Cassazione Civile, Sez. 6, 15 ottobre 2018, n. 25618 - Infortunio di un imprenditore individuale. Risarcimento


 

 

 

Presidente: ARMANO ULIANA Relatore: ROSSETTI MARCO Data pubblicazione: 15/10/2018

 

 

 

Fatto

 


1. Nel 2003 M.B., imprenditore individuale, convenne dinanzi al Tribunale di Perugia la società Cancellotti Manufatti Cement Block s.r.l. (che in seguito muterà ragione sociale in Omissis d’ora innanzi, per brevità, sempre e comunque “la Cama”) e l’inail, esponendo che il 1° febbraio 2002 era rimasto vittima di un infortunio sul lavoro, causato da un dipendente della società convenuta, e chiedendo la condanna di questa al risarcimento del danno, previa detrazione di quanto percepito dall’lnail.
2. L’Inail si costituì e domandò nei confronti della convenuta Cama hold, ai sensi dell’art. 1916 c.c., la rifusione delle somme pagate all’infortunato in adempimento dei propri obblighi indennitari.
3. La Cama si costituì e, oltre a negare la propria responsabilità, eccepì il concorso di colpa della vittima; in ogni caso chiese di essere tenuta indenne dal proprio assicuratore della responsabilità civile, ovvero la Toro Assicurazioni s.p.a.; la società convenuta chiamò altresì in causa il broker per il tramite del quale aveva stipulato il contratto di assicurazione con la Toro, ovvero la società Grifo Insurance Brokers
4. La Grifo Insurance Brokers si costituì chiamando in causa a sua volta i propri assicuratori della responsabilità civile, ovvero la Nuova MAA Assicurazioni, la A1G Lurope S.A., la Gan Italia s.p.a., la Italiana Assicurazioni s.p.a., la Wintertluir Assicurazioni s.p.a. tutti i chiamati si costituirono, ad eccezione della Winterthur.
5. Con sentenza 22 febbraio 2012 n. 201 il Tribunale di Perugia rigettò la domanda attorea.
La sentenza venne appellata da M.B. e dall'Inail.
Nelle more del giudizio d'appello M.B. fallì; il processo venne dichiarato, interrotto e riassunto dall’Inail.
Dopo la riassunzione si .costituì il curatore del fallimento di M.B., che coltivò la domanda di risarcimento proposta da quest’ultimo quando era in bonis.
6. Con sentenza 16 marzo 2016 n. 146 la Corte d’appello di Perugia accolse il gravame tanto del fallimento, quanto dell’lnail. 
Per quanto in questa sede ancora rileva, il giudice d’appello:
(-) accertò la responsabilità della Cama, ed il concorso di colpa della vittima nella misura del 25%;
(-) accolse la domanda attorea di risarcimento del danno;
(c) accolse la domanda di surrogazione dell’Inail.
Sul piano del quantum, la Corte d’appello così provvide:
(a) stimò il danno patrimoniale civilistico da inabilità temporanea patito da M.B. (al netto del concorso di colpa) in curo 2.688; condannò la Cama a pagarne 2.576,90 all’lnail a titolo di surrogazione (tale essendo l’importo del danno patrimoniale indennizzato dall’lnail, per quanto emerso in giudizio), ed il resto alla curatela del fallimento di M.B.;
(b) stimò il danno biologico permanente patito dalla vittima in euro 100.591,75 (al netto del concorso di colpa), e quello “morale” in euro 50.292,13 (al netto del concorso di colpa);
(c) accertò che l’Inail aveva costituito in favore della vittima, a titolo di indennizzo del danno biologico, una rendita il cui valore capitale alla data del 22.4.2011 ammontava ad euro 88.335,55;
(d) condannò, di conseguenza, la Cama a pagare all’Inail, a titolo di surrogazione, la somma di euro 88.335,55;
(e) condannò la Cama a pagare al fallimento della vittima la differenza tra l’importo del complessivo danno non patrimoniale civilistico (100.591,75+50.292,13), e la somma attribuita all'Inail (88.335,55);
(f) negò che l’inail potesse surrogarsi sulle somme dovute alla vittima a titolo di danno morale, poiché tale danno non è indennizzato dall’lnail;
(g) negò che l'Inail potesse surrogarsi per le somme da esso pagate alla vittima a titolo di indennizzo del danno alla capacità lavorativa, non essendo stato accertato un danno civilistico da incapacità lavorativa. 
7. La sentenza d’appello è stata impugnata:
(a) in via principale dalla Cama, con ricorso fondato su due motivi ed illustrato da memoria;
(b) in via incidentale dall’Inail, con ricorso fondato su un motivo; (c) in via incidentale dal fallimento di M.B., con ricorso fondato su un motivo.
La Cama ha resistito con controricorso ai due ricorsi incidentali proposti dalle parti intimate.
8. Nelle more del giudizio di legittimità la Cotte d’appello di Perugia, su istanza del fallimento, ha corretto la sentenza impugnata, ai sensi dell'art. 287 c.p.c..
Il provvedimento corretto è stato impugnato per cassazione dalla Cama, con ricorso successivo fondato su due motivi, subordinati l’uno all’altro.
A tale ricorso successivo ha resistito il Fallimento M.B. con controricorso.
 

