Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 20 febbraio 2012

Audizioni svolte presso prefettura di L’Aquila

Presidenza del presidente TOFANI

Audizione del prefetto di L’Aquila
Audizione degli assessori regionali alle politiche culturali, veterinaria, sicurezza alimentare e prevenzione collettiva e alle politiche attive del lavoro, formazione ed istruzione e politiche sociali
Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di L’Aquila
Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro
Audizione del comandante della legione Carabinieri Abruzzo, del responsabile territoriale del Nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di L’Aquila e del direttore regionale dei Vigili del fuoco
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole


Audizione del prefetto di L’Aquila

Interviene il prefetto di L’Aquila, dottoressa Giovanna Maria Iurato.

PRESIDENTE
La presenza nella città di L’Aquila della Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro del Senato della Repubblica non è legata ad un fatto specifico, ma si inserisce all’interno di una più ampia indagine che stiamo svolgendo in tutte le Regioni d’Italia. Tale indagine è finalizzata a verificare non solo il trend dell’andamento degli infortuni sul lavoro, anche mortali, e delle malattie professionali, ma anche a monitorare il recepimento e l’attuazione delle normative vigenti, per avere un quadro complessivo della situazione. Siamo inoltre disponibili ad approfondire altri eventuali argomenti di particolare interesse, rispetto al lavoro di inchiesta svolto dalla Commissione. Desidero pertanto ringraziare la prefettura di L’Aquila per la cortesia e l’ospitalità dimostrate.

IURATO
Desidero innanzitutto ringraziare la Commissione d’inchiesta del Senato per la sua presenza, che rappresenta un segnale di attenzione nei nostri riguardi. I membri della Commissione hanno potuto verificare, già da ieri sera, la particolarità del nostro contesto territoriale, così particolarmente provato dalle recenti vicende: il quadro della situazione, anche per ciò che riguarda il tema degli infortuni sul lavoro, è infatti pesantemente condizionato dall’evento sismico, che ha recentemente colpito l’Abruzzo. Ricordo infatti che, in questo territorio, sono addirittura 42 su 108 i Comuni dichiarati interni al cratere sismico. Quindi, 42 Comuni e 42 sindaci si sono dovuti confrontare con il problema del terremoto e ora si trovano ad affrontare la fase della ricostruzione per cui tutta la nostra vicenda ruota ora intorno a questa priorità.
Visto che l’obiettivo della Commissione è principalmente quello di monitorare l’attenzione riservata alle vicende riguardanti gli infortuni sul lavoro, posso dire di aver monitorato tale questione indirettamente, effettuando i controlli sulla ricostruzione. A tal proposito ci sono due aspetti particolari da prendere in considerazione. Il primo di essi riguarda i cantieri per la cosiddetta ricostruzione pubblica, rispetto ai quali, sia durante la fase dell’emergenza sia nella fase attuale, abbiamo effettuato 34 accessi nei cantieri pubblici, disposti dal prefetto, in base ai poteri conferitigli dalla normativa vigente, ed effettuati dal Gruppo interforze costituito presso la Prefettura ai sensi del decreto del Ministro dell’interno del 14 marzo 2003. Tali accessi, effettuati in grande numero, sono principalmente finalizzati a prevenire le infiltrazioni criminali, ma hanno fatto emergere numerose violazioni di legge, che ho sottolineato in una relazione, che desidero consegnare alla Commissione.
Quasi contemporaneamente allo svolgimento di tale attività, il comitato di coordinamento per l’alta sorveglianza delle grandi opere, presieduto dal prefetto Frattasi, capo della segreteria del Ministro dell’interno, in sinergia con la prefettura di L’Aquila, ha predisposto la terza edizione delle linee guida, ovvero una normativa di rango secondario, che mira a disciplinare la ricostruzione privata. In altri termini, il soggetto privato che ha subito dei danni derivanti dal sisma percepisce delle erogazioni pubbliche, che non costituiscono però un contributo sic et simpliciter, ma un indennizzo a ristoro del danno subito. Di conseguenza, il privato che percepisce queste risorse è libero di utilizzarle come vuole, ma rimane l’esigenza da parte dello Stato di seguire come vengono spesi i finanziamenti pubblici. Per questo motivo abbiamo effettuato anche 34 accessi, al fine di controllare come procede la ricostruzione privata. Anche in questi casi sono state individuate alcune violazioni di legge: dunque, per quel che riguarda il profilo attinente alla tutela della sicurezza sul lavoro, il monitoraggio di tutte queste aziende ha evidenziato un dato significativo, visto che circa il 40 per cento delle imprese che lavorano alla ricostruzione sono state considerate irregolari. Si tratta di un dato significativo, ma di gran lunga inferiore rispetto a quello riguardante l’edilizia non connessa alla ricostruzione. Ciò deriva probabilmente dal fatto che le imprese aggiudicatarie dei lavori della ricostruzione privata sono molto complesse e, dunque, sono in grado di darsi un assetto organizzativo dignitoso e adeguato a ridurre i profili di irregolarità.
Al di fuori della ricostruzione, il prefetto di L’Aquila si è attivato per sensibilizzare tutte le istituzioni competenti: a tal fine, a settembre abbiamo istituito un tavolo di lavoro per rafforzare i controlli riguardanti la materia della sicurezza sul lavoro. In seguito a ciò , la Direzione regionale del lavoro ha offerto un contributo significativo, fornendo delle risorse aggiuntive e il Nucleo ispettivo del lavoro dei Carabinieri ha aumentato le risorse necessarie ad effettuare questo tipo di controlli. Purtroppo, l’ASL non ha potuto rispondere allo stesso modo, dicendo di non avere risorse adeguate per aiutare il compimento di tali controlli.
Pertanto ho scritto al presidente della Regione, che riveste il ruolo di commissario straordinario alla sanità, per chiedere un potenziamento degli organici destinati ai controlli. Credo che in questi giorni si possa arrivare ad un perfezionamento, visto che è stata effettuata una selezione ad hoc.
Dunque, visto che nei mesi invernali l’attività edilizia legata alla ricostruzione è rallentata a causa delle basse temperature, abbiamo deciso di spostare il monitoraggio e i controlli al di fuori delle zone interessate dalla ricostruzione, nei territori della Marsica, dell’Alto Sangro e del Sulmonese. Si tratta di tre zone particolarmente importanti e complesse, per i motivi che successivamente vi illustrerò e in particolare per una forte presenza di immigrati. Da quando sono in Abruzzo, ovvero da circa due anni, avverto l’esigenza di effettuare controlli a vasto raggio nel territorio per verificare la presenza di immigrati, l’utilizzo di manodopera straniera e la risposta del territorio a tale fenomeno. Quindi, appena sono arrivata, vista l’esistenza di importanti campagne agricole stagionali legate ai raccolti, ho predisposto dei controlli del territorio a vasto raggio, con il contributo delle forze di polizia e di tutti gli enti competenti, come l’INPS, l’INAIL, la Direzione del lavoro e l’Agenzia delle entrate. Ciò ha rappresentato un momento significativo, perché attraverso tali controlli sono state evidenziate numerosissime irregolarità, che sono segnalate nella relazione che consegnerò alla Commissione, e sono stati individuati diversi dormitori. Ciò che purtroppo emerge nel territorio provinciale è l’assoluta incapacità di offrire condizioni di vita dignitose a questi lavoratori. Dunque, nel momento in cui si predispongono tali controlli, si verifica spesso che le abitazioni messe a disposizione dei suddetti lavoratori non hanno l’abitabilità. Tali controlli devono essere effettuati periodicamente, per dare il segno di una presenza significativa dello Stato, volta ad impedire lo sfruttamento di queste persone, che spesso hanno un permesso di soggiorno, ma che non hanno un contratto di lavoro continuativo.
Anche in questo caso, quindi, ho voluto rappresentarvi una sorta di flash sulla situazione degli stranieri che soggiornano in questo territorio: di recente, abbiamo svolto un sondaggio anche a Luco dei Marsi, un piccolo paese della Marsica con circa 3.000 abitanti, dove però si registra una presenza significativa di extracomunitari.
La mia esposizione introduttiva termina qui, signor Presidente, ma resto a vostra disposizione qualora riteniate di rivolgermi ulteriori domande.

PRESIDENTE
La ringraziamo, signor prefetto, per la sua relazione. Dobbiamo tentare di comprendere i problemi più ampi, che riguardano l’intero territorio della Regione. Nel corso della mattinata, in base delle audizioni in programma, speriamo di ricevere un dato utile a farci comprendere meglio alcuni problemi, in particolare sulle ore lavorate. Vi sono infatti dati che indubbiamente presentano un trend positivo, con riferimento al numero degli infortuni, anche mortali, ma dovremmo poi capire quante ore sono state lavorate in meno in questi ultimi tempi, con particolare riferimento a L’Aquila, dove dal 2006 al 2010 il trend dei casi mortali non è stato dei migliori, eccezion fatta per la differenza tra il 2009 ed il 2010. Se quindi nel 2006 abbiamo avuto sei decessi, nel 2007 e nel 2008 nove per ognuno dei due anni, nel 2009 ne abbiamo avuti invece 13 e 11 nel 2010, con riferimento alla sola Provincia di L’Aquila.
Vorremmo dunque comprendere meglio la situazione.

IURATO
Signor Presidente, posso certamente dire la mia, perché i decessi quest’estate si sono verificati nelle concerie della Marsica, sempre in Provincia di L’Aquila. Si tratta di un settore leggermente diverso dal monitoraggio che compiamo noi sui cantieri edili, ma nel momento in cui è venuta a ridursi l’esigenza di un controllo su di essi, abbiamo pensato di spostare la nostra attenzione. Dal punto di vista della competenza del prefetto, infatti, è spaventoso il lavoro di monitoraggio da effettuare su tutte le imprese che sono venute a lavorare qui e che hanno manifestato contiguità con la criminalità organizzata.

PRESIDENTE
Si tratta di un tema importantissimo, ma collaterale: oggi, vorremmo capire invece, con riferimento alle normative vigenti, il ruolo centrale che riveste la Regione in tutto questo.

IURATO
La Regione ha istituito un tavolo di coordinamento regionale alla fine di ottobre, quindi da pochissimo tempo: è vero che ho cercato di istituirlo, con un certo assetto, ma non ho ancora avuto il tempo di coinvolgerlo come interlocutore.

PRESIDENTE
Non lo deve fare lei, trattandosi di un tavolo che si coinvolge da solo, nel senso che è una struttura prevista dalle ultime norme vigenti (la legge n. 123 del 2007 e il decreto legislativo n. 81 del 2008 in modo particolare, che quindi è ad hoc), che comunque risalgono a quattro anni fa. In base ad esse, si costituisce un tavolo che deve avere non solo uno sviluppo a livello regionale, ma anche un dispiegamento provinciale, per capire le politiche e le strategie che devono attuare tutti i soggetti che operano nel settore della sicurezza e della salute nel mondo del lavoro.
L’obiettivo della nostra missione è essenzialmente capire questo: sicuramente starete svolgendo nel modo migliore le attività di competenza della prefettura, ma possiamo avere un quadro completo della situazione solamente comprendendo l’impennata delle malattie professionali, soprattutto in due Province.

IURATO
Il presidente dell’INAIL ha preparato una relazione su questo punto, che posso acquisire anch’io.

PRESIDENTE
La ringrazio, signor prefetto, ma ci pensiamo noi a farlo: la nostra esigenza è capire cosa sta accadendo e per farlo approfondiremo il tema nel corso delle prossime audizioni.

NEROZZI
Sono stati raccolti alcuni dati strani: i morti per gli infortuni diminuiscono in maniera sensibile a Chieti e a Pescara, dove però le malattie professionali aumentano in maniera ultrasensibile. L’Aquila rappresenta un capitolo a sé, per quanto è avvenuto, ma presenta un trend sostanzialmente omogeneo. Chieti e Pescara, invece, passano da un meno 33 e un meno 53 per cento di malattie professionali a quasi 1.000 casi in più .
I casi di morte, che sono aumentati sia nel 2009 sia nel 2010, si sono verificati tutti nel settore delle concerie?

IURATO
Non lo ricordo con esattezza, ma sarà mia cura verificarlo immediatamente. Tali decessi si sono verificati prevalentemente nel settore delle concerie, ma il dato che mi ha colpito è che proprio non ve ne siano stati nell’edilizia, il settore lavorativo che negli ultimi tempi abbiamo monitorato perché in tale ambito si incentrano la ricostruzione e la rinascita della vita. Ricordo comunque che quelli avvenuti quest’estate si sono verificati tutti nelle concerie.

NEROZZI
L’aspetto interessante è che anche l’anno scorso si è evidenziato un picco di tale fenomeno.

PRESIDENTE
Ringraziando ancora il signor prefetto, dottoressa Iurato, dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione degli assessori regionali alle politiche culturali, veterinaria, sicurezza alimentare e prevenzione collettiva e alle politiche attive del lavoro, formazione ed istruzione e politiche sociali

Intervengono gli assessori regionali alle politiche culturali, veterinaria, sicurezza alimentare e prevenzione collettiva, dottor Luigi de Fanis, e alle politiche attive del lavoro, formazione ed istruzione e politiche sociali, avvocato Paolo Gatti.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione degli assessori regionali alle politiche culturali, veterinaria, sicurezza alimentare e prevenzione collettiva, dottor Luigi de Fanis, e alle politiche attive del lavoro, formazione ed istruzione e politiche sociali, avvocato Paolo Gatti.
La nostra Commissione, come probabilmente avrete già saputo in fase di organizzazione di questo incontro, sta effettuando un’indagine presso tutte le Regioni italiane per comprendere, in modo particolare, lo stato di attuazione delle norme che riguardano il tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro, oltre ovviamente a commentare fatti e circostanze relative al territorio su questi argomenti. Vorremmo, quindi, avere da voi un quadro delle iniziative che state svolgendo con riferimento soprattutto al coordinamento regionale, un tema sul quale noi stiamo puntando anche se non abbiamo avuto grandi risposte. Non si sa il motivo, però più o meno è così. Vorremmo capire i vostri percorsi su questo argomento che interessa in modo particolare la Commissione.

GATTI
Signor Presidente, sono l’assessore alle politiche attive del lavoro, formazione ed istruzione e politiche sociali. Posso relazionare in ordine all’attività svolta in questi tre anni di governo regionale. Abbiamo puntato essenzialmente su due tipi di attività che non sono neanche particolarmente originali, ma consuete e doverose: la comunicazione e la formazione. Abbiamo utilizzato essenzialmente il fondo sociale europeo e per piccola parte fondi nazionali poiché, come è noto, le risorse del bilancio regionale sono particolarmente esigue. Abbiamo fatto partire un progetto speciale multiasse («Sicurlavorando»), un progetto speciale («Sicurformando») e poi una serie di progetti di formazione continua che tra le varie tematiche ricomprendono la sicurezza sul lavoro. Il progetto «Sicurlavorando» è di comunicazione nell’ambito del piano operativo 2007-2008; da questo punto di vista sono state realizzate azioni di campagna informativa molto ampie con l’obiettivo di migliorare la percezione dei rischi, sensibilizzare circa l’importanza della sicurezza negli ambienti lavorativi, promuovere la cultura della legalità e della prevenzione, valutare il grado di informazione e consapevolezza rispetto all’argomento, promuovere la diffusione di buone prassi in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro. In particolare, questa campagna di comunicazione è stata particolarmente massiccia, multi target e vettoriale con spot radio e televisivi, speciali televisivi, avvisi stampa, campagne web e affissioni, con realizzazione di opuscoli, filmati divulgativi multilingue per lavoratori e datori di lavoro, incontri settoriali di sensibilizzazione con le realtà produttive, tavoli tecnici di condivisione del progetto con le istituzioni, le parti sociali, economiche e gli organismi territoriali operanti in materia di sicurezza.
Abbiamo bandito un concorso dal titolo «Le buone prassi per la sicurezza sul lavoro» per le imprese con il conferimento del marchio «Azienda sicura 2010» e la pubblicazione delle migliori pratiche. Nelle azioni di sensibilizzazione sono state comprese azioni per gli studenti, soprattutto degli istituti tecnico-professionali e un concorso «Occhio alla sicurezza» per la realizzazione di progetti sperimentali sul tema della sicurezza. Abbiamo cercato di sensibilizzare anche gli studenti universitari con incontri formativi. È stato realizzato il sito web www.sicurlavorando.it di cui parlavo prima, mentre il marchio «Azienda sicura 2010» è stato assegnato alle aziende più virtuose, che si sono distinte nel settore della sicurezza e salute nei luoghi di lavoro per il rispetto puntuale delle regole, per la sperimentazione di modelli innovativi che riguardano la sicurezza e per particolari iniziative di sensibilizzazione. Queste attività, di cui posso lasciarvi una traccia, si sono concluse nel giugno 2011.
Il progetto «Sicurformando», da 1,3 milioni di euro, è evidentemente incentrato sulla formazione. Abbiamo ripartito le risorse in maniera uguale tra le quattro Province abruzzesi. L’obiettivo era supportare l’innalzamento dei livelli di salute e sicurezza all’interno dei luoghi di lavoro delle micro, piccole e medie imprese abruzzesi attraverso l’erogazione di contenuti formativi essenziali per la formazione e informazione dei lavoratori secondo le normative del decreto n. 81 del 2008, articoli 36 e 37, commi 1 e 3. Gli interventi corsuali e seminariali hanno favorito l’acquisizione di conoscenze generali e specifiche, teoriche e pratiche in materia di igiene e sicurezza del lavoro, prevenzione e classificazione e valutazione dei rischi connessi agli ambiti di attività economica e produttiva delle imprese di appartenenza dei lavoratori. Si è data in questo progetto una priorità specifica per i settori economici ad elevata intensità di rischio, definiti sulla base delle osservazioni delle cause e delle dinamiche degli infortuni mortali sul lavoro, attivata nell’ambito del sistema nazionale di sorveglianza tra Regioni, INAIL e ISPESL, di cui al piano regionale di prevenzione sanitaria 2010-2012. In tal modo abbiamo perseguito l’obiettivo di sostenere le aziende impegnate nello sforzo di formare i propri dipendenti sui corretti comportamenti da osservare durante i processi produttivi per ridurre al massimo gli errori che causino infortuni e incidenti. Concludo con i progetti di formazione continua per i quali complessivamente sono stati stanziati 8 milioni di euro. Tra questi le aziende potevano chiedere, nell’ambito dell’adattabilità dei lavoratori, delle imprese e degli imprenditori per la gestione positiva dei cambiamenti economici, moduli formativi di questo genere. Tra le diverse aree tematiche è stata prevista e utilizzata con una certa intensità quella relativa alla sicurezza, alla salute sui luoghi di lavoro e alla salvaguardia dell’ambiente.

DE FANIS
Il comitato regionale di coordinamento ha dato mandato al presidente della Giunta di nominare i componenti. Con decreto del 21 ottobre 2008 la Regione Abruzzo ha nominato i componenti dell’istituendo ufficio operativo composto dai servizi prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro delle ASL, della Direzione provinciale del lavoro, dell’INAIL, dell’INPS e del comando provinciale dei Vigili del fuoco. Con deliberazione n. 203 del 4 maggio 2009 sono stati istituiti i comitati provinciali secondo le indicazioni contenute nell’articolo 2, comma 3, del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2007 per l’attuazione dei piani operativi di vigilanza su base provinciale. Il comitato in oggetto si è sempre riunito regolarmente ed è stato approvato, fin dalla prima riunione di insediamento, un regolamento interno di funzionamento. Sono stati forniti indirizzi strategici da adottare sul campo e costantemente attivati e sensibilizzati i responsabili dei servizi di prevenzione e sicurezza delle ASL in qualità di coordinatori degli organismi provinciali per le azioni da mettere in campo su base provinciale e poi regionale acquisendo i verbali delle riunioni presso le ASL degli organismi stessi. I riepiloghi delle attività dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (PSAL) delle ASL vengono trasmessi trimestralmente secondo quanto stabilito dall’articolo 6 della legge regionale n. 82 del 1992. Nel merito la Regione Abruzzo ha adottato la scheda di rilevazione predisposta dal gruppo di coordinamento nazionale nella quale, tra l’altro, sono riportati il numero di aziende con i dipendenti oggetto di ispezione, il numero di cantieri ispezionati, il numero di verbali di prescrizione eseguiti, il numero di inchieste e infortuni conclusi e di verifiche periodiche effettuate. La Regione ogni anno programma le risorse per la realizzazione dei corsi di formazione e aggiornamento in favore degli operatori, dei dipartimenti di prevenzione delle quattro ASL, secondo quanto previsto dalla legge regionale n. 7 del 2002. Con l’approvazione del piano della prevenzione sanitaria nel triennio 2010-2012, tra le linee progettuali programmate all’interno della prevenzione universale, sono stati approntati due progetti specifici dal titolo «Costruire un mondo sicuro» e «Coltiviamo la sicurezza». Il primo progetto ha come obiettivi: il mantenimento del trend di riduzione degli infortuni mortali o con esiti invalidanti, nell’ottica di una riduzione del 15 per cento nel prossimo triennio; l’aumento della consapevolezza dei rischi da parte di tutti gli attori della prevenzione coinvolti nel settore delle costruzioni, attraverso una comunicazione efficace e un’assistenza omogenea degli stessi; l’aumento del livello di sicurezza nei cantieri edili attraverso attività di vigilanza mirata e coordinata; la formazione omogenea degli operatori di vigilanza, dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro (PSAL) delle ASL; il miglioramento della conoscenza dei rischi e delle possibili soluzioni, in conformità con le norme e con i relativi obblighi in materia di salute e sicurezza da parte dei soggetti interessati.
Il secondo importante progetto riguarda maggiormente il campo agricolo ed ha come obiettivi: la prevenzione degli eventi infortunistici nel settore agricolo; la realizzazione di una campagna informativa rivolta agli utilizzatori, anche non professionali – i cosiddetti avventori – e ai riparatori e venditori di macchine agricole; il miglioramento della formazione degli operatori dei servizi di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro delle ASL; la costituzione di un’anagrafe aggiornata delle aziende agricole, almeno di quelle con dipendenti; l’ispezione di almeno il 5 per cento delle aziende.
Naturalmente, per ciascuno di questi due progetti sono state realizzate delle campagne informative e divulgative, cercando di coinvolgere tutti gli attori della prevenzione, con la distribuzione di materiale informativo sulle buone prassi da seguire per la prevenzione degli incidenti. Sono inoltre stati realizzati dei convegni, come quello realizzato presso l’ex Aurum di Pescara l’8 aprile del 2011, o quello realizzato il 15 aprile del 2011 presso l’ente fiera agricola di Lanciano, con l’allestimento di uno specifico stand informativo e divulgativo nel campo agricolo. Sono stati realizzati specifici corsi di formazione e di aggiornamento regionale, rivolti agli operatori delle quattro ASL, funzionali alla realizzazione delle attività di formazione e controllo sia nel settore edile che in quello agricolo. Sono state inoltre stipulate quattro convenzioni regionali con i comitati paritetici territoriali dell’edilizia delle province di Teramo, Pescara, l’Aquila e Chieti, approvati in seguito dalla Giunta regionale, con il decreto n. 524 del 25 luglio del 2011, per l’espletamento di attività di consulenza tecnica e assistenza alle imprese, per agevolare l’aumento della consapevolezza del rischio di infortuni attraverso la diffusione della cultura della prevenzione e della sicurezza tra gli addetti del settore. Da questi dati emerge che l’Abruzzo ha raggiunto e continua a mantenere l’obiettivo del 5 per cento delle aziende del territorio da ispezionare annualmente, come previsto nel patto per la salute del 2007. I servizi di vigilanza della ASL sono tra i primi posti in Italia per l’attività svolta da parte di ciascun operatore: il numero degli operatori è inferiore rispetto alla media nazionale e quindi andrebbe incrementato.
Riguardo al fenomeno infortunistico, onde evitare improvvide affermazioni, è opportuno ricordare che si tratta di un fenomeno complesso in cui intervengono molteplici fattori, che bisogna tenere in debito conto.
Va innanzitutto precisato qual è la fonte dei dati utilizzati in Italia: c’è una sola fonte attendibile, ovvero la banca dati dell’INAIL, che è accessibile a tutti attraverso il sito Internet. È inoltre opportuno rapportare gli eventi alla popolazione lavorativa, considerando l’indice di frequenza, il numero degli infortuni e le ore di lavoro, perché trattandosi di un rapporto, la disponibilità del solo numeratore costituisce un’informazione troppo limitata, che non consente il confronto con le altre realtà territoriali.
Il fenomeno va osservato su un arco temporale di almeno 4-5 anni, senza prestare troppa attenzione alle variazioni nel breve periodo, che possono essere occasionali. Va evitata un’analisi statica sui piccoli numeri, come per gli infortuni mortali, che nella nostra Regione sono poche decine e dunque non si prestano a valutazioni di questo tipo. Se si confrontano dati tra ambiti territoriali diversi, ad esempio tra Province e Regioni, bisogna almeno tener conto di alcuni importanti fattori di confondimento, quali la presenza di settori lavorativi con rischi diversi, l’assegnazione territoriale solo amministrativa dei lavoratori, la presenza del lavoro nero e i contesti socio-economici.
Alla luce di queste considerazioni si può ragionevolmente dire, prendendo visione del quinto allegato alla documentazione che desidero consegnare alla Commissione, che nell’ultimo decennio in Abruzzo si è osservata una significativa riduzione degli infortuni, in armonia con quanto avvenuto in tutto il Paese. Si è infatti passati dai circa 24.000 eventi infortunistici dei primi anni 2000 ai circa 19.000 degli anni più recenti, mantenendosi sostanzialmente invariato, se non in aumento, il numero degli occupati, anche tenendo conto degli infortuni stradali in itinere. Considerazioni simili possono essere fatte per gli infortuni mortali, passati dai circa 40 dei primi anni 2000 ai circa 20 degli ultimi anni, con una diminuzione circa del 50 per cento.
Desidero consegnare infine alla Commissione una serie di statistiche e di documenti relativi agli interventi di controllo eseguiti, sia nell’edilizia che nell’agricoltura, nelle varie Province e nei vari anni, con un riepilogo regionale di facile consultazione.

