SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Martedì 21 febbraio 2012

Audizioni svolte presso prefettura di Campobasso

Presidenza del presidente TOFANI

 

Audizione del vice prefetto vicario di Campobasso
Audizione degli assessori alla sanità e alle politiche sociali e allo sviluppo economico e alle attività produttive della Regione Molise
Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Campobasso
Audizione del direttore dell’ufficio regionale dell’INAIL, del direttore dell’ufficio regionale del lavoro e dei direttori del dipartimento unico di prevenzione e della struttura complessa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’ASREM
Audizione del comandante della legione Carabinieri Molise, dei responsabili territoriali del Nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di Campobasso e Isernia e del direttore regionale dei Vigili del fuoco
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole


Audizione del vice prefetto vicario di Campobasso

Interviene il vice prefetto vicario di Campobasso, dottoressa Paola Galeone.

PRESIDENTE
È oggi prevista, tra le altre, l’audizione del vice prefetto vicario, dottoressa Paola Galeone.

GALEONE
Signor Presidente, sia io che il prefetto, che per motivi personali non potrà essere presente, le rivolgiamo un caloroso saluto. Noi abbiamo dei dati che vengono dal rapporto annuale dell’INAIL del 2010. Benché questo non ci consenta di essere sereni perché a livello di prevenzione dobbiamo essere sempre attenti, la situazione della Regione Molise è rassicurante. Addirittura nella Regione Molise abbiamo un dato in controtendenza: una regressione dell’infortunistica sia nell’industria che nell’agricoltura. Se nell’industria questa regressione potrebbe anche leggersi come un calo occupazionale o legata a una recessione di carattere economico, sicuramente questo dato è letto positivamente nell’agricoltura, dove invece sono rimasti molto alti i livelli. Per quanto riguarda gli eventi lesivi a carico di dipendenti pubblici anche qui abbiamo una regressione. La maggior parte degli infortuni sono accaduti sui luoghi di lavoro e in misura minore nel tragitto per raggiungere il posto di lavoro. Il nostro dato riguarda l’intera Regione Molise (sia la zona di Campobasso che quella di Isernia), anche se il decremento è intorno al 9,3 per cento per la Provincia di Campobasso e del 7,7 per cento per la Provincia di Isernia. Anche per quanto riguarda i dati infortunistici che riguardano i lavoratori stranieri abbiamo una stabilità del fenomeno e addirittura per l’anno 2010 non si è registrato alcun caso mortale. Una particolarità invece che viene evidenziata rientra nel campo delle malattie professionali, dove effettivamente abbiamo un grande incremento dovuto al fatto che alcune malattie, quelle di origine tecnopatica che derivano dall’uso del computer e relative, per esempio, al tunnel carpale, prima non erano previste nello schema delle malattie professionali. Quindi è essenzialmente questo che ha provocato un aumento percentuale del 64 per cento nel 2010 rispetto al 2009. La maggioranza si riscontra nelle industrie e solo una piccola percentuale nell’agricoltura.
Con le ispezioni effettuate nel 2011 presso i cantieri edili, abbiamo visto che su 306 risultano irregolari 297. Queste irregolarità riguardano il mancato pagamento del contributo nella giusta maniera e il numero dei lavoratori in nero che è pari a 193. Si tratta sempre di numeri molto compressi e limitati: se paragoniamo il Molise ad altre realtà sicuramente vi verrà sempre detto ed evidenziato che il Molise è un’isola felice ma, proprio per questo, molto si potrà ancora fare nell’ambito della prevenzione perché nell’ambito dei cantieri non dovremmo leggere il dato per cui su 306 cantieri 297 presentano irregolarità. Noi come prefettura abbiamo un gruppo di lavoro e, quindi, anche di controllo sugli appalti per verificare nei vari cantieri la manovalanza. Ora stiamo cercando, proprio perché abbiamo letto questo dato, di attuare un gruppo interforze, che avevamo anche a Taranto da dove provengo, proprio sulla sicurezza del lavoro, di modo che l’INPS e l’INAIL vadano contemporaneamente sul cantiere. In questo modo colui che viene controllato subisce un intralcio minore perché si effettua un controllo completo – a volte si è rischiato ogni giorno un controllo – e si ha un quadro chiaro e a 360 gradi.

PRESIDENTE
Quanti abitanti ha complessivamente la Regione?

GALEONE
Meno di 600.000.

PRESIDENTE
Mi serviva questo dato per rapportarlo a questi numeri.
Rivolgiamo anche noi un saluto al signor prefetto, che per motivi di natura personale non è potuto intervenire.

Audizione degli assessori alla sanità e alle politiche sociali e allo sviluppo economico e alle attività produttive della Regione Molise

Intervengono l’assessore alla sanità e alle politiche sociali della Regione Molise, dottor Filoteo Di Sandro, accompagnato dal direttore del servizio prevenzione veterinaria e sicurezza alimentare, dottor Mario Di Muzio, e l’assessore allo sviluppo economico e alle attività produttive della Regione Molise, dottor Michela Scasserra, accompagnato dal funzionario della direzione generale regionale lavoro con delega per il comitato regionale di coordinamento in materia di sicurezza del lavoro, dottor Ferdinando Manna.

PRESIDENTE
La Commissione parlamentare d’inchiesta che qui rappresentiamo è in Molise per adempiere ad un piano di lavoro che si è data e che mira ad avere un incontro in tutte le Regioni d’Italia, in primis con i rappresentanti delle Regioni stesse e, quindi, con le altre forze istituzionali e sociali per capire come si sta attuando la nuova normativa relativa alla prevenzione e alla tutela della salute sui luoghi di lavoro. Parliamo del Testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008 e, per quanto riguarda in modo particolare la Regione, del ruolo che il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2007 le affida quale soggetto di coordinamento di tutte le attività alle quali ho fatto riferimento. Vi chiediamo cortesemente di darci degli elementi su questi punti e su altri argomenti che doveste ritenere opportuno trattare.

DI MUZIO
Questo è un settore su cui l’assessorato alla sanità e al lavoro hanno lavorato tradizionalmente di concerto seguendo insieme una serie di attività. Sul territorio operano l’azienda sanitaria locale e gli altri soggetti previsti dalle normative, INAIL in primis. Ultimamente c’è stato un riassetto delle attività svolte a seguito di una serie di innovazioni legislative intercorse, alle quali progressivamente stiamo adeguando sia l’organizzazione e il coordinamento dei vari soggetti che operano sia le linee di intervento. Per quanto riguarda queste ultime, in attuazione di quanto definito a livello nazionale con riferimento al decreto legislativo n. 81 del 2008 e agli accordi Stato-Regioni, l’anno scorso con una delibera abbiamo approvato il piano per la prevenzione in agricoltura e selvicoltura. Siamo in fase di redazione finale del piano per la prevenzione degli infortuni nel comparto delle costruzioni. Abbiamo approvato il piano regionale della prevenzione, che rientra tra le attività concordate con il Governo e con le altre Regioni in attuazione dell’intesa Stato-Regioni del 29 aprile 2010, nell’ambito del quale sono state individuate due linee d’intervento riferite all’area della prevenzione degli infortuni e delle patologie lavoro correlate nel comparto delle costruzioni e a quella dell’informazione e della formazione sul lavoro, in particolare in agricoltura.
Quest’ultima, insieme all’edilizia, rientra tra i settori più critici per la nostra realtà produttiva. Adesso stiamo ridefinendo le modalità d’intervento sul territorio in attuazione delle nuove indicazioni sia di questi accordi Stato-Regioni che del decreto legislativo n. 81 del 2008. Recentemente è stato ricostituito il comitato regionale di coordinamento di cui il dottor Manna svolge le funzioni di segreteria.

MANNA
L’8 febbraio scorso è stato rinnovato, con decreto del presidente della Giunta del 27 febbraio di questo anno, il comitato regionale, previsto dall’articolo 7 del decreto legislativo n. 81 del 2008. La ricostituzione è stata notificata a tutti i rappresentanti nominati dai vari enti competenti in materia e alle organizzazioni sindacali e, a breve, con il presidente Iorio, che è anche il presidente del comitato, si provvederà ad insediare il comitato regionale.

PRESIDENTE
Come mai è stato rinnovato?

MANNA
Ci sono state le elezioni regionali e poiché il comitato regionale ha durata quinquennale, dopo le elezioni dell’ottobre scorso si è provveduto al rinnovo.

PRESIDENTE
Può darci qualche cenno dell’attività precedente del comitato?

MANNA
Ha riguardato, in particolare, iniziative per la diffusione della cultura della sicurezza sul lavoro. Abbiamo approvato dei progetti di formazione previsti dall’articolo 11 del decreto legislativo n. 81, finanziamenti per l’attività di formazione e diffusione della cultura della sicurezza, iniziative nel campo della diffusione della cultura della sicurezza, quali la «Settimana europea per la sicurezza e la salute sul lavoro», promossa dall’Agenzia europea di Bilbao. Annualmente organizziamo manifestazioni in varie città del Molise, in collaborazione con le organizzazioni sindacali, l’ex ISPESL, l’INAIL e le direzioni regionali del lavoro.

PRESIDENTE
Su questo aspetto vi chiediamo una maggiore collaborazione, perché il comitato regionale di coordinamento è l’unico strumento di coordinamento vero e proprio sul territorio. Non a caso il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri (DPCM) del 21 dicembre del 2007, che lo ha istituito, definisce tutti i soggetti che ne devono far parte, al fine di creare un organismo capace di programmare le attività, di studiare le criticità e di rappresentare il luogo in cui viene compiuta una sintesi, attraverso un processo di attività che riguarda l’intera Regione. La normativa arriva addirittura a stabilire quando devono essere svolte le riunioni di tale organismo, prevedendo che vengano effettuate ogni tre mesi, anche se ovviamente tale termine non è perentorio.
Il legislatore ha dunque voluto porre l’attenzione su questi passaggi importanti e ha stabilito che ogni anno va inviata una relazione ai Ministeri del lavoro e della previdenza sociale e della salute. Desidero evidenziarlo, perché stiamo notando invece un grande scollegamento e questo è uno dei motivi della nostra presenza nelle varie Regioni italiane. Per questo motivo stiamo chiedendo ai colleghi che rappresentano le istituzioni regionali di dedicare particolare attenzione a questi passaggi. In Molise è possibile che la situazione sia di più facile gestione, trattandosi di una Regione più piccola, ma in realtà territoriali medio-grandi a volte si crea un vuoto, che in qualche modo viene ricoperto dal prefetto, il quale crea dei coordinamenti presso le prefetture. Questo fatto è giusto e ci fa piacere, ma dobbiamo fare in modo che la legge venga applicata nel suo contenuto effettivo, per cui è bene che i soggetti istituzionali abbiano il ruolo che compete loro. Non conosciamo in dettaglio cosa sia accaduto nel periodo che va dal 2008 al 2011 nella vostra Regione e pertanto sarebbe interessante che ci illustraste cosa è stato compiuto in questi anni.

MANNA
Ricordo che è stata avviata anche l’attività degli organismi provinciali.

PRESIDENTE
Ciò costituisce una conseguenza diretta.

MANNA
Insieme al dottor Di Muzio, dirigente del servizio competente, e all’assessore Di Sandro abbiamo anche iniziato un’attività nel campo dei cosiddetti spazi confinati, di cui sono state redatte specifiche relazioni.

PRESIDENTE
Su questo tema c’è stata un’indicazione precisa da parte del Ministero del lavoro e della previdenza sociale.

MANNA
L’attività è stata avviata in collaborazione con la direzione regionale del lavoro. Ora stiamo mettendo insieme tutte le relazioni, per poi relazionare in modo definitivo su questo tema.

PRESIDENTE
Questo è uno motivi dell’incontro odierno. Quando concluderemo la nostra attività di inchiesta – verosimilmente ciò dovrebbe accadere al termine della legislatura, cioè tra un anno circa, se arriverà fino alla scadenza del suo mandato – daremo anche alcune indicazioni molto forti, perché abbiamo colto una serie di criticità, che vanno in qualche modo eliminate. È vero che ci sono dei dati confortanti nella Regione, che testimoniano un trend decrescente, sia per quanto riguarda gli infortuni mortali, sia per quanto riguarda gli infortuni in generale, ma bisogna tener conto anche della quantità di ore lavorate, visto che siamo in una fase di crisi. Vanno dunque considerati tutti gli elementi.
Esiste quindi una tendenza di questo tipo, presente anche nelle altre Regioni, con la sola differenza che nelle altre Regioni la percentuale dei decessi sul lavoro non mi sembra stia scendendo. Non abbiamo ancora i dati ufficiali, perché l’INAIL li pubblica a luglio, ma dalle anticipazioni in nostro possesso il numero degli incidenti mortali sul lavoro, nel 2011, dovrebbe essere lo stesso dell’anno precedente, e dovrebbe dunque attestarsi intorno ai 1.000. Questo significa che le istituzioni, e in particolare lo Stato e le Regioni, devono capire come colmare al meglio le lacune e come operare politiche attive specifiche, per dare un taglio netto a questo fenomeno, che produce effetti devastanti dal punto di vista sociale. Ogni anno in Italia si verificano circa 750.000 incidenti, che cagionano il numero di decessi ricordato in precedenza. Ciò produce un grande danno sociale ed economico e costituisce un problema complesso, che si riverbera su una serie di realtà.
Si tratta però di un dato imperfetto, perché i dati dell’INAIL considerano solo ciò che emerge: ci sono infatti anche gli infortuni che avvengono in una «fascia di lavoro grigio» e in una «fascia di lavoro nero», che non sono completamente definibili e che rendono il dato effettivo più elevato di quello registrato. Ecco perché il Parlamento si è dotato di una Commissione d’inchiesta, che cerca di svolgere il proprio ruolo anche dialogando con gli interlocutori istituzionali presenti sul territorio, affinché vi sia ancora maggiore attenzione su questo tema.

DI SANDRO
Desidero innanzitutto giustificare l’assenza del Presidente della Regione, dottor Iorio, che era impegnato a Milano e che dovrebbe essere rientrato da poco in Molise, visto che nel corso della mattinata si riunirà il Consiglio regionale.
L’assessore Scasserra ed io stiamo svolgendo una nuova esperienza all’interno dell’esecutivo regionale, perché abbiamo assunto solo da un paio di mesi le deleghe in materia di sanità e politiche sociali e di attività produttive, e dunque siamo ancora in una fase di conoscenza delle varie problematiche. Come è stato ricordato dai nostri funzionari e dirigenti, la Regione Molise è particolarmente attenta al tema della sicurezza. Nel periodo in cui ricoprivo l’incarico di assessore alle politiche del lavoro abbiamo svolto un’attività importante sul tema del lavoro sommerso. Dunque cerchiamo di prestare attenzione a tale problema e alla tutela dei lavoratori, per cercare di attenuare il fenomeno degli infortuni sul lavoro.
Insieme all’associazione degli industriali stiamo portando avanti dei progetti di formazione, destinati sia ai datori di lavoro, sia ai dipendenti. Credo che questo sia un fatto importante – di cui potrà parlare in modo più approfondito l’assessore Scasserra – perché l’associazione degli industriali ha un proprio ente di formazione, che svolge una serie di attività formative, con il supporto della Regione. Credo dunque che l’incontro odierno sia molto utile e che ci solleciti a fare sempre meglio e a concedere maggiore attenzione al fenomeno degli infortuni. Desidero infine lasciare agli atti della Commissione un documento scritto in materia.

SCASSERRA
Desidero ringraziare la Commissione per l’invito odierno: come anticipato dal collega assessore Di Sandro, sottolineo che siamo operativi nel nostro ruolo da pochi mesi. In particolare, sono alla prima esperienza nell’amministrazione pubblica: provengo infatti dal mondo dell’impresa e delle associazioni di categoria, essendo stato presidente della locale Confindustria.
Abbiamo potuto constatare che negli ultimi cinque o sei anni la tematica degli infortuni ha assunto un rilievo sempre maggiore ed è stata sempre considerata con molta attenzione e dedizione dalle istituzioni, dalle associazione di categoria e dalle stesse imprese. In particolare, insieme all’INAIL si sono avviati dei progetti di formazione particolarmente importanti – che in precedenza non venivano assolutamente utilizzati – sulla sicurezza e sulla cultura della sicurezza, considerata quindi non soltanto come un addestramento on the job dei singoli dipendenti, ma anche come vero valore sociale, attraverso una campagna di sensibilizzazione che parte dalle scuole e, passando per i cittadini ordinari, arriva fino alle imprese e al mondo del lavoro. Ciò al fine di far assurgere la sicurezza a concetto basilare, non solo per chi lavora otto ore in fabbrica, e diffonderla nell’ambito della società, nella sua accezione più allargata.
Occorre dunque cercare di dare sempre maggior valore a questo elemento essenziale e a questo diritto dei cittadini e della società, per evitare che i problemi legati all’assenza delle misure di controllo e della cultura della sicurezza possano concretizzarsi in un vero problema personale per chi subisce un infortunio, per l’azienda – che diventa il luogo, più o meno consapevole, dell’incidente –, per tutti coloro che a diverso titolo ne sono coinvolti e per la società, che subisce gli effetti dal punto di vista sociale ed economico. I risultati di questi corsi e di queste campagne sono stati davvero importanti e addirittura strabilianti.
La riduzione degli infortuni è probabilmente indicativa, anche se credo si debba considerare il forte stato di crisi dell’edilizia, che è il settore maggiormente esposto al fenomeno degli incidenti, dal momento che è diventato sempre più complicato descrivere i processi lavorativi che vengono compiuti in tale settore. In fabbrica si possono infatti individuare i rischi in maniera più schematica e sistematica, mentre ogni cantiere edile ha le sue difficoltà e le sue peculiarità: quindi, una formazione generica è meno incisiva di quella che viene compiuta all’interno di una fabbrica. Ciononostante ci si sta muovendo in maniera molto incisiva, soprattutto per quanto riguarda l’industria.
Il progetto «Sicuramente», avviato insieme all’INAIL, si sta estendendo anche alle aziende minori, a quelle artigiane e credo stia partendo – così era, quando ho lasciato il mio ruolo di presidente di Confindustria – anche in agricoltura, un altro dei settori che fa registrare un numero significativo di incidenti, proprio perché i rischi sono meno ponderabili èèv.

PRESIDENTE
Innanzitutto desidero ringraziare i nostri auditi per questo incontro, al quale mi auguro possa seguire anche un momento di ulteriore riflessione a distanza: se i nostri auditi vorranno infatti comunicare qualche altra riflessione per iscritto alla Commissione, saremo a disposizione. La nostra presenza vuole rappresentare, per quanto possibile, l’inizio di una collaborazione, per cui da parte nostra ci sarà dunque la massima disponibilità in tal senso.

Audizione del procuratore generale della repubblica presso la Corte d’appello di Campobasso

Interviene il procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Campobasso, dottor Antonio La Rana.

PRESIDENTE
È ora in programma l’audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Campobasso, dottor Antonio La Rana, che ringraziamo per aver accolto il nostro invito e al quale ricordo che l’obiettivo della nostra Commissione è acquisire più dati possibile dal territorio, al fine di comprendere al meglio le iniziative e le posizioni da assumere per alzare ulteriormente il livello di contrasto dei fenomeni che riguardano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Ci troviamo oggi in una Regione piccola, dove tra l’altro gli elementi a nostra disposizione segnalano un trend significativamente negativo per gli infortuni e i decessi sul lavoro. È pur vero, però, che stiamo vivendo una stagione di crisi, nella quale andrebbe ridefinito il rapporto tra le ore lavorate negli anni passati e quelle lavorate quest’anno o l’anno scorso.
Siamo interessati a comprendere la situazione dal punto di vista della giustizia – ed ecco quindi il motivo della sua presenza odierna – perché ormai si è aperto un dibattito su una possibile struttura nazionale che si specializzi nel dare risposte più celeri e mirate su un tema al quale spesso le piccole procure – come saprà meglio di me – non possono dedicare soggetti esclusivamente specializzati. Vorremmo dunque conoscere la sua opinione, anche e soprattutto alla luce della sua esperienza.

