Tribunale di Palermo, Sez. Lav., 03 aprile 2023, n. 14491 - Tutela sindacale applicabile anche ai riders



Giudice Bruno

 

Fatto

 

Con ricorso depositato in data 19.1.2023 le organizzazioni ricorrenti chiedevano l'accertamento della condotta antisindacale tenuta da (omissis) S.r.l. relativa al ‹‹a. (…) mancato riconoscimento del rappresentante dei lavoratori sui temi della sicurezza eletto dai rider della comunità di rischio di Palermo nonché, la mancata consegna e/o messa a disposizione per la consultazione del DVR e della documentazione richiesta nonché nel rifiuto di un confronto sui temi della salute e sicurezza dei rider.

b. (…) diniego di comunicare alle organizzazioni sindacali ricorrenti le informazioni previste dal d.lgs. 104/2022 e richieste con la comunicazione del 22 dicembre 2022.

c. (…) disconoscimento del rappresentante sindacale aziendale nominato dalla (omissis) e per l'effetto chiedevano di ‹‹d. Ordinare alla convenuta di riconoscere il Sig. D.D. come rappresentante dei lavoratori eletto dai rider di Palermo per la salute e sicurezza per la loro comunità di rischio.

e. Ordinare alla convenuta di avviare un confronto con il rappresentante dei lavoratori eletto sui temi specifici riguardanti i fattori di rischio per la salute ai quali sono esposti i rider di Palermo.

f. Ordinare alla convenuta di consegnare e comunque consentire l'accesso e in ogni caso rendere disponibile e/o consultabile al rappresentante per la salute e sicurezza il documento sulla valutazione dei rischi, e ogni altro documento afferente alla salute e sicurezza.

g. Ordinare alla società convenuta di fornire le informazioni sui sistemi automatizzati di gestione dei rapporti di lavoro dei rider ex art. 1 bis d.lgs. 26 maggio 1997 n. 1526 novellato dal d.lgs. 104/22 e in particolare le informazioni di cui alla richiesta delle organizzazioni sindacali del 22 dicembre 2022.

h. Ordinare alla società convenuta di riconoscere per i motivi esposti e se del caso, previa valutazione incidentale di inefficacia del CCNL Ugl Rider, di riconoscere il rappresentante sindacale nominato dalla (omissis) congiuntamente riconoscendogli le prerogative di legge. (…)››;

Ritualmente instaurato il contraddittorio, (omissis) S.r.l., deducendone l'inammissibilità e l'infondatezza, chiedeva il rigetto integrale del ricorso.

All'udienza del 23.3.2023 la causa è stata trattenuta in riserva.

Occorre innanzitutto esaminare l'eccezione di inammissibilità del procedimento ex art. 28 l. 300/1970 spiegata dalla società resistente, la quale deduce che lo speciale procedimento disciplinato dalla citata disposizione può essere azionato esclusivamente nei confronti di un datore di lavoro subordinato e non invece di un committente come la resistente. Ed infatti la società ritiene che il rapporto sia qualificabile come autonomo ex art. 2222 c.c. e che pertanto, vuoi sotto un profilo letterale, vuoi sotto quello sistematico, non risulti applicabile l'art. 28.

Deve quindi osservarsi che il procedimento ex art. 28 ha natura bifasica ove, ad una prima fase a cognizione sommaria (che tuttavia si conclude con un provvedimento idoneo al giudicato), succede una seconda fase a cognizione piena, e che la sommarietà della cognizione della prima fase del giudizio ex art. 28 non appare preclusiva dell'accertamento incidentale della natura del rapporto, al pari di quanto accade nel procedimento ex art. 1, commi 48 ss., L. 92/2012.

