Repubblica di San Marino
Segreteria di Stato per la Sanità, Sicurezza Sociale, La Previdenza e le Pari Opportunità

LA SICUREZZA SUL LAVORO NON E’ UN GIOCO

Convegno di Studi
Centro Congressi Kursal – Repubblica di San Marino
Giovedì 19 giugno 2008


Relazione

La disciplina sammarinese sulla salute e sicurezza dei lavoratori. Principi, regole e criticità

di Luciano Angelini

Professore aggregato di Diritto sindacale e del lavoro nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università degli Studi di Urbino “Carlo Bo”



Sommario: 1. Premessa. – 2. L’evoluzione legislativa. Prima della legge 31/98. – 3. La legge quadro 18 febbraio 1998, n. 31. Sulla struttura del provvedimento. – 3.1. (segue:) La legge quadro 18 febbraio 1998, n. 31. Sui principi informatori. - 4. Dopo la legge 31/98. I provvedimenti più significativi. - 5. Per concludere: Può essere utile la redazione di un testo unitario sulla sicurezza per i lavoratori a San Marino?


1. Premessa

Se siamo qui oggi, è stato già ricordato più volte, è innanzitutto per celebrare un evento che è molto importante in sé: la legge 31/98, la legge-quadro in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro nell’ordinamento sammarinese, compie dieci anni.

Per una legge come questa, su una materia così sensibile, il raggiungimento di un tale traguardo è già un “indicatore di valore” che ci consente fin da subito di anticipare un giudizio complessivo: se la legge 31/98 è riuscita a governare per un periodo così lungo un sistema normativo articolato e complesso com’è quello che ruota attorno alla salute e sicurezza dei lavoratori, ciò vuol dire che i principi in essa contenuti, le regole dettate, il modello giuridico implementato sono validi, hanno dimostrato nei fatti la loro effettività e la loro efficacia.

Com’è ho appena detto, si tratta di un giudizio complessivo, sul sistema implementato, che non si pone in contraddizione con l’esistenza, che confermo, di lacune, incongruenze, inadeguatezze, dovute, più che ai contenuti della legge n. 31/98, alla coesistenza nell’ordinamento sammarinese di troppe norme, diverse per ispirazione e finalità, che negli anni si sono succedute, e che non sempre riescono ad operare in perfetta coerenza tra di loro, creando problemi di coordinamento, non soltanto interpretativo ma anche inevitabilmente applicativo. Un coordinamento nei fatti sempre più difficile, e che produce effetti negativi sull’agire dell’Amministrazione, soprattutto per quanto concerne l’attività di vigilanza e di controllo, e sulla quotidiana gestione delle imprese.

I principi e le regole contenute nella legge 31/98, infatti, non esauriscono tutte le disposizioni legislative vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nell’ordinamento sammarinese: l’apparato di norme è assai ben più articolato e complesso, composto sia da discipline oramai datate nel tempo ma ancora pienamente efficaci, come sono le leggi n. 40 e 41 del 1969, sia da discipline molto specifiche, per settori d’attività o per tipologie di rischio, ma non per questo meno rilevanti, alcune assai recenti, come ad esempio le modifiche al decreto cantieri del 17 maggio 2005, n. 74.

Chi avesse già avuto modo anche soltanto di sfogliare il volume di recentissima pubblicazione curato da Renzo Ghiotti che raccoglie tutte le leggi ed i decreti in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro vigenti nella Repubblica di San Marino, potrà confermare la fondatezza di quanto affermo soltanto visualizzando la dimensione dell’opera.

Non vorrei tuttavia essere frainteso. Semplificare gli adempimenti, evitare inutili formalismi, ridurre la proceduralizzazione burocratica sono sicuramente obiettivi che ogni buon legislatore deve perseguire sempre e con la massima determinazione.

Tuttavia, sarebbe sbagliato ipotizzare, soprattutto in una tematica come quella della sicurezza nei luoghi di lavoro, che l’esistente apparato di norme possa essere drasticamente ridotto. Molte norme sono disposizione tecniche, che formalizzano buone pratiche e comportamenti virtuosi; i rischi da prevenire e ridurre sono aumentati anche in considerazione dei nuovi modi di lavorare e produrre (i contratti flessibili, le nuove tecnologie, i vincoli organizzativi, lo stress, il mobbing); ogni settore produttivo ha specificità tutte proprie; la dimensione organizzativa delle imprese, soprattutto quando sia di piccole o piccolissime dimensioni, non può non essere considerata, legittimando moduli differenziati di adempimento degli obblighi.

