Categoria: Commissione parlamentare "morti bianche"
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SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni

Resoconto stenografico

 

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

 

Martedì 18 settembre 2012

 

Audizioni svolte presso il comune di Bondeno

Presidenza del presidente TOFANI

 

Audizione del procuratore capo presso la procura della Repubblica di Modena e del procuratore reggente presso la procura della Repubblica di Ferrara
Audizione del sindaco, del presidente del consiglio comunale e dei capigruppo consiliari di Bondeno, del sindaco e dei capigruppo consiliari di Sant’Agostino, dei sindaci di San Felice sul Panaro e Medolla e dell’assessore per la semplificazione e il rapporto con i cittadini di Mirandola
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, agricole e artigiane
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

 

 

Audizione del procuratore capo presso la procura della Repubblica di Modena e del procuratore reggente presso la procura della Repubblica di Ferrara

Intervengono il procuratore capo presso la procura della Repubblica di Modena, dottor Vito Zincani, e il procuratore reggente presso la procura della Repubblica di Ferrara, dottor Nicola Proto.

PRESIDENTE
Diamo inizio all’audizione odierna.
Ringrazio il procuratore capo presso la procura della Repubblica di Modena, dottor Vito Zincani, e il procuratore reggente presso la procura della Repubblica di Ferrara, dottor Nicola Proto, per la loro presenza. La Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro si trova quest’oggi a Bondeno, in ragione degli infortuni che si sono determinati a causa del crollo di alcuni capannoni industriali. Vorremmo avere da voi un primo quadro sulle indagini e, qualora lo riteniate opportuno, l’audizione potrà essere segretata. Sappiamo, infatti, che le indagini sono in corso e abbiamo appreso che ci sono 40 indagati.

ZINCANI
Signor Presidente, la segretazione è opportuna, soprattutto per consentire a noi di dare alla Commissione maggiori dati (compresi i nominativi) rispetto a quelli che altrimenti potremmo fornire.

(I lavori proseguono in seduta segreta dalle ore 9,25.)
(I lavori riprendono in seduta pubblica alle ore 9,50.)


PRESIDENTE
Vi ringrazio per la vostra presenza e dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione del sindaco, del presidente del consiglio comunale e dei capigruppo consiliari di Bondeno, del sindaco e dei capigruppo consiliari di Sant’Agostino, dei sindaci di San Felice sul Panaro e Medolla e dell’assessore per la semplificazione e il rapporto con i cittadini di Mirandola

Intervengono il sindaco, il presidente del consiglio comunale e i capigruppo consiliari di Bondeno, Alan Fabbri, Cristina Coletti, Lorenzo Berlato, Sergio Bonfazi, Sandro Chiarabelli, Maria Cristina Aleotti, Patrizia Micai, il sindaco e i capigruppo consiliari di Sant’Agostino, Fabrizio Toselli, Ilaria Vergnani e Simone Tassinari, il sindaco di San Felice sul Panaro, Alberto Silvestri, il sindaco di Medolla, Filippo Molinari e l’assessore per la semplificazione e il rapporto con i cittadini di Mirandola, Anna Martinelli.

PRESIDENTE
Proseguiamo i nostri lavori con l’audizione del sindaco, del presidente del consiglio comunale e dei capigruppo consiliari di Bondeno, del sindaco e dei capigruppo consiliari di Sant’Agostino, dei sindaci di San Felice sul Panaro e Medolla e dell’assessore per la semplificazione e il rapporto con i cittadini di Mirandola, che ringrazio per la loro presenza.
Ci dispiace aver dovuto rinviare la nostra venuta, che era prevista per la fine di luglio, per motivi noti a tutti e che riguardavano anche questo territorio. Noi siamo arrivati ieri, ci siamo già incontrati con gli amministratori presenti ai sopralluoghi che abbiamo effettuato e abbiamo avuto modo di osservare anche i luoghi dei crolli. In particolare ci interessiamo dei luoghi di lavoro dove si sono determinati crolli e morti, perché la nostra missione è quella di verificare questi aspetti e di capire meglio come si sono svolti i fatti. Non a caso questa mattina abbiamo iniziato i nostri lavori con l’audizione dei due procuratori di Modena e Ferrara che ci hanno illustrato la situazione delle indagini per permetterci di avere elementi per capire come sta procedendo l’indagine anche in riferimento alla sicurezza delle strutture e quindi dei luoghi di lavoro.
Sostanzialmente, abbiamo di fronte due situazioni diverse che voi conoscerete senza dubbio meglio di noi. Le aziende site nei Comuni in Provincia di Ferrara non sono più sotto sequestro, perché sono state dissequestrate, e fortunatamente stanno già cercando di riprendere la normalità. Invece in Provincia di Modena la situazione è diversa, perché, per necessità d’indagine, è stato ritenuto opportuno che gli impianti rimanessero ancora sotto sequestro. Noi avremo ovviamente notizie maggiori nel momento in cui i consulenti che sono stati nominati dalle due procure daranno le risposte che tutti noi stiamo cercando per capire, al di là dell’evento del sisma, le condizioni delle strutture e quindi la rispondenza delle stesse alle normative vigenti nelle varie epoche in cui sono state realizzate.
Tuttavia, quello che credo di poter dire, perché non rientra negli aspetti propri dell’indagine e mi sembra corretto che gli amministratori abbiano notizie di questo tipo (se già le avete tanto meglio), è che le procure si sono date tempi molto stretti per arrivare a una prima definizione delle responsabilità e di quanto è accaduto. Ci sarà inoltre una particolare attenzione anche riguardo all’ambiente, perché crolli producono effetti collaterali che interessano l’ambiente. È quindi un aspetto molto positivo che in qualche modo ci dà la possibilità di avere (indubbiamente non poteva che essere così) una certezza dell’indagine nella sua completezza e per quanto riguarda i suoi obiettivi.
Ora ci fa piacere incontrare voi amministratori, per avere anche con voi uno scambio e fare delle riflessioni sul tema della sicurezza sul lavoro in un territorio così ampiamente industrializzato e che è uno dei fiori all’occhiello della nostra industria per qualità e specificità; abbiamo quindi tutto l’interesse a seguire un’attività di concerto. Inoltre, essendo parlamentari siamo disponibili ad ascoltare le vostre riflessioni e indicazioni per poterle fare nostre e, se necessario, darne voce in sede parlamentare. Si tratta quindi di un incontro molto importante, perlomeno noi diamo molta rilevanza agli incontri che facciamo con gli amministratori locali perché in genere sono loro che hanno il polso della situazione. Quindi un confronto con voi è per noi molto positivo.

FABBRI
Buongiorno, sono Alan Fabbri, sindaco di Bondeno.
Vi ringrazio per l’importante audizione che svolgete oggi in questi territori, che si sentono ancora colpiti dai terremoti del 20 e del 29 maggio. Ringrazio della presenza anche i sindaci degli altri Comuni delle Province di Ferrara e di Modena, nonché i capigruppo dei Consigli comunali.
Sicuramente sono molto cambiati, dopo il terremoto, l’approccio e la sensibilità in merito alla questione del lavoro. Si è parlato tanto – e si continua a parlare – di quello che è capitato in Emilia-Romagna con riferimento alla parte industriale, che è quella in cui si sono registrate più vittime. Il terremoto è stato definito il «terremoto degli operai», i quali hanno perso la vita lavorando. È questa una riflessione che va portata avanti sia dai cittadini, che dagli amministratori (quindi sul piano politico). Quello che mi sento di dire – lo faranno forse anche altri amministratori – è che le aziende colpite hanno avuto dei danni cui si sta cercando di porre rimedio, al di là delle vittime. L’attività di ricostruzione è una questione importante da porre nell’agenda politica. In queste zone siamo sempre stati abituati a ragionare in termini di ricostruzione più con riferimento ad eventuali alluvioni che non con riguardo ai terremoti. Qui le persone hanno voglia di ricostruire e di ripartire, facendo ciò che occorre per aumentare il grado di antisismicità degli edifici dove si lavora.
Si parla spesso dei capannoni, però, sia all’indomani della prima scossa, sia la mattina del 29, quando è arrivata la seconda scossa (che ha prodotto i danni più grandi nella Provincia di Modena), è stato difficile far capire che la struttura dove ci troviamo ora era agibile, pur avendo subito dei danni. Ripeto: non è stato facile farlo capire. Tutela e sicurezza sono richieste dalle persone che lavorano negli edifici pubblici e non soltanto da coloro che prestano attività all’interno dei capannoni industriali prefabbricati. Ragionando sia da imprenditori che da operai, il dato che emerge è la volontà di costruire secondo regole più ferree. Bisogna però sottolineare che quello che è capitato è legato anche ad una serie di normative che, nella maggior parte dei casi, sono state rispettate.
Inoltre, vi è una parte industriale che non è stata colpita fisicamente dal terremoto, ma che è chiamata in causa dalla normativa che impone l’aumento del grado antisismico dei fabbricati (che deve essere superiore del 60 per cento rispetto al passato). In questo momento di crisi economica molti imprenditori che non hanno subito danni stanno facendo degli investimenti per la messa in sicurezza dei fabbricati. Il provvedimento dà 18 mesi di tempo per l’adeguamento e gli imprenditori sono tenuti a investire molte risorse per garantire questo tipo di sicurezza. Sarebbe quindi auspicabile, con riferimento ai contributi a favore dell’Emilia-Romagna, tener conto anche di questa situazione.

TOSELLI
Buongiorno, sono Fabrizio Toselli, sindaco del Comune di Sant’Agostino. Ringrazio i membri della Commissione, con cui ci siamo già conosciuti e incontrati ieri pomeriggio. Ringrazio e saluto anche tutti i colleghi sindaci e i consiglieri comunali. Il Comune di Sant’Agostino è presente anche con i due capigruppo di maggioranza e opposizione, Simone Tassinari e Ilaria Vergnani.
Cosa dire in più rispetto alle parole dal sindaco Fabbri, che condivido? Vorrei affrontare tre aspetti, di cui il primo è legato all’ambiente e – quindi – al problema dell’amianto. Abbiamo parlato della questione anche ieri e mi fa piacere aver sentito dal Presidente della Commissione che le procure sono particolarmente attente a questo tema, che attiene alla salute. Proseguendo, parlerò della prevenzione e, in tema di ricostruzione, di quanto previsto dalla legge n. 122 del 2012, con particolare riferimento all’articolo 3 e al tema dell’accelerazione spettrale riferita agli eventi sismici.
Quanto al tema della prevenzione, ho fatto un ragionamento nel corso di questi ultimi quattro o cinque mesi (non riesco quasi più a contare i giorni dal 20 maggio scorso). Il consiglio che mi sento di rivolgere a chi siede in Parlamento è quello di pensare ad una prevenzione più forte legata agli aspetti della sismica, sia per i capannoni, che per le abitazioni. La mia sensazione è che lo Stato intervenga nel momento in cui c’è un disastro: si verifica un terremoto, arrivano i fondi per la ricostruzione e noi spendiamo. A mio parere, occorrerebbe invece pensare a normative che diano la possibilità agli imprenditori e ai singoli cittadini di fare manutenzioni e lavori non dopo il terremoto e – in generale – i disastri. Il più delle volte si costruisce un capannone o una casa e per 20, 25 o 30 anni l’immobile non viene più sottoposto a manutenzione. A mio parere, occorre un’iniziativa in tema di ristrutturazioni, ad esempio prevedendo la possibilità di detrarre per chi opera interventi di manutenzione. Una normativa di questo tipo andrebbe nella giusta direzione, consentendo al cittadino di fare degli interventi sugli immobili. Abbiamo riscontrato che gli immobili che sono stati mantenuti in efficienza – mi riferisco all’ambito civile – hanno resistito meglio degli altri che, invece, non lo sono stati. Sarebbe auspicabile l’adozione di norme simili a quelle emanate in materia di assicurazioni, pensandole anche per quelle aziende che non hanno avuto problemi. Ovviamente, non mi riferisco alla sola Emilia-Romagna, ma anche ad altre zone del Paese, che pure non sono considerate sismiche. In quest’ultimo periodo ho infatti girato l’Italia per seguire le donazioni e mi sono accorto che, dal Veneto al Piemonte, le Regioni sono tutte messe nella stessa situazione dell’Emilia-Romagna.
Il sindaco di Bondeno ha già parlato del nostro aspetto mentale e psicologico: prima del terremoto, che nessuno si aspettava, la nostra preoccupazione era legata ad allagamenti ed alluvioni. Voglio citare un dato. La notte del 20 maggio in tutta l’Emilia-Romagna i cittadini si sono ritrovati in piazza chiedendosi dove era avvenuto il terremoto e pensando che nella zona dell’epicentro era successo un disastro pazzesco. In realtà, il terremoto era sotto di noi. La nostra mentalità e l’aspetto psicologico erano questi: il terremoto era considerato un evento che non si sarebbe mai verificato.
Riassumendo, il mio suggerimento in tema di prevenzione è quello di pensare a delle normative come quelle che sono già state adottate per altri settori, anche da un punto di vista industriale.
Quanto alle questioni dell’ambiente e dell’amianto, due aziende, dove purtroppo vi sono state due vittime, sono state dissequestrate. Come avete potuto vedere, un’azienda non ha più nulla, in quanto sono già stati fatti tutti i lavori di smaltimento; nell’altra il lavoro è già stato avviato ed è ora in fase terminale. Ieri ci siamo recati nelle sole aziende dove vi sono state delle vittime, ma ci sono state molte altre aziende che hanno subito dei crolli. Sarebbe auspicale creare fondi specifici per lo smaltimento dell’amianto. Faccio un esempio. A Sant’Agostino vi è una vecchia fonderia il cui tetto con amianto è crollato. C’è un fallimento in essere ed io ho emesso un’ordinanza. Dal momento che questa ordinanza non viene rispettata, dovrò intervenire come Comune: parliamo di centinaia di migliaia di euro. Sarebbe auspicabile identificare un fondo che, per questi particolari casi, possa essere a disposizione delle amministrazioni locali. In tutte le situazioni in cui vi sono fallimenti diventa infatti problematico decidere chi fa e chi no, con la conseguenza che rischiamo di avere una situazione di stallo per mesi, se non anni.
Sarebbe inoltre opportuno riprevedere la possibilità, per chi fa impianti fotovoltaici, di un contributo per lo smaltimento dell’amianto. In passato questo contributo era previsto e aveva funzionato bene, perché molte aziende, grazie all’incentivo aggiuntivo, avevano smaltito l’amianto facendo impianti fotovoltaici. Nell’ultimo decreto questo incentivo non è più presente e, da sindaco, ho ricevuto molti artigiani e industriali che auspicavano questo intervento. Non essendo stato più previsto, ci troviamo dinanzi al crollo di parte dei capannoni con amianto. Credo che siffatta iniziativa, che era stata ben studiata e ben fatta dal Parlamento e dal Governo, anche in maniera bipartisan, sia da riprendere e portare avanti se vogliamo favorire la prevenzione anche in questo settore. Cerchiamo quindi di prevenire riconoscendo un incentivo per lo smaltimento dell’amianto.
Quanto alla ricostruzione, il sindaco di Bondeno ha già detto che in queste zone tutti si sono rimboccati le maniche e stanno lavorando per garantire una maggiore sicurezza per i lavoratori. Vi sono imprenditori seri, che vogliono lavorare e tutelare chi opera nelle proprie aziende.
Voglio sottolineare un aspetto che mi ha indignato come sindaco. La legge n. 122 fa riferimento al fatto che per i capannoni che non hanno riportato alcun danno, pur avendo subito un’accelerazione spettrale superiore al 70 per cento dell’accelerazione spettrale elastica, la verifica di sicurezza s’intende effettuata con esito positivo. Quindi, il professionista potrà rilasciare il certificato di agibilità sismica definitivo senza che si renda necessario completare la verifica di sicurezza ed effettuare interventi di miglioramento in modo da raggiungere un livello di sicurezza almeno pari al 60 per cento di quello richiesto ad una costruzione nuova.
Il problema è che si fa riferimento alle mappe di scuotimento dell’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, l’unico riferimento tecnico di cui si dispone in Italia per rilevare gli epicentri e l’entità del terremoto. Secondo alcuni studi, i Comuni modenesi rientrano in questa soglia di accelerazione sismica, in quanto il terremoto del 29 maggio è stato rilevato da 8.000 punti di rilevazione. Ricordo, infatti, che dopo il 20 maggio il dipartimento di protezione civile, insieme all’Istituto nazionale di geofisica e vulcanologia, ha riempito il territorio di centraline che hanno rilevato le caratteristiche del terremoto.
Su quello del 20 maggio, praticamente non c’è notizia. Pertanto, i Comuni modenesi – giustamente – rientrano nella suddetta accelerazione del 70 per cento, mentre quelli di Sant’Agostino e Mirabello, che dalla prima scossa purtroppo hanno avuto danni rilevanti, ne sono rimasti fuori, perché manca il dato dell’INGV (quindi dai calcoli non vi rientrano). Su questo aspetto ritengo che le normative dovrebbero essere pensate in maniera equa e rivelarsi giuste per entrambe le situazioni: occorre pertanto trovare una soluzione per valutare più correttamente tali aspetti, affinché anche i Comuni ferraresi vengano considerati alla stregua di quelli modenesi.
Questo ci risulta dai dati in nostro possesso, per cui ho colto l’occasione odierna per darne notizia alla Commissione – che, da quanto ho inteso, avrà modo di riportare la notizia in Parlamento – dal momento che si potrebbe creare una certa disparità di trattamento.

