamo il problema di come stanno andando le cose.

CHELLI
Vorrei riferirmi al dato dell’anno scorso che è più significativo rispetto al dato storico; per quanto riguarda le verifiche specifiche, l’anno scorso nei cantieri abbiamo ispezionato circa 540 aziende, per un numero di cantieri pari a 343. Il numero dei cantieri è minore di quello delle aziende perché al loro interno operano diversi soggetti e diverse aziende. Le percentuali di irregolarità sono abbastanza elevate sia per le aziende che per i cantieri. Parliamo di percentuali superiori in entrambi i casi al 70 per cento; 75 per cento per le aziende e 86 per cento per i cantieri. Bisogna anche dire, considerando che sto parlando di fronte a soggetti che hanno una rappresentatività e poteri particolarmente incisivi, che non sono irregolarità sempre così gravi da giustificare il rischio infortunistico. Nel tasso di irregolarità delle nostre statistiche c’è dentro tutto.

PRESIDENTE
Cerchiamo di essere allora più precisi ed evitare così di fare riferimento alle sanzioni amministrative. Quanti sono i lavoratori irregolari?

CHELLI
Abbiamo trovato 889 lavoratori irregolari, rispetto ai quali abbiamo fatto 120 provvedimenti di sospensione per attività imprenditoriale, perché era stato superato il limite del 20 per cento e soltanto 3 provvedimenti per violazioni reiterate e gravi in materia di sicurezza.

PRESIDENTE
Qual è quindi la percentuale relativa al lavoro nero?

CHELLI
Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali calcola tale percentuale sul totale dei lavoratori irregolari; calcolata in base a questo criterio siamo al 27 per cento. Se invece consideriamo i lavoratori in nero sul totale dei lavoratori verificati e, quindi, su tutte le posizioni lavorative, regolari e irregolari, siamo al 12 per cento, che è una percentuale in linea con i dati statistici dell’ISTAT. Il problema dell’efficacia dell’attività ispettiva è invece diverso perché è chiaro che la verifica del lavoro nero non necessariamente coincide con la realtà statistica. Potremmo in teoria trovare tutti i lavoratori in nero che esistono in Umbria, che sono l’11 per cento del totale della forza lavoro operante nella Regione, e arrivare a percentuali molto più alte.
C’è da dire che ci sono margini di miglioramento nella nostra attività e il Ministero ci sta indirizzando sempre meglio per un’attività ispettiva il più possibile mirata su questi fenomeni più gravi.
Questi dati numerici sono comunque significativi, quasi 900 lavoratori in nero, in una Regione così piccola. Complessivamente il tasso di irregolarità è abbastanza elevato.

PRESIDENTE
Dunque, 899 lavoratori in nero, ma su quanti?

CHELLI
I lavoratori irregolari sono 1.100. I lavoratori complessivamente verificati sono circa 4.000.

PRESIDENTE
Quindi, se i lavoratori irregolari sono circa 900 su 4.000, il rapporto percentuale è superiore al 20 per cento.

CHELLI
In base al mio calcolo, il rapporto è intorno al 12 per cento.

PRESIDENTE
Se i numeri sono questi, la percentuale non è del 12 per cento, ma oltre il 20 per cento.

CHELLI
Non ho con me il dato complessivo preciso sui lavoratori, ma ricordo che la cifra era intorno ai 4.000-4.500.

PRESIDENTE
Avrebbe dovuto portare con sé i dati precisi.

CHELLI
Comunque la cifra è quella che le ho detto.

PRESIDENTE
Sentiamo ora quali elementi ci fornisce il dottor Gualtieri, direttore regionale dell’INAIL.

GUALTIERI
Potrei fornire alla Commissione una grande quantità di dati, ma credo che i dati sull’andamento infortunistico di questa Regione siano ampiamente conosciuti sia per quanto riguarda gli infortuni per così dire normali, sia per quanto concerne le cosiddette morti bianche. Questa Regione è strutturata, a livello istituzionale, più o meno come sono strutturati gli uffici periferici del Ministero del lavoro.

PRESIDENTE
Conosciamo bene la struttura, entri pure nel vivo.

GUALTIERI
Come sapete, questa Regione purtroppo è ancora capofila per quanto riguarda l’andamento infortunistico, o meglio per quanto riguarda più segnatamente gli indici di frequenza. Noi adottiamo alcuni indicatori che tengono conto degli infortuni indennizzati in un triennio di riferimento rispetto agli addetti uomo. Questi due indicatori nell’ultimo triennio consolidato che ci è dato di conoscere, il 2006-2008, registrano l’indice di frequenza più alto d’Italia. Enunciato in questo modo il dato impressiona, considerato che in effetti questa Regione è fortemente impegnata nell’adottare misure e progetti finalizzati a reagire a questo tipo di infortuni e quindi a generare un’inversione di tendenza. Per questo negli ultimi anni, al di là degli indici di frequenza, la Regione ha registrato una contrazione del fenomeno infortunistico, che ormai possiamo considerare strutturale. Ovviamente quando si parla di fenomeno infortunistico ragioniamo in termini di dati, di finestre, di trend che come minimo devono fare riferimento al triennio, perché il differenziale da un anno all’altro è poco significativo. Dal 2006 al 2010 vi è stato un decremento del 21 per cento.

PRESIDENTE
Stando a questi dati, come spiega il dato molto negativo relativo al triennio 2006-2008? Siamo nel 2012 ed il trend potrebbe definirsi apprezzabile, lei invece parlava di primato negativo.

GUALTIERI
È assolutamente apprezzabile. Evidentemente non sono riuscito a chiarire il mio pensiero. Quel che intendevo dire è che, ancorché l’Umbria in riferimento a quegli indicatori ancora sconti questo primato negativo, registra tuttavia negli anni un trend che è assolutamente di decremento continuo: siamo passati dai 18.836 infortuni del 2006 ai 13.332 del 2011. Rapportando questo dato a quei due indicatori che sono utilizzati come indici di frequenza, in questa Regione si registra ancora un andamento negativo. È un andamento che però tendenzialmente registra in modo esponenziale una diminuzione continua e strutturale del fenomeno infortunistico. Ovviamente è compito dell’INAIL erogare le prestazioni a chi subisce l’infortunio o contrae le malattie professionali, ma anche esercitare, attraverso le proprie professionalità, una mission finalizzata a generare prevenzione nei luoghi di lavoro.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda i decessi, però, il trend è opposto o per lo meno dà questo segnale negativo di ripresa.

GUALTIERI
Per quanto riguarda i decessi, prendendo come spettro il riferimento temporale che assumevo prima per gli infortuni nel loro complesso, si è registrato negli ultimi anni un annus horribilis, il 2006, con 27 infortuni. Se ne sono poi registrati 19 nel 2007, 16 nel 2008, 17 nel 2009, 16 nel 2010 e 18 nel 2011.

PRESIDENTE
La devo correggere in base al dato fornito dal Presidente della Regione Umbria, che è di 20 infortuni mortali nel 2011. Forse questa discrepanza è dovuta al fatto che avete tempi diversi per confermare il numero.

GUALTIERI
Confermo il dato di 18 infortuni, 17 occorsi sul lavoro ed uno in itinere.

PRESIDENTE
Probabilmente prima di luglio, quando definirete il dato certo, vi allineerete con la Regione.

GUALTIERI
Questo è un elemento sostanziale. Per quanto riguarda l’anno di riferimento 2011 il dato non è ufficiale ma è destinato a consolidarsi.

PRESIDENTE
Le voglio ricordare questo dato perché ce lo ha fornito la Regione Umbria. Probabilmente l’INAIL sta ancora trattando alcuni casi per poter stabilire poi entro luglio l’ufficialità del numero.

GUALTIERI
Per quanto riguarda il dato statistico, relativo all’andamento dei casi mortali, l’indice ovviamente registra un segnale diverso, opposto. Noi siamo molto attenti agli infortuni mortali, non solo per quanto riguarda gli aspetti relativi alla prevenzione e all’indennizzo, ma anche per quanto riguarda la cosiddetta presa in carico dei familiari del lavoratore deceduto. Bisogna dire, non per alleviare questo dato, che certamente è negativo, perché bastano pochi decessi perché nella società civile si crei allarmismo, che i dati sono tali, in termini di differenziale da 16 a 18, da incidere nella percentuale in modo più rappresentativo e più impressionante di quanto non sia in sostanza. Bisogna anche dire, per dare l’entità del dato, che a livello nazionale, come la Commissione saprà, per la prima volta nell’anno 2010 il nostro Paese è sceso sotto i 1.000 decessi per causa di lavoro, attestandosi a 980 rispetto agli oltre 1.000 dell’anno precedente.

PRESIDENTE
L’INAIL è molto attiva ed attenta per quanto riguarda l’attività di prevenzione. Ci sono progetti nella Regione che coinvolgono le scuole in modo particolare?

GUALTIERI
Come le dicevo prima, il legislatore dal 2000 in poi ha rigenerato le funzioni e la mission dell’INAIL, assegnando all’Istituto precisi compiti nell’ambito della prevenzione. Oggi l’Istituto, come la Commissione sa, è legittimato ad esercitare funzioni prevenzionali a tutto campo. Gli aspetti relativi alla scuola sono a nostro avviso fondamentali: oltre a quelli di carattere nazionale, sviluppiamo a livello locale dei progetti specifici perché riteniamo che l’informazione, la formazione, ma soprattutto la sensibilizzazione sulla tematica degli infortuni sul lavoro e della prevenzione debba nascere proprio in età scolare. L’INAIL a livello regionale intende trasferire nella popolazione dei lavoratori e soprattutto degli studenti la consapevolezza che una cosa è la sicurezza, una cosa è il senso della sicurezza.
È in nuce un progetto con i Vigili del fuoco, con i quali intendiamo entrare nell’età scolare minima. Abbiamo inoltre in piedi un progetto con l’ufficio scolastico regionale che ormai è biennale, ma suscettibile ovviamente di una successiva reiterazione, attraverso il quale entriamo nelle scuole medie superiori e ci rivolgiamo agli studenti, segnatamente agli studenti del quarto e del quinto anno, coloro che dovranno di lì a poco intraprendere comunque un impegno nella società.

PRESIDENTE
Che popolazione coinvolgete?

GUALTIERI
Su questo progetto sperimentale il 14 marzo saremo al liceo classico Mariotti. Quattro classi saranno impegnate in una sorta di workshop con l’INAIL, nel corso del quale svilupperemo un video che abbiamo realizzato con l’Associazione nazionale fra lavoratori mutilati e invalidi del lavoro (ANMIL), alcune associazioni di categoria e le parti sociali e porteremo alcune testimonianze. L’effetto è quello di una sensibilizzazione.

PRESIDENTE
Precedentemente ci sono stati altri progetti dell’INAIL Umbria dedicati alle scuole?

GUALTIERI
Sì, oltre a questo abbiamo altri progetti. In passato abbiamo incontrato diverse scolaresche intrattenendole proprio sulle tematiche degli infortuni sul lavoro e sulla conoscenza del fenomeno, agendo soprattutto con l’ufficio scolastico regionale, che ovviamente è il volano verso le direzioni scolastiche.

PRESIDENTE
Poiché abbiamo parlato del numero complessivo degli infortuni mortali che si sono determinati, potrebbe fornirci i dati disaggregati per singole categorie cui essi si riferiscono?

GUALTIERI
Nel 2012 si sono già registrati quattro infortuni mortali in questo territorio.

PRESIDENTE
È un brutto segno, essendo passati appena due mesi dall’inizio del 2012.

GUALTIERI
Tende al superamento in modo esponenziale.

PRESIDENTE
Questi quattro decessi si sono determinati entro febbraio?

GUALTIERI
Sì, entro febbraio.

PRESIDENTE
In quali settori?

GUALTIERI
Questi quattro infortuni accaduti nel 2012 hanno riguardato settori differenziati: un infortunio è accaduto in itinere, un altro ha riguardato la caduta di un lavoratore dall’alto in un cantiere edile, un altro la caduta dal camion di un lavoratore mentre chiudeva il telone, mentre un altro infortunio è accaduto ad un dipendente della Provincia di Perugia che è rimasto folgorato mentre ripuliva una macchina spargisale con un’idropulitrice.

PRESIDENTE
L’ultimo a che data risale?

GUALTIERI
L’ultimo è del 28 febbraio 2012, avvenuto in località La Bruna nel Comune di Castel Ritaldi.

PRESIDENTE
Lei ha i dati disaggregati relativi agli infortuni e alle morti sul lavoro?

GUALTIERI
Non li ho.

PRESIDENTE
Allora li chiederemo direttamente all’INAIL di Roma.
La ringraziamo per la sua disponibilità. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del comandante della legione Carabinieri Umbria e del direttore regionale dei Vigili del fuoco

Intervengono il comandante della legione Carabinieri Umbria, generale di brigata Antonio Marzo, accompagnato dal comandante del nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di Perugia, luogotenente Angelo Borsellini, e dal comandante del nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di Terni, luogotenente Vincenzo Castellano, e il direttore regionale dei Vigili del fuoco, ingegner Gioacchino Giomi.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca ora l’audizione del generale Antonio Marzo, comandante della legione Carabinieri Umbria, accompagnato dai responsabili territoriali del nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di Perugia, luogotenente Angelo Borsellini, e di Terni, luogotenente Vincenzo Castellano, nonché dell’ingegner Gioacchino Giomi, direttore regionale dei Vigili del fuoco dell’Umbria.
Vi ringrazio per la presenza e la partecipazione. L’obiettivo della nostra Commissione parlamentare d’inchiesta è di comprendere in che modo nelle varie Regioni d’Italia si sta contrastando il fenomeno, purtroppo non ancora debellato, degli infortuni e delle morti sul lavoro. Sarebbe utile avere da voi, in base alle vostre competenze e conoscenze, elementi per delineare un quadro più esatto della situazione.

MARZO
Signor Presidente, vorrei intanto porgere il nostro saluto alla Commissione parlamentare d’inchiesta. L’attività dell’Arma dei Carabinieri in Umbria è organizzata da un comando legione, che ha sede a Perugia, due comandi provinciali, con sede nei rispettivi capoluoghi di Provincia, dodici comandi di compagnia (nove nella Provincia di Perugia e tre nella Provincia di Terni), novantasei comandi di stazione, a fronte dei novantadue Comuni presenti sul territorio. I comandi sono distribuiti uniformemente su tutto il territorio e costituiscono dunque un occhio particolarmente importante per monitorare anche il fenomeno degli infortuni sul lavoro. Al fianco dei reparti dell’organizzazione territoriale operano i nuclei ispettorato del lavoro di Terni e Perugia, nonché i nuclei speciali (ecologico, antisofisticazione e sanità, anticrimine).
Pur in un quadro normativo che offre una limitatissima possibilità di azione, l’Arma dei Carabinieri svolge una concreta e sistematica attività di contrasto soprattutto al fenomeno del lavoro nero, ma anche alle violazioni delle norme per la tutela e la sicurezza sui luoghi di lavoro. Vengono svolti controlli coordinati e sinergici con le istituzioni legittimate a procedere sul territorio. Come già anticipato, le stazioni dei Carabinieri e i nostri reparti rappresentano un occhio molto importante sul territorio e sono funzionali ad individuare eventuali violazioni delle norme sulla sicurezza, cercando di intervenire subito, in primo luogo inviando specifici formulari alle ASL e alle direzioni provinciali del lavoro.
In ambito di comando provinciale si svolgono riunioni trimestrali, insieme ai reparti speciali, dove vengono individuati sia gli obiettivi che le modalità di intervento nelle varie componenti – con ciò creandosi un’osmosi operativa – oltre alla programmazione calendarizzata di alcuni particolari interventi sul territorio.
Molto utile è stata la convenzione, estesa con un protocollo del 2010 anche alla Provincia di Terni, per il miglioramento dell’attività di prevenzione e controllo della sicurezza, in particolare nei settori dell’edilizia e dell’autotrasporto in cui si registra maggiormente il fenomeno, nonché la promozione della cultura della sicurezza negli ambienti dei luoghi di lavoro. Anche in questo caso sono stati coinvolti i nostri nuclei presso gli ispettorati del lavoro. Posso dire che tale protocollo ha dato risultati positivi in particolare nella Provincia di Terni.