 

Diritto

 


1. Il primo motivo del ricorso principale (Cama).
1.1. Col primo motivo la Cama lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 5, c.p.c., l'omesso esame d’un fatto decisivo da parte del giudice d’appello.
Deduce che il giudice di mento, nell’accogliere la domanda di surrogazione proposta dall’Inail, non tenne conto del fatto che la vittima aveva in precedenza (per l’esattezza, nel 1084) patito un altro infortunio, cui erano residuati postumi permanenti che si erano cumulati coi postumi residuati all’infortunio del 2002, oggetto del presente giudizi. 
Conclude osservando che l’omessa considerazione di tale fatto "affetta la sentenza in modo decisivo" senza tuttavia indicare in modo più preciso a quale diversa decisione avrebbe dovuto condurre l’esame della suddetta circostanza.
1.2. Il motivo è inammissibile, per due indipendenti ragioni.
In primo luogo è inammissibile, perché la società ricorrente non ìndica in modo chiaro e puntuale quando, nel giudico di primo grado, la questione della preesistenza di postumi sia stata sollevata. Di talché delle due l'una: se tale questione tu davvero posta in primo grado, il motivo é inammissibile perché non indica in quali termini e con quale atto tale eccezione entrò a far parte del dibattito processuale (al contrario di quanto dedotto dalla ricorrente nella memoria depositata ai sensi dell'art. 380 bis c.p.c.), in violazione del precetto di cui all’art. 366, n. 6, c.p.c.; se non lo fu, il motivo é inammissibile per la novità della questione.
1.3. In secondo luogo il motivo é inammissibile per l'irrilevanza del tatto che si assume trascurato dal giudice d’appello.
La surrogazione dell’assicuratore sociale é intatti ammessa solo quando vi sia identità tra i pregiudizi indennizzati dall’assicuratore sociale, ed i danni causati dal terzo responsabile (Corte cost., 18-07-1991, n. 356). Nel presente giudizio l’Inail ha versato alla vittima un indennizzo, in forma di rendita, a titolo di ristoro del danno biologico.
L'Inail indennizza tuttavia il danno biologico solo a partire dall’entrata in vigore del d. lgs. 23.2.2000 n. 38.
Prima di tale data, l’inail nel caso di infortunio non mortale sul lavoro indennizzava alla vittima un pregiudizio ben diverso dal danno biologico, ovvero la compromissione dell'attitudine al lavoro (art. 74, comma primo, d.P.R. 30.6.1965 n. 1124).
Non è certo questa la sede per ripercorrere lo sterminato dibattito sul concetto di “attitudine al lavoro”: basterà dunque ricordare, per i fini che qui rilevano, come sia pacifico nella giurisprudenza di questa Corte che la compromissione dell'attitudine al lavoro di cui all’art. 74 d.P.R. citato sia un pregiudizio diverso, per natura, fondamento ed effetti, dal danno alla salute o danno biologico che dir si voglia.
Allorché l'Inail cessò di assicurare i pregiudizi alla attitudine al lavoro, ed iniziò ad assicurare i pregiudizi alla salute, sorse il problema di coordinare la vecchia con la nuova disciplina, nel caso in cui dopo la riforma si fossero aggravate invalidità già indennizzate coi criteri previgenti, ovvero ne fossero insorte di nuove.
A risolvere tale ultimo problema provvide l’art. 13, comma 6, del d. lgs. 38/2000, cit., il quale stabilì che “quando per le conseguente degli infortuni (...) verificatesi (...) prima della data di entrata in rigore del decreto ministeriale di cui al comma 3 l’assicurato percepisca una rendita o sia stato liquidato in capitale ai sensi del testo unico, il grado di menomazione conseguente al nuovo infortunio o alla nuova malattia professionale viene valutato senza tenere conto delle preesistenze, in tale caso, l'assicurato continuerà a percepire l’eventuale rendita corrisposta in conseguenza di infortuni o malattie professionali verificatisi o denunciate prima della data sopra indicata ”.
