SENATO DELLA REPUBBLICA
XVI LEGISLATURA
Giunte e Commissioni


Resoconto stenografico

 

Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette «morti bianche»

Lunedì 22 ottobre 2012

 

Audizioni svolte presso la prefettura di Catanzaro


Presidenza del presidente TOFANI



Audizione del prefetto di Catanzaro
Audizione del vice presidente della Giunta regionale, dell’assessore al lavoro e di un dirigente dell’assessorato regionale alla sanità
Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Catanzaro e del sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Reggio Calabria
Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro
Audizione del comandante regionale Comando legione Carabinieri Calabria, dei responsabili territoriali dei Nuclei tutela lavoro e del direttore regionale dei VV.FF.
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali
Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane



Audizione del prefetto di Catanzaro

Interviene il dottor Antonio Reppucci, prefetto di Catanzaro.

PRESIDENTE
Signor Prefetto, la saluto e la ringrazio a nome della Commissione per la disponibilità e la cortesia con quale ci ha accolti qui a Catanzaro. Vorrei, in primo luogo, precisare che la nostra presenza non è legata ad eventi particolari verificatisi su questo territorio, ma rientra piuttosto nell’indagine che stiamo svolgendo in tutte le Regioni italiane per renderci conto di quanto sta accadendo in riferimento all’applicazione delle nuove normative previste dal Testo unico sulla sicurezza, ossia dal decreto legislativo n. 81 del 2008.
Dato che il legislatore ha attribuito alle Regioni una delega importante in materia di coordinamento, stiamo cercando di comprendere se tale sistema stia dando dei risultati sul territorio o se esistano dei problemi al riguardo. Allo stesso modo, daremo conto ai nostri interlocutori del funzionamento del meccanismo a livello centrale. Vorremmo anche capire se esiste un dialogo tra il coordinamento nazionale e gli altri soggetti coinvolti nella difesa e nella tutela della salute nei luoghi di lavoro. Sappiamo bene che ci occupiamo di una materia duale, calata in un contesto caratterizzato da potestà legislativa concorrente, ove si pongono dei problemi che occorre comprendere meglio per giungere ad una soluzione.
Precisato il motivo della nostra presenza, vorremmo conoscere le sue riflessioni in proposito, prima di approfondire il tema con gli altri soggetti che abbiamo chiesto di ascoltare.

REPPUCCI
Signor Presidente, premetto che sono da quasi tre anni in questa Regione. Nel 2010 ero prefetto a Cosenza, ma dopo 11 mesi il Governo decise di mandarmi a Catanzaro. Penso di avere quindi una lettura abbastanza profonda di un territorio caratterizzato da una struttura economica debole e precaria, per tutta una serie di motivazioni: il deficit di infrastrutture viarie, il problema dei trasporti, la presenza della criminalità organizzata che fa sentire il suo effetto malefico e mortifero cannibalizzando l’economia, a volte condizionando in vasti settori la stessa vita democratica. Si tenga conto che in questa Regione sono stati sciolti 53 Comuni per infiltrazioni camorristiche. È nota la recente vicenda di Reggio Calabria, di cui si sta ampiamente occupando la stampa.
In questo quadro va precisato anche che la pubblica amministrazione molte volte è lenta e farraginosa, e sarebbe necessario da parte degli enti locali un deciso passo in avanti e uno scatto d’orgoglio, laddove sovente si tratta di strutture appassite, ripiegate su se stesse. La classe imprenditoriale, in particolare, ritiene che la pubblica amministrazione non sostiene il sistema economico, anzi lo rallenta. Teniamo conto che da anni si parla di sviluppo dell’area del Mediterraneo, ma è un discorso solo accennato, perché ciò non è mai avvenuto. In quest’area parlare di globalizzazione e di internazionalizzazione dell’economia è francamente un’esagerazione.
L’infrastruttura immateriale – lo stare insieme, le leggi – è violata da troppi localismi e personalismi. Ripeto, è un’economia precaria, debole, boccheggiante, in cui il tasso di attività è il più basso d’Italia e il tasso di occupazione è anch’esso il più basso d’Italia. Per converso, i livelli di disoccupazione sono paragonabili a quelli della Campania, la mia Regione di provenienza. La disoccupazione giovanile ha raggiunto il 40 per cento e 3.000 giovani della Provincia sono andati via negli ultimi quattro anni, impoverendo intellettualmente e ulteriormente questo territorio.
Si pongono altresì problemi di equilibrio nel nostro intervento. Gli organi statali svolgono un’attenta e meticolosa attività. Nel 2011 e nel 2012 è aumentata quasi dell’80 per cento l’attività di vigilanza e di controllo della tutela e sicurezza nei luoghi di lavoro. Sono stati individuati molti lavoratori irregolari, ma saranno poi i singoli enti a fornirvi ulteriori e più precisi ragguagli sulle cifre, perché non voglio invadere il loro campo. Preferisco invece svolgere delle considerazioni più di carattere politico.
L’attività di vigilanza è forte ed incisiva. Il 90-95 per cento delle aziende ispezionate presenta delle irregolarità. Il numero delle morti sul lavoro registra un trend in discesa: 29 nel 2010 e 23 nel 2011, ma la spiegazione è complessa perché, se da una parte si fa presente che la diminuzione del lavoro spiega il calo delle morti, dall’altra i direttori regionali degli uffici ispettivi sostengono che tale calo è conseguenza di una maggiore incisività dell’azione di controllo sul territorio, anche a seguito del programma straordinario varato dal Governo nel gennaio 2010 a Reggio Calabria, quando furono previsti 2.000 controlli in agricoltura e 1.500 nei cantieri edilizi. È aumentata quindi la pressione sul territorio degli organi ispettivi.
Dal contatto quotidiano che ho con il mondo dell’imprenditoria posso dire che è aumentata la consapevolezza che spendere per la sicurezza costituisce un investimento e non uno spreco. Questo voglio sottolinearlo e va segnalato a merito degli imprenditori.
Il nostro territorio ha potenzialità enormi; è una terra bellissima, splendida, poco promossa e valorizzata al di fuori dell’ambito regionale, e le colpe sono forse di tutti. Ci sono quattro catene montuose (il Pollino, l’Aspromonte, le Serre, la Sila piccola e grande) di grande pregio naturalistico e 760 chilometri di coste. Tutto ciò avrebbe dovuto portare a un decollo dell’economia, considerato che in un territorio vastissimo vivono appena 2 milioni di abitanti. Invece vi sono i più alti tassi di disoccupazione.
Sicuramente ci sono dei ritardi. La Regione non ha prodotto ciò che doveva. Quarant’anni di regionalismo – l’ho scritto più volte e quindi non ho problemi a ripeterlo, visto che un prefetto deve dare una lettura corretta – non sono stati molto positivi per il territorio rispetto alle potenzialità che sono rimaste inespresse. Si dice sempre che il turismo è la nostra vocazione fondamentale, considerata la morfologia del territorio. Se ne dibatte in convegni, seminari e incontri (qualcuno dice che c’è la «convegnite acuta» in questa Regione); si parla di iniziative da avviare, ma poi si rimane sempre alle pie intenzioni: mancano la concretezza e la fase della realizzazione e il territorio ne soffre terribilmente.
L’azione di formazione e informazione degli organi ispettivi viene svolta sul territorio; non c’è solo l’azione afflittiva, sanzionatoria e repressiva. Ci sono incontri con gli imprenditori. I prefetti, sia in sede di Conferenza permanente sia in altre occasioni, invitano gli organi ispettivi e l’imprenditoria, proprio per sensibilizzare sulla necessità di aumentare sempre più e quotidianamente il livello di sicurezza negli ambienti di lavoro. I nostri dati, da quello che mi dicono gli organi ispettivi, non ci inducono a ritenere che ci troviamo in una situazione di grandissima criticità. Molti incidenti si verificano in itinere, anche a causa della morfologia del territorio. Le infrastrutture viarie sono uno dei problemi più importanti di questo territorio ed occorrerebbe a tale riguardo una maggiore attenzione del Governo. Negli ultimi anni abbiamo avuto diverse alluvioni che hanno dissestato notevolmente il territorio ed alcune strade non sono ancora state riparate, creando problemi soprattutto ai Comuni più difficilmente raggiungibili.
In realtà, non c’è un rapporto stretto su questa materia con l’istituto Regione, mentre un rapporto migliore esiste con gli organi di più di diretta dipendenza statale: gli organi periferici di enti come l’INPS, l’INAIL, la DPL, il NIL dei Carabinieri e le forze di polizia di cui ho il coordinamento politico. La Regione ha una sua commissione per gli incidenti nei luoghi di lavoro, presieduta da un ex sindacalista. Su questo versante siamo quindi molto attivi, ma sul piano dei sopralluoghi e delle verifiche tali organi, pur svolgendo la loro parte, dovrebbero fare di più, soprattutto attraverso le ASL (quanto alle cifre, sarà la vice presidente Stasi a riferire in proposito).
È pur vero che non possiamo spingere al massimo l’attività di vigilanza. Il fenomeno della disoccupazione è rilevante e c’è pericolo di un’implosione del sistema, come ho riferito al Ministero. La Caritas ha attivato mense un po’ dappertutto e se ne servono non solo gli extracomunitari, ma anche molti italiani. Ci sono nuovi poveri; un quarto della popolazione – su 2 milioni di abitanti – vive al di sotto della soglia di povertà e queste fasce tendono ad aumentare pericolosamente. Dalle informazioni che forniscono quotidianamente nelle loro relazioni le forze di polizia risulta che sono aumentati moltissimo i furti, ad esempio quelli nei supermercati, di cui spesso sono protagonisti anziani che rubano un pezzo di formaggio o una scatoletta di tonno. Anche nelle campagne sono aumentati i furti. Ma spingendo oltremisura l’attività di controllo si corre il pericolo di far saltare un equilibrio, perché l’economia sommersa è consistente in questo territorio ma dà da mangiare a tante persone.
Nella mia circoscrizione ci sono tre vescovi e sono molto preoccupati; anzi la Conferenza dei vescovi ha indetto un incontro ed ha posto all’attenzione dei prefetti il pericolo di un’implosione del sistema. Qualcuno il problema deve porselo. L’economia regionale è fatta di lavoro terziario legato al turismo per il 70 per cento, al lavoro in agricoltura per il 10 per cento, all’industria manifatturiera per il 17-18 per cento (principalmente cantieri edili e costruzioni), che adesso versa in una situazione di crisi per tutta una serie di fattori che si possono facilmente intuire, visto che sono comuni a livello nazionale.
Come dicevo, si cerca di avere un rapporto con gli imprenditori improntato alla sensibilizzazione e all’impegno per creare posti lavoro. Si tenga conto che in questa Regione il massimo obiettivo dei giovani è andare a finire nei call center o nella grande distribuzione a fare i commessi, perché manca il lavoro. Il settore pubblico è completamente bloccato: non si fanno più concorsi a causa del blocco del turnover. Il settore privato è quasi assente: non c’è industria ed è scarsa la possibilità di uscire da un’azienda per entrare in un’altra. Attualmente 20.000 persone vengono assistite con gli ammortizzatori sociali. C’è molto precariato pubblico; ci sono tensioni quasi quotidiane perché tutti gli assessorati regionali si trovano nel capoluogo di Regione, e quindi si svolgono manifestazioni di forestali, di dipendenti della sanità, di sorveglianti idraulici (categorie e qualifiche che esistono solo in Calabria). Vi sono circa 20.000 persone in attesa che succeda qualcosa ai fini di una stabilizzazione.
Ripeto, vi sono manifestazioni e tensioni quotidiane per le quali chiedo continuamente rinforzi, visto che stanno giungendo a un livello di grande preoccupazione per la tenuta della stabilità, dell’ordine e della sicurezza pubblici. Il mio Ministero viene quotidianamente informato di ciò che avviene in questa Provincia. Anzi, ho chiesto l’istituzione a Catanzaro di reparti di prevenzione del crimine e di reparti mobili (presenti a Cosenza e Reggio Calabria, ma assenti nel capoluogo di Regione). Si tratta di un problema, come la senatrice Bianchi saprà, di peso politico e di vecchie conflittualità. Infatti in questa Regione ci sono tre anime. Sono stato prefetto a Cosenza, città che ha un’anima latina, mentre Catanzaro è più bizantina e Reggio Calabria è più grecanica. Penso che queste anime non siano ancora ben amalgamate: è come fare un dolce che non viene bene perché gli ingredienti non sono ben miscelati.
L’economia è boccheggiante; i ragazzi scappano, il massimo dell’aspirazione è essere laureati. In proposito occorre sottolineare che l’università non è legata al territorio: sforna migliaia di laureati in giurisprudenza, che qui non servono (la Calabria ha forse lo stesso numero di avvocati dell’intera Germania o dell’intera Francia). Manca un sistema di formazione che sia legato al territorio, come le scuole turistiche o di cucina. Nei ristoranti molte volte il personale è composto da stranieri ed è una cosa strana. È così anche nell’agricoltura. A Sibari e a Gioia Tauro c’è fame e miseria, ma gli occupati nell’agricoltura sono tutti stranieri (indiani soprattutto), perché le famiglie calabresi preferiscono magari soffrire la fame piuttosto che mandare il figlio a lavorare in campagna. Da una parte può essere un comportamento umanamente comprensibile, ma in caso di necessità forse bisognerebbe adattarsi.
Questo è il quadro di un’economia fortemente in crisi. Già lo era prima, ma fino agli anni Settanta stava recuperando rispetto al contesto nazionale, con il Piano Verde e la Cassa per il Mezzogiorno; dagli anni Settanta in poi, invece, il gap tra Nord e Sud è aumentato. Il PIL pro capite di un calabrese è la metà della media nazionale: 16.000 euro pro capite rispetto ai 32.000 nazionali. La pensione media, come riferisce il direttore dell’INPS, va dai 400 ai 600 euro; è vero che il costo della vita qui è più basso, quasi la metà, però c’è gente che tira avanti con 400-600 euro mensili.

PRESIDENTE
Signor Prefetto, ci ha reso un quadro che purtroppo conosciamo nei contenuti, quindi comprendiamo benissimo che il tema per il quale siamo qui si colloca molto a latere. Ma su questo dobbiamo mantenere alta la guardia. Come giustamente lei diceva, si può agire anche in termini di formazione e informazione.

REPPUCCI
C’è la norma, ma ci sono anche il buonsenso, l’equilibrio e la ragionevolezza.

PRESIDENTE
Non necessariamente lo scontro.

REPPUCCI
Non c’è questa filosofia nelle forze preposte ai controlli (INPS e INAIL). È un discorso che facciamo quotidianamente: stiamo attenti, perché noi dobbiamo lavorare per la tenuta del sistema. Certo, bisogna anche assestare qualche colpo.
Gli onorevoli senatori avranno letto sulla stampa che qualche giorno fa nella zona di Rossano si è conclusa un’indagine che ha riguardato oltre 4.000 falsi invalidi ed è stato arrestato un consigliere provinciale che aveva creato una sorta di patronato.

PRESIDENTE
Abbiamo letto. È un fatto nazionale.

REPPUCCI
Il direttore dell’INPS riferisce che negli ultimi tre anni varie indagini hanno riguardato oltre 20.000 falsi braccianti.

PRESIDENTE
Non dobbiamo evitare o eludere le norme. Dove si delinque si delinque, c’è poco da fare: bisogna colpire dove si deve.

REPPUCCI
E aiutare gli imprenditori, che lavorano in un territorio che presenta grandi deficit.

PRESIDENTE
La ringrazio, signor Prefetto.

Audizione del vice presidente della Giunta regionale della Calabria, dell’assessore al lavoro e di un dirigente dell’assessorato regionale alla sanità

Intervengono la dottoressa Antonella Stasi, vice presidente della Giunta regionale della Calabria, il dottor Francesco Antonio Stillitani, assessore al lavoro, e il dottor Luigi Rubens Curia, dirigente dell’assessorato regionale alla sanità.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per essere presenti. Ci teniamo a precisare che questo incontro non è legato a un motivo particolare. Stiamo portando avanti un’indagine per comprendere quali effetti sta avendo sul territorio il decreto legislativo n. 81 del 2008, sia pure ancora non completamente attuato. In modo particolare, è interessante un confronto con voi che rappresentate la Regione, atteso che il compito più delicato e più importante su questo tema, ai fini del coordinamento, lo hanno proprio le Regioni.
Vorremmo capire in che modo vi siete organizzati, che rapporti ci sono con lo Stato centrale e se ci sono elementi da chiarire o comunque se avete incontrato ostacoli, per fare un quadro della situazione.
Abbiamo preferito procedere in questo modo, con una delegazione della Commissione che si reca nelle varie Regioni, considerato che è stato praticamente impossibile organizzare un’unica riunione per poter incontrare tutti i rappresentanti delle Regioni.

STASI
Signor Presidente, introdurrò l’argomento e lascerò poi la parola all’assessore al lavoro, che è responsabile del Dipartimento salute, per quanto riguarda il coordinamento che ha realizzato la Regione Calabria.
Ringrazio la Commissione per essere venuta direttamente in Calabria e diamo con piacere la disponibilità a collaborare e a riferire sulle azioni che la Regione ha messo in atto. Il Governo regionale, guidato dal presidente Scopelliti (che vi manda i suoi saluti, ma che purtroppo questa mattina aveva altri impegni istituzionali), già il 29 dicembre 2010 ha approvato e deliberato un piano regionale di prevenzione, così come stabilito dalla Conferenza Stato-Regioni del 29 aprile 2010, dando così atto all’intesa.
Le azioni previste dal piano riguardano: una riduzione degli infortuni in agricoltura attraverso azioni di controllo, in attuazione del piano nazionale sull’agricoltura; una riduzione degli infortuni in edilizia attraverso azioni di controllo, in attuazione del piano nazionale dell’edilizia; una campagna di sensibilizzazione sul consumo di alcol e sostanze stupefacenti nei cantieri (un progetto pilota portato avanti dalle ASP di Catanzaro e Cosenza); un monitoraggio dei rischi e dei danni da esposizione ad agenti cancerogeni per quanto riguarda la prevenzione dei tumori professionali; una riduzione delle fonti d’inquinamento indoor, con particolare riguardo al gas radon, tramite un progetto dell’ASP di Catanzaro finalizzato al settore sanitario. Ovviamente nel piano sono previste azioni di formazione, tra cui una campagna di sensibilizzazione sia per quanto riguarda l’edilizia nei cantieri, sia per quanto riguarda l’agricoltura, e una campagna di promozione, con allegato un piano di comunicazione e sensibilizzazione, per quanto riguarda la riduzione di infortuni in attuazione del piano regionale dell’edilizia.
A questo proposito, il progetto prevede per il 2012 visite e controlli in circa 1.370 cantieri edili, di cui 275 – circa il 20 per cento – in collaborazione con altri enti, e 250 controlli in aziende agricole. Si tratta di una campagna realizzata direttamente dallo SPISAL in collaborazione con altri enti almeno per il 20 per cento dei controlli. Nel 2012, in particolare, oltre alle campagne di riduzione degli infortuni in agricoltura e in edilizia e di sensibilizzazione sul consumo di alcol, si sono portati avanti una serie di piani di formazione, che riteniamo comunque indispensabili come azione di prevenzione. Abbiamo, quindi, avviato una serie abbastanza cospicua di programmi di formazione.