PRESIDENTE
Desidero chiedere qualche precisazione: secondo quello che ci ha riferito il nostro audito, il comitato regionale di coordinamento funziona.

DE FANIS
Il comitato funziona, ci riuniamo e agli incontri partecipa anche l’assessore alle politiche attive del lavoro, il dottor Gatti.

PRESIDENTE
Si tratta di una questione importante e strategica, che tra l’altro permette di programmare l’attività a livello regionale, anche con riverberi nelle Province. Consigliamo dunque una maggior attenzione a questo tema, altrimenti c’è il rischio che si inneschi l’attività di altri soggetti e poi che non si capisca cosa si coordini e chi coordini cosa.
Inoltre sarà importante far pervenire al Ministero della salute e al Ministero del lavoro e delle politiche sociali una relazione annuale: non so se voi già lo facciate.

DE FANIS
Sì.

PRESIDENTE
In genere non viene fatto, ma se voi la inviate ci fa molto piacere, perché ciò costituisce l’unico momento di vicinanza, a parte il tavolo della Conferenza Stato-Regioni, tra le amministrazioni territoriali, regionali e centrali. Abbiamo puntato molto sulla legge delega n. 123 del 2007, sul decreto delegato che ha costituito questa struttura e sul testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, perché siamo convinti di dover lavorare in modo più coordinato. È vero che le risorse non sono sufficienti, ma facendo una somma di tutti i soggetti che operano nel settore della prevenzione e del contrasto al fenomeno degli infortuni, rapportandola alle altre nazioni europee, ci accorgeremmo che questo gruppo non è poi così limitato: si tratta quindi di far lavorare questi soggetti in modo coordinato. Le ASL e la Regione si devono dunque attivare, perché anche in questo caso vengono richiesti una maggiore presenza da parte della struttura sanitaria, come è stato detto in precedenza dai nostri auditi, e un numero maggiore di operatori.
Per quanto riguarda i dati siamo un po’ preoccupati: il nostro audito ha infatti descritto un trend. Da ciò che emerge dai dati che ci ha messo a disposizione l’INAIL – abbiamo dunque la stessa fonte – nel quinquennio 2006-2010 abbiamo avuto una diminuzione del 18 per cento degli infortuni nel loro complesso, mentre per quanto riguarda gli infortuni mortali c’è stata una diminuzione del 30 per cento. Se andiamo ad analizzare più nel dettaglio i dati della Provincia di L’Aquila, si evidenzia una crescita costante, tranne nel 2009, in cui c’è stato un picco di 13 morti. Nel 2006 si sono verificati sei infortuni mortali, che poi sono saliti a nove nei due anni successivi, per arrivare addirittura a 13 nel 2009 e a 11 nel 2010. Nel quinquennio c’è stato dunque un aumento della mortalità media, secondo i dati forniti dall’INAIL.
L’altro aspetto che ci lascia perplessi e che mi auguro si possa approfondire meglio, anche se non necessariamente in questa circostanza, è il problema delle malattie professionali, a cui non vengono mai dati lo spazio e l’attenzione che meritano. Si registra infatti un aumento significativo delle malattie professionali nello stesso periodo preso in considerazione dall’INAIL, ovvero dal 2007 al 2010: in particolare c’è stato un aumento dei casi di malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee passati da 941 a 4.124: questo dato si impenna in modo particolare nelle zone del chietino e del pescarese. Su questo tema credo sia necessario fare una riflessione maggiore, oltre al fatto che sarebbe necessario avere dei dati certi sulle ore lavorate. Il nostro audito ci ha detto che nel periodo preso in considerazione le ore lavorate non sono state inferiori agli anni precedenti e ciò è importante: economicamente questo dato non può che farci piacere. Avere dati più precisi aiuterebbe a chiarire ancora meglio il quadro. Vi chiedo dunque la cortesia di porre attenzione a questi fenomeni che si stanno determinando.
Concludo evidenziando l’opportunità di avere una maggiore mappatura dei settori in cui si determinano questi fenomeni. È vero che in modo generale si parla di costruzioni o di agricoltura: a tal proposito consiglio di porre attenzione anche all’agricoltore singolo e ai cosiddetti avventori e non solo alle aziende agricole, specialmente per ciò che riguarda gli infortuni dovuti al ribaltamento delle macchine agricole. Ricordo anche che nelle concerie si sono verificati degli incidenti gravi e anche mortali: vorremo avere dunque un quadro del territorio, per capire dove è necessario operare.

GATTI
In Abruzzo il dato della tenuta occupazionale è particolarmente significativo, rispetto alle altre Regioni. Ricordo che siamo l’unica Regione del Mezzogiorno in cui il dato della disoccupazione non è cresciuto fino a raggiungere un numero a doppia cifra, da cui siamo ancora abbastanza lontani. Il discorso diventerebbe lungo, ma voglio sottolineare una banalità, su cui certamente la Commissione avrà già effettuato una riflessione: in un momento di grande difficoltà economica, è chiaro che alcuni imprenditori, alcuni datori di lavoro, non necessariamente per disattenzione o per cattiva volontà, ma perché mossi da uno stato di necessità, cominciano a trascurare la giusta attenzione sul versante della sicurezza. È difficile andare ad incidere su tale questione, per la difficoltà di conoscere le singole realtà, ma anche perché ci si può trovare di fronte a una oggettiva difficoltà economica e finanziaria: ovviamente ciò non è accettabile, né comprensibile, né condivisibile, ma si tratta di un fenomeno che esiste ed è un dato di comune conoscenza.

NEROZZI
A proposito dell’agricoltura, il nostro audito ha fatto un’analisi molto precisa delle iniziative che si stanno prendendo, soprattutto per quel che riguarda gli strumenti agricoli e i trattori. L’agricoltura è il settore in cui percentualmente si verificano più infortuni, mentre nell’edilizia si verifica il numero più elevato in termini assoluti: la percentuale degli infortuni in agricoltura è dunque più alta di quella che si registra nell’edilizia. Visto che questo settore non è particolarmente curato, sia in generale sia per ciò che riguarda le singole aziende, chiedo dunque ai nostri auditi di farci avere la documentazione relativa alle iniziative che hanno messo in piedi.
Un’altra questione che stiamo notando è che per grandi aggregati – e penso all’industria, se la consideriamo come tale – non si riesce a cogliere la situazione, quindi nemmeno a progettare politiche tese a diminuire gli infortuni e le morti sul lavoro. Bisognerebbe disaggregare i dati per sottosettori, in particolare quelli meno evidenti, perché la grande industria, che presenta aspetti eclatanti, sostanzialmente ha ricevuto molta attenzione.
Poco fa ci è stato riferito il caso delle concerie di L’Aquila, settore che come altri – ad esempio quello della polvere da sparo, non ad uso militare, ma per i giochi, in particolare i fuochi artificiali – potrebbe essere considerato di dimensioni inferiori: dal momento che però produce, merita la dovuta attenzione, anche tramite politiche particolari.
Visto che il prefetto ha detto che quest’anno si sono verificati alcuni decessi – e dai dati in nostro possesso si evince che ve ne sono stati anche l’anno scorso – vorremmo ricevere informazioni maggiormente dettagliate, per poter intervenire. Nei piccoli settori, infatti, è possibile farlo adottando politiche specifiche, tenuto conto che quelle generali di fatto non servono.
Il settore agricolo ci interessa in modo particolare, tant’è che è il primo caso in cui si sente parlare di un’iniziativa regionale.

DE FANIS
Bisognerebbe parlare anche con i meccanici, per analizzare i controlli sugli attrezzi obsoleti.

NEROZZI
Sarebbe interessante ed utile conoscere il risultato del lavoro che avete svolto, per diffonderlo.
Visto che è emerso il problema delle concerie, abbiamo compreso che potrebbe trattarsi di un altro dei settori cui prestare particolare attenzione, perché nei grandi aggregati c’è una diminuzione degli infortuni, ma l’intervento in quel campo è più o meno semplice, come dimostrano i dati.
C’è poi la questione del regime degli appalti, con riferimento al quale, per le questioni note, siete stati attentamente monitorati, ma non si tratta di un problema che emerge qui.

GATTI
Signor Presidente, desidero lasciare agli atti della Commissione una brochure che abbiamo realizzato in quattro lingue, sia per i datori di lavoro, sia per i lavoratori, concernente soprattutto l’agricoltura e l’edilizia, settori nei quali sono impiegati molti lavoratori stranieri. Abbiamo utilizzato in particolare alcune lingue che, come vedrete, sono in linea con il fenomeno dell’immigrazione nel nostro territorio.
Vi sono poi un vademecum in generale sulla sicurezza del luogo di lavoro, un rapporto di ricerca sul lavoro sicuro in Abruzzo, un report cui tengo molto, relativo a quell’iniziativa di cui parlavo prima, relativa al marchio di sicurezza, cui ha partecipato un’azienda importante, e infine una specie di enciclopedia della sicurezza sui cantieri edili.

DE FANIS
Vorrei aggiungere anche questo catalogo, nel quale si parla di quelle iniziative che vi faremo conoscere nel dettaglio.

NEROZZI
Si tratta di un elemento molto interessante.

PRESIDENTE
Dottor De Fanis, Lei ha parlato poco fa di meccanici: state portando avanti questo lavoro anche in collegamento con l’ISPESL?

DE FANIS
Sì, signor Presidente, con l’ISPESL e con l’ASL.

PRESIDENTE
L’ISPESL mi interessa in modo particolare, poiché ha condotto studi precisi su alcune tipologie d’intervento tecnico finalizzate a ridurre gli infortuni o quantomeno a mettere in maggior sicurezza i luoghi di lavoro.

DE FANIS
Nei nostri campi, ad esempio, spesso c’è chi si adatta a fare lavori di piccola attività agricola, usando però le classiche motozappe prive del sistema di sicurezza che le porta a bloccarsi in caso di necessità. In occasione della fiera dell’agricoltura abbiamo condotto una campagna con alcuni meccanici per far sapere che a chi ha questo tipo di mezzo pensiamo noi come Regione ad installare quel dispositivo, che blocca l’attrezzo, se succede qualcosa.

PRESIDENTE
Quello che vorrei sottoporre alla vostra attenzione è che, se rafforzate i rapporti con l’ISPESL, dato che i loro tecnici hanno previsto esattamente ogni specifico intervento per il miglioramento della sicurezza, i meccanici si troverebbero studi già fatti da ingegneri, che possono risultare utili. Come dicevano il collega Nerozzi e la senatrice Maraventano, stiamo apprezzando molto tale iniziativa, pertanto questo aspetto ci sembra importante, soprattutto alla luce dei dati relativi ai decessi nel settore dell’agricoltura (che ammontano a circa 160), quasi tutti dovuti al ribaltamento dei mezzi, o a quelli relativi all’invalidità provocata dalle motozappe di cui parlavamo prima, usate per le più diverse attività del settore.
Ringrazio dunque il nostro ospite per il prezioso contributo che ha fornito ai nostri lavori e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di L’Aquila

Interviene il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di L’Aquila, dottor Romolo Como.

PRESIDENTE
Diamo il benvenuto al procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di L’Aquila, dottor Romolo Como, che ringrazio per aver accolto il nostro invito.
La nostra Commissione parlamentare d’inchiesta, con riferimento a temi importanti quali la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, nonché il contrasto al drammatico fenomeno degli infortuni e delle morti sul lavoro, sta effettuando una verifica diretta su tutto il territorio nazionale, in tutte le Regioni, volta a definire, attraverso una serie di audizioni dei soggetti coinvolti, un quadro completo della situazione, per comprendere cosa rimane ancora da fare, atteso che il trend degli infortuni di nostro interesse, anche se in diminuzione, rimane pur sempre molto alto.
Non abbiamo ancora i dati ufficiali relativi ai decessi del 2011, che l’INAIL a breve ci fornirà, ma è verosimile immaginare che, più o meno, si attesteranno sulle stesse cifre del 2010. Ciò significa che c’è uno zoccolo duro altissimo, di circa 1.000 morti e 750.000 infortuni.
Bisogna dunque comprendere quanto sia necessario compiere azioni mirate su questo fronte, atteso il ruolo fondamentale della magistratura, al quale riserviamo grande attenzione ed interesse. La invito dunque a sottoporci il suo punto di vista.

COMO
Signor Presidente, purtroppo i tempi ristretti non mi hanno consentito di condurre un’approfondita analisi attraverso le varie procure, ma sono in possesso di dati riassuntivi, che negli ultimi due anni vanno nel senso di un certo equilibrio. Per quanto riguarda le morti sul lavoro relative alla procura di L’Aquila, segnalo un caso di omicidio colposo nel 2010 e uno nel 2011. Tra parentesi, a L’Aquila questi dati sono forse ancora bassi, perché – com’è noto – non è ancora iniziata la vera e propria fase di ricostruzione della città; quindi, c’è ancora poca attività edilizia rispetto a quella prevista. Questi dati sono quindi parzialmente positivi per tale motivo.
Nella zona di Avezzano, che è di maggior sviluppo dal punto di vista edilizio, si sono verificati invece tre casi di morte sul lavoro nel 2010 e tre nel 2011.
Sono quindi diminuite le lesioni colpose e, in molte procure, le denunce relative a violazioni infortunistiche non legate ad incidenti sul lavoro. Non posso dirne io le ragioni, ma probabilmente ciò dipende dal fatto che c’è poca attività di controllo, che scatta quasi sempre proprio con il verificarsi di un incidente sul lavoro, mortale o con lesioni.
Questi dati però sono poco indicativi, lo ribadisco, mentre per esempio a Teramo tra il 2010 ed il 2011 abbiamo avuto un evidente aumento da uno a due delle morti sul lavoro ed uno ancora più consistente, da 1.172 ad oltre 2.000 casi, con riferimento alle lesioni da incidenti sul lavoro. Anche le violazioni accertate sono ugualmente aumentate, ma non riusciamo a capire se si tratti di un aumento in sé e per sé o della conseguenza di una maggiore attività di controllo in alcune zone (come quella di Teramo, dove però so per certo che sono stati maggiormente attivi gli organi dell’ispettorato del lavoro).
La situazione è sostanzialmente stazionaria, ma il discorso riguarda soprattutto la prevenzione, non l’attività repressiva: in questa materia, come in altre, sotto il profilo della repressione giudiziaria, purtroppo scontiamo il problema della prescrizione dei reati. Tutte le violazioni antinfortunistiche, infatti, sono contravvenzionali e in passato è stata avanzata la proposta di trattarne alcune come delitti, sia pure con pene non eccessive, in modo da aumentare almeno i termini di prescrizione. In base alla mia esperienza di Corte d’appello, dove convergono tutti i processi del distretto, per un buon 60 per cento circa queste violazioni sono definite subito, con procedimenti di patteggiamento oppure di oblazione, proprio perché si tratta di contravvenzioni, ove siano punite con la pena alternativa dell’arresto e dell’ammenda. Quel restante 40 per cento che invece arriva ad essere giudicato al dibattimento finisce per la quasi totalità con prescrizioni.
Lo stesso vale per gli infortuni sul lavoro che provocano lesioni, che – tra un’attenuante e l’altra – finiscono tutti in prescrizione. Per fortuna, una delle modifiche fatte negli ultimi anni con riguardo agli omicidi colposi da infortuni sul lavoro prevede il raddoppio del termine di prescrizione, quindi si riesce ad arrivare alla sentenza definitiva. In passato, invece, anche per gli omicidi colposi da infortunio sul lavoro c’erano moltissime prescrizioni, perché tutto sommato con le attenuanti si riusciva a portare la pena al di sotto dei cinque anni di reclusione, per cui erano di breve prescrizione. Questo problema dovrà essere affrontato, perché in effetti, se dovesse esserci un incremento dei controlli – anche al di fuori dell’ipotesi della morte di qualche lavoratore –, essi diventerebbero pressoché inutili, in quanto tutti i reati non legati all’ipotesi di omicidio colposo finiscono in prescrizione.
Questo posso dire in base all’esperienza dei nostri uffici.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda tali prescrizioni, ritiene che il problema sia legato esclusivamente al termine contenuto, quindi all’inevitabile ed ineluttabile caduta in prescrizione, oppure che forse, in questo settore, sarebbe utile un’organizzazione diversa della magistratura?

COMO
Il discorso è analogo per tutti i settori. Una strada è la creazione di migliori condizioni per garantire una maggior efficienza degli uffici giudiziari, nel senso di una maggior celerità nello svolgimento dei processi. Questo dipende però da tanti fattori che riguardano sia la complessità di questa legislazione sia l’ubicazione degli uffici giudiziari e le risorse poste a loro disposizione.

PRESIDENTE
Voglio essere più diretto perché mi sembra corretto che lei sappia le motivazioni di certe richieste. Si sta aprendo un dibattito – ormai da tempo se ne parla, però c’è stata un’accelerazione – nell’ambito del quale anche la nostra Commissione parlamentare, nella relazione annuale votata qualche giorno fa, ha inserito in una risoluzione rivolta al Governo la possibilità di valutare la costituzione di una struttura nazionale per la gestione della giustizia nei settori della salute e della sicurezza sul lavoro, per dare risposte, in base alla sua specializzazione, anche in tempi più brevi e in modo cogente, tenuto conto che anche un magistrato, come qualsiasi altra persona, ha bisogno di formarsi. Noi immaginiamo il magistrato come un persona che sa e vede tutto, ma resta il fatto che lui stesso deve formarsi. Si ipotizzava, quindi, da questo punto di vista una procura nazionale, questione su cui credo si aprirà un dibattito. Ho voluto darle questi elementi, che ancora non circolano sui grandi mezzi di comunicazione ma di cui si incomincia a parlare. Si è pensato a questa soluzione per disporre di soggetti specializzati soprattutto nelle piccole procure dove, come lei sa meglio di me, già non si fa in tempo a seguire quanto è dovuto d’ufficio e quindi la straordinarietà crea problemi. Dove ci sono quattro magistrati è difficile avere uno specialista in qualche materia perché può capitare di tutto e risulta difficile provvedere a qualcosa di specifico. Noi abbiamo anche colto in maniera chiara nelle nostre inchieste che molti di questi incidenti sono ripetitivi o, perlomeno, hanno caratteristiche che fanno pensare ad una ripetitività che induce a ritenerli delle fotocopie. Mi riferisco a particolari procedimenti che alla fine producono il danno che può essere grave o irreparabile. Anche su questo tema si sta aprendo un dibattito, tanto è vero che circa un anno e mezzo fa, come Commissione abbiamo scritto una lettera a tutte le procure generali per coinvolgere tutte le procure di competenza e pertinenza territoriale sull’altro grande tema dell’infortunio stradale. Non parlo solo di infortuni in itinere, ma di chi opera con mezzi e si muove. Spesso, infatti, la scena dell’incidente viene rappresentata non in riferimento al fatto che una persona stesse lavorando in quel posto, ma in conseguenza del fatto che è stata coinvolta in un incidente stradale. Su questo aspetto – che indubbiamente non riguarda tanto il magistrato quanto chi va a fare i rilievi – abbiamo riaperto un altro squarcio per cercare di capire come migliorare la collaborazione tra le forze dell’ordine e la magistratura. Non so se si arriverà a questa procura nazionale o meno, però il dibattito si sta aprendo. Mi è sembrato cortese riferirglielo.

COMO
Il problema delle procure accentrate, simile a quanto avviene ora per le DDA (direzioni distrettuali antimafia) a livello distrettuale, è che poi la loro specializzazione e attività non trovano riscontro nella fase giudicante del processo. Io ho fatto per tanti anni il GIP presso il tribunale di L’Aquila e ho notato che i processi della direzione distrettuale antimafia, ove svolti presso la sede distrettuale, avevano un certo esito o un esame di un certo tipo in occasione di un giudizio abbreviato; quando invece i processi venivano distribuiti in via ordinaria nei vari tribunali del distretto sorgevano molti problemi. I processi duravano anni perché i singoli tribunali non erano in grado di gestire processi della DDA in cui erano coinvolti molti imputati e si valutavano gravissimi reati. Questo discorso l’avevo fatto tanto tempo fa proprio per quanto riguardava la DDA: l’accentramento delle indagini su una procura distrettuale e poi l’invio del singolo processo a un piccolo tribunale come quello di Lanciano o di Vasto in Abruzzo comporta di fatto il blocco di quel tribunale. Nell’organizzare una novità di questo tipo, che può essere interessante anche per questo tipo di reati, che in effetti richiedono una specializzazione, credo che la questione non si debba valutare solo a livello di procura.

PRESIDENTE
Tutto finisce in tribunale.

COMO
Con l’aggravio della prescrizione che deve essere vista in due modi: o di dare impulso alla celerità dei processi, anche accorpandoli in un determinato modo per alcune materie, o di modificare i termini di prescrizione. In fondo, è noto che tra i Paesi europei o occidentali l’Italia è l’unico in cui si ha una prescrizione di questo tipo, che addirittura dura per tutto il processo. Questo, secondo me, è molto grave. Posso capire la prescrizione che dura per la fase dell’indagine, se il potere punitivo dello Stato rappresentato dal pubblico ministero non ha interesse a punire determinati reati che possono quindi andare in prescrizione. La prescrizione che però interviene dopo che si sono svolti un’indagine, un processo di primo grado e si è arrivati ad una condanna, mi pare davvero eccessivamente garantista.

PRESIDENTE
Questo è un problema generale.

COMO
In determinate materie, come questa, è importante tenerne conto considerato che si parla di reati contravvenzionali che cadono in prescrizione dopo cinque anni. Tenuto conto di tutte le interruzioni e del funzionamento della giustizia in Italia, cinque anni sono davvero un tempo limitato per percorrere tutti i gradi del processo.

PRESIDENTE
Bisognerebbe lavorare su due fronti perché sui tempi delle prescrizioni c’è una battaglia – se si vince o si perde non si sa – per ridurre i tempi del processo.

COMO
Ritengo sia questo l’aspetto principale su cui intervenire.