PRESIDENTE
Dal momento che esistono diversi protocolli, lei si riferisce ad uno specifico protocollo con il Ministero del lavoro e delle politiche sociali?

MARZO
Mi riferisco ad un protocollo del prefetto. Si tratta di un protocollo d’intesa assunto a livello locale sulla falsariga di quello deciso a livello nazionale, diretto a favorire la cultura della prevenzione nei luoghi di lavoro, anche attraverso incontri presso le scuole, che si rivelano di indubbia proficuità.
Per quanto riguarda più in generale l’analisi del fenomeno, vorrei trasmettervi alcuni dati che potranno successivamente essere confermati anche dai responsabili dei nuclei dell’ispettorato del lavoro. Nel 2011 l’Arma dei Carabinieri, unitamente ai NIL, ha ispezionato 324 aziende ed ha effettuato 353 accessi, essenzialmente nei settori dell’edilizia e dell’agricoltura. Di fatto, per circa il 60 per cento di tali aziende sono emerse situazioni di irregolarità. Sono stati effettuati controlli su 1.301 lavoratori, di cui 375 irregolari e 151 in nero. È da tenere in considerazione che tali dati si riferiscono esclusivamente all’attività dei nuclei dell’ispettorato del lavoro e dell’Arma dei Carabinieri.

PRESIDENTE
È importante chiarire, dal momento che precedentemente la Commissione ha ascoltato il direttore regionale del lavoro, se i dati che state esponendo riguardano attività svolte esclusivamente dai Carabinieri o congiuntamente ad altri?

MARZO
Si tratta di attività svolta prettamente dall’Arma dei Carabinieri, tra comandi territoriali e nuclei presso gli ispettorati del lavoro.

PRESIDENTE
Nel corso dell’attività ispettiva è presente solo un carabiniere o anche un ispettore dell’ufficio provinciale del lavoro?

CASTELLANO
Signor Presidente, sono il responsabile del nucleo presso l’ispettorato del lavoro di Terni. I dati forniti al comando legione sono riferiti esclusivamente all’attività portata a termine dai nuclei insieme alla componente territoriale dell’Arma.

PRESIDENTE
Quindi stiamo parlando di numeri riguardanti solo l’Arma dei Carabinieri. Volevo una precisazione in proposito, tenuto conto che i Carabinieri del nucleo sono presenti presso gli uffici provinciali del lavoro.

MARZO
Limitandoci a un’analisi generale del fenomeno infortunistico, vorrei sottolineare che il problema si evidenzia soprattutto nel settore agricolo. Spesso l’infortunio scaturisce dai comportamenti assunti dallo stesso imprenditore agricolo che, per imperizia o inesperienza nell’esecuzione dei lavori, non ha l’esatta percezione del rischio e viene coinvolto personalmente nell’incidente, il più delle volte legato a cadute dall’alto.
L’azione di contrasto costituisce un obiettivo prioritario per i reparti dell’Arma interessati, che viene condotta sia in via autonoma sia congiuntamente con i responsabili dell’ispettorato del lavoro. Noi interveniamo principalmente nei cantieri edili, come prescrive la legge, per effettuare controlli soprattutto in materia di lavoro nero. Nell’ultimo triennio, l’attività ha portato alla denuncia di 32 imprenditori, responsabili a diverso titolo di violazioni alla normativa specifica in materia di lavoro.

PRESIDENTE
Siccome il termine «violazione» è un po’ generico, quali sono le specifiche violazioni rilevate?

MARZO
Mi riferisco a violazioni in materia di lavoro nero. In particolare nel settore edile il fenomeno più evidente è quello dell’assunzione in nero o irregolare, da cui può discendere il mancato rispetto delle norme sulla sicurezza. Quest’ultimo è per noi un aspetto secondario, ma grazie all’attività di collaborazione svolta dalle ASL e dai nuclei, è possibile intervenire anche su questi aspetti.

PRESIDENTE
È significativa la presenza di lavoratori stranieri?

MARZO
Gli extracomunitari controllati nel 2010 sono stati 199 (58 a Perugia e 141 a Terni), di cui 70 assunti regolarmente: 21 a Perugia e 49 a Terni. I clandestini sono stati in totale 8, tutti nella Provincia di Perugia, di cui 2 sono stati espulsi a seguito di questo intervento.

MARAVENTANO
Le risultano anche dei minori?

MARZO
Erano presenti 2 minori nella Provincia di Terni, ma non stranieri.

MARAVENTANO
In quale settore?

MARZO
Nell’edilizia.

CASTELLANO
In realtà, si è trattato di due stranieri, mi sembra un tunisino e un egiziano, che successivamente sono stati accompagnati presso un centro di accoglienza per minori, di concerto con la locale autorità giudiziaria.

MARZO
Anche valutando positivamente le attività svolte e i risultati ottenuti, che vedono infortuni e decessi sul lavoro in lieve ma costante diminuzione negli ultimi anni, è nostro dovere non abbassare la guardia ed ottenere sempre un miglioramento delle nostre attività e del nostro impegno sul territorio.
Poiché abbiamo constatato che a Terni ha avuto molto successo il protocollo elaborato nell’ambito della prefettura, sarebbe opportuno estenderlo anche alla Provincia di Perugia, al fine di diffondere anche qui la cultura della sicurezza negli istituti scolastici.
È necessario poi affinare sempre di più i sistemi informativi dell’Arma al fine di rendere sempre più capillare e puntuale la segnalazione degli infortuni sul lavoro. Abbiamo affrontato tale compito predisponendo una sorta di formulario. Attraverso le nostre stazioni, in caso si dovessero individuare cantieri non a norma di sicurezza, potremmo inviare subito tale formulario all’ASL e ai NIL competenti per richiederne successivamente l’intervento.
Occorre inoltre promuovere l’emanazione di norme che consentano l’istituzione di un fondo per l’erogazione di incentivi economici, soprattutto nel settore agricolo, come nel caso della messa a norma di macchine spesso obsolete o pericolose e quindi da sostituire. Spesso sono gli stessi
imprenditori ad usare mezzi non affidabili; è importante creare altresì i presupposti giuridici e sostanziali per far sì che l’attività di informazione e formazione sui rischi connessi alla sicurezza, sui pericoli che possono essere causa di infortuni sui luoghi di lavoro, sia svolta anche da soggetti diversi dai datori di lavoro. Si potrebbe demandare questo compito anche a soggetti pubblici, in modo da evitare possibili resistenze da parte del datore di lavoro legate alle spese che ne conseguono. È emerso infatti che la formazione e l’informazione sono limitate il più delle volte alla sottoscrizione da parte dei lavoratori di modelli o documenti prestampati, da cui non consegue una effettiva attività informativa.
Sono queste le conclusioni alle quali siamo congiuntamente giunti, che ci auguriamo possano dare l’idea del contributo offerto dall’Arma nel contrasto a tale fenomeno. Il tema degli infortuni sul lavoro nel comparto agricolo è molto sentito in Umbria, soprattutto nella Provincia di Perugia in cui si registra il maggior numero di interventi.

PRESIDENTE
Dalle vostre indagini, anche per gli elementi che avete richiamato, emerge la presenza di organizzazioni malavitose?

MARZO
Al momento non mi risulta che l’Umbria sia un territorio intaccato dalla criminalità organizzata. Indubbiamente, nel corso di recenti operazioni svolte dal ROS, sono emersi interessi malavitosi in tema di riciclaggio, ma posso escludere una presenza significativa della criminalità organizzata sul territorio.

DONAGGIO
Ringrazio gli auditi per la disponibilità, la presenza e le informazioni che ci hanno fornito. Da quando sono cominciate queste audizioni è un mio punto fermo cercare di capire se possano esserci ulteriori interventi da attuare e in quale direzione per far fronte ad una situazione che dai dati resi noti non ci tranquillizza. È necessario partire proprio da questi per comprendere cosa si possa fare per ridurre l’incidenza degli infortuni e delle morti sul lavoro in Italia, considerato che anche a livello europeo il nostro Paese non è messo molto bene.
Mi soffermo in particolare sul fenomeno delle morti sul lavoro. Abbiamo parlato dei problemi del settore agricolo, rispetto al quale si è detto di quattro incidenti, tenuto conto dei dati in forte crescita riferiti al 2011. Gli altri morti sul lavoro allora a cosa sono dovuti e nel corso di quali attività si sono verificati?

MARZO
Si tratta soprattutto di incidenti stradali.

DONAGGIO
È in corso un’attività istruttoria che ci permetta di capire perché nel 2011 vi è stata questa impennata, dopo anni di costante decremento della parte più drammatica di questo fenomeno, che riguarda appunto la perdita della vita?
Vi è poi una seconda questione su cui volevo soffermarmi. In considerazione dei poteri ispettivi che vi sono conferiti, quanti cantieri ed aziende avete chiuso nel corso delle vostre ispezioni perché non in regola? La legge, in materia di sicurezza sul lavoro, vi attribuisce infatti anche il potere di chiudere un’attività produttiva, almeno fino a quando quest’ultima non abbia eliminato le cause che ne hanno determinato la chiusura. Ricordo che accanto al fenomeno delle morti sul lavoro, vi sono decine di migliaia di infortuni sul lavoro, compresi quelli in itinere e quelli all’interno del luogo di lavoro. Ecco perché sarebbe allora interessante capire, al di là di una segnalazione a chi di dovere, quante aziende avete fermato in base ai poteri che sono a voi attribuiti dal decreto legislativo n. 81 del 2008 in attesa di una regolarizzazione rispetto alle cause che hanno determinato l’incidente. Se ci si limita infatti alla mera segnalazione e poi nessuno avverte quell’azienda della possibilità di un fermo nel caso in cui quest’ultima non intervenga per mettersi in regola la situazione non cambia. In base ai poteri previsti dal Testo unico in materia di sicurezza, è stato per voi possibile intervenire rispetto ai tanti incidenti che purtroppo non capitano solamente nel settore agricolo?

CASTELLANO
Sul punto sollevato dalla senatrice Donaggio potremmo forse rispondere noi in qualità di responsabili del nucleo Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Terni e Perugia che si occupa di effettuare materialmente le ispezioni.
Come responsabile del NIL di Terni sottolineo che negli anni 2009, 2010 e 2011 abbiamo eseguito rispettivamente 4, 6 e 9 sospensioni nei confronti di attività d’impresa. In alcuni casi le sospensioni sono rimaste attive, non avendo le imprese provveduto alla regolarizzazione, anche se nel frattempo sono entrate in gioco nuove ditte, forse riconducibili proprio alle stesse imprese precedentemente sospese.
Parliamo comunque di reati contravvenzionali e dunque di pene molto lievi allorquando l’imprenditore continua a svolgere la sua attività nonostante sia stata sospesa. Forse sarebbe stato opportuno inserire un riferimento specifico al sequestro penale, anziché limitarsi ad indicare il decreto di sequestro, che comporta al più un’ammenda pari a 250 euro, che in molti casi cade in prescrizione per i tempi lunghi delle procure.
Il nostro nucleo è composto da tre unità, non sempre a pieno organico, che dipende funzionalmente dal direttore della direzione provinciale competente e che programma e svolge le proprie attività ispettive di concerto con l’autorità giudiziaria. Parliamo di pratiche alquanto impegnative, che però hanno consentito di fare luce su tanti fenomeni che altrimenti sarebbero rimasti sommersi.
Porto come esempio il caso della ThyssenKrupp di Terni, che occupa attualmente circa 3.000 dipendenti, oltre ad altri 3.000 che lavorano nell’indotto. Per quanto riguarda questo indotto, a seguito di nostre ispezioni presso alcune aziende del comparto, abbiamo riscontrato la presenza di persone pregiudicate che, seppur non riconducibili a fenomeni di criminalità organizzata, comunque arruolavano persone cassaintegrate della Provincia di Taranto. Queste persone, benché percepissero i sussidi della cassa integrazione, venivano a lavorare in Umbria determinando da un lato un notevole abbattimento dei costi, ma dall’altro anche una concorrenza sleale nei confronti delle ditte che operano nel settore. Evidentemente, in una situazione del genere le norme sulla sicurezza nei luoghi di lavoro erano totalmente disattese. Pertanto, molti di questi infortuni sicuramente non saranno stati registrati.

PRESIDENTE
Dove andavano a lavorare? All’interno dell’azienda?

CASTELLANO
Sì, all’interno delle aziende.

SPADONI URBANI
Lei si riferisce ad aziende dell’indotto della ThyssenKrupp?

CASTELLANO
Alcune sì.
Si tratta di un’indagine nel corso della quale, tra datori di lavoro e lavoratori, abbiamo denunciato alla procura della Repubblica 32 persone. Ai datori di lavoro abbiamo contestato i reati connessi all’appalto e all’intermediazione illecita con sfruttamento del lavoro, ma penalmente il procedimento è stato prescritto. Infatti, i nostri accertamenti fanno riferimento ad aziende i cui contratti d’appalto risalgono ad uno o due anni prima. Siccome prima di effettuare l’accertamento passa tempo ulteriore accade che molti reati contravvenzionali, dopo tre o cinque anni a seconda della gravità del caso, cadano in prescrizione. Per riuscire poi a portare a termine questo accertamento è stata necessaria la collaborazione dei colleghi che operano a livello locale. Del resto, dovendo identificare e sentire a verbale tra le 200 e le 300 persone, è stato necessario delegare parte delle attività alle varie stazioni competenti per territorio, cui mandavamo un formulario; poi era loro compito interrogare le persone interessate e trasmetterci le informazioni acquisite.
Si tratta di un’attività che volevamo indicare tra le proposte. Del resto, anche se è vero che con l’articolo 603-bis del codice penale è stato introdotto il reato di intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro, non sempre è possibile riscontrare l’aggravante della violenza, della minaccia o dell’intimidazione. In ogni caso, si tratta di un reato che determina un grave danno alle aziende locali che invece pagano regolarmente i contributi.
Ricordo poi che il fenomeno del lavoro nero non è presente soltanto nel settore edilizio. Può accadere infatti che in altri settori questa percentuale sia anche maggiore, solo che mentre il cantiere è visibile a tutti perché si trova sulla strada, la piccola azienda metalmeccanica è sostanzialmente rappresentata da un’officina che molte volte non risulta nemmeno censita e, quindi, risulta difficile intervenire con un accertamento, trattandosi di subappalti.

SPADONI URBANI
Cosa è successo rispetto alle aziende in cui avete riscontrato la presenza di lavoratori cassaintegrati provenienti da Taranto? Il reato è caduto in prescrizione? Si è proceduto nei confronti dell’azienda?

CASTELLANO
Abbiamo informato gli uffici competenti dell’INPS della questione.

SPADONI URBANI
È stata sospesa la cassa integrazione?

CASTELLANO
Dovrebbero averla sospesa.
I procedimenti derivanti dalle nostre informative sulla somministrazione del lavoro sono invece andati in prescrizione. Sottolineo altresì che le aziende che hanno dato il lavoro a questo caporale avevano un’obbligazione solidale.

SPADONI URBANI
Erano in sostanza lavoratori in affitto rispetto ai quali si offriva il servizio?

CASTELLANO
Si faceva la somministrazione del lavoro senza autorizzazione garantendo così un notevole risparmio alle aziende che li registravano.

SPADONI URBANI
Cosa è accaduto a queste aziende dopo il vostro accertamento?

CASTELLANO
Anche se le ditte committenti, in sede civile, hanno dei contenziosi aperti con l’INPS per il pagamento dei contributi evasi, non mi risulta che al momento qualcuno abbia pagato.