PRESIDENTE
Quale organismo ha pianificato questi interventi?

STASI
L’organismo regionale, ossia il coordinamento tecnico regionale.
Vorrei precisare che i dati in nostro possesso registrano una riduzione generale degli infortuni del 4,4 per cento per l’anno 2009, ma nel 2010 in Calabria si è avuto un preoccupante incremento di morti sul lavoro, raggiungendo valori elevati, che si sono leggermente ridotti nel 2011. Le cose ora vanno un po’ meglio.

CURIA
Signor Presidente, sono delegato del comitato regionale di coordinamento. Intervengo per integrare quanto riferito dalla vice presidente Stasi. Gli infortuni mortali in Calabria sono passati da 29 nel 2010 a 23 nel 2011; gli infortuni sul lavoro da 13.101 a 11.940; le malattie professionali da 1.231 a 1.422, incremento dovuto soprattutto alla emersione delle cosiddette malattie perdute e alla modifica della tabella del 2008, che ha inserito le malattie osteo-articolari.

STASI
Per concludere, vorrei precisare che purtroppo in Calabria continua ad essere molto elevato il numero di stranieri coinvolti in infortuni sul lavoro; si tratta di una cifra molto più elevata rispetto alla media nazionale, che per il 2010 è pari allo 0,8 per cento, mentre in Calabria si registra un 17,6 per cento. A questo si associa ancora purtroppo un elevato numero di aziende irregolari. A seguito di controlli effettuati su 1.573 aziende, circa il 70 per cento sono risultate irregolari dal punto di vista dell’impiego e delle assunzioni dei lavoratori stranieri. Sono dati che fanno riflettere; le nostre azioni si concentreranno su questi due aspetti, che sono molto particolari per la Calabria.

PRESIDENTE
Vorremmo capire meglio il funzionamento del comitato regionale di coordinamento.

CURIA
Il 31 luglio 2012 abbiamo inviato, su richiesta dei Ministeri, una relazione (che credo voi abbiate, perché è stata inviata al Ministero della salute, al Ministero del lavoro, a lei, Presidente, e al presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome Vasco Errani, come ci è stato chiesto) in cui abbiamo dettagliato, nella relazione che abbiamo inviato alla prefettura, anche le attività del comitato regionale di coordinamento, indicando il numero delle riunioni e comunicando altresì l’istituzione degli organismi provinciali di coordinamento, specificando sia come essi sono costituiti, sia la loro composizione, sia i decreti dirigenziali istitutivi: mentre il comitato è stato istituito con delibera della Giunta regionale, gli organismi provinciali sono stati istituiti con decreto del direttore generale del Dipartimento tutela della salute. La maggior parte di questi organismi provinciali sono stati istituiti il 12 marzo 2012 e sono composti dai dirigenti degli SPISAL, dalla Direzione provinciale del lavoro, dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco, da INAIL ed INPS. Devo dire che nel corso di questi due anni c’è stata una collaborazione estremamente fattiva e positiva con l’INAIL.

PRESIDENTE
Non solo la nostra Commissione, ma lo Stato centrale ha grandi problemi di collegamento con le Regioni, perché quasi nessuna Regione assolve alla relazione annuale, che viene richiesta dal 2008. Abbiamo accelerato molto su questo aspetto, abbiamo avuto colloqui con il presidente Errani invitandolo cortesemente a creare questo collegamento, perché del resto essendo questa materia concorrente, abbiamo bisogno che i due soggetti dialoghino. Questo purtroppo non è un problema che riguarda solo la Calabria, ma in linea generale, ad eccezione di qualche Regione, questo dialogo manca, o per lo meno si ritiene che lo stesso possa essere assorbito nel momento in cui si riunisce la Conferenza delle Regioni, ma è una cosa ben diversa, perché come a voi è noto è necessario che il Ministero della salute ed il Ministero del lavoro ricevano una relazione annuale sulla situazione. Non so se voi l’abbiate fatto o se abbiate iniziato a farlo adesso, ma non è tanto questo aspetto ad interessarci, quanto capire se vogliamo dare una accelerazione a questo processo o meno. Devo dire che da qualche mese a questa parte così com’è arrivata la vostra relazione ne sono arrivate altre.
Se non creiamo un meccanismo che coordina queste attività sul territorio, diventa difficile poter operare, perché si creano duplicazioni, con la compresenza di soggetti che partono con input diversi.

STASI
Ci sono sicuramente anche azioni scoordinate.

PRESIDENTE
Le Regioni, che hanno magna pars in questa vicenda, con le proprie strutture sanitarie sul territorio, devono comunque confrontarsi con soggetti che seguono logiche nazionali, come il Ministero del lavoro, i vari ispettorati, l’INAIL o i Vigili del fuoco: c’è un mondo che va amalgamato. Quindi la nostra azione è volta proprio a poter avere un confronto sereno con i nostri colleghi del mondo istituzionale ed un incontro anche con tutti gli altri soggetti. Avremmo potuto chiedervi di vederci a Roma, ma non vogliamo incontrare soltanto i rappresentanti della Regione, bensì tutti gli altri soggetti interessati, al fine di avere un quadro più generale e far spostare tutte queste persone non ci è sembrato opportuno. Solo a fini conoscitivi, le chiederei da quanto tempo funziona questo comitato.

CURIA
Il comitato è stato istituito con delibera del 29 dicembre 2010, quindi ha iniziato a lavorare il 4 luglio 2011 perché essendo estremamente corposo, abbiamo dovuto riunire i vari rappresentanti.

PRESIDENTE
Non direi che è poi così corposo, sono solo venti persone.

CURIA
Comunque poi il comitato ha lavorato e direi che lavora abbastanza bene.

MARAVENTANO
Quante volte l’anno si riunisce?

CURIA
Sono state effettuate complessivamente quattro riunioni, poi c’è l’ufficio operativo che si riunisce a sua volta. Abbiamo inoltre istituito dei sottogruppi per aggredire una serie di problematiche ulteriori. Il Dipartimento tutela della salute ha come propria interfaccia il Ministero della salute. Come sapete, ci sono dei gruppi tecnici interregionali che lavorano in questo senso. Non soltanto, ma c’è un altro aspetto importante da sottolineare: è un obbligo LEA, cioè di livelli essenziali d’assistenza, per cui il Dipartimento viene verificato annualmente sugli adempimenti attinenti alle verifiche e ai controlli sui luoghi di lavoro da parte del Ministero della salute e sarà verificato quest’anno, come Regione Calabria, il 25 ottobre presso il comitato LEA diretto dalla dottoressa Lispi del Ministero della salute. Venerdì nel tardo pomeriggio, in preparazione della riunione del 25 ottobre al Ministero, ci è già arrivata una mail ufficiale da parte del Ministero della salute che, dichiarando la Regione Calabria adempiente sotto il profilo della tutela della salute, a pagina 18 della relazione, nel capitolo «Tutela della salute e prevenzione nei luoghi di lavoro» dice, fra l’altro: «La Regione, al fine di innalzare la percentuale delle imprese attive da controllare e ridurre gli infortuni nei comparti edilizia ed agricoltura, ha investito i direttori generali e i servizi SPISAL delle aziende sanitarie provinciali a garantire gli obiettivi previsti nei progetti regionali. Si è evidenziata la carenza di personale ispettivo, amministrativo e medico nei servizi SPISAL delle ASP, pertanto nella prospettiva di raggiungere gli obiettivi previsti dai LEA e dal Piano regionale della prevenzione, si è deciso di inoltrare una richiesta al commissario per il piano di rientro».
Come sapete, le Regioni interessate da piano di rientro hanno un blocco delle assunzioni e quindi c’è carenza di tecnici.

PRESIDENTE
Sappiamo che c’è un piano di rientro come in altre Regioni italiane che si trovano in questa situazione. Il coordinamento regionale serve proprio a colmare queste lacune, perché non possiamo continuare ad immaginare che le cose stiano come prima, perché è vero che le aziende sanitarie avranno delle carenze e quindi non potranno dare tutte le disponibilità di ispettori che servirebbero, è vero che ci sono problemi soprattutto per le Regioni soggette ad un piano di rientro, con il blocco del turnover, ma è anche vero che c’è un’altra serie di soggetti che operano nello stesso settore e bisogna fare in modo che lavorino in armonia. L’Ispettorato del lavoro ha una competenza non secondaria, perché gli infortuni nel settore dell’edilizia sono una realtà importante; in tutte le Province c’è un nucleo di Carabinieri che opera in questo senso; ci sono gli ispettori dell’INPS e gli ispettori dell’INAIL. C’è quindi un mondo molto ampio; chiaramente se si considera il singolo segmento può apparire insufficiente, ma il coordinamento serve a metterlo a regime.

CURIA
L’obiettivo che ci veniva posto come gruppo era che il 20 per cento dei cantieri venisse ispezionato e verificato. Insieme all’INAIL ed al Ministero del lavoro abbiamo raggiunto il 21 per cento, superando quindi l’obiettivo fissato di un punto. Tra l’altro, abbiamo inserito i quattro progetti di cui ha parlato la dottoressa Stasi nel Piano regionale della prevenzione con una delibera di Giunta regionale e questo ha portato ad avere un finanziamento; con questi fondi siamo riusciti da una parte ad acquistare attrezzature e dall’altra ad incentivare le attività ispettive da parte del personale fuori orario di servizio, perché per raggiungere l’obiettivo occorrono attività fuori dell’orario di servizio. Questo è un piano a carattere triennale.
È importante aver superato questo aspetto. Inizialmente ci potevano anche essere dei meccanismi di autoreferenzialità in ognuno dei vari enti, ma sono stati superati molto bene; questa collaborazione comporta l’uso delle risorse umane nel modo migliore.
Vorrei aggiungere, come diceva la dottoressa Stasi, che abbiamo puntato molto sull’aspetto della formazione, sia quella rivolta agli operatori degli SPISAL, sia quella per il rilascio di titoli di abilitazione per gli addetti all’attività di rimozione e smaltimento dell’amianto e di bonifica delle aree interessate. Abbiamo tenuto dei corsi per questi operatori affinché anche tra gli operatori del servizio pubblico o dei servizi pubblici e gli operatori di queste aziende ci fosse una conoscenza e una metodologia uniformi. Sapete poi che è stata approvata dal Consiglio regionale la legge n. 14 del 27 aprile 2011, recante interventi urgenti per la salvaguardia della salute dei cittadini: norme relative all’eliminazione dei rischi derivanti dall’esposizione a siti e manufatti contenenti amianto.
Questa legge regionale nasce soprattutto dal Dipartimento regionale all’ambiente, tant’è che è l’ARPA ad essere interessata nel monitoraggio, ma c’è una serie di aspetti attinenti alla tutela della salute.
Inoltre, il 30 luglio 2012 abbiamo istituito presso l’Azienda sanitaria provinciale di Crotone il COR (Centro operativo regionale Calabria), ossia il registro regionale dei mesoteliomi, per dare un segnale. Allegheremo alla nostra documentazione la delibera di giunta.

STASI
Preciso però che il COR già esisteva.

CURIA
Sì, ma era a Lamezia.
Da ultimo, di concerto con l’assessorato all’ambiente, è stata istituita con legge regionale l’USA (Unità speciale amianto), con sede presso il Dipartimento dell’ambiente, che dovrebbe coordinare tutte le attività attinenti al problema dell’amianto dei vari dipartimenti (ambiente, tutela della salute). Ad ogni modo, già noi dell’ARPA cerchiamo di fare in modo che tutti gli enti siano come una sola mano e non come due mani, l’una inconsapevole di ciò che fa l’altra.
Concludo ricordando che nell’ambito del coordinamento regionale, è stato istituito un gruppo di lavoro tematico ai fini dell’elaborazione della proposta operativa per le aziende a rischio di incidente rilevante. Di questo gruppo fanno parte lo SPISAL, l’ARPA, i Vigili del fuoco e l’ANMIL. Il gruppo è attivo ed è in corso di definizione una bozza di documento.

PRESIDENTE
Penso che in un gruppo importante di questo tipo dovrebbero essere rappresentati tutti i soggetti presenti nel coordinamento.

STASI
Credo che si siano suddivisi in sottogruppi.

CURIA
Ripeto, lo SPISAL, l’ARPA, i Vigili del fuoco, l’ANMIL.

PRESIDENTE
Questa è nella vostra autonomia.

CURIA
È una scelta che ha fatto il comitato.

STASI
Credo che si siano dati un regolamento interno.

BIANCHI
Non ripeterò quanto già sottolineato dal Presidente. Vorrei soltanto sapere se, oltre alle relazioni che avete consegnato questa mattina, sono state trasmesse in precedenza altre relazioni al Ministero da parte della Regione Calabria.

CURIA
Come ho detto prima, il comitato è stato istituito a fine 2010. La relazione del 2011 l’abbiamo trasmessa il 31 luglio 2011 al Ministero della salute e al Ministero del lavoro.

PRESIDENTE
Una copia è stata inviata anche a noi.
Il punto è che l’istituzione è avvenuta con due anni di ritardo.

STASI
Nell’aprile 2010 è stato confermato in Conferenza Stato-Regioni. In effetti, l’abbiamo costituito a fine 2010.

PRESIDENTE
Non faccio riferimento ai singoli governi che si sono succeduti, perché da questo punto di vista il discorso è istituzionale.
Il dato certo è che si è partiti con due anni di ritardo, ma sono comunque felice che questa macchina sia partita; questo è l’importante. A noi cominciano ad arrivare in Commissione alcune relazioni, come la vostra, che ci forniscono il quadro della situazione, quindi c’è la volontà di seguire con maggiore attenzione questa strada.

CURIA
È una gratificazione per il lavoro che svolgiamo.

PRESIDENTE
Chi di voi ha la delega a presiedere il coordinamento?

STILLITANI
Io ho la delega.
Signor Presidente, posso affrontare il problema dal punto di vista dell’assessorato al lavoro, che dirigo. La prima cosa che abbiamo cercato di fare è stata quella di definire esattamente quali fossero le effettive competenze regionali in materia di sicurezza del lavoro. Anche perché nel campo del lavoro la sicurezza è spesso legata al lavoro irregolare e al lavoro nero. A tal proposito abbiamo fatto una specifica legge contenente disposizioni dirette alla tutela della sicurezza e della qualità del lavoro, al contrasto e all’emersione del lavoro irregolare. Ritengo che la Regione Calabria sia una delle pochissime Regioni, se non la sola, ad avere una legge che regolamenta le competenze in materia di lavoro irregolare e sicurezza del lavoro. Tale legge è nata all’interno di una commissione che esiste presso l’assessorato, ossia la commissione per l’emersione del lavoro irregolare e la sicurezza sul lavoro, a cui partecipano di fatto tutti i soggetti, sia pubblici che privati, che hanno a che fare con il lavoro (INAIL, INPS, Ispettorato del lavoro, sindacati, forze datoriali).

PRESIDENTE
Qual è l’obiettivo di questa legge, considerato che esiste una normativa nazionale, che quindi vale anche per la Calabria?

STILLITANI
Uno dei problemi principali che abbiamo avuto è stato, infatti, cercare di inserire il dettato di questa legge all’interno di un panorama normativo più generale. Tale legge innanzitutto prevede da parte della commissione la creazione di una specie di banca dati sulle imprese irregolari ed è prevista la possibilità da parte della Regione, o degli altri enti pubblici che vogliono attuarla, di stabilire delle premialità o delle penalizzazioni nell’affidamento di servizi e appalti. Ciò dovrebbe servire a disincentivare, soprattutto per le aziende che partecipano ad appalti pubblici, il ricorso al lavoro irregolare o al lavoro nero.
È poi prevista un’ulteriore cabina di concertazione. Stiamo puntando moltissimo sul contrasto del lavoro irregolare. Abbiamo, ad esempio, incentivato – la Calabria è la Regione in cui si è avuto il maggiore incremento – l’utilizzo dei cosiddetti voucher, dei buoni.

PRESIDENTE
Li conosciamo benissimo.

STILLITANI
La Calabria era forse un po’ arretrata sull’utilizzo di uno strumento che offre quanto meno una tutela.

PRESIDENTE
È funzionale.