Il decreto legislativo n. 81/2008 recentemente emanato in Italia, e che viene impropriamente chiamato Testo Unico della Sicurezza sul lavoro, con i suoi 306 articoli e un elenco nutritissimo di Allegati che ne fanno integralmente parte, è la prova più evidente che l’obiettivo prioritario da perseguire non è tanto la riduzione quantitativa delle norme, che pur va ricercata con eliminazioni e abrogazioni attentamente meditate, ma piuttosto è la sistematicità, con l’indicazione chiara dei principi ordinatori, la coerenza rispetto ad essi di tutte le regole, la completezza dell’intervento e la sua organicità, senza avere cedimenti sull’effettività delle stesse norme, da assicurare attraverso un adeguato sistema di controllo e di vigilanza, sanzioni efficaci e dissuasive.

Ma vengo ora ad assolvere il compito che mi è stato assegnato nell’ambito del programma di lavori della mattinata: tratteggiare, con qualche breve pennellata, i fondamenti del sistema delle norme in materia di salute e sicurezza, non soltanto della legge n. 31/98, nell’intento di definire il contesto giuridico cui riferire con maggior fondatezza analisi, riflessioni, critiche e proposte.

Prendendo come sorta di spartiacque la legge n. 31/98, così da ripercorrere le fasi evolutive della legislazione, inizierò col segnalare la legislazione precedente alle legge quadro, individuerò i pilastri della stesse legge-quadro, indicherò alcuni decreti di attuazione cui essa rinvia, e terminerò con qualche brevissima chiosa a commento.


2. L’evoluzione legislativa. Prima della legge 31/98

Nell’ordinamento sammarinese, le prime norme organiche di tutela della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro sono contenute nella legge 22 dicembre 1955 n. 42, la quale istituisce il sistema obbligatorio di sicurezza sociale, grazie al quale vengono erogate prestazioni sanitarie, economiche e previdenziali, tra cui vanno sicuramente ricordate l’istituzione delle indennità per inabilità temporanea al lavoro (art. 21 ss.,), e dell’ indennità di disoccupazione. Merita segnalazione anche la disciplina dettata in materia di vigilanza, affidata all’Ispettorato del lavoro (art. 57 ss).

Cinque anni dopo, nella legge 17 febbraio 1961, n. 7, legge che ancora disciplina i principi fondanti il sistema giuslavoristico sammarinese - essa, infatti disciplina, tra gli altri, il riconoscimento giuridico delle organizzazioni sindacali, i contratti collettivi ed i rapporti di lavoro, la previdenza e l’assistenza, l’attività di collocamento e l’ispettorato del lavoro – sono contenute almeno tre norme che vanno ricordate: l’art. 23, in materia di infortunio, malattia, gravidanza e puerperio; l’art. 25, sulla tutela fisica e morale del lavoratore, che, traducendo quasi letteralmente il dettato dell’art. 2087 c.c. italiano, inserisce nell’ordinamento sammarinese il principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile, secondo il quale “Il datore di lavoro è tenuto ad adottare nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo le particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l’integrità fisica e la personalità dei prestatori di lavoro” attraverso apposite norme speciali che dovranno essere emanate; l’art. 50 sulle funzioni di vigilanza e controllo assegnate all’Ispettorato del lavoro.

Le norme speciali in tema di igiene del lavoro, di ambienti e di impianti cui fa esplicito rinvio l’art. 25 della legge n. 7/61 appena ricordato, sono raccolte in due corposi provvedimenti normativi: si tratta delle leggi n. 40 e n. 41 del 2 luglio 1969, le cui norme sono in buona parte ancora oggi vigenti.

