Tribunale di Genova, Sez. Lav., 11 giugno 2013 - Infortunio in itinere di un ausiliario dell'ospedale e indennizzabillità



 


Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, "in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'infortunio "in itinere" non può essere ravvisato in caso di incidente stradale subito dal lavoratore che si sia spostato con il proprio automezzo al luogo di prestazione dell'attività lavorativa fuori sede, dal luogo della propria dimora, ove l'uso del veicolo privato non rappresenti una necessità, in assenza di soluzioni alternative, ma una libera scelta del lavoratore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio della strada" (Cass. ord. 3 novembre 2011, n. 22759; Cass. ord. 7 settembre 2012, n. 15059, ex plurimis).
Ne consegue che nell'ipotesi di lesioni subite dal lavoratore - come nella specie - in un incidente stradale mentre si reca al lavoro con un proprio mezzo di trasporto, l'indennizzabilità dell'infortunio di lavoro "in itinere" può essere riconosciuta soltanto quando l'uso del mezzo diverso da quello pubblico sia reso necessario dalla impossibilità di altra ragionevole scelta.


 

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
TRIBUNALE DI GENOVA
SEZIONE LAVORO

Il Tribunale, nella persona del Giudice dott. Maria Ida Scotto ha pronunciato la seguente
SENTENZA


nella causa promossa da R L., elettivamente domiciliato in Genova , via (...) , presso lo studio dell'avv. PG., che lo rappresenta e difende in forza di mandato a margine del ricorso
ricorrente

Contro

promossa da I.N.A.I.L . - Istituto Nazionale per l' Assicurazione contro gli infortuni sul Lavoro -Sede di Genova , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Genova , Via (.. .) , presso l' avv . C C ., che lo rappresenta e difende per procura generale alle liti notaio GM. rep. 91537, raccolta n. 6036
convenuto

dando lettura della motivazione e del dispositivo ai sensi dell'art. 429 co. 1 c.p.c.
Conclusioni delle parti: come da rispettivi atti introduttivi del giudizio.