PRESIDENTE
Dovremmo lavorare su questo problema mettendo a disposizione supporti adeguati, non tanto puntando sull’allungamento delle prescrizioni perché il nostro obiettivo, credo di tutti e soprattutto di voi che operate in questo settore, è di fare in modo di chiudere il prima possibile i tempi di un processo. Dovremmo orientarci non tanto sull’aumento delle prescrizioni, quanto sul dare strutture.

COMO
Anche le procedure contano. Se sapesse quanti processi saltano in Corte d’appello per formalità di notifica dei processi.

PRESIDENTE
L’aspetto delle formalità è micidiale in tutti i settori; forse su quello bisognerebbe intervenire meglio.

COMO
Su questo si sta procedendo, compresa anche la revisione delle circoscrizioni giudiziarie perché un tribunale, come quello presente in Abruzzo, che può contare su di un organico di sei magistrati, di cui tendenzialmente solo quattro presenti, non può funzionare, tenuto anche conto dei soliti problemi di incompatibilità.

PRESIDENTE
Ci sono molte pressioni, ma credo che questo provvedimento andrà avanti. Lo si sta esaminando in Commissione.

COMO
Ricordo che se ne parlava quando sono entrato in magistratura.

PRESIDENTE
La ringraziamo per la sua disponibilità.

COMO
È uno dei settori più delicati e in effetti merita una particolare attenzione.

Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro

Intervengono il direttore regionale dell’INAIL, dottor Enrico Susi e il direttore regionale del lavoro, dottor Giovanni De Paulis.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione del direttore regionale dell’INAIL, dottor Enrico Susi, e del direttore regionale del lavoro, dottor Giovanni De Paulis. La nostra presenza come Commissione nella Regione Abruzzo è giustificata dalla volontà di comprendere – lo stiamo facendo anche nelle altre Regioni e, quindi, non c’è nessuna straordinarietà di questa nostra presenza – le problematiche relative alla sicurezza e alla salute sui luoghi di lavoro e anche come si procede attraverso il coordinamento dei vari soggetti coinvolti in questa attività di prevenzione e contrasto. Si punta ad avere un quadro più diretto e immediato sul territorio delle politiche ed azioni poste in essere che, con qualche riflessione, possono essere migliorate. Si tratta di uno scambio di riflessioni tra noi che svolgiamo questa inchiesta e i soggetti istituzionali che incontriamo sul territorio.

DE PAULIS
Signor Presidente, la Direzione regionale del lavoro fa capo al Ministero del lavoro ed ha una competenza nell’ambito della sicurezza sul lavoro limitatamente al settore dell’edilizia e, quindi, si raccorda strettamente con i servizi ispettivi delle ASL nella Regione per svolgere quest’attività sul territorio. Abbiamo un organico abbastanza significativo: negli ultimi tempi contiamo circa 120 ispettori del lavoro in ambito regionale. Questa competenza solamente per il settore dell’edilizia ha incentivato le assunzioni di ispettori della vigilanza ordinaria. Gli ispettori di vigilanza ordinaria prevalgono rispetto a quelli tecnici, che sono solo 13 in tutto il territorio regionale.
Fortunatamente quest’anno, evidenziando al Ministero la peculiarità dell’Abruzzo, siamo riusciti ad ottenere sei ispettori in mobilità dalle ASL e abbiamo aumentato l’organico: in questi tempi non è cosa da poco. Di questi sei ispettori, due lavorano a L’Aquila, due a Pescara e due a Chieti. Ciò ci consente di compiere una maggiore opera di prevenzione, soprattutto nell’edilizia: i numeri, in termini di controllo, sono abbastanza significativi, visto che le aziende ispezionate sono state 5.200, di cui circa 2.000 nel settore dell’edilizia.
Quindi effettuiamo soprattutto una prevenzione integrata, nel senso che riusciamo a fare controlli sia sulla sicurezza, sia sul lavoro nero e sommerso e sulle situazioni di irregolarità, utilizzando anche lo strumento introdotto dal decreto legislativo n. 81 del 2008, costituito dalla sospensione dei cantieri. Tale strumento si è rivelato abbastanza utile, tanto che le aziende sospese a causa del lavoro nero sono state 259, la maggior parte delle quali – ovvero 104 – nel settore dell’edilizia.

PRESIDENTE
Quante aziende sono state controllate?

DE PAULIS
Abbiamo controllato 5.000 aziende e le sospensioni comminate sono state motivate dalla presenza di lavoro nero. La norma contenuta nell’articolo 14 del Testo unico sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il decreto legislativo n. 81 del 2008, che prevede la sospensione per le reiterate violazioni in materia di sicurezza, resta di fatto disapplicata, in Abruzzo come nel resto d’Italia, sebbene possa costituire uno strumento di intervento molto incisivo rispetto alle sanzioni in materia di sicurezza sul lavoro, che sono state comunque significative. Le violazioni in materia di prevenzione hanno riguardato quasi tutte il settore dell’edilizia e nel 2011 sono state 2.128: questo è il dato ufficiale relativo alla nostra Regione.
A proposito dell’importanza della vigilanza integrata, sono stato da sempre fautore del fatto che combattere per la sicurezza non significa solo applicare le norme in materia di prevenzione, ma anche controllare il lavoro sommerso e le violazioni contrattuali, che incidono più di altre sulla sicurezza, come quelle connesse agli orari di lavoro, alla disciplina degli appalti, ai fenomeni di esternalizzazione o ad altri fenomeni, che nel settore dell’edilizia si riscontrano con sempre maggiore frequenza, come quello del cosiddetto pseudoartigiano.
Le aziende che vengono sospese sono spesso delle piccole o piccolissime aziende, che di fatto sono costituite da pseudoartigiani, ovvero da falsi lavoratori con partita IVA, che spesso non seguono e non rispettano assolutamente le norme in materia di sicurezza.
Per quel che riguarda gli altri settori non direttamente di nostra competenza, in materia di sicurezza abbiamo molto a cuore il tema dei trasporti: il dottor Susi, direttore regionale dell’INAIL, potrà fornire i dati sugli infortuni nel settore. Il tema dell’infortunistica stradale è infatti molto importante e per questo abbiamo effettuato controlli sui tempi di guida e di riposo degli autotrasportatori. In tali casi applichiamo diverse sanzioni, in collaborazione con la polizia stradale: in seguito alle loro segnalazioni, infatti, l’Ispettorato del lavoro effettua i controlli e applica le sanzioni. Questo è ciò che riguarda strettamente le nostre competenze.
Per quanto riguarda il tema del coordinamento, richiamato dal Presidente, la nostra istituzione riveste un ruolo, che conoscete bene, nell’ambito del coordinamento previsto ai sensi del decreto legislativo n. 124 del 2004, per quanto riguarda gli istituti previdenziali. C’è dunque un buon raccordo e una buona sinergia, sia a livello provinciale che regionale: ci sentiamo e cerchiamo di coordinarci al meglio. Per quanto riguarda il sistema della prevenzione in senso stretto, il comitato regionale di coordinamento è stato istituito e sia io che il dottor Susi ne facciamo parte. Si sono tenute un paio di riunione all’anno e, in particolare nell’ultimo anno, ci sono stati dei passi più interessanti: sono infatti stati costituiti dei gruppi e dei progetti della Regione, di cui probabilmente hanno parlato gli auditi intervenuti in precedenza, in cui abbiamo cercato di partecipare anche noi,
per creare maggiore uniformità. È stata inoltre costituita una cabina di regia nell’ambito del settore della sicurezza in edilizia e in agricoltura. Il nostro compito, come amministrazione dello Stato, è stato dunque quello di partecipare a questi gruppi per creare più uniformità nella conoscenza e nell’applicazione della disciplina in materia. Questo lavoro si è concluso con un’iniziativa formativa organizzata dalla Regione Abruzzo, in cui hanno partecipato anche i nostri rappresentati.
Dal punto di vista più strettamente operativo, i comitati operativi in ambito provinciale, in Abruzzo, stanno a mio avviso decollando, con luci ed ombre. Ci sono state, in precedenza, delle esperienze interessanti in materia di sicurezza sul lavoro, a volte coordinate dalle stesse prefetture. Ad esempio, ho lavorato in provincia di Chieti e ho partecipato ad una task force, finalizzata a creare dei gruppi integrati, ad effettuare dei controlli e a provvedere alla vigilanza, costituiti dalla direzione regionale del lavoro, dall’INPS, dall’INAIL, dalla guardia di finanza, dai vigili del fuoco e ovviamente dall’ASL, per approntare controlli più significativi nelle aziende più grandi, ad esempio nel settore metalmeccanico e chimico, individuando, con il contributo dell’INAIL, le aziende a maggiore rischio infortunistico: si tratta di un esperimento abbastanza interessante. Per quanto riguarda i comitati operativi, la situazione è a macchia di leopardo: essi decollano in alcune zone e un po’ meno in altre.
Per quanto riguarda la nostra attività, non solo nell’edilizia, su indicazione della direttiva emanata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali lo scorso anno, abbiamo attivato, insieme alle ASL, dei controlli integrati in tali ambienti. La direttiva emanata dal ministro Sacconi chiedeva infatti di verificare soprattutto le società aggiudicatarie di appalti in materia di pulizia o di manutenzione degli ambienti confinati, dato il rischio di infortuni gravi, gravissimi o mortali, che in effetti si sono verificati in Italia. Quindi, con la collaborazione delle quattro ASL a livello provinciale, abbiamo iniziato prima un’attività di monitoraggio e poi di controllo, ottenendo risultati significativi. È chiaro che bisogna sempre contemperare le varie competenze: non abbiamo competenze specifiche in materia, per cui, proprio per evitare problemi di questo genere, abbiamo scelto di effettuare queste operazioni insieme alle ASL.

PRESIDENTE
Da quanto emerge dalle sue dichiarazioni, i comitati di coordinamento regionale funzionano. Voi ne siete attori e la vostra presenza è prevista dalla normativa vigente.

DE PAULIS
Sono state fatte due riunioni l’anno.

SUSI
Si tratta di incontri semestrali, per il momento di tipo formale, in cui si verificano le problematiche, ma dal punto di vista operativo essi offrono indicazioni scarse. Sono stati più attivi le prefetture e i prefetti, ad esempio in provincia di Chieti e di L’Aquila, ma anche a Pescara, che hanno costituito propri gruppi di intervento, per il monitoraggio e l’attività formativa in materia di prevenzione, mentre il comitato regionale, anche per la sua composizione molto abbondante, che comprende tutte le organizzazioni dello Stato competenti a livello regionale, riesce ad essere scarsamente incisivo. Abbiamo proposto la realizzazione di un comitato a livello provinciale e la Regione sta cercando di agire in tal senso. Abbiamo dato un impulso e abbiamo cercato di stimolare, ciascuno per il proprio ruolo, la formazione di tali comitati. Qualcosa si comincia a fare, ma i risultati non sono particolarmente brillanti.
Penso che in questo caso si sconti il ritardo di tutta la Regione. Nella mia esperienza all’interno dell’INAIL, attraverso le videoconferenze o gli incontri nazionali, ho notato che in altre Regioni l’attività di coordinamento da parte della Regione è molto più forte. Ad esempio ci stiamo battendo per l’invio on line di tutta la documentazione riguardante gli infortuni sul lavoro, come ad esempio i certificati medici. In Abruzzo c’erano sei ASL, che poi sono state ridotte a quattro, ognuna con un suo piccolo centro, una sua procedura e una sua software house: dunque ho dovuto moltiplicare tutte le operazioni per sei, mentre Regioni come la Toscana o l’Emilia-Romagna hanno unificato da tempo in un unico organismo, l’agenzia sanitaria regionale, la competenza su tutti i problemi informatici delle ASL e dunque sono state in grado di creare con l’INAIL un collegamento diretto tra gli archivi, che consente la trasmissione on line, dal pronto soccorso all’INAIL – dopo pochi minuti, praticamente in tempo reale – di un certificato di infortunio. In Abruzzo ciò non avviene, si seguono ancora tante procedure distinte: in particolare, a L’Aquila tutto si fa ancora in modo manuale.
Per ciò che riguarda la cura del dato relativo a quanti infortuni sono accaduti e dove si sono verificati, in alcune Regioni la presentazione del relativo rapporto viene effettuata dalla Regione, che chiede di avere i dati relativi al territorio, per integrarli, analizzarli e in seguito presentarli. In Abruzzo, da questo punto di vista, c’è ancora molto lavoro da fare, per pervenire ad un migliore coordinamento e prendere in mano tutta la situazione. Possiamo fare anche altri esempi: in materia di agricoltura solo ora si sta muovendo qualcosa, mentre in altre Regioni il discorso della prevenzione in tale settore viene svolto in maniera più capillare sul territorio, ad esempio dall’assessorato alla sanità. In Abruzzo è in corso una campagna di monitoraggio sulle attrezzature agricole, sulla vetustà e sulle condizioni di sicurezza, ma è partita lo scorso anno: in altre Regioni c’è invece una maggiore attenzione su questo tema.

PRESIDENTE
Fino ad ora non abbiamo colto in maniera evidente ciò che ci ha detto a proposito delle altre Regioni. Ci può essere un sistema informatico diverso, come dice lei: si tratta di un tema di lavoro burocratico e amministrativo, pur importantissimo, ma a noi interessano soprattutto le attività vere di prevenzione e di controllo e quindi le politiche che vengono poste in essere. Anche in altri territori abbiamo trovato grandi difficoltà da questo punto di vista.

SUSI
L’attività di controllo è normalmente legata alla consistenza degli organici. Qui, come sapete, l’attività di controllo è demandata essenzialmente ai Servizi di prevenzione e di sicurezza negli ambienti di lavoro delle ASL (SPSAL). Lavorando in Abruzzo da circa una ventina di anni, ora come direttore regionale dell’INAIL, posso testimoniare che in ogni riunione dedicata alla prevenzione emerge una lamentela costante per il fatto che il numero di addetti alla prevenzione è drammaticamente carente: esso è pari al 50 per cento dell’organico risalente a 15 anni fa e tutti gli appelli rivolti in queste riunioni dai dirigenti dei vari settori, che sono uno per ogni ASL, vengono lasciati cadere nel vuoto e l’organico non viene reintegrato.
In ogni riunione si sostiene di fare un’attività che al 95 per cento è assorbita dalle inchieste del magistrato e che quindi la magistratura, con le sue richieste di intervento, assorbe il 95 per cento delle nostre energie. L’attività di programmazione o gestione dei problemi della prevenzione della sicurezza diventa pertanto estremamente residuale e, da questo punto di vista, hanno sempre chiesto un’integrazione – cioè un aumento – di organico, con riferimento ai controlli effettivi. L’INAIL, l’ente che rappresento, per tentare di andare incontro a tale necessità, utilizzando i fondi della prevenzione (visto che ogni Regione ha un suo budget), da tre anni a questa parte ha ritenuto opportuno creare borse di studio destinate a tecnici e laureati in ingegneria o architettura, i quali effettuino accessi sui cantieri ma non in veste di ispettori, perché non compete loro. È stato quindi scelto un approccio di tipo consulenziale nei confronti di aziende che accettano tale genere di controllo, stilando una sorta di check-list di tipo volontario, proprio per tentare di aumentare il numero dei controlli sui cantieri, fatti su questo tipo di linea. Non ci sarebbe venuta in mente un’iniziativa del genere se, da parte dei servizi ispettivi veri e propri, ci fosse stato un buon margine di lavoro.
Ecco dunque un altro aspetto che abbiamo riscontrato localmente nella nostra attività, ma anche nelle varie riunioni: in occasione dell’ultimo incontro del comitato di coordinamento è stata nuovamente sollevata l’istanza che l’organico è drammaticamente carente, aspetto sul quale si insiste particolarmente.
La Regione Abruzzo, per sua natura, è oberata di debiti, dato che ha visto commissariata la sanità, settore nel quale ha da realizzare un recupero di milioni di euro. Comprendo quindi benissimo che, dal punto di vista politico, vi siano una serie di problemi, ma se vogliamo parlare di prevenzione degli infortuni, è questo il dato che emerge costantemente.

NEROZZI
Vorrei rivolgerle una domanda con riferimento ad alcuni dati INAIL che mi hanno sorpreso: c’è una diminuzione generale degli infortuni e dei casi mortali, salvo a L’Aquila – cosa che ci è stato detto che si può spiegare – soprattutto nelle concerie.

SUSI
È però altrettanto vero che a L’Aquila sono aumentati gli infortuni nell’edilizia.

NEROZZI
Sta forse parlando del 2011?

SUSI
No, signor Presidente, parlo dell’ultimo dato ufficiale del 2010: c’è stato un notevole decremento, che però a mio avviso è soltanto apparente – come abbiamo detto più di una volta – se andiamo a vedere i numeri e le percentuali dei casi mortali.

NEROZZI
Abbiamo però notato un dato strano: le malattie osteo-articolari sono aumentate a dismisura a Chieti e a Pescara.

SUSI
È vero, e addirittura nel nostro ultimo articolo, che ho consegnato al prefetto qualche giorno fa, si dice che in Italia la Regione che detiene in assoluto il più alto indice di frequenza di denunce di malattie professionali è proprio l’Abruzzo.
L’indice di frequenza rapporta il numero delle denunce di malattie professionali o di infortuni al numero dei lavoratori, quindi non è un numero assoluto. Il numero assoluto si otterrà dove c’è una maggiore concentrazione di lavoratori, per esempio in Lombardia, mentre l’indice di frequenza misura la concentrazione di malattie o infortuni tra i lavoratori: quello medio italiano è pari allo 0,80 per cento, mentre quello dell’Abruzzo è del 3,90, praticamente quasi quattro volte il dato nazionale.

NEROZZI
Va poi diviso per Provincia, visto che ve ne sono due che presentano cifre pari quasi al doppio delle altre.

SUSI
Dopo aver condotto un’analisi e aver dato luogo ad un incontro con i patronati, nel rapporto abbiamo stabilito di compierne una più accurata l’anno prossimo. In quei luoghi c’è una forte presenza del patronato, quindi delle organizzazioni sindacali, che hanno portato avanti una campagna nei confronti dei loro iscritti e dei lavoratori, soprattutto nell’agricoltura, incentivando l’uso di un beneficio sociale e chiedendo loro se si fossero mai resi conto di poter sporgere denuncia per malattia professionale. C’è quindi stato un ricorso a questo tipo di prestazione assicurativa che prima non c’era. Adesso, però , dovremmo andare a vedere l’esito di tali domande, anche perché la legge consente al medico di indicare in un certificato cinque, sei o anche sette malattie. Per un lavoratore di 60 anni possiamo quindi arrivare ad avere un certificato che indica una serie di patologie che però potrebbero anche non essere direttamente riconducibili al lavoro svolto (dall’ipertensione alla sordità, dall’ernia del disco a dolori per posture incongrue e così via). Dovremmo studiare l’esito di tali domande e le percentuali di riconoscimento, per vedere se la concentrazione su alcuni tipi di siti produttivi o di lavorazioni rimanga la stessa.

NEROZZI
I siti produttivi fra Chieti, Pescara e Teramo non sono molto diversi.

SUSI
Sono molto diversi nel chietino, invece, perché la maggiore concentrazione di industria metalmeccanica e chimica si trova nel Sud di tale Provincia, dove per esempio hanno sede la SEVEL S.p.A. (Società Europea Veicoli Leggeri, la più grande fabbrica d’Italia della FIAT, che dà lavoro a 6.500 persone) o la Honda.
È anche vero, però, che oltre ad un grosso polo industriale, la provincia di Chieti dà vita all’agricoltura più ricca della Regione: i due settori l’hanno resa così quella con la maggior produzione, dal momento che esporta il 70 per cento del prodotto (cifra notevolissima); è altamente industrializzata, ha una grandissima concentrazione di fabbriche ed industrie metalmeccaniche, vi si produce valuta pregiata e si esportano il Fiat Ducato, le moto Honda, i vetri per le Mercedes, eccetera.

PRESIDENTE
Per rimanere al tema delle malattie professionali, in base ai vostri dati abbiamo notato un fatto veramente eclatante: per le malattie osteo-articolari e muscolo-tensive, dai 941 casi del 2006 si arriva ai 4.124 del 2010. Sono stati accertati o sono ancora da accertare?

SUSI
Si tratta di denunce, ossia – come dicevo prima – del ricorso ad una prestazione di tipo assicurativo.

NEROZZI
Lei ci ha riferito poco fa che si parla soprattutto del settore agricolo e quindi la FIAT non c’entra niente, in questo caso.

SUSI
Si parla del settore agricolo soprattutto nella Provincia di Chieti, quindi la FIAT non c’entra nulla.
Il dato del quale siamo in possesso riporta 500 casi, fino ad otto anni fa.

NEROZZI
Una persona maliziosa potrebbe pensare che nell’agricoltura tali denunce si siano sostituite ai sussidi per la disoccupazione.

SUSI
Si potrebbe parlare di un modo per dare valenza sociale ad un tipo di prestazione.

PRESIDENTE
È un fenomeno particolarmente evidente.

SUSI
È però esteso in tutta Italia, signor Presidente.

PRESIDENTE
Non ci era ancora capitato di vederlo con tale evidenza.

SUSI
L’Abruzzo ha il più alto indice di frequenza in Italia, dove in generale negli ultimi cinque anni c’è stato un aumento del 30 per cento.

PRESIDENTE
Lo sappiamo.

NEROZZI
Questo dato, però, si può anche spiegare.

PRESIDENTE
Il 30 per cento si può spiegare, ma qui stiamo parlando del 338 per cento.

SUSI
Produciamo un numero altissimo di denunce, che però rimangono da verificare.

PRESIDENTE
Potrebbe trattarsi di una politica praticata da più soggetti.

SUSI
Viene reso noto che si potrebbe far valere un proprio diritto e che non costa nulla tentare.

PRESIDENTE
Non solo non costa nulla, ma fa parte dell’attività del patronato.

SUSI
Si tratta forse di un’interpretazione maliziosa, ma non ci vedo fattori di rischio. Se qui ci fossero una fabbrica di amianto o un grossissimo polo chimico, le cose cambierebbero.

NEROZZI
C’è una fabbrica abbastanza moderna, che conosco bene.

SUSI
Si tratta della SEVEL, un’industria metalmeccanica che abbiamo anche visitato, dotata di un impianto molto moderno. In Abruzzo, però, l’85 per cento delle aziende è di piccole o piccolissime dimensioni, con un numero variabile da due a quattro dipendenti, mentre quelle grandi sono in numero limitato, ma hanno compiuto maggiori investimenti in sicurezza rispetto alle altre. Il cantiere fisso, come l’opificio, ripaga l’investimento in sicurezza, perché ha una politica economica del personale, premi e tassi che si possono gestire. Diversa è la situazione del piccolo cantiere edile o dell’artigiano: abbiamo notato che molto spesso la metà dei casi mortali di infortunio nella nostra Regione è legata alla circolazione stradale e che l’altra metà riguarda i piccoli artigiani: molto spesso, la vittima è lo stesso datore di lavoro o il titolare, che ad esempio non si rendono conto di avere un impianto elettrico privo di messa a terra per cui ogni volta che alzano il braccio della gru rischiano di fulminarsi.
L’anno scorso si sono verificati due casi eclatanti di incidente mortale in grandi aziende – una delle quali è la De Cecco, conosciuta in tutto il mondo – che sono subito balzati agli onori della cronaca. Sono proprio questi, però , i casi meno frequenti, anche se sembrerebbe impossibile (e bisognerebbe poi accertarne le responsabilità).

PRESIDENTE
Spesso anche nelle grandi aziende accadono infortuni perché vi partecipano lavoratori esterni.

SUSI
Questa è una delle ipotesi: alla SEVEL, per esempio, c’è l’esternalizzazione di tantissimi servizi.

PRESIDENTE
Non vi sono più la filosofia e la politica della grande azienda, perché sono coinvolti soggetti terzi.

SUSI
Lì, però, si può intervenire, signor Presidente.

DE PAULIS
Una delle politiche che abbiamo sottolineato è volta ad effettuare controlli nelle grandi aziende, anche se non se ne possono fare tanti, visto che richiedono molto tempo. In quelle metalmeccaniche e chimiche, ad esempio, possiamo recarci con diverse professionalità, come l’ispettore del lavoro, che controlla gli appalti, gli orari o il contratto di lavoro, il tecnico dell’ASL, che guarda gli aspetti relativi ai sistemi prevenzionistici, i Vigili del fuoco, che esaminano il sistema antincendio, gli enti previdenziali e le forze dell’ordine, che a volte ci danno una mano.

