• Amianto
 
Responsabilità dei soci di una s.n.c. che, nell'eseguire lavori di scavo per la costruzione di un'autorimesssa, non avevano predisposto un piano di lavoro prima della demolizione o rimozione dell'amianto - La conoscenza del problema era evidente per cui i soci erano tenuti a predisporre le necessarie misure di sicurezza essendo, ai fini della configurabilità del reato, sufficiente la semplice omissione della predisposizione di esse - Le sole mascherine non bastavano poichè la loro efficacia filtrante è inferiore rispetto a quelle specificatamente previste per l'amianto - Infine, " il D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, art. 1 dispone che le misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione durante il lavoro agli agenti chimici e fisici di cui ai capi 2, 3 e 4 si applicano alle attività alle quali sono addetti i lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 3: e per tale D.P.R. sono equiparati ai lavoratori subordinati i soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società o degli enti stessi.
Non avendo la norma fatto alcuna distinzione al riguardo, si ritiene quindi che essa si applichi anche quando i lavori vengano eseguiti personalmente dai soci, avendo essi nella specie effettuato detti lavori per conto della società e non per proprio conto" - Sussiste.

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE TERZA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. PAPA Enrico - Presidente -
Dott. CORDOVA Agostino - Consigliere -
Dott. PETTI Ciro - Consigliere -
Dott. IANNIELLO Antonio - Consigliere -
Dott. SENSINI Maria Silvia - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
SENTENZA/ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
1) V.D. N. IL (OMISSIS);
2) V.R. N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA TRIB. SEZ. DIST. del 13/02/2007 di SUSA;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. CORDOVA AGOSTINO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. SALZANO Francesco che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito il difensore avv. CANESTRELLI Roberto Sost. Proc..



Fatto

Con sentenza del 13.2.2007 V.D. e V.R. venivano condannati dal Tribunale di Torino, Sezione Distaccata di Susa - con la concessione delle attenuanti generiche - alle pena di Euro 5.200,00 di ammenda in ordine al reato di cui al D.Lgs. 277 del 1991, art. 34, comma 1, art. 50, lett. a) perchè, nella qualità di soci della s.n.c. V.E., nell'eseguire uno scavo per la costruzione di un'autorimessa interrata in località rocciosa contenente tremolite, non avevano predisposto un piano di lavoro prima della demolizione o rimozione dell'amianto o di materiale contenete tale sostanza: reato accertato il (OMISSIS).
Proponeva ricorso la difesa degli imputati, deducendo quanto segue:
a) erroneamente era stata ritenuta applicabile la normativa contestata anche ai lavoratori in proprio, e ciò con il richiamo del D.P.R. n. 303 del 1956, art. 3 equiparante i lavoratori subordinati ai soci di società e di enti in genere cooperativi che prestino la loro attività per conto delle cooperative o degli enti stessi: ma tale estensione riguarda i dipendenti e non coloro che agiscano in proprio;
b) la concessione edilizia prevedeva soltanto il monitoraggio della presenza eventuale di minerali asbestiferi, mentre non era segnalata al momento la presenza di amianto;
c) vero è che gli imputati avevano riconosciuto che poteva esistere anche un problema di amianto, ma trattatasi di una conoscenza generica e per di più diffusa, essendo nota la sua esistenza nella zona, ma non sussistente dovunque, specie dove si eseguivano i lavori di cui trattasi.
Chiedeva pertanto l'annullamento senza rinvio dell'impugnata sentenza.
Il Tribunale aveva motivato che l'8.20.2002 era stata data la concessione edilizia con la prescrizione di monitorare la presenza di amianto.
Il 20.11.2002 l'U.T.C. ne aveva chiesto l'esito senza ottenere risposta, così come il 5.12.2002, per cui il 10.12.2002 sospendeva i lavori.
Non aveva valore il fatto che la concessione edilizia prescriveva solo di monitorare eventuali presenze di amianto e che la relazione allegata non aveva segnalato, al momento, la presenza di fibre di asbesto: infatti, i pervenuti avevano dimostrato che ne avevano parlato e che il problema esisteva, per cui erano tenuti a prevedere e predisporre le misure idonee a farvi fronte, essendo, ai fini della configurabilità del reato, sufficiente la semplice omissione della predisposizione (Cass. Sez. 3^, n. 49695/04).
E, quanto all'avere addotto gli imputati che avevano delle mascherine, come riferito dal teste G. queste avevano un'efficacia filtrante inferiore rispetto a quelle previste per l'amianto.
Riteneva inoltre il Tribunale che il D.Lgs. n. 277 del 1991, art. 33, comma 3, prevedeva l'applicazione di cui ai commi precedenti anche ai lavoratori equiparati D.P.R. n. 303 del 1956, ex art. 3, che si riferiva ai soci di società o di enti, per cui la norma si applicava anche nei confronti dei V., che eseguivano personalmente gli scavi.



Diritto

Ad avviso di questa Corte la motivazione della sentenza impugnata è adeguatamente esposta ed immune da vizi logico-giuridici, atteso che il D.Lgs. 15 agosto 1991, n. 277, art. 1 dispone che le misure per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti dall'esposizione durante il lavoro agli agenti chimici e fisici di cui ai capi 2, 3 e 4 si applicano alle attività alle quali sono addetti i lavoratori subordinati o ad essi equiparati ai sensi del D.P.R. 19 marzo 1956, n. 303, art. 3: e per tale D.P.R. sono equiparati ai lavoratori subordinati i soci di società e di enti in genere cooperativi, anche di fatto, che prestino la loro attività per conto delle società o degli enti stessi.
Non avendo la norma fatto alcuna distinzione al riguardo, si ritiene quindi che essa si applichi anche quando i lavori vengano eseguiti personalmente dai soci, avendo essi nella specie effettuato detti lavori per conto della società e non per proprio conto.
Quanto agli altri motivi, va premesso che l'amianto è un minerale gravemente dannoso per la salute, causando con l'inalazione una malattia polmonare, l'asbestosi, con proprietà cancerogene.
Esso è costituito principalmente da silicati di magnesio dalla struttura fibrosa, le cui due classi principali sono il serpentino, a fibra più lunga, detto anche asbesto, e l'anfibolo, usati anche per realizzare manufatti dotati di grande resistenza al calore, come l'amianto-cemento, agglomerato di cemento e fibre di amianto, impiegato in edilizia.
Orbene, dalla nota agli atti dell'Università di Torino in data 31.1.2003 risulta che in uno dei due campioni prelevati vi erano fibre degli amianti actinolite e crisofilo; e dalla relazione dell'ARPA risultava la massiva presenza di materiale fibroso di natura anfibolica (amianto tipo tremolite).
Non sussiste quindi alcuna della cause di non punibilità di cui all'art. 129 c.p.p.,per cui il reato deve dichiararsi prescritto.
Infatti, anche se la concessione comunale n. 28/02 dell'8.10.2002 disponeva che durante il corso dei lavori dovevano effettuarsi continui monitoraggi finalizzati alla ricerca di eventuali minerali asbestiferi, con immediata sospensione dei lavori in caso positivo e comunicazione all'U.T.C., la contestazione si riferisce unicamente al non aver predisposto il piano di lavoro prima dell'inizio delle opere di scavo, per cui, essendo l'ordinanza di sospensione dei lavori del 10.12.2002, deve desumersi che detti lavori fossero iniziati anteriormente a tale data, e comunque, anche tenendo conto solo di essa, la prescrizione sarebbe già intervenuta il 10.6.2007.



P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.
Così deciso in Roma, il 15 novembre 2007.
Depositato in Cancelleria il 20 dicembre 2007