Categoria: Giurisprudenza amministrativa (CdS, TAR)
Visite: 14484

Consiglio di Stato, Sez. 3, 27 agosto 2013, n. 4281 - Infortunio in itinere e riconoscimento dipendenza infermità da causa di servizio


 

 

 

 

N. 04281/2013REG.PROV.COLL.

N. 02694/2002 REG.RIC.




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO


Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA



sul ricorso numero di registro generale 2694 del 2002, proposto da:
N. Pietro (deceduto), Teresa L. (Erede N. P.), Rossana N. (Erede N. P.), Samanta N. (Erede N. P.), Alessandro N. (Erede N. P.), rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Calculli, con domicilio eletto presso Paolo Botzios in Roma, via Cicerone n. 49;


contro

U.S.L. Unità Sanitaria Locale n. 6 di Matera, rappresentata e difesa dall'avv. Filippo Panizzolo, con domicilio eletto presso Marco Gardin in Roma, via L. Mantegazza n. 24;


per la riforma

della sentenza del T.A.R. BASILICATA - POTENZA n. 00166/2001, resa tra le parti, concernente riconoscimento dipendenza infermità da causa di servizio;



Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;

Vista la costituzione in appello dell’Amministrazione appellata;

Viste le memorie difensive;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 maggio 2013 il Cons. Alessandro Palanza e uditi per le parti gli avvocati Manzi su delega di Calculli e Corrente su delega di Panizzolo;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FattoDiritto



1. Il signor Pietro N. e, successivamente i suoi eredi Teresa L., Rossana N., Samanta N. e Alessandro N., hanno appellato la sentenza del TAR Basilicata n. 166, che ha respinto il ricorso di Pietro N. per l’annullamento della delibera n. 2080 del 23 novembre 1994 adottata dal Commissario straordinario, con la quale si è rigettata l’istanza di riconoscimento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio, a seguito di incidente itinere.



2. - La sentenza è motivata dal fatto che l’incidente stradale in cui è rimasto coinvolto il signor Pietro N. è avvenuto nel tragitto di ritorno dal luogo di lavoro alla propria abitazione sita in Altamura, fuori dell’ambito territoriale dell’Unità Sanitaria locale. Il signor N. non era stato autorizzato a derogare all’obbligo di residenza, ex art. 27 del D.P.R. n. 761/1979. Si fa, quindi, riferimento alla giurisprudenza per la quale la mancata autorizzazione a risiedere fuori del Comune non consente di indennizzare l’infortunio in itinere del pubblico dipendente.



3. – La parte appellante, anche con successive memorie, contesta la sentenza, rilevando come la portata dell’art. 27 del D.P.R. n. 761/1979 sia molto più limitata di quella ad esso attribuita dalla sentenza stessa. Infatti l’art. 27 è solo preordinato ad assicurare il regolare svolgimento dei doveri lavorativi da parte del dipendente e null’altro. La giurisprudenza citata dalla sentenza non è adeguata alle questioni istituzionali che i principi dell’art. 16 della Costituzione e quelli comunitari di libera circolazione richiedono, oltre ai principi di razionalità, ragionevolezza e proporzionalità. In termini di fatto il Comune di Altamura, pur essendo fuori dal territorio della USL, è il Comune più vicino a quello di Matera, mentre altri comuni appartenenti alla stessa USL sono molto più distanti. L’art. 27 non può quindi essere interpretato in modo lesivo dei parametri costituzionali, comunitari, normativi e logici che lo integrano. Elemento determinante del riconoscimento della causa di servizio è solo la dimostrazione del nesso causale tra i fatti di servizio e la infermità o inabilità conseguente. Nel caso di specie il nesso causale è evidente e non è contestato essendo intervenuto l’infortunio nel tragitto verso la propria dimora al termine del lavoro.

Oltre all’ampia giurisprudenza della Corte di Cassazione (Sezioni Unite n. 3734/1994), vi sono significative pronunzie della Corte dei Conti ( Corte dei Conti, Sez. III, Pens. Civ., n. 50725/1982; n. 35363/1978; Sez. Giur.le Sardegna, Pens. Civ. e Mil., n. 244/1995), che nello specifico non riconoscono la mancata autorizzazione a risiedere fuori dal Comune come elemento sufficiente a negare l’indennizzabilità per infortuni in itinere. Nello stesso senso vi è ampia giurisprudenza amministrativa (si citano le sentenze del TAR Umbria n. 893/1998, che concerne un caso identico, del TAR Lazio n. 656/1984, che esclude solo il caso di comportamento colposo grave del dipendente nell’infortunio). Infine la Corte Costituzionale con sentenza n. 429/1990 ha previsto l’obbligo di copertura assicurativa per i lavoratori “indipendentemente dalla natura dell’attività svolta” quando siano costretti per ragioni oggettive all’uso dell’autovettura.

