Cassazione Penale, Sez. 4, 19 febbraio 2019, n. 7537 - Omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro. Termine di prescrizione


 

 

Presidente: FUMU GIACOMO Relatore: MENICHETTI CARLA Data Udienza: 24/01/2019.

 

 

 

Fatto

 

La Corte d'Appello di Messina, con sentenza del 15 novembre 2017, confermava la sentenza del Tribunale di Patti del 27 ottobre 2014, con la quale L.A. veniva condannato, riconosciute le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente alle contestate aggravanti, alla pena di anni due di reclusione per il reato di cui all'art. 589, c. 2, cod.pen., per avere cagionato la morte del lavoratore, in violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro.
2. L'imputato, a mezzo del proprio difensore di fiducia, propone ricorso per cassazione.
3. Con unico motivo, il ricorrente lamenta violazione di legge per non avere la Corte territoriale pronunciato sentenza di non doversi procedere per intervenuta prescrizione. Il reato, infatti, veniva commesso in data 31 gennaio 2008 e, conseguentemente, dovendosi applicare la versione dell'art. 157 cod.pen. più favorevole all'imputato, doveva dirsi prescritto nel termine di sette anni e mezzo, decorso prima della sentenza di appello.
4. A mezzo di motivi aggiunti ritualmente presentati, il ricorrente evidenzia come non sarebbe al caso di specie applicabile il raddoppio dei termini di prescrizione previsto dall'art. 157, c. 6, cod.pen., in quanto i giudici di merito avevano concesso al prevenuto le circostanze attenuanti generiche in misura prevalente rispetto all'aggravante di cui all'art. 589, c. 2, cod.pen., che non poteva dunque ritenersi applicabile ai fini della prescrizione.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso è inammissibile in quanto manifestamente infondato.
2. Il reato contestato - vale a dire l'omicidio colposo commesso in violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro, ai sensi dell'art. 589, c. 2, cod.pen. - è stato commesso in data 31 gennaio 2008.
Corretta è l'allegazione difensiva circa la cornice edittale del reato nel tempus commissi delicti, ma essa non è rilevante ai fini della prescrizione. Come riconosciuto dalla stessa difesa nei motivi aggiunti, infatti, anche all'epoca del fatto per cui oggi è processo il tempo minimo ordinario di prescrizione era pari ad anni sei ed a sette anni e sei mesi il termine massimo, con raddoppio dei termini prescrizionali nel caso del reato di cui all'art. 589, c. 2, cod.pen. Non può sostenersi che tale aggravante non dovrebbe venire considerata, ai sensi del citato art.157, comma 6, solamente perché ritenuta soccombente rispetto alle circostanze attenuanti generiche, a ciò ostando il chiaro disposto dell'art. 157, c. 3, cod.pen., che impedisce l'applicazione dell'art. 69 cod.pen. sul bilanciamento di circostanze nel computo del termine di prescrizione. Ne consegue che, al tempo della commissione del fatto, il delitto in contestazione andava incontro ad un termine di prescrizione raddoppiato, vale a dire pari a quindici anni, evidentemente non ancora trascorsi.
4. Si impone pertanto la declaratoria di inammissibilità del ricorso, cui segue per legge la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria di duemila euro in favore della cassa delle ammende, non ravvisandosi ragioni di esonero (Corte Cost., sent.n.186/2000), nonché alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili in questo giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo.
 

 

P.Q.M.

 


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro duemila in favore della cassa delle ammende nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalle parti civili Omissis come rappresentato in giudizio, che liquida in complessivi euro 4.000,00 oltre spese generali al 15%, cpa e iva.
Così deciso in Roma il 24 gennaio 2019