SPADONI URBANI
Ci sono quindi due passaggi. Da un lato la ditta che prende il lavoro in affitto...

CASTELLANO
In sostanza la ditta metalmeccanica prende in subappalto il lavoro da qualche grossa azienda. Poi può decidere o di subappaltare a sua volta questo lavoro oppure di far lavorare in nero all’interno della ditta stessa i suddetti lavoratori.

SPADONI URBANI
Immagino che non prenda il lavoro direttamente, ma attraverso un’agenzia di lavoro interinale.

CASTELLANO
Il tramite di questa operazione era in realtà un signore dell’ambiente metalmeccanico di Terni.

PRESIDENTE
Se si fosse trattato di un’agenzia sarebbe stata una naturale somministrazione di lavoro mentre in realtà in questo caso è coinvolta una figura assimilabile al cosiddetto caporale.

CASTELLANO
Il problema non si riscontra soltanto con le aziende metalmeccaniche. In ben 15 appalti pubblici si sono verificate situazioni analoghe.

PRESIDENTE
Appalti pubblici relativi a che settori?

CASTELLANO
A tutti i settori, dalle mense alle scuole, all’edilizia. Si tenga conto che siamo solo in tre presso il nucleo a fare questi controlli, che in realtà andrebbero potenziati.

PRESIDENTE
Credo che questo reato vada al di là della specificità delle questioni di cui si occupa la Commissione. Non si parla solamente di reati relativi alla sicurezza nei luoghi di lavoro, ma di un complesso di reati tra cui anche la truffa ai danni dello Stato. C’è un coinvolgimento più generale delle Forze dell’ordine, Carabinieri o polizia che siano. Le questioni di cui si sta parlando vanno oltre le competenze dei tre componenti del nucleo presso l’Ufficio provinciale del lavoro.
In ogni caso, tenuto conto che è la prima volta che ci capita di ascoltare un fatto del genere, ritengo sia bene alzare i livelli di guardia.

CASTELLANO
Nell’ambito della nostra attività di polizia giudiziaria presso il nucleo dal 2007 al 2011 risultano recuperi contributivi, l’emersione di lavoro nero, anche se avendo una competenza limitata in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro...

PRESIDENTE
Qui si va oltre i problemi di sicurezza sui luoghi di lavoro.

CASTELLANO
Si sta parlando però di persone che lavorano senza formazione ed informazione.

PRESIDENTE
Sì, ma la questione riguarda ben altri reati e dunque non ci si può limitare solo a valutare le problematiche relative alla sicurezza sui luoghi di lavoro. È solo uno degli aspetti da considerare. Nel momento in cui si evidenzia la truffa nei confronti dello Stato, la somministrazione di manodopera da caporalato, lo sfruttamento della persona, il Codice penale ci aiuta a trovare tanti elementi di imputazione.
Pertanto, avendo compreso il problema – e ribadisco che è la prima volta che sento parlare del reclutamento di soggetti che, pur godendo contestualmente di un ammortizzatore sociale, nella fattispecie la cassa integrazione, provenendo da altri territori vengono poi a lavorare sul territorio di questa Regione – credo sarebbe opportuno che su questo tema le procure della Repubblica, sia di Terni che di Perugia, si attivassero.

BORSELLINI
Nella mia veste di comandante del nucleo dei Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Perugia, vorrei aggiungere che anche noi abbiamo rilevato numerose truffe, particolarmente in questi ultimi tempi, perpetrate dai lavoratori in concorso con i datori di lavoro, circa l’erogazione di indennità di cassa integrazione o di disoccupazione a soggetti che, nonostante gli ammortizzatori sociali di cui godevano, andavano anche a lavorare.
Vorrei sottolineare che l’accertamento non è molto semplice perché non esiste una normativa stringente e ben codificata da parte dell’INPS per obbligare il lavoratore a comunicare preliminarmente la ripresa del lavoro. Siccome la modulistica predisposta dall’INPS porta a conoscenza e impone al lavoratore di comunicare la ripresa del lavoro dopo cinque giorni, succede che il nostro accertamento istantaneo da solo non consente di accertare il reato. Il lavoratore, infatti, afferma candidamente di aver ripreso l’attività il giorno dell’accertamento e dunque di avere cinque giorni di tempo per darne comunicazione.

PRESIDENTE
Questo è vero se lei incontra il lavoratore per strada, ma se riscontra che il lavoratore proviene dalla Puglia e sta lavorando in Umbria (mi pare tra l’altro che prima si parlasse proprio di una presenza criminale, sia pure non organizzata, che si occupa di queste attività) non c’entra il discorso dell’INPS.

BORSELLINI
Qui già entriamo in un ambito un po’ più complesso, ma nella realtà quotidiana svolgiamo accertamenti ispettivi istantanei nel corso dei quali si procede ad un riscontro dei documenti. Laddove fossimo in condizione di accertare che un lavoratore soggetto ai benefici previdenziali previsti per legge in realtà lavorasse, non potremmo di per sé denunciarlo per truffa aggravata ai danni dell’INPS perché la normativa attuale consente allo stesso lavoratore di notificare all’INPS la ripresa del lavoro nei cinque giorni successivi all’accertamento. Quindi, o si procede ad un accertamento preliminare, in modo che successivamente trovi conferma il fatto che egli era già presente almeno cinque giorni prima, altrimenti...

PRESIDENTE
Questo lo vedremo dopo, ma intanto emerge chiaramente un dato: se un lavoratore di Brindisi sta lavorando qui vuol dire che lavora in nero.

BORSELLINI
Sì, ma un conto è la sanzione amministrativa per il lavoro in nero, un conto è contestare una truffa aggravata ai danni dello Stato.

PRESIDENTE
Ma verrà fuori inevitabilmente nel corso dell’indagine, se le cose stanno in questo modo.

BORSELLINI
Viene fuori ma non sempre, perché è un accertamento più complesso.

PRESIDENTE
Ma facciamolo allora più complesso l’accertamento. Bisogna coinvolgere le procure della Repubblica su un fenomeno che appare gravissimo. Se è vero infatti che viene gestito da soggetti criminali e che i lavoratori coinvolti sul territorio non provengono da un ambito provinciale ma da un’altra parte lontana dell’Italia, significa che è in atto un racket (così si chiama); quindi, paradossalmente, gli aspetti legati alla sicurezza sul lavoro diventano secondari in questa vicenda.

CASTELLANO
Comunque tenga presente che questo pregiudicato di cui si sta parlando forniva alle ditte con cui era in contatto una documentazione falsificata con il timbro di una banca da cui risultava il pagamento dei contributi.

PRESIDENTE
Ma se è falsificata questo è evidente! Comunque, questo aspetto sarà compito dell’indagine stabilirlo. La Commissione si sta trovando di fronte ad un fenomeno che le risulta nuovo, inedito. Quanto sta emergendo oggi è di estrema gravità. Si sta parlando del fatto che alcune persone, criminali accertati, di fatto svolgono attività di caporalato, facendo venire a lavorare presso aziende presenti in questa Regione lavoratori che in un’altra Regione godono di ammortizzatori sociali. È un racket. Così lo dobbiamo considerare.

CASTELLANO
L’attività scaturì dal fatto che il tribunale di sorveglianza di Viterbo...

PRESIDENTE
Questo proprio non ci interessa. Ma di cosa stiamo parlando?
State denunciando, cosa di cui vi ringraziamo, un fenomeno importante, nuovo: stando a quanto ci avete detto, siamo in presenza di una sorta di racket dei cassintegrati. È bene utilizzare questa definizione che rende con efficacia il problema. Poi certo bisognerà capirne la portata, le responsabilità, ma sarà compito del magistrato accertarle con il vostro ausilio.

CASTELLANO
Comunque i lavoratori in nero erano 48 e noi recuperammo 807.000 euro di evasione contributiva.

PRESIDENTE
Lavoratori in nero o lavoratori cassaintegrati?

CASTELLANO
Cassaintegrati.

PRESIDENTE
Allora chiariamo meglio questo concetto. Un conto sono i lavoratori in nero, un altro i lavoratori in nero cassaintegrati. Avete trovato quasi 50 lavoratori che appartengono a questa fattispecie; quindi è un racket organizzato. Non è il caso di un amico o di un parente che propone a qualcuno di venire, come si suol dire, ad arrangiarsi, ma di qualcuno che ha invece organizzato e strutturato questa operazione.

BORSELLINI
Per rispondere alla sospensione imprenditoriale cui accennava la senatrice, bisogna precisare che noi solitamente disponiamo la sospensione quando la percentuale di lavoro nero supera il 20 per cento.

PRESIDENTE
Conosciamo molto bene questo riferimento normativo.

BORSELLINI
Al comma 1 dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 81 del 2008, che ho testé richiamato, si parla anche della sospensione che interviene nel caso di violazioni reiterate in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro. Troviamo molta difficoltà ad applicare quella norma perché non disponiamo di una banca dati certa da cui reperire i dati che ci consentano di verificare l’eventuale reiterazione del reato.

PRESIDENTE
Speriamo che questa banca dati arrivi il prima possibile. Del resto, anche a noi capita di fare ogni possibile sollecitazione in questo senso senza comunque ottenere nulla. In questo caso dobbiamo pertanto fare autocritica.

DONAGGIO
In ogni caso, se voi entrate in un cantiere e scoprite che ci sono delle violazioni gravi rispetto alle condizioni di sicurezza, avete l’obbligo di bloccarlo subito, senza aspettare le banche dati: intanto lo chiudete.

BORSELLINI
Si può fare il sequestro penale.

DONAGGIO
Io vi ho chiesto quanti ne avete chiusi e la vostra risposta sembra indicare che non ne avete chiuso nessuno. Capisco che confrontarsi con questo problema non è facile. Si tratta di questioni molto gravi, che possono intimidire, ma c’è chi si fa intimidire e chi no. Dalla vostra risposta emerge che non ne avete chiuso neanche uno. Le norme ci sono, le regole ci sono, adesso manca la banca dati. Ogni volta manca qualcosa.

BORSELLINI
La nostra esperienza, in tema di sequestri sui cantieri edili, è che a volte è stato possibile procedere in questo senso, con riferimento ai fatti più eclatanti, più gravi, più importanti; altre volte si evita perché il sequestro di per sé diventa un ostacolo.

PRESIDENTE
Scusi, ma cosa significa che si evita? Chi lo decide che si evita?

BORSELLINI
Come voi mi insegnate, qualunque violazione in materia di sicurezza è un reato. Ora, poiché anche la mancanza di un parapetto andrebbe sanzionata, trattandosi di un reato che comporta una contravvenzione, se non ci fosse un minimo di discrezionalità da parte dell’ispettore operante, ogni volta che noi verifichiamo una qualsiasi violazione in materia di sicurezza, dovremmo anche procedere al sequestro penale, se ciò fosse utile ai fini probatori o ad altri fini previsti dal Codice di procedura penale. In realtà, c’è un altro strumento, la prescrizione penale, che comporta l’obbligo per il datore di lavoro di ripristinare le condizioni di sicurezza, di solito in tempi estremamente brevi. Questo a volte è lo strumento che riteniamo più utile mettere in atto per consentire il ripristino immediato delle condizioni di sicurezza e la ripresa dell’attività lavorativa della ditta, con il minor danno possibile in termini economici e un evidente vantaggio in termini di sicurezza. Nei casi più gravi abbiamo proceduto al sequestro, anche se in tal caso i tempi per il dissequestro da parte della procura della Repubblica sono stati piuttosto lunghi.

PRESIDENTE
Non è un argomento che la deve interessare nello svolgimento delle sue funzioni. Se una settimana fa presso il cantiere della nuova metropolitana di Roma avessero provveduto a mettere un parapetto, probabilmente avremmo avuto un morto in meno. Se si vede che in un cantiere è una minima parte quella che può creare problemi, si segue questa linea? Quando esistono e concorrono gli elementi per un sequestro, vanno seguite le procedure e basta. L’ufficiale di polizia giudiziaria non ha la discrezionalità per decidere diversamente; è una valutazione che spetta al magistrato. Se poi il sequestro dura più tempo, non si può fare il processo alle intenzioni. Piuttosto si deve prendere atto del fatto che esistono sicuramente motivi tali da richiedere un prolungamento del sequestro.
Sono molto meravigliato da questo incontro, perché quando non si rispetta la legge, chi ha colto tale aspetto non deve dare una propria interpretazione. Lei ha detto una cosa gravissima, cioè che lei dà una sua interpretazione.

BORSELLINI
No.

PRESIDENTE
Come no? Lei ha detto questo. Avrà modo di verificarlo da una lettura del resoconto stenografico.

BORSELLINI
Mi permetta di replicare per fornire una precisazione su un aspetto. Noi, in collaborazione con la direzione provinciale del lavoro, abbiamo sanzionato centinaia di imprenditori per violazioni riferite alla sicurezza. Abbiamo applicato la norma riferita alla prescrizione ai sensi del decreto legislativo n. 758 del 1994. Se però dite che ogni volta che si rileva una violazione prescrizionale in materia di sicurezza dobbiamo procedere anche al sequestro del cantiere, procederemo in tal senso.

PRESIDENTE
Non lo diciamo noi: è la norma che lo dice o non lo dice. Ci vogliamo comprendere su questo? Chiudiamo questo discorso, perché sta diventando antipatico. Non siamo noi a doverlo dire, ma è la norma che lo stabilisce. Se prevede il sequestro, si deve procedere in tal senso, altrimenti no. Poi sarà il magistrato, in base alla gravità (quello che dice e fa lei lo deve fare il magistrato) dei fatti riscontrati a stabilire la durata del sequestro, ma in ogni caso sulla base delle previsioni di legge. Le leggi vigenti vanno rispettate; la loro interpretazione è demandata al magistrato, all’avvocato difensore dell’impresa e a tutti quei soggetti che le ruotano intorno. Lei non ha queste competenze, come del resto non ce le ho io.

BORSELLINI
Ma il discorso è che...

PRESIDENTE
Non se ne può più . Dove trova il ma? Non c’è alcun ma. Se io compissi un certo reato (lasciamo stare le questioni del lavoro) per il quale la legge prevede l’arresto, lei mi arresterebbe o no? Pensa di avere l’opportunità di valutarlo o no? Penso che mi arresterebbe. Lei invece adesso ha detto il contrario, quando ha detto che bisogna valutare. Ma cosa deve valutare? Se la legge stabilisce che io debba essere arrestato, devo essere arrestato.

BORSELLINI
Il problema è che noi riteniamo che la legge non stabilisca...

PRESIDENTE
Ma cosa ritenete voi? Non siete voi a poterlo ritenere!

BORSELLINI
Noi concludiamo la nostra attività insieme alla ASL.

PRESIDENTE
Ma l’ASL non c’entra nulla.

BORSELLINI
Anche loro sono ufficiali di polizia giudiziaria.

PRESIDENTE
Ma non decidete voi l’interpretazione della legge. Generale Marzo, la prego di procedere ad una full immersion per far capire quali sono le competenze ed i ruoli di ognuno, perché qui siamo veramente messi male.

MARZO
Signor Presidente, probabilmente vi è anche l’eccesso dei colleghi di intervenire in una materia prendendo spunto da uno specifico episodio, anche se probabilmente ciò non vuole dire che questa sia la regola di questo territorio. Tra l’altro, poiché io sono arrivato solo a settembre scorso, sarà mia cura accertare meglio la questione, anche se ritengo sia un fenomeno marginale attinente a quello specifico episodio esposto dal luogotenente. È chiaro che nell’interpretazione dei fatti si può anche andare oltre le competenze che sono loro proprie, cosa che assolutamente non deve avvenire, perché la legge va sempre rispettata e deve essere nostra cura muoverci nei canoni previsti dalla legge, senza esserne noi gli interpreti.