Dalla documentazione in atti e dalle deduzioni delle parti, ad avviso di questo giudice, contrariamente a quanto dedotto dalle ricorrenti, non emerge la natura subordinata della prestazione resa dai riders, non sussistendo un obbligo di collaborare col proprio lavoro all'interno dell'impresa con tempi e modalità stabiliti dal datore di lavoro; né tantomeno può ritenersi che il rapporto sia del tutto autonomo o che rientri nell'art. 409, comma 3, c.p.c. in quanto, come anche ritenuto dalla Suprema Corte “se l'elemento del coordinamento dell'attività del collaboratore con l'organizzazione dell'impresa è comune a tutte le collaborazioni coordinate e continuative, secondo la dizione dell'art. 409, comma 3, cod. proc. civ., nel testo risultante dalla modifica di cui all'art. 15, comma 1, lett. a) della legge n. 81 del 2017, nelle collaborazioni non attratte nella disciplina dell'art. 2, comma 1, d.lgs. n. 81 del 2015 le modalità di coordinamento sono stabilite di comune accordo tra le parti, mentre nel caso preso in considerazione da quest'ultima disposizione tali modalità sono imposte dal committente, il che integra per l'appunto la etero-organizzazione che dà luogo all'applicazione della disciplina del lavoro subordinato” (cfr. Cass 1663/2020).

L'etero-organizzazione nella fase di esecuzione del rapporto consente di ricondurre i rapporti tra committente e riders alla fattispecie astratta di cui all'art. 2 comma 1, del D.lgs. n. 81 del 2015 a tenore del quale “A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro prevalentemente personali, continuative e le cui modalità di esecuzione, sono organizzate dal committente. Le disposizioni di cui al presente comma si applicano anche qualora le modalità di esecuzione della prestazione siano organizzate mediante piattaforme anche digitali.”.

Non può invero dubitarsi, secondo quanto emerge dalla documentazione in atti e dalle deduzioni delle parti, che il rider esegua una prestazione individuale, senza avvalersi di alcun collaboratore, consistente nella consegna di cibo a domicilio con un mezzo proprio (bici, moto, scooter e smartphone), sicché, anche a voler procedere ad una comparazione “meramente quantitativa”, ritenuta non corretta dalla Suprema Corte (cfr. Cass. Cassazione civile sez. lav., 05/05/1999, n.4521 e molteplici successive conformi), comunque non potrebbe affermarsi la prevalenza del fattore “capitale” sul fattore lavoro.

Sussiste inoltre sotto un profilo empirico anche la continuità, giacché il committente non potrebbe continuare a svolgere l'attività senza avvalersi della prestazione dei riders.

Infine, le modalità esecutive vengono imposte dalla committente, non stabilite di comune accordo tra le parti, e prevedono l'impiego dell'App, ragion per cui, a prescindere dall'assenza di turni o dall'obbligo di esclusiva e dalla previsione vincolante di un abbigliamento aziendale e/o dell'utilizzo di borse termiche, nonché dalla possibilità di connettersi senza vincoli di orario e di rifiutare le proposte, comunque è l'app che, mediante geolocalizzazione, individua in base alla vicinanza del ristorante (e ai tempi di preparazione delle pietanze) il rider al quale inviare la “proposta di consegna disponibile”, se questi la accetta, gli indica un itinerario con distanza da percorrere e tempo preventivato, gli adempimenti da seguire per la consegna (es. consegnare dietro la porta), nonché le modalità del pagamento dell'ordine (es. incassare i contanti) e della consegna.

Anche l'Ispettorato Nazionale del Lavoro in un comunicato stampa del 24.2.2021 ha affermato che “Ai riders facenti capo a (omissis), operanti su tutto il territorio nazionale, dovranno essere applicate le tutele dei lavoratori subordinati. Analizzando il meccanismo di funzionamento dell'app che gestisce le prestazioni lavorative dei riders è emerso che il modello organizzativo è standardizzato per tutte le società interessate e corrispondente a quello tutelato dall'art. 2 del decreto legislativo n. 81/2015, che prevede, appunto, le tutele del lavoro subordinato. L'indagine ha consentito di assicurare, per la prima volta, tutela all'intera platea dei riders e non al singolo lavoratore. Nello specifico, la modalità di esecuzione della prestazione lavorativa è risultata imposta dal modello organizzativo adottato dalla piattaforma, attraverso l'app che ciascun lavoratore deve scaricare per poter rendere la prestazione” (cfr. doc. n. 86 del fascicolo di parte ricorrente).

Giova quindi rilevare che la giurisprudenza di merito, concordando pressoché costantemente sull'inquadramento della prestazione resa dai riders nell'alveo dell'art. 2, comma 1, d. lgs. 81/2015, ha ritenuto applicabile l'art. 28 L. 300/1970 a fattispecie analoghe a quella in esame (Trib. Bologna 2021 n. 2170, Trib. Milano 28.3.2021, Trib. Bologna 12.1.2023).