STILLITANI
Come dicevo, la Calabria nell’ultimo anno è stata la Regione che ha avuto il maggior incremento percentuale nell’utilizzo di tale strumento; stiamo lavorando di concerto con Italia Lavoro per una serie di promozioni di tale strumento. A livello di incremento percentuale, la Regione Calabria nell’ultimo anno ha più che raddoppiato l’utilizzo dei buoni. Quanto meno diamo garanzia e tutela ai lavoratori.
Stiamo inoltre attuando, nei limiti della nostra competenza, il meccanismo della prevenzione. Sta partendo un progetto denominato «Regola», nato all’interno della commissione per l’emersione del lavoro irregolare, che consiste nel distribuire su tutto il territorio regionale 200 agenti formati sulle normative sul lavoro e sulla prevenzione che, di concerto con le organizzazioni di categoria, datoriali e sindacali, andranno a fare tutoraggio nelle aziende in modo da informarle sulle possibilità di incentivazione del lavoro regolare e della sicurezza sul lavoro. Si tratta di un lavoro a tappeto che dovrebbe toccare 5.000 aziende e 200 scuole.
In Calabria manca il timore dei controlli, soprattutto nelle aziende agricole dove gli incidenti sono più frequenti, perché la probabilità di ricevere dei controlli è molto ridotta. Ciò favorisce il ricorso al lavoro irregolare o la mancata adozione di misure di prevenzione in materia di sicurezza che invece dovrebbero essere attuate. L’invio di persone esperte nelle singole aziende potrebbe indubbiamente contribuire ad elevare il grado di sicurezza sul lavoro.
Stiamo attuando la convenzione CONSIP. Sostanzialmente si tratta di un accertamento e una ricerca sull’applicazione della normativa in materia di sicurezza sui luoghi di lavoro da parte degli enti pubblici. Abbiamo avviato tutta una serie di analisi ed indagini, di concerto con l’università, e per il momento ci siamo limitati a fare una fotografia di tutti i Comuni calabresi con popolazione superiore a 10.000 abitanti e delle Province. Emerge da parte dei dirigenti una discreta conoscenza delle normative, ma quasi tutti gli enti non sono in regola – così sostengono – per questioni di natura economica. La giustificazione di tutti gli enti, e dei Comuni in particolare, è che la sicurezza sui luoghi di lavoro non la si può garantire perché mancano le risorse. Questo è un dato di cui si dovrebbe tenere conto.
Abbiamo fatto una legge sul risarcimento, aggiuntivo a quello previsto dalle norme statali, per le famiglie che hanno avuto un familiare vittima di un incidente sul lavoro. Diamo circa 22.000 euro, a seconda del numero dei figli, alle famiglie in caso di incidente mortale o di invalidità totale.
Stiamo lavorando molto anche nell’ambito della formazione. Per il momento ci limitiamo a farlo nel settore agricolo. I primi corsi di formazione nella sicurezza sul lavoro sono stati avviati nell’area di Sibari, dove abbiamo fatto formazione a circa 2.000 braccianti agricoli, ricevendo un’attenzione e un’accoglienza talmente positive da decidere di replicare il corso. Attualmente è in pubblicazione un bando per corsi di formazione ad altri 1.000 braccianti agricoli nei Comuni interni, ed abbiamo già impegnato le risorse per dei corsi di formazione, che inizieranno entro la fine dell’anno, sulla sicurezza sul lavoro per i forestali. In Calabria, come sapete, abbiamo 8.000 forestali, per i quali abbiamo impegnato 8 milioni di euro.
Torno a sottolineare l’importanza che ha avuto l’approvazione della legge a cui ho fatto cenno in precedenza. Di fatto è una legge che occupa un’area marginale rispetto alle normative statali. Comunque, far sedere attorno a un tavolo tutti i soggetti che in qualche modo intervengono non solo nella sicurezza sul lavoro, ma anche sul lavoro nero sta portando riscontri positivi.
Nella Regione Calabria l’abbattimento del lavoro irregolare ha una percentuale elevata. Faccio sempre riferimento a ciò che avviene in altre Regioni, perché magari il dato assoluto non è significativo, ma rapportandolo alle percentuali di movimento degli indici statistici delle altre Regioni possiamo verificare se l’azione che stiamo ponendo in essere raggiunge gli obiettivi oppure no. La riduzione del lavoro nero stimata in Calabria è percentualmente superiore a quella che si registra nella gran parte delle altre Regioni italiane. Ciò significa che l’attività di contrasto al lavoro nero – che molto spesso è sinonimo di non sicurezza sul lavoro – sta procedendo con particolare efficacia.
Un altro intervento che abbiamo intrapreso e che ha avuto una rilevanza abbastanza positiva (tant’è vero che la Regione lo replicherà ponendosi come capofila di un progetto interregionale) consiste in un’azione di prevenzione del lavoro irregolare e di promozione della sicurezza sul lavoro condotta negli ultimi anni delle scuole superiori. Abbiamo visitato un gran numero di istituti e, attraverso questionari, articoli sui giornali prodotti dagli stessi ragazzi e corsi tenuti da soggetti particolarmente interessanti per i ragazzi, abbiamo posto in essere un’azione che indubbiamente porta all’obiettivo principale che ci poniamo: fare prevenzione, ma anche far crescere la cultura del lavoro regolare e della sicurezza. Queste sono le attività nell’ambito della nostra competenza.

BIANCHI
Vorrei fare due domande per quanto riguarda l’amianto, visto che è stata costituita l’Unità speciale amianto e visto che nell’ultimo periodo sono stati pubblicati vari articoli e da parte di alcuni parlamentari sono state anche presentate citazioni. Vi è presenza di amianto sulle navi, ad esempio nel porto di Crotone? Vorrei anche capire se una Regione come la Calabria ha in essere una discarica di amianto. Dove smaltiamo l’amianto?

CURIA
Posso rispondere solo in parte, perché è l’assessorato all’ambiente ad occuparsi di questo tema. All’interno dell’USA (Unità speciale amianto), in cui vi è anche un rappresentante dell’assessorato alla sanità, si è deciso che l’ARPA dovrà fare una mappatura dei siti attinenti all’amianto nella nostra Regione. Non posso quindi risponderle su questo aspetto.
Vorrei integrare quanto diceva prima il dottor Stillitani. Il comitato regionale ha avuto una funzione importante anche in rapporto alla formazione. Ne fanno parte un rappresentante dell’assessorato alla formazione e un rappresentante dell’assessorato al lavoro. In agricoltura si è puntato molto alla formazione, anche attraverso questi bandi, per vedere quali erano le cause principali di infortunio. Gli incidenti principali in agricoltura riguardano il rovesciamento delle macchine, in particolare dei trattori, mentre nell’edilizia la causa principale di infortunio è la caduta.

BIANCHI
Voi avete detto che si registra soprattutto un aumento delle malattie professionali, mentre gli incidenti mortali in qualche modo sono diminuiti.

CURIA
Anche gli infortuni sul lavoro sono in diminuzione.

BIANCHI
In relazione proprio alla sicurezza sui luoghi di lavoro, avete una mappatura di luoghi di lavoro in cui oggi è ancora presente l’amianto?

CURIA
Da questo punto di vista vi sono vertenze aperte, che lei conosce bene, come quella relativa alla Marlane-Marzotto di Praia a Mare, ma si tratta di siti in via di bonifica.

BIANCHI
Non mi riferisco solo ai siti, ma ai luoghi, anche pubblici, di lavoro, come gli ospedali.

STASI
Non vi è una mappatura. Anche questo è un compito che si è posto la commissione.

CURIA
Devo fare un’autocritica, anche se all’epoca non ero presente. Negli anni passati, che io sappia, il Ministero dell’ambiente ha stanziato finanziamenti, aggredibili da parte delle Regioni, in rapporto alla bonifica dell’amianto nelle strutture pubbliche, soprattutto negli ospedali. Ricordo che allora ero commissario in un’azienda. Assegnammo tutta la questione all’assessorato all’ambiente, ma poi tutto è finito lì.
È stata varata una legge regionale proprio per cercare di mettere ordine in questa situazione. L’Unità svolgerà, finalmente, questo ruolo. Tutti lavoreranno in questo senso.

STASI
È tra gli obiettivi della commissione.

CURIA
Tornando all’agricoltura – che è un campo molto difficile, perché in Calabria vi è un impegno lavorativo maggiore e una maggiore presenza di operatori – abbiamo puntato molto sul controllo delle macchine agricole.
Ci eravamo dati un obiettivo per il primo anno, che abbiamo abbondantemente superato: siamo arrivati a controllare 587 luoghi in cui vi erano macchine agricole. Abbiamo riscontrato che molte di queste macchine erano obsolete, quindi, come comitato regionale, abbiamo redatto una relazione affinché i competenti assessorati potessero mettere a disposizione finanziamenti ad hoc per il rinnovo del parco veicoli attraverso incentivi.

BIANCHI
Voi avete verificato, per esempio, se a livello provinciale Confagricoltura e le altre associazioni svolgono un’informazione presso le aziende che poi devono rispettare queste normative? Vi è una collaborazione tra voi e le associazioni vicine a chi lavora nell’agricoltura e che dovrebbero dare le informazioni alle imprese?

CURIA
È evidente che noi dobbiamo stare molto attenti a non essere invasivi e a rispettare le autonomie e le competenze. Ma nel comitato, attraverso i verbali, abbiamo sollecitato un’opera di pubblicizzazione da questo punto di vista.

STILLITANI
È proprio il progetto di cui parlavo prima, relativo ai 200 agenti. Il meccanismo di funzionamento di quel progetto è affidare un certo numero di soggetti formati (la formazione sulla prevenzione è svolta dalla Regione) alle associazioni di categoria (Confagricoltura, Coldiretti, sindacati), in modo da permettere loro di istruire tutte le aziende associate. Si tratta di una collaborazione diretta, decisa proprio all’interno della commissione che abbiamo istituito.

BIANCHI
Le aziende calabresi sono piccole e spesso al loro interno vi è un livello di scolarizzazione non altissimo.

STILLITANI
Saranno contattate 5.000 aziende.

CURIA
Mi permetto di lasciare, oltre alla relazione, altro materiale integrativo.

PRESIDENTE
Tutti i discorsi che riguardano la cultura sono fondamentali, poiché il passaggio epocale sarà su quel fronte. Dovremo riuscire a far comprendere che la tutela della salute e la minimizzazione dei rischi sono aspetti fondamentali. La scuola, quindi, ha un ruolo determinante. Sono in corso dei progetti. L’INAIL e l’ANMIL lavorano molto su questo fronte, quindi sicuramente lavorerete insieme.
Per quanto riguarda l’agricoltura, mi permetto di segnalare che l’ex ISPESL, prima che fosse inglobata nell’INAIL, aveva progetti specifici di costo molto basso per rendere più sicuri i trattori (il ribaltamento è la causa principale di infortunio). Se la Regione lo ritenesse opportuno, sostenere questi progetti sarebbe assai poco oneroso. Stiamo parlando, infatti, di costi molto contenuti, di 2.000-4.000 euro.
Sempre con riferimento all’agricoltura, potrebbe essere utile per voi documentarvi sulle iniziative che abbiamo assunto. La situazione è molto complessa e riassumerla sarebbe difficile, ma credo che questo passaggio con l’ex ISPESL e con i tecnici potrebbe essere utile per dare risposte concrete.
Vi ringraziamo per la collaborazione.

Audizione del procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Catanzaro e del sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Reggio Calabria

Intervengono il dottor Santi Consolo, procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Catanzaro, e il dottor Concezio Arcadi, sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Reggio Calabria.

PRESIDENTE
Ringrazio il dottor Santi Consolo, procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Catanzaro, e il dottor Concezio Arcadi, sostituto procuratore generale della Repubblica presso la Corte d’appello di Reggio Calabria, per aver risposto al nostro invito.
La presenza qui oggi di questa delegazione della Commissione parlamentare che si interessa del problema degli infortuni e della salute nei luoghi di lavoro non è dovuta a particolari circostanze; non ci sono elementi specifici alla base della nostra venuta se non la volontà di conoscere il quadro generale e gli effetti del Testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008. Con l’incontro odierno vorremmo conoscere in modo più particolareggiato l’organizzazione della giustizia sul territorio e l’approccio alle tematiche inerenti sia gli infortuni sul lavoro gravi e mortali, sia un altro tema che sta emergendo in maniera sempre più ampia, relativo alle malattie professionali.

CONSOLO
Signor Presidente, onorevoli componenti della Commissione, vi ringrazio per l’attenzione e per il coinvolgimento della magistratura requirente.
Se mi è consentito, prima di entrare nell’argomento, vorrei esplicitare alcune considerazioni di carattere generale, che possono contribuire, tramite lo scambio di opinioni, alla migliore comprensione del territorio nel quale si va ad operare. Il distretto di Catanzaro è molto vasto, perché comprende i due terzi circa del territorio regionale e un bacino d’utenza abbastanza consistente, di circa un milione e mezzo di persone. Tra le caratteristiche del territorio vi è anche una frammentazione sotto il profilo del settore amministrativo. In questo territorio, infatti, gravitano ben quattro Province e la popolazione è sparsa su centri abitati molto piccoli o medio-piccoli. La situazione dei collegamenti viari è difficoltosa e quindi, com’è noto alla senatrice Bianchi, è difficile poter operare un controllo capillare sull’intero territorio. È evidente che tutto questo si ripercuote sul coordinamento delle attività in termini di incisività. Dal giugno dell’anno scorso, quando ho assunto le funzioni di procuratore generale di Catanzaro, mi sono preoccupato del settore del coordinamento nell’ambito delle mie specifiche competenze e ho già attivato delle riunioni periodiche, con cadenze che ora si sono diradate ma prima erano mensili, con tutti gli otto procuratori del distretto e con i procuratori aggiunti.
Faccio queste premesse, se avrete la pazienza di ascoltarmi, perché ci sono degli aspetti che hanno ricadute sul settore di competenza della vostra Commissione. Abbiamo già stipulato dei protocolli d’intesa: un protocollo d’intesa – che è stato il primo per tutta l’Italia meridionale – è stato stipulato con la procura nazionale antimafia, con le prefetture, con i questori, con tutti i procuratori e con i capi delle forze di polizia ed è relativo al settore delle misure di prevenzione patrimoniale. Il coordinamento in questo settore ha portato buoni risultati, là dove dalle indagini sono emerse attività imprenditoriali con utilizzo di lavoro nero. Sotto questo profilo si sono avute delle ricadute, ad esempio nel caso dell’indagine che ha condotto al sequestro di beni espletato in Vibo Valentia, in cui è stato coinvolto il clan Lo Bianco. In occasione di quella misura abbiamo constatato l’assunzione, da parte delle ditte che facevano capo alla ’ndrina dei Lo Bianco, di oltre 100 persone in nero nel settore dell’edilizia. Comprenderete che la mancata emersione delle assunzioni chiaramente rende occulto l’infortunio nel settore del lavoro, soprattutto per le lesioni di lieve entità, che spesso non vengono denunciate perché c’è anche il controllo della ’ndrina territorialmente competente; soprattutto questa mancata emersione è ancora più forte là dove si utilizza lavoro di stranieri clandestini. Questo quindi è un primo settore di cui vi voglio dare notizia.
Si dice solitamente che il territorio non sia allo stato attuale interessato da attività industriali significative e che quindi in questo settore gli infortuni che si possono evidenziare sono quelli nel campo dell’edilizia e, in minore misura, nel settore dell’agricoltura. Va detto però (su questo magari apriremo un capitolo a parte) che in passato vi sono stati significativi insediamenti imprenditoriali che hanno determinato guasti per il territorio, per l’ambiente e hanno anche comportato conseguenze molto gravi per gli abitanti del territorio.
Tornando quindi ai settori attualmente d’interesse (agricoltura ed edilizia), dai dati che ho ricevuto dalle procure di questo distretto ho potuto evidenziare che il settore di maggior sofferenza è quello dell’edilizia, là dove vengono espletati lavori in quota o là dove c’è una disattenzione da parte delle pubbliche amministrazioni soprattutto nel rilasciare concessioni o autorizzazioni. In questo settore, proprio per far emergere l’abusivismo e quindi anche per facilitare il controllo delle imprese preposte alla costruzione, è stato stipulato un altro protocollo d’intesa con tutte le procure per quanto riguarda le demolizioni. È emersa una realtà abbastanza preoccupante: vi sono settori d’interesse ambientale dove sono stati realizzati addirittura interi villaggi, con guasti all’ambiente incredibili, senza avere uno straccio di autorizzazione. In forza di questo protocollo, tutte le otto procure (molte già attive in precedenza) si sono attivate per avviare le procedure di demolizione e anche l’ufficio della procura generale competente per il settore delle esecuzioni ha avviato procedure di demolizione là dove le evidenze delle violazioni erano molto gravi. Anche attraverso questo filone, quindi, si può far emergere il lavoro nero in tale settore.
Mi sembra significativa la segnalazione – proprio per evidenziare la disattenzione che a volte si ha nel settore della pubblica amministrazione – di un procedimento che si è avviato e che è per ora in corso, relativo ad un episodio di omicidio colposo avvenuto nel 2010. Nel territorio di Catanzaro erano state ottenute tutte le autorizzazioni per poter procedere ad un’attività di costruzione e un operaio purtroppo è rimasto folgorato dall’attraversamento di corrente di alta tensione. L’autorizzazione era stata concessa nel presupposto che quella zona fosse attraversata da corrente a bassa tensione: vedete quindi quanto si è, per così dire, superficiali nell’espletamento di questi controlli.
Per quanto riguarda le caratteristiche relative al territorio in generale, come avrete letto anche dalla stampa (ho un rapporto diretto con tutti i procuratori che mi informano ad horas di quanto avviene), c’è stata la mancata esecuzione di una misura cautelare nei confronti di un consigliere provinciale della Provincia di Cosenza. Questa mancata esecuzione attiene ad una truffa all’INPS per 11 milioni, con oltre 4.000 falsi braccianti agricoli. Anche in relazione a questo settore, proprio per l’emersione del lavoro nero, è in corso di firma un protocollo d’intesa con l’INPS, che ho già completato, proprio per rendere efficace e diretta l’attività della magistratura. I profili di maggiore sofferenza da noi riscontrati sono in occasione dei procedimenti penali per mancato pagamento delle contribuzioni e sono determinati dalle notifiche. In questo protocollo d’intesa si è ratificato per un verso un iter procedimentale semplificato, con collaborazione piena e diretta da parte dell’INPS; per altro verso, onde concentrare le risorse della magistratura requirente sui procedimenti per i quali valga realmente la pena, è stato concordata con i tutti i procuratori del distretto la possibilità che, per mancati pagamenti di contributi al di sotto della somma di 250 euro, le procure debbano chiedere l’archiviazione e non attivarsi nell’esercizio dell’azione penale. È evidente che si deve trattare di una violazione singola, perché se la violazione è seriale chiaramente si fa il cumulo e si valuta l’intera somma non versata.
Passando allo specifico dell’attività delle nostre procure per quanto riguarda gli infortuni, ho potuto verificare che tutte le procure del distretto sono state particolarmente diligenti nel prevedere, nei singoli programmi organizzativi, un settore di specializzazione per quanto riguarda i reati contro la persona e nell’individuare, nell’ambito di queste competenze, dei magistrati che specificamente abbiano competenze per il settore della prevenzione degli infortuni sul lavoro.
Il nostro è un problema di coordinamento, cioè di come intervenire con efficacia fin dalle prime indagini. A questo proposito, i procuratori hanno elaborato con l’INAIL, con l’Ispettorato del lavoro, ovvero con linee d’indirizzo rivolte ai magistrati e agli ufficiali di polizia giudiziaria, delle direttive affinché si possa intervenire con efficacia fin dal primo momento, convinti come siamo che la verifica dello stato dei luoghi, la raccolta di elementi di prova nell’immediatezza dei fatti e soprattutto la raccolta di testimonianze della stessa parte offesa quando è possibile o di altri lavoratori presenti sul luogo sono il migliore avvio per un’indagine che poi possa dare validi risultati. Devo anche dire che l’attività in questo settore, sul quale vi è la mia personale massima attenzione, arriva dopo i protocolli di cui vi ho parlato e spero darà buoni risultati: per il prossimo 14 dicembre ho previsto una riunione con tutti i procuratori della Repubblica di distretto proprio per avviare dei protocolli unitari che quindi creino una uniformità d’indirizzo tra tutte le procure, sia con i procuratori, sia con tutte le altre articolazioni a livello regionale che possono avere competenza sulla materia, come l’Ispettorato del lavoro, l’INAIL e le aziende sanitarie provinciali. Vorrei realizzare il tutto con una certa uniformità, onde prevenire situazioni di sovrapposizione o di competenze di tipo frastagliato.
Poiché il problema sul versante penale è quello di prevenire piuttosto che intervenire per reprimere (almeno questa è la mia filosofia), abbiamo l’aspettativa che tutte le pubbliche amministrazioni cooperino con chiarezza nel settore della formazione. Dico chiaramente che a me molti corsi di formazione, così come si articolano a livello locale, non piacciono perché mi sembrano più un espediente per pagare dei compensi a chi deve tenerli piuttosto che una reale, effettiva attività di formazione che possa rendere consapevole il lavoratore e l’imprenditore su quello che devono fare. Avverto anche, sotto il profilo sociale, un certo sbandamento nel settore dell’imprenditoria, perché quando le competenze e le fonti di conoscenza sono diverse, spesso in chi deve informare vi sono delle contraddizioni e quindi non si è ben orientati con chiarezza su ciò che bisogna fare. Questo è un male perché oggi sicurezza significa anche costi, e non ci si può permettere il lusso di spendere soldi inutilmente senza risultati efficaci ed effettivi. Anche chi dà lavoro deve essere incentivato a farlo in termini di chiarezza e secondo criteri di economicità. Il tutto passa attraverso una corretta informazione.
A livello di formazione decentrata, con la collega, dottoressa Manzini, della procura generale, preposta al settore della formazione, abbiamo già fatto un incontro a livello distrettuale per quanto riguarda le malattie professionali. Dei corsi sono stati fatti con l’ausilio dei magistrati competenti – soprattutto a Cosenza, dove vi è un procuratore della Repubblica aggiunto abbastanza avvertito – anche per la formazione di ufficiali di polizia giudiziaria competenti.