PRESIDENTE
Ce lo auguriamo. Vi ringrazio per il vostro contributo.
Do ora la parola all’ingegner Gioacchino Giomi nella sua veste di direttore regionale dei Vigili del fuoco dell’Umbria.

GIOMI
La ringrazio, signor Presidente.
La nostra realtà è costituita da due comandi provinciali: il comando provinciale di Perugia e il comando provinciale di Terni, che sono gli organismi che operano sul territorio regionale. L’attività che svolgiamo è prima di soccorso tecnico urgente e poi di prevenzione incendi. Nell’ambito della nostra attività di prevenzione incendi, la vigilanza sui luoghi di lavoro la espletiamo in virtù di due disposizioni di legge: una è l’articolo 14 del decreto legislativo n. 81 e l’altra è l’articolo 16, comma 5, e l’articolo 19 del decreto legislativo n. 139 del 2006. Il periodo di riferimento dei dati che ora vi fornirò è dal 1º gennaio 2010 al 29 febbraio 2012. I controlli antincendio effettuati nelle attività lavorative sono stati complessivamente 2.166 ed i procedimenti sanzionatori sono stati 37. A questi dati dobbiamo aggiungere, come attività di soccorso tecnico urgente e attività di formazione che facciamo nel settore della sicurezza sui luoghi di lavoro per gli addetti antincendio delle aziende, i seguenti dati: per interventi di soccorso tecnico urgente effettuati nelle attività lavorative, abbiamo 1.362 interventi su un totale di 32.693 interventi di soccorso tecnico urgente espletati in questi due anni di riferimento. Sono stati formati ed addestrati dai vigili del fuoco 1.679 addetti antincendio delle varie aziende presenti nell’ambito del territorio umbro.
I controlli sono stati effettuati in virtù delle seguenti attività: in primo luogo, nell’ambito dei procedimenti di prevenzione incendi, per il rilascio del certificato di prevenzione incendi, fino al 7 ottobre 2011; dopo l’entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 151 del 2011 non procediamo più al rilascio del certificato di prevenzione incendi, ma espletiamo sopralluoghi di controllo a seguito della presentazione e della segnalazione del certificato di inizio attività da parte dei titolari di attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
Ulteriori controlli li facciamo su segnalazioni, esposti e denunce. Eseguiamo inoltre visite a campione per gli ambiti specifici individuati direttamente dal dipartimento dei Vigili del fuoco. Le tipologie di luoghi di lavoro sottoposti a controllo hanno interessato le seguenti attività lavorative: case di cura, attività turistico-alberghiere, attività commerciali, officine meccaniche, falegnamerie, forni industriali e fornaci, attività metalmeccaniche, lavorazioni della plastica, lanifici e mulini per cereali.
Le carenze riscontrate sotto il profilo antincendio sono essenzialmente riconducibili ai seguenti ambiti: documento di valutazione del rischio e piani di emergenza generici, che risultano avulsi dal contesto (di fatto, sono una riproposizione stereotipata di facsimili presenti in commercio); informazioni e formazione non effettuate o effettuate in modo generico e non pertinente allo specifico luogo di lavoro; luci di emergenza assenti o non funzionanti; cartellonistica di sicurezza installata con superficialità, quindi carente, inappropriata oppure superflua in alcuni casi, e disorientante in altri casi; dichiarazioni di conformità di impianti, attrezzature e manufatti incomplete e generiche (utilizzando prestampati da compilare tramite crocette); gestione in generale deficitaria sulle attività controllate; percorsi di esodo e relative uscite di sicurezza parzialmente ingombre di materiali vari, quindi non fruibili o parzialmente fruibili; uscite di sicurezza bloccate con catenacci; presenza di combustibile e liquidi infiammabili in prossimità di apparecchiature elettriche sotto tensione, non schermate o in prossimità di impianti di produzione di calore; presenza di impianti elettrici volanti o provvisori per allacci di utenze; presenza di liquidi infiammabili e prodotti tossici non detenuti in appositi armadi o locali; manutenzione di impianti appaltata a ditte che non hanno una specifica preparazione; molte piccole aziende si affidano per la consulenza a soggetti non competenti.
Nella maggior parte dei casi, volendo riassumere gli aspetti finora esposti, non è stato compreso da tutti i soggetti facenti parte della filiera della sicurezza, a partire dal datore di lavoro, i responsabili del servizio prevenzione e protezione, i consulenti e anche gli installatori, la transizione da un metodo prescrittivo, previsto dal decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, a quello di tipo più valutativo, iniziato con l’emanazione del decreto legislativo n. 626 del 1994.
In generale, la sicurezza è intesa, almeno dove abbiamo riscontrato tali mancanze, come un obbligo fine a sé stesso e quindi non come un modus operandi. Ci si avvale di modulistica e software preconfezionati per la predisposizione del documento di valutazione del rischio, del piano di emergenza e per la formazione dei lavoratori. Si può inoltre constatare la diffusa mancanza di cultura e sensibilità sugli aspetti che riguardano la sicurezza.
Se posso avanzare una proposta, forse sarebbe necessario creare una categoria di tecnici più consapevoli, ben formati nel settore della sicurezza, e decongestionare i datori di lavoro da una serie di incombenze che in alcuni casi diventano difficili da conciliare con la propria attività imprenditoriale.

PRESIDENTE
Come può avvenire questo?

GIOMI
Le farò l’esempio del caso specifico dell’attività di autorizzazione antincendio.

PRESIDENTE
Lei ha affermato che ci vorrebbero tecnici più adeguati anche per sgravare i datori di lavoro da una serie di incombenze. Cosa significa più precisamente?

GIOMI
Conosco perfettamente i soggetti previsti: vi è il datore di lavoro e il responsabile del servizio prevenzione e protezione. A tale proposito, avrei una proposta.

PRESIDENTE
Ci spieghi, perché a noi interessa conoscerla.

GIOMI
Bisognerebbe utilizzare i liberi professionisti, come attualmente avviene, nell’ambito dei procedimenti di prevenzione incendi finalizzati alla presentazione della segnalazione certificata di inizio attività. Il titolare dell’attività, il datore di lavoro, per applicare le norme di prevenzione incendi, emanate con specifiche regole tecniche, si avvale di professionisti abilitati. Questi ultimi si recano presso le aziende, le visitano, verificano quali sono le carenze e impongono al titolare dell’attività l’adempimento di una serie di condizioni necessarie per poter asseverare il rispetto delle norme di protezione.

PRESIDENTE
Ma questo lo debbono fare. Qual è la sua proposta?

GIOMI
La proposta è di formare meglio i tecnici professionisti, in modo tale che siano più consapevoli.

PRESIDENTE
Ma secondo lei chi deve formarli meglio?

GIOMI
Nel caso della sicurezza antincendi, dovrebbero essere i vigili del fuoco. Per gli altri aspetti della sicurezza sui luoghi di lavoro potrebbero essere gli ispettorati del lavoro.

PRESIDENTE
Ma tutto ciò rientra nella professionalità delle persone. La verità è che, purtroppo, per quanto riguarda questi tecnici – forse questo ha voluto dirmi – manca una chiara definizione e identificazione professionale degli stessi. Questo è il problema, tanto è vero che noi stiamo ponendo la nostra attenzione proprio sulla definizione di questi soggetti, che a volte non risultano ben definiti. Ma deve essere anche interesse del titolare dell’impresa avvalersi di tecnici, onde evitare non solo di violare le norme, ma addirittura di essere coinvolti in un dramma, con tutte le sue conseguenze.

GIOMI
Ho avanzato tale proposta perché nel corso degli anni abbiamo avuto un buon risultato con la formazione di tecnici abilitati da iscrivere in elenchi del Ministero dell’interno, finalizzati soltanto a certificare alcuni parametri della prevenzione incendi. Pensavo che potesse essere utile realizzare un percorso analogo in tutti gli altri ambiti per le materie che attengono alla sicurezza nei luoghi di lavoro.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per la collaborazione e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il segretario generale della CGIL Umbria, dottor Mario Bravi, accompagnato dal segretario regionale a capo del dipartimento delle politiche ambientali, territoriale e della sicurezza del lavoro, dottor Vasco Cajarelli, il segretario regionale della CISL Umbria, dottor Claudio Ricciarelli, e il delegato del segretario regionale della UIL Umbria, signora Francesca Fiorucci.

PRESIDENTE
L’ordine del giorno reca l’audizione di rappresentanti di organizzazioni sindacali, che ringrazio per la disponibilità. Vorrei sottolineare che la nostra visita a Perugia non è legata ad eventi particolari accaduti in Umbria, bensì ad un’indagine che possa farci comprendere le eventuali problematiche esistenti a livello regionale, ascoltando tutti i soggetti coinvolti nel perseguimento dell’obiettivo di assicurare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, e le modalità organizzative che si realizzano in tale settore a livello locale a seguito dell’approvazione del decreto legislativo n. 81 del 2008.

BRAVI
Signor Presidente, mi chiamo Mario Bravi e sono segretario generale della CGIL Umbria. Ringrazio lei e la Commissione per questo incontro. Noi pensiamo che la questione della sicurezza sui luoghi di lavoro sia uno degli aspetti più importanti. Nel corso 2011 e nel primo scorcio del 2012 abbiamo verificato un aumento dei casi di infortunio, sia mortali che di altro genere. Non credo sia necessario soffermarsi sui dati, dal momento che immagino siano di vostra conoscenza.

PRESIDENTE
Circa gli infortuni mortali, abbiamo dei dati che indicano una crescita, mentre a noi risulta una decrescita rispetto ad altre tipologie di infortunio.

BRAVI
È vero che c’è una decrescita, ma secondo noi occorre anche tener conto di situazioni che non vengono denunciate, perché riteniamo – questa è una valutazione che abbiamo fatto ascoltando anche i nostri rappresentanti della sicurezza e delle RSU presenti nei posti di lavoro – che la crisi economica e sociale in Umbria non sia inferiore a quella che si registra a livello nazionale; anzi, in proporzione, con 900.000 abitanti, la situazione in Umbria è più pesante che nel resto del Paese. Se guardiamo ad esempio al numero dei cassaintegrati, il trend di aumento è più alto della media nazionale.
Oltre a ciò , c’è un dato molto particolare anche rispetto alla situazione dell’Italia centrale. Rispetto ai tre tipi di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria, in deroga), l’Umbria registra un record di cassa integrazione in deroga che, come sapete, è quella che prevede meno tutele da un certo punto di vista, ma che è legato anche al tessuto produttivo esistente nella nostra Regione, caratterizzato da piccole e piccolissime aziende.
In base ai dati degli infortuni nei luoghi di lavoro, a parer nostro emerge una tendenza, all’interno della crisi, ad allentare le maglie della legalità e della sicurezza. Alcune imprese entrano nella zona del grigio e, in alcuni casi, del nero; abbiamo anche messo in evidenza nel settore dell’edilizia fenomeni di caporalato, che abbiamo denunciato in maniera molto esplicita.
Pensiamo inoltre che l’aumento degli infortuni mortali nei luoghi di lavoro indichi un allentamento della bilateralità. Riteniamo che gli ultimi interventi, anche quelli legislativi a livello nazionale e della Conferenza Stato-Regioni, rischino, con la logica della delegificazione e della semplificazione, di aprire ulteriormente la strada all’allentamento dei controlli. Crediamo che questa strada, su un versante fondamentale come quello della sicurezza, non debba essere percorsa, perché in una Regione come la nostra, dove sono presenti molte piccole e piccolissime imprese, sulla sicurezza nei luoghi di lavoro si rischia di compromettere seriamente la bilateralità. In materia di formazione, consideriamo sbagliata, ad esempio, la recente scelta della Conferenza Stato-Regioni di indicare la silvicoltura come un settore di non alta pericolosità, perché nella nostra Regione abbiamo diversi lavoratori impiegati in tale ambito.
I dati del 2012, aggiornati all’8 marzo, indicano cinque casi mortali sul lavoro: in questa macabra classificazione, se si continuasse con un simile andamento – ovviamente, ci auguriamo che non sia così – si registrerebbe un trend in aumento degli infortuni mortali sul lavoro.

PRESIDENTE
I dati a nostra disposizione indicano quattro decessi fino al 28 febbraio.

BRAVI
I nostri dati indicano cinque incidenti mortali concentrati nella Provincia di Perugia. Il 13 gennaio vi è stato un incidente in itinere ad Assisi che ha coinvolto un meccanico; un incidente in un cantiere edile a Perugia il 24 gennaio, seguito dal decesso avvenuto il 26 gennaio; un altro incidente si è verificato a Norcia il 9 febbraio; a Panicale il 15 febbraio un operaio è caduto da un camion ed è deceduto il 16 febbraio; un ultimo incidente, avvenuto a Castel Ritaldi il 28 febbraio, ha coinvolto un dipendente di un ente pubblico della Provincia di Perugia, che è rimasto folgorato.
L’allentamento dell’attenzione sulle questioni della sicurezza si riscontra soprattutto dagli incidenti mortali, mentre i dati appaiono diversi nella classificazione degli altri incidenti. Sappiamo però da quello che ci dicono i nostri rappresentanti che vi è la tendenza a non dichiarare i fatti che effettivamente accadono e a far percorrere ai lavoratori altre strade. Se leghiamo questo dato all’allargamento dei fenomeni di lavoro grigio e di lavoro nero (perché ricordo che la Guardia di finanza individua laboratori del tessile non solo in nero) constatiamo che il fenomeno del nero è molto rilevante nella nostra Regione e si sta ulteriormente allargando. Ci sono anche soggetti imprenditoriali strani, che definirei in realtà poco raccomandabili, che svolgono funzioni di caporalato non solo nei settori dell’edilizia. Pensiamo quindi che il fenomeno dell’allargamento dell’economia nera e grigia abbia una qualche parentela con la questione degli infortuni sui luoghi di lavoro, mortali e non solo. Crediamo che sarebbe opportuno rafforzare questo concetto della bilateralità. In Umbria abbiamo un comitato a livello regionale che sta lavorando bene in cui sono presenti sindacati, associazioni delle imprese e rappresentanti della Regione. Si tratta certamente di un elemento importante, seppur affiancato da segnali negativi che vengono dal livello nazionale. In Umbria abbiamo infatti sperimentato e individuato lo strumento del documento unico di regolarità contributiva (DURC), che deriva dall’esperienza della ricostruzione che avvenne dopo il terremoto del 1997. Abbiamo però constatato dai vari interventi legislativi una tendenza a mettere da parte questo strumento o almeno ad allentarne la sua funzione; a nostro avviso è un segnale preoccupante, che non va nella direzione giusta.
Ritengo pertanto che ci sia l’esigenza di un intervento più importante, senza allentare l’attenzione. Anche il ruolo delle ispezioni si è ammorbidito per una tendenza del passato e del presente a far diminuire la componente del lavoro pubblico, che spesso è stato criminalizzato. Pensiamo invece che il lavoro pubblico, inteso come elemento di vigilanza degli ispettorati, non possa essere allentato perché altrimenti vi sarebbero conseguenze anche sulla sicurezza dei lavoratori.
Nella nostra Regione si sono verificati incidenti mortali molto gravi, che rappresentano un elemento simbolico. Penso ad esempio alla strage della società Umbria Olii di Campello sul Clitunno in cui, tra l’altro, dal nostro punto di vista c’è stato un approccio da parte di alcune associazioni delle imprese – in questo caso Confindustria – che non è stato all’altezza della situazione e delle tradizioni civili della nostra Regione. Avevamo infatti chiesto a Confindustria di espellere l’imprenditore Del Papa che ha chiesto fino all’ultimo i danni ai familiari delle vittime, ma tale richiesta, che ci sembrava normale, non è stata accolta. Pertanto, anche dal punto di vista della sensibilità complessiva dei soggetti che sono attori fondamentali, notiamo un’attenzione che non è quella che sarebbe necessaria.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda il lavoro nero, vi risultano notizie secondo le quali vi sarebbero soggetti criminali, seppur non facenti parte di un’associazione criminale organica e organizzata, che reclutano cassintegrati da altre Regioni d’Italia e li fanno venire a lavorare in questa Regione, in modo particolare nella Provincia di Terni?