LA RANA
Signor Presidente, mi trovo a svolgere le funzioni di procuratore generale da quando il titolare è andato in pensionamento anticipato, a novembre, pur avendo alle spalle prevalentemente un’attività professionale inquirente.
Innanzi tutto, desidero ringraziarLa per la sensibilità dimostrata verso le problematiche attinenti agli infortuni sul lavoro. Avendo seguito il vostro lavoro lungo le audizioni svolte nelle altre Regioni d’Italia, ho percepito il vostro interesse a caratterizzare il problema in sede territoriale. Dal punto di vista giudiziario, fortunatamente, abbiamo una realtà nella quale i numeri sono molto contenuti. Per fornirvi un esempio compatibile con i vostri interessi, ho portato uno specchietto di compendio – che sono disponibile a lasciare agli atti della Commissione qualora lo desideriate – nel quale sono stati raccolti i dati relativi agli ultimi due anni, per dare contezza della fortunata esiguità degli infortuni su lavoro in questa Provincia. A Campobasso, dal 1º luglio 2009 al 30 giugno 2010, abbiamo avuto un unico infortunio mortale sul lavoro e 189 lesioni, che interessano il livello giudiziario per violazioni delle norme sulla sicurezza del lavoro. Nell’anno successivo, vi è stato un leggero incremento, con tre infortuni mortali e 442 infortuni sul lavoro.
Ad Isernia la situazione è pressoché analoga, in quanto nello stesso periodo di cui sopra abbiamo avuto un unico decesso per un infortunio sul lavoro e 13 episodi di infortuni con lesioni, con un aumento – ammesso che di questo si possa effettivamente parlare – fino ad 84 lesioni nel periodo successivo, sempre con un unico decesso per infortunio sul lavoro.
A Larino non vi è stato alcun infortunio mortale dal 1º luglio 2009 al 2010, mentre le lesioni in totale sono state 240; nel periodo successivo, abbiamo avuto un decesso per violazioni delle norme sul lavoro e 351 lesioni. In sintesi, a livello giudiziario, nell’intero distretto del Molise, dal 1º luglio 2009 al 30 giugno 2010, abbiamo avuto due decessi a causa di violazioni della normativa infortunistica e 558 lesioni sul lavoro, in tutte e tre le procure. L’anno successivo si è avuto un leggerissimo incremento, da 558 a 876 lesioni e da due a cinque decessi sul lavoro. Comprendo che anche un semplice decesso meriti attenzione, però ho voluto leggere questi dati per far capire che fortunatamente questo problema non è di grande rilevanza giudiziaria.
Questo può avere due significati: da una parte, come diceva lei, signor Presidente, è segno di una fase di crisi; dall’altra, l’attività di prevenzione amministrativa è molto attenta. Ho avuto modo di dirigere gli uffici di Larino e contemporaneamente di avere un osservatorio presso la procura generale, cosa che mi ha consentito di constatare che l’ispettorato effettua molti accertamenti e sopralluoghi, ma che vi è anche un elevatissimo ricorso all’oblazione da parte dei destinatari delle normative di sicurezza. Il fatto che i numeri siano bassi, quindi, non significa necessariamente che un fenomeno sia stato sottovalutato nella Regione, ma che i limiti di una piccola realtà per noi fortunatamente possono diventare un punto di forza, perché consentono di contenere il fenomeno, attraverso una presenza che in altre Regioni non è possibile assicurare.
Diversa è la questione dal punto di vista della politica nazionale. Dopo aver letto l’ultima relazione che avete approvato, sono d’accordo con l’idea che accentrare le funzioni in un’unica struttura abbia un’indubbia valenza positiva. Sul territorio avremmo però una ricaduta semplicemente indiretta, perché la nostra è una piccola realtà, i cui numeri non richiedono grandi specializzazioni. Il beneficio derivante dai nostri numeri contenuti diventa però un limite nel momento in cui si verifica un infortunio grave, perché l’esiguità dei numeri non ci consente di disporre di unità attrezzate capaci di affrontare la situazione a livello di gruppi di lavoro. Inoltre, nella fase di accertamento incorreremmo in gravi problemi, perché il personale amministrativo non avrebbe la stessa capacità che ha in via preventiva – settore nel quale invece è molto preparato e attento, cosa pure molto importante – sia perché ha ricevuto una formazione mirata soprattutto alla prevenzione sia perché finora non ve n’è stata mai grande necessità.
Se verifichiamo ad esempio la puntualità, la costanza e il numero degli accertamenti preventivi rilevanti, ne emerge un’attività veramente meritoria. Nel momento in cui si verificasse un infortunio, però, avremmo grosse carenze quanto all’autonomia gestionale sul teatro dell’evento, all’intervento, ai sequestri preventivi e al rilevamento di tutto ciò che serve per ricostruirlo, che è importantissimo effettuare con tempestività. Tali carenze sarebbero coperte qualora avessimo un’unità centrale, una banca dati e un pool di esperti, anche con protocolli da formare, che consentirebbero invece un intervento più adeguato. Oggi fortunatamente non abbiamo numericamente la necessità di tale intervento e, per il momento, riusciamo a supplire con la prevenzione a questi problemi. Resta il fatto che saremmo impreparati di fronte ad un evento del genere. Questo è il quadro della situazione.

PRESIDENTE
È chiaro, il discorso della prevenzione rimane centrale.

LA RANA
Fortunatamente, signor Presidente, facciamo prevenzione, attività che – ne va dato atto – riceve molta attenzione (e pertanto condivido pienamente quanto ho letto). Al di là di questa situazione particolare, come accade per tutti questi fenomeni, a mio avviso, nella prevenzione si gioca la partita più importante.
Nel momento successivo al verificarsi di un incidente, tra l’altro, è particolarmente antipatico dover intervenire con sanzioni laddove il dipendente non abbia adempiuto ad alcuni obblighi. Come sappiamo, infatti, il lavoratore – che è il punto debole del rapporto contrattuale – pur essendo destinatario di alcuni oneri, spesso non vi adempie o non è messo nelle condizioni di farlo, per situazioni di fatto o di soggezione psicologica.
È particolarmente odioso, dunque, dover intervenire sulla vittima, a incidente avvenuto, anche con la sanzione, perché magari non ha indossato gli occhialini o le scarpe previsti. Tali inosservanze, infatti, sono spesso determinate da un rapporto non sempre molto chiaro con il datore di lavoro, che non fornisce gli strumenti adeguati. Per questo motivo, a volte, al danno si aggiunge la beffa.

PRESIDENTE
Se vi sono responsabilità, però, non si può parlare di beffa.

LA RANA
Mi riferisco alla responsabilità del dipendente, signor Presidente: è antipatico, a distanza di tempo, dover intervenire con la sanzione su chi ha già patito una lesione e che molto spesso è stato costretto a non far emergere che la causa della sua inottemperanza non è riconducibile ad una negligenza personale, ma al datore di lavoro. Questi, infatti, non sempre puntuale nel fornire la strumentazione necessaria, a volte addirittura induce il dipendente a rilasciare dichiarazioni nel senso di un concorso di colpa, pena il mantenimento del posto di lavoro. A volte ci rendiamo conto con imbarazzo di dover colpire una corresponsabilità solo formale del dipendente, al quale non sempre è ascrivibile la negligenza nell’uso dei mezzi di prevenzione, perché sul posto di lavoro le cose funzionano diversamente da come ci vengono descritte.
Al di là della proposta di creare un ufficio centralizzato, a livello di politica nazionale, un’altra strada da percorrere sarebbe una maggiore attenzione ai requisiti di ammissibilità e partecipazione in materia di appalti e subappalti. Un contributo importante potrebbe essere fornito da una profonda verifica, non già legata al rilascio del certificato antimafia – del quale oggi è in discussione l’abolizione, a causa dei danni che crea la sua burocratizzazione – ma volta a richiedere alla compagine societaria o al singolo individuo l’assenza di precedenti per violazione delle normative antinfortunistiche.

PRESIDENTE
Spesso la questione non sta tanto in chi si aggiudica la gara, perché i problemi cominciano a diventare complessi proprio con i subappalti.

LA RANA
Per questo ho parlato di appalto e subappalto, signor Presidente.

PRESIDENTE
Ringraziando il nostro ospite per il prezioso contributo fornito ai nostri lavori, dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del direttore dell’ufficio regionale dell’INAIL, del direttore dell’ufficio regionale del lavoro e dei direttori del dipartimento unico di prevenzione e della struttura complessa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’ASREM

Intervengono il direttore dell’ufficio regionale dell’INAIL, dottor Valentino Di Falco, il direttore dell’ufficio regionale del lavoro, dottoressa Ilaria Feola, il direttore del dipartimento unico di prevenzione e il direttore responsabile di struttura complessa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria Regione Molise (ASREM), dottor Teodoro Campo e dottoressa Anna Maria Frontera.

PRESIDENTE
È ora in programma l’audizione del direttore dell’ufficio regionale dell’INAIL, dottor Valentino Di Falco, del direttore dell’ufficio regionale del lavoro, dottoressa Ilaria Feola, del direttore del dipartimento unico di prevenzione e del direttore responsabile di struttura complessa di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro dell’Azienda sanitaria Regione Molise (ASREM), dottor Teodoro Campo e dottoressa Anna Maria Frontera, che ringrazio per la disponibilità a partecipare all’odierna seduta.
Ricordo ai nostri ospiti che la nostra presenza qui come rappresentanti della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro è essenzialmente legata al monitoraggio che stiamo portando avanti sull’intero territorio nazionale, da una Regione all’altra, per tentare di comprendere come le nuove norme – e, in modo particolare, il decreto legislativo n. 81 del 2008 – siano state recepite sul territorio e se esistano collaborazione e sinergia tra le varie istituzioni e se, di conseguenza, emergano alcune problematicità.
Si tratta di un approccio diretto con chi, come voi, rappresenta le istituzioni che concorrono – per le loro rispettive competenze, che conosciamo bene – a creare un fronte comune, al fine di arginare il fenomeno degli infortuni sul lavoro. Il direttore regionale dell’INAIL avrà sicuramente presenti gli incontri ed i contatti cui spesso diamo vita con la sua struttura a livello nazionale, dai quali ricaviamo elementi che, in base ai dati in loro possesso, rilevano un chiaro decremento del fenomeno che stiamo analizzando, tuttavia ancora da combattere e contrastare fortemente.

DI FALCO
Signor Presidente, nel corso dell’anno 2011, appena terminato, sulla base di dati che, come sicuramente saprà, non sono ufficiali ma ufficiosi, possiamo dire che questa tendenza, ormai consolidata nel tempo, al decremento degli infortuni sul lavoro in Italia è confermata anche nella nostra Regione, ma in una misura oltremodo più importante, cosa che comunque per noi non costituisce una novità. Se già nel 2010 rispetto al 2009 il decremento nazionale è stato dell’1,9, qui è stato dell’8,9. Questo anno, sulla base di dati ufficiosi, posso dire che abbiamo registrato un decremento rispetto al 2010 del 13,5 per cento, omogeneo su tutto il territorio, sia rispetto alla Provincia di Campobasso che di Isernia, con un differenziale dello 0,1 per cento tra le due. Si tenga conto che nel 2010, dato consolidatissimo, abbiamo registrato 3.026 infortuni. Quest’anno viaggiamo nell’ordine di 2.616 infortuni. I casi mortali che abbiamo registrato invece nel 2009 e nel 2010, sono stati rispettivamente 12 e 5; nel 2011, sempre secondo dati ufficiosi, i casi mortali sono sei, di cui cinque nella Provincia di Campobasso e uno nella Provincia di Isernia.
Rispetto a questi sei casi di incidenti mortali sul lavoro posso dare qualche dettaglio. In effetti, solo in un caso si tratta di infortunio tecnicamente avvenuto sul lavoro, riferito ad un operaio extracomunitario caduto da un’impalcatura nel Comune di Riccia. Per quanto riguarda gli altri cinque casi, due sono avvenuti sulla strada e tre in itinere. Il dato dei cinque infortuni mortali si ripete nel 2010. Dei cinque casi mortali, solo due erano sul lavoro e tre in itinere.
Una considerazione che abbiamo fatto già da tempo è che, se l’incidenza e la frequenza degli infortuni mortali nella Regione rispetto agli occupati è abbastanza importante, questo perlopiù è addebitabile ai rischi dovuti allo stato delle strade e alla conformazione orografica. Questa è una considerazione che facciamo. Anche se non è di nostra competenza esprimere considerazioni al riguardo, il dato rilevato è di questo tipo.

PRESIDENTE
Dal quadro generale in nostro possesso non ci risulta una percentuale così alta come quella che lei ci ha riferito. Nel 2011, sia pure secondo dati ufficiosi, ci sono stati sei infortuni mortali, tre dei quali avvenuti sui luoghi di lavoro, considerato che i due incidenti mortali su strada sono riferiti a persone che stavano svolgendo un lavoro.

DI FALCO
Su questo vorrei fare una precisazione perché effettivamente da un punto di vista tecnico-giuridico i due incidenti mortali avvenuti sulla strada, che consideriamo sul lavoro, riguardano due artigiani che si recavano per motivi di lavoro da un posto all’altro per fare delle consegne. Non si tratta di incidenti nel tragitto tra casa e lavoro o in itinere, ma mentre svolgevano il proprio lavoro. Non sono però quei tipici infortuni di chi lavora abitualmente sulla strada. Volevo fare questa ulteriore distinzione, solo per chiarire che non si tratta, ad esempio, di autotrasportatori. Mi sembrava importante sottolineare questo elemento di dettaglio.

NEROZZI
Anche se in forme minori rispetto ad altre Regioni, c’è stato un aumento delle malattie professionali relative alle questioni ossee. Come mai si è registrato questo aumento abbastanza elevato, anche se non come in Abruzzo dove si segnala un numero maggiore di casi? In che settori si è verificato?

DI FALCO
Nel 2010 rispetto al 2009 c’è stato un aumento del 64 per cento delle malattie professionali.

NEROZZI
Le malattie muscolo-scheletriche hanno in particolare un picco molto alto.

DI FALCO
Secondo me, intervengono una serie di fattori. Innanzitutto nel 2008 la tabella ha consolidato questo dato riconoscendo come malattie professionali queste patologie, per le quali prima era richiesto un onere diverso della prova. In secondo luogo, negli ultimi tempi vi è stata da parte nostra una particolare sensibilizzazione su questo aspetto, con interventi mirati rispetto a medici dei patronati, dell’ASL e di famiglia. Siamo intervenuti anche dal punto di vista culturale, attraverso appositi convegni, per sensibilizzare l’attenzione sulla necessità di denunciare questo tipo di malattie che qui risultavano poco percepite, a mio avviso perché mancava una consapevolezza al riguardo. Adesso questo fenomeno è stato conosciuto e diffuso dall’INAIL.

NEROZZI
È dipeso da voi?

DI FALCO
Sì, in un certo senso.

NEROZZI
Avete fatto bene.

DI FALCO
È il nostro compito riconoscere, laddove ciò si riscontra, questo tipo di malattie. Nella cultura tradizionale è chiaro che si pensava sempre alla solite malattie. Fin quando non sono consolidate in una tabella che presume l’origine professionale, è difficile per un lavoratore denunciare malattie di un certo tipo.

PRESIDENTE
Ne prendiamo atto. C’è una sensibilizzazione da parte vostra e dobbiamo immaginare anche dai patronati. Malattie che non venivano considerate legate al lavoro oggi emergono per una maggiore conoscenza delle stesse.

DI FALCO
Per ultimo le volevo dare una notizia di questi giorni: in sinergia con la direzione regionale campana e il sovrintendente medico regionale, professor Iacoviello, che conoscevo già da tempo essendo stato suo collega dieci anni fa, abbiamo organizzato una serie di moduli destinati in generale ai medici, per il riconoscimento delle malattie professionali, tenendo conto dei fattori non solo medico-legali ma anche di quelli tecnico-fisici.

FEOLA
Per quanto riguarda la nostra attività istituzionale di competenza, ovvero nell’ambito dell’attività ispettiva di verifica del rispetto delle norme sulla salute e sicurezza dei lavoratori in ambito edile (negli altri contesti, secondo il decreto legislativo n. 81 del 2008, è competente la ASL), il territorio sia di Campobasso che di Isernia è presidiato perché, soprattutto nella Provincia di Campobasso, c’è un’attività ispettiva molto intensa volta a verificare il rispetto della salute e della sicurezza. Aver visitato 448 cantieri non è un dato da poco, in un contesto socio-economico per il 2011 abbastanza difficoltoso soprattutto in Provincia di Isernia, ma non meno grave a Campobasso. Il 94 per cento dei cantieri è risultato essere irregolare sotto il profilo della salute e della sicurezza, per cui è opportuno che il nostro controllo sia ancora maggiormente presente in considerazione del fatto che purtroppo le violazioni in materia di salute e sicurezza sono all’ordine del giorno.
In questo contesto, nella maggior parte delle ipotesi noi riscontriamo anche un’irregolarità sotto il profilo amministrativo. Quasi sempre la violazione delle norme sulla salute e sicurezza si accompagna alla presenza di lavoratori in nero e ad altre irregolarità quali, per esempio, fenomeni di distacco illecito, che sono molto frequenti all’interno dell’attività edile, come anche in altri contesti, ma visto e considerato che la focale in questo ambito è il settore dell’edilizia mi sento di sottolinearlo. Alla fine, al di là degli introiti elevati comminati in ragione di queste violazioni che sono state disposte, il meccanismo della prescrizione del decreto legislativo n. 758 del 1994 consente una regolarizzazione del cantiere, che poi è la cosa che ovviamente più ci interessa. Molto spesso la sospensione del cantiere per la presenza di lavoratori irregolari viene adottata unitamente agli altri provvedimenti di prescrizione che riguardano la violazione delle norme sulla salute e sicurezza. L’adempimento in questo contesto, avendo le norme carattere penale, è altissimo. Tuttavia ciò non funge da deterrente atteso che il tasso di irregolarità risulta sempre molto elevato.
Come direzione regionale mi sento di rappresentare, anche se non è merito mio, ma di chi mi ha preceduto nella direzione regionale, che abbiamo dato un certo impulso all’attività di coordinamento nell’ambito del comitato. Questo è avvenuto perché dalla direzione generale dell’attività ispettiva c’è venuto l’input di procedere a verifiche in ambienti confinati a rischio di inquinamento. Questo è un contesto in cui non abbiamo competenza legislativa, però è arrivata questa forte indicazione da parte della direzione generale e, quindi, abbiamo costruito un coordinamento, che si era un po’ perso, nell’ambito del comitato.

PRESIDENTE
Può spiegare meglio il coordinamento al quale sta facendo riferimento?

FEOLA
Sto parlando del comitato di coordinamento regionale. In quel contesto abbiamo condiviso linee d’intervento su questo determinato ambito nel quale ispettori della direzione regionale e provinciale, unitamente al personale ispettivo della ASL, hanno proceduto a fare queste verifiche. Noi abbiamo operato per il nostro ambito di competenza e il personale ispettivo della ASL, presso il quale abbiamo trovato una notevole disponibilità nonostante le difficoltà esistenti sotto il profilo organizzativo e dei numeri molto scarsi dei loro organici, per il proprio. Gli esiti di questa attività dovranno essere condivisi nell’ambito del comitato. Questi interventi in ambienti confinati svolgono una funzione fondamentalmente di deterrenza perché mirano a verificare il rispetto sia formale che sostanziale delle norme sulla sicurezza attraverso una verifica documentale di competenza del personale ispettivo della ASL e un riscontro del dato fattuale con quello documentale e soprattutto una verifica della corretta informazione data ai lavoratori. Gli esiti dell’attività, per quanto riguarda la verifica della regolarità degli appalti di specifica competenza delle direzioni del lavoro, non sono stati negativi.
Quest’anno proseguiremo questa attività negli ambienti confinati e proporremo anche altri contesti in cui condividere momenti di coordinamento: mi riferisco ad altri settori, in cui non abbiamo specifica competenza, ma in cui – ognuno per la propria parte – si può provvedere a una verifica congiunta e completa.

PRESIDENTE
La ringrazio per le sue parole, assolutamente chiare ed esaurienti.
Ci auguriamo che il comitato regionale di coordinamento, di cui abbiamo parlato questa mattina anche con gli esponenti della Regione Molise, che ci hanno detto essere stato ricostituito, possa rappresentare un momento vero di sintesi e anche di programmazione e di progettazione. La normativa nazionale fa grande affidamento sull’attività piena del comitato regionale di coordinamento. Abbiamo assistito, soprattutto nelle Regioni più grandi – in Molise questo aspetto si coglie di meno, essendo una Regione più piccola – alla creazione di vari coordinamenti. Per questo ho chiesto al nostro audito di quale coordinamento stesse parlando, perché in altre realtà ci sono coordinamenti posti in essere dai prefetti o ci sono contatti diretti tra le aziende sanitarie locali e gli uffici provinciali del lavoro. Se riuscissimo a dare sempre maggiore impulso a questo coordinamento – ciò è auspicabile, anche ascoltando le valutazioni degli amministratori regionali – credo che quanto lei ha riferito sull’impegno particolare in proposito degli ambienti confinati possa costituire un modello strategico anche per altre situazioni.