La legge 40/1969, composta da 150 articoli, suddivisi in 6 titoli, a loro volta organizzati per tematiche, può essere considerata una sorta di “Regolamento generale”: dopo aver definito l’ambito di applicazione oggettivo e soggettivo, e gli obblighi di datori di lavoro, dirigenti, preposti e lavoratori, essa detta una serie di norme tecniche prevenzionali relative agli ambienti di lavoro, alle macchine e agli impianti, agli esplosivi, alle sostanze nocive, ai servizi sanitari. La legge 41/1969, dalla struttura molto più compatta, contiene disposizioni specifiche per la prevenzione delle malattie professionali e degli infortuni in un settore particolarmente sensibile sotto il profilo della tutela della salute e sicurezza dei lavoratori qual è quello delle costruzioni.

Senza avere purtroppo la possibilità di argomentare più compiutamente, per i tempi ristretti di questa breve relazione, credo si possa condivisibilmente sostenere che la legislazione sammarinese del 1969 appena richiamata rappresenta in quel sistema giuridico ciò che, mutatis mutandi, nell’ordinamento italiano hanno significato i D.P.R. degli anni ’50 – di cui ha parlato Alberto Andreani -, decreti che sono rimasti sostanzialmente in vigore fino a oggi, formalmente abrogati, ma altrettanto sostanzialmente assorbiti, nel decreto legislativo n. 81/2008, soprattutto nell’ambito dei numerosi allegati di cui risulta essere corredato.

Un momento qualificante nel processo di evoluzione del sistema giuridico sammarinese in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro è stato sicuramente quello segnato dall’emanazione della legge 17 marzo 1987, n. 40, formalmente abrogata, e interamente sostituita, dalla legge n. 31/98.

Si trattava di un provvedimento normativo assai complesso, tecnicamente strutturato come una legge quadro, in quanto richiedeva di essere completato attraverso l’emanazione di diversi decreti specifici, in grado di rispondere con efficacia e rapidità alle relative condizioni di rischio individuabili nei diversi settori produttivi, anche in ragione dell’innovazione tecnologica che specificamente li caratterizza.

La legge n. 40/87 ed i decreti attuativi hanno richiesto un impegno intenso da parte del Consiglio Grande e generale e del Governo sammarinese, di cui, ovviamente per ragioni di tempo, non è qui possibile dar conto. Tuttavia, non può non rilevarsi come l’attuazione/completamento della legge 40/87 sia stato temporalmente coincidente con lo svilupparsi dell’intenso dibattito, non soltanto giuridico ma anche culturale, che porterà all’approvazione, in sede comunitaria, della direttiva quadro 89/391/CE e, successivamente, delle direttive specifiche che andranno negli anni ad aggiungersi, delineando un insieme di interventi assai articolati e dall’ampio raggio di azione.

La legislazione comunitaria in materia di salute e sicurezza assumerà un rilievo qualificato e determinante per l’evolversi della legislazione sammarinese, come ci ha lucidamente ricordato il segretario Mauro Chiaruzzi nel suo intervento di apertura; e ciò, nonostante la Repubblica di San Marino sia un Paese che in quanto non membro dell’Unione europea, non è istituzionalmente vincolato ad attuarne le direttive.

Come avremo modo di verificare illustrando sommariamente la struttura della legge n. 31/98, la legislazione sammarinese verrà fortemente condizionata dai contenuti delle direttive comunitarie e dal nuovo modello prevenzionale dalle stesse autorevolmente proposto, di cui si dà formalmente atto nello stesso art. 1, quando si afferma che, per promuovere un vero miglioramento della sicurezza e salute dei lavoratori, non si può prescindere dai principi contenuti nella direttiva comunitaria 89/391.

In definitiva, in modo del tutto lapidario, cosa chiede agli Stati di fare il diritto comunitario in materia di tutela della salute e sicurezza dei lavoratorio? Esso chiede che il datore di lavoro implementi un sistema organico di programmazione, di pianificazione e di controllo dell’attività di prevenzione nei suoi diversi e complessi profili, attraverso interventi integrati e di natura preventiva, che abbiano come obiettivo quello di adeguare il lavoro che cambia al rispetto necessario della dimensione non violabile dell’uomo che lavora.