FIORUCCI
Dai dati che abbiamo ci risulta, seppur non con certezza, che qualche infiltrazione di carattere «strano» c’è sicuramente. Per esempio parecchie persone portano lavoratori cinesi da Prato in zone limitrofe dell’Alta Valle del Tevere per lavorare in nero presso aziende quasi del tutto sconosciute. Qualche volta si sono scoperti laboratori anche in altre parti della nostra Regione. Il fenomeno è comunque abbastanza complesso per quel che riguarda la zona dell’Alta Valle.
Da quanto abbiamo potuto constatare, di notte da Prato partono quotidianamente dei furgoncini che trasportano cinesi, che dopo aver lavorato tutta la giornata vengono poi riportati indietro fino a Prato, con tutti i rischi insiti in un tragitto del genere.
Per quanto riguarda le questioni di cui stava parlando il dottor Bravi, nella nostra Regione gli infortuni mortali in rapporto alla popolazione lavorativa si attestano ad un livello molto elevato, che risulta essere il più elevato rispetto al resto d’Italia. Il problema è pertanto di una gravità estrema. Noi, per la verità, ci siamo mossi abbastanza bene per quanto riguarda le aziende di piccole dimensioni, al di sotto delle cinque persone, che hanno il delegato alla sicurezza territoriale attraverso la bilateralità.
Questo allentamento che stiamo verificando attualmente pone sicuramente dei problemi. Vorremmo quindi che i controlli venissero effettuati in maniera diversa e migliore per i rischi connessi al lavoro nero e alle infiltrazioni della criminalità in Umbria. Queste osservazioni non derivano da una constatazione diretta, ma per le notizie che si apprendono.

MARAVENTANO
Quindi, in generale, si sa che esiste anche una forma di criminalità organizzata in questa Regione?

SPADONI URBANI
Si tratta di un fenomeno che è seguito alla ricostruzione.

FIORUCCI
È quello che si legge nei giornali, che generalmente si sente dire, anche se al riguardo non ho però riscontri diretti.

MARAVENTANO
Lei sta facendo un’affermazione che però non deriva dalla sua esperienza. Non si possono fare affermazioni solo per sentito dire, apprese sui giornali o attraverso i media.
Vorrei capire se lei ha la certezza che esiste una forma di criminalità organizzata nei vari settori di lavoro.

FIORUCCI
Non ho una certezza che deriva da un riscontro personale.

SPADONI URBANI
Vorrei ricordare che c’è una commissione istituita presso la Giunta regionale che ha accertato questa presenza in Umbria.

FIORUCCI
Non ho un dato diretto che mi consente di parlare di un’infiltrazione mafiosa. Rispetto a quanto si sente dire, si legge e si constata, probabilmente un’infiltrazione c’è.

DONAGGIO
Ringrazio anzitutto gli auditi per la loro presenza che ci permette di completare il quadro che ci siamo proposti questa mattina sul versante delle rappresentanze sociali. Questa mattina ho rivolto una domanda alla rappresentanza della Giunta regionale, nelle figure del presidente e degli assessori; è chiaro che ognuno è chiamato a rispondere per le cose che sono di sua competenza e non per dire quello che dovrebbe fare l’altro. I soggetti di questa filiera devono cioè chiarire dove sono collocati, quali sono i loro compiti e come svolgono le loro responsabilità. Una della presenze maggiormente rilevanti, anche per i compiti che gli sono attribuiti nel Codice della sicurezza sul lavoro e delle leggi che lo hanno preceduto, tra cui il decreto legislativo n. 626 del 1994, è il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza; una figura che dovrebbe essere l’espressione delle parti sociali e dei lavoratori. Questa è la figura chiave presente nei luoghi di lavoro che hanno certe dimensioni; quando siamo in presenza di imprese di piccole dimensioni diffuse sul territorio, abbiamo il delegato territoriale alla sicurezza.
I rappresentanti della Regione hanno affermato di aver predisposto un piano di formazione. Cosa raccontano i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza, nei luoghi di lavoro e sul territorio, alle organizzazioni sindacali di cui sono emanazione circa la loro attività, i controlli e le modalità di intervento? Ricordo, tra l’altro, che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è tenuto addirittura a firmare il documento di valutazione dei rischi. Si tratta di strumenti che vanno attivati.
In questo momento di riduzione dell’occupazione, con evidenti problemi legati alla crisi, dove i costi della sicurezza vengono considerati un onere aggiuntivo che incide sulle possibilità di sopravvivenza dell’azienda, questa figura svolge, a mio avviso, un ruolo chiave per le informazioni da dare al sindacato per consentirgli di operare all’interno dei luoghi di lavoro. Disponete di un rapporto, di dati, di notizie che ci consentano di sapere direttamente da voi, non apprendendolo dai giornali o sui luoghi di lavoro, come si affronta questo problema nel territorio? Quanto investite su queste figure e quale riscontro avete dalla loro presenza nei luoghi di lavoro, in questo momento di crisi in modo particolare?

RICCIARELLI
Ringrazio la Commissione per l’opportunità che ci offre oggi di esprimere le nostre considerazioni e il nostro punto di vista su un tema così delicato e per certi aspetti inquietante come quello della sicurezza sul lavoro. Siamo una Regione che purtroppo ha indici d’infortuni mortali e gravi sul lavoro molto elevati. Fino a qualche tempo fa avevamo questo triste primato. Credo che nell’ambito della preoccupazione che avvertiamo in Umbria per l’alta incidenza di infortuni non è certamente ininfluente il fatto che l’Umbria è complessivamente fatta di un tessuto economico e imprenditoriale costituito da tante piccolissime imprese. Il 90 per cento delle imprese umbre ha meno di 15 dipendenti ed è un tessuto economico caratterizzato anche da un rapporto con il mercato spesso di subfornitura. La ricerca quindi di produttività e di efficienza delle imprese viene concentrata sulla riduzione dei costi e non tanto sulla qualità, la ricerca e l’innovazione. Quando si tenta di stare sul mercato o di non perdere mercato soltanto attraverso le leve della riduzione dei costi è chiaro che anche la sicurezza diventa un costo.

SPADONI URBANI
È vietato dalla legge.

RICCIARELLI
Per questo siamo preoccupati. È un problema che ci poniamo anche nel rapporto e nelle relazioni sindacali con le associazioni imprenditoriali. Vorremmo cioè aiutare il sistema delle imprese a fare questo salto di qualità, affrontando i problemi veri della competizione e agendo più che sulla compressione dei costi, su investimenti in innovazione, ricerca, specializzazione, cooperazioni e crescita dimensionale. Questa è una riflessione non ininfluente, se vogliamo davvero affrontare i problemi a monte e non soltanto a valle, cioè quando gli incidenti accadono.
Siamo consapevoli che questo chiama direttamente in causa anche il ruolo del sindacato, nel sistema delle relazioni sindacali con le imprese, ma anche nella sua responsabilità di mettere in condizione l’RLS, il rappresentante dei lavoratori, che certamente è la figura più debole nel sistema della rappresentanza (ne siamo consapevoli, tant’è che stiamo cercando di mettere in atto una serie di iniziative, soprattutto in quest’ultimo anno, dopo la pubblicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, coordinato con le modifiche introdotte dal decreto legislativo 3 agosto 2009, n. 106, per qualificare meglio il ruolo dell’RLS) di diventare un elemento della rappresentanza nei luoghi di lavoro che possa davvero dare un contributo nella direzione di migliorare anche l’attenzione dei datori di lavoro rispetto alle proprie responsabilità.
Stiamo lavorando intanto a livello regionale con l’INAIL per creare una banca dati di tutti gli RLS dell’Umbria, per sapere dove e come operano ed avere un contatto con questa rete di RLS. Stiamo cercando di mettere in atto un progetto di formazione più efficace da parte soprattutto di chi deve garantire un’offerta formativa secondo gli obblighi derivanti dai contratti e dalle leggi (le 32 ore di formazione obbligatoria per ogni RLS prevista dal decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modifiche).
Poiché inoltre siamo consapevoli che spesso, soprattutto nelle piccole imprese, l’RLS non viene eletto o nominato con modalità trasparenti e con una partecipazione effettiva dei lavoratori, ma molto spesso è individuato anche dal datore di lavoro, quindi chiaramente opera in una condizione di fragilità e di difficoltà, abbiamo pensato di istituire, per lo più nel settore dell’artigianato (è di circa un mese fa un accordo con le quattro associazioni artigiane e con la Confapi), la figura del rappresentante territoriale della sicurezza per le imprese sotto i 15 dipendenti, rendendola obbligatoria per via contrattuale. Riteniamo infatti che la rappresentanza territoriale a questo punto risulti più efficiente ed efficace per svolgere un ruolo per la sicurezza nelle piccole imprese rispetto alla delega ad un semplice rappresentante aziendale, che spesso non è messo nelle condizioni di svolgere bene le proprie funzioni per una oggettiva condizione lavorativa, che riconosciamo.

PRESIDENTE
Il rappresentante territoriale è già previsto per legge.

RICCIARELLI
È previsto dalle leggi, ma non è regolato dagli accordi; noi abbiamo fatto un accordo sindacale che prevede l’obbligo, non solo la possibilità di avere questa figura.

PRESIDENTE
È la legge che in genere prevede l’obbligo.

RICCIARELLI
Il decreto legislativo n. 81 prevede, per le imprese con meno di 15 dipendenti, l’opzione di ricorrere alla figura del rappresentante territoriale o a quella del rappresentante aziendale. Attraverso un accordo sindacale abbiamo deciso che questo debba diventare un obbligo contrattuale, in base al quale le aziende con meno di 15 dipendenti devono procedere all’opzione della rappresentanza territoriale. Stiamo cercando di costruire una rete in Umbria, nel settore dell’artigianato come in quello dell’edilizia e nella Confapi, di rappresentanti territoriali che dovrebbero svolgere una funzione di supporto e di informazione verso i lavoratori delle piccole imprese. Il punto delicato, tornando alla riflessione iniziale, è che gli RLS devono essere soggetti competenti, capaci di intervenire sul momento più delicato, che è l’elaborazione del documento di valutazione dei rischi, e quindi sul conseguente piano di sicurezza, che dovrebbe essere sottoscritto dagli RLS. Deve essere un momento in cui nell’impresa si esprime un modello partecipativo di diffusione di conoscenze, di socializzazione dei rischi e quindi anche di partecipazione dei lavoratori a rimuovere tutte quelle condizioni di rischio potenziale esistenti nei luoghi di lavoro. Per questo diventa importante qualificare il ruolo degli RLS nelle imprese medio-grandi, almeno in tutte quelle con più di 15 dipendenti, facendo in modo che si realizzi il modello partecipativo ed un coinvolgimento effettivo degli RLS nella valutazione del rischio all’interno delle imprese. Questo forse è l’aspetto più importante e per questo stiamo puntando, nella formazione che stiamo cercando di dare a queste figure, ad una preparazione che le metta nelle condizioni di saper vagliare i documenti di valutazione del rischio e quindi anche i conseguenti piani di sicurezza e i dispositivi di protezione individuali.
Per rispondere infine alla domanda che poneva il Presidente della Commissione rispetto all’intreccio tra lavoro nero e criminalità economica e quindi anche ai fenomeni di cui stiamo discutendo in questa audizione, penso che questi rischi in Umbria ci siano.

PRESIDENTE
La domanda che ho posto era più precisa e specifica e non mirava tanto a sapere se in Umbria vi sia o meno la criminalità organizzata.

RICCIARELLI
Le stavo rispondendo, infatti, dicendole che questo fenomeno in Umbria esiste, tanto che segnali in questo senso si evidenziano continuamente, tant’è che la Regione, anche su nostra sollecitazione, ha promosso una commissione regionale d’inchiesta sulle infiltrazioni della criminalità organizzata e talvolta sono emersi casi anche abbastanza clamorosi. Ci sono anche fenomeni del tipo di cui parlava lei, signor Presidente, soprattutto nell’edilizia e negli appalti in generale, per cui a volte imprese di altre Regioni, in prevalenza del Sud d’Italia, vincono appalti o realizzano attività nel settore dell’edilizia, anche utilizzando lavoratori in nero o in cassa integrazione, portandoli direttamente da quelle Regioni, realizzando un elemento di competizione tale da consentire ad un’impresa di vincere un appalto rispetto ad un’altra. Non è un effetto trascurabile.

PRESIDENTE
Lei ha potuto constatare direttamente queste situazioni o ne parla per sentito dire?

RICCIARELLI
Ci sono state denunce anche abbastanza circostanziate che sono state portate a conoscenza della pubblica opinione attraverso i giornali e le inchieste giornalistiche, da cui risulta ad esempio che nel fine settimana e all’inizio della settimana c’è un traffico di pulmini o di mezzi di questo tipo che portano persone dal Sud d’Italia. Questo fenomeno, seppur non rilevantissimo, porta in Umbria una manodopera che proviene da altre Regioni e spesso sulla trasparenza di questa manodopera ci si interroga abbastanza diffusamente. Questo è quanto ci risulta ed è emerso anche da indagini giornalistiche e non solo che sono state oggetto di discussione e di dibattito anche in Umbria. Questo non è un elemento irrilevante anche rispetto al fenomeno degli infortuni sul lavoro, perché è chiaro che laddove c’è una maggiore irregolarità è normale che ci sia una maggiore irregolarità anche sotto il profilo degli infortuni.

PRESIDENTE
Non ci deve convincere su questo.

FIORUCCI
Vorrei integrare la risposta alla domanda che aveva posto la senatrice Donaggio sull’attività del nostro sindacato. Noi ci siamo mossi abbastanza bene sia per quanto riguarda la questione delle piccole imprese, sia per quanto riguarda quelle del settore del commercio, nel quale non a caso è presente il rappresentante territoriale. I rappresentanti territoriali in questo periodo stanno visitando le varie aziende per fare una panoramica della situazione nelle aziende con meno di 15 dipendenti e se c’è stata una riduzione del fenomeno infortunistico ciò è dovuto al fatto che abbiamo cominciato a muoverci abbastanza bene non soltanto negli ultimi mesi, ma raccogliendo prima di tutto i piani di interventi che le aziende inviano e per fare un’ispezione. Come ente bilaterale del settore artigiano abbiamo visitato circa 1.000 aziende, con un progetto integrato che abbiamo svolto negli ultimi due anni insieme all’INAIL, proprio per insegnare, se vogliamo usare questo termine, alle imprese come fare prevenzione, come prevenire gli infortuni, come mettersi in sicurezza.
È chiaro che la nostra è una piccola Regione e che noi in questo momento stiamo affrontando aspetti del tutto nuovi, ma un certo lavoro è stato fatto, non siamo all’anno zero. Non si deve pensare che, pur avendo eletto i rappresentanti territoriali e disponendo di rappresentanti per la sicurezza all’interno delle aziende, non si sia assolutamente a conoscenza del fenomeno che emerge rispetto alla sicurezza. Non è così, perché siamo veramente attivi sotto questo profilo e ci proponiamo di realizzare nel 2012 un progetto che riguardi effettivamente la questione, non solo prendendo in esame il tema della sicurezza, ma ponendo in essere tutti quei correttivi necessari per incidere positivamente sul fenomeno degli infortuni.

PRESIDENTE
L’INAIL vi fornisce i nominativi degli RLS eletti o avete problemi in questo senso?

FIORUCCI
Abbiamo solo i nominativi di alcuni.