PRESIDENTE
Dato che il tema è molto delicato, sarebbe opportuno che vi esprimeste con un atto deliberativo: si tratta di una mia idea, che però vi esorto a valutare nella vostra funzione. Se ce lo faceste pervenire, insieme ad una descrizione tecnica più precisa, dareste maggior vigore alle vostre richieste e permettereste ai nostri uffici di lavorarci.

NEROZZI
Come ha detto il sindaco di Sant’Agostino, il discorso vale anche con riferimento ai Comuni che non hanno avuto morti sul lavoro, a differenza dei vostri, ma che comunque hanno subito danni.

MARAVENTANO
Sindaco Toselli, lei era al corrente della presenza di una grande quantità di amianto, senza copertura o protezione? È intervenuto a tal proposito nei mesi scorsi? Il procuratore ha detto di non saperne nulla, cosa molto preoccupante dal nostro punto di vista. Vorrei sapere se ha promulgato atti deliberativi volti a risolvere la situazione.

TOSELLI
Sono stati fatti alcuni protocolli a livello provinciale. In alcuni Comuni del ferrarese sono state individuate, fra l’altro, aziende che fanno smaltimento di amianto a prezzi sostanzialmente convenzionati, in modo da favorire ed accelerare il lavoro di smaltimento nei capannoni interessati. Come sindaco, non sono a conoscenza della situazione in cui versano i tetti dei capannoni realizzati dagli anni Settanta agli anni Novanta, ma credo che la norma, varata sulla base del decreto sul fotovoltaico, fosse ben studiata.

MARAVENTANO
Ma lei, dato che poco fa ci ha chiesto aiuto in merito, era già intervenuto?

TOSELLI
Sì, senatrice Maraventano: nel caso del capannone che è venuto giù, cui ho fatto precedentemente riferimento, ho emesso un’ordinanza di smaltimento e messa in sicurezza.

MARAVENTANO
Può farcela avere?

TOSELLI
Certo, ma il problema è che, essendoci un fallimento di mezzo, so già che dovrò pagare io: ammetto dunque di trovarmi in difficoltà, perché l’operazione ha costi importanti.

SILVESTRI
Signor Presidente, desidero a mia volta esprimerle un ringraziamento, anche a nome dei colleghi presenti, per la presenza odierna della Commissione in questa sede.
Muoverò solo poche brevi considerazioni aggiuntive rispetto a quelle anticipate dai miei colleghi dell’area ferrarese, che trovo assolutamente condivisibili, per ribadire come gli eventi che ci hanno colpito fossero del tutto imprevedibili e inaspettati. Negli anni avevamo consolidato l’assoluta certezza che in questi territori non sarebbe mai dovuto avvenire un sisma di entità così importante, tant’è che tutte le normative fino al 2008 prevedevano cose diverse da quelle attuali: non eravamo considerati zona sismica e siamo stati da poco inseriti nella classe 3, con basso rischio sismico, quindi vi era davvero la suddetta convinzione. Tutto l’agire dal punto di vista edilizio, pertanto, era stato fatto rispettando quel tipo di norma.
Purtroppo, però, sotto le macerie dei capannoni sono morti operai, imprenditori e tecnici strutturisti: questo ci induce a considerare che, nella data del 29 maggio, la vicinanza dei due eventi era inattesa e la voglia di ripartire ha giocato un tiro mancino a chi aveva già ricominciato. Questa è la caratteristica delle persone rimaste sotto le macerie a San Felice, ossia due operai e un tecnico strutturista, che stavano verificando il da farsi, per capire se quanto era stato fatto era sufficiente per raggiungere i livelli minimi di sicurezza.
Ecco quanto di fatto stiamo vivendo oggi, nel tentativo di ripartire e risolvere quel compromesso del 60 per cento, tra un patrimonio edilizio costruito con le caratteristiche cui facevo precedentemente cenno e le nuove necessità e urgenze emerse a seguito di questi due eventi sismici tanto forti.
Mi sento di dire che in questi territori la cultura della sicurezza sul lavoro viene da lontano ed esiste da parecchio tempo, quindi noi vorrei che da tali eventi emergesse il messaggio che non si era sufficientemente attenti a temi che invece spesso sono all’ordine del giorno. Come amministrazioni, infatti, cerchiamo di operare al fine di effettuare la verifica sui cantieri (e sto pensando alle azioni portate avanti dal Corpo unico dei vigili che abbiamo nell’area). Sono tutte azioni che abbiamo sempre fatto e non si tratta di situazioni emerse soltanto a causa del sisma.
La voglia di ripartire è forte e ci stiamo rimettendo progressivamente in gioco, consapevoli che il territorio è fortemente produttivo e presenta valori di PIL assolutamente importanti. Proprio il desiderio di ritornare a tali livelli è fortissimo e la stragrande maggioranza delle imprese – nonché degli imprenditori, dei dipendenti e degli operai – si è rimessa in gioco per ricostruire. La quasi totalità è pronta e chi non è già ripartito per produrre, sta ultimando le operazioni per la messa in sicurezza. Questo segnale per noi è davvero fondamentale e ci sostiene nel continuare a lavorare quotidianamente per tornare ai valori di produzione del 19 maggio.

MOLINARI
Signor Presidente, sono Filippo Molinari, sindaco di Medolla e mi associo ai ringraziamenti indirizzati dai miei colleghi alla Commissione per l’opportunità rappresentata dalla presente audizione, nonché al sindaco di Bondeno per l’ospitalità e a tutti gli intervenuti per l’interesse dimostrato.
Onde evitare di ripetere quanto condivido dei concetti già espressi dai miei colleghi, desidero cogliere l’invito formulato inizialmente dal Presidente a mandare un input dal territorio verso la sede parlamentare, finalizzato al varo di provvedimento normativo, soffermandomi su due aspetti.
Il primo è già stato toccato dal sindaco di Sant’Agostino, relativamente alla tutela del suolo e alla prevenzione. Credo che in Italia storicamente si siano investite troppe poche risorse e vi sia stata scarsa attenzione normativa al tema della tutela del suolo, che ha varie sfaccettature, le quali si riverberano poi in eventi catastrofici (dalle esondazioni, alle alluvioni, ai terremoti). Abbiamo un territorio molto esposto a eventi di tale tenore, con coste e terreni appenninici franosi e moltissime zone sismiche. Dev’essere pertanto necessariamente impostato dal Parlamento un di più di normativa e di attenzione rispetto alla tutela del suolo: si tratta di una questione complessa, che richiede una copertura finanziaria importante, quindi nessuno, se non il Parlamento e l’attività governativa, può mettervi mano. Credo sia giunto il momento di farlo: solo negli ultimi due anni abbiamo assistito a fenomeni molto diversi tra loro, legati però dal filo rosso della scarsa attenzione alla tutela del suolo, ulteriormente aggravata anche da errori di pianificazione urbanistica, altro aspetto da sottolineare. Pur non volendo generalizzare, perché ogni storia è a sé, su questo aspetto ritengo vada impostata una strategia di ampio respiro, che può venire soltanto da una legge nazionale.
Il secondo tema che desidero trattare è relativo alla ricostruzione che stiamo affrontando in questo momento, la quale, in tutti i terremoti che si sono susseguiti nella storia d’Italia, ha preso pieghe assai diverse. Facendo mente locale, potremmo ricordare che il Friuli ha avuto una propria storia, terminata in maniera positiva, mentre per l’Irpinia, colpita subito dopo, non penso si possa dire altrettanto. Ogni volta, si ha l’impressione di non fare tesoro delle esperienze precedenti, ma di impostare la ricostruzione sullo spirito delle persone e sull’onda emotiva del momento, senza avere alle spalle una legge che dia ai territori linee guida trasversali da cui partire.
In questi anni, invece, si sono susseguite riforme molto diverse della protezione civile e il terremoto che ci ha investito è avvenuto proprio pochi giorni dopo l’ennesima: nell’emergenza della ricostruzione, la protezione civile ha impostato dunque i lavori in maniera completamente diversa rispetto a quanto era stato fatto tre anni prima a L’Aquila, per non parlare dei terremoti ancora precedenti.
Non credo faccia bene al Paese ricominciare ogni volta da capo sulla ricostruzione: sia sulla prevenzione dei suoli sia sulla ricostruzione, a mio avviso, c’è bisogno di un inquadramento nazionale, fatte salve ovviamente di volta in volta le specificità dei territori. Non v’è dubbio che questo terremoto abbia una propria caratteristica molto forte, perché è la prima volta che viene colpito un distretto industriale così corposo e importante, dato che quelli precedenti avevano colpito molto di più le abitazioni civili, i cui crolli – ahimè – hanno implicato tante morti.
Non a caso siamo qui, invece, perché i morti si sono verificati quasi tutti sul luogo di lavoro e produttivo, dal momento che il territorio è fortemente antropizzato ed alta densità industriale, quindi è chiaro che qui c’è una certa specificità. A monte, però, sarebbe importante avere una legge-quadro nazionale sulla ricostruzione, che faccia tesoro di uno storico ormai copioso, perché in base alle vicende che hanno colpito il Friuli, l’Irpinia, il Belice, l’Umbria, le Marche e l’Abruzzo – da ultimo questa Regione – ormai dovremmo essere capaci di trarre conclusioni trasversali.
Ritenendo di poter interpretare lo spirito dei colleghi, sottolineo come dal territorio venga forte tale richiesta, della quale comunque comprendo la complessità. Anche in questo caso, alla luce della spending review, ci rendiamo conto dello stato del Paese e dell’ingente quantità di risorse necessarie alla realizzazione di tali interventi, che però chiediamo con forza, in quanto aiuterebbero territori che – come giustamente ha ricordato il collega Silvestri – culturalmente non si sentivano esposti a problemi di tale tenore a prenderne atto, compiendo uno scatto culturale.
Da mesi stiamo dicendo che d’ora in poi dobbiamo diventare giapponesi, perché siamo consapevoli di essere esposti, nei luoghi istituzionali, di lavoro, di cura e di formazione, a eventi di questo tipo. Occorre quindi adeguarsi, costruire in maniera nuova e avere alle spalle una normativa molto stringente che dia input molto chiari. Credo che questa sfida sia comune a tutti noi; la sfida lanciata dal sisma emiliano, come tutte quelle originate dai terremoti precedenti, riguarda il Paese e consiste nel riuscire a impiantare in Italia la cultura della prevenzione e procedure di ricostruzione solide alle spalle.
Detto questo, la palla passa al Parlamento e agli amministratori locali perché i decreti-legge, così come convertiti in legge, impongono controlli ferrei e molto scrupolosi; lo erano prima e d’ora in avanti dovranno essere molto più copiosi. L’invito che mi sento di fare agli esponenti del Parlamento è quello di cominciare a ragionare trasversalmente, al di là delle appartenenze politiche, a due leggi serie sulla prevenzione, sulla tutela dei suoli e sulla ricostruzione.