3. La legge quadro 18 febbraio 1998, n. 31. Sulla struttura del provvedimento

Della legge quadro 18 febbraio 1998, n, 31 non è certo facile riuscire a descriverne sinteticamente la struttura che è assai articolata e complessa. Si tratta, infatti, di un provvedimento di ben cinquanta articoli che introducono una serie di obblighi “nuovi” in capo al datore di lavoro e ai suoi collaboratori aziendali, che consistono in particolare nel valutare, certificare, controllare lo stato di esposizione dei propri lavoratori e di adottare le conseguenti misure di protezione, nominare il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione ed il Medico del lavoro, confrontarsi sistematicamente con i lavoratori e i loro rappresentanti.

Sfogliamo insieme le pagine della dispensa che avete in cartella e che riproduce, con alcune importanti annotazioni a commento che vi invito ad esaminare con molta attenzione, il testo della legge, limitandoci, sempre per ragioni di tempo, ad individuarne almeno i Titoli e a segnalare qualche contenuto qualificante.

Il Titolo I si apre con le finalità: stabilire i principi fondamentali in materia di tutela del lavoratore e dell’ambiente esterno confinante con i luoghi di lavoro, in attuazione delle convenzioni e risoluzioni internazionali cui la Repubblica di San Marino aderisce, avendo come riferimento espresso i principi contenuti nella direttiva 89/391/CE, e nella direttiva 82/501 in tema di incidenti rilevanti (art. 1). Esso fissa, altresì, il campo di applicazione, che si estende a tutte le attività pubbliche – con esclusioni per i corpi armati, disciplinati da appositi decreti reggenziali – e private (art. 2), e detta le definizioni, a cominciare da quella di datore di lavoro e di lavoratore (art. 3). Da segnalare l’istituzione di un apposito fondo agevolato, anch’esso disciplinato da un apposito decreto reggenziale, erogante risorse da destinare alle piccole e medie imprese che ne facciano richiesta per sostenerne il processo di adeguamento alle direttive contenute nella stessa legge.

Il Titolo II, rubricato “Responsabilità e obblighi”, dopo aver elencato i principi generali di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali, tra cui, l’individuazione dei pericoli, la valutazione dei rischi, la programmazione delle misure prevenzionali (art. 5), disciplina gli obblighi del datore di lavoro, distinguendo quelli suoi propri (a partire, ovviamente dalla valutazione del rischi: cfr. art. 6), da quelli che sono (o possono esserlo) condivisi, nell’ambito delle rispettive attribuzioni e competenze, con i dirigenti e i preposti (art. 7). Nel Titolo sono compresi anche gli obblighi previsti in capo ai lavoratori (art. 8), i quali non sono soltanto i beneficiari delle tutele apprestate dalle legge, ma anche corresponsabili, nei limiti delle informazioni e alla formazione e ai mezzi loro forniti dal datore di lavoro, cui si aggiungono gli obblighi dei progettisti, dei fabbricanti, dei fornitori e degli installatori (art.9).

Il Titolo III è dedicato al Servizio di prevenzione e protezione, organizzato dallo stesso datore di lavoro, che ne designerà il responsabile (art. 10), a meno che non decida di svolgerne direttamente lui i compiti (fatta eccezione per le grandi imprese e per quelle indicate nell’All. n. 1), dopo aver frequentato un apposito corso (art. 11). Sulla scorta delle informazioni e dei mezzi forniti dal datore di lavoro, il Servizio di prevenzione e protezione dovrà provvedere, tra l’altro, all’individuazione dei pericoli, alla definizione delle misure di sicurezza ed alla elaborazione delle procedure per le varie attività aziendali, alla individuazione dei contenuti informativi e formativi, e a partecipare all’attività di consultazione (art. 12).

Il Titolo IV, disciplina il delicato profilo della partecipazione dei lavoratori, che vanno informati e consultati, direttamente o tramite il loro rappresentante per la sicurezza, e ascoltati in merito ad eventuali proposte, suggerimenti e richieste: una partecipazione che si configura come assolutamente determinante, e che il datore di lavoro, i dirigenti e i preposti devono favorire al massimo (art. 13).