FEOLA
È proprio ciò che ci auguriamo anche noi. Del resto, l’attuale legislazione ci impone proprio un coordinamento con gli altri organi di vigilanza, al fine di arrivare ad una razionalizzazione degli interventi. In un contesto piccolo come quello molisano è necessario che ognuno intervenga secondo la propria competenza, ma in modo coordinato, per evitare duplicazioni di accessi.

PRESIDENTE
È importante stabilire le priorità e le strategie, anche perché essendoci solo due Province e una sola azienda sanitaria il dispiegamento a livello provinciale è più semplice. All’interno di realtà più grandi, questo organismo diventa un momento di sintesi, per capire come muoversi e quali strategie adottare, anche in riferimento al confronto tra Stato e Regioni sul tavolo competente.
Ciò serve anche per dare contezza di ciò che si sta facendo al Ministero della salute e a quello del lavoro. L’ufficio regionale del lavoro è un’emanazione del Ministero del lavoro e della previdenza sociale e dunque è normale che abbia un rapporto con tale Dicastero, ma se non funzionano gli organi di coordinamento non si avrà mai un quadro generale delle attività, perché nessuno dirà mai quello che effettivamente sta facendo: a volte si fanno infatti cose egregie, che però non vengono comunicate. Per essere chiari, le relazioni annuali del comitato regionale di coordinamento, dirette ai Ministeri del lavoro e della salute, sono fondamentali, perché altrimenti mancano i dati e si rischia la creazione di due compartimenti stagni. Non a caso la norma contenuta nel DPCM del 21 dicembre del 2007 prevede tutto questo, così come prevede che si tengano riunioni ad hoc ogni tre mesi.
Dal momento che abbiamo contribuito a scrivere questa normativa, nel momento in cui il Parlamento ne discuteva avevamo ben presenti queste problematicità. Questo è uno dei motivi della nostra presenza nelle varie Regioni italiane: vogliamo infatti capire se siamo stati in grado di far cogliere in pieno il significato del coordinamento e qualora così non fosse – e non importa nemmeno quale sia il motivo – dobbiamo fare in modo che ci sia maggiore attenzione su questo tema. Se non c’è un elemento di raccordo, ogni istituzione va per conto proprio. Questo è un problema serio, la cui presenza cogliamo un po’ ovunque.

FEOLA
Mi permetto di dire che, sul piano operativo, abbiamo difficoltà ad avere a che fare con amministrazioni che rispondono ad organizzazioni diverse e a una gestione diversa delle attività. È faticoso interfacciarsi con tali soggetti: forse l’ho già detto in Commissione d’inchiesta nel corso di una precedente audizione, tenutasi quando ero direttore ad interim dell’ufficio provinciale del lavoro di Avellino. Anche in quel contesto abbiamo avuto modo di constatare che il comitato aveva qualche difficoltà ad essere avviato.

PRESIDENTE
Ciò accade un po’ ovunque.

FEOLA
Sul piano operativo, ci siamo resi conto che tradurre una buona programmazione, anche condivisa all’interno del comitato, in un’attività operativa efficiente diventa difficile, proprio perché abbiamo a che fare con amministrazioni diverse.

PRESIDENTE
Questa è una realtà: se non fosse così non ci sarebbe bisogno del coordinamento.

FEOLA
De iure condendo, si potrebbe pensare ad una diversa organizzazione.

PRESIDENTE
Vi invito a fare delle proposte. Intanto c’è il coordinamento e occorre farlo «camminare».

FEOLA
Gli strumenti in vigore devono essere messi in funzione completamente.

PRESIDENTE
Purtroppo questo non accade, per colpa di tutti e per colpa di nessuno. Se le persone previste dal citato DCPM, che indica chi fa parte del coordinamento, si siedono e parlano, si devono dotare anche di un organismo esecutivo, che porti poi avanti questo discorso anche a livello provinciale. Come legislatori abbiamo cercato di mettere in piedi un’architettura: ora dobbiamo verificare se essa funziona, se va modificata o se le cose, così come stanno, possono migliorare.

NEROZZI
Questa architettura non deriva da una scelta di natura organizzativa, ma dal fatto che la Costituzione assegna delle competenze in materia allo Stato e alle Regioni. Se fosse solo una questione organizzativa, ciò sarebbe relativamente più facile.

DI FALCO
Ci sono anche culture diverse e sistemi giuridici diversi.

PRESIDENTE
Magari fosse solo una questione di cultura: bisogna considerare le competenze concorrenti tra i vari livelli e dunque è un fatto più complicato.

NEROZZI
Ci sono culture diverse anche all’interno del territorio italiano. Al Sud è più accentuata la cultura statale e al Nord lo sono di più quelle locali.

DI FALCO
Avendo lavorato per tantissimi anni in alcune Regioni del Nord, condivido, sul piano culturale, ciò che ha appena detto il senatore Nerozzi.

CAMPO
Da poco tempo sono direttore dell’unico dipartimento di prevenzione dell’azienda sanitaria della Regione Molise (ASREM). Come la Commissione ben sa, la nostra azienda deriva dalla recente fusione di quattro aziende sanitarie: quella di Termoli-Larino, quella di Campobasso-Boiano, quella di Isernia-Venafro (in ciascuno di questi territori insiste un nucleo industriale) e, infine, quella della zona montana di Agnone, una piccola ASL che contava 12.000 o 13.000 abitanti e che adesso è stata accorpata a quella di Campobasso, dove ha sede l’unico dipartimento di prevenzione. Sottolineo che in precedenza sono stato direttore del dipartimento di Campobasso e che al momento stiamo cercando di fare uno sforzo, non da poco, volto a riaccorpare le unità operative.
Come la Commissione ben sa, la legge prevede che il dipartimento di prevenzione sia costituito da almeno sei unità operative, di cui tre mediche e tre veterinarie. Tra le tre unità mediche, c’è l’unità operativa igiene e sanità pubblica (ISP), di cui sono direttore, essendo direttore del dipartimento unico: la legge prevede infatti che uno dei direttori del dipartimento di prevenzione assuma l’incarico di direttore del dipartimento unico. Tre unità operative, come detto, sono veterinarie e naturalmente tutte le unità mirano alla prevenzione nei luoghi di vita e di lavoro. Lo sforzo che dovremmo compiere, come ho detto non facile, è quello di riaccorpare le unità operative che sono ancora presenti nel territorio, tanto è vero che abbiamo le unità operative, ancora complesse, di Termoni-Larino, di Isernia Venafro, di Agnone e di Campobasso.
Nella lettera di invito all’audizione si faceva riferimento alle eventuali criticità presenti nel territorio. Devo dire che qualche criticità è presente, perché il personale opera ancora nelle zone di provenienza, è relativamente scarso e molto spesso non si dispone di dirigenze specifiche. Ad esempio, abbiamo due soli medici del lavoro, uno dei quali è la qui presente dottoressa Frontera, che lavora a Campobasso, e l’altro lavora nel territorio di Termoli-Larino. La dottoressa Frontera è direttore e unico sanitario dell’unità operativa, a Termoli ci sono due soli medici, di cui uno specialista, ad Agnone e ad Isernia abbiamo due medici non specialisti. A Campobasso abbiamo due settori che si occupano della materia: uno è quello della prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro e l’altro è quello relativo all’impiantistica antinfortunistica, che precedentemente comprendeva il presidio multizonale di igiene e prevenzione. Attualmente, essendo competenza dell’ASL, questi settori sono stati riuniti.
Per quanto riguarda il personale, a Campobasso abbiamo solo quattro tecnici della prevenzione, di cui uno in posizione organizzativa e due nel settore impiantistica e antinfortunistica, a Isernia ce ne sono due, a Termoli-Larino quattro e ad Agnone due. Come accennava la dottoressa Feola, il personale tecnico e in particolare i tecnici della prevenzione sono essenziali per fare una adeguata, sufficiente, efficiente ed efficace vigilanza sul territorio. Malgrado ciò, riusciamo ad agire in sinergia con le altre direzioni per rendere un servizio efficiente ed efficace, come illustrerà, dati alla mano, la dottoressa Frontera, quale direttore dell’unità operativa complessa di prevenzione e sicurezza sui luoghi di lavoro (PSAL) e dell’impiantistica antinfortunistica di Campobasso.

FRONTERA
Il dottor Di Falco, direttore dell’ufficio regionale dell’ INAIL, ha già fatto una panoramica sugli infortuni. Intendo quindi parlare degli infortuni occorsi nel 2011, nelle quattro zone in cui è divisa la ASL.
Campobasso ha trattato complessivamente 123 infortuni.

PRESIDENTE
Cosa intende con l’espressione «ha trattato»?

FRONTERA
Si intendono gli infortuni che vengono comunicati dalla procura della Repubblica, ma solo dopo aver espletato un certo iter che passa attraverso l’INAIL, la procura e i servizi dell’ospedale. A Campobasso abbiamo trattato 123 infortuni nell’anno 2011, ad Isernia 32 e nell’area di Termoli-Larino 122: secondo il dato complessivo che abbiamo raccolto, quindi, a livello regionale nel corso dell’anno 2011 sono occorsi complessivamente 283 infortuni sul lavoro.

PRESIDENTE
La vostra maggiore attività è dunque quella che sta illustrando.

FRONTERA
Nell’ambito della nostra attività, riusciamo a controllare anche le imprese ed i cantieri; abbiamo poi avviato alcune campagne insieme all’ispettorato (con riferimento ai lavori negli spazi confinati dei quali parlava la dottoressa Feola), ma non riusciamo a organizzarci diversamente, perché abbiamo tanti infortuni da trattare, che hanno un loro peso e devono seguire un iter particolare, che prevede anche il sopralluogo presso l’azienda interessata, il colloquio con l’infortunato e non si limita quindi solo ad un rapporto tra l’infortunato ed il tecnico o il medico della prevenzione.

PRESIDENTE
Sembrerebbe che lavoriate essenzialmente per le procure.

FRONTERA
Svolgiamo anche altre attività, ma ho voluto dare risalto a questa in particolare, leggendo i dati relativi, perché gli infortuni costituiscono il tema precipuo della vostra Commissione.
Con riferimento invece alla relazione generale tra le quattro zone ed il numero dei lavoratori esaminati per accertamenti e certificazioni sanitari, desidero riportarvi i seguenti dati: abbiamo 730 lavoratori, dei quali gli apprendisti minori ammontano a 120; sono state effettuate 283 indagini per infortuni e 88 per malattie professionali; 924 aziende sono state interessate da atti autorizzativi, esami, progetti, piani di lavoro e notifiche e sono state svolte 119 indagini epidemiologiche in seguito al riscontro di malattie infettive. Questi sono i dati che abbiamo comunicato alla Regione, con riferimento al numero dei lavoratori, delle indagini effettuate per infortuni e malattie professionali e delle aziende coinvolte.

PRESIDENTE
Ho difficoltà a comprendere quali sono in concreto le vostre attività di accertamento, ispezione e verifica, oltre a questi numeri che ci ha fornito.

FRONTERA
Vuole sapere i dati relativi a Campobasso o quelli generali?

PRESIDENTE
Vorrei conoscere l’attività dell’intera struttura.

FRONTERA
Le aziende interessate da esami, progetti, piani di lavoro e notifiche ammontano a 924, mentre il numero delle aziende in cui sono stati effettuati interventi di vigilanza e di polizia giudiziaria sono 477.

PRESIDENTE
Complessivamente quanto personale avete?

FRONTERA
Sono direttore di due servizi: a livello regionale, l’impiantistica si espande fino a Venafro e comprende tutta la Regione, mentre lo SPSAL (Servizio di prevenzione e sicurezza negli ambienti di lavoro) comprende Campobasso e altri 51 Comuni. Al mio servizio, a Campobasso, per lo SPSAL ho quattro ispettori tecnici laureati, mentre per quanto riguarda l’impiantistica ne ho due e purtroppo non ho ancora un ingegnere; ad Isernia, invece, ho due persone per lo SPSAL, un medico ed un ispettore; a Termoli-Larino ne ho quattro e ad Agnone ho un ispettore.

PRESIDENTE
Complessivamente di quanti ispettori dispone?

FRONTERA
In tutto sono 13, ma – come ho detto poc’anzi – ad Isernia c’è anche un medico, mentre a Campobasso eseguo le ispezioni in prima persona con i miei tecnici.

PRESIDENTE
Di quanti ispettori tecnici si avvale invece l’ufficio regionale del lavoro, dottoressa Feola?

FEOLA
Gli ispettori tecnici in Provincia di Campobasso sono quattro, mentre ad Isernia ormai ne è rimasto soltanto uno.

PRESIDENTE
Gli altri impiegati amministrativi quanti sono?

FEOLA
Gli ispettori amministrativi sono molti di più, una decina su Isernia e 24 su Campobasso. Inoltre, il corpo ispettivo della direzione regionale in questa Regione svolge anche attività ispettiva oltre a quella di coordinamento. Il personale ispettivo assegnato alla direzione regionale è costituito da cinque unità, impegnate anche in altre attività. L’attività della direzione regionale è essenzialmente di coordinamento.

PRESIDENTE
Ecco perché, mettendo insieme le cose, torniamo al discorso iniziale: secondo lei, dottoressa Feola, è possibile avviare un processo di recupero dell’attività ispettiva? Abbiamo sempre uno sbilanciamento, a volte molto significativo, tra i tecnici e gli amministrativi.

FEOLA
Sul piano del nostro organigramma, come Ministero del lavoro, all’ordine del giorno dei vertici c’è sicuramente questa necessaria azione di recupero, da realizzare attraverso una riqualificazione professionale degli ispettori amministrativi. Sul territorio, stiamo sempre cercando di dar vita ad ispezioni congiunte dell’ispettore ordinario e di quello tecnico, in modo che la figura dell’ispettore diventi completa. Realizziamo così una sorta di formazione sul campo, affinché l’ispettore amministrativo assuma pratiche e competenze di quello tecnico e viceversa, per anticipare i tempi, perché la riqualificazione professionale è un processo troppo lungo rispetto alle esigenze del territorio.
Anche nella Provincia di Isernia – di cui conosco bene la situazione, in qualità di titolare della sede – abbiamo cominciato a dar vita ad un’attività congiunta tra ispettore tecnico ed amministrativo, proprio al fine di anticipare tale processo di riqualificazione sul campo.

CAMPO
Signor Presidente, dei 13 ispettori tecnici dei quali parlavamo poco fa, una si trova in posizione dirigenziale, che è la dottoressa qui presente, e due sono coordinatori.

PRESIDENTE
Pur apprezzando lo sforzo e l’impegno che ogni giorno profondete nelle vostre attività, siamo convinti che un maggior coordinamento potrebbe portare ad una situazione migliore e ad un minore stress lavorativo, perché alla fine, se ci si riesce ad organizzare meglio, è più comodo per tutti.
Altra osservazione che vogliamo sottoporvi è che, ovunque andiamo, ricorre la costante rivendicazione di essere in pochi. Avendo però cercato di fare un conto di tutti i soggetti operanti in questo universo che stiamo cercando di scandagliare, senza immaginare la differenza di competenze, è emerso che non solo non sono pochi, ma che comunque non sono nemmeno in numero inferiore a quelli di altre nazioni europee (come la Francia, la Germania e il Regno Unito). Si tratta quindi di stabilire come strutturarsi meglio, perché è difficile immaginare che in ogni attività e ad ogni semaforo possa esserci un vigile. Spero si riesca a migliorare e che, a tal fine, possa servire anche questo nostro e vostro contributo odierno.

FRONTERA
Signor Presidente, desidero precisare che, con riferimento al servizio d’impiantistica, due ispettori per tutta la Regione, nella quale si trovano più di 12.000 impianti di gru e di apparecchi sollevamento, sono pochi, soprattutto considerando che non c’è ancora un ingegnere – perché da poco tempo è stata bandita la gara – per effettuare i controlli nelle aziende.

NEROZZI
Vi sono tre casistiche rispetto al personale che opera in questi settori, ma non solo. In primo luogo, vi sono indubbiamente alcune professioni che scarseggiano (si tratta in particolare di quelle tecniche, come gli ingegneri, i chimici o i biologi). In secondo luogo, vi sono tecnici che lavorano negli uffici e non svolgono le mansioni tipiche della propria qualifica, cosa che ovviamente non va bene affatto. In terzo ed ultimo luogo, con riferimento agli impiegati amministrativi, ne approfitto per rivolgere una domanda ai nostri ospiti: quanto è verosimile trasformare gli amministrativi in tecnici operativi, sapendo che – per fortuna loro, ma purtroppo per altri aspetti – stiamo parlando di persone che per la maggioranza hanno oltre cinquant’anni? Formulo tale quesito perché poc’anzi è stata posta una questione chiave relativamente al rapporto numerico tra queste due tipologie di personale, che ad esempio in Abruzzo si limita ad una o due unità, mentre altrove presenta numeri molto più alti, ivi compreso il settore sanitario. Una o due unità non servono per l’azione di prevenzione da svolgere, quindi la mia domanda s’incentra sulla riconversione: se non ci sono ingegneri, bisogna assumerne, perché non si può trasformare un impiegato amministrativo in un ingegnere o un medico.

FRONTERA
C’è stato il blocco delle assunzioni, ma adesso, dopo lo svolgimento delle procedure concorsuali, finalmente le cose sono cambiate.

NEROZZI
Lo so benissimo, ma è evidente che con un tecnico vi sono problemi particolari: come si trasforma una parte di lavoratori amministrativi in ispettori? È possibile farlo?

FEOLA
A mio avviso è possibile, attraverso un processo di riqualificazione professionale. Il personale amministrativo, soprattutto del Ministero del lavoro, costituisce una questione abbastanza delicata, perché soprattutto nell’ultimo anno il Dicastero ha perso alcune competenze amministrative. Il tentativo di conciliazione ex articolo 410 del codice di procedura civile, infatti, è diventato facoltativo e non è più obbligatorio in esito all’entrata in vigore del «collegato lavoro» (legge n. 183 del 2010) e le autorizzazioni alle lavoratrici madri passeranno ora ad altra competenza.

NEROZZI
Con l’unificazione INPS-INPDAP, tanto per non parlare di cose astruse – come saprà – avremo un apparato amministrativo e forse anche uno tecnico. Secondo lei, è possibile farlo? Qui – e non altrove – sta infatti il nodo della questione. Se poi desidera inviarci in un secondo momento una nota scritta sul tema – cosa che abbiamo chiesto anche ad altri auditi – potrà farlo.

FEOLA
A mio avviso, lo ribadisco, è possibile farlo attraverso un processo di riqualificazione professionale. Alcuni funzionari amministrativi, almeno nell’ufficio di Isernia, sono anche impegnati in attività paraispettive: l’istituto della conciliazione monocratica, ad esempio, normalmente affidato al personale ispettivo, è stato affidato alle cure anche di funzionari amministrativi. Vi sono certamente alcune figure professionali, come quelle assegnate alla gestione delle risorse umane e strumentali, che trovano maggiori difficoltà. In realtà, però, è sostanzialmente possibile implementare il personale ispettivo con funzionari amministrativi all’uopo riqualificati.

CAMPO
Secondo me, è essenziale la riconversione del personale per quanto riguarda l’ASREM. Io che sono stato direttore sanitario dell’ASREM posso dire che nel corso degli anni c’è stata sempre – credo che lei lo sappia meglio di me – un’attenzione particolare verso gli ospedali e pochissima al territorio.

NEROZZI
È vero che si è investito poco in termini economici, ma è altrettanto vero che per alcune professionalità c’è stato un rigonfiamento di personale sul territorio. E per gli infermieri?

CAMPO
Sono d’accordo con lei.

NEROZZI
Conosco bene la situazione.

CAMPO
Lo constato con mano.

NEROZZI
Non ho detto degli ingegneri, ma degli infermieri e lo stesso vale per i medici.

CAMPO
Nel corso degli anni c’è stata un’attenzione particolare verso l’ospedale; poi è successo che molti medici o personale inidoneo a svolgere attività presso l’ospedale sono stati dirottati nel territorio.

NEROZZI
Era quello che dicevo prima io: vi hanno tolto i soldi e dato personale non idoneo.

CAMPO
Si tratta di personale che definisco problematico: c’erano degli infermieri che non potevano fare il turno notturno o che avevano paura del sangue e sono stati dirottati sul territorio. Altre persone con problemi psichiatrici sono stati dirottati sul territorio. C’è pure personale buono.

NEROZZI
Ho fatto prima delle domande perché conosco la situazione e per questo la domanda sulla riconversione è importante. Penso che una riconversione ospedaliera non sia possibile, mentre una riconversione di organici, come diceva la dottoressa, e di sostituzione di tre medici che vanno in pensione con un ingegnere o un chimico è possibile riequilibrando tra professioni nel territorio e professioni più prevalentemente ospedaliere. Altro dubito sia possibile fare. Diverso è quello che succederà nei prossimi mesi. Mi riferisco all’utilizzo di personale che viene dal settore parastatale.