SUSI
A L’Aquila abbiamo un nucleo dei Carabinieri con il quale vorrei sottolineare che si sta sperimentando una novità interessantissima. Abbiamo svolto molti controlli autorizzati dal Ministero, in congiunta con il comando di Napoli, proprio per l’eccezionale situazione di L’Aquila, dove stanno aprendo molti cantieri, impegnando risorse umane ed economiche aggiuntive. Speriamo in futuro di poterne avere anche di ulteriori per poter svolgere un’attività di tale tenore, perché la ricostruzione durerà per anni. Con le nostre sole forze – che erano quelle ordinarie, prima del terremoto – cerchiamo di mobilitare personale ispettivo in tutto l’ambito regionale, veicolandolo su L’Aquila, e ci stiamo riuscendo, finché ne abbiamo le possibilità economiche e troviamo le risorse umane.

PRESIDENTE
Le risorse a vostra disposizione non sono proprio da buttare via: 120 ispettori non sono pochi.

DE PAULIS
Di questi, però, solo 13 sono ispettori tecnici e non posso mandarli a fare prevenzione sulla sicurezza; pertanto dobbiamo anche pensare a forme di riconciliazione: anche il nucleo dei Carabinieri sta cercando di professionalizzare il proprio personale a tal fine.

PRESIDENTE
Bisogna pensarci e l’ideale sarebbe arrivare ad avere una metà dell’uno ed una metà dell’altro.

DE PAULIS
Abbiamo l’ulteriore vantaggio di poter integrare le professionalità e monitorare sia la sicurezza sia il rapporto di lavoro, svolgendo un lavoro diversamente qualificato.

PRESIDENTE
Per quanto riguarda l’ASL, si tratta dunque di un problema regionale?

DE PAULIS
I numeri effettivamente sono bassi.

SUSI
Non per criticare la mia Regione, ma, per fare un esempio, abbiamo qualche rapporto con la limitrofa Regione Marche, che usiamo come benchmark, che appare sempre disporre di un livello di organizzazione dell’INAIL migliore del nostro. Nell’Abruzzo c’è un’unica ASL, in cui il coordinamento di tutta una serie di attività viene gestito da un unico sistema di controllo.
Da anni, per effetto del decreto n. 38 del 2000, abbiamo messo in piedi un database informatico che si chiama «flussi informativi», prodotto in collaborazione tra noi, l’ISPESL (quando ancora era in piedi) ed il Ministro della sanità. Questo database permette di effettuare delle inquiry su tutti i casi di infortuni o malattie professionali fino ad un anno e mezzo prima, con un livello di analisi notevolissimo: permette di verificare i nominativi di chi si è fatto male in un Comune o di indicare in un’azienda quanti casi si sono verificati. Abbiamo organizzato anche dei corsi in tal senso. Questo programma viene dato alla Regione e alle ASL e viene utilizzato al nostro interno nel tentativo di verificare i dati, anche se in realtà è un programma che cerca di dare uno strumento di politica prevenzionale alle Regioni. Ci siamo resi conto che mentre i servizi di prevenzione delle ASL marchigiane, meglio organizzate, lo utilizzano addirittura per programmare gli accessi sulle aziende, cercando di vedere le aziende più sinistrose o di creare delle mappe di rischio legate al tipo di attività fatta, qui se ne fa ancora un uso piuttosto saltuario. Abbiamo notato che nella Provincia di Teramo questa procedura viene utilizzata abbastanza frequentemente. C’è un atteggiamento un po’ a macchia di leopardo. Noi pensiamo che quest’applicazione sia destinata a fornire i nostri dati non in maniera statica, ma in maniera dinamica dando la possibilità di programmare un’attività. Non è una critica sterile: noi in questi incontri cerchiamo sempre di stimolare o di dare la nostra collaborazione a questa attività. Ci sono molti progetti finanziati dal nostro budget per la prevenzione nella Regione Abruzzo realizzati in collaborazione con la Regione, le ASL e l’ispettorato. Diamo un impulso in questo senso. L’INAIL dispone in questa Regione di un budget di 600.000 euro, che siamo stimolati a spendere nel corso dell’esercizio finanziario cui si riferisce. Vi è, ad esempio, per l’anno 2011 un elenco dei progetti, quali borse di studio e incontri, che abbiamo finanziato su questa attività. A L’Aquila abbiamo intrapreso un’attività insieme all’ASL e all’ISPESL per realizzare direttamente nel centro storico un punto di incontro dove gestire corsi di formazione soprattutto per l’edilizia. Si tratta di attività corsuali destinate ai lavoratori dell’edilizia e dei cantieri. Ci sono una serie di attività con cui stimolare la cultura della prevenzione sia tra i lavoratori che tra chi li deve gestire. Dal punto di vista delle ispezioni noi siamo rimasti gli ultimi in termini di capacità d’intervento ispettivo perché il numero degli ispettori si è drasticamente ridotto. L’organico attuale di questa Regione è di otto unità, con ispettori che hanno una preparazione di tipo amministrativo, ma non competenze tecniche specifiche. Mentre l’Ispettorato del lavoro e la Direzione regionale o provinciale hanno una competenza diretta sui cantieri edili noi non l’abbiamo. Possiamo solo verificare l’osservanza di misure di legislazione sociale come regolarità contributive.

PRESIDENTE
È, comunque, un aspetto importante perché spesso lì si possono nascondere degli elementi di rischio.

SUSI
Qui c’è soprattutto il discorso del lavoro in nero. In questi incontri il sindacato spesso dice che i nostri dati sono perlomeno poco attendibili dal momento che possono fare un’analisi di quello che viene denunciato. Alcuni tipi di attività agricola e di insediamento nella Marsica o nel Sud della Provincia di Chieti sono fertile humus per il lavoro nero. Lì anche da loro sono state fatte campagne di accertamento per la ricerca di lavoratori in nero.

DE PAULIS
Noi lavoriamo molto con l’INAIL e spesso vengono con noi. Secondo i dati della Direzione del lavoro i lavoratori in nero sono 1.229 nel 2011, mentre nel settore degli appalti e delle intermediazioni in manodopera sono 608 i lavoratori coinvolti in appalti illeciti o fraudolenti. Per quanto riguarda invece le diverse qualificazioni nei rapporti di lavoro, che riguardano le ipotesi di soggetti inquadrati con rapporti di lavoro riferiti a figure assimilabili agli pseudoartigiani, le false partite IVA e i contratti trasformati da associazione in partecipazione o in collaborazione a progetto, sono stati 644 i lavoratori.

PRESIDENTE
Su che platea?

DE PAULIS
Circa il 60 per cento delle 5.000 aziende ispezionate ha presentato irregolarità.

PRESIDENTE
Tra cui queste che lei ha citato?

DE PAULIS
Sì.

SUSI
Rispetto ai casi mortali ero un po’ pessimista perché nel 2010 abbiamo registrato 24 casi contro 37, che sembrava un successo clamoroso, ma nel 2011 – ho una tabella ufficiosa – siamo già a 32.

PRESIDENTE
32 è per difetto.

SUSI
Esatto, perché per il ragionamento fatto prima mancherà qualcun altro. Il numero degli infortuni è diminuito in maniera sostanziale: dieci anni fa siamo partiti da circa 24.000, mentre ormai siamo arrivati a 18.700, con una piccola riduzione ogni anno. Non c’è mai stata un’inversione di tendenza, mentre i casi mortali sono ancora più un po’ oscillanti: salgono e scendono in maniera abbastanza casuale.

PRESIDENTE
È un fenomeno abbastanza generale. Noi lo abbiamo riscontrato in altre parti d’Italia e ci auguriamo che non si superi il totale dell’anno 2010. C’è il rischio di andare oltre.

SUSI
I famosi limiti di mille e un milione. Il milione è stato frantumato perché siamo a 800.000 o forse anche meno. Il caso mortale si evita con una vera programmazione della prevenzione, con una filiera molto più complessa. Qualche multinazionale che ho potuto visitare ha dei sistemi di gestione della sicurezza che prevedono una programmazione attentissima. L’incidente mancato viene analizzato a tappeto e produce una raccomandazione al capo di quella linea. In un’economia invece più frammentata e di piccoli cantieri diventa molto difficile.

PRESIDENTE
Il problema è legato al fatto che, anche nelle grandi aziende, i morti non sono dipendenti delle aziende, ma di ditte esterne in subappalto.

DE PAULIS
Pure le aziende comunitarie sono diventate un problema, nel senso che abbiamo più difficoltà ad incidere su di esse. Spesso si ottengono forti abbattimenti del costo del lavoro attraverso appalti con società costituite in ambito comunitario e in questi casi è più difficile intervenire proprio perché spesso anche la professionalità degli ispettori non è in grado di contrastarli.

SUSI
Una parte residuale delle cause risiede in un’eccessiva fiducia in sé stessi. Qualche volta ho notato, analizzando i casi, che l’artigiano pensa di sapere tutto e di avere un’estrema fiducia nelle sue competenze. Mi ha colpito una sentenza relativa ad un caso mortale in cui si evidenziava che, anche se il datore di lavoro aveva messo un cartello che vietava di fare certe cose o di passare da una certa parte, molto spesso l’operaio o l’impiegato fidandosi di sé stesso smontava un’attrezzatura. Per esempio, c’è stato in Abruzzo un caso di una pressa che doveva andare in manutenzione ed è stata riattivata da chi la doveva operare e che poi è rimasto schiacciato. C’è un’estrema fiducia nelle proprie capacità, però questi sono i casi della grande azienda. Quelli che fanno male riguardano il capitolo dell’edilizia dove molto spesso l’imprenditore un po’ cinicamente fa lavorare i propri dipendenti in condizioni chiaramente non sicure e qui le prefetture sono intervenute. Il sequestro del cantiere in Abruzzo è un fatto comune e normale. 20 anni fa sembrava un’eresia chiederlo al prefetto.

PRESIDENTE
Ci sono norme diverse.

SUSI
È vero, però anche i prefetti non si sono tirati indietro perché il fenomeno di gente che lavora sui tetti senza il casco comincia a scemare. Adesso si cominciano a vedere impalcature a norma.

PRESIDENTE
C’è anche una necessità di svecchiamento di queste opere provvisionali.

SUSI
Il lavoro nero soprattutto nell’edilizia sta minando questa politica, cosa di cui ci rendiamo conto quando incontriamo l’Associazione nazionale costruttori edili (ANCE).

PRESIDENTE
Lì dovete intervenire.

SUSI
Se volete, posso lasciare un CD-ROM che contiene il rapporto regionale annuale.

PRESIDENTE
Ho sentito che lei è un telematico.

SUSI
L’Abruzzo non ha la banda larga. In Provincia di Teramo c’era un’azienda che produceva le scocche per la Ferrari e ha chiuso perché senza banda larga non poteva neanche contattare i suoi clienti. È fallita.

Audizione del comandante della legione Carabinieri Abruzzo, del responsabile territoriale del Nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di L’Aquila e del direttore regionale dei Vigili Del Fuoco


Intervengono il comandante della legione Carabinieri Abruzzo, generale di brigata Luigi Longobardi, accompagnato dal responsabile territoriale del Nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di L’Aquila, maresciallo Alessandro Di Pentima, e il direttore regionale dei Vigili del fuoco, ingegner Sergio Basti.

PRESIDENTE
Desidero innanzitutto ringraziare i nostri auditi per la loro disponibilità e per la loro presenza. Voglio ricordare che non ci sono fatti specifici che hanno spinto la Commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro del Senato a venire a L’Aquila, ma la nostra presenza si inserisce all’interno di un’indagine più complessiva, che mira ad incontrare i rappresentanti istituzionali delle varie Regioni italiane.
Questa nostra attività è finalizzata a contrastare al meglio il fenomeno degli infortuni sul lavoro, considerando che esistono ancora degli elementi preoccupanti. Mi riferisco in particolare all’elevato numero dei morti sul lavoro, sebbene vi sia una flessione del numero degli infortuni complessivi. Ciò rappresenta dunque un elemento importante da comprendere e su cui è necessario avere delle spiegazioni. In particolare vogliamo verificare se gli organismi previsti dalla normativa vigente e in particolare dal Testo unico in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, il decreto legislativo n. 81 del 2008, stanno operando nel modo richiesto dalle norme stesse. In particolare, vorremmo avere notizie a proposito del funzionamento del comitato regionale di coordinamento, attraverso cui è possibile stabilire come organizzare questa azione nei vari territori. Ritengo che la normativa vigente sia abbastanza chiara: si tratta infatti di una normativa dettagliata, che stabilisce quali soggetti fanno parte di tale coordinamento e come si svolge l’attività nelle singole Province. Si dovrebbe dunque creare un rapporto più diretto tra le Regioni, in capo alle quali è prevista la delega del coordinamento, il Ministero del lavoro e della previdenza sociale e il Ministero della salute. A tal proposito stiamo però notando l’esistenza di difficoltà su tutto il territorio italiano.
Devo dire che in Abruzzo il comitato regionale di coordinamento è stato costituito in maniera rapida, già nel 2008. C’è sicuramente la necessità di rafforzare l’attività e gli impegni di tale comitato e quindi la nostra presenza, in qualche modo, ha anche questa finalità. Vogliamo infatti testimoniare, nei limiti delle nostre competenze, la presenza dello Stato sul territorio, per sostenere le iniziative che si stanno prendendo e che vanno comunque potenziate. Invito pertanto i nostri auditi a fornirci un quadro, nell’ambito delle loro competenze, sui temi a cui la Commissione è interessata.

LONGOBARDI
Ho preparato una breve relazione, che intendo leggere e successivamente lasciare agli atti della Commissione.
L’Arma dei Carabinieri, attraverso la sinergica collaborazione tra l’organizzazione territoriale del comando legione Carabinieri Abruzzo ed i Nuclei Carabinieri presso l’Ispettorato del lavoro presenti in ogni Provincia dell’Abruzzo, contribuisce giornalmente, festività comprese, all’attività di vigilanza in materia giuslavoristica.
Tale attività, peraltro, è stata potenziata negli ultimi anni, grazie alla recente istituzione del gruppo tutela lavoro di Napoli, che sovrintende e coordina le attività dei quattro nuclei Carabinieri presso l’Ispettorato del lavoro, dislocati presso gli uffici periferici provinciali del Ministero del lavoro in Abruzzo, che insistono dunque su L’Aquila, Chieti, Teramo e Pescara.
Inoltre, il riordino del comando ha visto la creazione, in seno allo stesso gruppo di Napoli, di un nucleo operativo con competenza interregionale, grazie al quale sono proficuamente sfruttate, anche nell’ambito della legislazione sociale, le capacità professionali e le qualità investigative prerogativa dei militari dell’Arma: ogni militare dell’Arma, con la qualifica di ispettore del lavoro, garantisce un’azione di contrasto alle violazioni giuslavoristiche, sia come ufficiale di polizia giudiziaria esperto nelle investigazioni, sia come ispettore ministeriale formato alla vigilanza nel mondo del lavoro, prerogativa del Ministero del lavoro.
L’attività ispettiva ed investigativa dell’Arma dei Carabinieri operante nell’organizzazione territoriale, composta oltre che dal comando legione, da quattro comandi provinciali, 17 compagnie e 162 stazioni Carabinieri, è resa ulteriormente proficua dalla costante sinergia e collaborazione con il personale del reparto speciale. La capillare presenza dell’Arma sul territorio, attraverso l’unità elementare del comando stazione, permette di realizzare, anche in Abruzzo, una fondamentale attività di intelligence, grazie alla profonda e dettagliata conoscenza del territorio da parte dell’Arma. Questa efficace collaborazione è stata ribadita nella convenzione sottoscritta dal Ministro della difesa e dal Ministro del lavoro il 29 settembre 2010, con la quale si suggella e promuove un rapporto ancora più stretto tra i comandi dell’Arma nell’organizzazione territoriale e le direzioni territoriali del lavoro.
In tale quadro, la convenzione prevede incontri trimestrali tra i vertici degli organi provinciali ispettivi ed investigativi. In particolare, durante dette riunioni il direttore territoriale del lavoro ed il comandante provinciale dell’Arma concordano le linee strategiche di intervento sull’intero territorio provinciale, alla presenza della componente speciale dell’Arma.
Infine, l’articolo 33 della legge n. 183 del 2010, nota come «collegato lavoro», rubricato come «accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica», al settimo comma stabilisce che il potere di diffida in materia di lavoro è attribuito a qualsiasi agente ed ufficiale di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, a prescindere dalla qualifica di ispettore del lavoro.
Questa previsione normativa ha permesso di incrementare le attività svolte dai Carabinieri che operano nella Regione Abruzzo in materia di legislazione sociale e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro. La riforma della normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, con la promulgazione di un Testo unico sulla sicurezza, in base al decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modifiche, è di fondamentale importanza per ribadire le competenze del personale ispettivo dell’Arma: per l’articolo 13 dello stesso Testo unico, il personale ispettivo del Ministero del lavoro, Carabinieri compresi, è competente in materia di sicurezza solo per alcuni ristretti ambiti produttivi: «costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati, lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l’impiego di esplosivi», mentre conservano competenza generale e più ampia le aziende sanitarie locali e di conseguenza le Regioni.
L’intervento degli organi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nei previsti ambiti di competenza, tra i quali in ordine di importanza e diffusione primeggia l’edilizia, vede impegnata sul territorio una consistente aliquota di militari dell’Arma, idonea a monitorare le attività cantieristiche più rilevanti, nonché a sviluppare la necessaria analisi dei fenomeni di irregolare collocamento della manodopera ovvero assicurare la corretta applicazione della normativa vigente, anche in materia di appalti pubblici, ove l’infiltrazione della criminalità organizzata è statisticamente più diffusa.
Come previsto dall’articolo 4 del decreto legislativo n. 124 del 2004, relativo alla razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale, il comandante della legione Carabinieri, nell’ambito della razionalizzazione delle funzioni suddette ispettive, partecipa alle riunioni del comitato regionale di coordinamento delle attività ispettive presso la Direzione regionale del lavoro, per «coordinare l’attività di tutti gli organi impegnati nell’azione di contrasto del lavoro irregolare per i profili diversi da quelli di ordine e sicurezza pubblica». A queste riunioni, in particolare, ho delegato il vice comandante della legione Carabinieri Abruzzo, che partecipa fattivamente.
In tale sede, l’Arma territoriale si è fatta carico, per la particolarità e diffusione della sua organizzazione, di svolgere attività informativa e di supporto a favore degli organi ispettivi.
Passo ora a parlare dell’attività di vigilanza ordinaria e prevenzione infortuni attraverso la vigilanza tecnica. In riferimento all’allarme sociale, che da sempre gli infortuni sul lavoro creano, le componenti territoriali e speciali dell’Arma, in sintonia con le indicazioni delle Direzioni territoriali e regionali del lavoro, prediligono quotidianamente la vigilanza tecnica, pur non trascurando quella ordinaria, soprattutto in agricoltura e nell’industria.
A seguito dell’emanazione del Testo unico sulla sicurezza, il comando generale dell’Arma dei Carabinieri ha disposto numerosi servizi straordinari di vigilanza tecnica sull’intero territorio nazionale, per assicurare il rispetto della normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. In tale ambito, sono stati impegnati i Carabinieri della legione Abruzzo nonché i militari dei quattro nuclei dei Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro della Regione, in attività ulteriori rispetto alla vigilanza pianificata dal Ministero competente.
Con particolare riferimento agli incidenti sul lavoro, appare opportuno evidenziare che il reparto speciale dell’Arma non assembla dati sugli infortuni, atteso che la norma non prevede in capo al datore di lavoro l’obbligo di denunciare l’incidente all’Arma dei Carabinieri bensì ai commissariati di pubblica sicurezza. Di conseguenza, i dati in nostro possesso derivano dagli interventi operati dall’organizzazione territoriale e dal reparto speciale sul luogo dell’infortunio, qualora richiesti, mentre è attribuito, per legge, agli organismi delle ASL e dell’INAIL l’intervento sul luogo ove è accaduto l’infortunio, che possono fornire dati più completi.
In tema di vigilanza ordinaria, nel corso del 2011, l’Arma operante nella Regione Abruzzo ha ispezionato 891 aziende, riscontrando che 462 di esse, pari al 52 per cento, presentavano varie irregolarità. Tra le imprese maggiormente controllate vi sono quelle operanti nel settore dell’edilizia, 344 aziende, mentre il secondo settore merceologico maggiormente ispezionato è quello degli alberghi e pubblici esercizi, pari a 142. Dei 2.778 lavoratori controllati, 1.837 (pari al 66 per cento) sono risultati regolari, 617 (pari al 22 per cento) irregolari, nonché 324 (pari al 12 per cento) in nero. I lavoratori in nero sono dunque risultati il 12 per cento del totale degli intervistati e pari al 2,5 per cento del totale nazionale. Di questi ultimi 94 sono risultati stranieri e 10 minori.
Nel corso del 2011 l’attività dell’Arma territoriale e dei 4 NIL operanti in Abruzzo ha permesso di recuperare evasioni contributive per oltre 1,5 milioni di euro.
Con riferimento all’occupazione di cittadini immigrati e all’impiego di manodopera straniera, l’attività ispettiva dell’Arma dei Carabinieri in questa Regione ha permesso di riscontrare che su 561 lavoratori stranieri controllati, 293 sono risultati regolari e 259 irregolari, mentre solo 9 sono risultati clandestini. Nel periodo in esame, le attività di vigilanza dell’Arma dei Carabinieri operante nell’ambito di questo comando legione hanno rilevato la presenza di 10 lavoratori di età inferiore agli anni 18, tutti occupati illecitamente, in diversi settori merceologici ed in particolare in edilizia.
Per quanto attiene alla vigilanza tecnica, anche nel corso del 2011 si è posta particolare attenzione all’attività di vigilanza connessa alla sicurezza, salute e dignità delle maestranze, strettamente correlata all’estensione del lavoro irregolare.
L’attività di vigilanza tecnica nella Regione Abruzzo ha dato i seguenti esiti: 238 ispezioni complessive, 565 prescrizioni ai sensi degli articoli 20 e 21 del decreto legislativo n. 758 del 1994, 24 sospensioni di attività, operate ai sensi dell’articolo 36-bis della legge n. 248 del 2006 nonché dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 81 del 2008, avendo scoperto lavoratori in nero in percentuale superiore al 20 per cento, 561 ammende contestate per un importo pari a 1.646.073 euro.
Analizzando in dettaglio gli esiti dell’attività operativa 2011 dell’Arma nella Regione Abruzzo, si evidenzia che tra le violazioni contestate nel settore della sicurezza (in totale 558), le più ricorrenti hanno riguardato l’omissione di regole di prevenzione per i lavori nelle costruzioni in quota, ossia la violazione del regolare montaggio dei ponteggi, le omissioni nell’uso dei dispositivi di protezione individuale ovvero di altre protezioni e precauzioni, l’omessa osservanza delle norme di igiene e salubrità dei luoghi di lavoro.
Inoltre l’attività ispettiva ha permesso ai Carabinieri del NIL di constatare gli aspetti di maggior «criticità» nei cantieri ispezionati: esecuzione di attività simultanee, ma incompatibili, impreparazione professionale dei lavoratori addetti, omessa adozione e utilizzo delle precauzioni e delle protezioni obbligatorie, inadeguatezza dei piani di sicurezza e coordinamento, carenza di misure tecniche e procedurali, impianti elettrici non conformi alle direttive CEE e scorretto uso delle previste attrezzature, tali da sovraesporre gli operai a rischi da precipitazione, ossia di caduta dall’alto, che costituisce la principale causa degli infortuni nelle attività di costruzione e manutenzione.
Con riferimento alle operazioni di ricostruzione in Abruzzo, il sisma del 2009 nell’immediato ha prodotto la paralisi totale di ogni attività produttiva, soprattutto in riferimento ai centri del cosiddetto cratere. Il conseguente impulso dato dalla ricostruzione al settore edile in particolare ha aumentato notevolmente il numero delle attività economiche operanti in loco, con un afflusso di manodopera non sempre specializzata, costituita in gran numero da cittadini stranieri, provenienti soprattutto dall’Est Europa.
Da maggio a ottobre 2011, i militari ispettori del lavoro e dell’Arma territoriale hanno conseguito i seguenti risultati: sono state controllate 257 aziende, delle quali 154 sono risultate irregolari, e 549 posizioni lavorative, delle quali 64 irregolari; sono state deferite in stato di libertà all’autorità giudiziaria 164 persone e sono stati individuati 38 lavoratori in nero; sono stati adottati 22 provvedimenti di sospensione dell’attività imprenditoriale e sono state contestate 404 prescrizioni per violazioni sulla sicurezza; sono state notificate sanzioni per un importo di 184.815 euro, in materia di appalti pubblici, e di 134.504 euro in relazione ai 167 illeciti amministrativi contestati. L’attività descritta è di assoluto rilievo e si consideri che di frequente nelle fasi di ricostruzione post-sismica si annidano situazioni d’illegalità.
Il fenomeno degli infortuni sul lavoro viene riferito in base alle osservazioni derivanti dai soli interventi dell’Arma territoriale della Regione Abruzzo, relativi ai casi mortali ed agli eventi verificatisi. I dati statistici fanno rilevare in maniera preponderante che poco più della metà delle cosiddette morti bianche in Abruzzo avviene nel settore dell’agricoltura. La maggior parte di tali incidenti è causata dal ribaltamento dei mezzi agricoli su terreni collinari ed è dovuta soprattutto all’eccessiva sicurezza ed alla disattenzione dei loro conducenti, nonché all’inadeguatezza dei mezzi.
È auspicabile intraprendere una vera e propria campagna di sensibilizzazione, nei confronti sia dei datori di lavoro sia dei lavoratori, al fine di infondere in loro la necessaria cultura della sicurezza.
I dati riportano 15 infortuni mortali in agricoltura, cinque nell’edilizia, quattro nell’industria e altrettanti nel commercio, nel settore dei servizi e in altri, per un totale di 28 morti nell’anno 2011.