MICAI
Signor Presidente, onorevoli senatori, il Gruppo del Partito Democratico è all’opposizione al Comune di Bondeno, ma da subito abbiamo ringraziato tutti i sindaci che hanno lavorato in buona sintonia tra di loro, anche perché il nostro auspicio è quello di creare un’unione dei Comuni. Al momento, infatti, l’alto ferrarese è semplicemente un’associazione di Comuni e a nostro avviso il fatto di non avere una personalità giuridica può comportare difficoltà dal punto di vista legale nel muoversi più liberamente e in maniera autonoma rispetto ai contributi e ai finanziamenti.
Condivido molto l’intervento del sindaco di Medolla e mi associo alle sue proposte che, anche in maniera molto più semplice, avrei voluto fare. Inoltre, per quanto possibile, mi sento di fare una sollecitazione all’organo centrale e al Parlamento da parte del territorio sul tema del lavoro. Noi Comuni dell’alto ferrarese non abbiamo subito il disastro economico che ha interessato il basso modenese, perché siamo un territorio altamente vocato all’agricoltura, quindi le industrie colpite sono poche perché purtroppo ne abbiamo poche. Credo quindi che la nostra area potrebbe cogliere, dalla disgrazia che ci ha colpito, un’occasione per rilanciare anche l’occupazione. Da parte del nostro elettorato è molto sentito il bisogno e il desidero di essere occupati qui, perché siamo un territorio fatto quasi di città-dormitorio, caratterizzato da forte migrazione quotidiana nelle città a noi più vicine, come Bologna e Modena, ma anche verso il rodigino. A nostro avviso, la spinta che dovrebbe nascere da questi nuovi investimenti per la ricostruzione con i finanziamenti che arriveranno dovrebbe essere orientata al lavoro e ovviamente, quando avremo i posti di lavoro, la sicurezza dovrà rivestire un ruolo centrale.
Altri aspetti che non sono stati toccati da chi mi ha preceduto riguardano le questioni psicologiche. Senza voler fare della filosofia, sappiate che i nostri concittadini, dai più giovani fino agli anziani, hanno sofferto tantissimo di questo evento al quale non eravamo e non siamo tuttora preparati; pertanto, l’ansia di continuare a vivere nella normalità e nelle nostre case è molto sentita. Tornare ad occupazioni normali con una sicurezza che non si ha (nella casa, nella scuola, sul posto di lavoro) è una preoccupazione fortemente sentita, quindi l’invito che rivolgo alle autorità e al Parlamento è di valutare come poter affrontare anche la parte di conoscenza che può partire dai testi scolastici, semplicemente inserendo nei libri di storia il fatto che, per esempio, nel XVI secolo era già avvenuto un forte terremoto qui. Noi tutti ci siamo stupiti del fatto che fossimo ignoranti, nonostante avessimo fatto le scuole cosiddette alte, della conoscenza del nostro territorio, non solo a livello storico, ma anche culturale. Rivolgo quindi un invito a rielaborare uno strumento educativo che, partendo dalle scuole e passando tramite le amministrazioni pubbliche, prepari le future generazioni (ma anche quelle attuali) all’evento eccezionale, quindi non solo con prove di evacuazione, ma anche con uno studio di carattere storico e culturale sul perché questo territorio ci può portare ad avere questi momenti imprevisti.
In conclusione, l’invito da parte del mio Gruppo è quello di cogliere dalla disgrazia un’occasione di rilancio per questo territorio, passando dall’unione dei Comuni dell’alto ferrarese, nonché dalla trasparenza e dalla condivisione della gestione degli indennizzi.

MARTINELLI
Signor Presidente, onorevoli senatori, Mirandola è stata interessata da un terremoto che è stato giustamente definito come economico, perché ha visto il crollo di molti immobili dedicati alle attività produttive, in modo particolare di quelli legati al settore del biomedicale, anche se va detto che Mirandola ha eccellenze anche nella meccanica e nell’agroalimentare. La città è stata duramente colpita, i crolli hanno interessato anche le abitazioni civili, ma quello di cui abbiamo più bisogno è mantenere sul territorio le importanti aziende che vi sono radicate e che comunque hanno dato all’amministrazione comunale l’impegno formale al mantenimento della loro localizzazione in situ, tanto che molte aziende hanno anche ripreso l’attività lavorativa a pieno ritmo, sia pure dopo un periodo di necessaria sospensione del lavoro per la messa in sicurezza dei siti lavorativi.
In questo momento di ripresa della ricostruzione, con ristrutturazioni e costruzione ex novo non solo degli apparati produttivi ma anche delle civili abitazioni, abbiamo la necessità impellente di avere una legislazione che sia la più chiara possibile e agevole dal punto di vista interpretativo. Non dobbiamo assolutamente perderci nei meandri di interpretazioni che ci possono portare a delle lungaggini e ad allungare i tempi di questa ripresa che deve essere la più breve possibile. Dico questo proprio per consentire di mantenere quello che è stato detto a questi microfoni da chi mi ha preceduto, cioè di riproporre a livello nazionale quel 2 per cento del PIL che la Provincia di Modena, di cui i territori colpiti sono espressione, hanno voglia di tornare a produrre. Innanzitutto, abbiamo quindi bisogno di una burocrazia snella e veloce, con procedure trasparenti all’insegna di una legalità che deve essere ora più che mai la più osservata e puntuale possibile.
Condivido quanto dicevano i sindaci che hanno parlato prima di me circa la cultura della manutenzione del territorio, che deve assolutamente radicarsi negli italiani e soprattutto trasferirsi in leggi puntuali da applicare. Noi ci troviamo in un territorio che tutti abbiamo studiato essere una pianura alluvionale formatasi con i detriti dei fiumi, ma abbiamo gli Appennini che ci spingono e quindi abbiamo bisogno di costruire immobili che ci tengano al riparo dagli eventi che ci hanno colpito sorprendendoci per la loro gravità e potenza. Il territorio si è inoltre fatto espressione di una sismicità che era sconosciuta nella sua potenza, ma annunciata anche se a livelli più bassi.
Concludo auspicando proprio la chiarezza delle norme che seguiranno e che ci accompagneranno in questa fase della ricostruzione, che dovrà essere fatta nel modo migliore possibile, con norme puntuali e precise e con una burocrazia snella.

PRESIDENTE
Anche se probabilmente si tratta di argomenti di cui siete già a conoscenza, mi sembra corretto che rimangano nel resoconto stenografico.
Dall’incontro che abbiamo avuto ieri mattina a Bologna con il Presidente della Regione Emilia-Romagna, è emerso un dato molto importante: gli appalti della ricostruzione non saranno fatti con la regola del massimo ribasso. Questo è un aspetto significativo. Voi sapete che dipende dalle stazioni appaltanti stabilire le modalità dell’appalto e che non possiamo eliminare la regola del massimo ribasso con legge. Come Commissione ci siamo molto impegnati su questo tema, ma – purtroppo – dall’Europa è arrivato lo sbarramento, perché si andrebbero altrimenti a creare limiti alla libertà di iniziativa e, quindi, alla concorrenza. La Commissione si sta recando in ogni parte d’Italia e, parlando in modo particolare con gli amministratori ma anche con i prefetti, stiamo cercando di promuovere quanto più possibile l’aggregazione delle stazioni appaltanti e l’utilizzo di metodologie diverse da quella del massimo ribasso.
Per noi è importante aver avuto questa informazione e speriamo che tale metodologia possa essere utilizzata, non solo nell’emergenza attuale, ma anche in futuro.

TOSELLI
Una domanda, signor Presidente. Il resoconto stenografico dell’audizione odierna verrà inviato anche ai sindaci?

PRESIDENTE
Sì, ad eccezione della parte relativa all’audizione dei magistrati.

NEROZZI
C’è una cosa che ha detto prima la senatrice Maraventano e che vorrei ribadire, rivolgendomi ai sindaci del modenese e, in particolare, ai sindaci di Medolla e Mirandola. Nelle aziende si è riscontrato il problema della presenza dell’amianto rispetto al quale sono in corso una serie di risanamenti: penso a San Felice sul Panaro, a Medolla, dove è venuto giù tutto, e a Mirandola, dove è morto un datore di lavoro. Le fabbriche, dopo che si è registrata la presenza di amianto, sono state poste sotto sequestro e rispetto a questo abbiamo già espresso la nostra opinione. Dal momento che i sindaci, poi, alla fine, hanno tutte le responsabilità (anche quelle che in realtà non competono loro), vi segnaliamo l’esistenza di questo problema di copertura. Poi si vedrà chi dovrà intervenire, però è giusto che voi lo sappiate, in quanto le due situazioni sono visibili a occhio nudo e molto preoccupanti. Diversa è la situazione negli altri paesi, dove è già iniziato il risanamento. Servirà un tempo congruo, ma il risanamento – lo ripeto – è già iniziato.

MOLINARI
Intervengo anche per rispondere implicitamente alle domande della senatrice Maraventano.
Ricordo a tutti che rispetto ai protocolli e alla legislazione non vi sono particolari problemi quando si riscontra la presenza di amianto intatto; il problema sorge quando si frantuma e si polverizza in atmosfera. Già nel momento dell’emergenza, i vigili del fuoco incaricati delle visite speditive, in presenza di amianto, non hanno verificato l’immobile; pertanto, insieme all’ARPA, abbiamo sottoscritto dei protocolli, che si sono tradotti in ordinanze del sindaco nei singoli territori comunali, per lo smaltimento dell’amianto. Se non lo avessimo fatto, non si sarebbero potuti verificare gli edifici, né da parte di tecnici privati, né da parte delle squadre specializzate. Quindi, attraverso il protocollo con l’ARPA e l’ordinanza del sindaco, si è già messo in moto questo meccanismo.
Quanto ai siti sottoposti a sequestro, nel momento in cui il procuratore darà il via libera rispetto ai vincoli attuali, è già pronta l’ordinanza di smaltimento dell’Eternit, al pari di quanto è stato fatto per tutti quegli edifici (non solo edifici produttivi, ma anche abitazioni civili) che, man mano che andavamo avanti con la ricognizione del territorio, sono stati verificati. La situazione richiede – quindi – una particolare attenzione, ma essa – ripeto – è stata presa in carico in base ad una procedura di emergenza, anche con un protocollo specifico sottoscritto con l’ARPA, che ha la potestà di intervenire all’interno dei siti.

NEROZZI
Va bene, però sollecitate i procuratori a coprirli, perché – purtroppo – è proprio lì che può verificarsi la frammentazione. È un consiglio che va oltre le vostre competenze, ma – ripeto – vi consiglio di sollecitarli almeno a coprirli, se non a dissequestrarli.

MARTINELLI
Signor Presidente, vorrei intervenire anche io in tema di bonifica dell’amianto.
Le coperture in amianto che sono crollate sono tutte bonificate, in sintonia con le procedure dell’ARPA, ossia attraverso bonifiche precise che consentono l’abbattimento della pericolosità della polverizzazione dell’amianto, che, come è stato detto, provoca un danno all’ambiente. L’amministrazione, in sintonia con l’ARPA, sta procedendo al controllo di queste procedure.

PRESIDENTE
Mi sembra che l’elemento emerso sia dai nostri sopralluoghi di ieri, che dalle audizioni odierne, è quello della evidenza, al di là di avere risposte – vi è stato un impegno dei magistrati in tal senso – in tempi celeri. Da parte nostra ci siamo già mossi con riferimento al problema dell’amianto, per quanto di competenza. Voi state già dedicando la giusta attenzione al tema, però – vi ripeto – occorre fare tutto il possibile affinché, al di là dei tempi del sequestro, l’amianto non rimanga nei siti. Questo è il punto centrale: l’amianto è lì da quattro mesi.
Se non sbaglio (vado a memoria e mi correggerete se sbaglio), abbiamo colto il problema anche a Mirandola. Non è come dice lei, assessore Martinelli.

MARTINELLI
L’amianto è bonificato. Quando viene sollevato dal sito viene bonificato: la procedura è obbligatoria.

PRESIDENTE
Stiamo dicendo due cose diverse. Lei sta facendo un discorso serio e corretto di procedura nei luoghi non sequestrati, mentre il nostro è un ragionamento sui luoghi sequestrati, dove l’amianto non può rimanere in queste condizioni. Come potete sicuramente immaginare, non stiamo facendo questo ragionamento solo con riferimento alla vostra situazione. Voglio sottolinearlo ancora: sono trascorsi quattro mesi e la polverizzazione si è verificata a causa della frantumazione dovuta al crollo. Quindi, non si tratta di stabilire se vi sia stata o meno la frantumazione, in quanto essa si è già verificata circa quattro mesi fa. Non vorremmo che, per motivi legati all’indagine, questo stato dei luoghi permanga ulteriormente. Allo stesso tempo, siamo convinti che lo stato in cui si trovano i luoghi in questione vada maggiormente protetto laddove è intervenuto il sequestro. È una considerazione di carattere generale.
Credo che su questo aspetto siamo tutti d’accordo.
Abbiamo avuto da voi delle indicazioni e anche qualche quesito; ci faremo carico di approfondirli e di meglio capirli, in attesa di ricevere la documentazione che ci invierete. Creeremo senz’altro un rapporto di collaborazione tra di noi, in quanto le nostre missioni sui territori non si esauriscono nei sopralluoghi, ma si sviluppano successivamente nel rapporto che si instaura con gli auditi. Nel ringraziare il sindaco Fabbri per l’ospitalità che ci ha riservato quest’oggi, dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali, agricole e artigiane

Intervengono il presidente della Confartigianato di Modena in rappresentanza di R.ETE. Imprese Italia, Elio Luigi Munari, il responsabile dell’area ambiente e sicurezza sul lavoro di Confindustria Modena, Giovanni Bartolotti, il responsabile dell’ufficio sindacale di Confagricoltura, Pier Luigi Grandi, il direttore della Confesercenti di Ferrara, Alessandro Osti, il vice presidente di Unindustria Ferrara, Paolo Martinelli, accompagnato dal funzionario del medesimo ente, Giacomo Pirazzoli, il segretario territoriale di Confcommercio, Roberto Giacomini, il dirigente di Coldiretti, Mirco Tartari, il responsabile del dipartimento economico della CNA, Giampaolo Lambertini, il presidente della CIA, Lorenzo Boldrini, e il funzionario di Confcooperative, Ruggero Villani.

PRESIDENTE
Procediamo con le nostre audizioni, ringraziando gli intervenuti per la loro presenza.
Come sapete, la Commissione si trova qui quest’oggi per approfondire il tema della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro – lo abbiamo già fatto ieri visitando i capannoni dove delle persone sono morte –, ovviamente in un contesto più generale, che vada anche oltre il fenomeno sismico. Vorremmo inoltre capire come si è verificato l’evento e se vi sono state delle responsabilità.
Ricordo che la magistratura, per la parte di sua competenza, sta andando avanti con le proprie indagini. Questa mattina, in apertura di audizione, abbiamo ascoltato i magistrati delle due procure che stanno seguendo le indagini, così da comprendere le responsabilità (se ci saranno), ma – soprattutto – per capire come affrontare i problemi di sistemazione, soprattutto laddove non vi sono stati crolli e quindi situazioni di particolare emergenza. Come sapete, infatti, queste strutture, seppur in tempi congrui, devono essere adeguate ad una realtà sismica che, fino a poco tempo fa, si riteneva meno cruenta di quanto poi si è rivelata. Siamo convinti che anche gli imprenditori dovranno far fronte a delle problematiche connesse alla procedura di adeguamento: problematiche logistiche e, verosimilmente, anche economiche. Sappiamo che la Regione Emilia-Romagna si sta attivando (abbiamo avuto modo di parlare anche con il Presidente della Regione in merito alle possibili iniziative da adottare), così come lo Stato centrale, che, come sapete, alla fine di luglio ha adottato un provvedimento che riguarda questo territorio. Vogliamo sentire anche voi, perché siete una parte importante – direi quasi determinante – per la ripartenza produttiva, con l’auspicio di avere da voi delle riflessioni su quanto è accaduto e sulle strutture che, purtroppo, hanno collassato.
Vi saremo altresì grati se ci renderete partecipi delle possibili strategie che pensate di portare avanti.