BIANCHI
Signor Presidente, il procuratore ci ha parlato di danni per gli abitanti in determinati territori. Noi abbiamo tra l’altro un esempio di questi giorni, il problema affrontato nel procedimento «Black Mountain», in cui tutti gli indagati sono stati prosciolti.

CONSOLO
Nel settore di Crotone.

BIANCHI
Sì, mi riferisco al materiale dall’ex Pertusola, il cosiddetto CIC (conglomerato idraulico catalizzato), che sarebbe stato impiegato nella realizzazione di opere edili come le scuole. Vorrei conoscere la sua valutazione a tale riguardo.

CONSOLO
Vorrei affrontare la questione per linee generali e poi nello specifico. Per me è una ghiotta occasione.

PRESIDENTE
Signor procuratore, se però ampliamo il nostro confronto rischiamo di non uscirne. A noi va bene quanto ci ha riferito. Ci interessa soprattutto capire come è strutturata sul territorio l’organizzazione della giustizia ed avere la certezza che vi sono uffici preposti e magistrati che si formano sulle problematiche del lavoro, anche per garantire una certa uniformità.

CONSOLO
L’uniformità per noi è garantita dal coordinamento distrettuale, in raccordo con la procura generale della Corte di cassazione, dove ho una pregressa esperienza. Ritengo che la competenza, di cui all’articolo 6 della legge del 2006, del procuratore generale della Cassazione sia molto importante per garantire uniformità sull’intero territorio nazionale.
Con riferimento alle malattie professionali, a cui faceva accennava la senatrice Bianchi, ripeto quello che ho già detto al Ministro della giustizia. Gli uffici giudiziari del distretto di Catanzaro, in particolare la procura della Repubblica di Catanzaro, sono sottodimensionati. Abbiamo una sofferenza sulla DDA (Direzione distrettuale antimafia), presso la quale impegniamo soltanto sette sostituti. Questo settore, che per noi è prioritario (perché la materia dell’infortunistica viene considerata prioritaria nell’esercizio dell’azione penale), soffre della carenza di organico previsto per le procure. Le conseguenze e le ricadute si hanno nell’ambito di indagini delicatissime per le malattie professionali. Le procure periferiche, come ad esempio quella di Crotone (ma cito anche quella di Paola che è abbastanza significativa sotto questo profilo), sono composte da magistrati di prima nomina, che vengono da fuori e che alla prima occasione vanno via.
Abbiamo un turnover che porta al cattivo esito di talune indagini. Mi riferisco proprio al caso della ex Pertusola. Vi era un’indagine in corso per i residui della lavorazione dello zinco che, secondo l’ipotesi accusatoria della procura di Crotone, avevano determinato un inquinamento ambientale molto significativo e particolarmente consistente. Nei confronti dei 45 indagati il procuratore della Repubblica aveva fatto richiesta di rinvio a giudizio. A causa di un gup si è registrato un ritardo nell’attività di competenza, che si è procrastinato fino a quando tale magistrato non è stato trasferito altrove. A livello di consiglio giudiziario abbiamo fatto presente che il magistrato che avvia un’indagine così delicata deve portarla a termine. Quindi, nonostante l’avvenuto trasferimento, abbiamo applicato il suddetto magistrato al processo, e il Consiglio superiore della magistratura ha deciso in conformità. L’epilogo è stato, purtroppo, che tale magistrato ha rigettato la richiesta di rinvio a giudizio. Sono in contatto diretto con il procuratore della Repubblica di Crotone, il dottor Mazzotta, il quale, con grande diligenza, sacrificio e impegno personale, sta curando un ricorso in Cassazione che, secondo le notizie che mi fornisce telefonicamente, credo sia ben articolato.
Ma a Crotone abbiamo anche un’altra indagine in corso che concerne la malattia professionale, quella nei confronti dei responsabili della Montedison, perché nel settore dei fertilizzanti sono state utilizzate polveri di amianto compresse. Tutto ciò ha determinato l’apertura di un procedimento penale per il reato di omicidio colposo. Questi sono i guasti di una industrializzazione di settori che, secondo il mio personale avviso, aveva ben altre vocazioni.
Un’altra indagine molto pesante, che purtroppo si trascina da alcuni anni, è quella nei confronti della Marlane, nel territorio di Paola. Me ne sono occupato perché avevo ricevuto un’istanza di avocazione delle indagini, ma poiché avocare le indagini in quel settore avrebbe significato sostanzialmente affondarle, ho attivato il coordinamento. Il procedimento è giunto finalmente alla fase dell’istruttoria dibattimentale. Vi sono più di cento parti offese e si procede per circa trenta omicidi colposi, ma il loro numero potrebbe crescere.

PRESIDENTE
Quest’ultimo riferimento quale malattia professionale riguarda?

CONSOLO
La questione, che coinvolge anche i dirigenti della Marzotto, riguarda l’utilizzo di sostanze nocive nel trattamento dei tessuti colorati e conseguente sversamento di tali sostanze, che hanno provocato le malattie. Le parti civili hanno sollecitato la procura generale, e ne capisco l’interesse, perché là dove ci sono lesioni colpose è evidente il rischio di prescrizione; ma una dichiarazione di prescrizione può comunque fare salvo l’interesse al risarcimento nel settore civile.

BIANCHI
Posso chiederle se c’è una relazione tra questi fatti e la presenza della criminalità organizzata in Calabria?

CONSOLO
Poco fa facevo riferimento a 4.000 assunzioni in nero di cui si è occupata la procura territoriale di Rossano, d’intesa con la procura distrettuale. In quel settore d’indagine allo stato non abbiamo riscontrato connessioni dirette con la criminalità organizzata. Ma un aspetto è evidente: il territorio è controllato dalle ’ndrine che svolgono sia un’attività di tipo imprenditoriale sia un controllo nelle assunzioni di lavoro in nero e, più in generale, un controllo teso ad evitare di far emergere i fenomeni di mancato rispetto della normativa in materia di sicurezza del lavoro.

BIANCHI
Non avete dei dati in proposito?

CONSOLO
Abbiamo dei dati e vi ho fatto riferimento a proposito del sequestro che ha riguardato il clan Lo Bianco. In relazione a un altro clan si è evidenziato anche un controllo del territorio.
Si può però dire che il fenomeno sia abbastanza diffuso anche al di fuori della criminalità organizzata. Le violazioni si verificano per garantirsi l’impunità là dove i comportamenti diventano omertosi perché controllati dalle ’ndrine.

ARCADI
Signor Presidente, sono Ezio Arcadi, sostituto procuratore generale a Reggio Calabria. Porto alla Commissione il saluto del procuratore generale, il dottor Di Landro, oggi assente a causa di altri impegni d’ufficio. Mi spiace di essere stato investito un po’ all’ultimo momento del compito di rappresentare l’ufficio in questa occasione. Il poco tempo a disposizione mi ha impedito di verificare alcuni aspetti della problematica oggetto dell’incontro odierno, che sicuramente meritavano di essere approfonditi. Mi sono tuttavia adoperato per avere dei dati dalla questura, che includono anche quelli provenienti dai commissariati. E qui c’è un problema di raccordo di carattere amministrativo perché è un po’ strano – faccio riferimento all’organizzazione della Polizia di Stato, che comunque a questo riguardo ha una straordinaria importanza – che ogni ufficio di polizia raccolga i dati in autonomia, senza che vi sia un obbligo amministrativo di concentrarli per lo meno a livello provinciale. In maniera molto corretta la questura ci ha fornito i propri dati e i dati provenienti dai commissariati (che però sono conservati presso questi ultimi). Naturalmente, tali documenti sono a disposizione della Commissione, se li riterrà di interesse.
Accanto alla nota, la questura ci fornisce, per l’anno 2011, il numero dei decessi per infortunio sul lavoro, pari a 2, e quello degli infortuni con lesioni gravi o gravissime, pari a 46, su un totale complessivo di 1.182 infortuni sul lavoro nell’anno 2011. Per quanto riguarda l’anno 2012, con riferimento alla città di Reggio Calabria la questura ci segnala complessivamente 843 infortuni sul lavoro, 5 decessi e 31 casi di infortunio con lesioni gravi o gravissime.
A parte, come dicevo, sono indicati i dati provenienti dai commissariati, che hanno fatto registrare, nel 2011, 2 casi di decesso per infortunio e 59 infortuni con lesioni gravi o gravissime e, nel 2012, 2 casi di decesso per infortunio e 39 infortuni con lesioni gravi o gravissime. Non voglio tediarvi con i dati, che sono disponibili. I dati più significativi nell’economia globale del discorso sono quelli provenienti dal Nucleo dei Carabinieri presso l’Ispettorato del lavoro della Provincia di Reggio Calabria.
Accanto ai dati provenienti dagli organismi di polizia maggiormente interessati a questa vicenda, mi sono preoccupato di acquisire, nel breve tempo che ci era concesso, i dati provenienti dagli uffici giudiziari, a partire da quello di Reggio Calabria, che ci ha trasmesso dati aggiornati sia per il 2011, sia per il 2012 con riferimento alle sopravvenienze, cioè ai procedimenti iscritti per fatti inerenti alla sicurezza sul lavoro. Accanto ai dati provenienti dalla procura di Reggio Calabria – che offro naturalmente alla conoscenza della Commissione – ci sono anche quelli provenienti dalle procure di Palmi e di Locri, che, nel trasmettere i dati, fanno riferimento alle sopravvenienze, distinguendo i procedimenti a carico di noti e quelli a carico di ignoti.
Chiaramente bisognerebbe avere più tempo e magari un’altra occasione d’incontro per interpretare i dati. La mia impressione – ma parlo solo di una sensazione – è che questi risentano un po’ della situazione complessiva della Provincia, sia per ciò che riguarda le risposte dello Stato, sia per quanto riguarda le condizioni in cui versa la società. A mio giudizio, infatti, questi dati mi sembrano – parliamo di un fatto epidermico – piuttosto inveritieri. Sicuramente vi è una forte tendenza a nascondere queste vicende, a celarle agli occhi dell’autorità. Penso al problema del lavoro nero e a quello delle masse di operai extracomunitari che sono impiegati in edilizia, ma soprattutto in agricoltura. Penso soltanto al comparto di Rosarno, con tutto quello che comporta. Non si sa esattamente quante persone vi siano, come si chiamino e cosa facciano; mi sembra difficile che gli infortuni subiti in situazioni di lavoro da parte di questi prestatori d’opera possano avere l’onore delle statistiche. Nessuno sa quanti sono, come vivono, come vengono trattati, che lavoro fanno; mi sembrerebbe quindi molto strano che tutto ciò che afferisce alla tutela della loro salute diventasse poi un dato trasparente nelle nostre statistiche.
Ritengo, pertanto, ancora valide le raccomandazioni rivolte agli apparati giudiziari anche dai nostri organi interni. Penso alla circolare del Consiglio superiore della magistratura del luglio 2009, avente ad oggetto proprio la «Verifica di un’adeguata e tempestiva trattazione dei reati in materia di sicurezza negli ambienti di lavoro presso gli uffici giudiziari», là dove si raccomandava ai dirigenti degli uffici la costituzione di gruppi di lavoro che si dedicassero in via anche esclusiva alla trattazione dei reati nel settore e alla predisposizione di protocolli d’indagine concordati con settori specialistici della polizia giudiziaria.
Sarebbe a mio avviso opportuno un richiamo da parte della Commissione, con i poteri di cui la stessa dispone, su questo tema. Si tratta di indicazioni che il Consiglio superiore della magistratura ritenne a suo tempo di fornire, ma che non credo abbiano trovato una compiuta esecuzione.

PRESIDENTE
Lei sa che noi non possiamo entrare nei rapporti con il Consiglio superiore della magistratura. Potremmo anche dire la nostra ma senza ingerenza.

ARCADI
Non c’è dubbio, ma penso che un’opinione espressa dalla Commissione al riguardo avrebbe la massima autorevolezza. Ritengo che, per quanto riguarda il distretto cui appartengo, ci sia ancora molto da fare.
Non sono riuscito a procurarmi, nel breve tempo che ho avuto, dati statistici per quanto riguarda la definizione di questi procedimenti da parte degli organi giudicanti, concernenti la durata media dei procedimenti stessi o l’effettivo rispetto da parte dei collegi e degli organi giudiziari giudicanti della raccomandazione del Consiglio superiore della magistratura di trattare con urgenza e priorità i procedimenti che abbiano ad oggetto gli infortuni sul lavoro. Avendo partecipato alle udienze di Corte d’appello, mi risulta – ma non ho un dato statistico – che effettivamente questa priorità sia stata assicurata. Per quanto riguarda i tribunali, non ho dati aggiornati o ufficiali su cui poter riferire. Naturalmente, se la Commissione lo riterrà utile, sono pronto a presentarli.

PRESIDENTE
No. Il nostro obiettivo è chiaro: cercare di capire come si procede sul territorio. Il coordinamento è fondamentale e necessario per dare unità e celerità ai procedimenti, al di là delle raccomandazioni del Consiglio superiore della magistratura. Credo sia anche una questione di civiltà dei rapporti, perché chi ha avuto un dramma o una forte menomazione deve ricevere al più presto una risposta che possa compensare il danno subìto.
Abbiamo già ricevuto i dati statistici sul numero di incidenti e di morti per infortunio sul lavoro da parte dell’INAIL. Grazie alla vostra professionalità specifica vorremmo invece concentrare l’attenzione sul settore degli infortuni e delle malattie professionali, ambito molto complesso, i cui numeri stanno crescendo. Non è possibile, infatti, che tutti si occupino di tutto. In qualche modo c’è necessità anche per questo settore di specializzarsi.
Siamo soddisfatti di aver potuto cogliere altresì le esigenze dei magistrati, anche in merito ad una più accurata definizione della scena dell’infortunio, per la quale spesso non c’è la necessaria attenzione. Non mi rivolgo naturalmente a voi magistrati, ma a chi per primo si reca sul luogo dell’infortunio e spesso privilegia un approccio non riferibile alle problematicità dell’infortunio sul lavoro, quanto piuttosto (ad esempio, se accade su strada) a quelle dell’infortunio stradale (non in itinere ovviamente). A questo proposito scrivemmo anche una lettera a tutte le procure generali, per fare in modo che vi fosse un’attenzione diversa. Infatti, voi mi insegnate che se sulla scena dell’infortunio non si colgono immediatamente alcuni aspetti particolari è possibile che l’indagine proceda in modo più complesso. Da questo punto di vista siamo abbastanza soddisfatti della collaborazione che, in termini di notizie, abbiamo da parte della magistratura. Spesso, infatti, chiediamo a vostri colleghi aggiornamenti sulle indagini che stanno conducendo (sapete benissimo che noi possiamo tenere il segreto istruttorio quando necessario). Credo sia un aspetto molto importante, che possa dare risposte concrete.

CONSOLO
Signor Presidente, la ringrazio di questa attenzione e di questi intenti collaborativi, che spero siano proficui per il futuro, essendo nota la vostra sensibilità.
Vorrei lasciare un ulteriore contributo, avendo chiesto a tutte le procure i dati statistici, che posso mettere a disposizione (anche se lei ha già detto che non è necessario).

PRESIDENTE
Il dato sulla durata dei processi sicuramente ci può interessare.

CONSOLO
Noi abbiamo un sistema di rilevazione informatica, il sistema RE.GE., che purtroppo associa il reato alla violazione di legge. Ora, gli articoli che riguardano l’omicidio colposo e le lesioni colpose assommano nello stesso comma violazioni alla normativa stradale e violazioni alla normativa antinfortunistica. Questa commistione comporta una difficoltà di rilevazione. Spero di avere dei contributi e di poter risolvere anche questo aspetto, in modo tale che come Commissione possiate attingere ai nostri dati in maniera più chiara.
Il collega parlava opportunamente di procedimento a carico di ignoti o a carico di noti ed atti relativi. Un altro profilo che volevo segnalare è che la puntualità di queste iscrizioni è importantissima per il buon esito del processo.

PRESIDENTE
Ringrazio i nostri ospiti per il loro contributo.

Audizione del direttore regionale dell’INAIL e del direttore regionale del lavoro

Intervengono il dottor Mario Lo Polito, direttore regionale dell’INAIL, e il dottor Francesco Bolignano, direttore regionale del lavoro, accompagnato dall’ingegner Antonino Ughettini, coordinatore regionale del Servizio ispezione della Direzione regionale del lavoro.

PRESIDENTE
Do il benvenuto ai nostri ospiti.
Siamo qui oggi per avere un confronto con le istituzioni sul territorio e per cogliere direttamente dagli interessati l’evoluzione che ha avuto – che ci auguriamo sia positiva – l’azione di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro con le nuove normative che fanno capo al decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81. Vi chiediamo quindi di formularci le vostre riflessioni in merito, che ci permettano di cogliere meglio la situazione.

LO POLITO
Voi tutti siete già in possesso del quadro della situazione sull’andamento infortunistico nel 2007-2011.

PRESIDENTE
I dati li abbiamo, anche grazie all’INAIL, solo che per quanto riguarda la Calabria mancano quelli relativi ai primi nove mesi del 2012.

