Cassazione Penale, Sez. 3, 29 dicembre 2022, n. 49464 - Mobbing sessuale: condannato il titolare di un bar


 

Fatto



l. Con sentenza in data 25 .11. 2021 la Corte di Appello di Cagliari ha integralmente confermato la condanna alla pena di due anni ed otto mesi di reclusione resa all'esito del primo grado di giudizio dal Tribunale della stessa città nei confronti di Omissis, ritenuto responsabile dei reati tra loro avvinti dal vincolo della continuazione di maltrattamenti esternato sotto forma di mobbing sessuale nei confronti di tre ragazze che avevano prestato attività lavorativa nel bar dallo stesso gestito nel periodo dal 22 marzo al 18.6.2012 e di violenza sessuale nella forma di minore gravità di cui all'art. 609 bis ult. cod. pen. comma ai danni di due di queste.
2. Avverso il suddetto provvedimento l'imputato ha proposto, per il tramite del proprio difensore, ricorso per cassazione articolando quattro motivi di seguito riprodotti nei limiti di cui all'art. 173 disp.att. cod.proc.pen ..
2.1. Con il primo motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 157 cod. pen. e 129 primo comma cod. proc. pen. e al vizio motivazionale, la mancata declaratoria nel dispositivo della sentenza dell'estinzione del reato di cui al capo B), relativo ai maltrattamenti ex art. 572 cod. pen. e la conseguente omessa rideterminazione della pena complessiva, invece confermata rispetto a quella determinata dal primo giudice, quantunque nella motivazione si desse atto dell'intervenuta prescrizione del suddetto delitto alla data del 18.12.2019, ovverosia antecedentemente alla stessa pronuncia della Corte di appello.
2.2. . Con il secondo motivo lamenta, in relazione al vizio di violazione di legge e al vizio motivazionale riferito al delitto di violenza sessuale, l'omessa verifica dell'attendibilità delle p.o. che implicando un vaglio ben più penetrante delle valutazioni degli altri testimoni, imponeva di tener conto sia della mancanza di riscontri di carattere oggettivo, sia della discordanza della versione resa da ciascuna vittima rispetto alle altre. In particolare rileva che non si fosse tenuto adeguato conto, quanto alla Omissis, che aveva dichiarato che l'imputato la importunava alla presenza di dipendenti e clienti, senza che nessuno di costoro avesse dichiarato di aver assistito ad alcunchè, che gli approcci sessuali da costei asseritamente subiti stridevano con la richiesta di essere ospitata per ben due volte dall'imputato in casa sua, che la ragazza era stata addirittura ripresa da costui per gli abiti succinti che indossava al lavoro e che si fosse attivata, secondo quanto riferito dalla teste Omissis, per convincere più persone a denunciarlo; quanto
alla Omissis, che costei aveva riferito di aver subito un'estorsione, reato da cui il prevenuto era stato assolto sin dal primo grado del giudizio, e che, in relazione alle pretese avances sessuali, aveva parlato soltanto di un comportamento amichevole o un po' troppo amichevole di costui; quanto alla Omissis , che le dichiarazioni di costei erano state apertamente smentite dal suo stesso fidanzato e che in ogni caso l'imputato era stato assolto dai fatti di violenza sessuale dalla stessa riferiti; quanto a tutte le vittime che nessuna di costoro fosse stata in grado di collocare temporalmente gli approcci subiti dal Omissis limitandosi a dichiarare che avvenivano quotidianamente, né di esibire alcuno dei numerosissimi sms che asserivano di aver ricevuto dal datore di lavoro. Evidenzia come anche le deposizioni rese dalle testi omissis e omissis smentiscano, se esaminate nella loro interezza e senza mutilazioni, il narrato delle p.o., sostenendo in estrema sintesi che tutte le risultanze istruttorie, solo superficialmente esaminate, fossero state indebitamente interpretate rispetto al loro contenuto complessivo in una prospettiva acriticamente accusatoria, finendo per racchiudere in una motivazione meramente circolare la asserita inconsistenza della versione resa dall'imputato, defraudata di ogni credibilità sulla base di sole congetture.