Anche nell’ordinamento sammarinese, il ruolo chiave sotto il profilo della partecipazione è svolto dalla figura del rappresentante per la sicurezza, eletto o designato in tutte le imprese – in numero di due nelle imprese con più di 150 dipendenti – e, nel caso di più unità produttive separate, a facoltà dei lavoratori, anche all’interno di ciascuna di esse. E’ altresì previsto che nelle aziende che occupano meno di 10 dipendenti, il rappresentante per la sicurezza può essere individuato per più aziende nell’ambito del comparto produttivo, secondo modalità che dovranno essere definite fra le parti sociali.

Per lo svolgimento dei suoi compiti, al rappresentante per la sicurezza sono riconosciute molte prerogative, in tema di consultazione (sulla valutazione dei rischi, sulla informazione e formazione dei lavoratori – disciplinata compiutamente all’art. 16 -, sulla scelta dei membri del Servizio di prevenzione e protezione e delle squadre di emergenza e di pronto soccorso), di accesso ai luoghi di lavoro e alla documentazione inerente la sicurezza e la salute aziendale, di informazione e formazione, di ricorso alle autorità competenti (art. 14), nonché di partecipazione alla riunione periodica, da tenersi almeno una volta all’anno, con l’intento di verificare, soprattutto, lo stato di attuazione dei programmi e delle misure di sicurezza (art. 15).

Il Titolo V è interamente dedicato alla sorveglianza sanitaria e al medico del lavoro, chiamato ad assicurare una collaborazione qualificata al datore di lavoro ed al Servizio di prevenzione e protezione per l’assolvimento degli adempimenti cui sono per legge tenuti (art. 17). Stabiliti i necessari requisiti per poter svolgere tale funzione (il dipendente di una struttura pubblica non può svolgere l’attività di medico del lavoro qualora esplichi attività di vigilanza), prevista l’istituzione di un apposito elenco pubblico, il compito specifico del medico del lavoro è quello di effettuare la sorveglianza sanitaria, nei casi previsti, che comprendono accertamenti da eseguirsi prima dell’instaurazione del rapporto di lavoro – tesi a constatare l’assenza di controindicazioni al lavoro – e accertamenti periodici per controllare lo stato di salute dei lavoratori, esprimendo giudizi di idoneità alle mansioni specifiche Il suo specifico compito.

Il Titolo VI regolamenta l’adozione, da parte del datore di lavoro, delle misure necessarie, in forma proporzionata alla natura delle attività e alle dimensioni dell’impresa, in materia di pronto soccorso, lotta antincendio, gestione delle emergenze, designando i lavoratori incaricati di attuarle (art. 18). Datore di lavoro, dirigenti e preposti dovranno altresì provvedere ad informare i lavori dei pericoli cui possono andare incontro, disporre la cessazione delle attività, non chiedere loro di proseguire l’attività, non far subire pregiudizi in caso di allontanamento dal luogo di lavoro in situazioni di pericolo; i lavoratori, a loro volta, sono chiamati a prendere misure adeguate per fronteggiare il pericolo. Con decreto reggenziale sono stabiliti criteri organizzativi per affrontare le emergenze, finalizzati in particolare alle piccole e medie imprese (art. 19).

Il Titolo VII, determinante, in quanto razionalizza le funzioni attribuite alla pubblica amministrazione, la vigilanza, in primis, che rientra tra le competenze del Servizio Igiene Ambientale – integrata dalla Protezione civile (art. 20) -, ma anche l’informazione e l’assistenza per le imprese e le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori in materia di salute e sicurezza dei lavoratori. Per poter svolgere la loro attività, gli operati del Servizio, muniti di apposito tesserino da esibire, hanno diritto di accedere ai luoghi di lavoro, avvalendosi anche delle Forze di Polizia (art. 21). Da segnalare, il potere spettante agli stessi operatori (cui è preclusa l’attività di consuelenza), una volta constatata l’inosservanza delle norme di legge, di impartire prescrizioni volte all’attuazione di particolari misure prevenzionistiche; inserite in un apposito processo verbale, che contiene un termine per la regolarizzazione (non superiore ai sei mesi), le prescrizioni sono trasmesse all’autorità giudiziaria: entro 60 giorni dalla scadenza del termine di prescrizione, l’organi di vigilanza verificherà se e come la violazione è stata eliminata. Agli addetti del servizio spetta altresì il potere di emanare disposizioni tecniche immediatamente esecutive (art. 23-24). Il Servizio Igiene ambientale svolge anche attività di informazione e di indirizzo - per le imprese artigiane e le piccole e medie imprese, nonché per le organizzazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori – e di raccolta ed elaborazione delle informazioni relative ai rischi e ai danni derivanti da infortuni sul lavoro, malattie professionali o comunque forme patologiche connesse all’attività lavorativa, dati necessari all’elaborazione annuale del rapporto sullo stato della salute e della sicurezza nell’ambito della Relazione sulla Sanità (art. 26).