FEOLA
La riorganizzazione sul territorio dello Stato è all’ordine del giorno.

NEROZZI
Temo si farà, nel senso che non ci sarà un’attesa, come per le Regioni. Non parlo dei grandi Comuni. I processi d’informatizzazione e generali non permettono di non andare avanti. Le ho fatto una domanda perché ho qualche dubbi sull’impiegato, anche capace, di 50 anni che si trova di fronte a un cambiamento della vita.

DI FALCO
A questo proposito, sulla base della mia esperienza diretta e indiretta all’interno dell’istituto, non bisogna essere prevenuti rispetto alle capacità di sviluppo professionale che hanno le persone di 50 o 60 anni. Il dato logicamente non lo colgo per intuito: se si organizzano i percorsi di riqualificazione professionale in maniera seria, selezionando anche le persone di 55 anni che hanno un interesse specifico e magari personale, è possibile riqualificare queste persone con ottimi risultati. Il tutto sta nel selezionarli molto bene e nel qualificarli attraverso un percorso di natura culturale e professionale.

FEOLA
Presso il Ministero del lavoro già c’è stato un processo di riqualificazione di personale che aveva una certa età contributiva e che si è posto su tematiche completamente diverse. Persone che ora sono ispettori del lavoro e che sono passati attraverso la figura professionale dell’accertatore del lavoro in realtà provenivano da realtà diverse, come dal centro per l’impiego, e hanno fatto un percorso di riqualificazione.
Mi preme sottolineare, visto che abbiamo parlato di una riorganizzazione sul territorio dello Stato, che bisogna avere un’attenzione particolare all’attività di vigilanza che viene effettuata. L’ufficio che rappresento, infatti, è molto presente su queste tematiche, a volte da soli e delle volte, preferibilmente, in compagnia, cercando di coinvolgere altri organi di vigilanza. Ho comunque la sensazione che, in quanto luogo centrale di organizzazione ed effettuazione dell’attività di vigilanza del territorio, la direzione territoriale del lavoro è l’organismo attraverso il quale effettivamente si riesce a dare una risposta sul territorio soprattutto al lavoratore. In un contesto nel quale siamo presi dalla necessità di fare delle scelte anche molto drastiche sulla riorganizzazione della presenza territoriale dello Stato, bisogna aver presente che questa è una funzione fondamentale. Noi lo sappiamo perché abbiamo un riscontro quotidiano sul territorio sulla necessità della nostra presenza e del nostro controllo, che viene effettuato con grande entusiasmo e passione. Per questo dico che quel processo di riconversione è possibile perché nell’attività di vigilanza su questi temi c’è una grandissima partecipazione e ancora un grandissimo entusiasmo nonostante le indubbie difficoltà esistenti.

PRESIDENTE
Ci auguriamo che questo accada perché farebbe bene ai singoli impiegati.

Audizione del comandante della legione Carabinieri Molise, dei responsabili territoriali del Nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di Campobasso e Isernia, e del direttore regionale dei Vigili del fuoco

Intervengono il comandante della legione Carabinieri Molise, Generale di brigata Gianfranco Rastelli, accompagnato dai responsabili territoriali del Nucleo Carabinieri per la tutela del lavoro di Campobasso e Isernia, maresciallo Leonardo Lefemine e brigadiere Enrico Maddalena, e il direttore regionale dei Vigili del fuoco, ingegner Ugo Bonessio.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione dei rappresentanti dell’Arma dei Carabinieri e dei Vigili del fuoco.
La nostra Commissione sta cercando di acquisire elementi e dati in tutte le Regioni d’Italia in riferimento al tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro. Cerchiamo di comprendere come le nuove normative sono state recepite e applicate per avere un quadro diretto. In ultimo, ma non per ultimo, il nostro intento è mostrare una presenza delle istituzioni centrali sul territorio che credo abbia un effetto positivo nel confronto con le altre istituzioni, per comprendere se riusciamo ad abbattere questo fenomeno che, anche se in lieve discesa, è ancora fortemente presente sull’intero territorio nazionale.

RASTELLI
Signor Presidente, è doveroso, preliminarmente, illustrare l’ordinamento territoriale dell’Arma dei Carabinieri nell’ambito della Regione Molise che prevede, oltre al comando di Regione, due comandi provinciali, quello di Isernia e di Campobasso, con sette compagnie e 66 stazioni di Carabinieri dislocate in 136 Comuni della Regione Molise. Questo dà un quadro fondamentalmente molto chiaro della nostra capillarità nell’ambito della Regione Molise. Le risorse operative sono impegnate in modo accentuato sul litorale della costa adriatica (Termoli-Campomarino-Petacciato-Montenero di Bisaccia) e sulla zona di Isernia, nell’area di Venafro. Il motivo di ciò è legato al fatto che queste sono le direttrici di penetrazione della criminalità organizzata. Tutto questo crea un’esigenza di collaborazione con le dislocazioni periferiche dei Carabinieri per la tutela del lavoro. Nelle Province molisane sono presenti il Gruppo Carabinieri per la tutela del lavoro e i Nuclei Carabinieri presenti presso gli ispettorati del lavoro, che assicurano senza soluzione di continuità un’attività di vigilanza sull’applicazione delle leggi in materia del lavoro. Tale attività è stata potenziata ad aprile del 2010 con l’istituzione del Gruppo Carabinieri per la tutela del lavoro di Napoli, che garantisce un’ulteriore massiccia presenza dell’organo tecnico sul territorio. Questo reparto dispone di un nucleo operativo con competenza interregionale di cui vengono proficuamente sfruttate, nell’ambito della legislazione sociale, le capacità professionali e le qualità investigative. Avendo il personale di detti reparti la qualifica di ufficiale o di agente di polizia giudiziaria, vi è la possibilità di penetrazione nell’ambito della vigilanza tecnica e ordinaria.
Questa sinergia assicura disponibilità e collaborazione, garantendo una capillare e costante presenza sul territorio in termini di conoscenza dei fenomeni e di contrasto all’illegalità operata dai datori di lavoro. Detta collaborazione è stata ribadita dalla convenzione sottoscritta dal Ministro della difesa e dal Ministro del lavoro il 29 settembre 2010, con la quale è stato consolidato il rapporto, già esistente, tra i comandi dell’Arma dell’organizzazione territoriale e le direzioni territoriali del lavoro. La convenzione, in tale quadro, prevede incontri trimestrali tra i vertici degli organi provinciali ispettivi ed investigativi durante i quali il direttore territoriale del lavoro ed i comandanti provinciali di Isernia e di Campobasso concordano le lince strategiche di intervento sui rispettivi territori provinciali, con il contributo anche delle componenti speciali dell’Arma.
In relazione all’articolo 33 della legge n. 183 del 2010, nota come «collegato lavoro», rubricato come «accesso ispettivo, potere di diffida e verbalizzazione unica», che al settimo comma stabilisce che il potere di diffida in materia di lavoro è attribuito a qualsiasi ufficiale o agente di polizia giudiziaria nell’esercizio delle proprie funzioni, a prescindere dalla qualifica di ispettore del lavoro, è da osservare che questa previsione normativa ha permesso di incrementare le attività di vigilanza svolte dai Carabinieri che operano nella Regione Molise in materia di legislazione sociale e prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro. La riforma della normativa sulla sicurezza sui luoghi di lavoro, con la promulgazione di un Testo unico sulla sicurezza, in base al decreto legislativo n. 81 del 2008 e successive modifiche, è di fondamentale importanza per ribadire le competenze del personale ispettivo dell’Arma. È da osservare che l’articolo 13 dello stesso testo di legge prevede per il personale ispettivo del Ministero del lavoro, inclusi i Carabinieri, la competenza in materia di sicurezza solo per alcuni ristretti ambiti produttivi: «costruzioni edili o di genio civile e più in particolare lavori di costruzione, manutenzione, riparazione, demolizione, conservazione e risanamento di opere fisse, permanenti o temporanee, in muratura e in cemento armato, opere stradali, ferroviarie, idrauliche, scavi, montaggio e smontaggio di elementi prefabbricati, lavori in sotterraneo e gallerie, anche comportanti l’impiego di esplosivi», mentre conservano competenza generale le aziende sanitarie locali e le Regioni.
L’intervento degli organi ispettivi del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, nei previsti ambiti di competenza, tra i quali in ordine di importanza e diffusione primeggia l’edilizia, vede impegnata sul territorio una consistente aliquota di militari dell’Arma, idonea a monitorare le attività cantieristiche più rilevanti, nonché a sviluppare la necessaria analisi dei fenomeni di irregolare collocamento della manodopera, ovvero assicurare la corretta applicazione della normativa vigente. È chiaro ed evidente, come ho detto poc’anzi, che la capillarità della nostra presenza in una Regione con una non elevata densità di popolazione, favorisce notevolmente quest’attività di controllo da parte dell’Arma dei Carabinieri. Tutti i reparti dipendenti dal Comando Carabinieri per la tutela del lavoro, in sintonia con le indicazioni anche delle direzioni territoriali e regionali del lavoro, prediligono quotidianamente la vigilanza tecnica, pur non trascurando l’importanza della vigilanza ordinaria, soprattutto in agricoltura e nell’industria. A seguito dell’emanazione del Testo unico sulla sicurezza, il Comando generale dell’Arma dei Carabinieri ha disposto numerosi servizi straordinari di vigilanza tecnica sull’intero territorio nazionale, per assicurare il rispetto della normativa sulla sicurezza dei luoghi di lavoro. In tale ambito, nella Regione Molise, sono stati impegnati i due Nuclei Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro unitamente al personale della legione Carabinieri, incrementando così l’attività di vigilanza pianificata dal Ministero competente.
Con particolare riferimento agli incidenti sul lavoro, appare opportuno evidenziare che il Comando Carabinieri per la tutela del lavoro e i Nuclei Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro non assemblano dati sugli infortuni, atteso che la norma prevede l’obbligo per il datore di lavoro di denunciare l’incidente ai commissariati di pubblica sicurezza e non ai comandi dell’Arma. Nello stesso tempo è attribuito per legge agli organismi delle ASL e dell’INAIL l’intervento sul luogo ove è accaduto l’infortunio, cosicché i dati in possesso dei comandi Carabinieri derivano dagli interventi operati d’iniziativa o qualora richiesti.
A tal proposito, si rappresenta che nessuna segnalazione relativa agli infortuni sul lavoro mortali o agli eventi verificatisi in attività lavorativa inoltrata nel 2011 al Comando Carabinieri per la tutela del lavoro dai comandi dei reparti dell’organizzazione territoriale dell’Arma dei Carabinieri della Regione Molise. Inoltre, l’Arma territoriale ha assicurato il supporto continuo ai nuclei presso l’ispettorato del lavoro.
Peraltro, sulla base delle due riunioni del comitato regionale di coordinamento dell’attività di vigilanza svolte nel 2011, è stato sviluppato a livello regionale e provinciale, mediante incontri operativi periodici, una attività di coordinamento per l’adozione di provvedimenti mirati.

PRESIDENTE
Parliamo del coordinamento regionale?

RASTELLI
Nel corso del 2011, i due Nuclei presso l’ispettorato del lavoro operanti nella Regione Molise, nel contesto della vigilanza ordinaria, hanno ispezionato 484 aziende; tra le imprese maggiormente controllate vi sono quelle operanti nel settore dell’edilizia, mentre il secondo settore merceologico maggiormente ispezionato è stato quello degli alberghi e pubblici esercizi, attività che ha consentito il recupero di evasioni contributive per oltre 1,1 milioni di euro, mentre per l’attività svolta nella vigilanza tecnica sono state eseguite 112 ispezioni. Un’esposizione analitica dei dati relativi all’attività di controllo svolta nelle Province di Campobasso e Isernia sarà debitamente illustrata dal maresciallo capo Leonardo Lefemine, comandante del Nucleo Carabinieri presso l’ispettorato del lavoro di Campobasso.
Concludo questa mia audizione evidenziando che nell’ambito della legione Carabinieri Molise è pienamente operante il positivo coordinamento tra i vari soggetti competenti in materia di sicurezza.

PRESIDENTE
Ringrazio il nostro audito per la puntuale relazione e per il quadro delle competenze e di come sono state rafforzate, soprattutto per quanto riguarda il Nucleo speciale per la tutela del lavoro: da un primo embrione di un solo responsabile nazionale siamo passati ad una strutturazione territoriale con tre responsabili, in riferimento alle tre aree del Paese: il Nord, il Centro e il Sud. Abbiamo seguito con attenzione l’intesa con il Ministero del lavoro, a cui ha fatto riferimento il nostro audito, e seguiamo con grande attenzione il lavoro svolto dal Nucleo dell’Arma dei Carabinieri. In talune iniziative, assommando la figura del carabiniere a sé quelle specificità che lei ha prima richiamato, gli permette di muoversi con sicurezza e con determinazione nell’intera attività ispettiva, integrativa e conoscitiva.

RASTELLI
Ciò è basilare: lo dico dal punto di vista professionale.

PRESIDENTE
Soprattutto in alcuni territori in cui gli ispettori del lavoro avrebbero difficoltà ad andare.

PRESIDENTE
Anche in territori vicini al Molise.

RASTELLI
Non lo metto in dubbio. Si crea una cultura dal punto di vista professionale che fa sì che molti interventi, connessi sia all’attività di pubblica sicurezza che all’attività di polizia giudiziaria, eseguiti in sinergia, offrano frutti e risultati non indifferenti e fortemente apprezzati dal punto di vista della tutela del lavoro e dei risultati e della sicurezza più generale.

PRESIDENTE
Quante unità sono a disposizione delle Province di Campobasso e Isernia?

LEFEMINE
La forza organica presente presso il Nucleo Carabinieri dell’ispettorato del lavoro di Campobasso, così come per Isernia, è di tre unità. I due Nuclei Carabinieri svolgono attività sia nel campo della vigilanza ordinaria sia in quello della vigilanza tecnica. Nel campo della vigilanza ordinaria, nel corso del 2011, i due Nuclei dell’ispettorato del lavoro operanti nella Regione Molise hanno ispezionato 484 aziende riscontrando che 254 di esse, pari al 52 per cento del totale, presentavano varie irregolarità. Tra le imprese maggiormente controllate vi sono quelle operanti nel settore dell’edilizia, ne sono state controllate 206, mentre il secondo settore merceologico maggiormente ispezionato è stato quello degli alberghi e dei pubblici esercizi, in cui sono state controllate 108 unità. Dei 1.272 lavoratori intervistati, 809, pari quindi a circa il 64 per cento, sono risultati regolari, mentre 206, pari a circa il 16 per cento, sono risultati irregolari, e 257, pari al 20 per cento, sono risultati lavoratori in nero. I lavoratori in nero sono risultati dunque il 20 per cento dei lavoratori intervistati, per un dato che corrisponde al 2 per cento del totale nazionale. Di questi ultimi, sei sono risultati stranieri e quattro minori.
Nel corso del 2011 l’attività dei due NIL e dell’Arma territoriale del Molise, ha permesso di recuperare contributi evasi per oltre 1,1 milioni di euro: a tal proposito posso consegnare un documento contenente il report dell’attività operativa e i dati in dettaglio.
Per quanto riguarda l’impiego della mano d’opera straniera, l’attività ispettiva dei due NIL nella Regione Molise ha permesso di riscontrare che, su 14 lavoratori stranieri controllati, otto sono risultati regolari e sei irregolari, mentre nessuno è risultato clandestino.
Per quanto riguarda i lavoratori minori, nel corso del 2011 l’attività di vigilanza dei NIL della Regione Molise ha rilevato la presenza di 15 lavoratori di età inferiore ai 18 anni, tutti occupati illecitamente.
Per quanto riguarda la vigilanza tecnica svolta dai due Nuclei presso l’ispettorato del lavoro dei Carabinieri, nel 2011 si è posta particolare attenzione alla vigilanza connessa alla sicurezza, alla salute e alla dignità delle maestranze, strettamente correlata all’estensione del lavoro irregolare. L’attività di vigilanza tecnica nella Regione Molise ha dato i seguenti esiti: sono state effettuate 112 ispezioni, nel corso delle quali sono state effettuate 97 prescrizioni per violazione della normativa sulla sicurezza nei luoghi di lavoro, con l’applicazione del decreto legislativo n. 758 del 1994, che prevede la possibilità per i datori di lavoro inadempienti di regolarizzare le loro posizioni riscontrate irregolari. Nel corso di queste ispezioni sono state 37 le sospensioni di attività, notificate alle varie realtà imprenditoriali, operate ai sensi dell’articolo 36-bis della legge n. 248 del 2006, nonché dell’articolo 14 del decreto legislativo n. 81 del 2008, avendo scoperto lavoratori in nero in percentuale superiore al 20 per cento. Nel corso di queste ispezioni, 102 sono state contestate, per un importo pari a 353.200 euro.
Analizzando in dettaglio gli esiti dell’attività operativa del 2011 nella Regione Molise, si evidenzia che tra le violazioni contestate nel settore della sicurezza, sul totale di 102, le più ricorrenti hanno riguardo l’omissione di regole di prevenzione per i lavori per le costruzione in quota, ossia la violazione del regolare montaggio dei ponteggi: l’omissione dell’uso dei dispositivi di protezione individuale o di altre protezioni e precauzioni, l’omessa osservanza delle norme di igiene e salubrità dei luoghi di lavoro.
Inoltre, l’attività ispettiva ha permesso ai Carabinieri per la tutela del lavoro di costatare gli aspetti di maggiore criticità nei cantieri ispezionati e quindi l’esecuzione di attività simultanee, ma incompatibili, l’impreparazione professionale dei lavoratori, l’omessa adozione o utilizzo delle precauzioni o delle protezioni obbligatorie, l’inadeguatezza dei piani di sicurezza e di coordinamento e la carenza di misure tecniche e procedurali, nonché impianti elettrici non conformi alle direttive CE e lo scorretto uso delle previste attrezzature, tale da sovraesporre gli operai a rischi di precipitazione, ossia a cadute dall’alto, che costituiscono la principale causa degli infortuni nelle attività di costruzione e di manutenzione.
Ho poi una serie di dati, riguardante l’attività riepilogativa effettuata dai Nuclei di Campobasso e di Isernia. Facendo un esame, nel complesso, di entrambi i Nuclei, vediamo che sono stati effettuati 453 accesi in tutti i settori merceologici, 484 aziende controllate, con un recupero di 1.140.065 euro di contributi evasi, per un totale di 46.450 euro di somme effettivamente riscosse. Le sanzioni amministrative contestate in materia di lavoro sono state complessivamente 1.619.801, delle quali 292.839 effettivamente riscosse, e – com’è stato detto in precedenza – sono stati controllati 1.272 lavoratori, dei quali 257 in nero.

