Responsabilità di un datore di lavoro per delitto di lesione personale colposa in rapporto ad un infortunio occorso per mancata vigilanza sui lavoratori dipendenti - La Corte afferma che "a carico del datore di lavoro, ai sensi della normativa di cui al D.P.R. n. 547 del 1955 (art. 391, art. 392, comma 6) e di quella generale in materia di sicurezza aziendale (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4) ed anche in riferimento alla norma cd. "di chiusura del sistema" ex art. 2087 c.c., sussiste un obbligo di controllo dell'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti e delle disposizioni e procedure aziendali di sicurezza.
In altre parole, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p.p., comma 2.
Nè tali obblighi di vigilanza e controllo del datore di lavoro, di per sè delegabili ad altro responsabile (il che, peraltro, non risulta avvenuto nel caso di specie), vengono meno con la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione al quale sono demandati compiti diversi (v. D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 8 e 9) intesi ad individuare i fattori a rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive, le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali.
Per contro, la vigilanza sull'applicazione delle misure disposte e sull'osservanza di queste da parte dei lavoratori rimane a carico del datore di lavoro, se non ritualmente delegate ad altri soggetti." - Sussiste.
Nè tali obblighi di vigilanza e controllo del datore di lavoro, di per sè delegabili ad altro responsabile (il che, peraltro, non risulta avvenuto nel caso di specie), vengono meno con la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione al quale sono demandati compiti diversi (v. D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 8 e 9) intesi ad individuare i fattori a rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive, le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali.
Per contro, la vigilanza sull'applicazione delle misure disposte e sull'osservanza di queste da parte dei lavoratori rimane a carico del datore di lavoro, se non ritualmente delegate ad altri soggetti." - Sussiste.
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VISCONTI Sergio - Presidente -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. KOVERECH Oscar - Consigliere -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
sul ricorso proposto da: SEZIONE QUARTA PENALE
Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:
Dott. VISCONTI Sergio - Presidente -
Dott. GALBIATI Ruggero - Consigliere -
Dott. FOTI Giacomo - Consigliere -
Dott. KOVERECH Oscar - Consigliere -
Dott. D'ISA Claudio - Consigliere -
ha pronunciato la seguente:
sentenza
1) V.A., N. IL (OMISSIS);
avverso SENTENZA del 03/05/2007 CORTE APPELLO di NAPOLI;
visti gli atti, la sentenza ed il ricorso;
udita in PUBBLICA UDIENZA la relazione fatta dal Consigliere Dott. GALBIATI RUGGERO;
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. DI CASOLA Carlo, che ha concluso per l'annullamento con rinvio in ordine alla sanzione sostitutiva.
Udito il difensore Avv. MASO Lucio.
FattoDiritto
1. V.A., in qualità di legale rappresentante della Società Smada Elettromeccanica, veniva tratto a giudizio innanzi al Tribunale di S. Angelo dei Lombardi - giudice monocratico - per rispondere della contravvenzione di cui al D.P.R. n. 547 del 1955, art. 391 e del delitto di cui all'art. 590 c.p., comma 2, per non avere esercitato la dovuta vigilanza sui lavoratori dipendenti, così provocando al lavoratore D.G.G. lesioni personali gravissime con postumi invalidanti.
In fatto, era avvenuto che il D.G. stava lavorando come capo squadra nello stabilimento della Soc. Smada, esercente attività di verniciatura di pezzi di auto, presso l'impianto automatizzato di cataforesi, allorchè si era verificato un blocco dell'impianto determinato dall'accavallamento e ribaltamento di una delle "bilancelle" utilizzate per il trasporto dei pezzi all'interno per la sottoposizione al processo di cataforesi.
Il lavoratore, al fine di riattivare l'impianto, era salito sul carro ponte lungo le strutture esterne e, raggiunta una posizione sopraelevata rispetto alla posizione della bilancella, si stava accingendo ad intervenire su di essa sganciandola manualmente: peraltro, aveva perso l'equilibrio, trovandosi all'altezza di 5 metri dal suolo,rimanendo impigliato con una scarpa in uno dei ganci dove venivano appesi i pezzi da portare alla verniciatura, così era rimasto a testa in giù sino all'intervento dei colleghi (fatto accaduto in (OMISSIS)).
Il Giudice, con sentenza del 13-12-2004, riteneva l'imputato responsabile per l'occorso; unificati i reati sotto il vincolo della continuazione e concesse le attenuati generiche, lo condannava alla pena di anni uno di reclusione ed Euro 700,00 di multa.
Lo condannava pure al risarcimento dei danni in favore della parte civile da liquidarsi in separato giudizio, concedendo la provvisionale di Euro 20.000,00.
2. Proposto appello da parte del prevenuto, la Corte di Napoli, senza la presenza della parte civile che aveva rinunciato alla costituzione, con decisione in data 3-5-2007 confermava la sentenza di primo grado in punto di responsabilità; riteneva le circostanze attenuanti generiche equivalenti all'aggravante, rideterminando la pena inflitta in giorni 15 di reclusione, concedendo il beneficio della non menzione.
Il Giudice di Appello, preso atto della produzione in giudizio del piano di sicurezza dell'azienda, ribadiva la responsabilità di V.A., nella qualità di datore di lavoro, per non avere vigilato in ordine all'attuazione delle misure di sicurezza ed al rispetto delle stesse da parte dei lavoratori.
Sottolineava che nel caso di specie risultava, anzi, costituire da tempo prassi aziendale quella di consentire l'intervento dei dipendenti, per risistemare le "bilancelle" accavallatesi, secondo le stesse modalità seguite dal lavoratore infortunato: per contro, in base alla normativa di sicurezza l'intervento avrebbe dovuto essere eseguito utilizzando un'impalcatura con parapetti collocata in basso ovvero operando dall'alto facendo uso di cinture adeguatamente ancorate.