Il Titolo VIII, rubricato “disposizioni settoriali” detta una serie di norme relative agli ambienti di lavoro (art. 27), alla presenza di inquinanti fisici, chimici, biologici e psicofisici (e altri: artt. 28-32), ai mezzi di protezione individuale e collettiva (art. 33), ed alla segnaletica di sicurezza (art. 34).

Gli ultimi due Titoli, il IX (art. 35 ss) e X (art. 42-47), sono dedicati all’apparato sanzionatorio. Il Titolo IX disciplina, distintamente per i singoli soggetti del sistema di prevenzione aziendale – datore di lavoro (art. 35), datore di lavoro, dirigenti e preposti (art. 36), lavoratori (art. 37), medico del lavoro (art. 39), l’insieme delle sanzioni previste per il mancato adempimento degli obblighi imposti dalla legge. Sono altresì previste sanzioni per il mancato adempimento delle prescrizioni impartite dagli organi di controllo (art. 40) e per la violazione dei decreti reggenziali che integrano le specifiche regolamentazioni di cui al Titolo VIII (art. 41).

Il Titolo X intervenie, con una evidente finalità di armonizzazione, a modificare l’apparto sanzionatorio previsto nelle leggi 2 luglio 1969 n. 40 e 2 luglio 1969 n. 41, previste in capo a datori di lavoro, dirigenti e preposti.


3. 1. (segue:) La legge quadro 18 febbraio 1998, n. 31. Sui principi informatori

A quanti conoscono il d. lgs. n. 626/94, non possono essere di certo sfuggite, nonostante la descrizione davvero didascalica che si è potuta qui compiere, le forti somiglianze di struttura fra il decreto italiano e la legge n. 31/98; somiglianze che non possono sorprendere, vista la comune origine dei due provvedimenti, che trae origine nelle più volte richiamate fonti comunitarie.

A voler fare qualche considerazione relativamente alle rationes delle legge 31/98, si potrebbe iniziare sottolineando come, diversamente dal passato, quando era stato il legislatore ad assumersi direttamente il compito e la responsabilità di individuare e valutare i rischi connessi al processo produttivo (leggi n. 40 e 41 del 1969), il legislatore punta decisamente sulla responsabilizzazione piena del datore di lavoro, al quale assegna il compito non semplice di adeguare il sistema prevenzionale fissato per legge alle specifiche peculiarità della propria azienda.

Questo “nuovo” metodo è basato sulla programmazione rigorosa degli interventi e sulla loro successiva puntuale attuazione, grazie all’utilizzo della tecnologia adeguata al tipo di lavorazione ed al supporto offerto da personale esperto ed opportunamente formato.

Un metodo che non si fonda sulla imposizione di adempimenti specifici, ma piuttosto sull’individuazione di obblighi di carattere generale – individuazione e valutazione dei rischi; individuazione ed attuazione dei rimedi più idonei ad eliminarli o ridurli; limitazione delle conseguenze potenzialmente dannose dei sinistri attraverso una efficiente gestione delle emergenze – sulla riaffermazione degli obiettivi di tutela già delineati nell’art. 25 della legge n. 7/1961, sulla previsione di procedure efficaci che rispondono ai principi della programmazione e dell’organizzazione scientifica.

A ben vedere, il sistema delineato dalla legge 31/98 non richiede all’imprenditore alcun impegno eccezionale e tanto meno sproporzionato; piuttosto, a lui essa chiede di affrontare il problema sicurezza con la stessa serietà organizzativa, con la stessa determinazione con cui devono essere affrontate tutte le problematiche aziendali, attraverso procedure di razionalizzazione e di ottimizzazione organizzativa.