2.3. Con il terzo motivo contesta, in relazione al vizio di violazione di legge riferito agli artt. 56 e 609 bis cod. pen. e al vizio motivazionale, la qualificazione del reato di cui al capo A) come consumato, rilevando che i toccamenti di parti corporee della vittima diverse dagli organi genitali o dalle zone definibili come erogene integrasse solo la fattispecie tentata, non avendo comportato alcuna intrusione nella sfera sessuale del soggetto passivo. Evidenzia che nessuna delle vittime aveva riferito di toccamenti delle parti intime, neppure con modalità fugaci, e come dalle dichiarazioni della omissis non emergesse neppure un contatto fisico con l'imputato, il quale si era soltanto limitato a carezzarle una spalla o i fianchi, condotta questa neppure univocamente diretta a suscitare pulsioni concupiscenti, ben potendo essere al contrario interpretata come un'espressione di affetto o, al più, come un comportamento amichevole e scherzoso con cui l'imputato era solito intrattenersi con le dipendenti del bar. Contesta sul punto che il rapporto di subordinazione tra lui e le asserite vittime potesse connotare sessualmente siffatte condotte le quali in ogni caso non denotavano affatto una finalità erotica, ma soltanto intenti, che, per quanto estrinsecatisi con modalità ineleganti, erano invece briosi, senza che a diverse conclusioni potessero condurre le reazioni riferite dalle ragazze, quali attacchi di panico , amenorrea o disturbi di ansia, che, oltre ad essere rimaste prive di qualsiasi riscontro, costituivano un'inferenza espressione di un mero ragionamento circolare, nel quale i sintomi venivano confusi con la prova dell'abuso e l'abuso ritenuto la spiegazione dei sintomi: invoca al riguardo il principio affermato dalla giurisprudenza secondo il quale non è consentito da un indizio, sicuro in fatto, ma equivoco nell'interpretazione, concludere per la certezza dell'evento, che costituisce invece l'oggetto di prova.
2.4. Con il quarto motivo si duole dell'insufficienza della motivazione resa in ordine al diniego delle attenuanti generiche, rilevando come dovesse invece trovare la dovuta valorizzazione il clima goliardico e scherzoso, avvalorato anche dalle denominazioni dei cocktail che venivano serviti del bar, allusive a richiami sessuali, in cui le condotte del prevenuto erano state poste in essere, senza mai menomare la libertà di autodeterminazione delle vittime

 

Diritto
 



l. Il ricorso deve ritenersi fondato esclusivamente con riferimento al primo motivo dove a ragione il ricorrente rileva l'intervenuta prescrizione del reato di maltrattamenti contestato al capo B), il cui termine risulta spirato alla data del 18.12.2019, ovverosia antecedentemente alla pronuncia resa in data 25.11.2021 dalla Corte di appello. Di ciò, per vero, dà atto la stessa sentenza impugnata nella parte motiva per poi, invece, omettere nel dispositivo non solo di dichiarare l'improcedibilità dell'azione per l'intervenuta estinzione del delitto, ma altresì di rideterminare, in conseguenza del venir meno del medesimo, la pena, indebitamente confermandosi anche su tale punto la decisione del giudice di primo grado. Si impone pertanto limitatamente a tale punto l'annullamento della pronuncia in esame.
2. Tutti gli altri motivi devono, per contro, essere dichiarati inammissibili.
Ciò vale senza dubbio per il primo motivo che si compendia nel "dissenso" del ricorrente sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione questa vietata in sede di legittimità, proponendosi attraverso un vizio di violazione di legge censure di natura squisitamente motivazionale al di fuori, tuttavia, del raggio delineato dall'art. 606 lette cod. proc. pen.. La prospettazione difensiva non individua, al di là di generiche doglianze, alcuna frattura logica o carenza argomentativa nelle quali possa compendiarsi il devoluto vizio motivazionale, che, deve essere ancora una volta ricordato, si sostanzia nel solo accertamento della congruità e coerenza dell'apparato argomentativo, con riferimento a tutti gli elementi acquisiti nel corso del processo, e non al suo contenuto valutativo, fuoriuscendo dal perimetro operativo di questa Corte il controllo tra prova e decisione: il ricorso per cassazione che devolva il vizio di motivazione, per essere valutato ammissibile, deve rivolgere le censure nei confronti della motivazione posta a fondamento della decisione, non già nei confronti della valutazione probatoria ad essa sottesa, esclusivamente riservata al giudice di merito.