PRESIDENTE
Questi sono i dati che risultano a voi, ma forse si tratta del 2010?

LONGOBARDI
Sono del 2011, signor Presidente, ma non siamo in possesso di dati complessivi.

PRESIDENTE
Stranamente coincidono con i 28 casi del 2010.

LONGOBARDI
Questi sono però i dati complessivi dell’INAIL, mentre noi siamo in possesso soltanto dei nostri, relativi alle situazioni in cui siamo intervenuti.

DI PENTIMA
Signor Presidente, nella mia veste di maresciallo che opera nel Nucleo Carabinieri dell’Ispettorato del lavoro di L’Aquila, ribadisco quanto ha già sottolineato il signor generale Longobardi: è stato dato particolare rilievo alla ricostruzione post-sismica nella zona del cratere, dove si è concentrata nel 2011 gran parte dell’attività svolta, sia dal personale del nucleo locale dei Carabinieri, sia dal gruppo di tutela del lavoro di Napoli. C’è stata profonda collaborazione soprattutto tra gli ispettori tecnici, perché la loro presenza è l’elemento determinante per l’attività di vigilanza, mentre quella amministrativa è sicuramente importante per l’individuazione del lavoro nero. In presenza di quest’ultimo, infatti, solitamente c’è anche lavoro non sicuro, perché il datore che non assume e non paga i contributi non è neanche disposto a investire denaro per la sicurezza. Questa, infatti, ha un costo molto elevato (dovuto ad esempio alla necessità di predisporre ponteggi idonei e attrezzature a norma), che non tutti sono disposti a sobbarcarsi. L’aspetto da evidenziare è quindi la necessità di rafforzare in tutti gli organi di vigilanza la presenza di ispettori tecnici, che pur riuscendo con la loro attività a dare supporto alla parte amministrativa, di fatto vanno ad effettuare un’attività prettamente preventiva, per quanto riguarda la casistica degli infortuni sul lavoro.
Nell’ambito dell’attività di vigilanza effettuata nella Provincia di L’Aquila, abbiamo evidenziato che statisticamente, quando il cantiere è grande e quando sono coinvolti importi e ditte di maggior consistenza economica, percentualmente il numero delle contestazioni in materia di sicurezza si abbassa. Tecnicamente questo dovrebbe dipendere dal fatto che le aziende più grandi, avendo una maggiore disponibilità di denaro, dimostrano grande sensibilità verso la sicurezza, ma potrebbe trattarsi anche di un sistema per allontanare il controllo dall’attività posta in essere, perché un cantiere sicuro, nel quale vengono rispettate le norme, può essere sfruttato dalla criminalità per far circolare denaro da investire, quindi da riciclare.

PRESIDENTE
Paradossalmente, dove è presente la criminalità si potrebbe trovare maggior sicurezza.

DI PENTIMA
Diciamo che di solito abbiamo questa sensazione.

PRESIDENTE
Del resto, potrebbe essere una strategia.

DI PENTIMA
Chi non vuole avere problemi con l’ispezione in materia di lavoro tende sempre a fare in modo che il personale sia assunto, perché conviene investire inizialmente di più sulla sicurezza, per avere alla fine un appalto che vale 10 milioni di euro, e vale la pena spendere 500.000 euro in più sulla sicurezza, per avere una parvenza di regolarità.
La nostra attenzione è dunque rivolta a tale aspetto: nella ricostruzione di L’Aquila, per le palazzine di una certa consistenza, vi sono spesso appalti il cui valore non scende al di sotto dei 3 milioni di euro, per cui c’è sempre l’interesse a fare in modo che tale parvenza di regolarità sia assicurata. Tenete conto poi che con il gruppo interforze si svolgono anche attività legate alla tracciabilità di flussi monetari, pertanto sono in atto accertamenti che verificano non solo la posizione della ditta (quindi il lavoratore e la sicurezza), ma anche l’iter dei fondi stanziati per un determinato stabile. Per un immobile di 1 milione di euro, dobbiamo risalire alla trafila dei vari fornitori e aziende che intercorrono nella spesa del denaro messo a disposizione dei condomini.
Nell’arco delle attività su L’Aquila, in alcuni non numerosi casi, abbiamo contestato violazioni in materia di appalti pubblici, nei quali di solito ci dovrebbe essere maggior trasparenza, perché la stazione appaltante dovrebbe compiere verifiche più pressanti e le ditte dovrebbero essere più propense al rispetto delle norme. In alcuni casi, abbiamo dunque accertato violazioni in materia di appalti anche nella ricostruzione.
I punti essenziali sono il rafforzamento degli organi ispettivi con ispettori tecnici (perché la vigilanza ordinaria amministrativa è importante, ma nella realtà della fase di ricostruzione bisogna dare maggior impulso all’attività tecnica) e la verifica non solo dell’aspetto esteriore dei lavori, ma anche di un livello più approfondito, per trovare nella nostra realtà aquilana ditte che hanno tutt’altre origini.
Spesso la documentazione cartacea esibita nel momento della stipula del contratto d’appalto per dimostrare l’idoneità tecnica preliminare dell’azienda (come l’iscrizione alla Camera di commercio o la presentazione del DURC) di fatto si scontra con la realtà del cantiere, in cui operano ditte che nulla hanno a che fare con la suddetta documentazione o intervengono subappalti vari. Queste sono le criticità che si riscontrano nello svolgimento ordinario, perché la situazione teorica è diversa: sicuramente il controllo dei documenti è importante, ma si tratta solo di un primo passaggio; il riscontro sulla realtà è un elemento ancor più rilevante, perché ci mostra spesso situazioni completamente sconosciute all’organo di vigilanza.

LONGOBARDI
Signor Presidente, ritornando ai dati del 2010, dei quali è in possesso lei, come dicevo nella relazione, vorrei evidenziare che in realtà sono purtroppo nettamente inferiori rispetto a quelli del 2011, perché tutta l’attività edilizia era in gran parte bloccata, non solo nella provincia di L’Aquila, ma in tutto il cosiddetto cratere sismico.

PRESIDENTE
Esso infatti è molto più ampio della sola Provincia di L’Aquila.

BASTI
Signor Presidente, dal momento che il Corpo nazionale dei Vigili del fuoco svolge un’attività prevalentemente operativa, non siamo in possesso del dato generale, bensì di quelli che elaboriamo al nostro interno in conseguenza degli interventi che svolgiamo in scenari incidentali, ove si verifichino decessi o infortuni.
Il Corpo nazionale agisce praticamente attraverso quattro vie di azione essenziale: il soccorso pubblico, la prevenzione incendi, la vigilanza e la formazione.
Nel campo del soccorso pubblico, che è l’attività istituzionale prevalente, spesse volte ci troviamo a fronteggiare situazioni in cui persone e lavoratori sono coinvolti in infortuni più o meno gravi. Ho qui con me un documento – che sono disponibile a lasciare agli atti della Commissione, qualora sia ritenuto utile – nel quale sono riportati per ogni Provincia i dati relativi agli infortuni che registriamo in occasione di interventi di soccorso. Non ho fatto una somma generale, ma ho conteggiato circa una quindicina di infortuni, alcuni del quali gravi, altri meno, suddivisi per le quattro Province della Regione che la direzione regionale governa (poi ogni comando e ogni Provincia, attraverso i distaccamenti, elaborano i dati specifici del territorio).
L’altra attività che svolge il Corpo nazionale è quella di vigilanza, che si effettua sempre nell’ambito del soccorso tecnico urgente e della prevenzione incendi, che sono le sue due missioni istituzionali. Attraverso questi due meccanismi, spesso rileviamo inosservanze imputabili all’applicazione del decreto legislativo n. 758 del 1994, sempre nell’ambito della prevenzione degli incendi. Ho qui con me una tabella che riporta i principali reati contravvenzionali che contestiamo quando ci troviamo in queste condizioni.
Svolgiamo poi un’attività di formazione, con riferimento all’articolo 18 del decreto legislativo n. 81 del 2008: anche in questo campo ho riportato dati sui corsi svolti per ogni Provincia, che però attengono all’aspetto della prevenzione incendi, che è il settore che curiamo, mentre non andiamo a fare visite ispettive finalizzate ad altri ambiti, né abbiamo altri compiti istituzionali. Anche a livello di formazione e di vigilanza, a norma del suddetto decreto legislativo n. 758 del 1994, andiamo a contravvenzionare gli inadempimenti che riguardano sempre la prevenzione incendi.
Sul piano personale, riallacciandomi a quanto è stato detto poc’anzi, indipendentemente dall’applicazione del decreto legislativo n. 626 del 1994 o del Testo unico contenuto nel decreto legislativo n. 81 del 2008, ritengo manchi ancora una cultura generale sulla sicurezza, che viene vista ancora più come un costo che come un investimento. La percezione che si ha, trattando con le aziende e nei corsi, è sempre che si fa perché si deve fare, poiché all’interno delle strutture di lavoro manca ancora quel seme che consenta di vedere nell’attività di prevenzione e formazione l’aspetto dell’investimento e dell’opportunità, più che della necessità, in forza di un credo. Queste sono attività che si fanno più che altro perché si devono fare perché così è previsto dalla norma di legge.

PRESIDENTE
Dal momento che lei fa parte del comitato regionale di coordinamento, vorrei chiederle come funziona esattamente.

BASTI
Sono qui da poco tempo: praticamente ha avuto un’interruzione a livello regionale a seguito del terremoto del 2009.

PRESIDENTE
È stato costituito nel 2008 ed è stato interrotto per il terremoto.

BASTI
Si fanno riunioni periodiche. Ho delegato solo una volta un mio collaboratore presso questa struttura, ma le riunioni non sono poi così frequenti. Ci sono anche riunioni provinciali a cui partecipano i comandanti provinciali, ma il comitato regionale, per quello che ricordo, dal 2010 si è riunito soltanto una volta.

PRESIDENTE
Si riunisce a gennaio e a dicembre.

BASTI
Io sono qui dal giugno 2010. Presumo che questo ritardo sia dipeso in larga parte dal terremoto che ha sconquassato tutto il sistema.

PRESIDENTE
Condivido il discorso culturale di approccio che noi dobbiamo trasmettere che è carente, però chi deve trasmetterlo sono anche le istituzioni che devono svolgere dei compiti che ha delegato loro la legge. Mi permetto di fare una sollecitazione a un impegno maggiore di tutti i componenti del comitato che dovrebbe discutere, definire le strategie sul territorio e collegarle con gli altri soggetti istituzionali che non sono nel comitato. Il comitato è abbastanza ampio e al suo interno sono presenti tutti i soggetti istituzionali. Anche se è compito del presidente della Regione o di un suo delegato riunire il comitato, se non ci dovesse essere una convocazione dalle autorità preposte, è prevista dalla legge una sollecitazione. Ci dovremmo impegnare un po’ tutti di più , altrimenti il discorso culturale al quale lei faceva riferimento non si farà mai.

BASTI
A livello interno, esulando dal discorso del comitato, noi promuoviamo una serie di iniziative e attività, come «Scuola Sicura».

PRESIDENTE
Noi dobbiamo cercare di lavorare in maniera coordinata perché anche se considerati singolarmente gli addetti sono pochi, se mettiamo insieme tutti i soggetti preposti all’attività di contrasto, di prevenzione, di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, ci rendiamo conto che non sono poi così pochi perché tanti sono i soggetti che concorrono. Coordinarli significherebbe anche dare una risposta. Anche noi dobbiamo fare un’opera di convincimento innanzitutto su noi stessi, per comprendere che alla fine bisogna lavorare in gruppi strutturati. Prima abbiamo avuto il piacere di ascoltare il direttore regionale dell’Ispettorato del lavoro che ha parlato dei suoi 120 ispettori. Pur avendo sottolineato di disporre di un numero minimo di tecnici, circa 15, forse in questo caso bisognerebbe domandarsi se non sia il caso di riqualificare qualche amministrativo in tecnico. Bisogna seguire le esigenze che il lavoro stesso richiede. Qui c’è un’attività cantieristica relativa al dopo terremoto – mi auguro, come fanno tutti, che si acceleri questa attività cantieristica e l’ho detto anche prima ufficialmente perché mi sembra che i tempi siano molto lenti – e allora gli uffici si dovrebbero preparare per quello che sta per arrivare. Ho molto apprezzato – hanno un compito e una realtà diversi – i Carabinieri che per fortuna rivolgono il loro sguardo ad una dimensione molto più ampia. Siamo molto felici di tutto questo. Dovremmo però trasfondere questa visione anche alle altre istituzioni. In effetti, se partiranno i cantieri nel centro storico di L’Aquila o nel cratere avremo un’invasione di imprese. Queste cose le abbiamo dette anche ai responsabili più diretti e stiamo notando che ci sono difficoltà in questo settore. Possiamo fare le leggi migliori – il decreto legislativo n. 81 del 2008, a detta di tutte le forze politiche in Parlamento e di altri soggetti europei è all’avanguardia – ma se non vengono applicate rimangono nella letteratura.

NEROZZI
La cosa che abbiamo notato con la relazione annuale che abbiamo votato e come da lei sottolineato è che c’è un cambiamento nelle cause delle morti. I decessi sono purtroppo sempre mille, però le cause e i luoghi stanno cambiando e i punti critici sono il sistema dei subappalti, legati anche ad aspetti malavitosi, tanto che l’agricoltura è il primo settore interessato in termini percentuali. Varie sono le motivazioni, dagli impianti, agli strumenti, dagli anziani ai ragazzi che guidano i mezzi. Checché se ne dica, i casi mortali non sono legati – il lavoro nero è un altro discorso – ad aspetti malavitosi perché si tratta di coltivatori diretti o contadini della domenica.
Il terzo punto critico è rappresentato dai settori di nicchia dell’industria che sfuggono alla grande impresa, come le fabbriche di fuochi d’artificio e le concerie, anche se i dati che abbiamo ascoltato sono diversi. Il confronto regionale tra i vari operatori aiuta a focalizzare l’attenzione sui problemi reali attuali e non su quelli del passato. Con le realtà di cantiere di vostra pertinenza assume maggior importanza il coordinamento. Se osserviamo i morti della grande impresa anche edile – quello ogni tanto capita purtroppo – rileviamo percentuali bassissime, a parte quando succede un disastro. Neanche per chi fa l’appalto per primo ci sono grandi problemi, però quando si arriva alle imprese in subappalto la formazione non c’è.

PRESIDENTE
Sono quelle che materialmente realizzano il lavoro.

NEROZZI
L’osservazione che lei faceva ha elementi di grande attualità anche rispetto alla forma iniziale dell’appalto, che risulta perfetto, e della società riciclante. Evidentemente man mano che si scende vengono meno anche i controlli.

PRESIDENTE
Ringrazio gli ospiti per il contributo offerto ai nostri lavori.

Audizione di rappresentanti di organizzazioni sindacali

Intervengono il segretario regionale della CGIL, signor Domenico D’Aurora, il segretario generale e il segretario regionale della CISL Abruzzo, signori Maurizio Spina e Paolo Sangermano, il componente della segreteria regionale della UIL, signor Pietro Paolelli, il segretario regionale della UGL, signor Piero Peretti e il coordinatore regionale della CISAL, dottor Vincenzo Lucente.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione di rappresentanti di organizzazioni sindacali ai quali do il benvenuto. Sono presenti il segretario regionale della CGIL, signor Domenico D’Aurora, il segretario generale e il segretario regionale della CISL Abruzzo, signori Maurizio Spina e Paolo Sangermano, il componente della segreteria regionale della UIL, signor Pietro Paolelli, il segretario regionale della UGL, signor Piero Peretti e il coordinatore regionale della CISAL, dottor Vincenzo Lucente.
Visto che di dati ne abbiamo in abbondanza, vi invitiamo ad esprimere i vostri commenti, le proposte e le indicazioni. Voi, come rappresentanti dei lavoratori, avete un osservatorio privilegiato sulle tematiche della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Noi siamo venuti in Abruzzo, a L’Aquila, non per motivi particolari che ci hanno richiamati, ma perché come Commissione stiamo svolgendo missioni in tutte le Regioni italiane per capire come il decreto legislativo n. 81 del 2008 viene recepito e si sta recependo, quali effetti sta determinando e per cogliere le lacune da migliorare, anche se crediamo che la normativa sia abbastanza valida, atteso che non è ancora definitiva perché, come immagino saprete anche voi, stiamo aspettando che venga definita in alcuni aspetti importanti. Abbiamo avuto la rassicurazione da parte del ministro Fornero, che è stato ascoltato in audizione al Senato, che le procedure dovrebbero essere almeno formalmente concluse e ci si augura che questi atti normativi secondari vengano al più presto emanati per avere un quadro completo. Questo è lo spirito con il quale ci stiamo muovendo, anche per essere un po’ più vicini al territorio e ai soggetti che operano in prima linea come voi, le forze dell’ordine e tutti quei soggetti che comunque si interessano del grande tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

D’AURORA
Rispetto al quesito che ci ponete, credo di poter cogliere come elementi di sofferenza e di difficoltà nel percorso verso la piena applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 due questioni che ci preme sottolineare. La prima riguarda il funzionamento del comitato regionale di coordinamento. Questo è davvero un punto di sofferenza, che impedisce l’attuazione di un principio fondamentale del Testo unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, rappresentato dalla cosiddetta gestione tripartita. C’è una sofferenza che avvertiamo, come sindacato, perché manca il luogo vero in cui lo Stato e le amministrazioni pubbliche si possono incontrare con le parti sociali, per creare sinergie in modo da poter affrontare il problema della salute e della sicurezza negli ambienti di lavoro. Il comitato regionale di coordinamento abruzzese, in cui un ruolo preponderante è svolto dalla Regione, avrebbe dovuto riunirsi ogni tre mesi, ma dal 2007 si è riunito soltanto quattro volte. L’ultima riunione si è tenuta a settembre o ad ottobre, dopo un anno e mezzo che tale organismo non si riuniva.
Vogliamo evidenziare quella che a nostro giudizio rappresenta un’altra anomalia – del resto la Commissione ci ha chiesto di comunicare le nostre valutazioni – che forse deriva dal fatto che la sanità in Abruzzo è sottoposta a gestione commissariale: a differenza dal resto d’Italia, a presiedere il comitato regionale di coordinamento, su mandato del Presidente della Giunta regionale, non è l’assessore al lavoro o quello alla sanità, ma un assessore terzo, che non ha alcuna competenza diretta su tali settori. Si tratta dell’assessore alla cultura, che ha anche la delega alla prevenzione collettiva. La prevenzione collettiva non è un vero servizio o una direzione, ma è un servizio con tre funzionari che si occupano dell’intera prevenzione collettiva della Regione e una sola persona si occupa del tema degli infortuni. Il comitato di coordinamento regionale è il luogo nel quale tutti gli enti proposti possono ragionare insieme, creare sinergie e cercare di capire.

PRESIDENTE
Ciò è utile anche per creare delle strategie.

D’AURORA
Esatto, è utile per creare strategie, proposte, percorsi e stabilire le priorità. Sicuramente è stato costituito qualche ufficio operativo, che mette insieme gli istituti di vigilanza, perché è previsto che essi debbano essere costituiti, ma non ci è dato sapere che tipo di attività viene svolta, quali sinergie vengono create, cosa producono e quindi, in sostanza, nelle pochissime riunioni che si sono tenute, non è stato possibile costruire nessuna strategia, nessuna programmazione e nessuna sinergia tra di noi, a causa di tali carenze. Rispetto all’attività svolta non c’è una visibilità chiara ed evidente a tutti: non siamo informati di quello che effettivamente accade. Si tratta di una grave carenza perché, come sindacato, non riusciamo a capire quali strategie stiano mettendo in campo gli istituti preposti alla vigilanza.
Oltre alla vigilanza occorre svolgere un’altra funzione importante, relativa al monitoraggio, anche perché ogni anno si dovrebbe trasmettere ai vari Ministeri il rapporto annuale su ciò che accade in materia di infortuni sul lavoro.

PRESIDENTE
Lei ha usato il verbo al condizionale, dicendo che si «dovrebbe trasmettere il rapporto ai Ministeri».

D’AURORA
Esatto: formalmente ci dicono che ciò viene fatto, ma poi bisogna vedere ciò che accade in realtà. Mi pare che la situazione sia simile anche in altre Regioni.

PRESIDENTE
Non è un problema solo dell’Abruzzo, ma certo questa non è una attenuante.