MUNARI
Signor Presidente, R.ETE. Imprese Italia coinvolge gli imprenditori del commercio, dell’artigianato e delle piccole e medie imprese che fanno riferimento a CNA, Confesercenti, Confcommercio e Confartigianato.
Fino al 19 maggio, prima dell’evento eccezionale che purtroppo ci è piovuto addosso, non avevamo alcun tipo di problema nel rispetto delle norme di sicurezza e delle leggi vigenti e, facendo parte della rappresentanza delle piccole imprese, tutti sappiamo quanto siano determinanti per noi i nostri collaboratori, con i quali lavoriamo gomito a gomito. L’altissima attenzione sempre prestata al rispetto delle leggi fino ad allora vigenti è dimostrata anche dal fatto che non era mai stata rinvenuta alcuna difformità da parte degli enti preposti al controllo.
A seguito di una calamità naturale di tal fatta, per noi è difficilissimo reagire su più fronti, vale a dire sulla tenuta del contesto e dei ricavi delle aziende stesse, nonché sulla scelta imprenditoriale da fare per ripartire. Il commissario straordinario, a distanza di quattro mesi, sta legiferando in modo da darci la possibilità di capire le modalità d’intervento innanzi tutto per la messa in sicurezza degli immobili, dato che le relazioni tecniche parlano di cosa fare e come farlo, in funzione dei decreti attuativi.
Ci fa piacere, quindi, signor Presidente, poter essere qui a dire la nostra davanti a questa Commissione, che ha la sovranità di stilare poi un documento conclusivo. Ferme restando le indagini della procura, nel merito delle quali non entriamo, mi auguro non emergano responsabilità soggettive e tanto meno d’impresa, perché fino al 19 maggio – come ricordavo poc’anzi – i nostri immobili erano stati assoggettati a verifiche tecniche di licenza edificatoria. A nostro avviso, in questo momento, dobbiamo verificare che non vi siano stati colpe o doli, ma come territorio abbiamo sempre espresso e continuiamo ad esprimere la più grande attenzione alle norme, di qualsiasi tipo e genere, in particolare sulla sicurezza sui luoghi di lavoro. Mi sento quindi molto tranquillo nell’affermare che troveremo l’aiuto di questa Commissione per snellire tutte le pratiche atte a ripartire il più in fretta possibile, altro grande problema che noi imprenditori stiamo subendo in maniera molto concreta.

BARTOLOTTI
Signor Presidente, l’area di Modena, come estensione e – per certi aspetti – come intensità, è stata la più colpita dal terremoto, in particolare in tutta la zona nord della sua Provincia.
In primo luogo, a prescindere dal fatto che non possiamo conoscere i singoli casi, con riferimento alle eventuali responsabilità, tendo ad escludere quelle dovute a questioni legate alle costruzioni edili. Siamo in un’area del Paese in cui l’abusivismo non è assente – perché questo non si può dire da nessuna parte – ma è sicuramente del tutto marginale, sia in virtù della cultura locale sia a seguito del controllo stringente delle istituzioni territoriali e delle strutture dell’ARPA e dell’AUSL che vigilano con estrema attenzione i luoghi di lavoro del territorio.
Va anche detto che tempus regit actum, per cui per gli edifici costruiti in determinate epoche sono state applicate le norme vigenti in quel momento, che poi magari a valle e con il senno di poi potrebbero apparire insufficienti.
Benché non sia uno scienziato e non abbia competenze scientifiche specifiche, ho comunque cercato di comprendere qualcosa in più sull’intensità di questo terremoto, che non viene assolutamente espressa dalla magnitudo 5.8-5.9 gradi Richter dei due eventi sismici più gravi e delle altre sei o sette scosse superiori al 5º grado, ma casomai dalle sollecitazioni in termini di accelerazione lineare che hanno subito le strutture edili, che è stata spaventosamente più elevata rispetto a quella di moltissimi altri terremoti di magnitudo superiore. A nostro avviso, questa è stata, in determinate zone, la causa delle devastazioni e del fatto che strutture studiate e progettate, anche in appoggio, per avere una certa oscillazione, non abbiano retto. Lo dimostra il fatto che in alcune zone, come a Cavezzo, le distruzioni siano state estremamente estese, mentre in altre, estremamente ravvicinate, le distruzioni non lo siano state altrettanto.
Mi è stato spiegato che ciò è dovuto anche alle caratteristiche del suolo, la cui classificazione in quelle zone rientra nella categoria C e che probabilmente in altre è anche peggiore: la classe va da A – che è la migliore, perché fa riferimento alla roccia che trasmette meno le sollecitazioni – in giù e in altre zone può anche darsi che la classificazione non risulti altrettanto corretta a livello micro.
Resta il fatto che in molti casi le sollecitazioni subite hanno superato addirittura la curva dell’accelerazione spettrale richiesta ad un edificio nuovo, costruito secondo le attuali norme antisismiche, tant’è vero che alcuni cantieri di costruzione di edifici, in particolare capannoni, rispondenti alle nuove norme tecniche per le costruzioni (NTC/08), già molto vicini al completamento, hanno subito seri danni, anche se non sono crollati. Sotto questo profilo, dunque, mi sento di affermare che sarà estremamente difficile trovare responsabilità, anche se ovviamente i singoli casi particolari e specifici possono sfuggire.
Il secondo aspetto or ora trattato dal dottor Munari, relativo alla ripresa, è estremamente difficile. Sono qui a rappresentare l’industria di ogni dimensione, come risulta chiaramente dalla mia qualifica: fortunatamente, nell’area a nord di Modena, alcune grandi imprese multinazionali almeno hanno riconfermato la volontà di ripartire in loco, e in parte già l’hanno fatto, o con delocalizzazioni temporanee; ve ne sono però moltissime altre, medie e piccole, ancora nel dubbio e nell’incertezza più assoluta sul da farsi a tal proposito.
Vi sono due problematiche da considerare. La prima è rappresentata dall’adeguamento immediato dell’attuale comma 8-bis, dell’articolo 3, della legge n. 122 del 2012, sui cosiddetti interventi salvavita: già questi, in alcuni casi si rivelano problematici, in altri sono già stati realizzati ed in altri ancora sono stati onerosi, ma non troppo, mentre in ulteriori altri, se vogliamo marginali in termini numerici, addirittura peggiorativi rispetto al livello di sicurezza anteriore. In alcuni casi, cioè, in cui la struttura non è in grado di reggere vincoli, o meglio, può reggerli, ma peggiorando il proprio livello di sicurezza, in base alle norme tecniche per le costruzioni del 2008, per cui anziché migliorare, con i vincoli peggiora. Si tratta di pochi casi, ma abbiamo avuto anche segnalazioni in tal senso.
La seconda problematica è rappresentata da quegli interventi di miglioramento sismico atti a garantire il raggiungimento del livello del 60 per cento della sicurezza richiesta ad un edificio di nuova costruzione, che in tantissimi casi purtroppo comporteranno l’abbattimento e la ricostruzione integrale degli edifici, perché il semplice adeguamento è assolutamente antieconomico o logisticamente impraticabile. Se vogliamo, de iure condendo e non de iure condito, visto che questa è la legge attualmente in vigore, questi obblighi di miglioramento sono delimitati dai confini comunali (per la Provincia di Modena sono 14, mentre per le altre Province si fa riferimento ad altri Comuni). È vero che sono stati allungati i tempi, ma ciò determina un incredibile gap di competitività dei territori, a meno che non si prevedano seri e intensi aiuti di carattere economico, che tengo però a sottolineare devono essere slegati dai danneggiamenti. Le voci attuali e il dettato normativo del decreto-legge n. 74 del 2012, così come convertito nella legge n. 122 del 2012, presuppongono che il fondo per la ricostruzione intervenga là dove vi siano ripristini, quindi dove vi siano stati danneggiamenti. In quei casi, è possibile coprire anche gli interventi salvavita di cui ho parlato prima ed eventualmente il miglioramento al 60 per cento, con tempi più ristretti rispetto ai quattro o agli otto anni attualmente previsti per la messa in sicurezza, ma questo è anche plausibile.
Il problema è che nelle vaste zone in cui non vi sono stati danni o deformazioni plastiche di alcun tipo sugli edifici, che quindi hanno retto tranquillamente (come a Modena, ma credo che problemi analoghi si pongano anche in Provincia di Bologna, Reggio Emilia e Ferrara, con tutto il territorio del capoluogo), e dove magari sostanzialmente si è spostata solo qualche controsoffittatura, si deve comunque effettuare un adeguamento che in moltissimi casi è estremamente oneroso. Non avendo subito danni, però, almeno allo stato attuale delle norme e dalle voci che corrono riguardo alle possibili ordinanze del commissario delegato, non possono comunque accedere a quel tipo di finanziamento a fondo perduto per l’adeguamento. Questo ovviamente sta portando un certo numero di imprese a pensare di delocalizzare definitivamente a proprie spese, addirittura all’estero. Ad esempio, si stanno studiando delocalizzazioni nel Nord Tirolo, che è a tre ore di macchina da qui – così, mi si perdoni la banalizzazione, ma i dipendenti d’estate possono tornare in poco tempo al mare a trovare la famiglia – e permette di spostare una parte dei lavoratori. Basterebbe comunque delocalizzare in Comuni limitrofi, fuori dalla cerchia.
A mio parere, questa scelta avrebbe dovuto essere impostata in termini diversi: sarebbe stato più utile pensare ad una strategia complessiva del Paese Italia che, in un arco temporale molto più lungo dei quattro o otto anni previsti per la messa in sicurezza, rivedesse la propria politica relativa agli edifici e all’edilizia produttiva, quindi a lungo termine, ma su tutto il territorio nazionale. Ricordiamo, infatti, che nessuno si aspettava un terremoto di tal fatta nella bassa modenese e ferrarese: alle ore 4,04 del 20 maggio, quando ci siamo svegliati improvvisamente, tutti abbiamo pensato indistintamente che fosse stato colpito l’Appennino. Basti vedere la collocazione delle faglie, una delle quali passa sotto il centro di Bologna, praticamente sotto alle due torri, per capire che la zona ne è piena e da questo terremoto abbiamo scoperto anche che esse possono attivarsi contemporaneamente. Secondo i dati dell’INGV, in questo caso se ne sono attivate due, perché le due scosse principali appartenevano a due faglie diverse. Da questo punto di vista, quindi, la problematica non riguarda solo 14 Comuni, ma bisogna pensare ad una politica più vasta e ad un altro tipo di strategia.
Questa però è la norma, quindi evitiamo gap e fughe, ma cerchiamo di sostenere economicamente tale transizione all’edilizia rispondente alla normativa del 2008: molte aziende stavano già costruendo capannoni di questo tipo, a fianco dei precedenti.

GRANDI
Signor Presidente, onorevoli senatori, parlo a nome delle altre associazioni degli agricoltori che mi hanno delegato. Come il collega di Confindustria, anche io vengo dalla Provincia più gravemente colpita dal sisma: penso che abbiate anche voi negli occhi le scene delle centinaia di migliaia di forme di parmigiano crollato a terra, dell’aceto balsamico che si è rovesciato negli stabilimenti e degli altri ingenti danni a prodotti di nicchia straordinari, che abbiamo solo noi. Effettivamente, anche se con questo sisma si è venuta a creare una crisi gravissima, gli agricoltori si sono comunque rimboccati le maniche. Nella zona interessata, centinaia di fabbricati rurali, anche data la loro vetustà, sono crollati; fortunatamente a me non risulta che vi siano stati infortuni mortali per questi crolli di fienili, barchesse e vecchie case coloniche; i danni sono stati materiali, perché sotto ai ricoveri degli attrezzi ci sono i trattori, i carri raccolta e le autovetture degli agricoltori, ma ripeto che non mi risulta vi siano stati incidenti o infortuni collegati a questo tipo di dinamiche. Inoltre, nonostante il sisma, gli agricoltori sono rimasti sul posto di lavoro, anche perché non possono fare diversamente: lavorano all’aperto, ci sono i prodotti da raccogliere, siamo in piena vendemmia, è quasi finita la raccolta delle pere e gli animali vanno accuditi tutti i giorni.
Credo che la situazione sia veramente complessa, soprattutto perché il nostro settore ha delle peculiarità diverse da quelle di Confindustria che sono connesse ai capannoni e alla ricostruzione. Non so come, se, in che modo, e con quali norme si potranno ricostruire le migliaia di fabbricati colonici e di ricoveri che sono crollati e ho l’impressione che lo scenario sia abbastanza inquietante. Mi sento solo di dire, se è possibile e non so se sia la sede giusta, che per cominciare a ripartire e per aiutare questa gente a rimboccarsi le maniche, sarebbe necessario quantomeno un ragionevole lasso di tempo in cui vengono sospesi i pagamenti dei tributi e contributi sia per gli imprenditori che per i loro dipendenti.