BONESSIO
Signor Presidente, desidero a mia volta accennare alle nostre competenze, che naturalmente la Commissione già conoscerà, per ricordarle prima di tutto a me stesso. I compiti istituzionali e quindi le attività prevalenti del Corpo nazionale dei Vigili del fuoco sono il soccorso tecnico urgente, del quale fa parte anche l’estinzione degli incendi e la loro prevenzione.
Nell’ambito del soccorso, il nostro intervento in caso di incidenti sul lavoro è limitato alle situazioni particolari in cui serve un’opera tecnica, come quando un lavoratore rimane incastrato in una macchina. Nella stragrande maggioranza dei casi, invece, l’intervento di soccorso è limitato alla competenza del 118, con riferimento agli aspetti sanitari nei quali non siamo coinvolti. Su quest’ultimo aspetto del soccorso non penso di poter fornire un contributo particolare, perché non sarebbe assolutamente significativo, con riferimento ai casi nei quali siamo intervenuti.
La prevenzione degli incendi, una delle nostre attività istituzionali, costituisce uno degli aspetti – ma non l’unico – che fanno parte della sicurezza sul lavoro e rispetto al quale siamo l’ente preposto. La sicurezza antincendio consiste nell’intervento rispetto all’incendio in sé e per sé e agli eventi che definiamo «rilasci incontrollati di energia» (in pratica le esplosioni), compresi i sistemi di esodo delle persone dai locali tramite le uscite di sicurezza ed i percorsi per raggiungere le varie vie di fuga. Di norma, il controllo su tali attività viene svolto su una serie di casi previsti dal legislatore. Proprio di recente, nell’ultimo periodo dell’anno passato, abbiamo cominciato ad applicare il decreto legislativo n. 151 del 1º agosto 2011, che ha introdotto alcune novità e semplificazioni, tali per cui una serie di attività ritenute meno pericolose è stata lasciata alla valutazione dei professionisti abilitati, con tanto di certificazioni firmate, lasciando a noi l’attività di controllo. Tale scelta mira a permetterci di concentrarci con maggiori energie in attività ritenute più pericolose, nelle quali invece il sistema è graduale. La normativa ha previsto praticamente tre livelli di approfondimento, di rigore e di procedure nei controlli, fino ad arrivare alle attività ritenute più pericolose, con riferimento alle quali il sistema è rimasto molto rigoroso e severo, perché quelle soggette alla prevenzione devono ricevere un permesso preventivo e sopralluoghi successivi, tramite i quali il funzionario tecnico dei Vigili del fuoco interviene per controllare l’attuazione del progetto ed il rispetto di tutte le norme.
Tale attività viene svolta essenzialmente tramite funzioni molto estese, codificate sempre nell’allegato al suddetto decreto legislativo n. 151 del 2011. Si tratta prevalentemente di attività sui luoghi di lavoro, ma i controlli riguardano pure i condomini, le centrali termiche e le autorimesse, anche private, e vengono svolti prevalentemente dai nostri funzionari tecnici (diplomati, come geometri e periti, o ingegneri), che sono anche ufficiali di polizia giudiziaria a competenza limitata, nell’ambito di questo compito istituzionale dei vigili del fuoco.
Le strutture operative del territorio molisano sono i due comandi provinciali di Isernia e Campobasso, che hanno una sufficiente autonomia rispetto al soccorso e alla prevenzione incendi, mentre il mio ruolo di direttore regionale è di coordinamento, stimolo e verifica dell’attività svolta dai comandi provinciali, oltre che di mantenimento dei rapporti con il Ministero e con il dipartimento dei Vigili del fuoco, soccorso pubblico e difesa civile.
Secondo i dati relativi agli ultimi due anni, che ho verificato ultimamente, si è passati da 68 controlli svolti sul territorio nel 2012 – sul campo e non a monte – a 140 nel 2011.
Anche noi siamo soggetti alla particolare procedura prevista dal decreto legislativo n. 758 del 1994, che ha stabilito una sorta di depenalizzazione dei reati, purché il responsabile paghi una sanzione e – cosa ancor più importante – elimini le situazioni di pericolo che abbiamo verificato e gli sono state notificate. Secondo quanto previsto, il fatto viene comunicato anche all’autorità giudiziaria, perché c’è comunque un’ipotesi di reato, che può essere estinto in questo modo. Le verifiche di questo genere sono state 23 nel 2009 e 15 nel 2011.
Il personale che svolge tale attività è quasi essenzialmente quello che ha una formazione tecnica più elevata (geometri, diplomati e laureati). A Campobasso abbiamo una forza attiva di sei funzionari ed un dirigente, il comandante, mentre ad Isernia ne abbiamo quattro, più il dirigente. Tutto sommato, con una certa fatica, si riesce anche a far fronte a quest’attività, perché tali figure non si dedicano in modo esclusivo al controllo e alla prevenzione degli incendi, ma hanno anche compiti di servizio, soccorso e organizzazione del comando, nonché vari altri compiti strumentali che servono a far funzionare la struttura.
Oltre a far questo, il nostro dipartimento impartisce le direttive, con le quali spesso negli anni ci ha incaricato di eseguire controlli specifici su talune attività. Ancora non sappiamo se nel 2012 vi sarà un tema specifico, altrimenti posso indicare io ai due comandi se nutriamo qualche elemento di particolare preoccupazione nei confronti di alcune attività.
Inoltre, un mio collaboratore ed io facciamo parte del comitato di coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza sui luoghi di lavoro, che rientra nell’alveo dell’ente Regione del Molise, che è stato rinnovato di recente nei suoi componenti ed è articolato in comitati operativi provinciali, anche se non so quando si riunirà nuovamente.

PRESIDENTE
Dopo le elezioni, secondo quanto prevede la norma.

BONESSIO
Non lavoro qui da molto, signor Presidente, pertanto vi ho partecipato un paio di volte. Dovremmo sviluppare maggiormente tutte le forme di coordinamento tra i vari enti che lavorano in questo campo, trovando una forma celere. In quell’incontro si erano anche ipotizzati sopralluoghi congiunti, ma a causa delle problematiche attinenti alla gestione di fondi limitati – che più o meno tutte le organizzazioni hanno – molti enti incontravano grandi difficoltà. Sarebbe già un buon passo in avanti – e stiamo cominciando a prendere accordi in tal senso – se ogni ente nei propri controlli, avendo anche solo il sentore di una possibile irregolarità o inadempienza nel campo di competenza altrui, come ad esempio il nostro, ce lo segnalasse, in modo da poter svolgere interventi ad hoc in quell’attività.
Il rischio, altrimenti, è di avere un controllo più che buono sulle attività conosciute, che seguono tutte le procedure, ma di avere il sommerso – che potrebbe rischiare di sfuggirci – nelle piccole attività, dove purtroppo gli incidenti, compresi gli incendi, possono capitare comunque. Occorre dunque far emergere il sommerso il più possibile: a tal fine, ritengo importante attivarsi con le Camere di commercio, gli enti locali ed i Comuni affinché ci segnalino casi che non risultano nella nostra banca dati. Ormai da parecchi anni l’informatica ci coadiuva, per cui conosciamo tutte queste attività perché sono monitorate (come i permessi, i nulla osta ed i certificati di prevenzione incendi (CPI) e gli esami progetto); pertanto la situazione di coloro che sono in regola e hanno seguito le procedure è abbastanza sotto controllo. La mia preoccupazione è che possa esservi un sommerso, magari di piccole dimensioni, costituito da soggetti che non sono sottoposti nemmeno per legge a tali adempimenti formali, ma che devono comunque rispettare le norme ed i criteri tecnici di sicurezza.

PRESIDENTE
Bisogna trovare il sommerso: magari lei non ha nemmeno le competenze per farlo, ma il coordinamento cui ha fatto riferimento serve anche a questo.

BONESSIO
Dovremmo stimolarlo e svilupparlo.

PRESIDENTE
Fatelo, allora, perché, attraverso la norma che lo prevede, ne fate parte integrante. Stamattina abbiamo avuto un colloquio con i due assessori che si interessano di temi inerenti alla sanità e al lavoro, che, essendosi trovati in una fase di rottura della consigliatura regionale, della quale – come sapete – c’è stato un recente rinnovo, hanno ricostituito il coordinamento. Ci stiamo muovendo in questa direzione, perché ci crediamo: o si riesce a coordinarsi o diventa tutto più complesso, con un’enorme dispersione di energie, se uno non sa cosa fa l’altro. È invece necessario che avvenga il contrario ed il luogo adatto è proprio il coordinamento regionale, che poi si dispiega anche su quelli provinciali, com’era avvenuto già prima della prematura chiusura della consigliatura.

BONESSIO
Ne fanno parte i due dirigenti delle nostre due strutture provinciali.

PRESIDENTE
Se armonizziamo questi elementi, ricaviamo un quadro fatto di tanti soggetti istituzionali che operano sul campo, che però spesso si sovrappongono o procedono parallelamente. Non possiamo più permettercelo, quindi uno dei motivi per i quali stiamo svolgendo la presente indagine con la nostra Commissione è proprio cercare di far decollare tale coordinamento. Anzi, qui in Molise ci sono state alcune iniziative in questa prospettiva, a norma del decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 21 dicembre 2007, ma vi sono realtà ancora più lente. Sotto questo profilo, comunque, ognuno si lamenta di avere pochi uomini e mezzi, cosa sicuramente vera, ma se gli uomini ed i mezzi si mettono insieme, alla fine ne ricaviamo una discreta presenza.
È certamente problematico coordinarli, perché sul punto vi è la competenza concorrente di Stato e Regioni, ma si sta tentando di correggere questa falla – se possibile – con il coordinamento e sistemi similari; altrimenti, valuteremo sotto il profilo legislativo se non sia il caso di rivedere tale organizzazione, sia pure secondo le legittime competenze costituzionali dello Stato e delle Regioni. Ecco lo scopo dell’attività di audizioni che svolgiamo sul territorio e delle conseguenti riflessioni che elaboriamo poi a Roma.

BONESSIO
Signor Presidente, desidero solo precisare che non vorrei aver dato un’impressione più negativa di quella che penso: il mio intervento era positivo, per spronarci a migliorare la situazione.

PRESIDENTE
Ed in positivo lo abbiamo colto, ingegner Bonessio, perché non abbiamo retropensieri di sorta: nel momento in cui ha giustamente sottolineato l’esistenza di una parte nera che sfugge, le ho rivolto l’invito ad andarla a cercare. Il resto è molto più semplice, come il rapporto tra il galantuomo e il carabiniere, che si complica quando non c’è più il primo: là dobbiamo concentrare la nostra attenzione.
Ringraziandovi ancora una volta per il prezioso contributo che avete apportato ai nostri lavori, dichiaro conclusa l’audizione augurandovi buon lavoro.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il segretario regionale della CGIL, signora Erminia Mignelli, il segretario regionale della CISL, dottor Pietro Iocca, il segretario regionale aggiunto della UIL, signor Enrico Staffieri, e il coordinatore regionale enti pubblici dell’INAIL con delega per l’UGL, dottor Marco Colalillo.

PRESIDENTE
Ringraziamo i rappresentanti delle organizzazioni sindacali oggi presenti e contiamo sulle loro importanti riflessioni, atteso il tema di cui parleremo e sul quale questa Commissione svolge le proprie attività. Iniziate a fare liberamente le vostre riflessioni sul tema della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro.

STAFFIERI
Signor Presidente, sono segretario generale aggiunto della UIL e vice presidente del comitato tecnico paritetico per la prevenzione degli infortuni (CTP), un organismo bilaterale e contrattuale nel settore delle costruzioni. Cerco di riferirmi ai dati e all’esperienza dei due incarichi che ricopro. Considerati i nostri osservatori, la nostra libera attività quotidiana e gli ultimi dati del rapporto INAIL nel Molise, riteniamo che l’incidenza sia molto alta. È vero che i dati INAIL indicano un ribasso, però è altrettanto vero che nel settore principale dell’economia di questa Regione, quello delle costruzioni, negli ultimi due anni si sono persi circa 4.000 posti di lavoro. Meno si lavora e meno infortuni si hanno. Lo stesso avviene nell’agricoltura: ci risulta che alcune decine di aziende agricole sono sparite completamente. Purtroppo il nostro territorio, anche quello agricolo, sta per essere ricoperto dai pannelli solari. La zona di Termoli o la zona di Venafro per quanto riguarda la Provincia di Isernia erano prettamente agricole; ora, ogni giorno che passa, vediamo sempre più pannelli solari e una regressione dell’agricoltura. Noi abbiamo anche individuato alcuni aspetti degli infortuni. Innanzitutto c’è una forte incidenza del lavoro nero in questa Regione, benché sia combattuta con le forze minime che ci sono, e soprattutto dai nostri osservatori emerge che stranamente gli infortuni si verificano sempre dopo le ore 17 del pomeriggio, quando si va al pronto soccorso e si riferisce che l’infortunio è avvenuto a casa e non sul posto di lavoro. Ciò si verifica soprattutto per una fortissima presenza di lavoro nero. Un altro ostacolo alla lotta contro i due fenomeni è la cattiva abitudine della pubblica amministrazione di questa Regione di non verificare e controllare, anche attraverso il rilascio del DURC. Noi abbiamo stazioni appaltanti del pubblico – mi riferisco ai lavori per la ricostruzione dopo il terremoto – dove spesso le imprese appaltatrici subappaltano e risubappaltano i lavori. Nella stragrande maggioranza dei casi, il DURC non viene chiesto di volta in volta che ci sono i pagamenti. Invito, pertanto, la prefettura a farsi parte attiva presso i Comuni e gli enti appaltanti e il commissario straordinario affinché si abbia un maggior controllo a cominciare dal rilascio del DURC. Dico questo con cognizione di causa perché, essendo anche componente del consiglio d’amministrazione della cassa edile, un altro osservatorio straordinario nel settore delle costruzioni, il numero delle ore denunciate dei lavoratori è sempre meno. Noi siamo arrivati a una media di 80 ore al mese denunciate. C’è, quindi, una forte evasione di carattere contributivo e contrattuale che incide fortemente, oltre ad una presenza massiccia di lavoratori stranieri che, come sappiamo, sono quelli che soffrono più di tutti per il rapporto di lavoro e per la necessità di lavorare. Il nostro grido d’allarme è volto a far sì che si intensifichino fortemente i controlli nei due settori, ad intensificare i controlli nei due settori principali dell’agricoltura e dell’edilizia e, soprattutto, a vigilare per il rilascio e la richiesta del DURC. In merito, proprio pochi giorni fa c’è stata una risposta ad un nostro interpello al Ministero del lavoro. Alcune amministrazioni pubbliche in questa Regione erano ancora convinte che il DURC dovesse chiederlo l’impresa e non l’ente appaltante. Il Ministero del lavoro ha chiarito che era l’ente appaltante a dover richiedere il DURC di volta in volta, però questo strumento è utilizzato ancora per meno della metà rispetto a ciò che la legge impone e stabilisce. Stiamo mettendo insieme un po’ di sinergie: gli enti contrattuali sono alla ricerca di protocolli di intesa con gli enti pubblici e io, in qualità di vice presidente del CTP, pochi giorni fa ho sottoscritto un protocollo con l’INAIL per fare congiuntamente le visite sui cantieri perché, almeno per quanto mi riguarda, non esalto la repressione, ma il rapporto diretto tra i vari soggetti che compongono una fetta importante dell’economia di questa Regione. Concludo dicendo che mi auguro che mettendo un po’ più di nostro per il rispetto delle norme e delle leggi sicuramente riusciremo anche ad abbassare questi indici che sono ancora alti. Come enti paritetici e come cassa edile, in particolare, siamo – credo – gli unici in Italia a fornire ai lavoratori nell’edilizia il materiale antinfortunistico, che va dal casco, alle scarpe, alle cinture. Forniamo questa attrezzatura ai lavoratori di imprese regolari. Ci auguriamo che quelle irregolari vengano pizzicate per fare in modo che rispettino anche loro le leggi per la tutela della salute del lavoratore.

MIGNELLI
Riagganciandomi a quello che diceva il collega Staffieri, voglio dire che dai dati che abbiamo in nostro possesso e che ci fornisce l’INAIL emerge una diminuzione degli infortuni rispetto agli anni precedenti. A mio avviso, è un dato poco attendibile in quanto, se lo raffrontiamo con i dati della diminuzione degli occupati in Molise, ci accorgiamo che ci sono meno infortuni non perché funzionano le norme in materia di sicurezza, ma perché è diminuito il lavoro e il numero degli occupati. C’è poi un altro dato che, a mio avviso, va tenuto in considerazione: nella crisi, con l’aumento della precarietà, del lavoro nero e grigio, ma anche in presenza di rapporti di lavoro normale, molto spesso da parte delle imprese c’è la volontà di non fare denunciare al lavoratore l’infortunio e di mascherarlo sotto forma di malattia. Per cui l’aspetto della sicurezza sul lavoro, a nostro avviso, va sottoposto ad attenzione e sostenuto rimettendo in campo normative già presenti in passato, a partire dalla denuncia di assunzione del lavoro prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro e non dando la possibilità di farla nei giorni successivi perché spesso si dichiara che l’infortunio è avvenuto quando il rapporto di lavoro non è ancora stato instaurato. I settori nei quali noi registriamo una predominanza di infortuni anche mortali sono l’edilizia e l’agricoltura. L’edilizia è il settore che in questi ultimi anni, soprattutto nell’ultimo, ha subito una recessione rispetto agli occupati. A nostro avviso, andrebbero rimesse in campo le norme sull’assunzione e maggiori controlli, che possono avere luogo se al territorio si danno risorse e se si fa capire alle aziende che applicare la prevenzione e tener in dovuta considerazione la sicurezza non è un costo, ma un investimento. Investendo sulla sicurezza si riducono i costi per il pubblico, in quanto l’infortunio determina un aggravio di costi per intervenire sul lavoratore che ha subito un danno e, quindi, un costo per la pubblica amministrazione. Le aziende in sicurezza garantiscono produzioni di qualità e, quindi, intervenire sul processo produttivo evita anche conseguenze successive.
I dati che abbiamo – mi riferisco alle malattie professionali – mostrano che quando si interviene sulla sicurezza, adeguando i luoghi di lavoro, anche le malattie professionali si riducono, soprattutto nei settori che incidono sullo stato fisico delle persone. Mi permetterei di suggerire un miglioramento che incida a livello regionale sui protocolli stipulabili con la Regione in materia di sicurezza e a livello nazionale sulle normative volte all’applicazione del decreto legislativo n. 81 del 2008 affinché, nell’ambito della vigilanza, si forniscano nuovamente agli organi competenti le risorse necessarie ad attuare i controlli. Quando si fa una denuncia, infatti, a volte passano mesi prima che intervengano i soggetti preposti, che non sono nella condizione di avere né personale né risorse economiche per effettuare i controlli. Bisogna intervenire affinché le normative siano applicate dalle imprese e rese fruibili agendo settore per settore con unità presenti sui luoghi di lavoro.

IOCCA
Vorrei rappresentare, da parte mia, il fatto che la sicurezza sui luoghi di lavoro è innanzitutto una questione culturale. Si parla tanto di sicurezza sui luoghi di lavoro, ma di solito se ne parla nei convegni o in occasione della riunione di esperti. Si fa poco, invece, per trasmettere la cultura della sicurezza, che è davvero tanta, ma che non viene portata nei luoghi di lavoro. Questo tipo di carenza a mio avviso esiste, ed è per tale motivo che ho chiesto al rettore dell’università del Molise, visto che c’erano tanti cantieri aperti all’interno dell’università, di invitare in cantiere un esperto della sicurezza sul lavoro, per fare una lezione agli operai e far apprendere loro ciò che significa davvero la sicurezza. Molto spesso, visitando i cantieri, si vede che gli operai non indossano il casco o le scarpe adatte. Bisogna dunque spiegare agli operai i comportamenti che devono rispettare, portando così la cultura della sicurezza ai diretti interessati, che ne devono usufruire in prima persona.
Un esperimento di questo tipo, che non realizzammo in un cantiere dell’università, venne però effettuato in collaborazione con la Provincia di Campobasso, all’interno di un edificio in costruzione. Un’impresa mise infatti a disposizione un cantiere e lasciò in libertà i propri operai per mezza giornata, per assistere ad una lezione di un esperto della sicurezza dei luoghi di lavoro nel settore dell’edilizia. Magari si dovrebbero fare qualche convegno in meno e qualche lezione in più, proprio per portare materialmente, in modo pratico, la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro.
In Molise è presente qualche altra peculiarità negativa. Bisogna infatti considerare la consistenza numerica delle imprese molisane, che non supera mediamente le dieci unità lavorative. La ridotta dimensione delle imprese è un fattore che genera risultati di questo tipo e fa in modo che il Molise sia una delle Regioni in cui maggiore è il numero degli infortuni nei luoghi di lavoro. Credo che la dimensione delle imprese sia un fattore importante in questa circostanza.

PRESIDENTE
Il Molise è una delle Regioni con il maggior numero di infortuni?

IOCCA
Purtroppo è così, per quel che riguarda la percentuale degli infortuni mortali, rapportata al numero complessivo degli occupati.

COLALILLO
Gli infortuni in genere sono in calo e forse si potrebbe arrivare a dire che il dato è anche troppo in calo: bisogna considerare però la percentuale delle cosiddette morti bianche.

PRESIDENTE
Non mi pare ci sia una condizione di straordinarietà per quel che riguarda il numero degli infortuni. Si registra però una diminuzione costante, secondo i dati forniti dall’INAIL, che credo abbiate anche voi. C’è una diminuzione costante, dal 2006 fino al 2011, anche se non abbiamo ancora i dati per il 2011. Si passa infatti dai 4.131 infortuni del 2006, ai 2.116 infortuni del 2011. C’è il problema dell’andamento degli infortuni mortali, che andrebbe studiato: si sono verificati infatti 10 infortuni mortali nel 2006, 12 decessi nel 2007, mentre nel 2008 il numero degli infortuni mortali si è ridotto a 4, per poi impennarsi nuovamente nel 2009 fino a 11 e scendere ancora a 10 nel 2010. Ad oggi, il dato non ancora ufficiale per il 2011 riporta un totale di 6 infortuni mortali. Bisogna capire perché le variazioni percentuali sono così enormi, considerando che i numeri, in valore assoluto, sono piccoli.