LO POLITO
Vorrei fare una riflessione su questi dati per poi agganciarmi a quelli relativi al 2012. Emerge chiaramente che c’è stata una flessione nel numero degli infortuni sia per quanto riguarda gli infortuni generali, sia per quanto riguarda i casi mortali. Per gli infortuni nel loro complesso, la riduzione è stata del 17,4 per cento.

PRESIDENTE
Questi dati li abbiamo, la prego di fornire i dati scorporati, perché bisogna anche prendere in considerazione le ore lavorate, quindi non è così semplice.

LO POLITO
Per quanto riguarda i primi nove mesi del 2012, abbiamo fatto un raffronto con i primi nove mesi del 2011 per avere dei dati omogenei ed è risultato che per quanto riguarda gli infortuni nel loro complesso c’è stata una riduzione del 12,5 per cento a fronte di una riduzione a livello nazionale dell’11 per cento.
Per quanto riguarda invece i casi mortali abbiamo purtroppo avuto un incremento del 21 per cento, perché a fronte dei 19 casi nel 2011 nel corrispondente periodo del 2012 sono stati registrati 23 casi.

PRESIDENTE
Nel 2011 non sono stati 23 i casi?

LO POLITO
Sono stati 23 in tutto l’anno, io mi sto riferendo al periodo da gennaio a settembre.
Devo anche dare purtroppo la notizia di un evento mortale che si è verificato sabato scorso ad Amantea: un lavoratore è stato colpito da alcuni tramezzi che stava scaricando da un camion e purtroppo è deceduto. Siamo intervenuti sul caso e valuteremo anche l’opportunità di inviare un assistente sociale dopo aver esaminato qual è la composizione del nucleo famigliare del lavoratore deceduto.
Quello che rileva da questi dati è che 11 infortuni mortali su 23 sono avvenuti sulla strada o in attualità di lavoro o in itinere. Ritengo quindi che debbano essere intraprese delle iniziative mirate e a tal proposito ho già parlato con il signor prefetto per mettere in campo qualche progetto.

PRESIDENTE
Ho la massima stima della rappresentanza sul territorio del Governo, ma se mi consente, su questo argomento lei deve coinvolgere il comitato regionale di coordinamento, perché il prefetto con tutta la buona volontà può solo prendere atto della situazione, posto che sulla viabilità per la massima parte ha competenza la Regione.

LO POLITO
Lo farò. Questi dati relativi all’andamento infortunistico tuttavia non hanno un particolare rilievo qualitativo, per questo ho ritenuto opportuno passare in rassegna l’andamento infortunistico del 2011 rispetto a quello del 2010.
Nel 2011 c’è stata una riduzione degli infortuni a livello regionale dell’8,9 per cento, a fronte di una riduzione nazionale del 6,6 per cento; per i casi mortali c’è stata addirittura una riduzione del 20 per cento, a fronte della riduzione nazionale del 5,4. Detto questo, però, bisogna vedere quanto sono gravi questi infortuni e la gravità va innanzitutto valutata in riferimento alla durata dell’inabilità temporanea, cioè dal momento dell’infortunio al momento della guarigione clinica.
Ebbene, questa rilevazione l’abbiamo fatta per diverse gestioni (industria, artigianato ed agricoltura) ed è risultato che in Calabria la durata dell’inabilità nel 2011 è stata di 32,4 giorni a fronte della media nazionale di 23 giorni, tuttavia bisogna anche dire che c’è stato un miglioramento nel 2011 rispetto al 2010, allorché la durata della inabilità temporanea è stata di 36,1 giorni e lo stesso andamento si è registrato per l’artigianato e per l’agricoltura. Mi soffermo su questo dato della durata perché un giorno di inabilità temporanea comporta un esborso di parecchie centinaia di migliaia di euro, quindi siamo molto attivi nel cercare di ridurre questo dato.

PRESIDENTE
Il dato è legato ovviamente al danno che si verifica: non posso immaginare che ci siano certificazioni false. C’è poco da adoperarsi, bisogna evitare che accadano gli infortuni.

LO POLITO
Certamente, ma parlo di una inabilità temporanea che presuppone, per ridurre i termini, una più immediata presa in carico dell’infortunato: se l’INAIL viene a conoscenza dell’infortunio, ad esempio, dopo 10 giorni che si è verificato, nel frattempo saranno già decorsi 10 giorni di indennità, se invece viene informata prontamente e ha la possibilità anche di provvedere con una riabilitazione, si possono ridurre i tempi della inabilità temporanea e anche gli esiti dell’infortunio ai fini dell’eventuale inabilità permanente.

PRESIDENTE
Per quale ragione trascorrono 10 giorni? Questo non deve accadere.

LO POLITO
Se all’INAIL non viene data notizia dell’infortunio, come fa a saperlo?

PRESIDENTE
È grave però che passino 10 giorni.

LO POLITO
Ho fatto un esempio, questo intervallo può anche essere più breve.

PRESIDENTE
Dato che la vostra è un’assicurazione, la comunicazione è immediata.

LO POLITO
Un conto è fare la comunicazione tramite posta, altro conto è che la facciano i pronto soccorso.

PRESIDENTE
Ci sono sistemi diversi dalla posta.

LO POLITO
Bisogna però che i pronto soccorso li adottino.

PRESIDENTE
Parlatene allora al coordinamento regionale, perché questo fatto è gravissimo. Dato che dipende dalle aziende sanitarie, le quali fanno riferimento alla Regione, bisogna fare in modo che si crei un sistema automatico d’informazione dal pronto soccorso ai vostri uffici.

LO POLITO
Non solo dai pronto soccorso, ma anche ad esempio dai medici di famiglia. È un’opera di sensibilizzazione che stiamo facendo anche con diversi incontri. Non bisogna omettere che tale attività viene retribuita o indennizzata, comunque per l’invio dei certificati l’INAIL corrisponde una certa somma.
Per quanto riguarda la frequenza degli infortuni, quindi il numero degli infortuni rispetto al numero degli addetti, questa è più o meno identica in Calabria e nel resto d’Italia: 24,45 in Calabria e 25,13 nel resto d’Italia. Tuttavia si differenzia a seconda degli esiti dell’infortunio: per l’inabilità temporanea, ad esempio, la percentuale è del 21,49 e nel resto d’Italia è del 23,38. Il maggior divario si registra nelle indennità per le inabilità permanenti: in Calabria l’indice è del 2,85, nel resto d’Italia è dell’1,70. Ciò significa che gli infortuni sono più frequenti che nel resto d’Italia e determinano effetti più gravi.
Per quanto riguarda poi l’indice di gravità e cioè il numero delle giornate perse in relazione al numero degli infortuni, la Calabria purtroppo nel triennio 2007-2009 ha fatto registrare l’indice del 4,16 a fronte del 2,66 a livello nazionale. Questo indice, seppur elevato, è in netto miglioramento rispetto al triennio 2006-2008, quando l’indice registrato fu del 4,50.

PRESIDENTE
Al di là di questi dati che interessano più l’INAIL nazionale che la Commissione, vorremmo sapere come vi muovete a livello organizzativo. Gli aspetti di cui lei parla sono pure importanti, ma l’obiettivo della Commissione è un altro.

BIANCHI
Potete dirci, ad esempio, se e quante volte avete partecipato al comitato di coordinamento regionale?

LO POLITO
Un paio di volte perché è stato istituito da poco.
Vi elenco le iniziative che abbiamo compiuto o che intendiamo realizzare in Calabria per il prossimo futuro. Innanzitutto, al fine di conoscere il fenomeno dell’infortunistica, occorre fare una mappatura del rischio: abbiamo quindi mappato tutta la Regione in relazione alle lavorazioni che presentano un indice di gravità e di frequenza maggiore. Questo è stato il primo studio, avviato nel 2010. Tra le aziende che procurano maggiore rischiosità ve ne sono infatti talune, in particolare, che hanno un elevato indice di gravità. Vorrei precisare che simili iniziative vanno condotte di concerto con le parti sociali anche per avere una piena condivisione.
A Reggio Calabria stiamo concludendo un accordo con le Poste (che risultano avere un alto andamento infortunistico), per verificare l’andamento degli infortuni ed eventualmente l’attività prevenzionale da adottare. Si tratta principalmente di infortuni occorsi sulle strade, su motorini o auto.

PRESIDENTE
Qualche anno fa ci siamo molto interessati a questo tema, perché in 11 mesi vi furono 12 morti a livello nazionale. Se lei potesse preparare ed inviarci una memoria riguardante gli infortuni riguardanti le Poste, le saremmo molto grati, perché pensavamo che tale fenomeno fosse in regressione, stando ai dati forniti dalla società Poste. Se lei invece sostiene che le Poste hanno un alto andamento infortunistico e ci invia i relativi dati, possiamo svolgere il nostro compito con gli uffici centrali.

LO POLITO
Senz’altro.
Occorre quindi puntare sulla conoscenza del territorio con iniziative mirate sulle singole aziende. In primo luogo bisogna agire sui comportamenti dei lavoratori, e lo facciamo mediante incontri volti alla formazione e all’informazione. Abbiamo fatto un progetto che coinvolge il settore dell’artigianato e che ha visto l’INAIL recarsi direttamente nelle aziende degli artigiani per ricordare che le loro attività devono essere svolte in un determinato modo ai fini di una maggiore prevenzione.
Non solo. Devono altresì essere superati taluni preconcetti dei datori di lavoro, i quali ritengono che investire in sicurezza e in prevenzione sia solo una spesa. Invece così non è, e stiamo ricordando loro che ogni euro investito in sicurezza dà un ritorno di 2,20 euro. C’è anche da tenere in considerazione il valore reputazionale, e a tale proposito vorrei accennare alla questione della patente, che non ha avuto seguito.

PRESIDENTE
Purtroppo.

LO POLITO
Come dicevo, esiste un valore reputazionale che un’azienda ricava dall’essere in regola con la sicurezza.
Si consideri inoltre che un andamento infortunistico favorevole e l’adozione di misure di sicurezza comportano una notevole riduzione del premio assicurativo, nonché una maggiore presenza del lavoratore nell’attività produttiva.
Stiamo puntando su tali obiettivi, ma riteniamo anche che le attività di formazione e informazione debbono essere avviate sin dai primi anni di vita del futuro lavoratore.

PRESIDENTE
Siamo d’accordo su questo.

LO POLITO
Abbiamo pensato ad un’iniziativa che inizierà entro dicembre, che si terrà a Crotone: il cosiddetto progetto «Sicuropoli», indirizzato ai bambini delle scuole elementari, i quali seguiranno un percorso per rendersi conto dei pericoli che esistono negli ambienti familiari e nella scuola.

PRESIDENTE
Vorrei tornare sulla questione delle Poste. Avete dei dati sul numero degli infortuni avvenuti?

LO POLITO
Non li abbiamo al momento, ma posso dirle che gli incidenti sono al di sopra della media. Stiamo concludendo un accordo gestito dalla sede di Reggio Calabria proprio per cercare di quantificare il fenomeno ed elaborare un progetto. Vi faremo avere i dati non appena saranno disponibili.

BOLIGNANO
Signor Presidente, intanto vorrei consegnare alla Commissione una relazione. Nello svolgimento della nostra attività cerchiamo di relazionarci il più possibile con una serie di enti che abbiano interessi comuni sia dal punto di vista dell’azione ispettiva vera e propria, sia da quello della sicurezza del lavoro. In particolare, prendendo spunto dalle sue parole, tengo a precisare che abbiamo cercato di attivare il coordinamento regionale in Calabria già cinque o sei anni fa, ma siamo riusciti a farlo soltanto nel 2011. Tra l’altro, presso la Regione Calabria sono disponibili alcune nostre note che testimoniano i nostri tentativi di attivare il comitato di coordinamento.
Abbiamo svolto due riunioni che sono state fruttuose dal punto di vista dei risultati ottenuti, perché tramite la Regione Calabria e le ASL abbiamo effettuato 274 interventi di ispezioni congiunte.

PRESIDENTE
A quando risale l’ultima riunione?

BOLIGNANO
Al 28 agosto 2012.
Le questioni di cui ci siamo occupati sono quelle relative alle attività congiunte in agricoltura e negli ambienti confinati, perché questi ultimi costituiscono una situazione di rischio che spesse volte non può essere valutata approfonditamente. In simili situazioni, infatti, o si compie un’ispezione con personale specializzato (chimici, strumentisti e quant’altro), oppure si fa solo un’ispezione sulla documentazione cartacea, con tutti i limiti che tale verifica comporta.

PRESIDENTE
Negli ambienti confinati vi sono stati molti morti in questo periodo.

BOLIGNANO
È vero, ed occorre personale specializzato, altrimenti – come dicevo – ci si limita ad un’ispezione sulla documentazione cartacea, ad esempio per verificare il documento di valutazione del rischio, ma essa non consente di concludere di per sé che non ci siano rischi.
La proposta che porteremo alla prossima riunione del comitato di coordinamento riguarda le problematiche ispettive connesse ai lavori in quota su coperture. Si tratta di un argomento importante, perché la questione è stata affrontata da leggi regionali in gran parte dell’Italia, ma a tale riguardo la Calabria ha un obiettivo ritardo. Faccio un esempio: se si costruisce il tetto di una casa, occorre prevedere già in fase di progettazione l’uso di linee di vita, che sono cavi in acciaio a cui l’operatore si aggancia per fare tutta una serie di operazioni e per qualsiasi intervento di manutenzione, senza necessità di mettere un’impalcatura, che costerebbe peraltro di più. Ebbene, questo è uno degli argomenti sui quali speriamo di scrivere delle regole. Non si dovrebbe dare il via a un lavoro di costruzione senza la previsione nel progetto di questi cavi di acciaio.
Prescrizioni del genere sono previste da leggi regionali in Toscana, nella Provincia di Trento, in Lombardia, in Emilia Romagna, in Piemonte, in Liguria, in Umbria, in Veneto e in Sicilia. Noi abbiamo pensato di proporre questo tema al comitato di coordinamento, perché si deve considerare che il numero delle morti per caduta dall’alto è abbastanza rilevante.
Conduciamo poi altre attività di coordinamento con enti come il CLES e con le forze dell’ordine, ad esempio la Guardia di finanza o il Comando Carabinieri per la tutela del lavoro di Napoli.
La mia opinione è che bisogna accostare alla logica repressiva il momento della prevenzione e dell’informazione. Secondo i dati dell’INAIL, molte delle morti sul lavoro dipendono da colpe commesse dai lavoratori. Ma è evidente che indossando soltanto un caschetto non si può immaginare di aver risolto il problema della sicurezza. Occorre fare formazione, prevenzione e creare un circuito virtuoso.

PRESIDENTE
Guardi, queste risposte sono arrivate già negli anni Quaranta con norme precise del codice civile: la responsabilità della salute e della sicurezza dei lavoratori fa capo al datore di lavoro.

BOLIGNANO
Non è un caso, come diceva il collega dell’INAIL, che quest’anno, pur essendo diminuiti gli infortuni sul lavoro, sono aumentati i morti. In un periodo di crisi i livelli di sicurezza si abbassano: si riducono i costi previsti per la sicurezza e i livelli di guardia.
A livello regionale abbiamo organizzato 25 corsi di formazione, ma le forze non sono sufficienti, sia dal punto di vista della prevenzione che da quello della repressione. Con i tagli che si prospettano nel nostro Ministero, anche volendo salvaguardare solo la fascia ispettiva, non vi saranno nuove assunzioni. Quindi il problema esiste ed è reale.

PRESIDENTE
Mi permetto di dirle, direttore, che in genere (non so se anche qui in Calabria) è così: c’è una grande sperequazione tra ispettori amministrativi e ispettori tecnici. Dato che avete delle indicazioni precise da parte del Ministero, per fare in modo che vi sia una qualificazione incentivate anche questo aspetto, perché il rapporto è di 1 a 10.

BOLIGNANO
Certo, signor Presidente.
Se posso concludere il concetto che stavo spiegando a proposito della sicurezza, c’è una differenza tra la progettazione della sicurezza e la progettazione in sicurezza. Noi dobbiamo cercare di superare anche culturalmente il dato burocratico e tecnicistico della sicurezza. Non basta soltanto approntare le tutele richieste dalla legge (ma se si facesse questo, sarebbe già un grande passo in avanti); occorre anche cercare di rifarsi al codice internazionale dell’etica. Tale documento riguarda esclusivamente i medici del lavoro, ma bisogna approfondirlo per coinvolgere altre figure professionali, come ad esempio gli avvocati e i costruttori. Dobbiamo approfondire i meccanismi di pensiero e di azione dell’individuo, per vedere quali sono le sue debolezze e progettare in relazione a queste. Dobbiamo fare questo salto.

PRESIDENTE
Concordo con il discorso sulla sociologia. Dobbiamo agire con una maggiore attenzione, ognuno per proprio conto. Non ci si deve limitare all’azione repressiva, ma occorre organizzare anche azioni informative, culturali, formative. Credo, quindi, che tutti condividiamo i passaggi cui lei fa riferimento.

BOLIGNANO
Detto oggi, in questa fase di crisi, sembra quasi una bestemmia, ma è ora che si piantino i semi.

PRESIDENTE
Le risorse ci sono. L’INAIL puntualmente – e qui ne abbiamo un testimone – stanzia risorse anche significative su questo tema. Vi è un fondo che riguarda proprio le attività cui abbiamo appena fatto riferimento e le Regioni hanno la competenza esclusiva sull’attività di formazione. Si tratta di creare un progetto, tendente a un unico obiettivo, affinché queste risorse non siano parcellizzate. Il discorso sugli ispettori che facevo prima riguarda proprio questo aspetto. Quanti ispettori avete?

UGHETTINI
In Italia ci sono 308 tecnici e 2.848 amministrativi. In Calabria come tecnici siamo 22 e come amministrativi 146.

LO POLITO
In Calabria ci sono 5 ispettori INAIL.

PRESIDENTE
Dobbiamo, quindi, muoverci in questa direzione, altrimenti ci limitiamo a fare un discorso meramente sociologico. Sono docente di filosofia e potremmo aprire un ragionamento complesso, ma – sic stantibus rebus – dobbiamo fare in modo che questi processi vedano la luce con le risorse che abbiamo, che sono tante ma parcellizzate. In altri Paesi d’Europa non sono così parcellizzate. Se uniamo gli ispettori del lavoro, quelli delle ASL, quelli dell’INPS, quelli dell’INAIL, i Carabinieri dei Nuclei di Ispettorato del lavoro presso i vostri uffici provinciali, i Vigili del fuoco, otteniamo un’enorme realtà, che però deve essere coordinata.
Ci siamo inventati il coordinamento regionale, che rappresenta un punto nevralgico: se non si risolve attraverso questo strumento si rischia di dover cambiare l’assetto regionale. Non ci sono altre strade.