Peraltro, come abbiamo più volte ribadito, pur imperniate sul datore di lavoro, l’efficacia e l’effettività di un modello prevenzionale così implementato, dipendono non poco anche dal “ruolo attivo” assegnato al lavoratore. Ciò traspare limpidamente dal dettato dell’art. 8 – norma chiave del modello di gestione partecipativa della sicurezza voluta dal legislatore comunitario – là dove recita (comma 1) che “è responsabilità di ciascun lavoratore avere cura della propria sicurezza e della propria salute, nonché di quella delle altre persone su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alle informazioni e alla formazione e ai mezzi forniti dal datore di lavoro”.

Il fatto che ciascun lavoratore, individualmente, abbia un “dovere di fare” implica un’attenzione particolare, un comportamento molto più consapevole e impegnativo rispetto alla salute e sicurezza aziendale. L’utilizzo, in particolare, dell’espressione “avere cura” evoca un concetto più complesso e coinvolgente rispetto a quanto comporta la semplice osservanza di specifiche disposizioni, implicando di per sé un’attenzione consapevole circa le conseguenze che possono derivare dai propri comportamenti.

Ovviamente, la portata degli obblighi posti a carico dei lavoratore e la verifica del loro adempimento vanno valutati conformemente alla loro formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. In mancanza di informazioni e formazione adeguata, il lavoratore non potrà contribuire, come dovrebbe, – supportando l’azione del datore di lavoro, dei dirigenti e dei preposti - all’adempimento di tutti gli obblighi imposti dall’autorità competente o comunque necessari per tutelare la sicurezza e la salute nei luoghi di lavoro.

Da qui l’importanza assolutamente determinante che funzioni davvero il sistema relazione che coinvolge tutti i soggetti della prevenzione aziendale che la direttiva comunitaria qualifica come “partecipazione equilibrata”. Anche in ragione delle responsabilità che incombono su di loro, anche i lavoratori sono dunque chiamati, sia individualmente sia collettivamente attraverso i loro rappresentati per la sicurezza, a pretendere che il datore di lavoro assolva, compiutamente ed adeguatamente, tutti gli obblighi di informazione e di formazione che la legge disciplina: informazione e formazione rappresentano, dunque, un altro dei pilastri fondamentali della legge 31/98, cui prestare il massimo sforzo di attuazione.


4. Dopo la legge 31/98. I provvedimenti più significativi

Dopo l’emanazione della legge n. 31/98, sono molti i provvedimenti in materia di salute e sicurezza che sono stati approvati e sono attualmente vigenti. Il rinvio all’opera di Renzo Ghiotti è, sotto questo specifico aspetto, quanto mai opportuno e necessario, per la completezza e la razionale organizzazione delle fonti che vi si compie. Occorre per altro ricordare che di tutti questi provvedimenti, la 31/98 può essere a giusto titolo considerata la causa o, meglio ancora la fonte; si tratta, infatti, di decreti che attuano specifici rinvii operati dalle norme della legge 31/98 che, come abbiamo ripetuto più volte, è infatti una legge-quadro.

Limitandomi a qualche segnalazione significativa, possiamo ricordare, tra gli altri, il d. 19 maggio 1998 n. 68, sulla sorveglianza sanitaria e medico competente (ex art. 17 della legge 31/98), il d. 17 settembre 1999, n. 94, in tema di informazione, formazione ed addestramento dei lavoratori (ex art. 16 l. n. 31/98), il d. 16 aprile 2002, n. 53, sull’individuazione della figura del datore di lavoro nella pubblica Amministrazione (ex art. 3, co. 1, lett. b), della legge n. 31/98). Segnalo altresì, l’Accordo interconfederale per il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, siglato il 5 ottobre 1999, che definisce le modalità di elezione, i compiti e le prerogative del Rappresentante, in particolare l’accesso nei luoghi di lavoro e la consultazione della documentazione aziendale e la formazione cui ha diritto (30 ore).

Più recentemente, in materia di cantieri, a modificazione del decreto 26 febbraio 2002, n. 25 (ex art. 7, comma 2, lett. i), legge n. 31/98, è stato emanato il decreto 17 maggio 2005, n. 74; la legge 28 giugno 2005, n. 34, invece intervenuta a disciplinare l’utilizzazione, la bonifica e lo smaltimento dell’amianto.