Alla luce della giurisprudenza non vi è dubbio che l’infortunio subito dal N. debba essere definito “ infortunio in itinere” e quindi come dipendente da causa di servizio con ininfluenza dell’art. 27 del D.P.R. n. 761/1979. Ciò anche perché concorrono tutte le circostanze che rendono di fatto ragionevole, se non necessaria, sia la residenza ad Altamura per esigenze familiari sia l’uso del mezzo proprio per carenza del servizio pubblico.

L’art. 12 del decreto legislativo n. 38/2000 enuclea una nozione di infortunio in itinere indennizzabile pienamente conforme o compatibile con le circostanze verificatesi nel caso di specie, secondo il prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale già ricordato.



4. - L’Amministrazione appellata, con memoria costitutiva e successiva memoria in data 9 ottobre 2012, osserva che, in disparte ogni approfondimento in merito all’imputabilità del sinistro, non avrebbero potuto essere in ogni caso dipendenti da causa di servizio gli esiti invalidanti dell’incidente in quanto il N. non era mai stato autorizzato ad abitare in Altamura, e ciò in deroga all’obbligo di residenza di cui all’art. 27 del D.P.R. n. 761/1979.

Il Consiglio di Stato in numerose occasioni ha convalidato sentenze del TAR in questo senso chiarendo anche, con la sentenza n. 733/1983, che solo l’autorizzazione dell’Amministrazione produce la conseguenza che l’infermità contratta nel corso dei quotidiani trasferimenti dal Comune di residenza alla sede di servizio è imputabile a causa di servizio Non sono pertinenti i riferimenti a giustificazioni postume di mero fatto, né i riferimenti alla giurisprudenza del Giudice ordinario relativi all’impiego privato né i principi comunitari in materia di libera circolazione che non riguardano certo gli obblighi connessi alla prestazione lavorativa, mentre del tutto generiche e infondate sono le censure di illegittimità costituzionale rivolte al citato art. 27. La stessa Corte di Cassazione ha escluso la indennizzabilità dell’infortunio in itinere tutte le volte che il comportamento del lavoratore infortunato, quand’anche non abnorme secondo il comune sentire, sia stato contrario a norme di legge. Pertanto la violazione dell’obbligo di residenza sancito dall’art. 27 del DPR n. 761/1979 ha costituito per il signor N. “rischio elettivo di cui si è assunto tutte le conseguenze”.



5. – La parte appellante ribadisce le proprie ragioni, con memoria di replica presentata in data 16 ottobre 2012, con la quale specifica che il signor N. era residente in Matera, anche se per evidenti valide ragioni familiari dimorava in Altamura. Tali ragioni erano ben conosciute dall’Amministrazione, che non aveva preso in considerazione ben due richieste di trasferimento. Del tutto irrilevante è il fatto che il Comune di Altamura sia in altra Regione, visto che è anche il Comune più vicino a quello di Matera. Non sussiste alcuno dei presupposti per il cosiddetto rischio “elettivo” considerata la normalità e ragionevolezza dei comportamenti in questione. Considera inammissibile il riferimento alla imputabilità del sinistro sollevata dall’Amministrazione solo in questa sede e che non è contenuta nel provvedimento impugnato.

Si fa riferimento in conclusione alla recente pronuncia della Corte Costituzionale di cui all’ordinanza n. 169/2012, a seguito di ordinanza n. 3879/2011 adottata dalla VI Sezione del Consiglio di Stato di rimessione per non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità attinente all’art 12 del D.P.R. n. 3/1957. La ordinanza della Corte costituzionale esclude che la violazione dell’obbligo di residenza abbia di per sé effetto ostativo alla indennizzabilità dell’infortunio subito nel percorso dal lavoro alla dimora. L’appellante afferma che la giurisprudenza più recente costituzionale, civile, amministrativa giunge a ritenere indennizzabile anche l’infortunio occorso durante il percorso tra il lavoro e il luogo ove risieda la famiglia e supera ogni differenziazione nella definizione dell’infortunio in itinere tra rapporto privato e rapporto di pubblico impiego.



6. - Questa III Sezione del Consiglio di Stato ha disposto, con ordinanza n. 1198/2013, alla luce della novità dei principi enucleabili dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 169/2012, attività istruttoria - affidata alla USL appellata - volta ad acquisire la conoscenza degli elementi di fatto - in possesso della stessa USL - rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa vigente all’epoca dei fatti alla luce dei principi derivanti dall’ordinanza della Corte costituzionale soprarichiamata, con riferimento alla qualificazione di incidente in itinere dell’evento occorso al signor N., con esclusione degli elementi non più opponibili nel presente giudizio.