BOLIGNANO
Noi siamo pronti.

PRESIDENTE
Non rivolgo questo discorso a voi. Abbiamo già parlato con gli amministratori regionali, quindi sappiamo qual è la situazione. Abbiamo richiesto e ricevuto dagli amministratori regionali una relazione proprio su questo tema.
Ognuno di voi deve dare il proprio contributo – come dicevate giustamente prima – per fare in modo che vi sia un progetto orientato verso un obiettivo. Le risorse a disposizione delle Regioni per la formazione in generale – non parlo solamente della formazione che ci riguarda – sono importantissime. Ci sono, inoltre, cofinanziamenti e fondi comunitari che determinano un ampio spazio di manovra, ma anche queste risorse devono essere gestite in maniera funzionale rispetto alle vostre attività.
Il luogo dove realizzare il coordinamento è proprio quel tavolo con le istituzioni regionali. Se non si avvia quell’iniziativa non possiamo risolvere il problema. Noi faremo del nostro meglio, l’INAIL farà del suo meglio, ma alla fine non ci sarà la sintesi. L’importante – ed è per questo che ci stiamo recando direttamente nei vari territori – è il messaggio: cerchiamo di svolgere ognuno al meglio le proprie funzioni.
Vi ringrazio per il contributo offerto ai nostri lavori.

Audizione del comandante regionale Comando legione Carabinieri Calabria, dei responsabili territoriali dei Nuclei tutela lavoro e del direttore regionale dei VV.FF.

Intervengono il generale di brigata Adelmo Lusi, comandante regionale del comando legione Carabinieri Calabria, il luogotenente Martino D’Auria, comandante NIL Vibo Valentia, il maresciallo aiutante sostituto ufficiale di Pubblica Sicurezza Stefano Vincenzo Maressa, comandante NIL Reggio Calabria, il maresciallo capo Roberto Pierguidi, comandante NIL Crotone, il maresciallo capo Mario Rainis, comandante NIL Cosenza, il maresciallo capo Fabio Testa, comandante NIL Catanzaro e l’ingegner Claudio De Angelis, direttore regionale VV.FF., accompagnato dall’ingegner Giovanni Greco, vice dirigente direzione regionale VV.FF.

PRESIDENTE
Al ringraziamento ai nostri ospiti si aggiungono le scuse per il ritardo, che purtroppo non dipende solo da noi, ma dalle interlocuzioni che vi sono state. Cercheremo, quindi, di sintetizzare al massimo le questioni più importanti, per le quali siamo qui oggi.
Come abbiamo detto ad altri auditi, non c’è un motivo specifico per questa visita: non vi è un evento particolare, ma solamente l’attività di indagine in corso, che stiamo conducendo in tutte le Regioni d’Italia per capire come si sta procedendo, nell’ambito delle rispettive competenze, alla luce delle nuove norme che riguardano la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro.

LUSI
Signor Presidente, porto i saluti di tutti i Carabinieri della Regione alla Commissione. L’Arma in Calabria svolge un’attività assai proficua nel settore della prevenzione degli infortuni sul lavoro e in generale sulla materia attinente a questa particolare problematica. In Calabria operano cinque Nuclei di ispettorato del lavoro (NIL), uno per ogni Provincia, con una forza complessiva di 16 unità, 4 a Reggio Calabria e 3 nelle altre Province calabresi. Questo numero è poco indicativo, perché tutti i Nuclei esistenti nella Provincia possono contare sull’apporto totale, costante e sempre dovuto e dato di tutte le 287 stazioni dei Carabinieri che operano in Calabria. I nostri Nuclei, insieme agli ispettori del lavoro, si avvalgono della collaborazione delle nostre stazioni.
L’Arma è molto presente in questo settore. Naturalmente gli Ispettorati del lavoro si appoggiano molto dal punto di vista informativo all’attività di intelligence che le nostre stazioni svolgono quotidianamente nel corso dei loro servizi istituzionali: nel controllare la località in cui operano, i Carabinieri delle stazioni raccolgono dati anche con riferimento a questo settore. Ricordo che vi è una convenzione che il Ministro della difesa ha sottoscritto con il Ministro del lavoro nel settembre 2010 che prevede, tra gli aspetti più importanti, una collaborazione molto intensa tra il comandante provinciale e l’ispettore provinciale del lavoro, i quali si incontrano con cadenza almeno trimestrale per coordinarsi al meglio e individuare eventuali settori o addirittura località specifiche su cui concentrare l’attenzione. Credo che ciò sia estremamente positivo.
Molto importante è risultata per noi anche la legge n. 183 del 2010, il famoso «collegato lavoro», che in effetti ha ampliato le possibilità di intervento, attribuendo a tutti gli agenti e gli ufficiali di Polizia giudiziaria la possibilità di effettuare verifiche speditive sul terreno in occasione di controlli a cantieri. Si tratta di un’innovazione molto interessante.
Per quanto attiene alla sicurezza sui luoghi di lavoro, con il Testo unico, che è la summa per quanto riguarda la prevenzione degli infortuni e la sicurezza sui luoghi di lavoro, viene attribuita agli Ispettorati del lavoro una vigilanza specifica sui cantieri e sulle grandi opere edilizie e meccaniche e sugli opifici, escludendo o ridimensionando la parte relativa alle piccole aziende artigianali e ai ristoranti, la cui vigilanza è invece attribuita alle ASL provinciali. Parlando di numeri – molto in generale, perché credo ne abbiate sentiti anche troppi – vorrei ricordare che per quanto riguarda l’attività di vigilanza e prevenzione in Calabria, nei primi nove mesi del 2012 i Carabinieri, insieme agli ispettori del lavoro, hanno eseguito ben 816 controlli ad aziende varie e cantieri, rilevando che solo il 40 per cento delle aziende ispezionate erano regolari; il 59 presentavano irregolarità e una minima parte – per fortuna – era addirittura sconosciuta, sommersa. Più in particolare, sono stati sequestrati 230 cantieri edili, 115 aziende del settore alberghiero e dei pubblici servizi, 98 imprese commerciali, 66 aziende agricole e 50 nel settore metalmeccanico. Sui circa 3.000 lavoratori intervistati per conoscere il loro status in quel momento, quasi 2.000 sono risultati regolari, 215 irregolari e 589 in nero. Di questi ultimi in nero, 37 sono stranieri.
Passando ai recuperi dal punto di vista contravvenzionale – risorse destinate all’erario – l’attività dei Carabinieri del NIL della Calabria ha consentito il recupero di evasioni contributive per un milione di euro. Utilizzando lo strumento della diffida nei confronti di quelle attività che sono non perfette, ma che possono essere perfezionate, in ben 866 casi i nostri uomini sono intervenuti, infliggendo 644 sanzioni, che hanno portato quasi 2 milioni di euro di contravvenzioni nelle casse dell’erario.
Un altro settore importante è quello della vigilanza tecnica, che non è proprio prevalente nelle nostre attività, ma rappresenta comunque un aspetto molto rilevante. I nostri Nuclei hanno compiuto 58 ispezioni complessive, hanno suggerito 117 prescrizioni alle ditte trovate in situazione di irregolarità, hanno disposto 16 sospensioni di attività, là dove l’irregolarità non era sanabile, e hanno inflitto 98 ammende per un totale di quasi 130.000 euro.
I miei uomini mi riferiscono che l’attività svolta dall’Arma nell’ambito degli Ispettorati del lavoro rappresenta in genere quasi il 50 per cento delle attività complessive degli Ispettorati del lavoro. Si tenga presente che in ogni Nucleo sono presenti tre militari, tre nostri sottoufficiali e una decina di ispettori.
Possiamo ritenere l’attività molto soddisfacente. Se proprio vogliamo indicare un elemento di criticità – se può interessare – segnalo che nel corso delle nostre attività i nostri uomini rilevano, ad esempio, che i Nuclei di Ispettorato del lavoro non dispongono di autovetture istituzionali. Ogni ispettore deve utilizzare l’automobile personale, naturalmente ottenendo poi un rimborso per le spese sostenute, in particolare per il carburante; inoltre, per ragioni sindacali il sabato e la domenica non c’è attività mentre i nostri militari non hanno uno stacco, quindi potrebbero lavorare anche il sabato e la domenica. Infine, anche se ci rendiamo conto che il momento è quello che è, i fondi – soprattutto per le attività di rimborso dei carburanti e per la liquidazione delle missioni – sono tali che quando si arriva a settembre-ottobre cominciano a esserci dei momenti in cui le attività vengono un po’ a diminuire.

PRESIDENTE
L’importante è che alla fine recuperino.

DE ANGELIS
Certamente.

PRESIDENTE
La ringraziamo, signor generale, per questa relazione. Desidero felicitarmi e complimentarmi con lei nella sua qualità di rappresentante dell’Arma dei Carabinieri per il lavoro che svolgete non solo in Calabria, ma in tutta Italia. Abbiamo riscontri costanti della vostra attività e del vostro impegno: non a caso, il legislatore ha ampliato le vostre competenze, come lei giustamente ha accennato, tant’è vero che spesso leggiamo che c’è stato il blocco di un cantiere proprio grazie all’intervento della locale stazione dei Carabinieri. Ci siamo resi conto della vostra professionalità e del vostro impegno. Non vado oltre perché è chiaro che il rispetto da parte mia e degli altri membri della Commissione nei vostri confronti è totale.

LUSI
La ringrazio, signor Presidente. Vorrei solo aggiungere che si è da poco conclusa la grande operazione nazionale «Mattone sicuro», che ha interessato tutti i nuclei di Ispettorato del lavoro in Italia. In Calabria sono stati ispezionati 208 cantieri, due attività sono state sospese e sono stati individuati 120 lavoratori in nero, quindi i risultati sono stati molto soddisfacenti. Non posso fornirle, infine, numeri sugli infortuni perché purtroppo non disponiamo di questo dato.

PRESIDENTE
Lo sappiamo, ma questi dati ce li fornisce l’INAIL.

LUSI
Vorrei poi informarvi che nella giornata di sabato si è verificato un infortunio mortale sul lavoro ad Amantea.

BIANCHI
Vorrei chiederle, signor generale, se avete individuato delle correlazioni tra lavoro nero, infortuni, aziende che chiudono e criminalità organizzata.

LUSI
Come la senatrice Bianchi ricorderà, nel 2010 nella piana di Gioia Tauro c’è stata una rivolta, per così dire, di braccianti in nero che ha interessato tutti i media nazionali e che ha rappresentato un momento clou della problematica qui in Calabria. Da allora in poi, anche nella piana di Gioia Tauro, forse anche per questioni economiche, l’attività di raccolta degli agrumi è diminuita moltissimo, ma ad essere sinceri anche in quel caso non avevamo riscontrato dei collegamenti con la criminalità organizzata. Vi sono altre attività di polizia giudiziaria in corso, soprattutto relative a sbarchi che potrebbero essere legati all’impiego di manodopera, ma al momento non abbiamo indagini concluse.

MARAVENTANO
Vorrei chiederle se esiste un fenomeno di sfruttamento del lavoro minorile in Calabria.

LUSI
Non abbiamo dati significativi in merito a questo fenomeno, quindi mi sentirei, se non di escluderlo al cento per cento, di dire che non si tratta di un fenomeno evidente, che riscontriamo quotidianamente nelle nostre attività. Penso che i miei Nuclei possano confermare che sui cantieri ispezionati, che sono stati tanti, non abbiamo rilevato questo tipo di sfruttamento.

DE ANGELIS
I Vigili del fuoco partecipano al meccanismo statale e regionale della sicurezza sul lavoro in generale e per lo specifico aspetto della sicurezza nei riguardi degli incendi e di altri incidenti di natura tecnologica. I Vigili del fuoco hanno storicamente sempre privilegiato l’aspetto della prevenzione piuttosto che quello della repressione e questa è una caratteristica che deriva anche dal tipo di attività preponderante del Corpo, che è quella del soccorso pubblico. La parte della repressione si sta però sviluppando negli ultimi anni, con la nascita di nuclei di polizia giudiziaria all’interno dei comandi, in applicazione delle norme che affidano al Corpo nazionale anche le ispezioni generiche sui luoghi di lavoro. I numeri comunque ancora sono diversi: il rapporto è di dieci a uno tra la prevenzione incendi tradizionale, cioè quella preventiva, e le ispezioni successive a campione sui luoghi di lavoro.
In Calabria ci sono circa 50.000 attività soggette ai controlli di prevenzione incendi dal punto di vista delle autorizzazioni di polizia amministrativa, che con il D.P.R. n. 151 del 2011 ha subìto una sostanziale modifica con l’allineamento della normativa sulla SCIA (segnalazione certificata di inizio attività) e sulla semplificazione in generale dei procedimenti amministrativi. Prima di allora, avevamo la presunzione di controllare tutto, con l’esame e l’approvazione dei progetti e successivamente il sopralluogo di collaudo a tappeto su tutte le attività soggette che avevano presentato la domanda. Questo però era materialmente incompatibile con le risorse del Corpo, per cui si era accumulato un ritardo in moltissime Regioni, specialmente in quelle più industrializzate. Ciò ha portato a modificare recentemente la normativa, tant’è che ora le attività soggette sono suddivise in tre categorie: la categoria A, in cui rientrano quelle più semplici, interamente affidate alla SCIA e quindi alla certificazione di professionisti; la categoria B, che include quelle intermedie, in cui viene esaminato il progetto ma poi non si procede a sopralluoghi a tappeto, bensì si interviene solo a campione, nel 5 per cento dei casi; infine, la categoria C, in cui rientrano le attività più complesse e pericolose, in cui viene seguita la procedura tradizionale che prevede l’esame e l’approvazione del progetto e poi successivamente il sopralluogo per verificare che siano state rispettate le normative nel realizzare le attività. Ovviamente andare a controllare solo il 5 per cento delle attività a volte è indispensabile, ma altre volte si può andare oltre. In Calabria siamo andati ben oltre il minimo del 5 per cento: in alcune Province vengono controllate a tappeto tutte le attività perché si hanno le possibilità per farlo, posto che i numeri della prevenzione incendi in Calabria sono più contenuti rispetto a quelli del resto del territorio nazionale, per gli stessi motivi per cui c’è un ambiente sociale e lavorativo diverso.
A queste attività, in particolare come Direzione regionale, affianchiamo l’attività del comitato tecnico regionale di prevenzione incendi per quanto riguarda la cosiddetta direttiva Seveso e quindi il controllo sulle attività a rischio di incidente rilevante, che sono non molte in Calabria: appena sei quelle di cui all’articolo 8, cioè quelle a maggior rischio e 13 quelle di cui all’articolo 6, cioè a rischio più moderato. Dati i numeri, non c’è nessun tipo di arretrato sul controllo di queste attività e dei piani di sicurezza.
I Vigili del fuoco in linea generale svolgono inoltre attività di formazione nel campo della sicurezza antincendio sia a favore dei professionisti, ai sensi della legge 7 dicembre 1984, n. 818 e successive modifiche, sia nei riguardi delle aziende e degli addetti al servizio prevenzione e protezione delle aziende per la parte antincendio e gestione dell’emergenza, ai sensi del decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626, integrato dal decreto legislativo n. 81 del 2008, e della legge n. 609 del 1996, che ha affidato al Corpo questo tipo di attività, che è un servizio a pagamento effettuato su richiesta delle aziende per la parte della formazione, mentre è obbligatorio per le aziende a maggior rischio per la parte degli esami finali di idoneità dei candidati. Questa è un’attività che viene svolta ormai in maniera routinaria in Calabria, tant’è che la statistica ci dice che i dati sono costanti anno per anno, il che vuol dire che il settore è maturo e rodato e sta andando avanti in maniera semplice. I dati numerici sono contenuti nella relazione e non li richiamerò.
Oltre a questi controlli preventivi, quindi, svolgiamo un’attività di sopralluoghi ispettivi sulle attività esistenti che però al momento, dati i numeri dei funzionari tecnici dei comandi provinciali, vengono svolti su input del Ministero, che ci affida degli obiettivi minimi da raggiungere e che vengono regolarmente raggiunti, anzi vengono anche superati; si tratta di un numero di sopralluoghi di alcune centinaia (240 nel 2010, 210 nel 2011 e oggi, a metà 2012, 151, quindi immagino che arriveremo a fine anno intorno ai 300 sopralluoghi), comunque un numero contenuto rispetto alle 50.000 attività censite. Oltre a questi, si effettuano i sopralluoghi ordinari in caso di commissioni comunali o commissioni consultive varie e nel caso di esposti da parte dei cittadini, ma i numeri sono sempre in quest’ordine di grandezza.
Siamo inoltre impegnati nell’attività di soccorso tecnico urgente e dai dati statistici – che, ho potuto constatare, sono abbastanza simili a quelli raccolti nelle altre Regioni – risulta che globalmente circa il 10 per cento degli interventi totali svolti dal Corpo nazionale Vigili fuoco per soccorso riguardano ambienti di lavoro o comunque infortuni sul lavoro in senso lato, quindi anche incidenti stradali di mezzi d’opera e in generale nel mondo del lavoro. Questo è il grosso dell’attività che viene svolta in via ordinaria. C’è poi in particolare per la Direzione generale la partecipazione al comitato regionale di coordinamento istituito in Regione nel 2010, al quale abbiamo cominciato a partecipare io e l’ingegner Greco.

PRESIDENTE
Avete cominciato a parteciparvi da poco perché è da poco che è stato istituto.

DE ANGELIS
Infatti è stato istituito con il decreto legislativo n. 81 ed in Regione è stato formalizzato alla fine del 2010, quindi abbiamo iniziato da poco e siamo ancora in fase organizzativa, anche se sono state avanzate delle proposte, da noi in particolare, per quanto riguarda il problema dei sopralluoghi congiunti; si tratta di una lamentela già avanzata più volte rispetto al fatto che nelle aziende o non arriva nessuno o arrivano uno dopo l’altro tutti gli enti in ordine sparso. L’intenzione è di organizzare sopralluoghi collegiali sulla falsa riga di altre commissioni collegiali che esistono in Provincia e che storicamente erano in prefettura. Questo coordinamento in ambito regionale potrebbe aiutare a vedere le attività da diversi punti di vista a seconda delle specializzazioni.
Rispetto al coordinamento di quest’attività ci siamo proposti di svolgere la funzione di segreteria tecnica, quindi siamo in fase di discussione e organizzazione.

PRESIDENTE
Mi sembra sia la strada buona.

DE ANGELIS
Non credo ce ne siano altre.

PRESIDENTE
Le Regioni stanno arrivando gradualmente a comprendere quest’esigenza fondamentale di collaborare. Credo quindi che questa sia la strada giusta, bisogna solo rafforzarla.