La convenuta sostiene invece che, atteso il tenore letterale dell'art. 28, il soggetto attivo della condotta antisindacale viene specificamente identificato nel datore di lavoro subordinato, circoscrivendo il perimetro di azione del procedimento per la repressione della condotta antisindacale ai soli conflitti che si sviluppano nell'ambito di rapporti di natura subordinata, con conseguente esclusione dei rapporti di lavoro autonomo, parasubordinato o eterodeterminati. Inoltre, il carattere eccezionale del rimedio previsto dall'art.

28 precluderebbe in radice qualsivoglia applicazione analogica o estensiva rispetto alla subordinazione che, peraltro, non sarebbe legittimata neanche dall'art. 2 D.lgs 81/2015.

A riguardo devono richiamarsi, anche ai sensi dell'art. 118 disp. att., le argomentazioni espresse dal Tribunale di Milano nel decreto n. 889/2021 secondo cui “la norma, invero, parla di “datore di lavoro”, figura che, certamente non si rinviene nell'ambito di un rapporto in cui il lavoratore è un prestatore d'opera occasionale e non un lavoratore subordinato.

Ciò posto, si potrebbe obbiettare che, mentre l'art 414 c.p.c. non riserva la propria operatività a determinate ipotesi soggettive, la lettera dell'art. 28 St. Lav., invece, pare delimitare la sua sfera di applicazione alle condotte antisindacali poste in essere da un datore di lavoro, quindi, nell'ambito di una subordinazione.

Se ciò è indubbio, occorre, tuttavia, considerare che la disposizione si colloca in un momento temporale e storico non recente e che, dal 1970, vi sono stati numerosi interventi legislativi, da ultimo l'art. 2, d.lgs. 81/15. (…) La disposizione si colloca all'interno di una serie di interventi legislativi (decreti attuativi del JOB Act) con i quali si è inteso prendere consapevolezza delle numerose innovazioni, anche di carattere tecnologico che, negli ultimi anni, hanno caratterizzato il mondo del lavoro introducendo figure di lavoratori prima sconosciuti e forme di rapporti diversi da quelli tradizionali.

Riprendendo la disposizione in esame, laddove la stessa estende la disciplina del rapporto subordinato ai rapporti di collaborazione, l'estensione non può che riguardare ogni profilo, sia di carattere sostanziale che processuale.

Riduttivo sarebbe, invero, se il legislatore avesse riconosciuto ai collaboratori un diritto privo della possibilità di tutela.

A tale conclusione, si potrebbe replicare asserendo che i diritti estesi anche ai collaboratori potrebbero trovare sufficiente protezione attraverso la tutela ordinaria.

L'azione prevista dall'art. 28 st. lav. è uno strumento d'urgenza finalizzato ad offrire alle associazioni sindacali un rimedio immediato, quindi diverso da quello di cui all'art. 414 c.p.c.

Ciò premesso, non si ritiene che l'espressa menzione del datore di lavoro, di cui al citato art. 28, costituisca argomento sufficiente per sottrarre alle organizzazioni, che operano nell'ambito di rapporti di collaborazione, la tutela d'urgenza.

Questo proprio in forza del disposto di cui all'art. 2 d.lgs. 81/15 ed alla sua estensione alle forme di collaborazione nelle quali, è pacifico, la controparte del prestatore non è denominato datore di lavoro.

Sulla base di quanto detto, si ritiene di dissentire dal precedente giurisprudenziale citato dalla difesa resistente che, al contrario, circoscrive l'area di applicazione alle sole norme sostanziali, escludendo quelle processuali, quali l'art. 28 St. Lav.

Si tratta, invero, di una delimitazione che non si ritiene di poter rinvenire nella norma e che creerebbe delle distorsioni e distonie nel sistema.” (cfr. Trib. Milano decreto n. 889/2021).