7. – La USL ha adempiuto tempestivamente l’incombente istruttorio trasmettendo in data 27 marzo 2013 la richiesta relazione. La relazione riporta la relazione dei carabinieri sull’incidente nel quale è riportata la dichiarazione del conducente dell’altro veicolo coinvolto secondo la quale la responsabilità dell’incidente era da attribuirsi al signor N., che aveva invaso con la sua autovettura la opposta corsia. Inoltre si segnala che dalla stessa relazione si evince l’orario dell’incidente indicato da un testimone tra le ore 14.45 e le ore 15, orario confermato dall’orario di ingresso in ospedale intorno alle 15,40, mentre il signor N. avrebbe dichiarato un orario intorno alle 14.15. La relazione sottolinea in conclusione che l’orario di lavoro del signor N. cessava alle 14 e che dunque vi era un “vulnus” di circa un’ora dalla la cessazione del lavoro e l’ora dell’incidente.



8. – A seguito della relazione istruttoria, presentano ulteriori memorie:

- la parte appellante che, anche con ulteriore nota aggiuntiva, censura la inosservanza dei precisi limiti fissati dalla ordinanza n. 3879/2011 che ha disposto la esclusione degli elementi non più opponibili nel presente giudizio. Si osserva inoltre che l’Amministrazione non può integrare la motivazione del provvedimento impugnato in sede processuale, che nelle premesse del provvedimento impugnato, la stessa Amministrazione oggi resistente “prende atto del giudizio emesso dalla Commissione medica dell’Ospedale militare di Bari” e che il verbale della medesima Commissione medica rileva che “dagli atti documentati, l’evento lesivo si è verificato in itinere; che non si ravvisano elementi di dolo, colpa grave o negligenza da parte dell’interessato”. Si contestano infine le modalità descrittive dell’incidente utilizzando solo le dichiarazioni dell’autista dell’altro veicolo coinvolto che ovviamente attribuisce la responsabilità al signor N. (mentre al contrario i carabinieri non hanno elevato alcuna contravvenzione a suo carico) e quelle sull’orario in cui è avvenuto in rapporto all’orario di lavoro dell’interessato, portando ulteriori elementi sulla congruità degli orari rispetto all’effettivo orario di cessazione del lavoro, considerato che i turnisti come il signor N., devono attendere la sostituzione per lasciare il servizio.

- l’Amministrazione appellata che sottolinea come l’ordinanza n. 3879/2011 ha chiesto alla stessa Amministrazione di fornire gli elementi di fatto rilevanti ai fini dell’applicazione della normativa vigente all’epoca dei fatti. I documenti disponibili sull’incidente dimostrano che non si può affermare che il signor N. fosse esente da responsabilità e che con certezza vi fosse un effettivo nesso di causalità tra evento e attività lavorativa. Il provvedimento impugnato adotta quindi quella che alla stregua delle norme e della giurisprudenza vigente a quell’epoca è una causa assorbente di diniego, senza perciò voler escludere la considerazione di altri elementi pure emergenti dal fascicolo personale, che sollevavano altri dubbi sulla dipendenza da causa di servizio dell’incidente. Si chiede pertanto, ove non si voglia riconoscere che il provvedimento è stato legittimamente adottato sulla base delle norme e della giurisprudenza vigente, che qualsiasi decisione all’esito del presente giudizio non dovrà vincolare l’azione amministrativa precludendo all’Amministrazione ogni doveroso supplemento istruttorio sulle cause dell’incidente e sull’effettivo nesso di causalità con l’attività lavorativa.



9. – La causa è stata trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 10 maggio 2013.