DE ANGELIS
Signor Presidente, ci sono storicamente alcuni campi in cui da sempre c’è un’attività collegiale, ad esempio le commissioni esame gas tossici presso la prefettura.

PRESIDENTE
Ci sono delle realtà in cui c’è un riferimento alla prefettura. Ma noi stiamo parlando di un mondo a 360 gradi, che è l’intero mondo del lavoro, quindi è necessario avere una programmazione e coinvolgere la Regione anche in progetti specifici, così come è necessario avere disponibilità. Se ci si avvia con convinzione a pensare che questa materia non può essere affrontata da singoli enti, ma deve essere gestita collegialmente, forse si riuscirà a capire che non è vero che il personale a disposizione è poco; ne abbiamo molto, ma va coordinato e gestito. Se ognuno procede per conto proprio, saremo sempre pochi. Se pensiamo che i Carabinieri assegnati presso gli Uffici provinciali del lavoro sono 16 non possiamo non concludere che sono pochi, tuttavia essi possono contare anche sul sostegno di quasi 300 stazioni dei Carabinieri.
Tutte le risorse vanno messe in cantiere, altrimenti non avremo risultati. Ad esempio, anche la vostra funzione di Vigili del fuoco si sta progressivamente ampliando.

DE ANGELIS
Si sta modificando, in effetti. Il nuovo personale comincia ad essere diverso.

PRESIDENTE
Mi riferisco ad un ampliamento nel senso di partecipazione più diretta alla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro e non solamente in fase di emergenza, com’era in passato.

LUSI
È già successo qualcosa.

PRESIDENTE
Da questo punto di vista anche il legislatore ha fatto uno sforzo, speriamo con buoni risultati. Ma questo dipende da tutti noi.
Vi ringrazio per il vostro lavoro e il vostro impegno.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni sindacali

Intervengono il signor Giuseppe Valentino, segretario generale CGIL Catanzaro, il signor Raffaele Mammoliti, segretario generale CGIL Vibo Valentia e il signor Domenico Zannino, segretario regionale CISL.

PRESIDENTE
Vi ringrazio per la vostra presenza. Tengo a sottolineare che oggi siamo qui a Catanzaro non per motivi straordinari legati a questo territorio, ma per capire, come stiamo facendo anche nelle altre Regioni italiane, come procede l’applicazione del Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ascoltando direttamente dai rappresentanti delle istituzioni locali e delle forze sociali eventuali indicazioni, orientamenti, riflessioni ed eventuali critiche.

MAMMOLITI
Signor Presidente, abbiamo preparato un documento unitario che intendiamo consegnare alla Commissione, perché riteniamo che il vostro lavoro sia assolutamente encomiabile e poniamo grande attenzione agli infortuni sul lavoro, posto che si tratta di un problema generale del Paese e molto sentito in Calabria.
Proveremo ad esporvi in sintesi le nostre valutazioni. Mentre a livello nazionale si registra, per la prima volta, una diminuzione degli infortuni (anche di quelli mortali), in Calabria purtroppo si registra un aumento, pure a fronte di una forte diminuzione delle ore lavorate. Esprimiamo pertanto queste due preoccupazioni basate sui dati ufficiali presentati dall’INAIL. Noi disponiamo di fonti di conoscenza più empiriche (i patronati, le denunce presentate e quant’altro), ma preferiamo attenerci ai dati ufficiali contenuti nella relazione presentata nel 2010 dall’INAIL relativa a tutti i settori della nostra Regione. Da essi emerge un’accentuazione del fenomeno nel settore dell’edilizia, dove gli infortuni colpiscono soprattutto i lavoratori nella fascia di età che va dai 31 ai 48 anni.
Siamo presenti nel comitato regionale di coordinamento ed esprimiamo un giudizio positivo relativamente al modo in cui sta procedendo e si sta gradualmente attivando. Tuttavia intendiamo portare avanti una sollecitazione: l’attività ispettiva e di programmazione deve dare dei risultati, perché nonostante ogni anno il 70 per cento delle aziende visitate risulti irregolare, il dato non migliora l’anno successivo quando le ispezioni si ripetono. Se si fa un certo numero di visite ispettive e si registra una determinata percentuale di irregolarità, l’anno successivo ci si aspetterebbe un miglioramento di queste performance, laddove il dato resta immutato. Abbiamo anche sollecitato il comitato regionale a fare in modo che quando vi sono delle ispezioni siano coinvolti i delegati alla sicurezza dell’azienda, che molto spesso non ne sono a conoscenza. Abbiamo fatto rilevare questo dato ritenendo che vi sia la necessità di un coinvolgimento maggiore, perché siamo convinti che solo rafforzando la cultura del coinvolgimento, del confronto e della partecipazione, molti infortuni, soprattutto quelli mortali ma anche le malattie professionali, si potrebbero ridurre. Pur puntando all’obiettivo quasi utopistico di voler azzerare del tutto gli infortuni, vorremmo almeno ridurli ad una percentuale molto inferiore a quella esistente.
Per queste ragioni, a partire dal comitato regionale e dai comitati provinciali che in Calabria e in molte Province sono stati realizzati, sollecitiamo una maggiore e più efficace programmazione, tenendo conto della complessa realtà produttiva della Calabria, che è molto frammentata poiché costituita da piccole e medie imprese. Pur apprezzando il ruolo del comitato regionale, chiediamo che le visite siano più mirate e più appropriatamente realizzate, in modo che dopo aver riscontrato delle inadempienze si possa conseguire un sostanziale miglioramento negli anni successivi.
Nella parte finale del nostro documento ci colleghiamo anche alla campagna biennale lanciata dall’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro: vorremmo che anche noi in Calabria sposassimo questa campagna aziendale riferita alla sicurezza nei luoghi di lavoro. Pur comprendendo il momento di crisi e di difficoltà, chiediamo per quanto possibile alla Regione di impegnarsi e di attivare risorse adeguate in modo da mettere il comitato regionale e quelli provinciali in condizione di svolgere più concretamente i loro compiti istituzionali, che per noi sono fondamentali ed esprimono il livello di civiltà democratica di un territorio.
Apprezziamo il vostro lavoro e chiediamo un’analoga disponibilità all’ascolto da parte di tutti i soggetti su un tema così importante e delicato. Riteniamo che si debba assolutamente fare di più per dare maggiore applicazione al decreto legislativo n. 81 del 2008.

PRESIDENTE
In realtà, i dati che abbiamo sugli infortuni in Calabria, che arrivano fino al 2011, non evidenziano una crescita degli infortuni.

MAMMOLITI
Noi abbiamo voluto fare riferimento alla relazione presentata dall’INAIL per evitare di limitarci ai nostri dati empirici, che sono ancora più drastici.

PRESIDENTE
Nel 2011 ci risultano 23 casi mortali, mentre nel 2010 erano 29.

MAMMOLITI
Evidentemente i nostri dati non sono aggiornati.

ZANNINO
Noi non abbiamo la relazione riferita al 2011.

MAMMOLITI
Se c’è un miglioramento, ne prendiamo atto.

PRESIDENTE
Il dato degli infortuni mortali, da lei sottolineato, riguarda il 2012: al settembre 2012 si registrano 23 morti. Quindi, tre mesi prima della fine dell’anno il numero dei morti è già pari a quello dell’anno scorso.
Poi c’è il problema importante del minor numero di ore lavorate.

ZANNINO
Poi c’è la cassa integrazione.

PRESIDENTE
La cassa integrazione, però, non viene conteggiata: non si registra come personale in meno, ma come personale attivo. L’ISTAT, quando parla di occupati, comprende anche quelli in cassa integrazione. Ecco perché è importante avere il dato sulle ore lavorate.

ZANNINO
Collegandomi a questo aspetto specifico, vorrei precisare che, per effetto degli ammortizzatori in deroga, in Calabria abbiamo circa 5.000 lavoratori che già l’anno passato – è un dato scontato – hanno fatto ricorso alla cassa integrazione in deroga per otto mesi. Ciò vuol dire che su 12 mesi hanno lavorato soltanto 4 mesi; 5.000 lavoratori rappresentano un numero consistente e considerevole.
Faccio parte del comitato regionale e anch’io plaudo alla vostra iniziativa odierna, che dimostra che i riflettori sono accesi su un problema che ci sta molto a cuore: ridurre il fenomeno degli incidenti e degli infortuni mortali nei luoghi di lavoro. Per la verità in Calabria il comitato di coordinamento è stato istituito e si riunisce frequentemente. In seno al comitato abbiamo fatto rilevare alcuni aspetti. Per due anni di seguito abbiamo assistito a ispezioni congiunte, di cui facevano parte l’Ispettorato del lavoro, l’INAIL e l’INPS, relative al piano che il precedente Ministro del lavoro, onorevole Sacconi, aveva concentrato in edilizia e agricoltura. Per due anni di seguito abbiamo rilevato che su circa 3.500 imprese visitate, come riferiva il collega Mammoliti prima, dal 65 al 70 per cento risultavano irregolari.
Noi avremmo bisogno che vi fosse una presenza maggiore della vigilanza. In Calabria vi sono circa 180.000 imprese iscritte alle camere di commercio; ci sarebbe la necessità di una presenza più diffusa degli ispettori per condurre visite, anche quando queste sono richieste dalle organizzazioni sindacali; spesso invece non vi è prontezza nel dare risposta alle nostre esigenze. In sede di comitato abbiamo evidenziato ai rappresentanti della Regione questo problema. Occorrerebbe garantire maggiori risorse, ad esempio per l’utilizzo delle autovetture degli ispettori del lavoro, per quanto riguarda le Direzioni provinciali del lavoro, sia per avere più tecnici delle ASL addetti alla prevenzione. Anche la Regione è fortemente deficitaria sul piano delle risorse umane. Purtroppo anche questo problema rientra nell’ambito dei costi della sanità, ma sicuramente questo è uno di quei settori che avrebbe necessità di essere implementato. In ogni Provincia ci sono due o al massimo tre tecnici abilitati a fare ispezioni, che non riescono a gestire neanche l’ordinaria amministrazione.
La nostra richiesta in seno al comitato era di questa natura: incrementare il numero delle visite, stanziare qualche risorsa in più per consentire le uscite nei luoghi di lavoro e rafforzare il personale per poter essere più presenti su tutto il territorio calabrese.
Inoltre, abbiamo fatto presente che spesso durante le visite – quando si realizzano – non sono coinvolti gli RLS (rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza). In occasione delle visite, non tanto ad una fabbrica ben determinata, quanto soprattutto a cantieri o aziende agricole, è necessario che vi sia anche il supporto dell’RLS, per indicare le situazioni di pericolo e le eventuali irregolarità, che in alcuni casi non sono segnalate, anche per effetto delle condizioni di lavoro nel territorio calabrese, ove è presente anche molto lavoro irregolare. Da questo punto di vista, servirebbero maggiori garanzie, tutele e vigilanza, proprio perché non si può fare affidamento sul meccanismo tradizionale e ordinario della denuncia, dal momento che è percepita una sorta di pericolo da parte dei lavoratori, che potrebbero trovarsi senza posto di lavoro in virtù anche di determinati atteggiamenti.
Questo è quanto abbiamo cercato di sottolineare nelle diverse riunioni che abbiamo svolto con il comitato regionale di coordinamento. I limiti che abbiamo denunciato hanno sostanzialmente trovato giustificazione nelle seguenti argomentazioni: il problema degli stanziamenti non dipende dal livello regionale, perché le risorse sono destinate alle direzioni provinciali del lavoro dal Ministero del lavoro; per quanto riguarda il ruolo delle ASP, i limiti del bilancio della Regione sono stati più volte evidenziati dai direttori provinciali delle ASP, che hanno sottolineato la difficoltà nel rafforzare le strutture.
Probabilmente sarebbe utile se anche da parte vostra vi fosse una segnalazione forte in questo senso. Riteniamo, infatti, che i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza debbano essere coinvolti a pieno titolo nelle visite. Se il delegato sindacale non è presente, perché magari si tratta di una piccolissima azienda, è un altro discorso, ma è giusto che i lavoratori siano coinvolti e conoscano l’esito della visita stessa.

PRESIDENTE
In merito a quest’ultimo argomento, stiamo cercando di fare pressioni sul Governo, sul Ministro del lavoro e sull’INAIL, non solo con riguardo a ciò che lei ha detto e che condivido – la sua mi sembra un’impostazione molto corretta – ma anche per avere l’elenco degli RLS e degli RLST, in modo da disporre di una mappatura. Abbiamo, infatti, riscontri solo nelle aziende in cui è presente il sindacato, ma dove questo non c’è non sappiamo nulla. Vi è una sorta di braccio di ferro tra la Commissione e il Ministero del lavoro e l’INAIL. Ci è stato risposto che in qualche modo questi dati dipendono dal Ministero del lavoro, il quale, alla fine, ha dato risposte accettabili, anche se non risolutive. Vi è un problema di privacy, ma non so se sia possibile negare la pubblicità di questi soggetti.
A tutto ciò si ricollega anche, come sapete, un piccolo finanziamento, necessario al funzionamento del meccanismo delle famose due ore lavorative. Vorrei dire che su questo fronte ci siamo molto impegnati e interessati e speriamo che la situazione si possa sbloccare, per dare a tutto l’apparato – ma anche a voi, per la sensibilità sociale che mostrate – la possibilità di intervenire con maggiore efficacia.

MAMMOLITI
È vero che il nostro dato è riferito alla relazione del 2011 e, come lei diceva giustamente, signor Presidente, ci sono dati più aggiornati, ma penso di poter affermare che, per esempio, i dati di cui disponiamo mostrano un quasi raddoppio delle malattie professionali. Il trend, anche se non riferito a un dato annuale certo, ci può mettere in allarme; l’approssimazione non modifica la preoccupazione che il dato, per quanto impreciso, genera.

PRESIDENTE
Il fatto che già a fine settembre vi siano stati 23 morti rappresenta una conferma pesantissima di quello che avete detto.
In genere, le missioni della Commissione non sono esaustive. Quello di oggi è stato solo un primo incontro. Per eventuali ulteriori interlocuzioni e segnalazioni, la Commissione è a disposizione.
Vi ringraziamo per il contributo.

Audizione di rappresentanti delle organizzazioni imprenditoriali e artigiane

Intervengono il dottor Giuseppe Speziali, presidente regionale Confindustria, il dottor Francesco Cava, Presidente ANCE, il dottor Luigi Leone, direttore regionale ANCE, il dottor Napoleone Guido, presidente regionale Confcommercio, il dottor Antonino Marcianò, presidente Rete Imprese Italia, il dottor Pasquale Cosenza, presidente regionale Confederazione nazionale artigianato e piccola e media impresa, il signor Giovanni Gravina, presidente regionale Confartigianato, il dottor Mauro D’Acrì, presidente regionale Confederazione italiana agricoltori, il dottor Roberto Torchia, vice presidente regionale Coldiretti, il dottor Alberto Statti, presidente regionale Confagricoltura, il dottor Giovanni Iannuzzi, direttore regionale Confagricoltura e il dottor Raffaele Misticò, addetto stampa Confederazione imprenditori commercianti artigiani turismo servizi.

PRESIDENTE
Rivolgo un saluto ai nostri ospiti.
La Commissione è qui oggi nell’ambito di un’indagine che sta svolgendo in tutte le Regioni d’Italia e non per fatti specifici, particolari, che riguardano questa Regione. L’indagine riguarda gli effetti delle nuove normative (mi riferisco al Testo unico di cui al decreto legislativo n. 81 del 2008) sui vari territori, anche per il ruolo che le Regioni, in modo più specifico, hanno nel coordinamento di queste attività.
Vorremmo ricevere le vostre considerazioni e riflessioni su questo tema. È questa anche l’occasione per un confronto, se vi sono vostre proposte o indicazioni, che noi con piacere valuteremo ed eventualmente faremo nostre.

SPEZIALI
Signor Presidente, vogliamo sicuramente apprezzare lo sforzo della Commissione, che ringraziamo per questo suo attento scouting nei territori, indirizzato al confronto con le realtà imprenditoriali locali in merito all’impatto del decreto legislativo n. 81 del 2008, provvedimento che riteniamo sicuramente positivo. Non è un caso che dal 2002 al 2011 si è registrato un decremento del 44 per cento (se non ricordo male) del tasso di mortalità per incidenti sul lavoro, peraltro con una prevalenza di mortalità in itinere. Ciò significa che l’impianto è sicuramente valido e trova riscontro in una minore incidenza di infortuni sul lavoro. Credo sia un discorso valido su tutto il territorio nazionale.
Al di là di questo, come Confindustria abbiamo più volte dichiarato cosa a nostro avviso deve essere fatto: occorre rendere più certo l’impianto normativo. La certezza degli obblighi in capo agli imprenditori deve essere effettiva e non soltanto documentale. Da questo punto di vista riteniamo che il percorso debba essere ancora completato.
Sicuramente, nel registrare la positività degli elementi propri del citato decreto legislativo n. 81, vogliamo sottolineare che là dove ci sono forti conseguenze di carattere penale esse devono essere soggettivate. La certezza del diritto si ha se e nella misura in cui il responsabile dell’azione delittuosa viene individuato con certezza. Servono quindi obblighi certi e l’individuazione certa di chi questi obblighi non ha avuto la capacità di rispettare.
Questo è il quadro generale sul quale poi si innesteranno gli interventi dei colleghi rappresentanti di altre associazioni e dell’ANCE, che rappresenta forse la componente più importante per la nostra Regione fra le associazioni aderenti al sistema confindustriale.