OSTI
Signor Presidente, onorevoli senatori, parlo a nome di una categoria che non è tra quelle che ha subito i danni strutturali maggiori a causa dell’evento sismico; infatti, i capannoni crollati appartengono ad attività produttive diverse dalle nostre, ma ciò non significa che le nostre aziende non abbiano subito danni, soprattutto in alcune zone. A questo proposito mi attengo a quanto è stato detto da chi mi ha preceduto: se ci sono stati danni ritengo che non siano sicuramente da imputare, nella maggior parte dei casi, a responsabilità oggettive.
Come è stato già ampiamente rappresentato, questo fenomeno è stato eccezionale per intensità, per i luoghi che ha colpito, perché nessuno si aspettava un evento di questo tipo; al di là di questo, la cultura delle nostre imprese è quella di rispettare le norme e, come direttore di un’associazione che tutti i giorni ha sott’occhio queste realtà, mi sento di dire che c’è la volontà delle imprese di rispettare queste disposizioni tese a salvaguardare la sicurezza, non solo dei dipendenti, ma in generale di chi lavora, come avviene nelle nostre aziende.
Al di là di questo, credo che, decontestualizzando la questione della sicurezza, occorra ricostruire una nuova cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro che non deve essere incentrata sulla produzione di documenti. Purtroppo oggi la tutela della sicurezza è assicurata da una serie di elementi, di certificazioni e da documenti raccolti da un funzionario dietro una scrivania. Credo che invece occorra fare qualcosa di più serio, cioè andare sui luoghi di lavoro per vedere se sono rispettate le procedure e non produrre tonnellate di carta, che a volte devono esser presentate anche da aziende di piccole dimensioni, come le nostre, dove non c’è produzione e non ci sono rischi significativi. A mio avviso bisogna quindi cambiare la logica e la cultura della sicurezza nei luoghi di lavoro, cercando di coniugarla con norme chiare e semplificazione delle procedure. Ritengo che questo sia uno degli elementi verso i quali tendere per rendere più serio e sicuro quest’intervento.
Il secondo aspetto riguarda le problematiche della ricostruzione. Su questo sono completamente d’accordo con alcuni interventi che mi hanno preceduto e che hanno rappresentato la problematica nella sua realtà. Le nostre strutture sono state poco colpite, non ce ne sono molte che hanno avuto danni irreparabili, ma si è fermata l’economia di un territorio, come il capoluogo di Ferrara, che è caratterizzato da monumenti, storia, arte e cultura su cui si regge la sua economia; ora però quel centro dà all’esterno un’immagine di mancanza di sicurezza perché alcune strutture, soprattutto quelle storiche, sono ancora inagibili perché sono edifici molto vecchi che non potevano sopportare scosse di questo tipo.
Uno degli elementi che ci preoccupa maggiormente è, dunque, quello della ripartenza, che in molti casi significa ricostruire o adeguare la sicurezza degli edifici. Ora, però, vorrei uscire dalla contestualizzazione del discorso. Il nostro Paese è per la maggior parte a rischio sismico; ciononostante non abbiamo mai sviluppato una cultura in questo senso e non abbiamo mai fatto della prevenzione, invece sarebbe ora che il Paese cominciasse a varare normative e andare in questa direzione. Adesso ci troviamo a discutere se ci sono state responsabilità, ma a mio avviso è mancata una seria prevenzione, il che significa mettere le imprese e i cittadini nelle condizioni di adeguare le strutture delle zone come le nostre, che sono numerose nel nostro Paese, affinché questi eventi non determino le conseguenze che hanno prodotto da noi. Ciò comporterà un periodo di lavoro molto lungo, ma se non lo iniziamo non arriveremo mai alla fine, mentre interventi in questo senso sono assolutamente necessari.
Occorre quindi ricostruire, ma anche adeguare le costruzioni attualmente non a norma perché realizzate in anni precedenti alle normative più recenti che sono più stringenti e in linea con il rischio sismico. Per questo servono fondi e per le imprese so che ci sono risorse dell’INAIL. Evidentemente, i fondi destinati vanno indirizzati principalmente verso questi adeguamenti, ma si possono immaginare anche altre misure, come in relazione alla detrazione del 55 per cento che oggi riguarda solo gli interventi per risparmio energetico. Questi sono alcuni esempi banali, ma bisogna andare in questa direzione per dare la possibilità a imprese e persone, che in questo momento non vivono un periodo facile, di fare interventi importanti affinché si costruisca nel nostro Paese una più solida cultura della prevenzione.

MARTINELLI
Signor Presidente, in questa sede rappresento gli artigiani, gli imprenditori e gli agricoltori della Provincia di Ferrara, quindi, se mi è permesso, vorrei leggere una relazione convenuta tra queste organizzazioni.
Onorevoli senatori, desideriamo, anzitutto, ringraziare per l’opportunità che viene offerta quest’oggi alle associazioni di rappresentanza delle imprese ferraresi di delineare il proprio pensiero in ordine al tema della tutela della salute e della sicurezza sul lavoro.
La posizione delle associazioni e delle imprese di questo territorio è assolutamente in linea con quella più volte espressa dalle massime cariche dello Stato: il lavoro non sicuro rappresenta una minaccia alla convivenza civile, contro la quale le istituzioni e l’intera società devono reagire per affermare il significato etico e politico della salvaguardia della vita umana anche e soprattutto nel quotidiano esplicarsi del lavoro quale valore fondante delle garanzie costituzionali.
La tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro è indice del livello di civiltà di un Paese, ma è anche uno dei fattori di competitività e di sviluppo. Il mondo produttivo deve misurarsi con un contesto di riferimento globalizzato ed in continua evoluzione, che impone sfide cruciali alle quali occorre rispondere attraverso politiche economiche e sociali che contribuiscano a rendere la società più dinamica e le imprese più competitive in un quadro di garanzie per i lavoratori. In questo senso il nostro Paese, in particolare nell’attuale drammatico momento congiunturale, ha bisogno di una strategia di intervento in grado di coniugare uno sviluppo economico sostenibile con una salda coesione sociale e, a questo scopo, sono fondamentali politiche di welfare che, da costo per il sistema Paese, si trasformino in fattore di crescita, per dare adeguata risposta ai nuovi bisogni sociali, creando, al tempo stesso, valore.
In questo ambito, trova la nostra piena condivisione ogni politica volta a prevenire i rischi lavorativi, purché – sia chiaro – non generi inutili penalizzazioni per le imprese. A tale riguardo, va evidenziato come la vigente normativa presenti ancora alcune criticità in merito, in particolare, alla onerosità degli obblighi informativi che, talvolta, rischiano di concentrare le risorse delle imprese (soprattutto di quelle piccole e medie) sugli adempimenti formali e non su quelli sostanziali.
Le scriventi associazioni hanno, nel tempo, elaborato diverse proposte di semplificazione che si collocano proprio in tale ottica, configurando, ad esempio, la soppressione di procedure e di comunicazioni ripetitive e proponendo la conversione di comunicazioni dalla forma cartacea a quella telematica, che hanno come minimo comune denominatore quello di essere volte a consentire all’imprenditore (che nella totalità dei casi lotta giorno per giorno, fianco a fianco, aiutato dai propri operai, per il bene dell’impresa e dei propri lavoratori) di concentrare attenzione, risorse ed attività su adempimenti necessari a raggiungere e mantenere ovunque i livelli di tutela della salute e sicurezza che le normative internazionali ed europee, così come quelle italiane, impongono. A maggior ragione, se ci riferiamo alla cosiddetta sicurezza post sisma, che impone più che mai un contemperamento tra le esigenze della sicurezza (che ha un costo) ed il mantenimento di un livello sostenibile di competitività.
Vorrei ora fornire alcuni dati statistici relativi alla nostra Provincia. Secondo l’INAIL, nel 2011, in Provincia di Ferrara gli infortuni sul lavoro sono calati, rispetto al 2010, del 4,1 per cento, passando da 6.530 a 6.264: una diminuzione molto più consistente della media regionale, che si è fermata all’l,5 per cento. Considerando il solo settore delle costruzioni, essi sono scesi da 433 a 420. Sono, in particolare, calati gli incidenti avvenuti nelle fabbriche o nei cantieri, mentre sono cresciuti di molto, da tre ad otto, quelli verificatisi in strada durante l’orario di lavoro. È rimasto invariato il numero di incidenti in itinere, ossia durante il percorso per andare o tornare dal lavoro. Il problema resta comunque ed è compito nostro e di tutti i soggetti pubblici e privati che intervengono nei processi di prevenzione adoperarsi per ridurre sempre più il fenomeno senza campagne allarmistiche, ma operando con costanza e concrete proposte specialmente sul terreno della formazione e informazione.
Per quanto concerne le attese delle imprese, i processi di ascolto e di confronto, quale quello odierno, rappresentano in via generale un momento centrale dal quale è sempre lecito attendersi, tra l’altro, stimoli e proposte verso norme chiare ed efficaci, in grado di coniugare la garanzia delle tutele e la certezza degli adempimenti. Questa esigenza di certezza del diritto è tanto più avvertita nella materia della salute e sicurezza sul lavoro, dove non sono infrequenti norme a precetto generico che non sempre consentono alle imprese di poter contare su prescrizioni puntuali, la cui osservanza dia la certezza di aver correttamente e completamente adempiuto.
È questa una delle principali anomalie del sistema alla quale, a nostro parere, occorre dare soluzione. Da tempo le nostre imprese si aspettano che vengano finalmente superati problemi relativi alla disorganicità del quadro legislativo, alla complessità delle regole e delle misure di prevenzione, all’incongruenza del regime delle responsabilità, alla frammentazione delle competenze, all’insufficiente promozione della cultura della prevenzione; all’inadeguatezza del sistema sanzionatorio penale, oggi non in grado di valorizzare la prescrizione e la diffida quali strumenti da anteporre alla funzione meramente repressiva; alla carenza di sostegni finanziari agli investimenti aziendali per il miglioramento della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
In sintesi, per noi è necessario concentrarsi sulla prevenzione attraverso poche regole chiare, procedure snelle ed efficaci, coinvolgimento degli organismi bilaterali rappresentativi delle parti sociali e sostegno mirato per gli investimenti delle piccole e medie imprese e per la valorizzazione delle buone prassi.
Vengo ora più direttamente ai temi trattati dai colleghi con riferimento al sisma, trovando numerose convergenze nelle considerazioni che sono state prima esposte. Occorre che le risorse fin qui stanziate, anche attraverso la spending review, vengano messe a disposizione in tempi rapidi e con procedure certe. La sicurezza nei luoghi di lavoro passa – infatti – anche attraverso le verifiche di sicurezza e l’adeguamento sismico degli stabilimenti produttivi. Bisogna tuttavia che, visti anche i notevolissimi investimenti che in molti casi sono necessari, gli imprenditori abbiano certezze su tempi, modalità ed entità delle risorse disponibili per il risarcimento del danno e per abbattere il costo del denaro eventualmente necessario a coprire la parte di investimento non coperta da assicurazione o rimborso pubblico. In caso contrario, esiste il concreto rischio che in queste zone venga a mancare, non solo il lavoro sicuro, ma lo stesso lavoro. Non va dimenticato che, nel termine di alcuni anni (prima è stato citato: da quattro a otto, a seconda del livello di resistenza sismica dell’edificio), in ogni settore definito dal decreto come produttivo, inclusi l’agricoltura e il terziario, i livelli di sicurezza degli stabilimenti non danneggiati devono essere portati al 60 per cento di quelli previsti per i nuovi capannoni. In molti casi ciò significherà demolire e ricostruire e – in ogni caso – sostenere oneri finanziari molto rilevanti, con esborsi enormi per le piccole e medie imprese del territorio.
Purtroppo la legge 1º agosto 2012, n. 122, di conversione del decreto-legge 6 giugno 2012, n. 74, può essere considerata solo un primo passo per rispondere ad alcune delle necessità più volte manifestate dal sistema associativo nel corso delle audizioni che si sono svolte sia alla Camera dei deputati che al Senato della Repubblica, a seguito degli eventi sismici dello scorso mese di maggio. Tuttavia, le misure in essa contenute non possono essere ritenute esaustive per rispondere alle esigenze del tessuto produttivo interessato dal terremoto. Come noto, infatti, il sisma ha interessato una zona ad alta intensità produttiva nella quale sono insediati comparti strategici per l’intera economia, non solo provinciale. Siamo in presenza di aree distrettuali, per esempio la meccanica, e la filiera che occupano un ruolo decisivo nel posizionamento dell’export italiano. Abbiamo allegato alla relazione una serie di tabelle, su cui non mi dilungo, che riportano i dati caratteristici delle nostre Province. Ci preme evidenziare che non dobbiamo tralasciare la rete della sub-fornitura collegata ai territori interessati dagli eventi sismici, che è una delle caratteristiche industriali caratterizzanti. Questa rete si è interrotta temporaneamente, ma rischia di spezzarsi definitivamente nei casi più gravi, con la catena del valore che in alcuni snodi più importanti è ad alto rischio. Temiamo, pertanto, che si possano generare effetti economici negativi anche in aree non direttamente colpite dal terremoto.
A ciò dobbiamo aggiungere l’ulteriore problematica, che è stata prima citata da parte della provincia di Modena, del concretizzarsi di fenomeni di delocalizzazione, nonostante i lodevoli sforzi posti in essere dalla nostra Regione. Inoltre, la struttura morfologica dei paesi colpiti e l’effetto distruttivo del sisma, in particolare sui centri storici di Cento e Ferrara, ha causato danni gravissimi alla rete delle piccole e medie imprese commerciali, artigiane e di servizio. Oltre al danno alle strutture insediative, ai macchinari, all’attrezzatura, alle scaffalature e alle materie prime, è mancato il reddito legato alla perdita di commesse e vi è stata l’interruzione delle attività di commercio e produttive, spesso prolungata e che ora sta diventando troppo lunga ed onerosa per queste imprese. Inoltre – questo è un particolare che esiste in maniera diffusa nella nostra Provincia, anche relativamente agli edifici ad uso agricolo –, il periodo definito di fermo di attività di produzione di energia elettrica da impianti fotovoltaici che non stanno producendo energia, riduce il reddito ed obbliga le imprese ad approvvigionarsi alla rete anziché auto-utilizzare la propria energia.
Questo è il quadro in cui è intervenuto il decreto-legge n. 74 ed a cui la legge di conversione, unitamente agli altri provvedimenti approvati dal Parlamento nel mese di agosto in tema di spending review e di sviluppo, ha apportato alcuni significativi miglioramenti, ancorché non sufficienti. Ad esempio, ci auguriamo che la previsione relativa all’istituzione di una zona a burocrazia zero a favore delle aree colpite dal sisma non resti una mera enunciazione, ma trovi rapidamente attuazione attraverso i necessari provvedimenti attuativi delegati. Le imprese colpite dagli eventi tellurici hanno infatti bisogno di ricominciare immediatamente l’attività e, in questo contesto, burocrazia zero significa che le comunicazioni e gli adempimenti formali di natura amministrativa, fiscale, igienico-sanitaria e ambientale devono essere considerati secondari rispetto alla ripresa e al successivo consolidamento dell’attività.
In tema di sospensione dei termini di pagamento riteniamo insufficienti i tempi di slittamento, oggi come a novembre 2012, previsti dal Governo per tutti gli adempimenti dichiarativi. Peraltro, non è neanche immaginabile proseguire con una disordinata sequenza di proroghe senza accompagnare la misura con il tema della rateizzazione, al fine di rendere più morbidi i pagamenti che, prima o poi, occorrerà onorare. Ricordiamo che l’area colpita dal sisma contribuisce con oltre l’1 per cento alla formazione del PIL nazionale. Per quanto riguarda le risorse stanziate, non possiamo non apprezzarne il notevole incremento – da 2,5 miliardi a 8,5 miliardi di euro –, attraverso la destinazione di 6 miliardi derivanti dai risparmi sulla spesa pubblica. Occorre tuttavia fare di più : la misura massima dell’80 per cento di risarcimento del danno subito deve essere considerato come obiettivo fondamentale per la politica, oltre che per l’economia. Pertanto, ci auguriamo che possano essere reperite in tempi rapidi le eventuali risorse aggiuntive che saranno molto probabilmente necessarie a garantire tale livello di risarcimento.
Come ho già accennato, una mancata definizione dei tempi e delle modalità con cui saranno erogati i contributi, nonché la mancanza di una quantificazione percentuale degli stessi, rendono molti imprenditori (in particolare, ma non solo, i titolari di micro e piccole imprese) incapaci di fare valutazioni di medio periodo sull’opportunità e sulla sostenibilità degli interventi di ricostruzione o di riparazione dei danni. Per il comparto agricolo, inoltre, il venir meno di fabbricati, pur funzionali all’attività, ma per dimensioni e struttura costruttiva obsoleti e sovradimensionati, imporrà una modalità di ripristino dei volumi necessari che potrebbe divergere dalla semplice rimessa in opera, imponendo – di fatto – nuove costruzioni per le quali si auspica sia possibile derogare o poter spostare gli indici edificatori tra diversi fondi, operando una razionalizzazione ed ottimizzazione dei fabbricati effettivamente necessari alle attività di impresa. Tale situazione è addirittura più stringente per coloro che operano in locali non di proprietà danneggiati dal sisma o resi inagibili da altre condizioni, come l’essere localizzati nella zona rossa o inseriti in edifici misti o condomini residenziali. Occorre pertanto la massima attenzione sulla coerenza delle somme stanziate e l’effettivo danno subito dall’economia locale.
A tal riguardo, ci preme evidenziare come la prosecuzione o la ripresa delle attività economiche sia veramente inficiata da quanto oggi previsto per l’acquisizione del certificato di agibilità sismica, che nelle aree non interessate da uno scuotimento sismico superiore al 70 per cento dell’accelerazione prevista dalle norme tecniche vigenti passa obbligatoriamente per una verifica di sicurezza sismica e un adeguamento strutturale molto onerosi, anche per chi non ha avuto danni e rischia pertanto di restare escluso dai risarcimenti pubblici. Anche per tale motivo riteniamo indispensabile prevedere forme di incentivazione e sostegno finanziario concreti a favore degli eventuali adempimenti che dovranno essere sostenuti dalle imprese e nell’ambito degli interventi per la ripresa economica. Riteniamo altresì opportune apposite misure finalizzate ad accelerare, da una parte, l’adeguamento o la ricostruzione dei fabbricati e, dall’altra, il recupero dei livelli competitivi delle imprese. In tal senso, ad esempio, oltre alle apposite agevolazioni fiscali quali, per esempio, il credito di imposta per i lavori di adeguamento sismico che dovrà essere garantito da un’adeguata copertura, riteniamo utile la costituzione, limitatamente alle aree colpite direttamente dal sisma, di una no tax area per le imprese, consentendo così alle imprese esistenti di reinvestire direttamente sul recupero delle proprie attività e ad altre aziende di potersi insediare per ricreare il tessuto produttivo che rischia di subire una riduzione quantitativa del numero di imprese attive.
Passo ora ad alcune rapide considerazioni con specifico riferimento al settore dell’industria. Ad integrazione e completamento dell’analisi, il settore industriale ha elaborato alcune osservazioni specifiche relative, in particolare, al sistema manifatturiero. Tali osservazioni si rendono necessarie per rappresentare in modo chiaro ed esaustivo la valenza che gli antecedenti fatti e le conseguenze degli eventi sismici del maggio 2012 assumono ed assumeranno per il comparto industriale. La Provincia di Ferrara ha purtroppo dovuto pagare il maggior tributo in termini di infortuni mortali: quattro vittime. È pertanto doveroso che il medesimo settore esprima alcune considerazioni specifiche, anche se in forma sintetica. Preliminarmente, vista anche la natura della Commissione parlamentare e gli scopi per cui è stata costituita, teniamo a precisare che nella Provincia di Ferrara, in particolare negli ultimi decenni, gli investimenti delle aziende in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro sono stati di notevole rilevanza in termini di miglioramento delle procedure di lavoro, di attrezzature, di macchine di lavoro e, soprattutto, di formazione e informazione e di addestramento del personale. Il personale è e rimane al centro dell’attenzione quale elemento principale e snodo centrale su cui fondare quella sana cultura del lavoro e dell’impresa che da sempre contraddistingue gli emiliani, compresi – anzi, tra i primi – gli aspetti di sicurezza, igiene e salute delle condizioni di lavoro. Ne è simbolo e prova lampante, tra gli altri, il polo chimico ferrarese che, pur se solo marginalmente interessato dal sisma in quanto lontano dalle zone epicentrali, è esempio illuminante di investimenti per la sicurezza e vera fucina di buone prassi sia per chi vi lavora, che per l’intera comunità locale.
Gli imprenditori dell’alto ferrarese, che sono stati marginalmente coinvolti dal sisma del 20 maggio, non si sono sottratti alle logiche del miglioramento continuo delle proprie aziende, proprio a cominciare dagli investimenti in processi di sicurezza sul lavoro. Purtroppo, tutto questo non è stato sufficiente ad evitare le disgrazie della notte del 20 maggio. Teniamo però a precisare che, in tali avvenimenti, non vi sono state responsabilità da parte degli imprenditori e dei dirigenti di impresa. In primo luogo, è giusto ricordare che gli eventi sismici che ci hanno colpito così duramente hanno avuto natura e caratteristiche del tutto singolari: sono stati eventi del tutto eccezionali per intensità, imprevedibilità e conseguenze dannose. La combinazione della magnitudo, della composizione del sottosuolo e delle accelerazioni di tipo ondulatorio e sussultorio hanno dato vita ad un evento davvero anomalo e statisticamente quasi irripetibile, secondo alcune rilevazioni di natura probabilistica. Ricordiamo che le mappe di sismicità relative alla zona colpita la classificavano – e la considerano ancora oggi – a basso rischio sismico. Il patrimonio immobiliare di natura economica (più nello specifico gli edifici produttivi della zona) si sono da sempre contraddistinti per la totale rispondenza ai requisiti costruttivi e alle norme tecniche delle postazioni vigenti all’epoca della loro progettazione e realizzazione.
Ad avviso degli industriali ferraresi, occorre invece predisporre un vero grande piano di miglioramento sismico di livello nazionale, e non solo, per i Comuni dell’area del cosiddetto cratere, con obiettivi chiari, tempi ragionevoli e supporto economico-finanziario adeguato. Ciò consentirebbe al nostro Paese di allinearsi alle migliori prassi europee ed internazionali, scongiurando il rischio di ulteriori tragedie che, per una regione ad alto rischio sismico come l’Italia, sono possibili, se non probabili. Solo il caso ha voluto che il primo sisma industriale dell’età contemporanea abbia colpito l’Emilia. Siamo tuttavia convinti che medesimi danni sarebbero stati provocati in altri territori aventi la stessa densità produttiva. Ad ogni buon conto, Unindustria segnala di aver immediatamente costituito, nelle settimane successive al sisma, una commissione ad hoc di ingegneri, esperti e rappresentanti di impresa per approfondire tutti i temi connessi al sisma e alla ricostruzione che deve conseguire.
Infine, non possiamo non sottolineare il fatto che alcune dichiarazioni rilasciate da importanti autorità pubbliche nei giorni immediatamente successivi alla tragedia ci abbiano lasciato a dir poco sconcertati. Non è mancato, infatti, chi abbia parlato di gravi responsabilità delle imprese, ancor prima che gli accertamenti ed i rilievi potessero entrare nel merito dell’accaduto. Non è tollerabile che, a causa di un avvenimento imprevisto ed imprevedibile, dall’inusitata gravità non solo per la Regione Emilia che ne è stata colpita, un’intera categoria economica venga accusata per una colpa o una responsabilità che soltanto il normale decorso della giustizia – nella quale riponiamo la massima fiducia – potrà eventualmente acclarare.
Vorrei poi trattare alcuni passaggi relativamente al credito delle imprese, ma dal momento che ritengo di essermi già dilungato abbastanza, mi rifaccio alla relazione che abbiamo già consegnato alla Presidenza.
Anche il tema del credito è determinante per ipotizzare che le imprese possano riprendere le attività produttive, tornando ai livelli pre-sisma, anzi, migliorandoli, senza l’appoggio concreto delle banche.
In conclusione, quindi, il recente sisma ha messo bene in evidenza come nel nostro Paese sia necessario un intervento strutturale sulla riqualificazione e sulla messa in sicurezza del territorio. Dal momento che per l’Italia il rischio sismico è alto, occorre un grande piano nazionale di lungo periodo, che allinei gli standard di sicurezza degli edifici, produttivi e non, alle reali esigenze di prevenzione e protezione, nel rispetto delle compatibilità economiche complessive dei sistemi pubblico e privato. In tal senso, accanto alla risposta emergenziale adottata dal Governo, potrebbero utilmente essere messi in campo interventi di orientamento della domanda pubblica e degli investimenti privati, volti a sostenere opere strutturali e infrastrutturali nel senso sopra delineato.
In tale ottica, specifiche misure normative sarebbero l’occasione per fornire un segnale preciso della volontà di affrontare in modo stabile e strutturale le tematiche della prevenzione e della sicurezza sismica, consentendo al contempo di trasformare la tragedia del sisma in un volano in grado di favorire la crescita e la ripresa di medio e lungo periodo, riattivando risorse sia private sia pubbliche, in funzione delle esigenze più generali della collettività, verso piccole e grandi opere di sistema e di prossimità utili al territorio.