Ad avviso della Corte di merito, la nomina del responsabile del servizio di prevenzione e protezione interno ai sensi del D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 4, 8 e 9 (come avvenuto nella vicenda in esame) non esimeva il datore di lavoro dal rispetto degli obblighi di vigilanza posti a suo carico.
3. L'imputato avanzava ricorso per cassazione.
Si doleva per l'accertata responsabilità a suo carico.
Rappresentava che il Giudice di merito non aveva esaminato ed approfondito l'effettiva configurabilità di obblighi residui, in tema di prevenzione infortuni, da ritenersi sussistenti carico del datore di lavoro nel caso che occupa, malgrado la prova fornita che era stato redatto il documento aziendale programmatico per la sicurezza e la prevenzione degli infortuni nonchè era stato designato il responsabile del servizio prevenzione.
Rilevava che con i motivi di appello esso istante aveva chiesto, in ipotesi di applicazione di pena detentiva, la sostituzione con la corrispondente pena pecuniaria: sul punto la Corte di Napoli non aveva dedotto alcunchè.
Chiedeva l'annullamento della sentenza impugnata.
4. Il ricorso può essere accolto per quanto di ragione.
Si osserva, innanzitutto, che il reato contravvenzionale (perpetrato nel febbraio 2001) risultava prescritto già all'epoca di pronuncia della sentenza di secondo grado, per cui in mancanza di elementi probatori che possano giustificare la sua non attribuibilità all'imputato, va emessa la relativa declaratoria di prescrizione.
5. In ordine al delitto colposo, va detto che la Corte di Appello ha correttamente argomentato in fatto, sulla base dei dati obbiettivi della vicenda acquisiti e con riferimento all'evidenziata normativa in tema di sicurezza nei posti di lavoro, circa la riscontrata colpevolezza di V.A., legale rappresentante della Società Smada, presso cui era dipendente la parte offesa.
Invero, a carico del datore di lavoro, ai sensi della normativa di cui al D.P.R. n. 547 del 1955 (art. 391, art. 392, comma 6) e di quella generale in materia di sicurezza aziendale (D.Lgs. n. 626 del 1994, art. 4) ed anche in riferimento alla norma cd. "di chiusura del sistema" ex art. 2087 c.c., sussiste un obbligo di controllo dell'osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti e delle disposizioni e procedure aziendali di sicurezza.
In altre parole, il datore di lavoro è costituito garante dell'incolumità fisica dei prestatori di lavoro, con l'ovvia conseguenza che, ove egli non ottemperi agli obblighi di tutela, l'evento lesivo correttamente gli viene imputato in forza del meccanismo reattivo previsto dall'art. 40 c.p.p., comma 2.
Nè tali obblighi di vigilanza e controllo del datore di lavoro, di per sè delegabili ad altro responsabile (il che, peraltro, non risulta avvenuto nel caso di specie), vengono meno con la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione al quale sono demandati compiti diversi (v. D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 8 e 9) intesi ad individuare i fattori a rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive, le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali.
Per contro, la vigilanza sull'applicazione delle misure disposte e sull'osservanza di queste da parte dei lavoratori rimane a carico del datore di lavoro, se non ritualmente delegate ad altri soggetti.
6. Secondo quanto richiesto dall'imputato in sede di appello, può disporsi, ai sensi dell'art. 620 c.p.p., la sostituzione della pena della reclusione fissata in 15 giorni di reclusione, tenendo conto del disposto L. n. 689 del 1981, ex art. 53, comma 2 come modificato dalla L. n. 134 del 2003, nella sanzione della multa di Euro 570,00.
7. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al reato contravvenzionale (D.P.R. n. 547 del 1955, art. 391), nonchè in ordine alla determinazione della pena detentiva da sostituire con quella pecuniaria della specie corrispondente. Per il resto il ricorso deve essere respinto.
Nè tali obblighi di vigilanza e controllo del datore di lavoro, di per sè delegabili ad altro responsabile (il che, peraltro, non risulta avvenuto nel caso di specie), vengono meno con la nomina del responsabile del servizio prevenzione e protezione al quale sono demandati compiti diversi (v. D.Lgs. n. 626 del 1994, artt. 8 e 9) intesi ad individuare i fattori a rischio, ad elaborare le misure preventive e protettive, le procedure di sicurezza per le varie attività aziendali.
Per contro, la vigilanza sull'applicazione delle misure disposte e sull'osservanza di queste da parte dei lavoratori rimane a carico del datore di lavoro, se non ritualmente delegate ad altri soggetti.
6. Secondo quanto richiesto dall'imputato in sede di appello, può disporsi, ai sensi dell'art. 620 c.p.p., la sostituzione della pena della reclusione fissata in 15 giorni di reclusione, tenendo conto del disposto L. n. 689 del 1981, ex art. 53, comma 2 come modificato dalla L. n. 134 del 2003, nella sanzione della multa di Euro 570,00.
7. In conclusione, la sentenza impugnata va annullata senza rinvio limitatamente al reato contravvenzionale (D.P.R. n. 547 del 1955, art. 391), nonchè in ordine alla determinazione della pena detentiva da sostituire con quella pecuniaria della specie corrispondente. Per il resto il ricorso deve essere respinto.
P.Q.M.
La Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale - annulla la sentenza impugnata senza rinvio limitatamente al reato contravvenzionale che dichiara estinto per prescrizione, nonchè in ordine alla determinazione della pena detentiva, che sostituisce con la sanzione della multa di Euro 570,00 (cinquecentosettanta). Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso in Roma, il 20 maggio 2008.
Depositato in Cancelleria il 4 luglio 2008