Il “fatto materiale” che la Cama denuncia, dunque, come trascurato sarebbe stato del tutto irrilevante ai fini del decidere, giacché la circostanza che la vittima avesse, prima del 2000, patito un altro infortunio, non avrebbe inciso né sulla stima del grado di invalidità permanente causato dal secondo infortunio, né sulla misura dell'indennizzo del danno biologico.
2. Il secondo motivo del ricorso principale (Cama).
2.1. Col secondo motivo di ricorso la Cama lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell’articolo 46 r.d. 16.3.1942 n. 267 (legge fallimentare).
Lamenta di essere stata condannata a pagare il risarcimento del danno c.d. differenziale (rectius, l’eccedenza del credito risarcitorio rispetto a quanto pagato dall’lnail) non all’infortunato M.B., ma alla curatela del fallimento di questi, essendo la vittima un imprenditore individuale.
Sostiene che, così giudicando, la Corte d’appello ha violato l’articolo 46 della legge fallimentare, in quanto non sono compresi nel fallimento i diritti di natura strettamente personale, ed il diritto al risarcimento del danno biologico è di natura strettamente personale e come tale è escluso dall’attivo fallimentare.
2.2. Il motivo è fondato.
Questa Corte ha infatti già ripetutamente affermato che le somme spettanti (...) a persona fìsica, successivamente fallita, a tìtolo di risarcimento del danno biologico o del danno morale, attesa la natura strettamente personale, sin dall'origine, del relativo diritto, rientrano nella previsione dell'art. 46, primo comma, teppe fall, e non possono essere quindi attribuite al fallimento  (così Sez. 1, Sentenza n. 392 del 11/01/2006, Rv. 5894(81 - 01; nello stesso senso Sez. 1, Sentenza n. 2719 del 07/02/2007, Rv. 599851 - Oh Sez. 1, Sentenza n. 8022 del 13/06/2000, Rv. 537539 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 5539 del 20/06/1997, Rv. 505338 - 01).
Tale consolidatissimo orientamento ha consapevolmente superato la precedente e contraria opinione, espressa da Sez. 3, Sentenza n. 709 del 31/03/1960, Rv. 882052 - 01, e Sez. 1, Sentenza n. 1123 del 07/05/1963, Rv. 261641 - 01.
3. Il ricorso incidentale dell’Inail.
3.1. Con l'unico motivo del proprio ricorso incidentale l'Inail lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c., la violazione dell'art. 1916 c.c.; dell’art. 13 d. lgs. 23.2.2000 n. 38; dell'art. 142 d. lgs. 7.9.2005 n. 209 (codice delle assicurazioni); dell'art. 10 d.P.R. 30.6.1965 n. 1 124. dispone che la Corte d’appello ha ammesso l'lnail a surrogazione nei soli limiti dell’importo di euro 88.333,55, pari al valore capitale della rendita costituita in favore di M.B..
Sostiene che tale statuizione sarebbe erronea, perché il danno biologico permanente patito dalla vittima era stato stimato in sentenza in euro 100.591,75, e dunque entro tale maggior importo si sarebbe dovuta ammettere la surrogazione.
Dopo aver sostenuto ciò (pp. 1 e 13 del ricorso incidentale), il ricorso dell’Inail passa a discutere del criterio (e non dell’ammontare) di calcolo del danno differenziale, invocando il “principio di indistinzione delle poste di danno, ai fini della surrogazione dell'assicurazione sociale''-, quel principio, cioè, secondo cui il danno differenziale va calcolato, ai fini della surrogazione, sottraendo dall’intero danno civilistico l’intero valore di tutti gli importi pagati dall’lnail, senza distinzione per “voci” o “poste” di danno (pp. 14-15 del ricorso).