D’AURORA
Potremmo allora dire: «mal comune mezzo gaudio». Il sindacato auspica inoltre che venga svolta quell’attività fondamentale che, a livello nazionale dovrebbe essere compiuta attraverso l’attivazione del Sistema informativo nazionale per la prevenzione di infortuni e malattie professionali (SINP), che consentirà di analizzare i dati. Vorremmo infatti che le varie informazioni a disposizione di ciascun istituto vengano incrociate, per capire perché accadono gli infortuni e in che modo è possibile intervenire per prevenirli. I dati andrebbero incrociati e letti in maniera intelligente, ma tutto ciò non avviene, perché non c’è nessuno che legge e incrocia le conoscenze esistenti. Vorremo riuscire a capire, in sostanza, quali sono i rischi e quali sono i danni, e creare, intorno a questi elementi, un momento di riflessione, ma queste attività non vengono svolte.
Il comitato regionale di coordinamento, così com’è, non ci aiuta, non serve e costituisce un ostacolo ad un’accelerazione dell’applicazione della norma e dello spirito del Testo unico n. 81 del 2008. Esso svolge infatti un lavoro meramente burocratico e non un’attività finalizzata a creare sinergie, intrecci e incroci tra i vari soggetti, per aggredire il problema degli infortuni sul lavoro.
Il secondo punto di sofferenza vero, che poi è anche alla base di quello analizzato in precedenza, è costituito dall’assoluta carenza degli organici in dotazione ai servizi di prevenzione negli ambienti di lavoro della nostra Regione. Secondo i dati elaborati nel 2010, ma mi pare che nel frattempo sia fuoriuscito qualche altro lavoratore, in tali servizi c’erano solo 83 unità, di cui soltanto 41 erano ufficiali di polizia giudiziaria. Capite che anche gli impiegati aiutano, ma per controllare effettivamente i luoghi di lavoro c’è bisogno di ufficiali di polizia giudiziaria. Nella vicina Regione delle Marche, una realtà paragonabile alla nostra, ce ne sono 156, ovvero circa il doppio.
C’è anche un altro dato, che emerge dal rapporto della Conferenza delle Regioni sulla situazione della sicurezza in Abruzzo, che deve farci riflettere: in Abruzzo c’è un rapporto di 1.364 aziende per ogni ufficiale di polizia giudiziaria. Ad ogni ufficiale spetta dunque il controllo su 1.364 aziende, contro una media nazionale di 859. A tali ufficiali dovremmo erigere un monumento, perché essi riescono persino a rispettare i parametri previsti nei livelli essenziali di assistenza (LEA), con un dato di circa il cinque per cento. Capiamo benissimo, però , che non va considerato solo un discorso quantitativo, legato al numero di cantieri e di posti di lavoro che si riescono a controllare, ma anche di qualità del controllo che viene effettuato. Un ufficiale di polizia giudiziaria costretto a fare il doppio dei controlli rispetto ad un collega di un’altra Regione, deve necessariamente lasciare perdere una serie di questioni. Ciò incide anche su altri dati: in Abruzzo c’è stato il terremoto e quindi occorre porre molta attenzione per ciò che riguarda l’attività edilizia legata alla ricostruzione, eppure nel 2010 i controlli nei cantieri edili sono diminuiti. Non riusciamo a capire perché ciò sia accaduto e perché sia stata creata un’unità specifica di controllo. C’è stato un grande spot intorno alla ricostruzione delle case in Abruzzo: tutto doveva funzionare perfettamente ed erano state quindi costruite delle commissioni specifiche per il controllo di tali aspetti.
Ciò dimostra quello che sosteniamo: quando i controlli si fanno, gli infortuni non ci sono e infatti non si sono verificati incidenti sul lavoro per la costruzione del cosiddetto progetto C.A.S.E., i complessi antisismici sostenibili ecocompatibili, proprio perché è stata posta un’attenzione particolare. Dunque non è vero che il controllo, la vigilanza e la prevenzione non sono determinanti per evitare che si verifichino gli infortuni. Ad esempio, per ciò che riguarda il piano regionale della prevenzione per l’edilizia – si tratta di un bel piano – era stata garantita un’interlocuzione con le parti sociali, per capire come attuarlo, ma le parti sociali non sono mai state ascoltate, perché gli operatori che gestiscono quel piano devono anche gestire l’attività quotidiana e non hanno il tempo per coinvolgere anche gli altri soggetti. In Abruzzo, la normativa che si applica al settore chimico (derivante dal regolamento europeo n. 1907/2006/CE sulla registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche, denominato REACH) è pronta, ma non viene applicata, perché negli organici manca un chimico specializzato che possa validare, intervenire e certificare tali operazioni.
Questi sono i punti di sofferenza per ciò che riguarda l’attuazione del decreto legislativo n. 81 del 2008: c’è poi, complessivamente, una situazione caratterizzata da alti e bassi per il rapporto con il sistema delle imprese. I fondi interprofessionali e i progetti per la formazione funzionano abbastanza bene: si sta lavorando in quel senso e si sta consolidando un sistema di bilateralità in edilizia, riferito sia ai comitati paritetici territoriali (CPT), sia all’avvio del sistema formativo. Da questo punto di vista abbiamo delle difficoltà, perché purtroppo la figura del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale (RLST) non viene accettata nei cantieri. Facciamo fatica ad individuare delle figure, a formare tali soggetti e a metterli a disposizione, ma poi nei cantieri non li fanno entrare.
Ci sono inoltre delle difficoltà che vengono acuite dalla crisi economica e dalla proliferazione del lavoro nero. Abbiamo recentemente definito un accordo con la Confartigianato, in applicazione dell’accordo interconfederale nazionale sul recepimento del Testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008, in particolare sulla questione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali (RLST). Abbiamo qualche difficoltà in più con la Confapi, a causa di loro problemi di organizzazione. Rispetto agli enti bilaterali che riguardano l’artigianato, per cui è appena stato costituito l’organismo paritetico regionale per l’artigianato (OPRA), la questione è che ci sono pochissime aziende con lavoratori dipendenti associate all’ente dell’artigianato, che dunque possano finanziare quel tipo di attività. Stimiamo infatti che su 24.000 lavoratori, che potrebbero rientrare in tale sistema, purtroppo sono solo 8.000 gli iscritti.
Concludo il mio intervento facendo un appello, che ritengo abbia una valenza generale. Abbiamo assolutamente bisogno che l’INAIL metta a disposizione l’elenco degli RLS, perché non riusciamo a creare un dialogo che favorisca il coinvolgimento, la formazione, la verifica, il sostegno e il supporto da offrire a queste figure fondamentali. Spesso tali figure non hanno rapporti con noi e sono di fatto delle figure inventate. Se gli elenchi non ci vengono forniti, perché l’INAIL invoca questioni di privacy che non comprendiamo, è chiaro che diventa molto più complicato per noi svolgere questo lavoro. Se lo ritenete utile, potremmo far avere alla Commissione un rapporto scritto, che sintetizza ciò che abbiamo detto in questa sede e che si riferisca in particolare, nello specifico, alla ricostruzione della città di L’Aquila. Si tratta infatti di una situazione molto più complicata, che ha bisogno di sostegni ulteriori e dell’istituzione di tavoli di concertazione, che definiscano altre partite. Com’è stato possibile verificare, al di là dei problemi di sicurezza legati ai cantieri edili, c’è un problema di sicurezza e di legalità: dietro l’illegalità c’è infatti il rischio di un’ulteriore precarizzazione del lavoro.

PRESIDENTE
Riceveremo con piacere la memoria a cui fate riferimento.

SANGERMANO
Tenterò di non ritornare sugli argomenti già trattati dal collega che mi ha preceduto, né intendo discutere dei dati forniti dagli enti previdenziali, la Direzione del lavoro e l’INAIL.
C’è un fenomeno da non sottovalutare e che vorrei porre all’attenzione della Commissione e ripreso nell’ultimo rapporto INAIL. pubblicato nel 2010: molti infortuni sfuggono alle statistiche elaborate, sia perché non sono direttamente riconducibili ai soggetti che trovano iscrizione nell’ambito degli archivi dell’INAIL, sia perché infortuni non denunciati, in quanto verificatisi in situazioni di lavoro nero o ad esso assimilabili. Per questo i dati INAIL, in cui si riscontra una diminuzione dell’incidenza degli infortuni e delle morti, non sempre sono del tutto attendibili.
In Abruzzo, anche nel 2011, si registra un numero di infortuni e di morti bianche allarmante: 26 decessi sui posti di lavoro a fronte dei 28 statisticamente rilevati nel 2010 dall’INAIL.

PRESIDENTE
Sono 32, secondo quanto dice l’INAIL, e il rischio è che possano crescere, perché alcuni sono oggetto di contenzioso.

SANGERMANO
Un dato ancor più preoccupante a cui si aggiungono i numeri dell’attività di vigilanza: nel 2010 su 4.210 ispezioni svolte dalla Direzione provinciale del lavoro, sono state riscontrate 2.521 imprese ed aziende irregolari. Dati indiscutibili. L’insufficiente sicurezza nei luoghi di lavoro emerge maggiormente laddove si registrano irregolarità, carenze di diritti e di trasparenza nel rapporto di lavoro. Le ispezioni riscontrano difficoltà a svolgere la propria attività a causa del lavoro nero ed irregolare, svolto per la maggiore dagli immigrati (secondo il dato che ci fornisce la Direzione provinciale del lavoro), in modo particolare nel settore dell’agricoltura. Ad esempio in realtà territoriali, come quella del Fucino, con la presenza di intere comunità di extracomunitari che lavorano in una zona di 150 chilometri quadrati, c’è stato spiegato che un intervento di carattere ispettivo comporterebbe l’utilizzo di un intero battaglione dei Carabinieri.
È evidente che ci sfuggono una serie di elementi per chiarire quanto effettivamente incide la normativa rispetto alla sua effettiva applicazione nel mondo del lavoro. La nostra preoccupazione sorge nel momento in cui il Testo unico, estremamente preciso e puntuale, non trova una concreta applicazione a causa del fatto che i vari soggetti individuati dal Testo, in effetti, non svolgono ad oggi ancora tutte le attività vivi previste.
La Commissione consultiva permanente, che dovrebbe elaborare tutta la normativa riferita all’attività di formazione, individuando i percorsi, i soggetti formativi e le figure professionali, ancora oggi su molti aspetti risulta carente. La formazione, che tutti riteniamo fondamentalmente per raggiungere i migliori requisiti relativi alla sicurezza, oggi è demandata a una serie di strutture e di soggetti che, nonostante sulla carta risultino regolarmente accreditati, in realtà non hanno né professionalità acquisita, se non in termini temporali, né qualità nel processo formativo.
Il comitato regionale di coordinamento in Abruzzo non ha mai elaborato alcun piano di intervento, di progetto o di programma di lavoro ma ha la straordinaria capacità di riunirsi quando accade un incidente mortale e i riflettori dell’opinione pubblica sono puntati sul problema della sicurezza. In Abruzzo non abbiamo un interlocutore e, come parti sociali, pretendiamo che venga istituito.
Il dato che ha fornito il collega D’Aurora relativamente all’attività di vigilanza è positivo rispetto a quello reale, perché le aziende iscritte alla Camera di commercio nella Regione Abruzzo sono circa 130.000 e il Testo unico si applica anche a soggetti diversi da quelli iscritti e a soggetti che risultano in forza o comunque in attività.
Nel 2010 le visite ispettive realizzate dalla struttura di prevenzione del sistema sanitario, quindi dagli ispettori sanitari, sono state 606 di cui 521 risultate irregolari (praticamente la totalità). Se parliamo di qualche centinaia di migliaia di attività soggette alla normativa e alla previsione del Testo unico, siamo assolutamente fuori da quel 5 per cento previsto dal patto per la tutela della salute sottoscritto a livello di Conferenza Stato-Regioni.
Un altro aspetto di preoccupazione è legato alla dimensione delle aziende, in base alla quale la sicurezza non trova ancora un proprio specifico momento d’interesse all’interno delle aziende e non diventa un diritto fruito da tutti i lavoratori.
Le aziende di maggiori dimensioni sono strutturate in modo migliore, rivolgono maggiori attenzioni e spesso si creano anche situazioni ottimali rispetto al panorama nazionale e regionale sul tema della sicurezza e, addirittura, in alcune aziende il responsabile per la sicurezza ha potere economico all’interno della struttura aziendale. È necessario che il RSPP (responsabile del servizio di prevenzione e protezione) sia un soggetto con potere d’acquisto e d’intervento dal punto di vista economico in una struttura per far in modo che tutte le decisioni e le iniziative assunte per la sicurezza non arrivino a margine di tutte le altre di carattere aziendale e amministrativo.
La crisi ed il lavoro nero incidono ulteriormente sull’abbassamento del livello di sicurezza sul lavoro.
Il 10 per cento degli infortuni in questa Regione interessa lavoratori immigrati per cui il problema della lingua dei corsi di formazione sulla sicurezza diventa un elemento importantissimo ed indispensabile.
L’Abruzzo, denominato «cantiere d’Europa» a causa dell’evento tragico che ha colpito il territorio aquilano, in materia di edilizia e in modo particolare in materia di appalto e di subappalto, risulta carente perché la pubblica amministrazione registra difficoltà nella gestione. Spesso le aziende presentano regolarmente il DURC (documento unico di regolarità contributiva) e sono in grado di manifestare la propria regolarità, la dimensione dell’azienda e i destinatari dell’attività relativa alla sicurezza, ma ciò non avviene anche nella fase dei vari subappalti. Il subappaltatore di solito è il soggetto che, non essendo iscritto agli enti bilaterali, dichiara di svolgere un’attività, mentre realmente ne svolge un’altra. La normativa, infatti, è carente in materia e non si trovano correttivi. Sono soggetti che presentano irregolarità dal punto di vista contributivo e degli obblighi di sicurezza, ma questo non viene registrato, perché il DURC non viene rilasciato in quel caso, ma solo per la figura del datore di lavoro.
Riscontrano anche tante difficoltà nella loro azione di prevenzione i RLST (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza territoriali) e i RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza).
Non dobbiamo sottovalutare i lunghi e farraginosi tempi giudiziari dei contenziosi e dei processi delle morti bianche perché, laddove vi sia una sanzione per i datori di lavoro, questa arriverà dopo anni, pertanto il rischio viene ritenuto dagli imprenditori sostenibile, dati i tempi della nostra giustizia. Anche su questo aspetto come sindacato siamo estremamente preoccupati. Nelle aree soggette ad una ricostruzione a causa di evento tragico, il DURC richiesto non è quello della procedura pubblica. Voglio denunciare in questa Commissione che a causa di questa eccezione nella provincia aquilana il 30 per cento dei Comuni non fa richiesta di DURC, ma affida gli appalti – anche pubblici – senza richiedere il documento di regolarità contributiva.
Basta, quindi, una semplice attestazione di regolarità senza l’incrocio dei dati, ma può capitare che un’impresa risulti irregolare presso le varie casse edili ed i vari enti bilaterali, ma in realtà non lo sia. È importante ed indispensabile che gli enti pubblici applichino in maniera precisa e puntuale la norma perché rappresenterebbe un elemento di garanzia per individuare tipologie di lavori e di lavoratori e quindi interventi in materia di sicurezza.
Come sindacato suggeriamo una serie di proposte, che potrebbero essere prese in considerazione.
In primo luogo, proponiamo un maggior interscambio di dati. Nel 2007, la Regione Abruzzo finanziò in maniera corposa «Abruzzo lavoro», un ente strumentale della Regione stessa, per incrociare tutti i dati che provenivano dai vari enti. Un intervento di circa 2 milioni di euro per un progetto di monitoraggio e interscambio, del quale non si è saputo più niente.
Vi è poi la necessità assolutamente urgente di aumentare l’attività di vigilanza. Non è pensabile che nel più grande cantiere d’Europa, che auspichiamo finalmente prenda il via nella nostra città, l’attività di vigilanza sia demandata allo scarso organico oggi impiegato all’interno dei nostri istituti. Potremmo ragionare anche all’istituzione di un registro di imprese virtuose, ipotizzando una norma premiale per quelle che risultino a norma con la normativa in materia di sicurezza. Nell’edilizia ci sono esempi interessanti: molti enti bilaterali hanno istituito un contributo a favore delle imprese che dimostrano di aver svolto attività formativa, di aver consegnato i DPI (dispositivi di protezione individuale) ai propri dipendenti e di rispettare la normativa. Un sistema che in qualche occasione ha dimostrato di funzionare.
È necessario, a nostro parere, un maggior coinvolgimento degli enti bilaterali rispetto a tutte le nuove imprese e alle attività, anche in merito a tutta la cantieristica e in particolare ai nuovi cantieri. Un dato è certo: la bilateralità ormai si è dotata di strumenti e soggetti in grado di verificare in tempo reale la correttezza della gestione dei rapporti di lavoro e della sicurezza. Negli enti bilaterali sono stati costituiti organismi preposti per la formazione, che potrebbero supplire in maniera completa e tempestiva alle carenze degli istituti pubblici in materia di appalti di servizi e delle attività della cantieristica.
C’è bisogno di un maggiore potere di accessibilità ai lavoratori per la sicurezza territoriali (RLST) che devono poter aver libero accesso ai posti di lavoro. Parlavo prima del documento unico di regolarità contributiva (DURC); a tal proposito andrebbe maggiormente intensificato il rapporto tra INPS, INAIL ed enti bilaterali perché la congruità delle retribuzioni è un elemento che sfugge ad INPS e INAIL, ma non agli enti bilaterali. Infine, sarebbe necessaria un’azione di verifica della qualità e dell’effettiva formazione svolta sui posti di lavoro. Le attività formative sono attività di carattere burocratico: c’è il rilascio di un’attestazione, rispetto alla quale però non c’è mai una controprova dell’effettiva qualità della formazione svolta. Avviare azioni di verifica sulla formazione sarebbe, a nostro parere, un’ulteriore elemento di maggior tutela per quanto riguarda i lavoratori.

PAOLELLI
Ho ascoltato con molta attenzione le cose dette dai miei colleghi. Per non ripetere le stesse cose focalizzo il mio ragionamento su due aspetti. Il primo è quello infortunistico che è comunque la nota dolente, nonché il problema principale nel Paese e nella nostra Regione. Faccio semplicemente due battute. Dal mio punto di vista, va focalizzato il problema relativo alla formazione. Una formazione di qualità può avere veri effetti benefici, mentre una cattiva è solo uno sperpero di denaro. Parlando con molte persone e iscritti che hanno fatto la formazione mi sono reso conto che non è quella che avrebbero dovuto avere. Non sempre sanno le cose perché quasi sempre c’è stata una cattiva formazione. Il sapere significa evitare infortuni e anche altro.
L’altro problema che è stato sollevato è relativo agli organici ispettivi, aspetto chiaramente connesso alle risorse economiche. Qualche anno fa gli ispettori del lavoro per legge non potevano fare i controlli oltre i 50 chilometri di distanza. Successivamente la situazione è peggiorata perché non solo non era riconosciuto il rimborso della benzina, ma inoltre non tutti disponevano di un’automobile dell’istituto, per cui all’epoca molti interventi non furono fatti e di fatto i pochi ispettori non venivano messi in grado di operare. Gli organici, com’è già stato detto, sono veramente risicati e da questo punto di vista bisognerà vedere anche rispetto al discorso di carattere economico e nazionale come incrementare gli organici della nostra Regione.
Lei prima parlava della tutela della salute ed è giusto parlarne perché gli infortuni e le morti bianche vanno a finire sulla stampa. La tutela della salute è una cosa molto più ampia perché si fa riferimento anche alle malattie professionali. Come organizzazione ci preoccupa molto il problema delle malattie professionali. Dal 2009 al 2010 in Abruzzo c’è stato un incremento delle malattie professionali del 39 per cento. Non c’è dubbio che prevenire le malattie sia molto più difficile che curare, ma prevenire forse è meglio che curare.

NEROZZI
Siccome quello che riferisce è un dato abnorme, soprattutto sulle malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee, che sono particolarmente presenti in due Province, mi chiedo come vi spiegate questo fenomeno. Queste due tipologie di malattia sono aumentate particolarmente nelle Province di Chieti e Pescara.

PAOLELLI
Una risposta scientifica e tecnica non sarei in grado di darla. Leggo i dati come li ha letti lei e il problema delle malattie professionali non è legato soltanto a dolori alle articolazioni. Mi sembra che lei si stia riferendo a queste.

NEROZZI
Ce ne sono anche altre, ma questa ha avuto uno sviluppo enorme.

PAOLELLI
Posso pensare che siano legate al tipo di lavoro e al tipo di apparecchiature utilizzate. Alcuni movimenti, che non vengono fatti regolarmente da un’articolazione, ma all’improvviso per una apparecchiatura diversa, potrebbero portare, ad esempio, ad una rottura del legamento o a una frattura di tendini o dei muscoli. Sto improvvisando una risposta. Poi ci sono altre malattie professionali, soprattutto nel mondo dell’agricoltura, la cui l’incidenza è aumentata del 65 per cento. Le altre malattie professionali penso siano dovute ai fitofarmaci che vengono utilizzati: si mette in commercio un prodotto, ma per sapere i danni che arreca nel corso del tempo occorre che passino anni. Da questo punto di vista, credo che la spesa complessiva della sanità per la cura di questi lavoratori che hanno delle malattie professionali sia elevata. Bisognerebbe fare in modo da prevenire queste malattie. A proposito della domanda che mi ha posto, bisognerebbe fare uno studio appropriato condotto da medici per dare una risposta e capire le ragioni per cui ci sono questi danni alle articolazioni, alle ossa, ai muscoli, ai tendini. Io penso che questo tema debba essere affrontato. Da uno studio fatto anni fa risultò che prevenire una malattia o un infortunio riduce la spesa complessiva sanitaria e infortunistica di oltre il 50 per cento e garantisce una popolazione che lavora in ottima salute. Il danno economico di una malattia professionale o di un infortunio non mortale è doppio perché oltre alla spesa per la cura, il lavoratore non lavora quand’è malato o infortunato. Qui però occorre quella sinergia di cui si parlava prima, che non è soltanto il coordinamento regionale. Credo, infatti, che bisognerebbe coordinare meglio anche a livello provinciale: l’ispettore dell’INPS, dell’INAIL e della ASL il più delle volte sono slegati tra loro perché, ad esempio, l’ispettore della ASL può incidere più sul mondo della sanità che non sulla sicurezza nel cantiere. Però questo aumento del 39 per cento delle malattie professionali è impressionante. Questo deve essere dal mio punto di vista approfondito per evitare di avere nel futuro, se questo trend dovesse continuare, una grossa percentuale di popolazione infortunata nel settore agricolo, che per il nostro Paese e la nostra Regione è importante. La tutela, pertanto, deve essere massima.
Vorrei aggiungere l’altra nota dolente della ricostruzione pesante a L’Aquila. Come sapete – sulla stampa si legge poco – la ricostruzione vera non è mai partita; è ferma e ci auguriamo che parta seriamente e che si cominci a ricostruire la città di L’Aquila. Se parte veramente aumenteranno ovviamente le imprese del mondo dell’edilizia. Oggi, è stato già detto anche questo, ci sono troppi subappalti affidati ad srl di extracomunitari. Dietro forse c’è anche l’italiano, però ci sono molte srl costituite da extracomunitari. Secondo me, loro non sanno cosa significhino parole come formazione, e sicurezza e DURC o, se lo sanno, lo sanno in pochi. Da questo punto di vista deve essere fatto qualcosa di più in questo territorio perché se partirà la ricostruzione vera, come ci auguriamo tutti, il problema si presenterà seriamente più di quanto avvenga oggi. Gli organici ad un certo punto dovranno essere rafforzati, come deve essere rafforzata la formazione professionale, onde evitare che in un breve futuro si torni sulla stampa per un caso di infortunio mortale. Anche un solo decesso è drammatico, però 32 è un numero elevato per l’Abruzzo. Sul fronte delle malattie professionali nelle Regioni siamo la seconda dopo l’Emilia-Romagna, un dato preoccupante che dovrà essere affrontato anche a livello di assessorato alla sanità per vedere come prevenirle, incidere su di esse e ridurle.

PRESIDENTE
Dal 2006 al 2010 le malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee sono passate da 941 a 4.124. Stiamo parlando del 338 per cento. Queste richieste o denunce bisognerà poi verificarle.

D’AURORA
Queste denunce andranno approfondite, però se pensiamo che nella Provincia di Chieti c’è la maggior concentrazione di attività industriali e agricole dobbiamo dedurne che questo dipende da un mutato carico di lavoro individuale.

PRESIDENTE
Potrebbe trattarsi di una maggiore sensibilità.

PAOLELLI
Bisognerebbe vedere l’età.