BRAVI
Abbiamo solo i nominativi di quelli che eleggiamo noi. Per quanto riguarda la domanda posta dal Presidente, dalla senatrice Donaggio e dalla senatrice Spadoni Urbani sul nostro operato rispetto della questione della criminalità e del lavoro nero, è il caso di evidenziare che non abbiamo solo sentito parlare delle denunce di caporalato nel settore edilizio nei pressi di Perugia, ma abbiamo anche denunciato questo fenomeno in maniera molto esplicita, perché in Umbria erano decenni che questo fenomeno del tutto nuovo e barbaro non si evidenziava. Abbiamo quindi coscienza diretta di questo fenomeno, ma c’è un aspetto importante relativo al tema della bilateralità sul quale è opportuna una riflessione, perché in astratto sembrerebbe dover funzionare. Il punto è che in una situazione come questa i rapporti di forza tra gli imprenditori ed i lavoratori che il sindacato intende rappresentare sono enormemente squilibrati, perché se in questo Paese si mette in discussione anche la contrattazione, figuriamoci gli aspetti della sicurezza nei luoghi di lavoro.
Per quanto riguarda gli RLS, disponiamo di un’anagrafe, abbiamo fatto assemblee ed iniziative unitarie fra CGIL, CISL e UIL con un quadro degli RLS eletti, ma il punto fondamentale è che il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che fisicamente sta nell’azienda, soprattutto in quelle piccole, che come giustamente diceva prima il mio collega sono la tipologia prevalente in questa Regione, è schiacciato oltre che dalla crisi anche da un situazione in cui i rapporti di forza sono enormemente squilibrati. Penso quindi che questa audizione sia utile anche come stimolo alle istituzioni, in questo caso alla Commissione perché si faccia portavoce nei confronti del Governo nazionale affinché questo rapporto enormemente squilibrato a danno del lavoratore venga riequilibrato.
Gli ultimi interventi effettuati anche dal Governo nazionale hanno reso il rapporto tra l’imprenditore e il lavoratore ancora più squilibrato, come sta succedendo nella contrattazione a livello nazionale. Faccio solo un esempio. Nell’incidente avvenuto il 24 gennaio a Perugia in un cantiere edile, la rappresentante dei lavoratori, la sindacalista intervenuta sul luogo, è stata cacciata via. Lo ricordo perché un conto è parlare in astratto della bilateralità, dicendo che è utile e opportuna, e un altro conto è calarla nel concreto della crisi, del lavoro nero e grigio e di una situazione enormemente squilibrata nei rapporti di forza.

CAJARELLI
Signor Presidente, intervengo solo per sottolineare un aspetto significativo. Il giorno dell’incidente avvenuto a Perugia, appena ricordato dal collega Bravi, era presente nel cantiere la nostra rappresentante sindacale, ma quando si è recata sul posto è stata cacciata in malo modo. Tra l’altro, in tale incidente è morto il genitore del datore di lavoro: è la dimostrazione che spesso è difficile definire il confine fra datore di lavoro e lavoratore; spesso sono tutti vittime di una stessa condizione.

PRESIDENTE
Anche nell’incidente verificatosi in una piccola impresa di Campello sul Clitunno è morto il datore di lavoro.

CAJARELLI
Signor Presidente, colgo l’occasione per accennare anche alla questione legata all’anagrafe degli RLS, un elemento di grande difficoltà. È vero che ci occupiamo della formazione dei delegati all’interno delle aziende in cui sono presenti CGIL, CISL e UIL, ma la gran parte degli RLS non sono stati nominati dalle organizzazioni sindacali, bensì dai datori di lavoro o individuati dai lavoratori.
Lei, signor Presidente, ci ha formulato una domanda specifica e credo sia importante rispondere, poiché l’interlocuzione odierna è utile a tutti. Noi abbiamo chiesto un’anagrafe degli RLS, ma l’INAIL non ci ha fornito i dati. Insieme alla Regione Umbria stiamo facendo un lavoro di formazione degli RLS, ma questi ultimi costituiscono un soggetto un po’ smarrito, al punto tale che nemmeno li conosciamo. Abbiamo organizzato l’assemblea regionale degli RLS tramite le nostre organizzazioni sindacali o le associazioni datoriali, perché non c’è un’anagrafe precisa. Il decreto legislativo n. 81 del 2008, come ben sapete, individuava nell’INAIL il soggetto che avrebbe dovuto predisporre un’anagrafe. Purtroppo ciò non è avvenuto.

BRAVI
Signor Presidente, vorrei concludere sottolineando che consideriamo importante l’audizione odierna e ribadiamo che lo strumento più utile per affrontare tali temi è la bilateralità. Come i fatti dimostrano, la bilateralità esiste formalmente negli strumenti legislativi e nelle normative, ma nella realtà frana pericolosamente. Chiediamo dunque un intervento più incisivo dei livelli istituzionali per fare in modo che la bilateralità diventi effettiva, perché secondo il nostro parere questo è il primo problema.

PRESIDENTE
Lei ha sicuramente ragione. Sa benissimo, però , che non si possono fare norme per avere la bilateralità; si tratta di un aspetto spontaneo, di convergenza tra due soggetti, il sindacato da una parte e le organizzazioni dei datori di lavoro dall’altra. Noi ci auguriamo di promuovere un clima che possa favorire tutto ciò.
Vi ringraziamo ancora per il vostro contributo. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, agricole e artigianali

Intervengono il presidente dell’ANCE Umbria, ingegner Massimo Calzoni, il presidente della Confcommercio Umbria, dottor Aldo Amoni, accompagnato dal funzionario, dottoressa Giuliana Spaterna, il presidente della Coldiretti Umbria, dottor Albano Agabiti, accompagnato dal responsabile dell’area legislativa, dottor Mario Giuseppe Paolucci, il presidente della Confesercenti, dottor Sandro Gulino, il direttore generale della Confederazione italiana agricoltori (CIA) Umbria, dottoressa Catia Mariani, accompagnata dal responsabile del turismo verde, dottor Enzo De Fabrizi, il presidente dell’UNCI Umbria, dottor Armando Fronduti, il presidente della Legacoop Umbria, dottoressa Alessandra Garavani, il presidente della Confartigianato Umbria, dottor Massimo Nocetti, accompagnato dal segretario regionale, dottor Sergio Bova, il responsabile della sicurezza della Confapi Umbria, dottoressa Maria Luisa Rossi, e il direttore della Confindustria Umbria, dottor Aurelio Forcignanò .

PRESIDENTE
La Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche» è oggi a Perugia per capire e conoscere, come stiamo facendo in tutte le Regioni italiane, la situazione relativa all’Umbria. Nonostante impegni, interventi ed attenzioni, purtroppo il fenomeno non si è ridotto in modo significativo, quindi se ne deduce che non è in atto una significativa azione di contrasto. In Umbria, tra l’altro, questo problema è conosciuto e sentito, visto che nel 2011, secondo i dati della Regione, si sono registrati venti infortuni mortali, rispetto ai sedici dell’anno precedente.
L’aspetto più preoccupante – augurandoci che la tendenza si inverta – è che già nei primi due mesi di quest’anno ci sono stati cinque morti. Ciò avviene all’interno di una situazione di crisi, con una riduzione del numero di ore lavorate e la presenza significativa della cassa integrazione. Ci troviamo di fronte a un fenomeno che va osservato, tenuto sotto controllo e che richiede l’impegno di tutti. Questo è il quadro nel quale si svolge la nostra attività, diretta anche a raccogliere indicazioni e suggerimenti da parte vostra.

CALZONI
Signor Presidente, sono Massimo Calzoni, presidente dell’ANCE Umbria e vice presidente di Confindustria a Perugia. Farò particolare riferimento all’ambito che mi riguarda direttamente, quello delle costruzioni, che costituisce un mondo particolare con connotati specifici che altri settori non hanno. Anzitutto si svolge senza sede propria, quindi rispetto a tutte le altre attività manifatturiere vive una condizione del tutto anomala. Ciò ci obbliga a sperimentare in un nuovo cantiere situazioni di protezione dell’attività lavorativa diverse da quelle precedenti.
Noi ci troviamo sostanzialmente in una condizione di grande difficoltà per più di un motivo: da un lato, le norme degli ultimi anni hanno ipernormato il settore, con dei provvedimenti specifici per i cantieri mobili (le varie normative si sono stratificate, fino ad arrivare al decreto legislativo n. 81 del 2008); nello stesso tempo, il settore ha fatto, grazie anche al funzionamento degli enti bilaterali, dei passi in avanti nell’organizzazione della sicurezza. L’edilizia ha il CPT (Comitato paritetico territoriale per la sicurezza), che è specifico ed indica quanto è importante per noi questo aspetto. Stiamo facendo grandi passi in avanti anche dal punto di vista della regolarità contributiva con il DURC (documento unico di regolarità contributiva) e la congruità, istituita nella nostra Regione già da 12 anni. Anche il sistema formativo, del quale sono il legale rappresentante, ha fatto dei progressi rilevanti nell’assistenza alle imprese, attraverso una serie di provvedimenti che toccano tutti la sicurezza.
La dicotomia esistente fra le normative e la realtà dei cantieri è del tutto evidente. La soluzione non è quella di inasprire soltanto le sanzioni ed attribuire sempre più responsabilità individuali al titolare di un’impresa, ai suoi preposti o ai suoi dirigenti perché, anche se si stabilisse la pena capitale con una morte dolorosa, nessuno potrebbe evitare completamente gli incidenti. Esistono anche una serie di rischi, effettivamente connessi con le lavorazioni, che non è facile eliminare totalmente. Credo che la sicurezza non sia uno status, ma una tendenza al miglioramento, una tensione morale e un’attenzione per cercare di fare in modo che ogni giorno diminuisca il rischio, la vulnerabilità delle nostre attività.
In quest’ottica, le leggi non ci aiutano tanto, nel senso che le ultime norme prevedono solo attribuzioni di maggiori responsabilità ed aggravio di pene. Ci sono anche strade diverse, previste dalle norme, per fare in modo che le imprese si possano strutturare dando più attenzione al tema della sicurezza, ma purtroppo il mercato non lo consente. Oggi abbiamo un problema gravissimo di mercato: quest’ultimo fa in modo che le imprese addirittura si destrutturino e si impoveriscano di personale. La sicurezza, nella sostanza, non consiste tanto nel fare corsi sulla normativa; i noti corsi di otto ore che le normative prevedono, sono adempimenti di legge che normalmente il personale affronta con una certa sufficienza e poca attenzione. Ciò che scongiura veramente il rischio di incidenti è il saper fare le cose, che significa avere personale preparato, che conosce il proprio mestiere, che lo migliora di giorno in giorno, che ha strumenti operativi sempre più sicuri e che sta attento a ciò che fa.
Purtroppo, il mercato attuale nel settore dell’edilizia è talmente in crisi che sta avvenendo esattamente il contrario di quanto occorrerebbe: la concorrenzialità si concentra solo sul fattore economico e le imprese si tengono leggere perché non hanno la capacità di sorreggere un mercato in restringimento. Il risultato è che si va sempre di più verso condizioni di rischio, affidando i lavori in subcontratto a soggetti che, essendo in grande difficoltà economica, sono costretti a fare orari di lavoro prolungati; ci si avvale di ciò che la società offre, ossia gli ultimi, i deboli, gente arrivata da poco nel nostro Paese e che non ha ancora trovato una collocazione migliore. Questo è il contrario di ciò che servirebbe.

PRESIDENTE
Lei sta certamente facendo considerazioni interessanti.

CALZONI
Forse ovvie.

PRESIDENTE
No, non sono ovvie, anche se alcune non le condivido, però dobbiamo cercare di capire ciò che possiamo fare, perché se ci limitiamo a tracciare un quadro metafisico di un fenomeno che è drammaticamente fisico – laddove vi sono infortuni e talvolta anche morti – allora non faremo molti progressi. Siamo consapevoli anche noi dei problemi di carattere economico e di settore; è tutto vero e giusto, però questo non significa che, di fronte a tali problemi, non si possa fare nulla. Lei ha definito la sicurezza come una tendenza. Non sono d’accordo. Noi dobbiamo contrastare il fenomeno degli infortuni perché la sicurezza non è una tendenza, bensì necessita di una presa di coscienza. O si diventa consapevoli che è necessario proteggere un lavoratore che sta lavorando in prossimità di un pozzo, per evitare che possa cadere, oppure è inutile parlare di sicurezza.
Quello che mi permetto di indicarvi è che, sia pure considerata la situazione di criticità esistente (quindi non ignorando tale dimensione), bisogna sforzarsi per ridurre le morti sul lavoro e gli incidenti in generale. Se è vero che la crisi di cui lei parla esiste, è altrettanto vero che, al di là del fatto gravissimo della morte di un lavoratore, al dramma delle persone che rimangono infortunate si collega anche un problema economico-sociale spaventoso.

CALZONI
Certamente.

PRESIDENTE
Dovremmo allora mettere insieme le varie questioni. Conosco, ad esempio, il vostro ente bilaterale che, come ho potuto constatare, funziona molto bene. È un elemento positivo e un modello simile si
dovrebbe proporre dove non c’è, affrontando così il problema della sicurezza.

CALZONI
Il modello esiste e stiamo cercando di migliorarlo. In questi giorni sta entrando in funzione la borsa lavoro, che consente un migliore e maggiore impiego delle risorse disponibili, insieme anche a sistemi di formazione puntuali, oltre che di carattere generale, per consentire che le persone che entrano nel mercato del lavoro abbiano un’assistenza adeguata.
Il problema è però del mercato che indebolisce soprattutto le imprese strutturali creando una divaricazione tra le poche imprese generali, che si avvalgono poi di subappalto, e l’impresa che si sta gradualmente frantumando.

PRESIDENTE
Dobbiamo uscire da questo equivoco. Quando infatti non c’era il problema attuale c’era quello della delocalizzazione delle imprese, che si frantumavano in un altro modo; poi si è passati al problema della cessione del ramo di azienda e si frantumavano in un altro modo ancora.

CALZONI
Sta avvenendo una cosa analoga anche oggi.

PRESIDENTE
Dobbiamo rispettarci a vicenda e cercare di concentrarci sui problemi che ci sono, per quello che possiamo fare, perché nessuno ha la pretesa di risolvere tutto.
Non attribuiamo a fenomenologie, sia pure vere e reali, problemi che invece possiamo risolvere comunque con una maggiore perizia e una maggiore attenzione, lì dove riusciamo a contrastarli. È chiaro poi che chi lavora in un modo particolare è più a rischio di chi lavora in un altro modo. Non è però il caso di arrendersi.

CALZONI
Noi non ci arrendiamo, però vorrei fare una proposta. Il mondo dell’edilizia, quello rappresentato e assistito dagli enti bilaterali, purtroppo rappresenta solo un terzo del mercato, mentre due terzi sono fuori del nostro settore. A mio avviso rendere obbligatoria la partecipazione al mondo strutturato dell’edilizia contribuirebbe...

PRESIDENTE
Non esistono corporazioni e non abbiamo una legge sulle corporazioni.

CALZONI
Non si tratta di corporazioni.

PRESIDENTE
Guardi che a me questo potrebbe anche starmi bene; non mi dica di no, perché lei non sa come la penso io. Non possiamo obbligare due soggetti a fare per forza un ente bilaterale, ma solo, come ho detto anche ai rappresentanti sindacali, favorire e sostenere uno scambio di informazioni tra diversi soggetti. Le realtà esistenti in passato si organizzavano in maniera diversa da quanto non avvenga oggi. Mi auguro comunque che, seppur con tutte le difficoltà, gli enti bilaterali passino dal 30 al 40 e anche al 50 per cento. Spero insomma che si vada avanti.
Non possiamo però fare ipso facto una legge per rendere obbligatorio l’ente bilaterale. Non lo possiamo fare perché rientra nella libertà di incontro e di trattativa propria e specifica delle parti sociali. Quindi non possiamo farlo noi d’imperio. Sarebbe, oltre che inaccettabile, incostituzionale.