FattoDiritto


Con ricorso depositato in data 1 agosto 2012 il sig. R L. ha chiesto la condanna dell'INAIL all'erogazione in suo favore del trattamento dovuto in relazione ai postumi dell' incidente da lui subito in data 20 dicembre 2011, incidente di cui afferma l'indennizzabilità in quanto infortunio in itinere.
L'INAIL si è costituito ritualmente in giudizio contestando la qualificabilità del fatto come infortunio in itinere e chiedendo pertanto la reiezione della domanda.
Non è in contestazione tra le parti che l'infortunio per cui è causa si sia verificato in data 20 dicembre 2011 mentre il ricorrente rientrava a casa dal lavoro a bordo del motociclo di sua proprietà.
Neppure è in contestazione che il ricorrente sia dipendente dell'Azienda Ospedaliera Ospedale San Martino con qualifica di ausiliario.
Sostiene il ricorrente che, se per recarsi al lavoro utilizzasse i mezzi pubblici, dovrebbe percorrere a piedi ogni giorni circa 600/700 metri per raggiungere la fermata dell'autobus, con una percorrenza media di 35 - 45 minuti (30 minuti di autobus oltre a circa 10 minuti a piedi) e che, essendo egli affetto da una grave cardiopatia, non potrebbe percorrere il tratto a piedi, al ritorno in forte salita.
Sostiene ancora il ricorrente che i suoi orari di lavoro (articolati sui turni 7 - 13,45; 13,30 - 20,15 e 20,00 - 7,10) sarebbero incompatibili con la ridotta frequenza dei mezzi pubblici nelle fasce orari utili.
Quest'ultima deduzione risulta smentita dagli orari degli autobus prodotti dall'INAIL, non contestati da parte ricorrente.
La pretesa incompatibilità del tratto di strada da percorrere a piedi con le condizioni di salute del ricorrente è stata per contro esclusa dall'espletata CTU, sorretta da corretta ed esauriente motivazione, che deve intendersi qui integralmente trascritta.
Con riferimento ai rilievi alla CTU mossi dalla difesa del ricorrente deve rilevarsi:
- che il CTU ha correttamente considerato la distanza a piedi indicata in ricorso (600/700) , ma anche la precisazione resa dal ricorrente, in sede di libero interrogatorio, per cui soltanto il tratto iniziale di via (...) è in ripida pendenza;
- che quanto all'affanno da sforzo indicato nella relazione dello specialista cardiologo del 14 dicembre 2012 (redatta peraltro in data successiva all'infortunio) si tratta di affanno soltanto riferito dal paziente e comunque eventualmente ricollegabile, come condivisibilmente evidenziato dal CTU, a sforzi fisici intensi o prolungati e non, invece , al mero fatto di percorrere a piedi, una volta al giorno e con il passo meglio ritenuto, una breve salita;
- che è del resto pacifico che il lavoro del ricorrente implichi lo spostamento a piedi tra i vari reparti dell' Ospedale S. Martino e quindi anche la salita occasionale di scale o di tratti di strada in pendenza, senza che ciò abbia mai comportato disturbi soggettivi, né limitazione di idoneità da parte del medico competenze aziendale, neppure con riferimento ai turni notturni.
Non sussistono pertanto i presupposti per la qualificabilità dell' incidente come infortunio sul lavoro.
Ai sensi dell'art. 12 D.Lgs. 23 febbraio 2000, n. 38, infatti, "salvo il caso di interruzione o deviazione del tutto indipendenti dal lavoro o, comunque, non necessitate, l'assicurazione comprende gli infortuni occorsi alle persone assicurate durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di abitazione a quello di lavoro, durante il normale percorso che collega due luoghi di lavoro se il lavoratore ha più rapporti di lavoro e, qualora non sia presente un servizio di mensa aziendale, durante il normale percorso di andata e ritorno dal luogo di lavoro a quello di consumazione abituale dei pasti. L'interruzione e la deviazione si intendono necessitate quando sono dovute a cause di forza maggiore, ad esigenze essenziali ed improrogabili o all'adempiimento di obblighi penalmente rilevanti. L 'assicurazione opera anche nel caso di utilizzo del mezzo di trasporto privato, purché necessitato"...
La norma ha sostanzialmente recepito i criteri di indennizzabilità dell'infortunio in itinere che - in assenza di una espressa disposizione di legge - erano stati precedentemente individuati dalla giurisprudenza, che nella materia de qua aveva assunto quindi la connotazione del diritto vivente.
Secondo la consolidata giurisprudenza della Corte di Cassazione, "in materia di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, l'infortunio "in itinere" non può essere ravvisato in caso di incidente stradale subito dal lavoratore che si sia spostato con il proprio automezzo al luogo di prestazione dell'attività lavorativa fuori sede, dal luogo della propria dimora, ove l'uso del veicolo privato non rappresenti una necessità, in assenza di soluzioni alternative, ma una libera scelta del lavoratore, tenuto conto che il mezzo di trasporto pubblico costituisce lo strumento normale per la mobilità delle persone e comporta il grado minimo di esposizione al rischio della strada" (Cass. ord. 3 novembre 2011, n. 22759; Cass. ord. 7 settembre 2012, n. 15059, ex plurimis).
Ne consegue che nell'ipotesi di lesioni subite dal lavoratore - come nella specie - in un incidente stradale mentre si reca al lavoro con un proprio mezzo di trasporto, l'indennizzabilità dell'infortunio di lavoro "in itinere" può essere riconosciuta soltanto quando l'uso del mezzo diverso da quello pubblico sia reso necessario dalla impossibilità di altra ragionevole scelta.
Così non è nella fattispecie, non essendo contestato che l'infortunio sia avvenuto in area metropolitana, servita da mezzi di trasporto compatibili con l'orario di entrata e di uscita dal lavoro del ricorrente.
La domanda deve pertanto essere respinta.
Le particolari difficoltà interpretative relative alla qualificabilità di un sinistro come infortunio in itinere giustificano peraltro la compensazione integrale tra le parti delle spese di lite.

P.Q. M.


Il Giudice, definitivamente pronunciando, rigetta la domanda.
Compensa integralmente tra le parti le spese di lite.
Così deciso in Genova l'11 giugno 2013.
Depositata in Cancelleria l'11 giugno 2013.