PERETTI
Non ripeterò quanto detto dai colleghi. Sul punto carente condivido quanto ha detto il collega della CGIL. Il comitato regionale di coordinamento non solo non funziona, ma per un vizio iniziale si dimenticò di inserire l’UGL. Abbiamo scritto più volte senza ancora aver ricevuto risposta. Per quello che funziona non è che ci siamo persi chissà cosa, a dimostrazione dell’inefficienza di questo organismo.
Come sindacato abbiamo cercato di colmare questa inefficienza chiedendo l’istituzione di un tavolo tematico sulla sicurezza all’interno del cosiddetto patto per lo sviluppo, un organismo regionale composto da tutta la classe dirigente della Regione, presieduto dal presidente della Giunta. Proprio per avere un tavolo di confronto che riuscisse a coordinare le varie attività e ci consentisse di capire ciò che accade nella Regione per ciò che riguarda questa importante tematica, abbiamo proposto l’attivazione di questo tavolo, che è stato approvato e che a breve dovrà iniziare la sua attività.
Fortunatamente, abbiamo anche riscontrato la disponibilità dei prefetti abruzzesi a svolgere un ruolo importante per ciò che riguarda il coordinamento di tali attività. C’è stata infatti un’impennata del numero degli incidenti sul lavoro, soprattutto nell’estate del 2011. Di fronte ad alcuni sintomi molto preoccupanti e al fatto che alcune persone hanno perso la vita mentre lavoravano all’interno di aziende multinazionali, in cui si immagina che le misure a tutela della sicurezza del lavoratore siano più ferree, ci siamo rivolti ai quattro prefetti abruzzesi, per capire come stesse realmente la situazione. Le quattro prefetture hanno dunque convocato gli organismi preposti, come l’INAIL, le ASL e le Direzioni territoriali del lavoro: esistono dei verbali stilati dalle prefetture che riportano il contenuto di tali incontri. In tale occasione ci siamo resi conto che gli organismi di controllo non dialogavano tra di loro e nessuno sapeva cosa facessero gli altri organismi. È emerso anche un altro aspetto, legato alle diverse competenze di tali organi. Ad esempio, le Direzioni territoriali del lavoro hanno competenza per ciò che riguarda l’emersione del lavoro nero e i fenomeni analoghi, l’INAIL interviene, nella maggior parte dei casi, una volta che sia avvenuto un incidente, per effettuare i rilievi a cui è tenuta, mentre l’organismo essenziale per il controllo e la prevenzione dovrebbe essere l’ASL, ma le quattro ASL abruzzesi sono sotto organico.
Richiamo, a tale proposito, quanto già evidenziato dagli altri colleghi che sono intervenuti prima di me: servono risorse aggiuntive e nuove unità lavorative in tali settori strategici per il contrasto al fenomeno degli infortuni sul lavoro. Questa condizione diventa particolarmente preoccupante, se consideriamo in prospettiva ciò che accadrà nei Comuni del cratere sismico e in particolare nella città di L’Aquila. Ci sono infatti 12.000 pratiche ferme per ciò che riguarda la cosiddetta ricostruzione pesante e, di conseguenza, si prevede l’instaurazione di circa 12.000 nuovi cantieri. Quindi prevediamo che, da qui a qualche tempo, ci saranno circa 25.000-30.000 lavoratori in più nel territorio, con tutti i rischi che possono derivare da tale situazione. Occorre inoltre tener conto dell’indotto, derivante dal fatto che molti di questi lavoratori verranno a risiedere in città. L’operazione della ricostruzione durerà infatti circa 10-15 anni e quindi l’aumento demografico della città comporterà anche un aumento dei servizi e, di conseguenza, l’ulteriore aumento delle attività lavorative.
Siamo dunque fortemente preoccupati, dal momento che il responsabile dell’ASL di L’Aquila ha manifestato un’estrema difficoltà a svolgere anche i compiti ordinari, tanto che a volte lui stesso, che è un dirigente, è costretto ad andare a fare direttamente qualche ispezione. Occorre inoltre tener conto del fatto che l’estensione della Provincia di L’Aquila è pari a circa la metà del territorio regionale. Riteniamo dunque che le maggiori criticità siano la mancanza di coordinamento tra gli organismi interessati al controllo e alla verifica delle condizioni di sicurezza dei luoghi di lavoro e la carenza degli organici delle strutture preposte ad effettuare i controlli.

LUCENTE
I colleghi che sono intervenuti prima di me hanno già illustrato la situazione della Regione, le sue carenze e i suoi difetti. Desidero pertanto soffermarmi su alcuni punti fondamentali, riguardanti la formazione e la cultura del lavoro. Desideriamo infatti offrire uno stimolo ai titolari del potere legislativo, tramite la Commissione d’inchiesta. Spesso notiamo infatti – anzi, lo notiamo quasi sempre – che la sicurezza sul lavoro diventa di fatto oggetto di compravendita e che viene spesso considerata un fatto più formale che di sostanza. Posso parlare della mia esperienza diretta: quando si va a parlare con gli imprenditori, spesso ci si sente rispondere che tutto è a posto, perché un geometra ha stilato il piano della sicurezza. In realtà non è così, perché bisogna offrire anche al lavoratore una formazione ben precisa. In una Regione come l’Abruzzo, in cui quasi l’80 per cento delle imprese ha pochissimi dipendenti – le aziende sono mediamente al di sotto dei 10 dipendenti – ciò comporta che, per effettuare un corso di formazione, bisogna momentaneamente chiudere l’azienda o almeno ridurre il lavoro in determinate ore e quindi non poter stare al passo con la concorrenza.
Un altro punto importante che vorrei trattare, riguarda la cultura della sicurezza: parlando con i lavoratori di tali aziende, emerge infatti la mancanza di una vera e propria cultura della sicurezza e dell’igiene nei luoghi di lavoro. Sembra infatti che tali regole vengano imposte e non che si tratti di un fatto che deve appartenere alla cultura personale di ciascuno. Per questo motivo ho chiesto all’INAIL, e in particolar modo a quella di Pescara, di trattare questi argomenti già nelle scuole, perché già da lì si può iniziare a creare una cultura e far capire cosa significa rispettare la sicurezza sul lavoro e l’ambiente.

PRESIDENTE
L’INAIL svolge già un’attività di questo tipo.

LUCENTE
Svolge questa attività, ma riscontra molte difficoltà.

PRESIDENTE
Occorre però evidenziare anche le attività che vengono svolte. Lo scorso anno sono stati coinvolti oltre 800.000 studenti nei corsi tenuti e sostenuti in particolare dall’INAIL. Non sono stati coinvolti tutti gli studenti italiani, ma di certo è stato compiuto un passo in avanti. Tra i tanti tavoli di confronto esistenti, ce n’è uno che prevede l’incontro tra i rappresentanti del Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca con quelli del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e con i rappresentanti dell’INAIL, proprio per progettare attività di questo tipo.
Già la legge n. 123 del 2007, quindi prima dell’emanazione del decreto legislativo n. 81 del 2008, aveva previsto delle attività e degli appositi moduli didattici nelle scuole. Da questo punto di vista abbiamo cercato di creare una particolare attenzione su questo tema, considerando, come ha detto il nostro audito e come hanno detto anche gli auditi prima di lui, l’importanza fondamentale della cultura della sicurezza sul lavoro.

LUCENTE
Il problema è che, attualmente, l’INAIL richiede circa 5.000 euro per svolgere un corso e gran parte degli istituti scolastici non sono in condizioni di pagarli, perché non hanno fondi sufficienti. Questo è il problema fondamentale, dal momento che questa dovrebbe essere un’attività di promozione, che a mio avviso non può essere considerata da un punto di vista economico.
Desidero fornire una risposta alla domanda riguardante le malattie professionali di tipo osseo: secondo i dati emersi dal nostro monitoraggio, le Province di Pescara e di Chieti sono più soggette a tali problemi, perché in tali territori insistono le tre più grandi aziende di trasporto della Regione. Si pone dunque il problema degli autisti e in particolare degli infortuni alla dorsale, alla schiena, alle ossa e alla compressione dei nervi. La particolarità evidenziata è forse connessa a questo fatto. Guardando i dati forniti dall’INAIL, è forse meno spiegabile il dato riferito alle malattie nel settore sanitario in Provincia di Pescara: non si riesce capire perché ci sia una punta così alta proprio nella suddetta Provincia, che non è confrontabile con quella che si riscontra nelle altre tre Province.
Per quel che riguarda invece il problema dell’agricoltura e, in generale, dell’imprenditoria agricola, anche in questo caso c’è un problema di cultura. Se si ispeziona quello che accade in un’azienda agricola, si può trovare un agricoltore anziano che mescola una mistura con le mani. Ciò causa l’assorbimento di sostanze chimiche attraverso la pelle, che prima o poi generano dei danni. C’è poi il problema legato all’utilizzo dei trattori da parte degli agricoltori anziani: si tratta di un problema difficile da affrontare, ma che incide in maniera fondamentale sul numero degli infortuni in agricoltura.

SPINA
Signor Presidente, vorrei ringraziare la Commissione e il Parlamento per la propria sensibilità dimostrata verso temi così delicati che, come sindacato, apprezziamo molto. La Regione Abruzzo è alle prese con tante emergenze (il terremoto, la neve e la sanità), e tante vertenze territoriali e aziendali, con il rischio che il tema della sicurezza diventi una Cenerentola. La legge nazionale è stata redatta bene, ma deve trovare applicazione sul territorio, come avete già sottolineato.
C’è necessità che le sedi di programmazione e controllo previste dalla legge funzionino, com’è stato evidenziato dagli interventi dei colleghi che mi hanno proceduto. Le ASL devono raggiungere l’obiettivo del 5 per cento in termini di prevenzione (e non il 4,5, com’è stato proposto, perché – come comprenderete – lo 0,5 su 2,5 miliardi di euro costituisce una differenza fondamentale) e che cresca la bilateralità. Sono tutti problemi che interessano la nostra Regione, che possono essere risolti con un vostro aiuto spinto dalla vostra sensibilità che oggi vi ha portato qui. Vi invieremo un documento aggiuntivo che argomenterà su questi temi, ma intanto vi chiediamo un aiuto concreto affinché alcuni di questi problemi trovino presso le istituzioni la sensibilità e la forza necessarie per essere affrontati e non siano trascurati perché fondamentali per i lavoratori abruzzesi.

NEROZZI
Anche con riferimento ai primi due interventi di quest’audizione, desidero sottolineare che sarebbe interessante se nel documento che intendete farci avere poteste includere una fotografia degli aspetti formativi che ritenete «non perfetti», per usare un eufemismo, e un quadro più esauriente delle malattie professionali.

PRESIDENTE
Siamo disposti ad aiutarvi, signor Spina, perché in questo modo non svolgiamo niente di diverso dal nostro ruolo. Per fare questo, però , è necessario creare un doppio fronte, anche qui.

SPINA
Sì, signor Presidente, l’abbiamo aperto.

PRESIDENTE
Se è vero quello che dite – e non ho alcun motivo di dubitarne – ossia che il soggetto fondamentale per il contrasto, cioè questo coordinamento regionale, non funziona, si finisce per ricorrere al commissariamento, che è pure previsto. Conoscendo la norma, come sapete, non possiamo fare altro che sostenervi, anche perché il problema sta diventando generalizzato.

SANGERMANO
Dalla sua istituzione si è riunito solo quattro volte.

PRESIDENTE
Vi sono alcune Regioni che lo stanno costituendo adesso: c’è qualcosa che non va, per cui ci stiamo ponendo il problema – forse riuniremo anche gli «stati generali» sull’argomento – e desideriamo formulare un’ultima riflessione con voi. La situazione, gestita così, non può andare avanti, quindi dobbiamo riproporci un tema di fondo: è necessario creare una gestione sia pure sul territorio, per le competenze proprie degli enti territoriali, che abbia una sintesi al vertice? Altrimenti, abbiamo una Regione che fa una cosa e una che ne fa un’altra e, paradossalmente, nella stessa Regione, un’azienda sanitaria che fa una cosa e una che ne fa un’altra; poi ci sono i dipartimenti, tra i quali uno fa una cosa e un altro ne fa una ancora diversa. Come Commissione, ci stiamo quindi ponendo seriamente il tema per comprendere la difformità della situazione.
Sceglieremo la formula migliore per farlo, altrimenti non c’è via di uscita, ma – come potete immaginare – è molto delicato andare a toccare argomenti di competenza delle Regioni, in quanto vige una legislazione regionale su alcune di queste materie che rende il ragionamento non facile nemmeno dal punto di vista formale e costituzionale.
Ci stiamo ponendo il problema perché qui si arranca e nemmeno i dati di cui siamo in possesso sono buoni, perciò qualcosa dobbiamo pur fare e poi se risulterà stravolgente, vedremo il da farsi: stiamo andando verso la fine della legislatura, quindi la Commissione ha il dovere di riferire al Parlamento tutto quanto ha sentito nelle varie parti d’Italia, compreso quello che ci avete riportato oggi; poi ci sforzeremo perché ci sia la dovuta attenzione sulla materia.
Comprendiamo le difficoltà in cui operate, ma abbiamo il dovere di dirvi che sono le stesse che incontrano anche altri vostri colleghi e soggetti che operano in questo mondo.

SANGERMANO
La difficoltà non deriva dalla mancanza di risorse umane, ma dalla volontà di costruire un sistema efficace ed efficiente. La situazione diventa intollerabile, signor Presidente.

NEROZZI
Le risorse, anche umane, ci sarebbero, anche se non potremmo dire di nuotare nell’oro. Il problema è che sono talmente divise e parcellizzate da diventare inefficaci: rispetto agli altri Paesi europei, non è vero che non vi sono abbastanza ispettori, se vengono messi tutti insieme.

PRESIDENTE
Lo abbiamo verificato.

NEROZZI
Se si mettono insieme INAIL, Ministero del lavoro, ASL e si aggiunge anche il nucleo dei Carabinieri, non è vero che il numero è esiguo e nemmeno che il livello formativo è tanto basso, anche se forse in questo caso qualcosa di più si potrebbe fare, anche avviando alla formazione una parte di impiegati. C’è quindi un problema reale di coordinamento, come ve n’è uno analogo nella magistratura relativamente alla necessità di avere forme accentrate d’intervento.

PRESIDENTE
Lo stiamo valutando.

NEROZZI
Anche in quel caso, vi sono differenze tra Regione e Regione, procura e procura: a volte entrano in gioco aspetti legati all’inefficienza, la quale invece altre volte va messa all’ultimo posto, che è un’altra questione ancora e le due evenienze non sono identiche. Un paio di momenti di centralizzazione andranno probabilmente pensati, altrimenti si rischia di buttar via un patrimonio, anche con riferimento ai miglioramenti che hanno avuto luogo, sia pure con una certa sufficienza.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per il prezioso contributo fornito ai nostri lavori e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti regionali delle principali organizzazioni datoriali ed imprenditoriali

Intervengono il presidente della Confindustria Abruzzo, dottor Giuseppe D’Amico, il direttore dell’ANCE Abruzzo, ingegner Fausto Ronconi, il direttore regionale della CNA, signor Graziano di Costanzo, accompagnato dal responsabile regionale del settore edile dello stesso ente, signor Federico Scardecchia, il direttore della Confagricoltura Abruzzo, dottoressa Fiorella Riminato, il presidente provinciale della CIA L’Aquila, dottor Filippo Rubei, il direttore regionale della Confcommercio Abruzzo, dottor Celso Cioni e il direttore provinciale della Coldiretti Abruzzo, dottor Bruno Palozzo.

PRESIDENTE
Dando il benvenuto ai nostri ospiti e scusandoci per il ritardo accumulato nel corso della mattinata, inconveniente a volte inevitabile, li ringrazio per la loro presenza.
Prima di lasciare loro la parola, desidero ricordare che questa Commissione si è imposta un certo ritmo nelle missioni sul territorio delle varie Regioni, per cercare di entrare in contatto il più possibile con le realtà e le istituzioni territoriali. Come sicuramente avrete colto, questo significa che non ci siamo recati qui a L’Aquila e nella Regione Abruzzo per motivi particolari, ma perché stiamo compiendo un giro di ricognizione in tutte le Regioni italiane, per capire come viene attuato e tradotto il decreto legislativo n. 81 del 2008, quello che viene genericamente definito come Testo unico delle norme che riguardano la sicurezza nei luoghi di lavoro.
La presente occasione costituisce anche un’opportunità di vicinanza istituzionale tra il territorio ed il Parlamento, al fine di raccogliere indicazioni e proposte su normative che presiedono un comparto che potrei definire odioso, in base ai dati dei quali siamo in possesso, per quanto siano più contenuti rispetto ad altre realtà. Quando si deve parlare di morti o di infortuni sul lavoro, è comunque odioso per tutti farlo.
Vorremmo quindi capire se siamo arrivati ad un punto di svolta: forse la materia andrebbe organizzata in modo diverso, ipotizzando una struttura che presieda alla salute ed alla sicurezza nei luoghi di lavoro. La parcellizzazione sul territorio regionale e nel territorio di ogni Regione non sta producendo gli effetti che la legge n. 123 del 2007 e il decreto legislativo n. 81 del 2008 avrebbero voluto ottenere. Non dico quindi che sia arrivato il momento di tirare le somme, ma che sicuramente stiamo attraversando la fase di un primo bilancio, che ci interesserebbe ricavare non attraverso terzi – non a caso siamo una Commissione parlamentare d’inchiesta – ma recandoci direttamente sul territorio e parlando con le persone, così come oggi abbiamo deciso di fare con voi.

RONCONI
Signor Presidente, in rappresentanza dell’ANCE Abruzzo, posso dire che, con riferimento agli infortuni, il settore delle costruzioni è uno di quelli che vengono in genere individuati come a maggior rischio. In effetti, è così per tutte le peculiarità dei cantieri, che non starò qui a sottolineare. Devo dire però che in questo sistema, nel corso degli anni, è stata introdotta una serie di meccanismi di controllo e consulenza, in particolare attraverso la bilateralità, con enti come i comitati territoriali di prevenzione per la sicurezza, costituiti insieme alle casse e alle scuole edili, all’ANCE ed alle associazioni sindacali di categoria.
Questo ha consentito di ridurre notevolmente il numero degli infortuni nel settore delle costruzioni – e i dati raccolti ci danno ragione – sia in assoluto sia nel rapporto con gli occupati e, soprattutto, con le ore indennizzate rispetto a quelle lavorate, che è indice della gravità dell’infortunio. Se andiamo a valutare i dati pervenuti dalle casse edili – e poi i colleghi potranno parlare dei dati forniti dalle altre organizzazioni di Edilcassa – il numero di infortuni rispetto a quello degli occupati, partendo da un 5 per cento, si è abbassato fino ad arrivare a situazioni molto vantaggiose: ad esempio, a L’Aquila negli ultimi anni siamo arrivati al 2 per cento, nonostante l’incremento molto forte degli occupati, ma bisogna ricordare che i lavori portati avanti per la ricostruzione e la messa in sicurezza della città sono stati gestiti con grande attenzione alla sicurezza stessa.
Riteniamo che la sicurezza nei cantieri vada di pari passo con la regolarità, anche contributiva, delle imprese: il DURC in particolare ed il controllo sull’assenza di lavoratori irregolari o parzialmente regolari costituiscono elementi di maggior sicurezza. Non voglio dare un quadro molto ottimistico, ma devo dire che negli ultimi anni il settore è stato messo attentamente sotto la nostra lente d’ingrandimento, con riferimento a tutti gli operatori (imprese, sindacati ed operai, che ricevono una formazione obbligatoria, con tutta una serie di attenzioni).
Vorrei spendere una parola in particolare sul ruolo di un organismo bilaterale, il comitato territoriale per la prevenzione e la sicurezza, che ha anche un compito non di vigilanza, ma di consulenza nei cantieri. I nostri tecnici svolgono visite preventive nei cantieri prestando una consulenza mentre verificano lo stato dalle cose. Nella provincia di Pescara ha avuto luogo un certo numero di visite, nella prima delle quali presso un cantiere i nostri tecnici hanno riscontrato un 40 per cento d’irregolarità (che però il più delle volte riguarda aspetti formali, non sostanziali, come la non corretta esposizione del tabellone e la mancanza di alcuni elementi). A fine visita i tecnici hanno fornito alcune indicazioni, poi si sono recati sul posto una seconda volta e, in occasione della terza visita, si è passati dal 40 al 12 per cento d’irregolarità: ciò significa che un’attenta azione di prevenzione e consulenza, quindi non soltanto d’ispezione, funziona. Desidero dunque spezzare una lancia a favore di questo sistema di bilateralità nell’edilizia, che sicuramente ha apportato alcuni notevoli vantaggi al settore.

D’AMICO
Signor Presidente, il collega dell’ANCE che mi ha appena preceduto ha già anticipato alcuni degli aspetti che vorrei sottolineare, ma, in qualità di rappresentante di Confindustria per l’Abruzzo, mi compete ricordare che il settore delle costruzioni, che rientra fra i nostri soci, in effetti rappresenta la punta dell’iceberg del problema di cui stiamo parlando.
Qualsiasi provvedimento possa essere realizzato a favore della sicurezza nel luogo di lavoro è ben accetto, perché riteniamo debba essere esperito ogni tentativo volto a ridimensionare la piaga degli infortuni sul lavoro. Si tratta di un tema molto difficile, perché implica la realizzazione di una prevenzione che tenga presente la complessità del mondo del lavoro di oggi. È importante richiamare il discorso della frequente connessione fra l’irregolarità e la non conoscenza delle ditte e delle imprese che operano in maniera così diffusa sul territorio della sicurezza sui luoghi di lavoro.
Va posto però l’accento su un punto in particolare: sono stati compiuti notevoli passi in avanti rispetto ad un recente passaggio in termini di coordinamento tra i vari organismi preposti ai controlli della sicurezza e delle irregolarità nei cantieri. Sicuramente sono stati fatti passi in avanti, ma non sono ancora sufficienti: spesso accade che più enti vadano presso le stesse aziende a fare le stesse visite inutilmente perché potrebbe essere aumentato il numero delle ispezioni, che è fondamentale. Il fenomeno delle morti e degli incidenti sui luoghi di lavori potrà ridursi anche drasticamente, ma ci sarà sempre una percentuale fisiologica. Questo aspetto va sottolineato. Un altro di cui tutti sanno e pochi parlano è legato non solo al mancato coordinamento, ma anche ad alcune attività ispettive connesse al raggiungimento dei cosiddetti budget da parte di istituti come l’INPS. Purtroppo, per raggiungere budget prefissati si vanno a fare visite dov’è più facile e presso imprese grandi che normalmente stanno a posto. Fanno delle contravvenzioni di cui si dà notizia sugli organi di stampa, ma poi tutto finisce in una bolla di sapone perché quando le imprese fanno opposizione vincono sempre e, in effetti, il risultato non si raggiunge. Questo è un fenomeno ben conosciuto. Le ispezioni vengono ripetute intralciando inutilmente l’attività di lavoro. Ho premesso che è benvenuta qualsiasi cosa a favore della sicurezza sui luoghi di lavoro, però chiaramente la questione va razionalizzata e riordinata e poi c’è la questione del raggiungimento del budget da parte degli organismi che, pur di conseguire l’obiettivo, effettuano visite dov’è facile senza ottenere gli effetti sperati.

DI COSTANZO
Vi faremo avere una scheda per presentare i dati in modo più organico. Naturalmente, facendo un giro per tutte le Regioni d’Italia, voi sapete benissimo che il tessuto economico e produttivo del nostro Paese è composto per il 97 per cento da piccole aziende. Noi rappresentiamo un mondo di microimprese che hanno meno di dieci addetti. Uno dei problemi principali che si è posto sin dall’emanazione del decreto legislativo n. 626 del 1994 e dalla cosiddetta «direttiva macchine» a metà degli anni Cinquanta era quello di coniugare – è quello che, credo, sia ancora il problema presente oggi in Italia, che ha una struttura economica diversa da altri grandi Paesi europei – l’esigenza di abbassare il livello degli infortuni e dei morti sul lavoro che, vi assicuro, sta molto a cuore ai titolari di microimprese, con la montagna di carte e di adempimenti burocratici che nel tempo si è andata stratificando. Non credo di dire una novità perché presumo che, sia a livello nazionale, ma sia anche in altre Regioni dove vi state recando, questo aspetto venga messo in discussione. Spesso la sicurezza è più una questione di carte a posto rispetto ad interventi reali. Nel mondo che rappresentiamo – in Abruzzo abbiamo circa 36.000 imprese artigiane con 82.000 addetti e una media di 2,2 addetti per impresa – diventa complicato operare, però nello stesso tempo – ho letto che avete audito l’INAIL – in questo mondo quasi il 70 per cento degli infortuni e incidenti capita al titolare, al socio o al collaboratore familiare che lavora in azienda. Il venir meno di una o due unità di lavoro in una microimpresa ha dunque una ripercussione veramente notevole sul ciclo produttivo. Il titolare, quindi, non è che non ha interesse ad aumentare i livelli di sicurezza nella sua azienda, però per stare a qualche proposta operativa mi ricollego a quello che diceva il collega della Confindustria. Uno dei problemi principali che riscontriamo è trovare un’uniformità di azioni e procedure da parte dei vari organi di controllo. Questo sarebbe auspicabile perché è vero che le leggi ci sono – credo che questo Paese abbia un’overdose legislativa – però poi ognuno le interpreta a modo suo. Sarebbe importante avere un verbale di ispezione unificato e fare in modo che tutti questi soggetti si integrino tra loro. È uscita un’importantissima normativa all’inizio del 2012 sulla decertificazione, per cui se lo Stato dispone di un documento da qualche parte nel Comune di L’Aquila l’impresa Di Costanzo non lo deve riprodurre perché la pubblica amministrazione ne è già in possesso. Se la forestale si è già recata per i controlli, non si può poi tre giorni dopo ricevere una nuova ispezione.

