INTERPELLO N. 27/2009

 

           Roma, 20 marzo 2009

Ministero del Lavoro, della
Salute e delle Politiche Sociali


DIREZIONE GENERALE PER L’ATTIVITÀ ISPETTIVA

Alla Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro
Via Cristoforo Colombo 456
00145 Roma

 


Prot. 25/I/0003914

Oggetto: art. 9, D.Lgs. n. 124/2004 - dipendenti di imprese di trasporto che svolgano attività differenti nell’arco della stessa giornata o della stessa settimana - disciplina applicabile.

Il Consiglio Nazionale dell’Ordine dei Consulenti del lavoro ha avanzato istanza di interpello per conoscere il parere di questa Direzione in merito alla portata delle disposizioni concernenti l’organizzazione dell’orario di lavoro dei dipendenti di imprese di trasporto di persone che svolgano attività differenti nell’arco della stessa giornata o della stessa settimana, che sembrerebbe rientrare nel campo di applicazione di differenti discipline normative. In particolare, l’interpellante chiede di sapere quale sia la disciplina relativa alla durata massima dell’orario di lavoro ed ai riposi giornalieri e periodici applicabile ai lavoratori adibiti a diverse attività lavorative, alcune delle quali rientranti nel campo di applicazione del D.Lgs. n. 66/2003 ed altre in quello del D.Lgs. n. 234/2007 e del regolamento CE n. 561/2006 del 15 marzo 2006.
Al riguardo, acquisito il parere della Direzione generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro, si rappresenta quanto segue.
Preliminarmente, va ricordato che il D.Lgs. n. 66/2003, concernente l’organizzazione dell’orario di lavoro, si applica in tutti i settori di attività pubblici e privati, con le eccezioni previste dall’art. 2 del Decreto stesso, tra le quali i “lavoratori mobili per quanto attiene ai profili di cui alla direttiva 2002/15/CE” (art. 2, comma 1). Lo stesso Decreto, all’art. 1, comma 2 lett. h) - così come novellato dal D.L. n. 112/2008 (conv. da L. n. 133/2008) - detta la definizione di lavoratore mobile specificando che si tratta di “qualsiasi lavoratore impiegato quale membro del personale viaggiante o di volo presso un’impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci sia per conto proprio che per conto di terzi su strada, per via aerea o per via navigabile, o a impianto fisso non ferroviario”. A tali lavoratori inoltre non si applica, ai sensi dell’art. 17, comma 6, del Decreto, “nel rispetto dei principi generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori”, la disciplina prevista dagli artt. 7, 8, 9 e 13 dello stesso.
Ne deriva che ai lavoratori mobili di cui alla direttiva 2002/15/CE (lavoratori mobili nell’autotrasporto) si applicherà il D.Lgs. n. 66/2003 con esclusione dei profili disciplinati dalla stessa direttiva e con esclusione di quanto previsto dall’art. 17 dello stesso Decreto.
Successivamente all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 66 la direttiva 2002/15/CE è stata recepita in Italia con il D.Lgs. n. 234/2007 concernente i “profili di disciplina del rapporto di lavoro connessi all’organizzazione dell’orario di lavoro delle persone che effettuano operazioni mobili di trasporto” (art. 1). Secondo l’art. 2, comma 1, del D.Lgs. n. 234/2007 lo stesso trova applicazione “ai lavoratori mobili alle dipendenze di imprese (...) che partecipano ad attività di autotrasporto di persone e merci su strada contemplate dal regolamento (CE) n. 561/06”.
Ai sensi dello stesso Decreto si intende poi per lavoratore mobile “un lavoratore facente parte del personale che effettua spostamenti, compresi gli apprendisti, che è al servizio di una impresa che effettua autotrasporto di merci e di persone per conto proprio o di terzi”.
Per definire il campo di applicazione del Decreto n. 234 è dunque necessario far riferimento, innanzitutto, alle attività di cui al regolamento (CE) n. 561/06 ed in particolare alle attività di trasporto su strada:
a) di merci, effettuato da veicoli di massa massima ammissibile, compresi eventuali rimorchi o semirimorchi, superiore a 3,5 tonnellate;
b) di passeggeri effettuato da veicoli che, in base al loro tipo di costruzione ed alla loro attrezzatura, sono atti a trasportare più di nove persone compreso il conducente e destinati a tal fine (art. 2).
Lo stesso regolamento (CE) n. 561/06 prevede, all’art. 3, i casi non regolati da tale disciplina e, dunque, esclusi anche dal campo di applicazione della direttiva n. 2002/15/CE e, con riferimento al diritto interno, del D.Lgs. n. 234/2007. A ciò consegue la necessaria applicazione del D.Lgs. n. 66/2003 per le ipotesi ivi indicate.