Deve infatti rilevarsi che l'art. 2 comma 1 del D.lgs. 81/2015 non esclude esplicitamente l'applicazione delle norme processuali e che l'art. 28 non è una norma meramente processuale, piuttosto “essa individua beni giuridici da tutelare, di rilevanza costituzionale (libertà ed attività sindacale e diritto di sciopero) e mira a reprimere, mediante uno strumento processuale di particolare efficacia (soprattutto considerata l'epoca in cui fu ideato!), qualunque comportamento, non tassativamente individuato, che leda i beni tutelati. Inoltre, i comportamenti da reprimere hanno sovente natura plurioffensiva, in quanto i beni tutelati non pertengono esclusivamente all'organizzazione sindacale, ma anche al singolo lavoratore. Appare innegabile che il diritto alla libertà e all'attività sindacale ed il diritto di sciopero siano diritti propri anche del singolo lavoratore e proprio per tale tipologia di diritti è stata individuata la fattispecie del diritto individuale ad esercizio collettivo. (…)

L'interpretazione qui accolta sembra a questo giudicante avere anche il pregio di corrispondere al criterio ermeneutico di interpretazione della legge ordinaria secondo i principi costituzionali, atteso il particolare rilievo assegnato dalla Costituzione ai diritti sindacali (v.art.39 e 40 della Costituzione)” (cfr. Trib. Bologna 2021 n. 2170).

In questo stesso senso il Tribunale di Firenze ha affermato: “È principio giurisprudenziale acquisito quello secondo cui l'art. 2 comma 1 del Dlvo 81/15 ha riconosciuto alle collaborazioni organizzate dal committente 'una protezione equivalente' a quella dei lavoratori subordinati con 'applicazione integrale della disciplina del lavoro subordinato' (cfr. Cass. Sez. L -, Sentenza n. 1663 del 24/01/2020), nella quale sono compresi i diritti affermati nello Statuto dei lavoratori;

b) In assenza di specifiche restrizioni (non desumibili dalla lettera né tantomeno dalla ratio della norma) la suddetta 'protezione equivalente' si estende alla dimensione collettiva dei diritti dei lavoratori stessi, dimensione che- notoriamente garantisce il rispetto e l'affermazione dei diritti individuali;

c) L'espressione “datore di lavoro” utilizzata nell'art. 28 stat lav necessita di essere interpretata alla luce della innovazione legislativa suddescritta, atteso che, secondo quanto stabilito dal citato art. 2 comma 1, nelle collaborazioni da lui organizzate il committente acquisisce tutti gli obblighi che il “datore di lavoro” ha nei confronti del lavoratore subordinato.”.

D'altro canto, la Suprema Corte, nel più volte citato arresto n.1663 /2020, ha chiarito che “al verificarsi delle caratteristiche delle collaborazioni individuate dal D.lgs. n. 81 del 2015, art. 2, comma 1, la legge ricollega imperativamente l'applicazione della disciplina della subordinazione. Si tratta, come detto, di una norma di disciplina, che non crea una nuova fattispecie. Del resto, la norma non contiene alcun criterio idoneo a selezionare la disciplina applicabile, che non potrebbe essere affidata ex post alla variabile interpretazione dei singoli giudici.” (Trib. Firenze n. 781/21).

L'eccezione di inammissibilità del procedimento è dunque destituita di fondamento.

In relazione alla richiesta di informazioni sull'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati, deve rilevarsi che dalle deduzioni delle parti emerge la legittimazione attiva di Filams-Cgil, quale associazione sindacale comparativamente più rappresentativa (art. 1 bis, comma 6, d. lgs 152/1997); inoltre, l'art. 1 bis, introdotto dall'art. 4 d. lgs. 104/2022, prevede che “Il datore di lavoro o il committente pubblico e privato è tenuto a informare il lavoratore dell'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati deputati a fornire indicazioni rilevanti ai fini della assunzione o del conferimento dell'incarico, della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro, dell'assegnazione di compiti o mansioni nonché indicazioni incidenti sulla sorveglianza, la valutazione, le prestazioni e l'adempimento delle obbligazioni contrattuali dei lavoratori” ed allora, considerato che la legittimazione attiva alla richiesta di informazioni compete non soltanto al lavoratore ma anche alle RSA, RSU o alle associazioni sindacali comparativamente più rappresentative, il relativo diniego limita e compromette l'attività sindacale, legittimando la richiesta di rilascio delle informazioni ex art. 28, integrando già lo stesso rifiuto datoriale una lesione del diritto alla informativa azionabile anche da parte sindacale, quindi in aggiunta e non in alternativa rispetto all'eventuale previo rilascio al lavoratore, ragion per cui nessuna rilevanza assume la difesa della convenuta di aver già fornito le informazioni richieste ai lavoratori.