STAFFIERI
Al diminuire degli occupati diminuiscono anche gli infortuni.

PRESIDENTE
Secondo i nostri dati, gli occupati nel 2006 sono circa 109.000, nel 2007 sono circa 112.000, nel 2008 sono circa 114.000, nel 2009 sono circa 110.000 e nel 2010 sono circa 108.000. In effetti, dal 2006 al 2010, salvo un aumento registratosi nel 2008, il dato dell’occupazione è più o meno costante, con differenze di circa 1000 occupati tra un anno e l’altro. Questo è il dato fornito dall’INAIL. Ovviamente bisogna capire l’incidenza della cassa integrazione, perché la statistica considera occupati anche i lavoratori cassintegrati che non stanno lavorando.

IOCCA
I dati ufficiali della Provincia di Isernia per il 2010, nel campo dell’edilizia, registrano un aumento degli infortuni del 30 per cento rispetto all’anno precedente.

PRESIDENTE
Sono sicuro che questo dato sia vero, ma noi abbiamo i dati accorpati e non quelli disaggregati per settore, che sono forse più interessanti. Secondo i nostri dati, in Provincia di Isernia, nel 2010 si è registrata una diminuzione complessiva del 22 per cento degli infortuni totali. Come detto, i nostri sono dati globali, mentre sarebbe interessante avere anche i dati disaggregati per settore.

IOCCA
La peculiarità molisana della scarsa consistenza delle imprese gioca a sfavore della sicurezza sul lavoro. L’altra peculiarità, connessa all’incidenza degli infortuni, riguarda il fatto che l’80 per cento delle imprese molisane lavora nel settore dell’agricoltura. I giovani vanno via dal Molise per lavorare e ciò accade in maniera consistente nel settore dell’agricoltura. Bisogna dunque considerare che l’età elevata degli agricoltori, visto che con l’aumento degli anni i riflessi diminuiscono e si ha meno destrezza nell’utilizzare i macchinari, è probabilmente uno dei fattori che spiega il dato degli infortuni in Molise.
L’azione principale che si dovrebbe intraprendere è quella di trasmettere la cultura antinfortunistica direttamente agli operai che lavorano nei cantieri. Credo inoltre che la normativa che regola la sicurezza dei luoghi di lavoro sia già abbastanza precisa e puntuale. Ritengo che non servano nuove norme, ma che si dovrebbe accentuare la sorveglianza. Capita di sentire che gli ispettori non possono recarsi a svolgere il proprio lavoro perché manca la benzina o che non possono andare in trasferta, perché non ci sono le risorse per pagare le trasferte: credo che questo sia un impedimento che non permette di agire al meglio per debellare la piaga degli infortuni nei luoghi di lavoro.

COLALILLO
Sono stato delegato ad intervenire in questa audizione dal segretario generale dell’UGL: essendo un dipendente dell’INAIL – lo dico con molta umiltà – mi sono sempre cimentato sull’argomento degli infortuni. Ho dunque cercato di snocciolare i problemi statistici per rapportarli alla realtà che il sindacato dovrebbe vedere da vicino, essendo un soggetto che conosce gli umori dei lavoratori.
Il collega Iocca ha anticipato la mia riflessione, dicendo che spesso nel mondo del lavoro manca la cultura della prevenzione. Lavoro e prevenzione sono un binomio inscindibile: da quando si entra nel mondo del lavoro non ci si deve mai allontanare dalla cultura della prevenzione. Ciò è fondamentale in una Regione come il Molise, perché sono poche le realtà manifatturiere e spesso vengono da fuori Regione, come la Fiat, la Solagrital e la Ittierre: in tali realtà più grandi, trattandosi di aziende multinazionali, vengono seguite normative ben precise in materia di prevenzione e anche i sindacati cercano sempre di fare la loro parte, in maniera collaborativa. A parte queste grandi realtà manifatturiere, considerando anche la recessione economica e la diffusione della cassa integrazione guadagni, che fa di molto diminuire il numero delle ore effettivamente lavorate, l’economia del Molise rimane rurale, rappresentata dai settori edilizio e agricolo, che costituiscono i cardini e il sostegno dell’economia regionale. Ciò porta purtroppo a non avere una dimensione corretta della prevenzione degli infortuni.
Sono d’accordo con il collega Iocca quando dice che i protocolli e gli incontri sulla prevenzione devono rivolgersi alla persona, all’operaio e al lavoratore. Tale attività deve essere più diretta e ciò vale anche per i finanziamenti messi a disposizione dall’INAIL, per gli organismi bilaterali, per le scuole o per le tante iniziative in materia svolte a livello locale dalla Regione, di cui vi hanno certamente parlato gli auditi intervenuti prima di me. Purtroppo le tantissime iniziative, svolte anche a livello locale, finiscono per snaturarsi e non se ne comprendono le ricadute. Infatti, un istituto come l’INAIL fa soltanto la prevenzione da un punto di vista informativo e formativo, e dunque non si riesce a capire bene la ricaduta sul territorio di tali finanziamenti, che dovrebbero creare la cultura della prevenzione.
La seconda riflessione che ho potuto elaborare è che, in effetti, a mio modestissimo parere, manca un organismo di riferimento e la prevenzione è divisa tra tanti enti: l’INAIL si occupa di formazione e informazione, l’ASREM di una parte della prevenzione, relativa alle industrie manifatturiere, mentre la direzione provinciale del lavoro si occupa di edilizia. Questo spezzettamento porta ad un certo disorientamento anche gli stessi operatori, gli addetti e gli ispettori, che – spesso in congiunta – dovrebbero vigilare affinché le norme vengano attuate e rispettate.
Com’è stato detto poc’anzi, in Molise il dato generico degli infortuni tende a diminuire, per un semplice motivo, cui abbiamo già accennato: tra cassa integrazione e recessione economica, meno si lavora e meno ci si infortuna. Quello che lascia a desiderare invece sono le morti bianche, che in Molise stentano a diminuire, e penso che la Regione detenga la percentuale più alta a livello nazionale.

PRESIDENTE
È importante soffermarsi su una questione, che effettivamente è rilevante: come certamente saprà, per questo suo conflitto d’interessi, la maggior parte delle morti in Molise avviene in itinere.
Il discorso allora cambia, perché non riguarda solo l’edilizia o l’agricoltura, settori nei quali certamente avvengono alcuni decessi (ad esempio dovuti al noto ribaltamento dei trattori). La viabilità compromette la sicurezza delle strade, perché se verrà confermato che per questi sei decessi del 2011 si può parlare di infortuni sul lavoro (ed in genere è così, a meno che non aumentino a sette perché un riconoscimento è in corso), si deve tener conto del fatto che la maggior parte di essi è avvenuta in itinere, sulle strade. Bisogna quindi inquadrare questi numeri, che portano inevitabilmente a riflettere sulla sicurezza stradale.

STAFFIERI
Abbiamo una viabilità vecchia di cinquant’anni, signor Presidente: per compiere un tragitto di 50 chilometri, partendo da Isernia, si impiega un’ora, perché spostarsi di 50 chilometri in Molise equivale a farlo di 150 in un’altra Regione.

PRESIDENTE
Conosco il Molise perché provengo da una zona vicina.

COLALILLO
Signor Presidente, inizialmente facevo riferimento ad un andamento infortunistico in generale.

PRESIDENTE
Invece dobbiamo mettere a fuoco i particolari.

NEROZZI
Il Molise è la Regione che detiene il record assoluto di infortuni avvenuti in itinere.

PRESIDENTE
A parte i tempi di percorrenza richiesti dalla situazione in cui versano le strade della Regione, è la loro pericolosità ad essere preoccupante, perché essendo anguste e piene di curve trasformano ogni sorpasso in un’incognita.

COLALILLO
Non per fare polemica, signor Presidente, ma anche il versante dei trasporti è carente: non è detto che si debba prendere per forza la macchina, perché si potrebbe anche usufruire dei mezzi pubblici; qui in Molise, però, il lavoratore purtroppo è costretto a farlo per l’incompatibilità degli orari dei mezzi sostitutivi.

PRESIDENTE
Concentratevi su questo aspetto particolare, voi che siete di questo territorio, mentre noi indubbiamente trarremo le nostre conclusioni. Ricordate di avere un luogo in particolare dove affrontare a fondo il tema con tutti soggetti istituzionali, ossia il comitato di coordinamento regionale, ricostituito in questi giorni. Vi invito a fare pressioni in quella sede, anche se non credo di dover essere io ad insegnarvi cosa fare, dal momento che, in qualità di sindacalisti, immagino lo sappiate già. Quello infatti è il luogo deputato alla sicurezza stradale, atteso che il suo presidente è lo stesso della Regione Molise. Se poi su questo tema servono anche la nostra disponibilità e la nostra vicinanza, saremo ben disposti a fare la nostra parte.

IOCCA
Signor Presidente, credo però che i decessi – soprattutto quelli avvenuti qualche anno fa – riguardino più il campo dell’agricoltura che altri settori.

NEROZZI
Dei sei decessi di cui sopra, due hanno riguardato artigiani che stavano andando a lavoro, tre sono avvenuti in itinere e un solo lavoratore è morto in un cantiere.

PRESIDENTE
Negli anni in cui si è raggiunto il picco di 13 decessi, qualcuno sicuramente sarà avvenuto nel settore agricolo, ma rimane significativo l’appesantimento degli incidenti in itinere.

NEROZZI
Nelle altre Regioni, il rapporto tra gli infortuni avvenuti in itinere ed i restanti è di uno a dieci, mentre qui è l’inverso.

COLALILLO
Ciò dipende in gran parte dall’orografia del territorio.

PRESIDENTE
Il problema dei trasporti ha un grande peso, ma si tratta di temi che conoscete meglio di noi e che pertanto vi invito ad affrontare nelle sedi opportune.

STAFFIERI
Abbiamo una rete viaria vecchia di trent’anni, signor Presidente, anche se all’epoca come Regione eravamo all’avanguardia per la viabilità: la strada statale n. 647 di Fondo Valle del Biferno, chiamata anche Bifernina, è lastricata di croci ed ha un accesso laterale ogni venti metri, al punto che ormai è diventata una viuzza, per non parlare poi della strada statale n. 650 di Fondo Valle del Trigno, la cosiddetta Trignina.

MIGNELLI
In questa Regione stiamo a discutere se è utile o meno realizzare un’autostrada, quando invece è necessaria una bretella o una superstrada che colleghi e metta in sicurezza il territorio, dall’Adriatico al Lazio. Ecco il dato di fatto: le condizioni e le articolazioni della strada determinano una mortalità tanto alta da creare automaticamente una stretta connessione con il tema dello sviluppo. Il territorio dev’essere messo nelle condizioni di collegarsi ad un altro e questo tema ne richiama un altro che solo apparentemente esula dal ragionamento odierno. In materia di mobilità, collegamenti e infrastrutturazione materiale e immateriale, il Molise è una delle ultime Regioni, dove non è presente nemmeno la copertura della banda larga. La condizione della viabilità influisce anche sulla tempistica degli interventi in caso di incidenti ed emergenze: un conto è arrivare sul luogo in cui si è verificata un’emergenza, per strada o presso un’azienda, in un quarto d’ora, un conto è arrivarci dopo mezz’ora, non avendo altre strutture di emergenza.
La cultura della sicurezza dev’essere affrontata a 360 gradi, dall’infrastrutturazione all’applicazione delle norme vigenti sui luoghi di lavoro, agli interventi considerati nel loro complesso, da come vengono programmati alla tempistica che richiedono per essere attuati.

PRESIDENTE
Qui c’è poco da ragionare, ma da agire.

IOCCA
Per avvalorare la tesi della collega Mignelli, desidero aggiungere che, dopo lo sciagurato evento del terremoto in Molise, non abbiamo potuto usufruire di determinate attrezzature per far fronte all’emergenza, in quanto alcuni automezzi non potevano percorrere le strade per arrivare a San Giuliano. Le infrastrutture stradali non hanno quindi permesso la circolazione di determinati mezzi.

PRESIDENTE
Questo dev’essere un tema primario per tutti, sindacati, forze politiche e, più in generale, sociali. Del resto, conosco bene quel tratto stradale: si esce dall’autostrada a San Vittore e da lì non si sa mai quanto si impiega ad arrivare qui, né cosa può accadere nel frattempo.

IOCCA
Speriamo almeno si riesca a realizzare la famosa bretella per bypassare Venafro: forse i miei nipoti riusciranno a vederla.

PRESIDENTE
Sarebbe già una cosa importante, perché oggi si è costretti ad attraversare Venafro.

STAFFIERI
Signor Presidente, desidero aggiungere una precisazione, con riferimento al fatto che il collega Iocca poco fa ha detto che il decreto legislativo n. 81 del 2008 è completo e copre abbondantemente molte esigenze.

PRESIDENTE
Non è affatto completo.

STAFFIERI
Infatti, signor Presidente, ritengo vada fatta chiarezza a livello legislativo su chi sono e chi devono essere i soggetti che si impegnano nella formazione. In Molise, ad esempio, nelle due Province di Campobasso e Isernia, vengono svolti corsi sulla sicurezza nell’edilizia, a partire dal PIMUS (Piano di montaggio, uso e smontaggio dei ponteggi metallici fissi) per le impalcature, da parte di alcune associazioni di commerciali.

PRESIDENTE
Questo è uno dei temi caldi che la Commissione sta affrontando e uno dei cosiddetti tavoli – che si non si sa mai quando arrivano a conclusione – deve risolvere il problema della formazione dei formatori, che è un punto chiave del suddetto decreto n. 81. Abbiamo dato vita anche ad un incontro con la ministro Fornero, non appena insediatasi, per sollecitare una serie di provvedimenti, rimasti appesi, sulla formazione effettiva.

STAFFIERI
Quello che avrebbe dovuto essere un processo culturale è stato scambiato per un business, perché tutti possono fare tutto.

PRESIDENTE
Stiamo cercando di avere risposte sul punto, perché la legge – per quanto ben scritta – può poi essere non applicata o male interpretata, e noi italiani siamo maestri in queste cose.

COLALILLO
Non si può individuare un unico organismo responsabile, come l’ENPI (Ente nazionale per la prevenzione degli infortuni) di una volta?

PRESIDENTE
L’ENPI seguiva solamente un piccolo segmento dell’infortunistica, poi passato alle ASL. Ci battiamo molto, piuttosto, per la difesa del coordinamento regionale, che oggi rappresenta l’unico momento di sintesi.

NEROZZI
Il problema sollevato dal dottor Colalillo ha implicazioni più vaste.

STAFFIERI
Ognuno dovrebbe fare quello che sa fare. Alcuni ispettorati del lavoro, come quelli dell’Emilia Romagna, quando lavoratori molisani sono andati a lavorare là non hanno riconosciuto gli attestati rilasciati da queste associazioni di categoria che operano in tanti altri settori. Non essendoci però una legislazione chiara in materia, tutto è più confuso.

NEROZZI
Non dovrebbero farlo perché non c’entrano niente, è la stessa questione dei contratti «pirata». Vi sono poi anche coloro che dovrebbero farlo, ma non lo fanno; si tratta, però, di un altro problema.

PRESIDENTE
Ringraziando i nostri ospiti per il prezioso contributo fornito ai nostri lavori, dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, artigiane e agricole

Intervengono il dirigente della Federazione regionale Coldiretti, signor Giuseppe Colantuoni, il segretario regionale e il presidente provinciale della Confederazione nazionale dell’artigianato e della piccola e media impresa (CNA), signori Guido Di Ninno e Raffaele Oriente, il presidente regionale della Confederazione italiana agricoltori (CIA), dottor Luigi Santoianni, il vice presidente regionale della Confindustria, dottor Gianfranco De Gregorio, accompagnato dal vice direttore, dottor Ilario Guidone, il presidente regionale dell’Associazione piccole e medie imprese (API), dottoressa Vittoria Beccia, il vice presidente dell’Associazione costruttori edili e complementari del Molise (ACEM), geometra Corrado Di Niro, accompagnato dal direttore regionale, dottor Gino Di Rienzo.

PRESIDENTE
È ora prevista l’audizione dei rappresentanti delle associazioni di categoria della Regione Molise. Faccio una brevissima introduzione sul motivo per il quale siamo qui oggi in rappresentanza della Commissione parlamentare d’inchiesta sugli infortuni sul lavoro, sulle morti sul lavoro e anche sulle malattie professionali e perché stiamo facendo un monitoraggio in tutta l’Italia. Lo scopo di queste missioni è volto anche a verificare in che modo la nuova normativa, il cosiddetto Testo unico, viene attuata e in modo particolare per dare un sostegno ad una struttura che riteniamo sia fondamentale. Mi riferisco al comitato di coordinamento regionale, che permette non solo di prendere atto delle maggiori complessità e problematicità esistenti, ma anche di darsi una strategia e di mettere a contatto soggetti che si interessano da un punto di vista istituzionale di attività volte a salvaguardare la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro, onde evitare duplicazioni e permettere sinergie. Spesso ogni soggetto può presentare momenti di debolezza, ma con una strategia comune questi si possono almeno in parte colmare. L’inchiesta che stiamo facendo si prefigge l’obiettivo di dare risposte considerato che, nonostante il numero degli infortuni e delle morti diminuisca, i dati ci preoccupano moltissimo. Avere 700.000 infortuni e circa 1.000 morti l’anno – i dati non ufficiali relativi alle morti per il 2011 si aggirano intorno a quelle cifre, a sostanziale conferma di quanto riscontrato nel 2010 – significa che c’è molto da fare. Tutti i soggetti che partecipano a vario titolo bisogna che si attivino.

COLANTUONI
Per quanto riguarda il settore agricolo, sicuramente – è stato già accennato – c’è stata una riduzione in numero e consistenza delle conseguenze degli infortuni in modo particolare. Analogo al dato nazionale è quello molisano. Su questo sicuramente le nuove tecnologie, la formazione, la cultura stanno dando un contributo molto consistente. Uno dei problemi riferiti all’ultimo Testo unico che ci troviamo a verificare è legato al riconoscimento delle malattie professionali. Noi stiamo avendo sia a livello nazionale, sia a livello regionale un notevole incremento delle malattie professionali nel settore agricolo. Ciò non dipende da un effettivo aumento delle malattie in sé, ma dal fatto che finalmente si sta cominciando ad ampliare la possibilità del riconoscimento della malattia professionale stessa. Noi abbiamo un Testo unico che, con la modifica delle tabelle sulle malattie professionali, ha opportunamente inteso allargare anche alle malattie che prima non erano tabellate la possibilità del riconoscimento. Ha inoltre voluto dare, nell’interpretazione del legislatore, anche la possibilità del riconoscimento di malattie che ancora oggi non sono nell’elenco tabellato. Ciò però contrasta con una discrezionalità molto ampia lasciata in capo al medico dell’INAIL. Benché una malattia sia inserita nelle tabelle tra quelle che possono avere ipoteticamente e ragionevolmente un collegamento con l’attività agricola, resta comunque nella discrezionalità del medico valutare se quella attività fatta da quel singolo coltivatore possa o meno essere veramente riconosciuta. Questo crea delle disuguaglianze a parità di azienda agricola, di conduzione e d’impegno da parte del coltivatore. Tra una Provincia e l’altra e, anche all’interno della stessa Provincia, abbiamo dei casi disomogenei. Questo avviene perché, a differenza dell’industria, l’agricoltore svolge delle attività che sono notevolmente diversificate con un continuo cambio di attività svolte nell’arco della stessa giornata. Tutte queste attività possono portare come conseguenza, tant’è che risulta dalle tabelle dell’INAIL, al manifestarsi di una specifica malattia professionale. Nella sua discrezionalità, il medico può comunque dare prevalenza a una o all’altra attività svolta durante la giornata e stagionalmente e il dare maggiore significato all’una o all’altra dipende dalla sua discrezionalità. Molte volte, quindi, ci troviamo di fronte a casi omogenei che non vengono riconosciuti. L’attività di prevenzione va sicuramente valutata in termini positivi. Visto che l’INAIL è un istituto in attivo per quanto riguarda gli infortuni e le malattie professionali e vi è disponibilità di risorse per finanziare progetti volti a migliorare la sicurezza sul lavoro che è giusto rendere utilizzabili, apprezziamo il fatto che l’anno scorso sia stato emesso un bando e che un altro avrà luogo questo anno. Ci sono però dei meccanismi che hanno lasciato adito a qualche polemica già l’anno scorso per il «click day», a causa di problemi informatici e di non trasparenza. Probabilmente sostituire il meccanismo del «chi prima arriva vince» con uno tarato sul carattere qualitativo e sulla valutazione dei singoli progetti potrebbe essere più utile.