10. - L’appello è fondato

10.1. – Il Collegio giudica l’appello fondato alla luce dei criteri interpretativi di recente stabiliti dalla ordinanza della Corte costituzionale n. 162/2012. L’ordinanza, respingendo l’ordinanza di rimessione adottata dalla VI Sezione del Consiglio di Stato n. 3879/2011 di non manifesta infondatezza della questione di costituzionalità dell’art 12 del D.P.R. n. 3/1957, che prevede per il personale dipendente dallo Stato la stessa disposizione prevista per il personale del Servizio sanitario nazionale dall’art. 27, comma 4, del D.P.R. n. 761/1979, afferma in conclusione che: “Considerato che, in relazione al sopra evidenziato oggetto del giudizio a quo, siccome assunto nell’ordinanza di rimessione, il rimettente dà per presupposto che la violazione dell’obbligo di residenza, di cui al citato articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 (Testo unico delle disposizioni concernenti lo statuto degli impiegati civili dello Stato), oltre alle possibili ricadute sul piano disciplinare, abbia anche, di per sé, effetto ostativo alla indennizzabilità dell’infortunio subìto, per recarsi al lavoro, dal pubblico dipendente; che, tuttavia, così opinando, il giudice a quo ha omesso di prendere in esame, anche ai fini di una eventuale estensione dell’oggetto della denuncia di illegittimità costituzionale, sia la normativa di riferimento (e, prima di tutte, quella applicabile ratione temporis alla fattispecie oggetto di cognizione) sul riconoscimento della causa di servizio del dipendente pubblico, che, in ipotesi, dovrebbe giustificare l’incidenza della situazione di rilievo disciplinare supposta dalla norma impugnata ai fini di detto riconoscimento, sia la stessa disciplina in materia di infortunio in itinere, che, dopo una risalente elaborazione giurisprudenziale, si è tradotta in apposita disposizione inserita, da parte dell’articolo 12 del decreto legislativo 23 febbraio 2000, n. 38 (Disposizioni in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali, a norma dell’articolo 55, comma 1, della legge 17 maggio 1999, n. 144), nel corpo dell’articolo 2 del decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1965, n. 1124 (Testo unico delle disposizioni per l’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), così che risulta trascurata anche quella giurisprudenza (segnatamente, della Corte di cassazione) che, quanto all’infortunio in itinere, nel delibare l’esistenza del nesso eziologico tra l’evento e la percorrenza del tragitto normale tra il luogo di lavoro e quello di “abitazione”, per tale ha inteso, in termini di effettività, non solo il luogo di personale dimora del lavoratore ma anche quello (ove diverso) in cui si trovi la sua famiglia.”

10.2. – La ordinanza n. 162/2012 della Corte costituzionale precisa espressamente che la mancanza di autorizzazione per risiedere fuori dal comune dove è la sede di lavoro è sanzionabile sul piano disciplinare, ma non ha un effetto ostativo alla indennizzabilità dell’infortunio in itinere, chiarendo ulteriormente che è applicabile al pubblico impiego (anche nei regimi normativi precedenti a quello attuale) la giurisprudenza della Corte di Cassazione in tema di rapporti di impiego privato che considera ai fini dell’indennizzabilità per abitazione del lavoratore il luogo dove si trova la sua famiglia. L’ordinanza di rimessione della VI Sezione del Consiglio di Stato n. 3879/2011 poneva infatti la questione di costituzionalità con riferimento alla applicazione della norma sull’obbligo di autorizzazione per escludere l’indennizzabilità dell’incidente in itinere.

10.3. – Il provvedimento impugnato in primo grado, motivato esclusivamente sotto il profilo della mancata autorizzazione a risiedere fuori dal Comune ove è situata la sede di lavoro, è pertanto illegittimo alla luce dei criteri deducibili dalla sopra richiamata ordinanza della Corte Costituzionale, dal momento che il signor N. era residente nel Comune Matera, dove era la sede di lavoro, ma viveva ad Altamura con la sua famiglia e, tornando ad Altamura, dopo il lavoro, subiva l’incidente automobilistico. Alla luce dei criteri fissati dalla Corte non ha pertanto rilevanza il fatto che il dipendente non era stato autorizzato dalla ASL ad abitare fuori sede, al fine di qualificare l’incidente subito dall’appellante come incidente in itinere indennizzabile in quanto determinato da causa di servizio.

10.4. – Non sono opponibili in questo giudizio, il cui oggetto è la legittimità del provvedimento impugnato in primo grado, gli ulteriori motivi di diniego a cui la USL appellata aveva già fatto riferimento negli atti presentati nel corso del giudizio e che sono stati più estesamente articolati nella relazione trasmessa dalla USL in esecuzione della ordinanza istruttoria di questa Sezione del Consiglio di Stato n. 1198/2013 e nella successiva memoria della medesima USL presentata in data 20 aprile 2013. Tali motivi potranno essere certamente oggetto di istruttoria e di ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione in contraddittorio con gli argomenti e gli ulteriori elementi forniti dalle parti interessate ai provvedimenti medesimi a norma della legge n. 241/1990.



11. – L’appello deve essere pertanto accolto nei termini di cui in motivazione e la sentenza del TAR riformata nel senso così indicato.



12. – In relazione all’andamento della vicenda processuale, si ravvisano giusti motivi per compensare le spese delle due fasi del giudizio.

P.Q.M.



Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto,

accoglie l'appello e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, accoglie il ricorso in primo grado nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.



Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.



Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2013 con l'intervento dei magistrati:




Giuseppe Romeo, Presidente

Bruno Rosario Polito, Consigliere

Angelica Dell'Utri, Consigliere

Massimiliano Noccelli, Consigliere

Alessandro Palanza, Consigliere, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE






DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 27/08/2013

IL SEGRETARIO

(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)