Deve quindi richiamarsi il disposto dell'art. 1 bis, comma 2, a tenore del quale “Ai fini dell'adempimento degli obblighi di cui al comma 1, il datore di lavoro o il committente è tenuto a fornire al lavoratore, unitamente alle informazioni di cui all'articolo 1, prima dell'inizio dell'attività lavorativa, le seguenti ulteriori informazioni: a) gli aspetti del rapporto di lavoro sui quali incide l'utilizzo dei sistemi di cui al comma 1; b) gli scopi e le finalità dei sistemi di cui al comma 1; c) la logica ed il funzionamento dei sistemi di cui al comma 1; d) le categorie di dati e i parametri principali utilizzati per programmare o addestrare i sistemi di cui al comma 1, inclusi i meccanismi di valutazione delle prestazioni; e) le misure di controllo adottate per le decisioni automatizzate, gli eventuali processi di correzione e il responsabile del sistema di gestione della qualità; f) il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi di cui al comma 1 e le metriche utilizzate per misurare tali parametri, nonché gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse”.

Dalla documentazione in atti risulta che, a fronte di una espressa richiesta di rilascio delle informazioni sopra richiamate d a parte delle ricorrenti, la resistente si è limitata solo ad affermare “Parimenti, non sussistono le condizioni di legge per l'operatività dell'art. 1bis del D.lgs. 26 maggio 1997, n. 152, introdotto dall'art. 4, primo comma, lett. b) del D.lgs. 27 giugno 2022, n. 104”, né ha dimostrato di aver successivamente fornito tali informazioni.

Infatti risultano ignoti il dataset dell'algoritmo (art. 1 bis comma 2 lett. d) e i criteri della valutazione media minima su cui parametrare la media di valutazione necessaria per accede all'APP ossia “una media di valutazione superiore alla valutazione media minima definita da (omissis) per il Territorio, che potrà essere aggiornata di volta in volta da (omissis) a sua esclusiva discrezione” (art. 1 bis comma 1 “della gestione o della cessazione del rapporto di lavoro”); è inoltre previsto che l'abbinamento (rectius conferimento dell'incarico) possa essere effettuato “in base alla disponibilità, alla posizione o alla prossimità, alle proprie impostazioni o preferenze” e anche “ad altri fattori, come la probabilità di accettare una corsa in base ai comportamenti precedenti” (art. 1 bis comma 2 lett. a) e b)) e se quest'ultimo elemento configura una profilazione basata su una analisi statistica comportamentale, gli ulteriori “altri fattori” non sono neanche specificati; né tantomeno sono esplicitate le misure di controllo delle decisioni automatizzate (promozioni o disattivazione dell'account in base al tasso di rifiuti o di cancellazioni di consegne da parte del rider o di feedback negativi) e gli eventuali processi di correzione, nonché il livello di accuratezza, robustezza e cybersicurezza dei sistemi automatizzati, le metriche utilizzate per misurare tali parametri e gli impatti potenzialmente discriminatori delle metriche stesse. La convenuta deve pertanto fornire le informazioni richieste da (omissis) Palermo con nota del 22.12.2022 e previste dall'art. 1 bis d. lgs 152/1997, dovendosi ribadire che le informazioni posso essere richieste “anche” dalle associazioni sindacali, ossia in aggiunta e non in alternativa rispetto all'eventuale rilascio al lavoratore.

In ordine al disconoscimento del rappresentante sindacale deve innanzitutto rammentarsi che la Consulta ha dichiarato “l'illegittimità costituzionale dell'articolo 19, primo comma, lettera b), della legge 20 maggio 1970, n. 300 (Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento), nella parte in cui non prevede che la rappresentanza sindacale aziendale possa essere costituita anche nell'ambito di associazioni sindacali che, pur non firmatarie dei contratti collettivi applicati nell'unità produttiva, abbiano comunque partecipato alla negoziazione relativa agli stessi contratti quali rappresentanti dei lavoratori dell'azienda” rilevando nel corpo della decisione come “Le pronunzie di questa Corte, nel quinquennio successivo al referendum – sentenza n. 244 del 1996, ordinanze n. 345 del 1996, n. 148 del 1997 e n. 76 del 1998 – hanno fornito indicazioni, per quanto in concreto sottoposto al suo esame, solo con riguardo al primo dei due sottolineati punti critici.