AMONI
Sono Aldo Amoni, presidente della Confcommercio Umbria. In primo luogo sottolineo che il settore del commercio, dei servizi e del turismo non ha mai abbassato la guardia su questo argomento. Siamo particolarmente attenti, anche se fortunatamente il nostro settore non registra percentuali elevate di mortalità o di infortuni. L’ultimo incidente mortale si è verificato nel 2010, con la morte di una signora che stava facendo le pulizie in un albergo. Capitano invece infortuni di diversa natura perché rappresentiamo categorie come i macellai e i pizzaioli. Si tratta però di piccoli infortuni.
Oggi però siamo di fronte ad un fenomeno diverso, di fronte al quale, come diceva il rappresentante del settore dell’industria, noi teniamo molto alla formazione del dipendente e del datore di lavoro perché noi rappresentiamo imprese principalmente sotto i nove dipendenti, compresi il lavoratore, la moglie e il figlio del lavoratore.
Prestiamo quindi particolare attenzione alla formazione, non perché lo preveda la legge, ma allo scopo di riuscire ad eliminare il fenomeno degli infortuni. Infatti anche chi si è tagliato un dito, pur non essendo morto, comunque ha avuto un incidente grave per il mestiere che svolge. Teniamo quindi in modo particolare alla formazione e alla preparazione e riteniamo indispensabile farla presso le aziende che rappresentiamo per far comprendere bene i rischi insiti nello svolgimento di una specifica attività.
È importante quindi formare ed informare il datore di lavoro ed il lavoratore dei rischi legati al lavoro che svolge.
Oggi, uno dei problemi che purtroppo sta emergendo nel nostro settore è legato alle malattie professionali; non bisogna sottovalutare questo aspetto, ma prenderlo di petto. Se lo si trascura, poi non si sa come reagire. In relazione a questo serio problema ci stiamo interrogando su cosa sia possibile fare. La Confcommercio ha preparato e formato 6.825 addetti ai lavori su questa materia specifica. Vogliamo continuare a farlo, anzi saremmo contenti se ci poteste fornire qualche elemento che possa aiutarci a contribuire nell’ottica di migliorare la situazione.

SPADONI URBANI
Nel suo settore, che non è così esposto, quali sono le malattie professionali più ricorrenti?

AMONI
Le malattie si presentano principalmente nel settore dei servizi e con riferimento a coloro che lavorano ai computer. Vi sono poi degli aspetti che riguardano i magazzinieri.

SPADONI URBANI
Ci sono problemi anche con i muletti?

AMONI
Rappresento imprese sotto i nove dipendenti e non è che tutti quanti hanno i muletti. Le banche non erogano credito, le vendite sono in crisi ed è perciò difficile comprare i muletti. Nel commercio, ad esempio, le cassette della frutta si caricano a mano. Tra l’altro, faccio l’assicuratore e quindi so come si determina il problema. La malattia professionale non è che si verifica improvvisamente, ma dopo che per anni si è svolto un certo lavoro, come nel caso dell’ernia del disco. È una malattia che non viene pagata dalle assicurazioni perché non si verifica in maniera violenta e nell’immediato, ma dopo un certo numero di anni.
Abbiamo quindi problemi nel settore dei servizi, per coloro che lavorano ai computer e in alcuni settori da cui scaturiscono malattie professionali, come l’ernia del disco nei lavoratori che devono mettere a posto il magazzino. Bisognerebbe allora prendere provvedimenti, ad esempio comprando i muletti. È chiaro però che per poter comprare un muletto bisognerebbe prima trovare una banca effettivamente disposta a finanziare l’operazione.

PRESIDENTE
Ve lo auguriamo. Noi abbiamo dei dati che possono esservi utili, che riguardano proprio le malattie osteo-articolari e muscolotendinee. Questi dati registrano un aumento significativo negli ultimi anni, anche se, trattandosi di una Regione piccola, i numeri sono contenuti. Nel quinquennio 2006-2010 si passa da 434 casi, che non sono definiti ma denunciati, a 808 casi, pari quindi quasi al doppio. È un fenomeno che stiamo monitorando con attenzione, avendone verificato l’esistenza.

AGABITI
Sono il presidente della Coldiretti Umbria. Per quanto riguarda la problematica degli infortuni, come settore agricolo siamo fortemente interessati e ben rappresentati, come voi saprete bene, con riferimento agli incidenti mortali. Infatti, mentre i casi di infortunio tendono tendenzialmente a diminuire, i casi mortali non vanno purtroppo nella stessa direzione.
Per quanto riguarda le cause, dal punto di vista empirico vorrei fare qualche considerazione. Molto spesso quello cui assistiamo nell’ambito della nostra organizzazione professionale è che gli incidenti capitano maggiormente alle imprese meno professionali piuttosto che a quelle più professionali. Come casistica partirei dall’attività hobbistica del sabato e della domenica; il dato più forte è quello di incidenti che avvengono con l’utilizzo di macchine agricole da parte di agricoltori anziani o che sono a fine carriera e che magari non hanno più quella prontezza nei riflessi, per poi arrivare alle imprese vere e proprie.
Se si analizza bene il dato, infatti, l’incidente capita di più a persone che non svolgono un’attività professionale o a titolo principale, ma piuttosto curano un hobby dopo essere andati in pensione.

PRESIDENTE
Ha qualche proposta in tal senso? Noi come Commissione ci siamo infatti posti questo problema.

AGABITI
Le dico anzitutto quello che stiamo facendo per poi arrivare ad alcune proposte ulteriori. La prima azione è con riferimento all’informazione e alla formazione. Molto spesso infatti questi incidenti accadono anche per mancanza di capacità nell’utilizzo; nel caso delle aziende agricole, il primo che subisce il trauma non è tanto l’operaio o il collaboratore, ma molto spesso lo stesso imprenditore, che nella maggior parte dei casi è un imprenditore autonomo o ad esso assimilabile. Dal punto di vista organizzativo, stiamo quindi lavorando molto sulla formazione e sull’informazione. Nell’ultimo anno abbiamo proceduto a formare oltre 500 imprenditori nelle nostre aule e con attività sul campo. In secondo luogo, stiamo portando avanti attività di natura divulgativa, anche in occasione della Fiera di Bastia ad esempio, in convenzione con la ASL2.
Abbiamo poi messo a punto con l’assessorato alla salute dell’Umbria un piano di controllo di tutte le aziende agricole per la messa a norma delle macchine, con un lavoro non solo di controllo, ma riferito anche alla liquidazione delle imprese e alla messa a norma delle macchine.

PRESIDENTE
È un tema che c’interessa molto. Che significa mettere a norma le macchine?

AGABITI
Il parco macchine è immenso. Ci sono macchine che hanno oltre 50 anni di vita e sono ancora in funzione. Ci sono macchine nuove che, pur essendo tali e avendo l’etichetta di conformità alle normative CE, alcune volte sono in contrasto con le normative agricole nazionali e la cosiddetta direttiva macchine. Le cito un esempio di recente applicazione; non si riesce a capire bene se un trattore di nuova fabbricazione debba avere il dispositivo previsto dalla «direttiva macchine» secondo cui, nel momento in cui si alza l’operatore, si arresta il trattore. Ancora oggi vengono messi sul mercato da commercianti e da costruttori trattori privi di questo dispositivo. Secondo la «direttiva macchine» questo dispositivo è obbligatorio. Ricordo però che il momento sanzionatorio avviene sull’agricoltore che ha una macchina nuova priva di questo dispositivo, non altrimenti. Su alcune questioni stiamo cercando di fare chiarezza, mentre su altre c’è il problema dell’adeguamento delle macchine agricole. Molte macchine, infatti, pur essendo vetuste o anche di recente costruzione, non possono essere messe a norma perché prive di tutte le caratteristiche relative alla sicurezza.

PRESIDENTE
I soggetti rispondono a questo adeguamento?

AGABITI
Direi assolutamente di sì, perché come le dicevo c’è un piano di controllo da parte dell’assessorato alla salute che coinvolgerà tutte le aziende agricole della nostra Regione, per cui la Coldiretti ha svolto un’azione preliminare di formazione e di informazione, tra l’altro anche attraverso convenzioni con alcune società di consulenza sul decreto legislativo n. 626 (attività propria anche della nostra stessa associazione), per cui, nel momento in cui si elabora il piano di sicurezza complessivo dell’azienda si prevede anche la messa a norma delle macchine. A tale riguardo, chiaramente abbiamo avviato anche una collaborazione con l’Ente nazionale macchine agricole (ENAMA), un ente di natura privatistica che però gode di un riconoscimento pubblico, all’interno del quale è presente, oltre alla categoria dei costruttori e degli agricoltori, anche il Ministero dell’agricoltura. L’Ente fa la verifica della sicurezza sulle macchine nuove, quindi alcuni costruttori possono fregiarsi del marchio cosiddetto VS, che attesta l’avvenuta verifica, che dà garanzie aggiuntive sulla macchina nuova. L’ENAMA fa consulenza gratuita a chi lo richiede, siano essi concessionari di macchine agricole o agricoltori, anche per la messa a norma delle macchine usate.
Abbiamo messo in campo tutte queste azioni perché la prima forma di prevenzione è data dalla messa a norma delle macchine, mentre la seconda è la capacità di utilizzazione delle macchine stesse da parte degli operatori, che comprende la conoscenza dei rischi latenti, come quelli relativi all’utilizzo di prodotti fitosanitari, per i quali abbiamo messo in campo da due anni un piano di controllo delle macchine irroratrici. La Coldiretti fornisce questo servizio alle proprie imprese agricole, proprio a garanzia di un uso corretto dei fitofarmaci, sia per la tutela della salute del consumatore che dell’operatore stesso.
Alcuni punti di criticità sono legati talvolta alla messa a norma delle macchine, in particolare quelle omologate per la circolazione su strada, per le quali è necessario il nulla osta delle case costruttrici, che non sempre sono intenzionate a rilasciarlo. Alcune lo rilasciano con molta semplicità, con la sola relazione tecnica di un ingegnere che descrive le modifiche apportate, altre no.

PRESIDENTE
Su questo tema hanno lavorato molto bene gli esperti dell’ISPESL che hanno individuato una gamma di opportunità per la messa a norma delle macchine. Il problema non è tanto mettere a norma la macchina nuova, che pur avendo il marchio CE non rispetta le norme di sicurezza italiane: il problema è mettere a norma le macchine vecchie, ad esempio con adeguamenti antiribaltamento o dotando i trattori della protezione del carter. È Coldiretti ad occuparsi di questi profili, inclusi gli adeguamenti antiribaltamento sui vecchi trattori?

AGABITI
Certo, perché ci sono aziende direttamente convenzionate con l’INAIL che certificano gli adeguamenti antiribaltamento. Vanno tra l’altro considerate le norme tecniche messe in campo dall’INAIL.

PRESIDENTE
L’INAIL ha messo in campo ingenti risorse economiche, ma in buona parte gli agricoltori non ne hanno usufruito perché andrebbero a cumularsi con i finanziamenti soggetti al principio del de minimis. La nostra Commissione ha predisposto alcuni disegni di legge in merito che auspichiamo diventino legge e sta sostenendo un vero e proprio braccio di ferro con l’Unione europea affinché non si calcoli ogni finanziamento finalizzato al miglioramento della sicurezza come un contributo all’attività produttiva, perché si tratta di due aspetti completamente diversi.

AGABITI
In questi ultimi due anni in Umbria, una realtà che conosco bene o almeno sicuramente meglio del resto del territorio nazionale, sono state montate diverse centinaia di strutture antiribaltamento.

PRESIDENTE
Lo apprendo con piacere.

AGABITI
Gli step sono stati questi: è stato elaborato il piano di controllo da parte delle ASL, tramite l’assessorato alla salute, è stata data comunicazione a tutti gli agricoltori che erano partiti i piani di controllo e quindi si è proceduto all’adeguamento delle macchine. Se lo ritenete, possiamo lasciare alla Commissione il materiale informativo relativo a tutte le attività formative svolte.

SPADONI URBANI
Cosa dite allora dei quattro decessi che si sono verificati in un mese?

PRESIDENTE
Non si sono verificati nel settore dell’agricoltura.

SPADONI URBANI
Mi riferisco all’anno scorso.

AGABITI
Si tratta dei quattro decessi di cui dicevo poc’anzi, che hanno riguardato un anziano ed una persona che faceva un altro lavoro e che si è ribaltato con un trattore vecchio di 50 anni, privo di telaio di protezione. La casistica, nel 90 per cento dei casi, è questa, perché i professionisti del settore di solito hanno macchine più adeguate ed una capacità professionale nella loro utilizzazione; poi anche il destino qualche volta ha il suo peso, però quando le macchine sono a norma e gli operatori sono preparati, i casi di infortunio diminuiscono.

SPADONI URBANI
Lo stesso avviene anche per la patente di guida delle automobili. Dopo una certa età si devono seguire dei corsi e sottoporsi a controlli specifici per continuare a guidare. Penso che un discorso analogo lo si debba fare anche per chi guida un trattore oltre una certa età.

PRESIDENTE
Senatrice Spadoni Urbani, questo dipende da noi. È un problema politico che non possiamo addossare a nessuno, ma che dobbiamo prenderci in carico noi. Se non lo facciamo la colpa è nostra. Magari loro non saranno contenti di una norma, se riusciremo ad approvarla, che preveda una patente per guidare il trattore, che allo stato attuale non è prevista, tranne nel caso in cui non ci si trovi in appezzamenti privati. Non è prevista una revisione certa con riferimento ai trattori, un’età minima o massima per la loro guida, per cui è responsabilità della politica assumere o meno una norma del genere, per quanto impopolare. Fino a quando non si stabiliranno norme precise, si potranno guidare macchine complesse anche senza avere una patente. Lei, ingegner Calzoni, opera nel settore dell’edilizia, quindi queste cose le sa meglio di me.

CALZONI
Abbiamo avviato recentemente il progetto «Moduli integrati per costruire in sicurezza» (MICS), finalizzato ad assicurare una formazione obbligatoria omogenea e l’apprendimento delle norme sulla sicurezza sul lavoro nel settore dell’edilizia. Abbiamo istituito l’obbligatorietà dei patentini e il Ministero del lavoro ha accolto questa nostra disposizione contrattuale, recependola in uno dei decreti attuativi del decreto legislativo n. 81 del 2008, dandoci anche una responsabilità diretta. Noi ci occupiamo di una formazione a carattere generale con riferimento ad ogni macchina complessa, individuando nove diverse tipologie; dopodiché, all’impresa compete comunque l’obbligo di effettuare una formazione specifica per quella macchina. Ad esempio, negli apparecchi di sollevamento ci sono gru a torre con comandi in alto o in basso o con telecomandi, ci sono piattaforme elevatrici, ci sono semoventi; si parla quindi di un campionario molto complesso. Noi facciamo la nostra parte per i patentini e per la parte generale. Recentemente ho avuto un incontro con il presidente della Federazione nazionale commercio macchine (Ascomac) per fare in modo, ad esempio, che i produttori e i venditori di queste macchine rendano gratuita, in occasione dell’acquisto di una nuova macchina, la formazione specifica, che siamo sempre disposti ad assicurare attraverso le nostre scuole edili, ma che comunque non si può tralasciare. Questo è già previsto come obbligo contrattuale e nel decreto attuativo, con riferimento al progetto MICS. Abbiamo istituito anche le 16 ore preassuntive, di cui sono stato personalmente promotore, anche se nelle mie intenzioni avrebbero dovuto essere 40. È intervenuta poi una mediazione con le parti datoriali e sindacali che ha portato a quel risultato, comunque ottimo, se si considera che i rischi maggiori nel nostro settore si registrano nel primo e nel secondo giorno di lavoro.

PRESIDENTE
Quella che ci ha dato è una buona notizia.