PRESIDENTE
Le consiglio di avere un incontro ulteriore con l’INAIL perché lei ha posto una serie di problematiche che riguardano questo ente. Il discorso delle malattie, lo sa benissimo, è controverso perché da un lato vi è la richiesta, ma dall’altro non esiste una definizione a priori. In ogni caso si può attivare una procedura a supporto del lavoratore che entra in contrasto con la valutazione del medico. Immaginate il caso dell’amianto, rispetto al quale dopo decenni si è arrivati ad una sentenza storica, quindi il confronto non può che essere così. Non mi sembra che si evidenzi un aumento in misura esponenziale che, tra l’altro, si registra in considerazione di una più ampia tabellatura. L’unico elemento che cresce in modo significativo è costituito dalle malattie osteo-articolari e muscolotendinee. È facile comprendere quanto sia complesso pervenire ad una definizione esaustiva Anche in questo caso stiamo parlando di 127 casi nel 2010 contro i 65 del 2006. La portata dell’aumento è comunque contenuta.

COLANTUONI
È contenuta perché è difficile il riconoscimento.

PRESIDENTE
Queste sono le domande, non i riconoscimenti. Vediamo il problema per quello che è. Stiamo parlando di un centinaio di richieste nel 2010. Le altre incidono in misura molto minore e sono dunque abbastanza contenute.

DI NINNO
Non avendo un osservatorio proprio come altre organizzazioni dell’artigianato, non abbiamo neanche dati probanti recenti. Ci dobbiamo rapportare ai dati sia regionali che nazionali elaborati dall’INAIL, anche in base alle denunce pervenute. I dati sono in regresso; i danni, malgrado siano sempre di numero molto elevato, sono in diminuzione sia per quanto riguarda le morti sia per quanto riguarda i danni fisici minori. Riteniamo che la normativa, il decreto legislativo n. 81 del 2008, abbia avuto i suoi effetti. Anche se con una certa difficoltà da parte delle piccole imprese e dell’artigianato, si tenta di osservare tutti gli adempimenti in un momento di grave crisi economica.

NEROZZI
Di questo documento nazionale sentiamo parlare dalla Sicilia alla Lombardia, ma noi siamo interessati a sapere anche cosa avviene a livello locale. La storia degli inadempimenti, quando gli artigiani e i contadini sono quelli che muoiono di più, non c’entra nulla. Sono i vostri iscritti che muoiono e non i lavoratori e anche nel Molise su sei morti questo anno ci sono due artigiani. Mi sarei aspettato che mi chiedesse di fare pressione perché le strade del Molise fanno morire la gente che va a lavorare, visto che sono morti un imbianchino e un fabbro mentre si recavano nel posto di lavoro.

DI NINNO
Se le percorrete vi renderete conto della loro pericolosità.

NEROZZI
Allora non bisogna parlare dei documenti nazionali, che non c’entrano niente con queste cose. L’avete già posto a livello nazionale.

PRESIDENTE
Noi vogliamo sapere cosa avviene a livello locale.

DI NINNO
Non avendo dati nostri, non possiamo esservi utili.

PRESIDENTE
Non è questione di dati; li abbiamo dall’INAIL anche noi; pur non avendo un’elaborazione nostra, cerchiamo di capire cosa c’è dietro i dati. Venendo sul territorio però, noi speriamo di arricchire anche le nostre conoscenze per quanto riguarda le problematiche che voi affrontate sul territorio. Le vostre associazioni nazionali di categoria le ascoltiamo sempre da tempo. Le problematiche di carattere generale ci sono note, ma ci interessa avere un rapporto più diretto con i territori. Non si tratta di analizzare i numeri o i dati, ma di avere un’occasione di confronto. Se ci sono argomenti da far presente, è bene che lo si faccia. Ciò arricchisce noi e può far trovare una sponda e una eco alle vostre richieste.
Se nella normativa trovate delle situazioni che sarebbe meglio definire in altro modo, noi possiamo recepire le vostre osservazioni. Se ci sono argomenti che intendete porre, siamo ben contenti di conoscerli, perché siamo venuti qui appositamente.

SANTOIANNI
Come presidente regionale della Confederazione italiana agricoltori (CIA) ho un ruolo di rappresentanza politica e sindacale: non sono un tecnico, ma seguo con attenzione la tematica in oggetto. Negli ultimi anni è aumentata moltissimo la sensibilità in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro e di prevenzione. Per questo cercherò di descrivere l’attività posta in essere dalla nostra organizzazione per ciò che riguarda la divulgazione e la formazione.

PRESIDENTE
Non l’ho detto in precedenza, ma quanto stavo sottolineando vale anche per il comparto dell’agricoltura che lei rappresenta. La Commissione si sta interessando in modo particolare di un tema che viene chiaramente in evidenza dai nostri atti: ogni anno si verificano infatti circa 150-160 morti causate dal ribaltamento dei trattori. Questo dato non è tollerabile e chi lo tollera ne è in qualche modo complice. Da tempo ci siamo organizzati per entrare nel merito del problema. Conosciamo le norme in materia, perché molti di noi hanno contribuito a scriverle e conosciamo bene i documenti delle vostre organizzazioni: l’incontro «faccia a faccia» sul territorio può servire dunque ad un migliore approfondimento del problema. È possibile, ad esempio, che un minorenne o un ragazzino di 12 o di 14 anni possa continuare a guidare un trattore? Altrettanto ci chiediamo con riferimento ad un anziano di 80 o più anni. Ci chiediamo inoltre se si possa continuare a guidare un trattore senza patente.

SANTOIANNI
Uno dei problemi di maggior rilievo è legato ai trattori privi del tettuccio antiribaltamento.

PRESIDENTE
Esattamente: essi rappresentano un rischio, specialmente in territori collinari e spesso scoscesi come quello molisano. Mi chiedo inoltre come sia possibile che ancora non si prevedano revisioni e che molti trattori con più di 50 anni di vita siano ancora in attività. Ci siamo posti questi problemi, aprendo un’interlocuzione con il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, al fine di valutare l’ipotesi di introdurre obbligatoriamente un patentino per la guida dei trattori e di prevedere delle regole apposite. Infatti, se il trattore viaggia su strada, per guidarlo basta la normale patente B, mentre non serve neanche quella se esso viene utilizzato su un lotto privato, anche se questi trattori a volte sono delle macchine mastodontiche.
Ciò vale anche per le macchine per l’edilizia e per le macchine agricole più complesse. Le macchine utilizzate in agricoltura non sono infatti solo i trattori. Ci stiamo rapportando con l’Unione europea – e speriamo di «spuntarla» – affinché i contributi offerti dai soggetti pubblici, compresa l’INAIL, per la messa a punto della sicurezza di queste macchine non vengano conteggiati ai fini del tetto del de minimis. Allo stato attuale delle cose, o l’agricoltore riceve il contributo per portare avanti la propria azienda o lo riceve per la messa in sicurezza della propria attività. Con il Governo nazionale c’è già un’intesa e ora stiamo trattando con l’Unione europea: l’INAIL e, in modo particolare, l’ISPESL – prima che venisse assorbita dall’INAIL – hanno studiato tecnicamente una serie di accorgimenti, anche poco costosi, che possono evitare problemi, infortuni e anche la morte del guidatore. Questo confronto ci è dunque utile per dirvi come ci stiamo muovendo e cosa stiamo facendo.

SANTOIANNI
Proverò dunque a descrivere l’attività svolta dalla nostra organizzazione negli ultimi 3 anni in materia di prevenzione e di informazione. Abbiamo innanzitutto formato un dipendente per la qualifica di responsabile del servizio di prevenzione e di protezione, attraverso un corso di 94 ore tenutosi a Roma nella primavera del 2009. Successivamente lo abbiamo dotato anche della qualifica di addetto antincendio e di istruttore in materia, con un ulteriore corso di 36 ore, tenutosi a Roma nel 2010.

PRESIDENTE
Dove si sono tenuti di preciso i corsi?

SANTOIANNI
Credo che si siano svolti presso la sede della Confederazione italiana agricoltori, che a livello nazionale offre dei corsi per addetti regionali. Potrei però non essere preciso su questo argomento.

PRESIDENTE
L’ho chiesto perché ci preoccupiamo che gli addetti non capitino in mani sbagliate.

SANTOIANNI
Sono inoltre previsti ulteriori corsi di 16 ore per mantenere aggiornato questo operatore, la cui attività ci sta facendo molto comodo: parliamo di una sola unità, ma siamo una piccola Regione. Nel 2009 abbiamo espletato un corso di formazione rivolto ai titolari delle aziende agricole, affinché assumessero, attraverso il corso, la qualifica di responsabili per il servizio di prevenzione e protezione. Nel marzo del 2011 abbiamo svolto un altro corso di 18 ore, rivolto sempre ai titolari di azienda, per la qualifica di responsabile interno.
Abbiamo partecipato al corso della Regione Molise, a cui faceva riferimento il rappresentante della Coldiretti, sulla formazione per i lavoratori e per i datori di lavoro. Per questo bando, a cui partecipavano anche le altre organizzazioni datoriali e sindacali, siamo risultati tra i vincitori. Abbiamo espletato un’attività didattica per formatori e responsabili addetti al servizio della prevenzione e abbiamo formato altre 16 aziende agricole, nostre associate, per ciò che riguarda la mansione di addetto al primo soccorso. Con l’INAIL regionale abbiamo organizzato un convegno per la sicurezza in agricoltura, che si è tenuto il 30 settembre del 2011. In collaborazione con i funzionari della Regione Molise abbiamo collaborato alla stesura del piano di sicurezza regionale in agricoltura, che è stato approvato definitivamente nel dicembre del 2011. Abbiamo anche realizzato – e questa è l’attività più recente – un seminario conoscitivo sugli incentivi ISI-INAIL (gli incentivi alle imprese per la sicurezza sul lavoro) con 25 nostri titolari di aziende, lo scorso 25 gennaio, informandoli in particolare sulla possibilità di accedere agli incentivi per mettere a norma i trattori, attraverso l’inserimento del tettuccio anti-ribaltamento e di protezione. Abbiamo cercato di spiegare che avrebbero potuto mettere a norma i mezzi agricoli di vecchia generazione ed accedere ai finanziamenti.
Condivido il pensiero del Presidente, per cui bisogna convincere i livelli istituzionali più alti del fatto che il parco macchine è obsoleto e che occorre incentivare un suo rinnovo mirato e senza sperperi, senza ricadere nelle sanzioni previste dalle norme sugli aiuti di Stato. Effettivamente esiste un’esigenza in tal senso e occorre adeguare queste macchine. Nelle prossime settimane abbiamo previsto dei corsi ulteriori, da 16 ore ciascuno, destinati alle aziende nostre associate, per addetti antincendio, e dei corsi di formazione per lavoratori finanziati anche dal Fondo paritetico nazionale interprofessionale per la formazione continua in agricoltura (FORAGRI). In questi ultimi due anni abbiamo cercato di sensibilizzare i nostri associati sulla cultura della sicurezza e di guidarli attraverso le previsioni contenute nelle normative vigenti. Abbiamo infatti riscontrato un’arretratezza nelle conoscenze dei nostri associati.

ORIENTE
Augurandomi di non uscire fuori tema, vorrei parlare della situazione molisana a nome della realtà imprenditoriale di cui sono presidente provinciale. La mia azienda si occupa di automazione industriale e riesce a servire tutte le industrie presenti in Molise, tra Pozzilli, Termoli e il basso Abruzzo. Da quello che ho potuto vedere, c’è un’ottima attività di formazione nelle industrie chimiche, presenti ad esempio a Termoli, o in realtà come la FIAT. In tali realtà l’accesso è possibile solo se si indossa il casco e quindi viene assicurata un’ottima formazione nel campo della sicurezza.
Svolgo questa attività in Molise da circa quarant’anni e la mia azienda – non lo dico per vantarmi – possiede tutti i requisiti necessari riguardo alla formazione e alla sicurezza nella fornitura di pezzi meccanici di automazione alle industrie di settore. Vorrei far presente però che in tanti anni di attività non è mai venuto un ispettore a chiedermi se l’azienda possedesse o meno i requisiti necessari: lo dico andando contro i miei stessi interessi. È infatti importante che l’ispettore che si reca nelle singole aziende non vada lì soltanto allo scopo di fare multe, ma occorre creare un servizio ispettivo – ad esempio gestito dall’INAIL – che valuti il modo in cui lavorano le piccole imprese e il loro grado di sicurezza. Lo ripeto: in quarant’anni di attività non è mai venuto un ispettore. Gli ispettori dovrebbero invece fare sopralluoghi, verificare se l’attività svolta nelle imprese è conforme alla normativa e, se così non fosse, ripassare dopo tre mesi per verificare che tutto sia stato messo in regola. È importante ricevere la formazione anche da parte di soggetti che lavorano nel settore.

PRESIDENTE
L’ispettore non può svolgere questo compito, perché ci sarebbe un conflitto, ma ci sono altre figure più adatte a farlo. L’ispettore non può effettuare un sopralluogo, evidenziare delle inadempienze e poi tornare a verificare la situazione dopo un mese. A tal fine, però, è molto importante l’attività delle varie associazioni imprenditoriali. Credo che ad esempio la CNA possa strutturarsi in questa maniera, visto che in altre Regioni svolge compiti analoghi. Anche nel settore dell’edilizia le associazioni di categoria sono organizzate e strutturate per fare da supporto ai loro associati. Gli enti bilaterali e le casse edili si muovono in questo senso e possono svolgere il ruolo che ha sollecitato il nostro audito: la cassa edile ha anche funzioni di questo tipo.
Questo discorso, tanto per intenderci, lo deve portare avanti la «categoria» – anche se si tratta di una parola obsoleta –, mentre gli altri che lei non ha avuto il piacere di conoscere in 40 anni, quando arrivano, svolgono un’attività di tipo diverso, perché devono verificare e magari anche sanzionare, ammesso e non concesso che vi siano irregolarità. Vi consigliamo comunque di rafforzare gli organismi che vi rappresentano.

NEROZZI
C’è un ente bilaterale per gli artigiani, che dovrebbe avere anche funzioni di questo genere: dev’esserci dappertutto, perché è previsto dal contratto nazionale degli artigiani, quindi c’è anche qui, come per l’edilizia. Il problema è che non sono gli operai della piccola impresa a morire, ma gli stessi datori di lavoro. Mentre nell’edilizia c’è un rapporto più strutturato, in questo caso a morire sono proprio i datori di lavoro, che non hanno alcun supporto in termini di conoscenza, anche perché non è la conoscenza delle norme che aiuta a non morire. Ad esempio, le associazioni agricole stanno compiendo un tentativo per capire come mai si siano verificati tali eventi e come si possa provvedere. Si possono allora trovare finanziamenti e discutere, come stiamo facendo con l’Unione europea, del de minimis. Il conflitto con i lavoratori è definito: ormai il problema non è più legato alle regole, ma al fatto che stanno morendo sempre più piccoli datori di lavoro. Anche in Molise, su sei morti, due – forse tre, perché la situazione di uno di loro non è ancora chiara – erano datori di lavoro. Qui sta la nostra impotenza e non si può far altro che incentivare la formazione, l’intervento e l’attenzione da parte delle associazioni di categoria e degli enti bilaterali, laddove presenti.
Mi si consenta un’affermazione forte: se morissero tre membri della Confindustria al mese, ci si darebbe da fare. Dovrebbe esserci un rapporto associativo più forte, perché non si sta parlando di decessi di operai, ma di vostri datori di lavoro: è questo che mi fa arrabbiare.

ORIENTE
Sono un datore di lavoro che ha l’esigenza di spostarsi ogni giorno verso le zone industriali: la nostra è l’unica Regione d’Italia a non avere un’autostrada, che sarebbe la nostra salvezza. Anche se se ne parla da trent’anni, si continua a girare intorno al problema.

NEROZZI
Questo è un problema.

ORIENTE
Con una spesa modesta al Nord si realizzano tante autostrade, mentre da noi non riusciamo ad avere un sistema viario adeguato e tale da consentire un maggiore sviluppo. Gli incidenti mortali si sono verificati tutti sulle strade, proprio perché sono tutte pericolose, strette e mal tenute. Questa è la verità. Il Molise, essendo una Regione piccola, non è riuscita a far arrivare un’autostrada nel proprio territorio: se ne parla da trent’anni, ma non è successo ancora niente.
Sto per strada tutti giorni, senatore Nerozzi, quindi so che quanto dice è vero: le nostre strade sono pericolosissime, soprattutto la Trignina e la Bifernina, specialmente considerando i lunghissimi tempi di percorrenza che comportano.

DE GREGORIO
Signor Presidente, intervengo oggi in questa sede nella veste di vice presidente di Assoindustria, con delega specifica alle tematiche del lavoro, e di presidente del locale organismo bilaterale di Confindustria, CGIL, CISL e UIL, quindi Formimpresa.
Innanzi tutto toccherò un tema sul quale mi ha tirato per la giacchetta, per così dire, il senatore Nerozzi: devo constatare con amarezza che purtroppo muoiono anche gli imprenditori di Confindustria.

NEROZZI
Era un complimento.