GIACOMINI
Signor Presidente, la nostra associazione sta evitando l’abbandono dei centri storici, di cui ha fatto il motivo principale della sua preoccupazione, con particolare riguardo a quelli più importanti, come Cento, Sant’Agostino e Bondeno, ma anche a tutto il loro complesso indotto, relativo al sistema turistico, che richiama tante persone a visitarli.
I suddetti centri storici sono stati gravemente danneggiati dai due eventi sismici, non solo nei loro negozi e nelle piccole attività commerciali, ma anche nella vivibilità quotidiana, nella viabilità e, in particolare, nel loro complesso patrimonio artistico e culturale. Ci troviamo quindi di fronte a chiese, teatri e musei la cui messa in sicurezza richiederà opere di consolidamento che nel prossimo futuro – come auspichiamo – li farà diventare grandi cantieri a cielo aperto, con i conseguenti problemi legati alla sicurezza ed alla viabilità, soprattutto pedonale, per diversi anni. Ciò purtroppo creerà un grande danno a chi in questo momento ha deciso di rimanere nei centri storici da noi ritenuti estremamente importanti: si tratta purtroppo di danni indiretti, come i mancati guadagni, con cui le imprese, che hanno la loro attività, comunque agibile ed operante nel centro storico, dovranno fare i conti.
In sintesi, ne scaturisce il ragionamento che la nostra organizzazione ha portato avanti in tanti tavoli istituzionali, chiedendo di capire se vi è la possibilità di un eventuale prolungamento nelle scadenze fiscali ed anche di una sua rateizzazione, com’è avvenuto a L’Aquila, nonché di una revisione di tutti i parametri che dettano la regolarità degli studi di settore.

TARTARI
Signor Presidente, vorrei muovere un appunto più approfondito per quanto riguarda il settore agricolo. La Provincia di Ferrara soprattutto, ma anche quella di Modena, sta passando un momento di crisi nera, dovuto a siccità e ad altri eventi. La difficoltà maggiore per i nostri associati sarà la ricostruzione o la rimessa a norma degli edifici rurali, perché molte nostre aziende hanno un patrimonio, come superficie e cubatura, spesso superiore alle loro necessità, che è da ricostruire, anche solo in parte. Sul punto, anche se probabilmente non è questa la sede più appropriata, si richiede al legislatore di tenere presenti questi aspetti, dal momento che vi è necessità di questi edifici anche solo per il ricovero delle attrezzature o per effettuare le varie lavorazioni.
Desideravo puntualizzare questo aspetto, signor Presidente, perché il settore agricolo è particolare, soprattutto a Ferrara, quindi non tutti possono conoscerne a pieno le necessità.

PRESIDENTE
Abbiamo ascoltato con interesse e attenzione tutte le riflessioni fatte qui: indubbiamente vi sono argomenti che non riguardano strettamente l’attività della nostra Commissione, ma ovviamente, in veste di parlamentari, non possiamo non ascoltarli con lo stesso identico interesse; cercheremo dunque di farne motivo di riflessione e spunto per successive proposte.
Del resto, sono già stati richiamati qui gli interventi attuati da parte del Governo ed approvati dal Parlamento, che ha convertito i relativi decreti-legge in legge. Non a caso, un mese e mezzo fa, abbiamo rinviato l’incontro già programmato con voi, perché coincideva con le votazioni che avrebbero avuto luogo nell’Aula del Senato sui provvedimenti riguardanti il territorio.
Sono altresì convinto che non vi siano gravi responsabilità sulla sicurezza, ma, come ricordavo nell’introduzione alla nostra audizione, chiaramente sarà compito della magistratura accertarlo. Sono inoltre d’accordo con i vostri ragionamenti: il discorso riguarda soprattutto il dopo, al di là del fatto che i problemi vi siano stati o meno, che non è il tema principale; lo è invece la prospettiva, compresa una serie di incognite che sono state esposte qui in modo ampio e puntuale, cosa di cui ringrazio tutti voi. Le vostre illustrazioni, infatti, sono ampiamente condivisibili, perché le problematicità esistono: il fatto che si debba adeguare una struttura al 60 per cento di sicurezza prevista per un edificio nuovo impone di riflettere sulla maggior convenienza dell’adeguamento rispetto al rifacimento ex novo oppure, come sottolineava il rappresentante della Confindustria, porta certi soggetti a pensare già alla delocalizzazione, non so se nel Tirolo italiano o austriaco.

BARTOLOTTI
Purtroppo, in qualche caso, si tratta di quello austriaco, signor Presidente.

PRESIDENTE
Pur non potendo prendere impegni specifici né darvi risposte immediate, faremo tesoro delle vostre indicazioni, portandole come un bagaglio importante nei dibattiti che avranno ancora luogo su questo terribile terremoto che ha causato i danni e le morti che avete vissuto direttamente anche voi.
Rinnovandovi i miei ringraziamenti, vi ricordo che la Commissione è a disposizione, quindi vi esorto a farci pervenire qualsiasi ulteriore comunicazione o richiesta di scambio di pareri od opinioni, tramite la nostra segreteria. In tal modo, questa non rimarrà una mera occasione per incontrarci e parlarci, ma sarà l’inizio di una consultazione e di una collaborazione. Dichiaro conclusa l’audizione.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il segretario generale della CGIL Modena, Donato Pivanti, il segretario generale della UIL di Modena, Luigi Tollari, il componente della segreteria provinciale della CISL di Modena, Pasquale Coscia, il componente della segreteria provinciale della CGIL Ferrara, Riccardo Grazzi, e il componente della segreteria UST-CISL Ferrara, Bruna Barberis.