Non mette conto, pertanto, ripercorrere i singoli rilievi articolati dalla difesa che si risolvono, tutti, in una lettura alternativa rispetto a quella data tanto dal giudice di primo grado che dalla Corte distrettuale su circostanze ritenute inidonee ad inficiare il coerente narrato delle vittime e che, in ogni caso, trattandosi delle medesime censure già devolute con il ricorso in appello, trovano puntuale risposta nella sentenza impugnata con argomentazioni non solo intrinsecamente logiche e puntuali ma, che, attendo al fatto, non possono comunque costituire oggetto di sindacato ad opera di questa Corte.
Quel che occorre stigmatizzare è che, all'esito di una minuziosa e quanto mai attenta disamina del composito compendio istruttorio, il quadro restituito dalla Corte insulare è quello di una continuativa condotta dell'imputato che, sia pur assumendo le vesti di teatrante nello scenario apprestato all'interno del bar dove persino i cocktail avevano denominazioni volgarmente erotiche, tali da esporre le sue dipendenti a penose battute se non ad incresciose richieste anche soltanto allusive giocate sul doppio senso, non solo non risparmiava pesanti apprezzamenti nei confronti delle due persone offese, ma indulgeva in condotte lesive della loro sfera sessuale: in tal senso sono state ritenute convergere tanto le dichiarazioni delle ragazze, tra loro coerenti e mantenute ferme nel nucleo essenziale nel corso del procedimento, quanto una nutrita serie di deposizioni per lo più provenienti da altre dipendenti del locale, che mettono di per sé a tacere la tesi sostenuta dall'imputato della congiura ordita ai suoi danni dalle querelanti: sul punto la Corte insulare ha dato coerente spiegazione dei contatti presi da una di loro con le ex colleghe ritenendo che l'iniziativa fosse solo finalizzata ad un confronto reciproco prima di sporgere una denuncia che avrebbe coinvolto tutte loro in un processo con l'inevitabile clamore che avrebbe assunto la vicenda, senza che fossero profilabili ritorsioni di natura economica contro l'ex datore di lavoro in assenza di spettanze rimaste inevase. Peraltro, la pretesa inattendibilità delle vittime che la difesa fonda sull'assoluzione dell'imputato dall'accusa di estorsione mossa nei suoi confronti dalla Omissis per essere stata costretta con minaccia a sottoscrivere una lettera di dimissioni dal lavoro, così come sul reato di violenza sessuale ai danni della Omissis, sono escluse, quanto alla prima, non già dalla inaffidabilità delle dichiarazioni rese dalla ragazza, ritenuta invece pienamente credibile anche alla luce dei riscontri probatori acquisiti, quanto invece dall'inconfigurabilità del documento come atto formale di dimissioni in quanto redatto non nel corso del rapporto lavorativo bensì al termine del periodo di prova, e quanto alla seconda, dal fatto che l'esito assolutorio si basa sullo stesso propalato della dichiarante, da cui è emerso che le condotte del prevenuto si fossero arrestate a richieste, apprezzamenti e sollecitazioni ad atti sessuali senza essere tuttavia mai trasmodate nel contatto corporeo integrante l'invasione della sfera sessuale della vittima.
3. Il terzo motivo con il quale si assume che la condotta di violenza sessuale non sarebbe andata al di là della fase del tentativo per avere i toccamenti posti in essere dall'imputato interessato zone non erogene del corpo di entrambe le vittime, è manifestamente infondato.
Occorre al riguardo premettere che essendo il discrimine fra l'ipotesi di violenza sessuale consumata e quella di violenza sessuale tentata costituito, secondo la consolidata e più condivisibile opinione giurisprudenziale, dalla concreta intrusione dell'agente nella sfera di intimità della vittima, rimanendo il fatto solo allo stadio del tentativo ove la materialità degli atti, pur giudicati idonei sulla base della cd. prognosi postuma, ad inserirsi nella concatenazione causale indirizzata in maniera non equivoca alla commissione del delitto in esame, non abbiano assunto natura sessuale, è dalla nozione di atto sessuale che occorre muovere per poter addivenire alla suddetta distinzione.