Infine, in un terzo e successivo segmento del proprio ricorso incidentale, l’Inail lamenta che la sentenza impugnata sarebbe erronea, nella parte in cui ha escluso dal diritto di surrogazione le somme già pagate dall’Inail, al momento della sentenza, a titolo di ratei di rendita.
3.2. Nella parte in cui denuncia l’erroneità del criterio di calcolo del danno differenziale (ovvero dalla quota di credito risarcirono che resta nella titolarità della vittima, e non si trasferisce all'Istituto per effetto di surrogazione) il motivo è infondato.
Questa corte, infatti, ha già ripetutamente affermato che nel caso in cui la vittima di un fatto illecito abbia percepito un indennizzo dall'lnail, per stabilire se ed in che misura residui un eredito risarcitorio del danneggiato nei confronti del terzo responsabile (scilicet, il c.d. danno differenziale) occorre calcolare la differenza col criterio c.d. “per poste” (o “voci”) di danno: vale a dire sottraendo l’indennizzo Inail dal credito risarcitorio solo quando l’uno e l’altro siano stati destinati a ristorare pregiudizi identici.
Così, ad esempio, occorrerà sottrarre l’indennizzo Inail erogato per il danno biologico permanente dal credito risarcitorio per lo stesso titolo; l’indennizzo Inail erogato per il danno alla capacità lavorativa dal credito risarcitorio per lo stesso titolo, e così via.
Corollari di questo metodo sono che:
(a) se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico, nulla potrà pretendere per quel danno la vittima dal responsabile;
(b) se per una voce di danno l’indennizzo Inail eccede il credito civilistico, il responsabile non potrà pretendere che l’eventuale eccedenza sia riportata a defalco di altri erediti risarcitori della vittima (in tal senso si vedano Sez. 3, Sentenza n. 13222 del 26.6.2015; Sez. 6 - .3, Ordinanza n. 17407 del 30.8.2016; Sez. L, Sentenza n. 27669 del 21.1 1.2017).
La Corte d’appello si è puntualmente attenuta a questo criterio, sicché sotto questo aspetto la sentenza è ineccepibile. 
3.3. Nella parte in cui lamenta la sottostima del credito surrogatorio, per indebita esclusione dei ratei di rendita già pagati, il motivo è fondato.
Quando la vittima di un infortunio sul lavoro abbia patito un danno permanente alla salute che abbia compromesso la complessiva validità psicofisica dell’individuo in misura superiore al 16%, l’inail indennizza la vittima costituendo in suo favore una rendita (art. 13 d. lgs. 38/2000).
Se la rendita inizia ad essere erogata — come è frequente — prima che il giudice civile provveda sulla domanda di risarcimento e su quella di surrogazione proposte, rispettivamente, dalla vittima e dall’lnail contro il terzo responsabile, al momento della decisione l’inail avrà necessariamente già versato un certo numero di ratei della rendita, e dovrà continuare a versarne altri in futuro.
Il calcolo del credito surrogatorio dell'Inail deve dunque avvenire da un lato sommando (e rivalutando, trattandosi di obbligazione di valore) i ratei già corrisposti; dall’altro capitalizzando (cioè trasformando in un capitale) la rendita ancora da erogare, in rapporto alla speranza di vita del beneficiario.
Nel caso di specie la Corte d’appello ha accertato in punto di fatto che, alla data del 22.4.2011, l'Inail aveva già versato alla vittima rati di rendita per complessivi euro 79.743,48, e che alla stessa data il valore capitale della rendita ancora da versare a titolo di danno biologico ammontava ad euro 88.333,33.