5. Per concludere. Può essere utile la redazione di un testo unitario sulla sicurezza per i lavoratori a San Marino?

Pur nella sua estrema semplificazione descrittiva che l’ha volutamente caratterizzata, la relazione appena svolta dovrebbe essere riuscita a rendere evidenti alcuni dati incontestabili, che qualificano il sistema legislativo in materia di tutela della salute e sicurezza nell’Ordinamento sammarinese. In particolare, occorre ribadire che i provvedimenti legislativi vigenti in materia di salute e sicurezza dei lavoratori nell’ordinamento sammarinese sono molti e appartengono a momenti storici molto diversi, e come tali, rispondono ad esigenze, perseguono finalità, utilizzano strumenti non sempre facilmente coordinabili. Inoltre, la legge quadro n. 31/98 fa proprio un modello prevenzionale valido, che richiama principi e strumenti riconducibili alla migliore esperienza comunitaria, ma non condivisi dai provvedimenti alla stessi legge precedenti comunque vigenti. Infine, le disposizioni della legge n. 31/98 non sono state interamente attuate: allo stato, mancano molti decreti reggenziali, su aspetti rilevanti.

La situazione sammarinese è dunque del tutto omologa parallela a quella italiana, dove, da moltissimi anni, si è aperto un forte dibattito sull’opportunità di stendere un Codice della Sicurezza, un testo unico che sapesse riportare a razionalità e coerenza un sistema che l’aveva negli anni irrimediabilmente perduta, proprio a causa dell’affastellamento alluvionale di norme tra loro molto diverse per ispirazione e tecnicalità.

Finalmente, da poco più di un mese, si è arrivati all’approvazione del d. lgs. n. 81/2008. Ovviamente, non si è arrivati ancora a strutturare in modo definito e compiuto il provvedimento in tutti i suoi molteplici profili: il “cantiere” resterà aperto per un molto tempo ancora, nel tentativo di chiarire, correggere, interpretare, applicare, completare i nuovi strumenti normativi. Il lavoro che si deve ancora compiere è tanto e non privo di difficoltà di ordine tecnico-pratico e giuridico. Ma il risultato di avere una sorta di Codice della sicurezza nei luoghi di lavoro quale riferimento prevalente per tutti gli attori a vario titolo coinvolti è stato conseguito, con tutti i vantaggi che ciò può di per sé soltanto comportare.

Ciò acclarato, una domanda mi sorge spontanea: se i contesti sociale e giuridico sammarinese ed italiano sono tanto simili tra loro, non pensate anche voi sia giunto il momento almeno di iniziare a ragionare ad alta voce, ovviamente coinvolgendo tutti gli attori, sull’opportunità di dotare anche l’ordinamento giuridico sammarinese di un Codice unico della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro?


Grazie per la vostra cortese attenzione!


Per approfondire:

Angelini Luciano, Nuove tecnologie, organizzazione del lavoro, ruolo del Sindacato. Riflessioni giuridico-sindacali sulle realtà italiana e sammarinese alle soglie del 2000, in P. Pascucci, L. Angelini (a cura di), Le metamorfosi del lavoro in Italia e San Marino. Un inedito confronto fra vicini di casa, Atti del Convegno di Urbino 14 aprile 1997, Esi, Napoli, 2000, pp. 79-115;

Angelini Luciano, L’ordinamento sindacale della Repubblica di San Marino. I. Dal sindacato unico alla costituzione della Centrale sindacale unitaria attraverso l’evoluzione dei modelli di relazioni industriali, in Studi Urbinati - Rivista di scienze giuridiche, Nuova Serie A-50, Urbino, 1997/1998, 2001, pp. 235-296;

Angelini Luciano, Salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, Dispensa per gli studenti (2002), in Documenti dell’Osservatorio Olympus, 2006, olympus.uniurb.it;

Ghiotti Renzo, Sicurezza e Salute nei luoghi di lavoro. Leggi e decreti, Pieve Poligrafica Editore, 2007;

Marando Giuseppe, Il sistema vigente del diritto della sicurezza del lavoro, Giuffré, 2006;

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