PRESIDENTE
Nel ringraziare i nostri gentili ospiti per la loro collaborazione, non starò a ricordare ancora una volta la motivazione della nostra presenza qui, che è nota, dal momento che l’obiettivo di questa Commissione è lo studio finalizzato al contrasto ed alla prevenzione di tutti gli elementi che possono insidiare la salute e la sicurezza dei lavoratori. Questo dunque il tema della nostra indagine, anche se il quadro attuale è ovviamente più vasto, nel momento in cui le problematicità che hanno determinato l’evento sismico non possono non coinvolgerci prima di tutto umanamente e poi nella nostra funzione di parlamentari, anche in riferimento alla ripresa delle attività sul territorio, nonché all’occupazione ed all’economia.
Vi saremmo quindi grati di farci ascoltare le vostre riflessioni sul tema che – come sapete – ci interessa come Commissione, ossia la sicurezza: al di là dei crolli che hanno avuto luogo per effetto del sisma, si erano posti i temi della sicurezza e dell’attività di formazione e prevenzione, in qualsiasi caso di rischio? Non dico che qualcuno di voi avrebbe potuto valutare le problematiche del terremoto, che erano molto remote in questa terra, come riferimento storico, ma avevate evidenziato situazioni che avrebbero potuto arrecare problemi alla sicurezza dei lavoratori?

PIVANTI
Signor Presidente, proverò a fare un quadro dell’insieme delle questioni, tenendo ovviamente presenti gli aspetti da lei adesso ricordati.
La prima fase del terremoto – intendendo il lasso di tempo fra il 20 ed il 30 maggio – per noi ha significato ritrovarci con circa 3.500 imprese chiuse o fortemente danneggiate (e penso soprattutto alla zona fra Mirandola, Medolla e Concordia fino a Carpi) e circa 34.000 lavoratori interessati da cassa integrazione, ordinaria, speciale e in deroga per eventi sismici. Alla data attuale, 1.020 aziende hanno rinnovato il ricorso alla cassa integrazione, per un totale di 14.000 lavoratori, e non è escluso che nei prossimi giorni il numero non sia destinato ad aumentare (essendo di 13 settimane il massimo periodo possibile di estensione della stessa).
La ripresa delle attività presenta elementi di difficoltà, da un lato, e di accelerazione, dall’altro: eravamo e siamo molto preoccupati perché in quella zona insistono attività importanti, come il settore biomedicale, tanto per citarne uno, che è fatto sostanzialmente da un sistema di grandi imprese multinazionali. Vi sono poi tutta la filiera dell’agricoltura e quella della meccanica specializzata, cui si aggiungono le attività tipiche di un territorio ad altissima attività, come il terziario e la rete commerciale.
Ci troviamo inoltre di fronte a processi di delocalizzazione, in parte concordati, in attesa che si ricostruiscano i capannoni, in parte no, e vi sono imprese, piccole e medie, per le quali occorrerà anche comprendere se vi potrà essere una ripresa o meno.
Dall’altra parte c’è il tema della ricostruzione delle abitazioni, i cui tempi sono diversificati. A oggi ancora 4.000 persone alloggiano nelle tende, la stragrande maggioranza delle quali sono migranti, quindi con l’arrivo dell’inverno occorrerà accelerare il processo di superamento di questa sistemazione. Riteniamo pertanto che serva un intervento molto variegato, perché chi abita e ha attività in campagna ha bisogno di strutture ad esse vicine; in altri casi ovviamente serviranno soluzioni diverse e io non escludo che occorra utilizzare fino in fondo le disposizioni previste dal decreto-legge sulla spending review, compresa la requisizione di appartamenti sfitti laddove ci sono.
Aggiungo che la ripresa delle scuole sta avvenendo con tutte le difficoltà collegate alla quantità di problemi aperti, quindi per il momento alcune hanno ripreso nei luoghi più diversificati. In talune realtà avremo il ricorso al doppio turno e ci sarà il problema di come dare assistenza ai ragazzi che lo fanno nel periodo scoperto, anche perché in alcuni casi, per recuperare le produzioni precedenti, la ripresa sta avvenendo attraverso il massimo utilizzo degli impianti, quindi a ciclo continuo. Occorre altresì considerare che nella zona più colpita dal terremoto tutte le attività tipiche di aggregazione delle persone, dalle parrocchie ai centri ARCI e UISP, sono saltate e questo sarà uno degli altri problemi con cui ci dovremo misurare nei prossimi giorni.
Da parte nostra c’è un giudizio sostanzialmente positivo circa la gestione della prima fase di grande emergenza; ora ci attendono interventi relativamente lunghi nel tempo, perché la ricostruzione di centri storici e di condomini ha in sé implicazioni e problematiche non semplici.
Per quanto riguarda invece tutto il tema inerente a salute e sicurezza, non vi è dubbio che anche noi siamo cresciuti ritenendo che nelle nostre terre vi fossero essenzialmente due problemi: la nebbia e l’acqua. Queste erano le due questioni con cui confrontarsi, tanto che tutta la formazione sull’evacuazione e quant’altro è sempre stata pensata in relazione ai grandi avvenimenti, quindi immaginando un incidente dovuto a incendio o a sostanze chimiche o a questioni di questo tipo; insomma, sicuramente da parte nostra non c’era una cultura del terremoto.
Va però detto che in relazione a quanto è avvenuto tra il 20 e il 29 maggio e anche dopo, ci sono alcuni elementi su cui occorre ragionare, perché come sindacato abbiamo emanato note in cui si affermava che si sarebbe potuto tornare all’interno delle imprese se ci si fosse trovati in una situazione di sicurezza. Questo messaggio è stato rilanciato con più forza dopo il 29 maggio, quando abbiamo cominciato ad affermare con più energia che occorreva avere gli attestati di agibilità. Ciò non è sempre avvenuto e, per la volontà di riprendere, perché eravamo più lontani dall’epicentro, o per altre ragioni, abbiamo avuto la netta sensazione che in alcune imprese si lavorasse senza avere la certificazione. Personalmente, io ho presentato un esposto alla procura della Repubblica su alcune di queste imprese; ritengo pertanto che vada fatto il quadro della ricostruzione e un monitoraggio dei capannoni che sono ancora in piedi, affinché non si ripeta la condizione che ha prodotto questa devastazione. Per noi monitoraggio e controllo significa controllo e certificazione; se considerate che abbiamo miriadi di piccole e piccolissime imprese, ciò significa avere tutti gli attestati concernenti il rispetto almeno delle prescrizioni recate dal decreto-legge e, prima, dalla circolare n. 3 del capo della Protezione civile Gabrielli.
Non ci sfugge che in quell’area e in buona parte del Nord bisognerà fare un altro tipo di intervento, perché le costruzioni degli ultimi anni sono quelle tipiche della bassa modenese e del basso ferrarese, cioè non hanno legami sotto i piloni, né sopra; occorrerà quindi pensare davvero a una grande operazione di messa in sicurezza di una parte consistente del nostro territorio, che non si limita a Modena ma arriva a Treviso e comprende l’intera Pianura padana, perché è netta la sensazione che le tecniche di costruzione usate siano state queste. Pertanto, la prima fase deve essere incentrata sulla messa in sicurezza, ma poi bisogna completarla e ovviamente estenderla all’insieme del territorio.
Allo stesso modo ho notato (almeno questa è la mia sensazione) un vuoto profondo nella formazione delle persone, perché all’università di ingegneria nessuno studia quello che i geologi affermano, cioè che questo territorio ha problemi di sismicità. Pertanto, è fondamentale ricostruire una cultura e una memoria, perché consentirà di costruire secondo vincoli rispettosi.
La ricostruzione chiama in causa altre questioni, ancora una volta legate alla salute e alla sicurezza, concernenti la gestione dei rifiuti, perché negli stabilimenti crollati c’è Eternit e anche altro materiale che mettono a rischio la sicurezza dei lavoratori impegnati nella ricostruzione. I provvedimenti e le delibere che si stanno emanando in queste ore sono importanti, però noi riteniamo fondamentale ripristinare l’iscrizione alle casse edili territoriali dal primo giorno di lavoro, perché questo è l’unico modo per avere certezza di come si va nei cantieri, di chi c’è dentro, del rispetto dei contratti e delle condizioni di salute e sicurezza dei lavoratori.
Queste sono le nostre riflessioni. È evidente che noi vogliamo ripartire, ma l’indicazione che abbiamo dato a delegati e lavoratori è di farlo solo nel momento in cui si presentano queste condizioni. Da questo punto di vista crediamo che un ruolo importante sia in capo al sistema delle imprese, ma anche a tutti i soggetti preposti a garantire la sicurezza, compresi i sindaci e le pubbliche amministrazioni.

TOLLARI
Signor Presidente, vorrei fare alcune considerazioni anche sulla base di quelle svolte dal collega Pivanti. Come sindacato, in linea di massima abbiamo già affrontato questa situazione, che è molto difficile e complessa. Almeno stando a quello che ho potuto capire, la popolazione teme fortemente di fare la fine della città di l’Aquila; infatti, quando giriamo per le nostre sedi, dove abbiamo avuto danni notevoli, notiamo che è questa la grande preoccupazione della gente. Inizialmente la stampa e le televisioni ne parlavano poco e adesso ancor meno, invece i problemi ci sono.
Dal mio punto di vista bisogna stabilire delle priorità, che sono quelle elencate poc’anzi dal collega. Innanzitutto c’è l’esigenza di far ripartire le imprese, perché, se non lo facciamo, chiaramente prima o poi se ne andranno, visto che non possono rimanere qui in eterno se non c’è una soluzione, anche perché vi sono procedure burocratiche, disposte dal Governo, sicuramente non condivisibili perché a mio giudizio impediscono di avanzare in modo veloce. Parliamoci chiaro: la gente non aspetta se non vede un impegno preciso. Il presidente Errani sta giocando un ruolo importantissimo, ma c’è l’esigenza di cercare di operare uno snellimento. Sicuramente, come dicevo anche prima, ci troviamo ad affrontare il problema delle piccole e medie imprese e non so che fine faranno; mentre con le grandi si riesce ad avere un confronto e a valutare delle soluzioni, le piccole e medie sicuramente creeranno problemi non di poco conto e su quel fronte occorrerà un intervento.
Condivido inoltre l’impostazione secondo la quale si potrà entrare negli stabilimenti nel momento in cui si hanno certificazioni e garanzie; non possiamo farlo, come è successo in passato in alcuni casi molto spiacevoli, prima che ci sia la garanzia della sicurezza. Per quanto ci riguarda, questa è una priorità assoluta, non ci sono dubbi; non servono analisi approfondite o votazioni, siamo abbastanza navigati per capire la realtà dei fatti.
Dobbiamo inoltre cercare di risolvere il problema delle abitazioni, perché molte case sono inagibili e parecchia gente vive fuori casa. Io sono convinto che, al di là delle affermazioni che qualcuno sta facendo, non riusciremo a collocare tutta la gente; a questo proposito secondo me bisogna essere cauti nell’illudere le persone dicendo che a tutti sarà trovata una collocazione, perché difficilmente sarà possibile. Vi è poi un altro problema, su cui bisogna intervenire, per quanto riguarda le case sfitte: è vero che occorre valutare in che modo e con quali strumenti procedere, ad esempio requisendole, ma molte agenzie hanno parecchie centinaia di appartamenti ed è lì che bisogna intervenire. Il problema non sono i piccoli proprietari di uno o due appartamenti, ma le grandi agenzie immobiliari, su cui bisogna agire in modo drastico per dare una risposta alla gente perché l’orizzonte temporale che abbiamo di fronte è molto limitato: l’estate è stata devastante per chi era all’interno delle tende – e bastava una verifica continua, come abbiamo fatto noi, per dirlo – e adesso, che siamo a ridosso dell’inverno, dobbiamo sbrigarci.
A quanto mi consta, le scuole sono ripartite, ma con grandi problemi. Si tratta di una fase provvisoria di transizione, perché anche in tale ambito servono garanzie per la sicurezza. Un’altra questione che non è stata citata ma rispetto alla quale sono preoccupato, al di là delle dichiarazioni degli assessori che hanno responsabilità sulla sanità, riguarda gli ospedali, perché ad esempio quello di Finale Emilia è sparito e provvisoriamente lo hanno trasferito in una clinica di cui non conosco il nome. Dal mio punto di vista, sono convinto che ci sia ancora molto da fare su questo fronte, perché la popolazione è in grande difficoltà, almeno per quanto riguarda l’ospedale di Carpi. È vero che si stanno facendo degli interventi, ma siamo ancora molto distanti dal dare una risposta complessiva. Si sa in quali condizioni versa l’ospedale di Mirandola. Io avevo addirittura avanzato la proposta, che non è stata ascoltata, di rivedere il Piano attuativo locale (PAL), perché sono convinto che in quella zona si possa avere un ospedale unico: come segretario generale provinciale della UIL ho proposto quest’idea, l’assessore regionale ha affermato che il PAL è intoccabile, ma io ho un’altra opinione. Considerate che riscontriamo problemi anche con gli altri ospedali e ad esempio il policlinico ha tagliato centinaia di posti letto, quindi bisogna valutare come affrontare la situazione dal punto di vista complessivo, perché non è una questione di poco conto: vorrei dirlo con estrema chiarezza, affinché ognuno di noi faccia le sue considerazioni.
Il dato positivo è che nella prima fase, anche secondo chi ha avuto responsabilità, come Errani e Gabrielli, un ruolo importante lo hanno giocato i sindaci, che hanno agito positivamente, ma vanno poi aiutati continuamente, perché la situazione è ancora pesante, tanto che anche noi abbiamo avuto incontri e oggi pomeriggio ne abbiamo un altro a Carpi. In sintesi, il giudizio può essere positivo, ma dobbiamo sbrigarci. Come ho già detto in altre circostanze, sono convinto che anche le risorse stanziate siano importanti ma insufficienti; inoltre, bisogna cominciare a erogarle, arrivare a una decisione e destinare questi fondi, perché fino ad ora sono state fatte grandi affermazioni di principio, ma i soldi non sono ancora arrivati e la gente è in difficoltà. Dal mio punto di vista, non è una questione di poco conto.
Poi è vero, come diceva Donato Pivanti, che vi sono numerose persone in cassa integrazione, di cui un gran numero (si parla di ben 14.000 persone) prive di copertura.
Per questo motivo, ci poniamo seriamente il problema di valutare in quale modo dare una serie di risposte complessive a queste questioni. Sono dell’opinione che la questione sia ancora molto complessa. A mio parere, il tema non è molto semplice – lo dico con chiarezza –, ma poi ognuno farà le valutazioni che ritiene opportune. C’è grande preoccupazione tra la gente, tra le tante persone che si danno da fare. Teniamo in considerazione che la ricchezza dell’Emilia-Romagna incide in modo molto rilevante sull’economia nazionale, rappresentando, in termini di PIL, circa il 2 per cento della ricchezza complessiva del nostro Paese. Non è – quindi – una questione di poco conto, almeno dal mio punto di vista. È chiaro che tutti ci dobbiamo muovere e giocare un ruolo: da un lato le istituzioni, dall’altro il sindacato, che farà ciò che è nei suoi poteri. Noi possiamo mettere a disposizione i nostri terminali e si può fare riferimento ai nostri rappresentanti all’interno delle imprese interessate. Certo bisogna andare avanti, ma si può agire solo in presenza di specifiche garanzie.
Queste sono le considerazioni che ritenevo di dover fare; non intendo dilungarmi oltre sulle questioni che sono già state affrontate, in quanto vi è una posizione sostanzialmente unitaria da parte di CGIL, CISL e UIL a livello confederale.