DE GREGORIO
Lo so, senatore Nerozzi, ma se proprio dobbiamo metterla sul brutale piano censuario dei lutti, va detto che queste morti, in realtà, molto spesso sfuggono alle statistiche. Per restare alla citazione autostradale, è difficile, infatti, che l’incidente che avviene sull’A14 e coinvolge un imprenditore diretto da un suo cliente, ad Ancona piuttosto che a Venezia, transiti nelle statistiche di questo tipo, ma ciò non minimizza né tanto meno elimina il problema. Posso garantirlo, si tratta di un episodio che si è realmente verificato e che – ahimè – si va ripetendo.
Se mi riuscirà, come auspico, proverò a tracciare un quadro abbastanza sintetico della situazione, che ovviamente presenta alcuni chiari e altrettanti scuri. Trattandosi di una Regione dalle dimensioni estremamente contenute – cosa che non costituisce solo un fattore strettamente aritmetico, ma anche culturale – il Molise racchiude nel suo piccolo tutte le contraddizioni del sistema Paese.
Alla luce di tale dimensione, alcune cose assumono però una connotazione diversa da quelle che state cogliendo in occasione della vostra lettura lungo territori più articolati, ampi e strutturati. Alcune specificità, in realtà, non emergono, ancorché mi rendo conto che ve le aspettiate, dal momento che costituiscono ciò che ritenete possa emergere come valore aggiunto da questo confronto de visu. Secondo una lettura trasversale, infatti, la specificità molisana sta proprio nelle dimensioni, anche se potrebbe essere, ad esempio, anche valdostana, benché conosca meno il territorio di quella Regione. Tutto, quindi, ci abitua a cogliere tali considerazioni trasversali, che proverò a far arrivare anche a voi.
Conoscerete già alcuni elementi strettamente legati allo scenario, che però mi sembra doveroso considerare come punto di partenza per una valutazione iniziale. Secondo le statistiche, con riferimento agli infortuni sul lavoro, si sta consolidando un trend nettamente in diminuzione, che però non consideriamo un punto di arrivo, bensì di partenza. D’altra parte, si tratta di un giudizio oggettivo – come solo i numeri possono esserlo – nei confronti di un’azione che stiamo svolgendo da tempo. Come sapete, l’infortunistica in Molise nel 2010 ha subito un calo rispetto al 2009, sia come trend decennale, sia come valore assoluto (quindi come termine percentuale), perché è aumentata la forbice positiva della diminuzione percentuale degli infortuni.
La Regione, però, presenta anche un valore percentuale degli infortuni nel settore dell’industria, rispetto al numero degli occupati, più basso che altrove. Questo non solo ci soddisfa al punto da considerarlo un risultato acquisito – lo ribadisco – ma ci stimola a continuare lungo la strada che stiamo percorrendo da tempo e alla quale farò qualche breve cenno.
Per esemplificare gli elementi che ci hanno particolarmente colpito, ho portato con me un grafico, contenuto in un rapporto del quale desidero lasciare una copia cartacea agli atti della Commissione, dal momento che la sua lettura è estremamente fruibile, smart e priva di pesantezze. Nel corso di uno dei progetti che stiamo portando avanti, abbiamo chiesto direttamente ai lavoratori, agli imprenditori ed agli operatori istituzionali di indicarci quali fossero a loro avviso le cause degli infortuni sul lavoro. Abbiamo così ritenuto di far scattare direttamente dai lavoratori una fotografia delle problematiche specifiche di quanto sta all’origine dell’infortunistica sul lavoro. Non a caso, come appare chiaro dal grafico, la metà delle risposte si è concentrata su due elementi, ossia la fretta nel lavoro e la disattenzione da parte dei lavoratori. Questo, da un lato, denota una capacità di autocritica che consideriamo un fattore culturale estremamente positivo, ma, dall’altro, è stato alla base di una considerazione per noi essenziale: possiamo condurre con successo un’inversione di rotta soltanto lavorando sulla cultura della prevenzione.
Se possiamo dunque fornirvi una lettura che, dal nostro punto di vista, è più specifica della Regione – per fortuna, anche grazie alle sue dimensioni contenute – è che da noi la cultura della prevenzione ha cominciato a diventare un’attitudine stabile nei rapporti con i lavoratori. Lo dobbiamo proprio alla facilità di relazioni istituzionali ed anche sociali che abbiamo con le controparti sindacali.
La vicinanza che il territorio consente di avere in termini relazionali, quando allo stesso tavolo siedono operatori, imprenditori e rappresentanti dei lavoratori, ha permesso anche di creare un clima di collaborazione ideale per realizzare una serie di progetti con un discreto margine di successo. Il primo elemento che vorrei riportaste come segnale positivo rispetto al contesto medio nazionale è proprio che qui in Molise la collaborazione e la bilateralità sul tema specifico della formazione, della prevenzione e della sicurezza stanno funzionando, al di là degli auspici e delle aspettative di chi le ha rese obbligatorie a livello normativo.
Abbiamo quindi dato il via ad una serie di iniziative molto particolari, nelle quali ha avuto particolare risalto l’aspetto tecnico-formativo. La capacità di affrontare l’argomento, proprio grazie a questo clima, non sta solo sul piano strettamente tecnico, quindi non stiamo curando solo l’aspetto della prevenzione del rischio e delle tutele secondo le casistiche e le procedure di legge, ma stiamo anche trattando soprattutto quello culturale, ossia l’atteggiamento che si ritrova nella disattenzione da parte dei lavoratori quale causa scatenante l’infortunistica.
Abbiamo cominciato a ragionare con progetti particolari ed innovativi, alcuni dei quali sono stati considerati dall’INAIL un caso a livello nazionale. In uno in particolare abbiamo coinvolto anche persone comuni, svolgendo un’attività di «marketing sociale»: siamo andati ad incontrare le famiglie nei centri commerciali, inducendo le diverse generazioni (giovani studenti, genitori lavoratori) a riflettere in un contesto non lavorativo su quali disattenzioni possono generare fattori di rischio, a partire da casi alla portata di tutti, ossia quelli di rischiosità domestica.
In fondo, se andassimo ad analizzare la mortalità che si verifica per la strada, nel tragitto che normalmente rileva ai fini della statistica sugli infortuni sul lavoro, ossia quello dalla residenza fino al luogo di lavoro, è probabile che buona parte di essi sia dovuta a fattori oggettivi, che non possiamo far altro che attendere vengano modificati in senso positivo da altri. Ve ne sono però altri soggettivi, come – ancora una volta – la disattenzione e la fretta, che inficiano specificamente la condotta dell’automobile.
Ciò che ci piace segnalarvi è che l’intenso rapporto favorito dalle dimensioni del territorio – ma, paradossalmente, anche dalla crisi – ha consentito di prestare attenzione e dedizione particolari a questi progetti. Ci troviamo, infatti, in una situazione di crisi strutturale, che ha drammaticamente colpito anche le aziende molisane, nella quale la disponibilità ed il vantaggio consentiti – come sapete – anche da Formimpresa, ma non solo, hanno permesso di attivare le risorse finanziarie dei fondi per il personale in situazioni di cassa integrazione straordinaria per fermo lavorativo.
L’atteggiamento, il comportamento e la cultura della sicurezza e della prevenzione hanno costituito l’elemento sul quale stiamo lavorando di più, che poi alla fine si rivela il fattore premiante anche in termini statistici, secondo quanto riteniamo sotto un profilo oggettivo. Ciò non toglie, però, che vi siano alcune criticità che non possono essere risolte da processi formativi e che sono di tipo organizzativo ed economico, legate al contesto territoriale. Desidero segnalarne alcune.
Con riferimento ad un fattore organizzativo, il sistema delle imprese molisane è molto più simile a quello descritto dal collega Oriente, perché in realtà la loro situazione – quando la identifichiamo con un termine unico – è fatta da due dimensioni tipiche. Una è quella della grande azienda, che qui vede ancora presenti stabilimenti delocalizzati, e speriamo che sia così ancora per molto (mi riferisco a gruppi internazionali, dalla FIAT alla Procter & Gamble), che hanno naturalmente un’attitudine ed un’organizzazione per la gestione delle problematiche della sicurezza sul modello corporate, cioè di tipo aziendale, applicato localmente, così come altrove. A fronte di questo, vi è però una realtà di imprese molto piccole, la cui distinzione fra artigianale e industriale è molto spesso una questione di lana caprina, più che di natura sostanziale; la scelta, pertanto, sta piuttosto nel tipo di contratto che s’intende applicare e dell’associazione da cui ci si vuol fare rappresentare. Questi fattori che la legge impone, sia sotto il profilo procedurale che dei costi dell’applicazione delle norme, sono ancora vincolanti. Nelle aziende di dimensioni piccole e microscopiche, come sono le aziende al di sotto dei 10 dipendenti (il 90 per cento della struttura imprenditoriale italiana), la dedizione alle procedure della sicurezza – parlo sia del fattore tempo, dell’imprenditore e dell’organizzazione aziendale, sia di risorse finanziarie e di budget a disposizione, soprattutto in tempi di crisi come questo – tende ad essere in competizione con il tempo da dedicare alla gestione dei problemi finanziari, aspetto vitale in questo momento, commerciali e industriali. È evidente che questo fattore limita molto.
Vi sono limiti strutturali nell’organizzazione pubblica. Per farvi un caso esplicito e diretto, le verifiche periodiche sulle attrezzature soggette a rischiosità particolare nelle aziende (l’allegato 7 del decreto legislativo n. 81) a carico dell’INAIL, scontano nella nostra Regione una difficoltà, che spero e auspico sia solo nostra, di una ridotta dimensione anche delle amministrazioni locali. Tornando al tema del piccolo, la struttura regionale INAIL efficiente per alcuni versi diventa incapace di gestire la complessità e la periodicità di queste verifiche. Ciò si ribalta a danno delle aziende che sono costrette a rivolgersi al sistema degli enti accreditati. Questo meccanismo di passaggio non è né fluido né certissimo dal punto di vista del rispetto dell’obbligo normativo che, come sapete, nel caso non sia stato ottemperato e in caso di incidentalità su una delle macchine – parliamo ad esempio delle caldaie – diventa un fattore di responsabilità, secondo la giurisprudenza penale in materia, anche soggettiva dell’imprenditore.
Poi vi è il problema dei trasporti pubblici e temo che il problema della qualità delle strade non sia solo molisano. Il limite della gestione dei trasporti pubblici sconta una complessità territoriale: immaginate cosa significa 300.000 abitanti distribuiti su 136 Comuni; è un’assurdità dal punto di vista socio-demografico; sarà un valore dal punto di vista culturale e storico, ma un’amministrazione con risicate disponibilità di bilancio, dovendo condividere contestualmente il trasporto delle persone in 136 Comuni e nelle zone industriali, privilegerà sempre i Comuni a dispetto delle zone industriali. Un esempio concreto si è avuto con l’ultima precipitazione nevosa per la quale le amministrazioni sono state solerti a garantire la rimessa in pristino dei trasporti pubblici verso i Comuni e non lo sono state affatto nei confronti delle zone industriali.

PRESIDENTE
Non avete un’area di sviluppo industriale?

DE GREGORIO
Ne abbiamo tre, ma il confine tra Stato e gestione del consorzio industriale nel nostro Molise è inesistente. Quando parlo di istituzioni accomuno correttamente nel termine strutture che sono formalmente autonome e sostanzialmente appartengono alla stessa cultura, direzione, budget e decisione alla quale appartengono quelle dei trasporti pubblici locali. Abbiamo un problema di riforma dei consorzi industriali che credo giaccia da circa 30 anni. I consorzi industriali non sono in questo momento delle strutture vocate a gestire con autonomia ed efficienza i servizi alle imprese.
Un ultimo elemento di criticità è quello delle risorse pubbliche finanziarie. Noi stiamo gestendo anche con successo uno sforzo formativo e d’intervento in ambito aziendale. Vorrei citare almeno questo caso: nel Molise è nata una sperimentazione, che è stata considerata una buona prassi a livello nazionale, del sistema di autocontrollo HACCP (Hazard Analysis and Critical Control Points) applicato alla sicurezza sul lavoro.
È una tematica squisitamente legata alla sicurezza dei processi produttivi alimentari. Noi abbiamo un’azienda alimentare che ha esteso il concetto con grande successo, con una riduzione delle malattie del lavoro del 98 per cento in azienda, grazie a un’applicazione e a un’estensione concettuale e pratica dell’HACCP al tema della sicurezza sul lavoro. Ci sono delle esperienze positive; molte aziende si stanno certificando, ma tutto questo lo si fa con risorse finanziarie esclusivamente provenienti dal sistema INAIL, che per fortuna è liquido in questo periodo e sostiene i nostri progetti, e da Fondoimpresa, nel nostro caso specifico.
La Regione ha sostanzialmente eliminato la sua presenza sul piano delle risorse finanziarie; non abbiamo più il fondo sociale europeo, né gli stanziamenti previsti dalla legge n. 236 del 1993; non abbiamo più risorse pubbliche da investire su questo tema. Finché Fondimpresa, sia attraverso il sistema del conto formazione aziendale, sulla quale siamo la Regione che è cresciuta di più in termini statistici, sia con il conto progetti e bandi ci sosterrà, ce la potremo fare. Se questo non sarà sufficiente, la mancanza di risorse regionali peserà.
Vengo ora al fattore culturale. Il problema della comprensione del fenomeno della sicurezza e della sua prevenzione, che stiamo affrontando internamente, è anche culturale e di carattere generale. Non è una situazione esclusivamente molisana, ma mi permetto di segnalare che difficilmente annulleremo quei numeri drammatici a livello nazionale con i quali avete aperto questo confronto e che ci avete ricordato, se l’atteggiamento nei confronti della sicurezza in questo Paese non diventa un fatto comune. C’è un elemento fondamentale nella prevenzione e nella cultura della sicurezza che è l’imitazione. Credo che su questo come Paese e non solo come sistema aziende e lavoratori dovremmo fare tutti un grande passo avanti.

BECCIA
Condivido quanto testé detto dal collega sul fatto che la sicurezza sul lavoro si garantisce con la cultura della prevenzione. L’API Molise è direttamente impegnata per lo sviluppo e la diffusione della cultura della sicurezza e interviene nell’ambito della bilateralità insieme ai sindacati regionali CGIL, CISL e UIL, per costruire occasioni concrete di sostegno alle piccole e medie imprese e ai lavoratori. Il 16 settembre 2010 l’API Molise e le organizzazioni sindacali regionali hanno sottoscritto due importantissimi accordi con i quali è avvenuta la costituzione in Regione dell’Ente nazionale formazione ed ambiente (ENFEA) e dell’articolazione territoriale del fondo formazione PMI di Confapi (FAPI), enti bilaterali che potranno operare in materia di formazione, ambiente e sicurezza a beneficio delle aziende molisane e dei lavoratori. L’articolazione regionale del FAPI è emanazione del fondo formazione PMI e del suo consiglio d’amministrazione, aventi sede a Roma, e si configura come filiale del fondo e non ha una personalità giuridica. L’ENFEA è invece un ente che non ha fini di lucro, promuove e favorisce la ricerca e la formazione professionale nelle forme e tipologie previste nei diversi ambiti e livelli dalle norme comunitarie e nazionali e l’attività formativa collegata alle tematiche dell’ambiente e sicurezza, nonché tutte le materie che le parti con specifici accordi demandano all’attività dell’ente stesso. I due enti sono amministrati pariteticamente da esponenti delle organizzazioni sindacali e di parte imprenditoriale.
Proprio come ENFEA abbiamo predisposto l’anno scorso un progetto pilota mirante ad attuare una cultura operativa della sicurezza mediante l’implementazione di vere e proprie attività tecniche, organizzative e procedurali in 12 aziende molisane con annesse attività di verifica e monitoraggio per un periodo sperimentale di due anni. Lo abbiamo presentato alla direzione regionale dell’INAIL per una collaborazione anche finanziaria. Lo scorso mese di ottobre abbiamo realizzato l’evento conclusivo del piano formativo «La cultura della sicurezza: non un costo... un investimento», promosso dall’associazione e condiviso con le organizzazioni sindacali regionali CGIL, CISL e UIL e finanziato dal FAPI a valere sull’avviso FAPI 2-2010 per la prima volta nella nostra Regione. Il piano, che aveva preso il via con il seminario inaugurale del febbraio 2011, alla presenza del direttore nazionale del FAPI Giorgio Tamaro, ha riguardato i seguenti percorsi: demolizioni in sicurezza, organizzazione e gestione dei cantieri, le macchine edili e l’uso di attrezzature speciali, gestione delle emergenze, formazione e addestramento all’uso dei DPI, analisi e progettazione per la gestione integrata della sicurezza, manutenzione di macchine, attrezzature ed impianti, auditor per SGSL.
Nel 2010 abbiamo invece realizzato un percorso denominato Formapi composto di tre corsi: per addetti all’uso dei carrelli elevatori, per addetti all’uso delle gru a ponte e delle autogrù e per preposti. L’iniziativa ha voluto significare la premura nell’organizzare gratuitamente per i propri iscritti i corsi previsti nel programma «Spese dell’associazione», che ha voluto in tal modo venire incontro alle aziende in un momento di difficoltà economica e di crisi di liquidità come quello attuale. Formapi, che nelle intenzioni dell’associazione dovrà avere anche delle successive edizioni nel 2011, si prefigge lo scopo di offrire una gamma sufficiente di corsi d’istruzione, formazione, aggiornamento qualitativamente validi e specialistici al fine di prevedere una maggior e migliore qualificazione del personale sia in ingresso sia nel corso dell’attività lavorativa.
Ho preferito sintetizzare, altrimenti sarebbe stato un discorso molto lungo, ma è quello che stiamo facendo nella Regione con l’API Molise. Siamo convinti, come diceva il collega De Gregorio, che la sicurezza si garantisca investendo in prevenzione, non con appesantimenti burocratici che possono penalizzare il lavoro delle piccole e medie imprese, ma proprio con la diffusione della cultura della prevenzione. Per garantire migliori condizioni di sicurezza bisogna, secondo noi, puntare sulla semplicità degli adempimenti, sulla formazione di imprenditori e dipendenti. La battaglia contro gli infortuni può essere combattuta valorizzando le esperienze maturate negli anni all’interno delle aziende che hanno garantito, come ci dicono le statistiche dell’INAIL, una costante diminuzione degli infortuni. La condivisione di queste esperienze positive può creare cultura della prevenzione.

DI NIRO
L’associazione che rappresento racchiude in sé imprese edili di piccole dimensioni con al massimo cinque o sei dipendenti. Talvolta il titolare lavora nella propria azienda. L’ACEM lo scorso anno aveva realizzato un documento, rifacendosi ad un documento proposto dalla Commissione parlamentare di inchiesta sugli infortuni sul lavoro, e lo aveva poi pubblicizzato sugli organi di stampa. Ci piaceva perché blindava il discorso sicurezza; nel documento portato in Senato erano contenute alcune proposte. Tra queste ricordo l’istituzione di un premio dello 0,5 per cento dell’importo dell’appalto per le imprese che attuavano misure di sicurezza al 100 per cento. C’era il punto relativo alla riduzione della cauzione definitiva, aspetto importante, per le imprese che avevano eletto il proprio rappresentante dei lavoratori per la sicurezza o che si erano attivate in quel campo. Si proponeva anche il fondo per la vita a disposizione delle imprese per fare investimenti nella propria azienda in tema di sicurezza.
Sono d’accordo in particolare con il collega che ha approfondito il tema dell’agricoltura, perché anche nel nostro settore il parco macchine è obsoleto: ci sono ad esempio escavatori che vengono «ricuciti e risaldati» oppure ponteggi che necessitano di interventi.

PRESIDENTE
In un recente provvedimento finanziario, risalente a due anni fa, abbiamo fatto inserire uno stanziamento di 50 milioni di euro per favorire un processo di ammodernamento del parco macchine. Non siamo riusciti a farvi rientrare le opere provvisionali, ma siamo riusciti a farvi rientrare il parco macchine.

DI NIRO
Il problema è che i finanziamenti devono essere adeguati.

PRESIDENTE
Bisogna considerare che si tratta di contributi.

DI NIRO
Questi contributi vanno adattati alle esigenze. Un finanziamento specifico per il rinnovo del parco macchine o del semplice ponteggio, per renderlo a norma, potrebbe aiutare l’imprenditore a compiere l’investimento e a tutelare la sicurezza del lavoratore. Dunque abbiamo apprezzato e promosso il documento in questione, proprio per evitare che si prendano scorciatoie, che non si rispettino le regole in materia di sicurezza, per evitare che ci siano imprese che si adeguano alle norme in materia di sicurezza e altre che invece operano con comportamenti da banditi.
Voglio infine evidenziare che il sistema della bilateralità sicuramente ci aiuta: ricordo infatti che attraverso la Edilcassa abbiamo svolto vari corsi di formazione e che negli ultimi anni l’ACEM si è prodigata per la formazione, rivolta non soltanto ai dipendenti e ai loro associati, ma anche e soprattutto agli stessi imprenditori. Ci siamo infatti resi conto del fatto che spesso gli imprenditori edili, che prestano lavoro nelle stesse aziende di cui sono i titolari, non hanno le necessarie cognizioni in materia di sicurezza e di gestione della propria impresa. Essendo impegnati a lavorare concretamente nel cantiere, magari a costruire un muro, spesso non avevano il tempo di star dietro alle norme progressivamente modificate.

PRESIDENTE
La Commissione d’inchiesta sta lavorando molto sulla figura dell’imprenditore edile, tanto che ne abbiamo parlato nella più recente relazione annuale. Occorre dunque fare qualche riflessione anche su questo tema, così come sulla figura degli imprenditori di altri settori, che comportano un maggior rischio infortunistico: penso ad esempio alle fabbriche pirotecniche, che realizzano fuochi d’artificio. Credo infatti che la figura dell’imprenditore edile debba avere delle caratteristiche precise. È già oggi prevista qualche ora di formazione, ma il tutto non può esaurirsi in un breve corso presso la Camera di commercio, che nel giro di poco tempo consente di diventare imprenditori edili anche a persone che non sanno nulla del mestiere. Dico questo perché i problemi connessi alla sicurezza devono essere compresi sia dal lavoratore che dall’imprenditore: non basta che li capisca un solo soggetto.
Ci stiamo dunque ponendo il problema della figura dell’imprenditore, anche a loro tutela: abbiamo visto infatti morire imprenditori a Molfetta o a Campello sul Clitunno, insieme a quattro dipendenti. È un vero e proprio dramma, di cui ha parlato in precedenza il senatore Nerozzi: sul tema dei piccolissimi imprenditori siamo molto preoccupati.

DI NIRO
Il piccolo imprenditore è impegnato sul cantiere, insieme ai propri dipendenti, non ha il tempo per documentarsi e per aggiornarsi e, quando arriva la sera, è stanco e va a dormire. Bisogna però cambiare questa mentalità.

PRESIDENTE
È necessario che anche l’imprenditore si aggiorni, come accade per altre professioni, come quella del medico o dell’avvocato. L’imprenditore deve capire che ha una responsabilità, innanzitutto verso sé stesso.

DI NIRO
La nostra associazione si è accorta di questo problema e della carenza di formazione. Negli ultimi due o tre anni abbiamo infatti cercato di lavorare su questo aspetto – e continueremo a farlo anche in futuro – per formare al meglio il piccolo imprenditore.
Desidero fare un ultimo rapido accenno alla Edilcassa, l’ente bilaterale dell’ACEM, che potrebbe costituire un valido strumento affinché il controllo sulla regolarità contributiva possa garantire l’imprenditore che si trova in regola e che dunque ha «le carte a posto».

PRESIDENTE
Ringraziamo i nostri auditi per il confronto odierno: mi auguro che, così come la Commissione ha compreso le loro esigenze e i loro problemi, che speriamo di poter risolvere – e comunque questo confronto ha certamente arricchito il nostro lavoro in tal senso – anche i nostri auditi abbiano apprezzato la nostra iniziativa, che ci porta a recarci nei vari territori per parlare direttamente con chi si trova «in prima linea» nella lotta agli infortuni sul lavoro. Infatti, parlare di tempeste in una zona sicura e ovattata, è certamente più facile che parlarne in una zona soggetta alle tempeste.


Fonte: Senato della Repubblica