Essendo il reato in esame posto a presidio della libertà personale dell'individuo che deve poter compiere o ricevere atti sessuali in assoluta autonomia e nella pienezza dei propri poteri di scelta, contro ogni possibile condizionamento, fisico o morale, e contro ogni non consentita e non voluta intrusione nella propria sfera intima, è dalla stessa natura del bene giuridico protetto che deve ricavarsi la natura sessuale del gesto.
Il novero delle aree erogene, secondo la scienza medica e, come ribadito in numerose sentenze di questa Corte, non si limita alle zone genitali e ai capezzoli ma si estende sino a ricomprendere spalle, fianchi, glutei, guance, collo, ascelle ed altro. In questi casi si impone, evidentemente, una più attenta opera di decodificazione per verificare la finalità sessuale della condotta dell'agente potendo in astratto gli atti posti in essere rappresentare espressione di una diversa finalità (come accade ad esempio per i baci, le carezze o gli abbracci).
E poiché la dimensione della sessualità non può ritenersi confinata ad una estrinsecazione soltanto fisica, involgendo al contrario anche la dimensione psichica come quella emotiva, suscettibile di modularsi diversamente in relazione ai valori del comune sentire che mutano e al contempo si consolidano nello specifico contesto storico, culturale e sociale di riferimento, ne consegue che, come già affermato da questa Sezione, la valutazione dell'atto, al fine di apprezzarne l'incidenza sulla libertà di autodeterminazione della persona offesa, debba tener conto della condotta nel suo complesso, rapportandola cioè all'ambito specifico in cui si è svolta, alle modalità in cui si è in concreto estrinsecata estese anche a quelle che la hanno preceduta o seguita, al rapporto intercorrente tra i soggetti coinvolti e ad ogni altro dato fattuale che valga a connotarlo (cfr. Sez. 3, Sentenza n. 43423 del 18/09/2019, Rv. 277179; Sez. 3, Sentenza n. 38926 del 12/04/2018, Rv. 273916).
Logico corollario di tali affermazioni diventa, pertanto, all'interno di quella valutazione globale richiesta all'interprete, il fatto che la zona corporea attinta dalla condotta non possa ritenersi, quando non sia quella degli organi genitali ma la bocca, il collo, i fianchi, il fondo schiena o altro, un criterio necessariamente discretivo della natura dell'atto, soccorrendo proprio nel sincretismo cui deve uniformarsi la sua decodificazione, l'insieme dei parametri sopra delineati. La nozione di atto sessuale non può essere ristretta, dunque, al solo contatto con le zone genitali ma si estende al contatto con tutte le zone erogene. E il tentativo non può, quindi, essere confinato nei limiti indicati dal ricorrente.
Occorre sempre avere riguardo, invece, come detto, al contesto fattuale specifico. Non può parlarsi, dunque, di tentativo allorquando, come nella specie, la condotta realizzata di toccamenti, baci sul collo, ecc. sulla vittima non consenziente, realizzata su zone erogene, persegua finalità di natura sessuale, in quanto, in questo caso, si è già verificata la lesione del bene giuridico protetto con la condotta posta in essere per la stimolazione della risposta sessuale.
Nella specie gli atti posti in essere dal Omissis all'interno del particolare contesto lavorativo nel bar dove le due ragazze svolgevano attività di cameriere alle sue dipendenze durante l'orario di servizio, e, dunque, tale da non giustificare effusioni di natura amichevole o affettuosa come si sostiene nel ricorso, sono stati logicamente valutati come espressione di concupiscenza coinvolgente a tutto tondo la sessualità delle vittime.
I toccamenti nei confronti della Omissis, consistiti in strusciamenti del proprio corpo contro il fondo schiena della ragazza, in baci sul collo ed abbracci repentini non lasciano spazio ad interpretazioni diverse dalla natura sessuale degli atti. Anche per la Omissis, i gesti dell'accarezzamento, sono anch'essi estrinsecazione di una pulsione libidinosa, in quanto volta a suscitare, per effetto dell'intenzionalità e al contempo dell'attenzione profusa nel gesto, l'eccitamento sessuale di chi lo riceve. Ogni dubbio sulla connotazione sessuale della condotta, viene con valutazione di merito logica - e, dunque, insindacabile in questa sede - esclusa nella sentenza impugnata, che descrive minuziosamente il comportamento dell'imputato marcatamente allusivo, con frasi di apprezzamento sulle fattezze fisiche di costei e con esternazioni libidinose.
