Cassazione Civile, Sez. 3, 05 luglio 2017, n. 16480 - Omesso invio della denuncia di infortunio all'Inail da parte del Comune


 

Presidente: SPIRITO ANGELO Relatore: ROSSETTI MARCO Data pubblicazione: 05/07/2017

 

 

 

Fatto

 


1. Nel 1993 A.L. convenne dinanzi al Tribunale di Napoli il comune di Caivano, esponendo:
(-) di essere rimasto vittima, il 5.4.1982, di un infortunio sul lavoro, avvenuto mentre svolgeva l'attività di imbianchino alle dipendenze del Comune di Caivano;
(-) che il suo diritto all'indennizzo nei confronti dell'assicuratore sociale (nella specie, l'INAIL) si era prescritto;
(-) che la prescrizione fu determinata dalla condotta colposa del Comune di Caivano, che omise di inviare all'Istituto la denuncia dell'infortunio.
2. Con sentenza n. 1233 del 2000 il Tribunale di Napoli rigettò la domanda ritenendo il diritto al risarcimento del danno nei confronti del Comune estinto per prescrizione.
La Corte d'appello di Napoli, adita dal soccombente, con sentenza n. 1282 del 2003 rigettò il gravame.
Questa Corte, con sentenza n. 5751 del 2009, cassò con rinvio la sentenza d'appello, sul presupposto che l'azione proposta da A.L. non poteva essere qualificata come extracontrattuale, e non fosse pertanto soggetta al termine prescrizionale breve di cui all'art. 2947 c.c..
3. Riassunto il giudizio, la Corte d'appello di Napoli con sentenza 12.12.2014 n. 613 rigettò nuovamente la domanda attorea, ma questa volta:
(-) sia per difetto di nesso di causa tra l'omissione ascritta al datore di lavoro e il danno;
(-) sia per mancanza di prova del danno, così come degli elementi per stimarlo. 
4. La sentenza pronunciata in sede di rinvio è stata impugnata per cassazione da S.L. e F.E. (eredi di A.L., deceduto nelle more del giudizio), con ricorso fondato su tre motivi ed illustrato da memoria.
Ha resistito con controricorso il Comune di Caivano.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo di ricorso.
1.1. Col primo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.. E' denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 384 c.p.c..
Deducono, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe violato l'art. 384 c.p.c., per avere escluso l'esistenza d'un valido nesso di causa tra l'omissione ascritta al Comune, e il danno patito da A.L.; sostengono che tale statuizione sarebbe erronea, perché questa Corte, con la sentenza n. 5751 del 2009, nel cassare con rinvio la prima sentenza d'appello avrebbe stabilito l'esistenza di quel nesso.
1.2. Il motivo è infondato.
Sulla questione dell'esistenza del nesso di causa tra la condotta del Comune e la perdita del credito indennitario da parte di A.L. nei confronti dell'Inail non si è mai formato alcun giudicato interno, per la semplice ragione che questa Corte si è pronunciata sul termine di prescrizione applicabile, non certo sull'esistenza del danno o degli altri elementi costitutivi della responsabilità.
2. Il secondo motivo di ricorso.
2.1. Col secondo motivo di ricorso i ricorrenti lamentano che la sentenza impugnata sarebbe affetta sia da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c. (si lamenta, in particolare, la violazione degli artt. 1218, 1223, 1226, 2056, 2058 c.c.; 61 c.p.c.; d.m. 5.2.1992); sia dal vizio di omesso esame d'un fatto decisivo e controverso, ai sensi dell'art. 360, n. 5, c.p.c. (nel testo modificato dall'art. 54 d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito nella legge 7 agosto 2012, n. 134).
Deducono, al riguardo, che la Corte d'appello avrebbe errato nel ritenere non provati l'esistenza del danno ed il suo ammontare; nel corso dell'Istruttoria, infatti, erano stati acquisiti i verbali delle visite mediche disposte dall'Inail, sicché la Corte d'appello poteva stimarne l'entità in base alle tabelle di legge utilizzate dall'Inail per la determinazione delle proprie prestazioni.
2.2. Il motivo è infondato.
Con l'atto introduttivo del presente giudizio l'attore non ha lamentato un danno alla salute, ma un danno da perdita del credito (indennizzo INAIL).
All'epoca dei fatti (1982) l'INAIL non assicurava il danno alla salute, ma indennizzava forfettariamente il pregiudizio alla "attitudine al lavoro", che veniva monetizzato non col criterio "a punto di invalidità" (oggi adottato, ex art. 13 d. lgs. 38/2000, per la stima del danno biologico), ma sulla base della retribuzione del lavoratore infortunato. Sicché, avendo il giudice di merito rilevato che l'attore omise il deposito della busta paga, né dimostrò aliunde il proprio reddito, correttamente quel giudice ha escluso che gli fossero stati forniti gli elementi necessari per la stima del danno.
Pertanto, abbia o non abbia la Corte d'appello di Napoli esaminato i verbali delle visite mediche disposte dall'Inail, la circostanza è irrilevante, giacché quei verbali nulla le avrebbero consentito di stabilire circa il quantum debeatur, in assenza delle buste-paga.
3. Il terzo motivo di ricorso
3.1. Col terzo motivo di ricorso i ricorrenti sostengono che la sentenza impugnata sarebbe affetta da un vizio di violazione di legge, ai sensi dell'art. 360, n. 3, c.p.c.. E' denunciata, in particolare, la violazione degli artt. 91 e 92 c.p.c..
Lamentano di essere stati condannati alle spese di lite, e sostengono che la Corte d'appello avrebbe dovuto compensarle.
3.2. Il motivo è inammissibile.
La scelta di compensare o non compensare le spese di lite è affidata infatti alla valutazione discrezionale del giudice di merito, e non è sindacabile in questa sede.
4. Le spese.
4.1. Le spese del presente grado di giudizio vanno a poste a carico dei ricorrenti, ai sensi dell'art. 385, comma 1, c.p.c., e sono liquidate nel dispositivo.
4.2. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto, del quale si dà atto con la presente sentenza, per il pagamento a carico della parte ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi dell'art. 13, comma 1 quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (nel testo introdotto dall'art. 1, comma 17, legge 24 dicembre 2012, n. 228).
 

 

P.Q.M.

 

la Corte di cassazione:
(-) rigetta il ricorso;
(-) condanna S.L. e F.E., in solido, alla rifusione in favore del Comune di Caivano delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di euro 7.200, di cui 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie ex art. 2, comma 2, d.m. 10.3.2014 n. 55;
(-) dà atto che sussistono i presupposti previsti dall'art. 13, comma 1 quater, d.p.r. 30.5.2002 n. 115, per il versamento da parte di S.L. e F.E., in solido, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della Corte di cassazione, addì 4 aprile 2017.