La Corte d’appello tuttavia ha limitato il diritto di surrogazione dell’Inail al solo importo di euro 88.333,33, sebbene il credito risarcitorio della vittima a titolo di danno biologico (euro 100.391,73) consentisse all’Inail di surrogarsi tino alla concorrenza di esso, ha Corte d’appello, in definitiva, ha violato l’art. 1916 c.c., perché:
-) ha accertalo pagamenti (sia passati che futuri) dell’lnail a favore della vittima per oltre 150.000 euro a titolo di danno biologico;
-) ha accertato un credito risarcitorio della vittima verso il terzo responsabile, a titolo di danno biologico, per 100.000 euro;
-) ha contenuto l’azione di surrogazione dell'lnail nel minor importo di euro 88.335,55.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio anche sotto questo profilo.
Il giudice di rinvio provvederà a rideterminare il credito surrogatorio dell'lnail, sommando i ratei di rendita già pagati dall’Inail, previa detrazione da essi della quota destinata ad indennizzare il pregiudizio alla capacità di lavoro.
4. Il ricorso incidentale della curatela.
4.1. Con l’unico motivo del proprio ricorso incidentale il fallimento lamenta, ai sensi dell’articolo 360, n. 3, c.p.c. la violazione dell’articolo 1916 c.c.
Espone che la Corte d’appello ha, nella motivazione della sentenza, condannato la Cama a pagare al fallimento la differenza fra il danno civilistico e quello indennizzato dall’Inail ; nel dispositivo della sentenza, tuttavia, ha trascurato di pronunciare la relativa condanna.
4.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale, dal momento che per quanto già detto il risarcimento del danno biologico e quello del danno morale spettano alla vittima, non alla curatela.
5. Il ricorso successivo proposto dalla Cama 
5.1. Con il primo motivo del ricorso “successivo”, proposto avverso la sentenza d’appello per come corretta ai sensi dell’art. 287 c.p.c., la Cama lamenta che la Corte d’appello avrebbe violato quest’ultima norma, per avere emendato con la procedura di correzione degli errori materiali un errore di giudizio.
Espone, al riguardo, che il fallimento propose istanza ex art. 287 c.p.c., deducendo che la Corte d’appello, in motivazione, aveva condannato la Cama a pagare al fallimento della vittima il danno morale patito da quest’ultima, senza però riportare il relativo dictum nel dispositivo della sentenza.
Il fallimento chiese pertanto che la sentenza venisse corretta, aggiungendo tale statuizione al dispositivo, e la Corte d’appello accolse l’istanza di correzione.
Deduce ora la Canta che quello denunciato dal fallimento con l’ordinanza di correzione non era un errore materiale, ma un “contrasto logico” tra dispositivo e motivazione, come tale non correggibile.
In subordine, deduce che in ogni caso il credito risarcitorio per danno morale non è compreso nel fallimento.
5.2. Il motivo resta assorbito dall’accoglimento del secondo motivo del ricorso principale.
6. Le spese.
6.1. Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
 

 

P.Q.M.

 


(-) accoglie il secondo motivo del ricorso principale;
(-) accoglie il ricorso incidentale proposto dall’lnail 
(-) dichiara assorbito il ricorso incidentale proposto dal fallimento di M.B.;
(-) dichiara assorbito il ricorso successivo proposto dalla Cama;
(-) cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla (ione d’appello di Perugia, in diversa composizione, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sesta Sezione civile della Corte di cassazione, addì 17 luglio 2018.