CAVA
Mi associo naturalmente a quello che diceva il presidente Speziali, nell’accogliere positivamente quest’audizione. In un convegno di sabato scorso cui ha partecipato il vice presidente di questa Commissione, il senatore Paolo Nerozzi, all’interno del SAIE Bologna, l’associazione costruttori ha evidenziato come il Testo unico dia una funzione importante agli enti bilaterali, quindi all’ente scuola, al Comitato paritetico territoriale (CPT) e alle casse edili, nell’ottica della formazione, della prevenzione e della protezione per gli incidenti sui luoghi di lavoro. A prescindere dalla legislazione nazionale, che è importante e fondamentale, stiamo valutando delle proposte anche a livello regionale, perché alcune azioni si possono e si devono intraprendere anche a questo livello. Puntiamo su queste perché fortunatamente i dati sono positivi, nel senso che è vero che c’è stata una diminuzione degli investimenti nel settore delle costruzioni, ma fortunatamente c’è stata anche una diminuzione degli incidenti e dei casi di mortalità. Per quanto riguarda gli incidenti, soprattutto quelli mortali, quello che si evidenzia è che nel settore delle costruzioni prevale l’incidenza durante le fasi di trasferta. Abbiamo notato che gli incidenti durante il trasferimento dal luogo di lavoro a casa, o viceversa, sono quelli che si registrano con maggiore frequenza.
Come certo saprete, il sistema bilaterale della formazione è composto al 50 per cento dalle associazioni delle imprese e al 50 per cento dal mondo sindacale. Nell’ultimo triennio 2009-2011, abbiamo effettuato 682 corsi di formazione in Calabria, di cui 504 sulla sicurezza. Abbiamo formato 6.828 allievi e di questi esattamente 4.850 sulla sicurezza. Gli enti bilaterali stanno lavorando con grande difficoltà, poiché bisogna tenere conto che in un momento di crisi economica e sociale è più difficile convincere l’imprenditore a provvedere alla formazione, considerate anche le dimensioni del nostro settore produttivo, composto di piccole e microimprese. L’imprenditore non solo si deve sforzare di arrivare a fine mese per avere tutti gli adempimenti, ma deve avere una grande lungimiranza nel pensare alla formazione e all’informazione, che comportano dei ritorni a medio e a lungo termine. Questo è il principio fondamentale che stiamo portando avanti. Fortunatamente per noi, il Formedil Calabria sabato scorso, al convegno coronato dalla presenza del vice presidente Nerozzi, ha vinto una gara nazionale, peraltro dopo averne vinta una l’anno scorso. Lo sforzo che gli enti stanno facendo è comunque notevole.
Altri due dati fondamentali sono le due proposte di legge che vorremmo fare a livello regionale. Una di queste, che secondo noi è fondamentale poi anche a livello nazionale, è quella relativa al voucher formativo. Sulla formazione, all’interno della legge regionale, il benefit lo prende l’impresa, che poi ha un vincolo di 3-5 anni per l’assunzione del lavoratore formato. Nel settore delle costruzioni non possiamo avere questa certezza, perché per esempio le imprese di costruzioni che fanno solo lavori pubblici e partecipano a tutte le gare a livello nazionale, possono non vincere una gara. Di conseguenza, avere operai assunti senza però avere lavori in essere diventa un pesante vincolo e quindi nessuno accederà mai a questo tipo di formazione, come anche chi fa il lavoro privato, perché comunque un cantiere di costruzioni privato normalmente ha una durata di 24-28 mesi, quindi il vincolo dei tre anni è lungo.
La nostra proposta è trasformare questo voucher formativo: il beneficiario non deve essere l’impresa ma il lavoratore. Nel momento in cui quest’ultimo ha il voucher e finisce la fase operativa in un cantiere (dato che anche nel settore delle costruzioni vi è una specializzazione delle maestranze, come carpentieri e muratori) automaticamente viene portato dal benefit in un altro cantiere e quindi in un’altra azienda. Di conseguenza, la formazione e l’incentivo che viene dato viene utilizzato realmente perché ne è lo stesso lavoratore il proprietario e beneficiario e indirettamente anche l’impresa che lo assume ne diventa beneficiaria. L’altra finalità di tale meccanismo è combattere il lavoro nero. Lo abbiamo visto nelle sue due facce, la seconda delle quali è utilizzare veramente i soldi come incentivo formativo.
L’altra proposta che faremo con l’assessorato alla salute – poiché sui cantieri c’è un’incidenza piuttosto alta di incidenti causati dal problema dell’alcolismo – è di fare protocolli di formazione e prevenzione. Utilizzare i benefit che ha l’assessorato alla salute (i beneficiari dei quali sono impresa e lavoratori) secondo noi diventa fondamentale. Il Testo unico sta dando e darà sempre più importanza agli enti scuola e ai CPT, non solo sul tema dei controlli, ma anche perché successivamente dovrà effettuare l’asseverazione del ciclo produttivo e quindi attestare se è conforme, se anticipa i rischi e li protegge completamente.
Infine, vorrei aggiungere che, anche grazie al Testo unico, si sta dando molta importanza al discorso degli enti bilaterali. Quello che abbiamo riscontrato in Calabria è una concorrenza per così dire sleale delle varie società di formazione. Innanzitutto le imprese pagano già un contributo iniziale tramite la cassa edile per avere il funzionamento di questi enti bilaterali; il contributo che pagano nella realtà è solo per coprire i costi, ma la cosa importante è che la formazione e l’informazione siano svolte in cantiere, durante le ore di lavoro. Quello che notiamo invece è che alcune imprese pur di non perdere le ore di lavoro, preferiscono pagare la società di formazione ma continuare a lavorare aggirando la direttiva CEE, che prescrive di fare la formazione durante le ore di lavoro. Su questo stiamo andando avanti, ma credo che il controllo sull’applicazione della normativa nazionale diventi fondamentale. Il sistema della sicurezza, a nostro modesto modo di vedere, deve funzionare. Abbiamo infatti collaborazioni con l’INAIL e con l’Ispettorato del lavoro, con i quali stiamo portando avanti una serie di progetti, perché quando vi è una disponibilità di risorse cerchiamo di investirla in modo mirato insieme a questi enti su progetti precisi.
Per le cifre e i dettagli, rinvio alla relazione che lasceremo alla Commissione.

STATTI
Ringraziamo la Commissione per averci convocati. L’aspetto legato agli infortuni sul lavoro è un aspetto al quale Confagricoltura sta prestando molta attenzione, ritenendolo assolutamente importante in un settore in cui tra l’altro si registra il dato in controtendenza di una occupazione in crescita, a differenza di altri settori in cui purtroppo questo dato è negativo.

PRESIDENTE
Si torna all’industria primaria.

STATTI
Ce lo auguriamo, speriamo che l’economia reale prevalga questa volta.
Il dato molto interessante è che, a fronte di un aumento del livello occupazionale, si registra una diminuzione degli infortuni, a dimostrazione del fatto che si sta facendo una grande opera di sensibilizzazione sul territorio. Stiamo procedendo ad organizzare corsi di formazione con gli operatori delle diverse aziende agricole per far capire l’importanza di questa legge e l’importanza, oltre che dell’osservanza delle condizioni previste dalla legge, di mettere in condizioni le aziende di trovare anche delle forme di agevolazione per potersi mettere in regola. Stiamo pensando, ad esempio, al PSR (Programma di sviluppo rurale), attraverso il quale tutto il parco macchine delle diverse aziende viene rinnovato; in questo stiamo facendo anche una grande operazione di sensibilizzazione nei confronti degli istituti di credito, che dovrebbero assistere in maniera più adeguata le aziende anche per non trascurare l’aspetto degli infortuni sul lavoro, che è di assoluta importanza.
Abbiamo costituito degli strumenti come il FORAGRI, che è un ente bilaterale che si occupa anche di formazione sul lavoro; parallelamente, nelle diverse Province, attraverso le nostre unioni provinciali, organizzando dei momenti d’incontro per cercare di coinvolgere il maggior numero di operatori possibile per sensibilizzarli nei confronti di questa normativa. I dati in nostro possesso testimoniano appunto che negli ultimi due anni c’è stata una riduzione degli infortuni. Purtroppo in agricoltura gli incidenti mortali sono aumentati: si parla di un aumento del 75 per cento, ma immaginiamo che sia un’evenienza assolutamente fortuita, perché le aziende stanno dimostrando di prestare molta attenzione al settore degli infortuni. Si parla di quattro infortuni mortali contro un unico infortunio mortale del 2009, laddove sul totale degli infortuni registriamo una diminuzione del 4,9 per cento.

SPEZIALI
Vorrei partire da un’osservazione circa il fatto che, in questo momento di particolare crisi anche dal punto di vista delle liquidità aziendali, il fatto di non avere la possibilità di fare investimenti sulla sicurezza è un dato che secondo me nei prossimi periodi potrebbe creare problemi alla sicurezza stessa. Credo quindi che pensare, ad esempio, ad un fondo di garanzia da mettere a disposizione delle imprese per investimenti in sicurezza, magari attraverso la collaborazione con l’INAIL, possa aiutare a superare in questo periodo di crisi un problema che è sicuramente di attualità. Si potrebbe pensare a un fondo specifico, gestito magari attraverso l’INAIL, a cui le aziende possano ricorrere nel momento in cui abbiano bisogno di fare investimenti per la sicurezza (ad esempio, per il rinnovo di un parco macchine obsoleto che non fornisce più le garanzie che dovrebbe assicurare). In tal modo il sistema bancario sarebbe garantito da un fondo specifico per gli investimenti destinati alla sicurezza.

PRESIDENTE
Desidero far presente a lei e agli altri convenuti che sul tema della sicurezza in agricoltura questa Commissione sta lavorando da tempo in modo approfondito. Del resto, se avrete tempo di leggere le nostre relazioni e il documento finale che verrà predisposto alla fine di questa legislatura, potrete constatare quanto abbiamo lavorato su questo tema. Sappiamo infatti che si tratta di un settore in cui ogni anno muoiono circa 120-140 persone, soprattutto a causa del ribaltamento dei trattori.
È ormai un anno e mezzo che ci stiamo spendendo con la Commissione europea per far capire ai nostri referenti europei, ai quali abbiamo ceduto parti importanti della nostra sovranità, che eventuali finanziamenti, che pure l’INAIL ha messo a disposizione, non dovrebbero essere cumulati con il cosiddetto de minimis, che è già basso. Non ci si può trovare di fronte all’alternativa di scegliere, ad esempio, tra il contributo per le sementi e il contributo per mettere un «salvavita» sul trattore.
Una settimana fa in una videoconferenza abbiamo riproposto la questione sperando che la nostra argomentazione venga finalmente compresa, perché si tratta di fondi legati soltanto alla garanzia di una maggiore sicurezza che vada al di là degli standard: sapete bene, infatti, che vi sono macchine nuove, con il marchio CE, che tuttavia non hanno gli standard completi di sicurezza.
È un lavoro lungo e complesso e ora siamo giunti alla fase finale, in cui vorremmo venisse approvato un disegno di legge che è pronto in Parlamento e non dovrebbe incontrare alcun ostacolo perché reca la firma di tutti i componenti della Commissione, quindi è trasversale. Purtroppo permane questo blocco da parte dell’Unione europea, che vorrebbe considerare i finanziamenti per la sicurezza come aiuti di Stato, ma non possiamo accettare che ciò accada, perché in questo modo tali finanziamenti verrebbero ricompresi nel de minimis.
Ho voluto illustrare questi elementi per farvi capire che la situazione è complessa e che parlare con i rappresentanti degli enti e delle forze sociali sul territorio confrontandoci su questi temi potrebbe aiutare tutti a dare maggiore attenzione alla politica, dove ci sono anche persone che cercano di impegnarsi. Spesso incontriamo forti barriere: ho parlato per un’ora con il referente della Direzione generale per la concorrenza della Commissione europea e – passatemi l’espressione – sembrava un dialogo tra sordi: cercavo inutilmente di spiegare che non c’è alcuna concorrenza sleale nei finanziamenti che vorremmo attivare, perché rafforzando la sicurezza di una macchina non si crea un danno alla concorrenza, ma si migliorano soltanto le condizioni di lavoro delle persone. Adesso ci incontreremo di persona e ci auguriamo che in questo modo potremo capirci meglio per risolvere il problema.

CAVA
A proposito della questione relativa alla spesa dell’INAIL vorrei evidenziare che ci sono stati due bandi nel 2012, ma anche nel 2011, per l’acquisto dei macchinari fino a 100.000 euro a fondo perduto. Ma noi abbiamo evidenziato che in un momento di crisi nessuno fa investimenti ed abbiamo constatato che, piuttosto che acquistare gru o automezzi, si ricorre in gran parte al noleggio delle attrezzature. Abbiamo allora proposto dei finanziamenti per il noleggio di queste ultime. Le richieste connesse ai bandi sono state basse; ciò significa che dei soldi sono tornati indietro a livello nazionale. Noi nel nostro piccolo, quindi a livello regionale, stiamo lavorando con l’INAIL sulla formazione, ma è a livello nazionale che bisogna cambiare la normativa per garantire la flessibilità che i tempi impongono. Oggi il noleggio permette di evitare quegli investimenti fissi che non sono ammortizzabili. Occorre adeguarsi.

PRESIDENTE
Questo è molto interessante.

STATTI
Vorrei aggiungere qualche osservazione relativamente ai controlli. Ci siamo accorti che quando gli organismi di controllo applicano nei confronti delle aziende ispezionate una politica informativa rispetto ad una repressiva, si ottengono risultati migliori. Questo è molto importante perché in un momento di crisi come quello che viviamo, sanzionare in un’azienda che a causa di una svista non è perfettamente in regola non consente di ottenere il risultato finale, ossia di fare in modo che tutti si mettano in regola. Le multe, spesso salate, pregiudicano per gli imprenditori che le subiscono la possibilità di investire per correggere le lacune che sono state evidenziate.

PRESIDENTE
Vorrei darle subito una risposta, perché la sua considerazione è stata un po’ il leitmotiv delle audizioni che abbiamo svolto questa mattina. Ci è stato ripetuto, confermando quindi una tendenza a cui si allineano un po’ tutte le istituzioni ascoltate, che l’obiettivo non deve essere quello della repressione. L’atteggiamento non è quindi draconiano, ma di prevenzione.

SPEZIALI
C’è un cambio di atteggiamento da questo punto di vista, ma non è uniforme bensì a macchia di leopardo. È vero però che esiste in questo momento, almeno per quello che riguarda il nostro settore, un indirizzo abbastanza collaborativo.

PRESIDENTE
Credo che il luogo in cui incontrarvi e discuterne sia il comitato di coordinamento, di cui fate parte (sono presenti quattro delle vostre associazioni). Ritengo che anche quella sia una sede importante per lavorare affinché le macchie di leopardo si trasformino in un bel manto uniforme.

TORCHIA
Signor Presidente, ritengo che per evitare che si verifichi una situazione a macchia di leopardo, occorrerebbe istituzionalizzare e strutturare il sistema basandolo non sulla repressione ma sulla prevenzione, altrimenti ci si deve affidare alla discrezione del soggetto che opera il controllo, il quale decide autonomamente se avere un atteggiamento informativo, di comunicazione o repressivo.
È poi indubbio che in presenza di situazioni limite, dove c’è un reale pericolo per la vita umana o per la sicurezza, non solo delle persone che lavorano ma anche dei consumatori e dei cittadini, si deve intervenire in maniera perentoria. Ad ogni modo, abbiamo assistito a un percorso di miglioramento in agricoltura, un settore particolare che presenta una sua specifica complessità, come lei ricordava facendo riferimento al parco macchine. Tra i nostri soci abbiamo visto che spesso si diffonde una grande paura della sanzione repressiva, che in un periodo come questo è letale e depressiva, soprattutto in considerazione del fatto che la concessione del credito è a un livello prossimo allo zero. Il parco macchine è spesso obsoleto e non tutti hanno la possibilità di rinnovarlo, di elevare gli standard di sicurezza e adeguare i trattori, che magari hanno 20 o 30 anni, se non di più, per evitare il ribaltamento. Le grandi aziende agricole possono avere la capacità di rinnovare il parco macchine perché usufruiscono di un diverso rapporto creditizio, ma le tante piccole e microaziende a carattere familiare, che hanno un parco macchine notevolmente antico, non hanno la possibilità di rinnovarlo.
In quest’ottica, stanti i miglioramenti che abbiamo avuto, perché il settore ha registrato un incremento dell’occupazione a fronte di un decremento degli infortuni (fermo restando che alcuni infortuni eclatanti vi sono stati e bisogna prenderne atto), occorrono politiche di incentivazione e di informazione. Un’idea potrebbe essere quella di legare la certificazione della sicurezza aziendale a forme di incentivazione, quale condizione per le aziende per accedere a determinati incentivi. Anche in questo caso dobbiamo distinguere il livello formale da quello reale. I miglioramenti ci sono stati (pensiamo ai patentini che tutti stanno facendo, e lo vediamo nei corsi per l’utilizzo di prodotti fitosanitari) rispetto a quanto accadeva 10 o 15 anni fa; c’è l’informazione e la capacità di trasmettere alcuni concetti ed alcune procedure di comportamento.
In un momento e in un contesto economico particolare, in cui l’obiettivo è la crescita e lo sviluppo, occorre un atteggiamento non depressivo. Studiamo dunque cosa possiamo fare a livello di Regione Calabria, partendo anche dai corsi di formazione e rendendoli dinamici, attivi, quasi aziendali. Le nostre organizzazioni di categoria possono entrare ed arrivare al cuore dell’azienda per sensibilizzare e far capire meglio che non è possibile tornare indietro, che non bisogna accontentarsi dei risultati raggiunti, ma è necessario elevare sempre più gli standard.

PRESIDENTE
Vorrei sottolineare un aspetto. La tendenza a svolgere un ruolo informativo più che repressivo non va vista oltre. L’ispettore ha il ruolo che ha, altrimenti creeremmo veramente problemi complessi. È quasi un gentlemen’s agreement. Non possiamo andare oltre le funzioni. Il discorso più interessante è quello persuasivo di fronte a una situazione di contesto, ma non si può prescindere dalla natura del lavoro ispettivo. Il finanziere non può dare una semplice pacca sulla spalla all’imprenditore. Non lo può fare perché commetterebbe reato lui. Ho fatto una battuta, ma oltre un certo livello non si può andare.

SPEZIALI
Signor Presidente, ho recepito con molto interesse il discorso che state portando avanti come Commissione nel rapporto con la Commissione europea in merito allo svincolo degli incentivi in materia di sicurezza. Recentemente abbiamo avuto un incontro con il ministro per la coesione Barca, il quale ci ha riferito che sono in fase di negoziazione le risorse per il periodo 2014-2020.
Proporrei di puntualizzare proprio ciò che lei suggeriva: scorporare e sterilizzare per quanto possibile le risorse destinate alla sicurezza dai parametri comuni, sia con riferimento all’intensità dell’aiuto (si sta negoziando anche questo, per determinate soglie, o attraverso l’aumento del de minimis o tramite la sterilizzazione delle spese, che forse sarebbe la soluzione migliore), sia relativamente a tutte le procedure che possono, invece, facilitare a livello comunitario il perseguimento dell’obiettivo del rispetto della sicurezza, al di là del problema dei nuovi investimenti.
Giustamente lei ha puntualizzato un aspetto: la sicurezza prescinde dalla concorrenza. Su questo non credo vi siano dubbi e non si capisce il legame che vi può essere tra l’una e l’altra cosa. In questa fase di negoziazione occorre sensibilizzare – e lo faremo anche noi come associazioni di categoria – i soggetti coinvolti nel negoziato al fine di promuovere questo approccio.

PRESIDENTE
La ringrazio. Anche noi, come Commissione, parleremo con il ministro Barca, affinché, sia pure nella sovranità limitata, non si possa cancellare l’ovvio. Vi ringrazio per la partecipazione.
Dichiaro così concluse le audizioni odierne.


Fonte: Senato della Repubblica