CALZONI
Ci sarebbe ancora altro da dire.

PRESIDENTE
Ne sono convinto, ma dovremmo fare una conferenza dedicata soltanto alla vostra associazione. Se desiderate avere uno spazio più ampio per approfondire questi temi, possiamo fissare un incontro ad hoc in Senato.

CALZONI
Poiché lei mi stimola sull’argomento, desidero precisare che prima non intendevo creare, come giustamente lei fa osservare, una situazione di vantaggio per una specifica organizzazione, ma certo sarebbe utile allargare la platea di coloro che fanno parte del sistema degli enti bilaterali e in ogni caso prevedere l’obbligo, per tutti coloro che si occupano di edilizia privata o di opere pubbliche, di svolgere quest’attività a livello professionale. Nel nostro settore, invece, a causa di una concorrenzialità eccessiva, si stanno affacciando contratti tipici dei metalmeccanici o dei servizi. Questo perché la nostra busta paga costa almeno il 20 per cento in più di quella del metalmeccanico e ancor di più rispetto a certi settori dei servizi. Non mi sembra logico dunque che per un’attività pericolosa come la nostra, non venga richiesto obbligatoriamente a tutti per lo meno di avere un contratto relativo al settore edile e di essere in possesso dei relativi requisiti.

PRESIDENTE
Il discorso è molto complesso e parte da lontano. Bisogna in primo luogo risolvere il problema di come si diventa imprenditori edili.

CALZONI
Anche la strada che si è individuata, con parametri di accesso così bassi, è abbastanza ridicola, ma dobbiamo contemperare le esigenze delle grandi imprese con quelle delle più piccole. Non è facile trovare una ricetta unica, ma occorrerebbe assumere alcune linee di principio per legge e non solo per contratto.

PRESIDENTE

In una libera democrazia non è possibile assumere le linee di principio per legge, gravando sulle volontà delle singole associazioni.

CALZONI
Non parlo delle associazioni.

PRESIDENTE
In fin dei conti anche la sua è un’associazione, come lo è il sindacato.

CALZONI
Sarebbe opportuno almeno rendere obbligatoria l’adozione del contratto dell’edilizia con tutte le normative che comporta.

PRESIDENTE
Tutti sono tenuti a rispettare i contratti, che già da qualche decennio in Italia sono erga omnes, anche se adesso si tende a rivedere questo aspetto, secondo una linea che trova l’appoggio in particolare dai metalmeccanici.

GULINO
Il mio intervento sarà brevissimo, perché rappresentando la stessa tipologia di imprese della Confcommercio e grazie al fatto che non vi sono sostanzialmente molti incidenti all’interno delle nostre aziende, posso limitarmi a ribadire un solo concetto rispetto a quanto esposto dal dottor Amoni. Mi riferisco alle malattie professionali, che abbiamo riscontrato, soprattutto ultimamente, in lavoratori impegnati in attività legate all’utilizzo di celle frigorifere: macellai, ortofrutticoli, venditori di formaggi.

MARIANI
Ad integrazione di quanto detto dai rappresentanti di Coldiretti, vorrei aggiungere che riterrei utile che si procedesse ad una rivisitazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 per l’ambito specifico dell’agricoltura, nel quale, com’è noto, coesistono tutte le tipologie di rischio, che vanno dal rischio per l’utilizzo di fitofarmaci al rischio che purtroppo è causa del maggior numero di infortuni mortali, cioè quello legato ai mezzi meccanici. Poiché il decreto n. 81, purtroppo, è nato per altri settori, nel momento in cui si applicano le norme ivi previste al settore agricolo, si incontrano molte difficoltà di carattere interpretativo.

PRESIDENTE
Se si evidenziano problematiche o incomprensioni nelle interpretazioni, potete ricorrere, come associazione, all’interpello, che è un momento molto importante. Se poi ci sono delle proposte, potete inviarle alla Commissione, che le valuterà con grande attenzione. È anche questo il senso della nostra presenza sul territorio.

MARIANI
Grazie per questo suggerimento. Come Confederazione italiana agricoltori abbiamo realizzato con l’ISPESL, oltre a corsi d’informazione e di formazione, anche un manuale delle buone pratiche, proprio per incidere anche in un mondo, quello imprenditoriale (oltre a quello dei lavoratori), molto variegato. Si va infatti dall’imprenditore autonomo di piccole aziende ad imprenditori di aziende più strutturate, passando per i lavoratori stranieri e per i familiari. Abbiamo cercato di realizzare per diverse tipologie di rischio delle buone prassi che riteniamo utili per disporre di un’informazione a 360 gradi e per riuscire ad incidere sulle macchine piuttosto che su altri aspetti.
Credo inoltre sia necessario un accordo tra organizzazioni professionali per sensibilizzare gli operatori che intervengono sulle macchine meccaniche, perché non tutti hanno la consapevolezza di intervenire sull’adeguamento delle macchine meccaniche. Abbiamo fatto un accordo con alcuni artigiani e meccanici che operano direttamente per l’adeguamento delle macchine operatrici in agricoltura ed abbiamo constatato una doppia sensibilità.

PRESIDENTE
Desidero ricordarle che ci sono dei progetti studiati da tecnici e ingegneri dell’ISPESL; quindi è meglio non affidarsi a conoscenze empiriche.

MARIANI
Forse non mi sono spiegata bene, perché questi progetti nascono proprio da un progetto che si chiama AGRIPREV, che la Confederazione italiana agricoltori ha realizzato con l’ISPESL, grazie ad un finanziamento del Ministero del lavoro e delle politiche sociali.

FRONDUTI
Signor Presidente, sono Armando Fronduti, presidente dell’Unione nazionale cooperative italiane (UNCI). La ringraziamo per questo incontro, che consideriamo necessario dopo anni di situazioni precarie. Vorrei sottolineare due punti: la formazione e la vigilanza da una parte, e il controllo in fase preventiva dall’altra. Con la legge regionale n. 3 del 2010 la Regione Umbria, insieme alla Calabria, ha approvato un provvedimento importante per gli appalti pubblici e, in proiezione, per la sicurezza. Si tratta di una legge innovativa, in particolare per quanto riguarda la separazione del costo delle opere per la sicurezza dal costo dell’appalto, destinando alla prima il 3 per cento.
L’articolo 35 della legge regionale n. 3 del 2010 fa riferimento al DURC, già previsto dalla legge regionale n. 30 del 1998. Quest’ultimo funziona bene per gli appalti pubblici perché viene presentato alla fine dei lavori e non nelle varie fasi della costruzione. Poiché per gli appalti privati il DURC viene presentato all’inizio dei lavori e non nelle varie fasi della costruzione, c’è il rischio che il committente si ritrovi con alcuni operai in nero alla fine dei lavori pur avendo corrisposto i relativi importi ad ogni stato d’avanzamento dei lavori.
L’articolo 24 prevede la tracciabilità, mentre l’articolo 36 disciplina l’osservatorio regionale prescrivendo che il direttore dei lavori e il collaudatore in corso d’opera trasmettano ad esso ogni tre mesi una relazione sull’andamento dei lavori con specifico riferimento agli aspetti inerenti la sicurezza nel cantiere e le diverse situazioni che possano presentare delle anomalie.
Consideriamo inoltre fondamentale il tema della formazione. Molti ricorderanno il grave incidente verificatosi in via dei Filosofi a Perugia che costò la vita a 3 operai. Si trattò di un caso di mancata formazione per cui un operaio utilizzò dei fischer da 16 anziché da 24. Ci sono state situazioni disinformative anche dal punto di vista tecnico.
Per quanto riguarda la prevenzione, ricordo che durante la ricostruzione dopo il terremoto vi erano undici team che lavoravano giornalmente per la verifica ASL, INPS e INAIL. Oggi questi interventi, pur a fronte di una riduzione delle attività lavorative (sempre più numerosi sono i cantieri che chiudono), sono diminuiti per mancanza di risorse e si è ridotto il personale deputato ai controlli nei cantieri.

GARAVANI
Signor Presidente, sono Alessandra Garavani, presidente di Legacoop Umbria. Vi ringrazio anch’io per la vostra iniziativa. Sottolineo che la nostra organizzazione a livello umbro non è molto rappresentativa nel settore delle costruzioni edilizie, ma riteniamo di poter esprimere alcune considerazioni in relazione all’approccio nei confronti della questione della sicurezza. Le iniziative che andrebbero messe in campo, affinché siano lungimiranti, dovrebbero avvenire a livello preventivo, tramite un’adeguata formazione e informazione dei lavoratori. Rispetto a tale obiettivo, vi è stata l’apertura di corsi ed occorre sensibilizzare i presidenti e i dirigenti di cooperativa sull’importanza della formazione sul campo, già citata precedentemente dai miei colleghi. Oltre al livello normativo, infatti, va sicuramente incentivata la formazione sulla materia e sul lavoro da svolgere.
È stato già posto l’accento sulla necessità di incentivare i controlli e prevedere altre norme sanzionatorie, ma mi preme sottolineare che occorrerebbe prevedere norme che possano sensibilizzare l’imprenditore sul tema della sicurezza. Secondo noi, sono ancora poche le imprese certificate OHSAS 18001. Riteniamo, infatti, che dove è presente tale certificazione c’è molto più controllo. I lavoratori che ricevono verifiche dai certificatori ogni anno sono più portati alla collaborazione all’interno dell’azienda.
È vero che vi sono degli incentivi INAIL e riduzioni sul premio per chi è già certificato, ma ancora manca una vera cultura alla predisposizione della certificazione OHSAS 18001, anche perché, ad esempio negli appalti pubblici, difficilmente viene richiesta ed è oggetto di punteggio.
Prevedere con l’autorità degli appalti o con i nuovi codici un indirizzo in questo senso potrebbe forse aumentare la consapevolezza e l’importanza di tale tema per gli imprenditori, facendo in modo che diventi una necessità a livello culturale e non solo un aggravio di costi.

NOCETTI
Signor Presidente, sono Massimo Nocetti, presidente della Confartigianato Umbria. Ringrazio anch’io e plaudo alla vostra lodevole iniziativa. Le aziende che rappresentiamo sono per lo più imprese con meno di nove dipendenti, molto spesso in stretta collaborazione con gli stessi imprenditori, quindi sentiamo molto il problema degli infortuni.
Organizziamo molti corsi di preparazione con i vari imprenditori per diffondere questa cultura sempre nuova, perché ci sono sempre nuove norme ed iniziative, e collaboriamo molto anche con l’ente bilaterale, che è di grande aiuto per organizzare i suddetti corsi.
Anche noi rappresentiamo settori come l’edilizia, la meccanica e il manifatturiero, ma il fenomeno che riscontriamo maggiormente è quello delle malattie professionali, un problema sicuramente non di poco conto. Per i lavoratori e gli imprenditori la cultura della prevenzione è importante, anche se sulla prevenzione delle malattie professionali andrebbe posta maggiore attenzione. Non a caso gli artigiani, essendo tra i meno colpiti dagli infortuni, hanno chiesto all’INAIL di operare una riduzione, che è avvenuta; anche questo è un segnale del fatto che le nostre imprese stanno collaborando al massimo con le istituzioni per prevenire gli incidenti, che oggi sono sempre più spesso causati non solo dalla mancanza di prevenzione, ma soprattutto dallo stress che colpisce tanto gli imprenditori quanto i lavoratori. Condizioni di vita e di lavoro più serene sarebbero auspicabili per tutti.

ROSSI
Signor Presidente, sono Maria Luisa Rossi e mi occupo di sicurezza nell’ambito di Confapi Perugia. La nostra è un’associazione di piccole e medie imprese che rappresenta aziende di diversi settori, non avendo una specializzazione su un settore specifico. Di conseguenza, pur avendo particolare attenzione per i settori a maggiore rischio (edilizia e metalmeccanico), trattiamo il tema della sicurezza a 360 gradi e difficilmente produciamo strumenti ad hoc per ciascun settore.
Anche noi cerchiamo di diffondere tra le nostre imprese la cultura della sicurezza, che ancora vediamo molto lontana, organizzando degli eventi (abbiamo preparato ad esempio degli spot andati in onda su Raitre) e facendo formazione e informazione in materia di sicurezza. Ci siamo accorti che difficilmente le imprese chiedono il nostro supporto per mettere a punto i sistemi di sicurezza, per cui siamo noi a dover contattare le varie imprese. Si tenga anche conto che il nostro è un sistema un po’ particolare che opera attraverso il telelavoro, e la nostra mission consiste nell’andare presso le imprese a proporre i servizi quali, ad esempio, check up gratuiti sulla sicurezza. Parlare di sicurezza, visitare direttamente le imprese, controllare con loro i documenti ed eventuali problemi e mancanze, dando ovviamente priorità agli adempimenti obbligatori, è un modo per contribuire alla formazione di una vera e propria cultura della sicurezza.
In tema di prevenzione, vi è un protocollo con l’INAIL a livello regionale su cui ci stiamo molto impegnando. Stiamo cercando di mettere a punto degli strumenti che vadano oltre la mera obbligatorietà delle norme  per poi proporli a tutte le imprese. Uno degli aspetti a cui teniamo molto è quello volto alla creazione di una check list, un progetto di autovalutazione per gli imprenditori e i lavoratori, anche per analizzare gli incidenti e i mancati infortuni. Cerchiamo quindi di lavorare su più fronti, occupandoci non solo degli incidenti e di quanto è obbligatorio, ma anche in funzione di prevenzione.
A breve diventerà obbligatorio anche per le imprese sotto i dieci dipendenti la redazione del documento di valutazioni dei rischi. Speriamo possa essere una leva, a partire dagli obblighi di legge, per aiutare gli imprenditori delle imprese associate a capire l’importanza dell’argomento.

PRESIDENTE
Prima di ringraziarvi per il vostro contributo, volevo soffermarmi, rivolgendomi soprattutto ai rappresentanti delle piccole e medie imprese, sul rapporto con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) o, ancor di più, con i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali (RLST).
Bisogna cioè capirci; una possibilità sarebbe quella di entrare, come diceva giustamente l’ingegner Calzoni, nella bilateralità e nella collaborazione. Abbiamo però segnali, non solo dall’Umbria, ma anche da altre parti d’Italia, che testimoniano un po’ di fatica nel capire il ruolo di questa figura, soprattutto di quella territoriale.
Vorrei poi soffermarmi su una questione che mi sembra corretto rilevare. La conoscenza degli RLS è legata alla presenza del sindacato, tant’è che ove esso non è presente, questa figura viene ignorata. Nelle piccole aziende, al di sotto dei 15 dipendenti, dove si propende per la via dei RLST, il sindacato è fuori perché se non è rappresentato e non è presente in azienda, non ne conosce il rappresentante. L’INAIL conosce tutti questi nominativi, ma ha difficoltà a comunicarli. Noi vorremmo aiutare a risolvere questo problema, perché credo ciò sarebbe a vantaggio di tutti. Non c’è alcun motivo per cui il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza debba essere in incognito; anzi, la Regione, come abbiamo sentito dalla signora Presidente e dai signori assessori, ha una serie di programmi e progetti di attività di formazione. Questo presuppone però che si debbano conoscere i soggetti nei confronti dei quali tali progetti devono essere attivati. È solo un’esortazione e non un dibattito, perché ritengo che, laddove si dovessero trovare difficoltà per quanto riguarda i rappresentanti della sicurezza a livello territoriale o i rappresentanti della sicurezza, laddove non sono presenti le organizzazioni sindacali, sarebbe opportuno agevolare questo processo. Sarebbe un fatto molto positivo che andrebbe tra l’altro nella direzione richiamata dall’ultimo intervento. Cerchiamo dunque di operare per realizzare questo obiettivo a beneficio di tutti.
Nel ringraziarvi per la vostra partecipazione e per i contributi dati ai lavori della nostra Commissione, dichiaro concluse le audizioni in titolo.