E tali condotte in quanto poste in essere dal datore di lavoro all'interno del locale sotto la più volte sottolineata minaccia del licenziamento, in un'atmosfera di pesante promiscuità dove persino i nomi dati ai cocktail associati agli ordini dei clienti metteva in imbarazzo le sue dipendenti, non possono, alla luce delle considerazioni in precedenza svolte, che essere ricondotte al paradigma dell'art. 609 bis cod. pen. nella forma consumata e non tentata.
4. Neanche in relazione al diniego delle attenuanti generiche, oggetto del quarto motivo, le censure difensive superano il vaglio di ammissibilità, risolvendosi nella mera contestazione di una motivazione che dà pienamente conto degli elementi fondanti il mancato riconoscimento del beneficio e che pertanto costituisce di per sé la compiuta rappresentazione del corretto esercizio del potere discrezionale da parte dei giudici del gravame.
Non vale reiterare in questa sede i pretesi elementi di segno positivo che, seppur portati all'attenzione della Corte distrettuale, sono stati ritenuti sub valenti rispetto a quelli ostativi, quali la reiterazione delle condotte, il coinvolgimento di più soggetti passivi e le modalità di estrinsecazione il cui intento asseritamente scherzoso non era certamente tale per le vittime, con i quali la difesa neppure si confronta. Risponde, del resto, al costante orientamento di questa Corte il principio secondo il quale la sussistenza di circostanze attenuanti rilevanti ai sensi dell'art. 62 bis cod. pen. è oggetto di un giudizio di fatto, e può essere esclusa dal giudice di merito con motivazione fondata sulle sole ragioni preponderanti della propria decisione, e quindi anche sui soli elementi ritenuti ostativi alla concessione del beneficio la cui configurabilità preclude la disamina degli altri parametri dell'art.133 c.p. di talché la stessa motivazione, purché congrua e non contraddittoria, non può essere sindacata in cassazione neppure quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fattori attenuanti indicati nell'interesse dell'imputato (cfr. ex plurimis Sez. 5, Sentenza n. 43952 del 13/04/2017, Pettinelli, Rv. 271269; Sez. 2, Sentenza n. 23903 del 15/07/2020, Marigliano, Rv. 279549).
5. Conclusivamente, l'accoglimento del primo motivo di ricorso, risultando tutti gli altri inammissibili, impone l'annullamento della sentenza impugnata limitatamente al reato di cui al capo B) perché estinto per intervenuto decorso del termine di prescrizione ed alla conseguente determinazione della pena: a tale calcolo può tuttavia provvedere autonomamente questa Corte nell'esercizio dei poteri conferiteli dall'art. 620 lett. I) cod. proc. pen. senza necessità di rinvio, desumendosi dalla quantificazione del trattamento sanzionatorio effettuata dal giudice di primo grado, confermata dalla Corte di appello, che, essendo stato ritenuto più grave il delitto di cui al capo A), è stato applicato, stante l'unificazione dei reati con il vincolo della continuazione, l'aumento in relazione al delitto di maltrattamenti di sei mesi di reclusione, che deve essere pertanto eliminato. Conseguentemente la pena finale deve essere rideterminata in due anni e due mesi di reclusione, con conferma delle statuizioni in favore della parte civile.
A carico del ricorrente devono essere comunque poste, atteso l'esito del giudizio, le spese sostenute dalla parte civile Omissis liquidate come da notula
 



P.Q.M.
 



Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al capo B) - art. 572 cod. pen. perché il reato è estinto per prescrizione ed elimina la pena di mesi sei di reclusione relativa all'aumento per la continuazione, rideterminando, per l'effetto, la pena finale complessiva in anni due e mesi due di reclusione. Conferma le statuizioni civili. Dichiara inammissibile il ricorso nel resto. Condanna, inoltre, l'imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile Omissis  che liquida in complessivi €790,00, oltre accessori di legge
Così deciso in data 11.10.2022