PRESIDENTE
Dato che questo può diventare un leitmotiv, sarebbe opportuno entrare nello specifico per cercare di capire quali sono le aziende che vengono vessate.

NEROZZI
C’è una piccola differenza tra lei, gli artigiani e i coltivatori diretti. Lei parla a nome dei suoi dipendenti che muoiono o che si infortunano. Quando parlano loro parlano dei propri soci, artigiani e coltivatori diretti che muoiono. Allora, cosa c’entra questo con la giusta semplificazione che va fatta? Questo è un leitmotiv che ascoltiamo in tutte le Regioni.
Ora, se le cose non funzionano, non è perché si risparmia sul dipendente, ma per un altro motivo, perché muore l’addetto, non il dipendente. Si tratta di due cose totalmente diverse. Non mettiamo insieme cose che non sono collegate. La semplificazione va benissimo, ma questo non esclude che l’artigiano muoia perché non ci sono i sistemi in ordine, perché non è preparato dal punto di vista dei dati della sicurezza, perché nessuno lo aiuta a fare prevenzione. È molto più onesto chiedere, visto che siamo in una situazione di distrazione, com’è vero, che le banche e lo Stato ci aiutino. È molto più onesto che mettere su una cosa che non sta in piedi.

DI COSTANZO
Senatore, in questo breve intervento volevo arrivare alle tre cose che riteniamo importanti. Non so se l’INAIL l’abbia detto, ma noi abbiamo notato con le nostre rilevazioni che la frequenza degli infortuni cresce nei primi periodi di lavoro. Proprio perché dobbiamo avere dipendenti più formati e artigiani più consapevoli le dico – qui ci sono colleghi che lavorano nei cantieri edili – che, a volte, si fa fatica ad imporre il casco con il caldo. Questa è esperienza di vita vissuta, non tesi di libri. Sarebbe molto importante per le microimprese che stanno attraversando un momento di fortissima difficoltà che ci fosse non solo un’organizzazione dei controlli in modo da non avere cinque persone che interpretano le misure di sicurezza in cinque modi diversi ma in uno solo, ma anche un aiuto e un incentivo alle imprese che oltre ad adeguarsi alle norme di legge, vogliono fare della sicurezza un fattore determinante nella competitività. Qualcuno può anche decidere di andare oltre, non limitandosi solo a rispettare i termini di legge: potrei decidere di voler competere con aziende che fanno della sicurezza uno degli elementi importanti, come altre aziende lo fanno del rispetto ambientale. Del resto, se accade un infortunio aumenta il premio INAIL, ma sorgono anche altri problemi considerato che, ad esempio, un infortunio in un’azienda di 5 dipendenti corrisponde al 20 per cento di forza lavoro in meno. Dovremmo ragionare in termini di modernità. Anche io concordo con l’ipotesi di potenziare gli enti bilaterali sia in edilizia che nell’artigianato, che sono momenti straordinari di coesione tra il mondo dei lavoratori e quello datoriale per creare più formazione, più consapevolezza e cultura della sicurezza al fine di avere, oltre alle ispezioni, un vero abbattimento di questo fenomeno.

CIONI
Apprezziamo in maniera particolare questa metodologia di ascoltare anche a livello locale le parti sociali. Lo dico perché siamo convinti che possa essere un tornare a riavvicinarsi del sistema della rappresentanza istituzionale con il territorio e i cittadini. Questo non sempre accade; anzi, è un fatto abbastanza raro e questo dovrebbe indurre le istituzioni a guardare con ancora maggiore attenzione. Lo dico in una giornata particolare e lo segnalo affinché resti negli atti parlamentari: in questa giornata il ministro Barca, in visita nella nostra città, non ha inteso ricevere ed essere interlocutore attivo della nostra categoria. Questo lo poniamo sul tavolo locale e nazionale. Abbiamo inviato già una nota al Ministro, al Presidente del Consiglio dei ministri e anche alle altre cariche istituzionali dello Stato. Detto questo, sul nostro settore commercio, turismo e servizi fortunatamente abbiamo meno criticità rispetto a chi mi ha preceduto e che ovviamente conosce molto meglio, purtroppo, realtà problematiche. Noi abbiamo recentemente, anche a livello nazionale, sottoscritto un protocollo di intesa con il Ministero dell’interno in tema di sicurezza e stiamo lavorando, come dicevano molto bene i colleghi che mi hanno preceduto, in ambito bilaterale. Riteniamo che questa modalità possa dare un contributo determinante alla riduzione e al contrasto dei fenomeni di cui vi occupate con grande attenzione e per questo vi ringraziamo.
L’altro aspetto che sottoponiamo all’attenzione è l’approccio culturale. Non è un fatto solo di norme e procedure. Che mondo del lavoro, mondo sindacale e istituzioni investano insieme credo sia opportuno proprio per facilitare anche processi di crescita rispetto a questo argomento, magari servendosi anche dei centri di assistenza tecnici (CAT) presenti sul territorio, che potrebbero sicuramente essere terminali di questo lavoro di formazione e informazione che possiamo dare anche a tutto il mondo delle imprese, partendo ovviamente dalle micro e piccole aziende che noi tentiamo di rappresentare.
Forse proprio a causa di quello che è stato ricordato in precedenza, ovvero per il fatto di avere una partecipazione diretta e personale, tali aziende possono essere stimolate a diventare ancor più consapevoli dell’importanza della sicurezza sul lavoro, a cui certamente nei prossimi anni verrà dedicata una crescente attenzione.

PRESIDENTE
Il nostro audito ha toccato un tema che non è all’ordine del giorno dell’incontro odierno, ma che non possiamo non recepire: egli ha infatti riferito che il ministro per la coesione territoriale Barca non ha inteso ricevere la loro categoria: vorrei sapere in che contesto ciò è avvenuto e quali categorie sono state ricevute.

CIONI
Nella mattinata di oggi il Ministro riceverà i rappresentanti delle istituzioni e nel pomeriggio incontrerà la Confindustria e i sindacati. Dunque, né la Confcommercio, né la Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA), né la Confesercenti, né la Casartigiani sono state ascoltate.

NEROZZI
Dunque non sono state ascoltate le organizzazioni che compongono R.ETE. Imprese Italia.

PALOZZO
Anche la Coldiretti desidera ringraziare la Commissione d’inchiesta del Senato per averci offerto l’opportunità di confrontarci e di far conoscere le problematiche che affrontiamo quotidianamente. I membri della Commissione conoscono benissimo le criticità del settore agricolo, molte delle quali sono state riportate nella relazione intermedia sull’attività della Commissione d’inchiesta. In particolare ho avuto l’occasione di approfondire le pagine della relazione dedicate al settore agricolo.
Quello agricolo si differenzia dagli altri settori per il numero elevato di imprese presenti: in Abruzzo sono presenti oltre 66.000 imprese e, sebbene vi sia stata una riduzione del numero di aziende pari a poco più del 13 per cento rispetto al 2000, sono aumentate sia la superficie agricola utilizzata, sia quella totale: ciò significa che è incrementata anche la superficie media aziendale. Negli ultimi anni, in agricoltura si è riscontrata una presenza di lavoratori stagionali e immigrati. L’agricoltura è inoltre caratterizzata dal fatto che la maggior parte dei lavori vengono svolti all’aperto, dalla presenza di una notevole diversificazione produttiva, che comporta anche una diversificazione del rischio sul territorio, dall’anzianità degli operatori e dalla dislocazione delle aziende in zone collinari e montane, che deriva dall’orografia tipica della nostra Regione. Gli operatori dell’agricoltura sono quindi esposti quotidianamente ad un susseguirsi di rischi di natura fisica, chimica e biologica.
Quasi sempre, il proprietario dell’azienda coincide con il lavoratore, tanto che il 96 per cento delle aziende agricole è a conduzione diretta. Il settore agricolo ha da sempre richiesto una particolare semplificazione di alcuni adempimenti – non di tutti – proprio a causa delle sue peculiari caratteristiche. A tal proposito abbiamo accolto a braccia aperte la norma, pur arrivata con quattro anni di ritardo, contenuta nel decreto ministeriale del 16 gennaio 2012, con cui si considerano assolti gli adempimenti in materia di sorveglianza sanitaria per accertare l’idoneità del lavoratore a svolgere determinate mansioni e quelli relativi all’informazione e alla formazione del lavoratore, con la consegna a ciascun lavoratore di una documentazione certificata dalla ASL o dalle stesse organizzazioni rappresentative.
Abbiamo predisposto un programma di attività condiviso da tutte le organizzazioni agricole, che è stato inviato il 2 febbraio ai tre assessorati competenti in materia, ovvero quelli al lavoro, alla sanità e all’agricoltura. Tale programma prevede una suddivisione dei compiti e dei ruoli da parte delle istituzioni e, ovviamente, da parte nostra. Ci auguriamo dunque che esso venga recepito, proprio per ciò che contiene e, se alla Commissione può interessare, possiamo consegnarne una copia. Ricordo infatti che esso è finalizzato alla riduzione degli infortuni in agricoltura, al miglioramento dei luoghi di lavoro, all’adeguamento delle macchine agricole e al controllo periodico del loro stato di manutenzione. Di recente abbiamo anche sottoscritto un accordo per l’adeguamento e il controllo delle macchine agricole, che ha coinvolto tutte le associazioni dell’agricoltura e dell’artigianato. È la prima volta che accade un fatto del genere. L’iniziativa sta già dando i suoi primi frutti, a livello di sensibilizzazione degli operatori sul territorio; questo costituisce un fatto molto importante. Anche in questo caso abbiamo previsto una suddivisione dei compiti e dei ruoli tra i vari firmatari dell’accordo.
Approfittiamo dunque dell’odierna audizione per formulare alcune proposte, che riteniamo importanti. Innanzitutto riteniamo che tutte le provvidenze concesse dovrebbero mirare a favorire gli investimenti per la sostituzione e l’adeguamento dei macchinari agricoli. Dunque, almeno il 90 per cento delle risorse disponibili dovrebbero essere finalizzate a tale obiettivo, mentre il restante 10 per cento dovrebbe essere indirizzato alla formazione e alla divulgazione, per diffondere comportamenti che favoriscano la sicurezza sul lavoro. Per quel che riguarda gli incentivi, essi dovrebbero essere erogati in conto interessi e non più in conto capitale, per ottenere un diverso coinvolgimento degli imprenditori agricoli e per favorire la rottamazione delle macchine ritenute da tutti ormai obsolete.
Sarebbe pertanto auspicabile la riduzione del tasso di interesse a carico dell’impresa agricola all’1 per cento o, al massimo, al 2 per cento. Proponiamo inoltre degli sgravi fiscali per chi sostituisce e/o adegua le macchine o le attrezzature agricole, con la semplificazione di tutte le procedure connesse alla presentazione delle domande: a volte tali procedure scoraggiano infatti l’investimento.
Per quel che riguarda l’INAIL, auspichiamo che fin dai prossimi bandi per la concessione di risorse finalizzate al miglioramento della sicurezza sul lavoro venga assicurata la tenuta del sistema informatico, che non sempre si è verificata: ricordo infatti che, in occasione dell’ultimo bando, dopo 30 minuti dall’apertura dello sportello era già esaurito il 95 per cento della somma stanziata e dunque, su 19.410 ditte richiedenti, sono state ricevute solo 1.438 domande, fino alla copertura dei 60 milioni di euro stanziati. Occorre dunque prevedere dei finanziamenti per almeno 500-600 milioni di euro all’anno, per un quinquennio, mentre, come ricordavo in precedenza, per l’ultimo bando è stata stanziata la cifra di 60 milioni di euro. Sappiamo che l’INAIL ha stanziato 778 milioni di euro per un quadriennio, così distribuiti: 60 milioni di euro per il 2010, 180 milioni di euro per il 2011, 225 milioni di euro per il 2012 e 280 milioni di euro per il 2013. Il prossimo bando prevede però lo stanziamento di soli 60 milioni di euro in luogo dei 180 milioni di euro previsti: c’è dunque qualcosa che non sta funzionando come dovrebbe.
Occorre inoltre prevedere diverse modalità di attuazione del bando stesso, definendo possibilmente le risorse destinate ad ogni attività – questo per noi è importante – per evitare che l’agricoltura continui ad essere penalizzata, come è stato sino ad ora: lo dico anche alla presenza dei colleghi rappresentanti di altre categorie. Per evidenziare questo aspetto desidero fare un esempio: l’industria manifatturiera e quella delle costruzioni hanno utilizzato rispettivamente il 42 per cento e il 21 per cento delle risorse messe a disposizione dall’ultimo bando. Ciò è accaduto perché il settore dell’agricoltura è sottoposto alla cosiddetta regola del de minimis, come viene spesso ricordato nella relazione intermedia della Commissione d’inchiesta, e dunque il finanziamento per ciascuna azienda agricola non può superare i 7.500 euro attuali. In precedenza il limite era stato aumentato a 15.000 euro, ma dal 1º aprile del 2011 il limite è tornato a 7.500 euro e ciò impedisce di effettuare adeguati investimenti nel settore.
Ritornando all’auspicabile finanziamento in conto interessi, sarebbe opportuno che esso venisse erogato con un coinvolgimento delle cooperative di garanzia: con un moltiplicatore adeguato si possono davvero incentivare certi tipi di investimenti. Tutte le risorse destinate alla sostituzione e/o all’adeguamento delle macchine e delle attrezzature agricole – siano esse statali, regionali, messi a disposizione dall’INAIL o da altri soggetti – inoltre, non dovrebbero essere più considerate all’interno del regime del de minimis, proprio per evitare che il settore venga penalizzato: condividiamo dunque la proposta rivolta dalla Commissione ai Ministeri competenti. Chiedo infine di poter consegnare agli atti la documentazione di cui dispongo.

PRESIDENTE
Ricordo che stiamo effettuando delle trattative con la Commissione europea, per far capire loro che questo non è un modo per concedere un aiuto improprio ed aggirare le regole sulla concorrenza, ma è una misura finalizzata solo ed esclusivamente a migliorare la sicurezza sul lavoro e a mettere a norma i macchinari utilizzati. Questo concetto dovrebbe passare: i nostri rappresentanti al Governo, dopo un dibattito durato molto a lungo, alla fine si sono convinti ed ora è in corso una interlocuzione con la Commissione europea. Speriamo che la Commissione si convinca, altrimenti ci recheremo da loro per protestare.

RIMINATO
Desidero innanzitutto ringraziare la Commissione d’inchiesta del Senato per la sensibilità dimostrata a livello istituzionale. È particolarmente complicato intervenire dopo il collega Palozzo, ma ci tengo a sottolineare due o tre fattori che riteniamo di particolare importanza. Nel settore dell’agricoltura, le associazioni di categoria hanno saputo impostare un tavolo di confronto, che si è ormai consolidato nel corso degli anni. La più importante difficoltà incontrata resta quella di sensibilizzare i nostri soci, le aziende e i loro titolari, ancor prima del personale dipendente, sul tema degli infortuni sul lavoro. Com’è stato ricordato in precedenza, l’Abruzzo è una Regione virtuosa, dal momento che è tra le Regioni italiane che registrano un significativo decremento del numero degli infortuni sul lavoro negli ultimi due o tre anni. L’incidenza degli infortuni in tutti i settori produttivi e infatti diminuita dell’1,6 per cento. Si tratta di un dato che abbiamo rilevato in occasione dell’incontro odierno e che evidenzia l’interesse per questo tema da parte delle associazioni di categoria, che gestiscono i rapporti con i singoli imprenditori.

PRESIDENTE
È vero che c’è una tendenza alla riduzione del numero degli infortuni, ma vi invito a prendere in considerazione i dati relativi al 2011, per quanto ufficiosi. Come sapete, l’INAIL pubblica nel mese di luglio i dati relativi all’anno precedente.

RIMINATO
Facevo infatti riferimento ai dati del 2010.

PRESIDENTE
Abbiamo anche i dati ufficiosi dell’INAIL per il 2011, che ci sono stati comunicati questa mattina dai rappresentanti dell’INAIL regionale. Secondo questi dati, il numero dei morti per incidente sul lavoro, che nel 2010 era pari a 28, nel 2011 è arrivato a 32.

CIONI
Nel 2010 c’è stata una riduzione.

PRESIDENTE
Avevamo dei dati pesanti: gli infortuni mortali nel 2006 sono stati 40, nel 2007 sono stati 28, nel 2008 e nel 2009 sono stati 37 e nel 2010 sono stati 28. Il numero dei decessi, dunque, da 28 nel 2010, aumenterà almeno a 32 nel 2011, se tutto va per il meglio, perché ancora non abbiamo i dati definitivi. Si tratta comunque di un trend che si registra anche a livello nazionale.

NEROZZI
Bisogna inoltre calcolare la diminuzione delle ore lavorate.

RIMINATO
Va inoltre considerato l’impiego di manodopera che sovente non è qualificata.
Ringrazio dunque il Presidente per la precisazione, anche perché sono propri i dati a fornirci degli importanti elementi di valutazione, sebbene non sempre corrispondano alla fotografia della realtà. In precedenza è già stato fatto riferimento agli accordi e alle convenzioni con le altre associazioni di categoria, per offrire un’ulteriore tutela, attraverso la verifica dei macchinari e il ripristino o la sostituzione di quelli obsoleti. In uno di questi tavoli di confronto è stata fatta una riflessione importante relativa all’incidenza degli infortuni tra i lavoratori anziani. Sovente vediamo infatti degli agricoltori che hanno raggiunto una certa età, ma che sono ancora attivi nella coltivazione dei propri campi e che utilizzano macchinari inadeguati, che forse dovrebbero essere rottamati. Purtroppo questo fatto è foriero di incidenti ed ha un’incidenza altissima sul numero degli infortuni, che spesso coinvolgono in prima persona i titolari delle aziende agricole.
Inoltre, la formazione del personale e degli stessi agricoltori è utile per limitare il fenomeno degli infortuni e va fatta nella maniera più semplice possibile, organizzando dei corsi di formazione ulteriori rispetto a quelli contemplati dalla norma e producendo appositi opuscoli. A questo proposito desidero consegnare alla Commissione la documentazione di cui dispongo.
Dal momento che deve intervenire anche il rappresentare della CIA (Confederazione Italiana Agricoltori), in un settore di sua maggior specifica competenza, penso che le osservazioni che vi ho rappresentato fin qui possano essere sufficienti.

RUBEI
Signor Presidente, i miei colleghi hanno già anticipato molti dei problemi riguardanti il nostro settore ed in particolare il signor Palozzo ha fatto riferimento a documenti unitari e ad attività che svolgiamo assumendoci l’onere di proporre formazione e consulenza alle aziende agricole, al di là degli altri settori, dove invece c’è un interesse reciproco, quindi con quei comitati bilaterali che sostanzialmente non abbiamo.
Facciamo formazione, ma non a tutti gli agricoltori, bensì limitatamente agli imprenditori che assumono la manodopera, ovviamente per una questione di finanziabilità di tali iniziative.
Con riferimento allo stesso datore di lavoro, che dovrebbe informare gli operai, la semplificazione è un’ottima cosa, anche se mi sembra un problema, dal momento che oggi non si fa formazione da parte del datore di lavoro nei confronti del proprio operaio agricolo, anche per motivi oggettivi, legati alla frequente difficoltà di comprenderne la lingua e di rappresentare i problemi legati all’uso delle attrezzature ed alle attività svolte nell’azienda. Questi limiti ci impediscono dunque di far crescere la consapevolezza della necessità di sicurezza nelle aziende agricole.
Stamattina i nostri tecnici sono impegnati con il servizio prevenzione dell’ASL di L’Aquila, la quale ha avviato un percorso di controllo sulla sicurezza delle macchine e delle attrezzature nelle aziende agricole, come aveva già fatto per spot nel 2011, ma come farà in maniera più organica nel 2012. Proprio con l’ASL vorremmo costruire un rapporto di collaborazione, per evitare che l’ennesimo ente censore e sanzionatore entri nelle aziende agricole dalla sera alla mattina portando solo ulteriori costi.
Siamo quindi impegnati su questo fronte, ma la necessità di fare qualcosa per il settore è lasciata alla nostra volontà. Sta per essere varata la misura relativa alla consulenza sul piano di sviluppo rurale della Regione Abruzzo, che è stata fortemente sforbiciata. Come confederazione, ci stiamo preoccupando però di inserire pacchetti che abbiano al primo posto non solo la condizionalità – perché ce lo chiede l’Unione europea – ma anche la sicurezza sul lavoro. Si tratta però di uno sforzo che dobbiamo cercare di compiere tutti insieme.
Ricollegandomi ai suggerimenti formulati dal collega Palozzo della Coldiretti, sottolineo a mia volta che quelle espresse sono le linee da adottare: più finanziamenti, più formazione e informazione e più coinvolgimento bilaterale dei diversi soggetti. Mi sento invece di esprimere un suggerimento riguardo i passaggi di proprietà dei mezzi agricoli usati, che oggi passano attraverso un’autorizzazione. Per i mezzi agricoli non abbiamo l’iscrizione al PRA, ma vi è il solo coinvolgimento della motorizzazione: quando però subiscono un trasferimento di proprietà, questo avviene nelle condizioni in cui si trovano, indipendentemente dal fatto che siano conformi o meno alle norme sulla sicurezza. Dovremmo pertanto cominciare a stabilire vincoli nell’ambito di tali passaggi di proprietà, stipulati soprattutto tra privati, attraverso la motorizzazione. Il passaggio di proprietà potrebbe già essere un elemento di verifica, ma anche di deterrenza dall’investimento in un mezzo agricolo che non presenta caratteristiche rispondenti alle norme di sicurezza. Ecco quanto mi sento di suggerire in aggiunta a ciò che ha già sottolineato il collega Palozzo poc’anzi.

NEROZZI
Abbiamo riscontrato un’anomalia nei dati concernenti le malattie professionali, in particolare quelle ossee, che presentano un aumento di molto al di fuori della norma (da 2.000 a 3.000 denunce) in due province, Chieti e Pescara, e le motivazioni addotte non si sono rivelate del tutto convincenti. Nella discussione sono venute fuori due ipotesi, delle quali non è necessario esplicitare la paternità, una relativa al settore dell’agricoltura, l’altra – che però escluderei, perché riguarda due grandi fabbriche che conosco bene – alla grande industria.

D’AMICO
In quella zona molti operai fanno anche gli agricoltori.

NEROZZI
Sarebbe interessante comprenderne il motivo, perché se si tratta di un problema reale, la situazione è grave, mentre se non lo è, sarebbe meglio non farlo.

RUBEI
Signor Presidente, desidero solo fornire uno spunto di riflessione per quanto riguarda il settore agricolo: l’agricoltore è rassegnato ad incappare in problemi fisici, perché svolge un lavoro che comporta sforzi enormi, che provocano una serie di complicazioni. In passato, essendo stato dato per scontato tale tipo di inconveniente, non ci si è mai posti il problema del diritto ad un’indennità.

PRESIDENTE
Lo abbiamo compreso benissimo stamattina.

RUBEI
Per quanto riguarda la Provincia di Chieti, so che invece la nostra confederazione e il nostro patronato in particolare hanno lavorato molto per far emergere tali situazioni.

PRESIDENTE
È palese questo fatto.

NEROZZI
Fatelo con grazia, però.

PRESIDENTE
Ringraziando i nostri ospiti per il contributo fornito ai nostri lavori, dichiaro conclusa l’audizione.