Definito il campo di applicazione oggettivo della disciplina (relativo, dunque, all’attività svolta) va poi indicato quello soggettivo, relativo alla tipologia di lavoratori che rientrano nella definizione di “lavoratori mobili” utilizzata dallo stesso D.Lgs. n. 234/2007 (e dalla direttiva 2002/15/CE). Come anticipato, deve considerarsi tale “un lavoratore facente parte del personale che effettua spostamenti, compresi gli apprendisti, che è al servizio di una impresa che effettua autotrasporto di merci e di persone per conto proprio o di terzi”. L’ultimo inciso, aggiunto dal D.L. n. 112/2008 anche al testo dell’art. 2 del D.Lgs. n. 66, consente di superare l’orientamento precedentemente espresso da questo Ministero con risposta ad interpello del 9 novembre 2006 secondo cui, per l’applicazione della disciplina relativa all’autotrasporto, si doveva “fare riferimento al settore di attività dell’azienda, e non all’attività svolta dai singoli lavoratori, ancorché mobili”. Si deve peraltro ricordare che i datori di lavoro che si siano attenuti a dette interpretazioni non potranno essere passibli di sanzioni penali, amministrative e civili in base a quanto disposto dal secondo comma dell’articolo 9 del D.Lgs. n. 124/2004.
Alla luce di tale modifica si deve ritenere che oggi il D.Lgs. n. 234/2007 sia applicabile a tutti i lavoratori di aziende che svolgono autotrasporto di persone o merci, purché effettuino spostamenti (ed escludendo, quindi, il personale addetto esclusivamente a mansioni di tipo amministrativo) e, naturalmente, purché le attività rientrino nel campo di applicazione del regolamento (CE) n. 561/06. Ciò in quanto la effettiva applicazione dello stesso Decreto deriva, non già dall’attività espletata dall’impresa, ma dalle concrete attività esercitate dai lavoratori mobili ed espressamente indicate nella normativa comunitaria ivi recepita. Per tutte le attività non contemplate soccorre invece la disciplina prevista dal D.Lgs. n. 66/2003.
L’ipotesi illustrata dall’interpellante, tuttavia, risulta particolarmente complessa in quanto i singoli lavoratori svolgerebbero un tipo di attività che rientra, in alcuni casi, nel campo di applicazione della disciplina speciale, in altri, in quello del D.Lgs. n. 66/2003. Rispetto a tale ipotesi non può non sottacersi la criticità che comporterebbe l’applicazione di differenti discipline in un contesto come quello delineato dall’interpellante. D’altra parte non è possibile nemmeno ipotizzare l’applicazione esclusiva del D.Lgs. n. 66/2003, considerato quale normativa di carattere generale, in quanto è lo stesso Decreto che esclude l’operatività di tale disciplina per i lavoratori mobili rientranti nel campo di applicazione della direttiva 2002/15/CE. Tanto meno sarebbe possibile applicare solo il D.Lgs. n. 234/2007, pur considerandolo norma successiva e speciale rispetto al D.Lgs. n. 66/2003, in quanto il regolamento CE n. 561/06 richiamato dallo stesso D.Lgs. n. 234/2007 prevede specifiche ipotesi in cui non si applica detta disciplina specifica ma quella più generale del D.Lgs. n. 66/2003.
Ciò premesso, si ritiene che in tali ipotesi la scelta sul regime della durata massima dell’orario di lavoro e dei riposi giornalieri e settimanali da applicare dovrà seguire un criterio di prevalenza rispetto alle attività normalmente svolte dal lavoratore interessato. In altri termini sarà cura del datore di lavoro applicare, in via alternativa, la disciplina contenuta nel D.Lgs. n. 66/2003 o nel D.Lgs. n. 234/2007 verificando se il lavoratore svolga “normalmente” e “prevalentemente” una attività compresa nel campo di applicazione dell’uno o dell’altro Decreto. Peraltro, nelle ipotesi in cui risulti particolarmente difficile individuare le “attività prevalenti” si ritiene, secondo un principio di cautela, che vada applicata la disciplina di maggior tutela per il lavoratore.
Considerata la complessità della problematica oggetto di interpello - ferma restando la valenza “scriminante” dell’adeguamento al precedente orientamento espresso con la citata risposta del 9 novembre 2006 - il personale ispettivo di questo Ministero valuterà comunque con la massima attenzione eventuali condotte datoriali non conformi all’indirizzo interpretativo appena espresso, in particolare relativamente alle fattispecie in cui risulta particolarmente difficile l’individuazione della disciplina normativa applicabile.
Anche con riferimento alle ipotesi sanzionatorie pendenti, anche oggetto di contenzioso, sarà pertanto cura degli Uffici valutare, alla luce di quanto sopra, eventuali iniziative di archiviazione.
 

IL DIRETTORE GENERALE
(f.to Paolo Pennesi)