COSCIA
Buongiorno a tutti, sono Pasquale Coscia, componente della segreteria della CISL di Modena.
Non riprendo le questioni già affrontate dai colleghi perché, pur essendo molto importanti, fanno parte di un confronto che abbiamo già avviato con le Istituzioni sul territorio e che vogliamo affermare e portare avanti per fare in modo che il territorio torni a vivere normalmente e, quindi, a produrre, a vivere e a poter guardare al futuro con più speranza ed ottimismo.
Desidero invece soffermarmi su un paio di aspetti che il Presidente ci ha chiesto di mettere a fuoco, quali quelli della sicurezza sul lavoro, della prevenzione e delle attività di formazione e di prevenzione anche in caso di emergenze.
Per quanto riguarda la formazione dei lavoratori, normalmente questa viene svolta con uno sguardo più attento alla mansione che non alla prevenzione da grandi eventi. Il panico lo abbiamo vissuto in diretta, ma nessuno di noi è stato capace di mettere in atto quanto viene spiegato si debba fare nelle situazioni di rischio molto alto: viene infatti istintivo scappare via, piuttosto che mettersi sotto il tavolo.
Un altro elemento da mettere in evidenza è che, dopo il terremoto, si è aperta una discussione (ancora in parte aperta) sulla sicurezza dei siti industriali dove si svolgono attività. La sicurezza parte dal sito, dall’organizzazione del lavoro e da una cultura della sicurezza sul lavoro. Spesso se ne discute e se ne parla, ma – ahimè – concretamente viene fatto poco all’interno delle imprese. Credo ciò avvenga perché la sicurezza sul lavoro è ancora considerato un costo per l’impresa e non un investimento in prevenzione: fino a che la sicurezza viene percepita come un costo, difficilmente le aziende – tranne per alcune eccellenze – realizzeranno in modo puntuale le condizioni di sicurezza. Le organizzazione sindacali hanno lavorato su questo aspetto in Emilia-Romagna e continuano a lavorare molto. Devo dire che c’è uno scarto significativo tra quanto viene discusso e quanto viene realizzato. Il numero degli infortuni sul lavoro è calato sensibilmente, ma sappiamo che ciò è dovuto anche al calo delle ore lavorate e del numero degli addetti attivi. È infatti vero che il terremoto ha devastato la nostra area, ma già precedentemente vi era una situazione di grande difficoltà occupazionale, con un alto numero di addetti in cassa integrazione.
Un primo dato da affrontare attiene, quindi, alla sicurezza come priorità in termini di formazione, organizzazione del lavoro e siti industriali. Occorre considerare che il quadro normativo non facilita la realizzazione di siti industriali in sicurezza. Riteniamo – quindi – che esso vada rafforzato e che debba costituire un quadro normativo diffuso: esso non può riguardare soltanto chi vive oggi questa emergenza, in quanto anche gli altri devono essere impegnati. In un periodo congruo e con gradualità, tutti i siti industriali devono essere in sicurezza.
Come già è stato messo in evidenza, il nostro è un territorio di impresa diffusa, nel quale si registra un’impresa ogni nove addetti. Come potete immaginare, quindi, il lavoro di verifica, controllo e messa in sicurezza è immane. Ciò nonostante, riteniamo che esso vada fatto e sostenuto da provvedimenti normativi volti a chiarire come devono essere realizzati, nonché dal punto di vista finanziario. Infatti, se si dice che questo è un passo fondamentale per la prevenzione, l’impresa che vuole realizzare tali condizioni deve essere incentivata.
Concludendo, vorrei rilevare che, sotto questo aspetto, anche gli RLS hanno svolto un compito importante, ma difficile, stretti tra l’esigenza di affermare le condizioni di sicurezza e la volontà, espressa dai lavoratori e che tutta l’Italia ha potuto vedere, di riprendere il lavoro. Questi soggetti hanno lavorato in condizioni molto critiche e delicate e riteniamo che vada loro dedicata attenzione e, laddove possibile, anche delle risorse affinché possano svolgere al meglio il proprio compito. Speriamo che non vi siano altre situazioni di emergenza, ma, non potendolo prevedere, torno a dire che la prevenzione è importante: riteniamo sia più opportuno investire su questo fronte, piuttosto che sul costo della non prevenzione, che sappiamo essere oltre il 3 per cento del PIL.

GRAZZI
Buongiorno a tutti, sono Riccardo Grazzi, componente della segreteria CGIL di Ferrara.
Vorrei anzitutto precisare che il quadro riepilogativo che tenterò di illustrare sarà poi completato dal contributo della collega Bruna Barberis, che chiuderà questo primo ciclo di interventi focalizzandosi specificamente sulle questioni legate all’attività di prevenzione della sicurezza sui luoghi di lavoro. Confermiamo oggi, come CGIL, CISL e UIL di Ferrara, i contenuti dei documenti che abbiamo provveduto ad inviare alla prefettura e a voi, ritenendoli aggiornati nei numeri, nelle cifre e nell’impianto complessivo. Ci si è avvalsi della collaborazione fattiva della UIL, che oggi non è potuta essere presente con un suo esponente provinciale.
Ferrara esce colpita a fondo da questo evento sismico, non tanto e non soltanto perché esso ha riguardato un’area di 413 chilometri quadrati (che è pari al 16 per cento dell’intero territorio provinciale) e coinvolto una popolazione di circa 79.000 persone: il sisma ci ha davvero impoverito e fatto arretrare, perché ha mostrato molte arretratezze che noi scontiamo sul piano economico, dell’andamento della situazione industriale e produttiva dell’intero territorio, delle questioni più attinenti alle capacità di previsione degli infortuni e della salvaguardia delle persone nel momento in cui esse diventano cittadini che lavorano e offrono una prestazione lavorativa. Dobbiamo quindi augurarci di avere dei miglioramenti.
Lo spaccato attuale ci dice – crudemente – che vi sono circa 7.000 lavoratori coinvolti dalle inattività, ossia dalle protezioni sociali e dagli ammortizzatori sociali. Non mi riferisco al solo settore manifatturiero, che ovviamente la fa da padrone, ma anche ad un indotto importante costituito da piccole imprese, dal subappalto e da filiere molto allungate. Desidero ricordare i moltissimi uomini e le moltissime donne addetti ai servizi, che svolgono lavori che, in qualche caso, sono malpagati: penso, ad esempio, agli educatori o agli assistenti sanitari, che fanno lavori importanti, spesso però con paghe e contratti non adeguati.

PRESIDENTE
Condividiamo tutti questi discorsi, ma le sarei grato se potesse contestualizzare meglio gli argomenti.

GRAZZI
Certo, signor Presidente.
Termino il mio brevissimo ragionamento rilevando che i lavoratori coinvolti non appartengono solo ed esclusivamente all’industria. Al momento, sono circa 598 le aziende del tutto prive della possibilità di avere un andamento produttivo che sia pari a quello precedente al sisma. Occorre peraltro rilevare che scontiamo maggiormente questa situazione in virtù del fatto che, dal 2007, gli andamenti economici sono assai sfavorevoli per noi.
Quanto all’attività di prevenzione, non abbiamo la testimonianza diretta che ci possano essere stati elementi di grave preoccupazione.
La fase successiva è quella che si suole definire della prevenzione secondaria: la gestione dell’emergenza credo abbia dato risultati molto apprezzabili dal punto di vista della capacità di assistere in maniera organica, strutturale e strutturata la popolazione civile. Abbiamo però molte preoccupazioni sulla terza ed ultima parte, ossia sulla prevenzione terziaria, legata alla ricostruzione ed alla riedificazione. Il timore è che vi sia una sorta di rimozione collettiva per quanto riguarda le questioni maggiormente legate agli andamenti lavorativi e produttivi. In sostanza, abbiamo molte difficoltà a comprendere cosa stia accadendo davvero alle aziende del cosiddetto cratere. Posto che le questioni di lavoro non attengono strettamente ai sette Comuni definiti dai decreti, volendoci comunque concentrare solo su di essi, il futuro appare abbastanza incerto. Moltissime imprese hanno rallentato la loro capacità di riorganizzarsi dopo il sisma e non danno segnali di effettiva capacità di ripresa per motivi economici e legati alla decrescente domanda appagante del mercato, ecco il punto più strettamente attinente alla politica sindacale. Abbiamo sentore – e in qualche caso anche la prova – che vi siano alcuni abbandoni e quindi diversi imprenditori, soprattutto della zona del centese, non abbiano più le forze, le riserve e le capacità per investire in sé stessi e nella loro credibilità industriale.
Vi sono infine segnali abbastanza evidenti di delocalizzazione da parte di aziende e imprese che lasciano il territorio, creando depauperamento ed una situazione di grave difficoltà per le persone che vi lavorano e per il patrimonio industriale nel suo complesso.
Con tutta evidenza, non vi sono situazioni di outsourcing né cessioni di subappalto per cui il sindacato ferrarese rischia di essere messo ai margini, perché in questo momento non abbiamo sufficienti rapporti di forza e relazioni che ci consentano di tentare di condividere e codeterminare scelte di politica industriale su un piano così ampio come quello dell’area che ho cercato di descrivere.

BARBERIS
Signor Presidente, nel momento in cui abbiamo parlato di sicurezza e anche i media, la stampa e la televisione hanno cominciato ad affrontare la questione legata al modo in cui erano stati costruiti i capannoni, che poi è diventato un elemento di discussione e d’indagine, sono emerse informazioni a mio avviso non sempre corrette o che quantomeno necessitano un chiarimento. Non dimentichiamo che il nostro tessuto produttivo e le nostre imprese sono per la gran parte a conduzione familiare, nelle quali quindi il datore di lavoro (il titolare o il padrone, se lo vogliamo chiamare alla vecchia maniera) non sta nella stanza dei bottoni, ma segue direttamente la produzione. Pertanto, la formazione sulla sicurezza, nelle imprese dove il sindacato è presente, viene effettuata, ma è sostanzialmente definita dalle norme, che non prevedevano un intervento relativamente alla casistica sismica, nel nostro caso assolutamente imprevedibile.
È vero anche che, nella logica dell’attuale ricostruzione, diventa fondamentale la presenza di elementi in grado di introdurre più che altro una capacità d’intervento più immediata, a fronte di un evento che è già avvenuto e che quindi oggi conosciamo, in modo tale da provare a trovarci preparati ad affrontarlo nella malaugurata ipotesi in cui possa ancora avvenire.
Uno dei grandi problemi che abbiamo avuto non è stato solo relativo – ahinoi – ai morti, ma anche al fattore psicologico, perché diversi lavoratori sono rientrati nei loro Paesi di origine, se extracomunitari, oppure anche solo nelle Regioni e nelle città di origine. Questo elemento dovrebbe essere incluso in una logica di formazione sulla sicurezza.
In una fase di ricostruzione come quella odierna, cos’altro ancora diventa importante? Nella Provincia di Ferrara, non più tardi di un paio mesi fa, verso giugno, abbiamo sottoscritto un protocollo sulle buone prassi in materia di appalti. Stiamo tentando di seguire quanto più possibile da vicino non solo la logica degli appalti in termini generali, ma soprattutto la fattispecie della ricostruzione, che ci interessa in questo momento. È indiscutibile che l’azione d’infiltrazione – con riferimento non solo a quella mafiosa, ma anche ai cosiddetti furbi, che si inventano un mestiere alla bisogna – vada ad influire immediatamente sulla sicurezza, quindi le singole imprese che nascono dalla sera alla mattina non hanno certamente sviluppato una logica della formazione in tal senso. È indiscutibile che i lavoratori che operano in una casa in cui il tetto sta per crollare debbano necessariamente ricevere una formazione adeguata.
Un altro aspetto a mio avviso importante è legato alla necessità di trovare, nell’ambito della bilateralità più estesa possibile, tutti i crismi capaci di definire attività di formazione e informazione trasversali, quindi non solo nella logica dei cosiddetti lavoratori d’impresa, ma anche dei dipendenti pubblici, perché bisogna imparare a far evacuare le scuole e gli ospedali. Occorre far comprendere che in un’azienda, se c’è un problema, si mette a suonare la sirena e quindi si fa l’evacuazione, mentre se arriva il terremoto la sirena non suona, quindi è importante ricostruire un modello che tenga conto di tutti questi aspetti, che non attengono solo alla natura dei lavoratori privati, ma anche all’aspetto concernente tutto il settore pubblico.

PRESIDENTE
Vi ringraziamo per il contributo che ci avete fornito, anche di carattere più generale.
Sono certo che la situazione che si è creata vada sanata e in sicurezza: mi permetto quindi di condividere il principio secondo il quale è fondamentale stabilire la sicurezza dei luoghi in cui si lavora.
Quest’evento, per tanti aspetti drammatico, servirà a richiamare, nel momento della formazione, anche l’esigenza di sapersi comportare correttamente in caso di emergenza. È vero infatti che in una zona a basso rischio sismico come questa il terremoto era un evento imprevedibile, ma è pur vero che possono presentarsi altri elementi di emergenza, come un’esplosione. Un percorso virtuoso di uscita credo sia un argomento su cui, alla luce degli eventi verificatisi nelle vostre Province, debbano riflettere anche altri luoghi d’Italia. Dato che in genere da noi vige la cultura della chiusura della stalla dopo che i buoi non vi sono più, ci auguriamo che in questo caso invece il discorso sulla sicurezza si cominci a concretizzare anche e soprattutto in questi aspetti, non solamente con riferimento alla postazione di lavoro, ma all’ambiente in senso più ampio.
Anche su questo punto credo che il vostro impegno stia contribuendo alla formazione di un elemento di riflessione sia per chi deve operare attraverso il rispetto delle norme sia per chi opera insieme al lavoratore, perché è innegabile la realtà locale in cui lavoratore e datore di lavoro operano fianco a fianco, senza grandi motivi di divisione. Si valuti insieme dunque l’importanza di quello che a volte si considera una perdita di tempo, se non di denaro, perché questa è la crescita alla quale puntiamo, anche con l’attività della nostra Commissione: la sicurezza è una dovuta e necessaria forma di tutela, ma anche una grande opportunità in termini di sviluppo; lavorare in sicurezza significa non solo rischiare meno, ma anche lavorare meglio.
Ringraziandovi ancora una volta per il vostro contributo, vi ricordo che, qualora lo riteniate opportuno, potrete far pervenire alla Commissione ulteriori note che possano essere di ausilio alla nostra attività.
Dichiaro concluse le audizioni odierne.


Fonte: Senato della Repubblica