E, per questo aspetto, l'art. 19, «pur nella versione risultante dalla prova referendaria», ha superato il vaglio di costituzionalità sulla base di una esegesi costituzionalmente orientata, che ha condotto ad una sentenza interpretativa di rigetto. In virtù della quale, dalla premessa che «la rappresentatività del sindacato non deriva da un riconoscimento del datore di lavoro espresso in forma pattizia», bensì dalla «capacità del sindacato di imporsi al datore di lavoro come controparte contrattuale», la Corte ha inferito che

«Non è perciò sufficiente la mera adesione formale a un contratto negoziato da altri sindacati, ma occorre una partecipazione attiva al processo di formazione del contratto», e che «nemmeno è sufficiente la stipulazione di un contratto qualsiasi, ma deve trattarsi di un contratto normativo che regoli in modo organico i rapporti di lavoro, almeno per un settore o un istituto importante della loro disciplina, anche in via integrativa, a livello aziendale di un contratto nazionale o provinciale già applicato nella stessa unità produttiva» (Corte Costituzionale sentenza n. 244 del 1996)”.

Risulta pacifico ed emerge documentalmente che la resistente non applica ai propri dipendenti alcun contratto collettivo; considerato che invece la medesima società applica ai riders il CCNL Rider UGL e che non risulta dalla documentazione in atti che le ricorrenti abbiano effettivamente partecipato alle relative trattative, non può ritenersi che abbiano diritto alla costituzione di RSA, né la sottoscrizione del Protocollo del 24.3.2021 può conferire l'invocato diritto, non risultando sottoscritto per conto della resistente e non integrando i requisiti contemplati nella superiore pronuncia.

Infine, in relazione al disconoscimento del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, giova rammentare il disposto dell'art. 47 del d. lgs. 81/2008 (applicabile ai rapporti eterodeterminati ex art. 47-septies, comma 3, d. lgs. 81/2015) a tenore del quale “1. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è istituito a livello territoriale o di comparto, aziendale e di sito produttivo. L'elezione dei rappresentanti per la sicurezza avviene secondo le modalità di cui al comma 6. 2. In tutte le aziende, o unità produttive, è eletto o designato il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. (…) 4. Nelle aziende o unità produttive con più di 15 lavoratori il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza è eletto o designato dai lavoratori nell'ambito delle rappresentanze sindacali in azienda. In assenza di tali rappresentanze, il rappresentante è eletto dai lavoratori della azienda al loro interno. 5. Il numero, le modalità di

designazione o di elezione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, nonché il tempo di lavoro retribuito e gli strumenti per l'espletamento delle funzioni sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva. 6. L'elezione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza aziendali, territoriali o di comparto, salvo diverse determinazioni in sede di contrattazione collettiva, avviene di norma in corrispondenza della giornata nazionale per la salute e sicurezza sul lavoro, individuata, nell'ambito della settimana europea per la salute e sicurezza sul lavoro, con decreto del Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali [di concerto con il Ministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali], sentite le confederazioni sindacali dei datori di lavoro e dei lavoratori comparativamente più rappresentative sul piano nazionale. Con il medesimo decreto sono disciplinate le modalità di attuazione del presente comma. (…).

Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza deve quindi essere eletto dai lavoratori dell'azienda. Purtuttavia le ricorrenti non hanno provato che la nomina del sig. D.D. sia avvenuta nel rispetto delle previsioni normative, essendosi limitati a produrre un Comunicato - ove si dava atto che secondo quanto comunicato “in data 21/09/2022 tramite il gruppo Telegram “(omissis) Riders Palermo”, erano state “aperte le candidature per le elezioni dei “Rappresentanti per la Comunità di Rischio” con riferimento alla piattaforma Uber sul territorio di Palermo. Le candidature potevano essere presentate tramite lo stesso gruppo mediante messaggio, così come indicato nel bando ivi pubblicato”, che risultavano solo due candidati “D.D. – (sostenuto da G.L., R.B., A.U., I.I. e S.BO.) – L.S.” e che le elezioni si sarebbero svolte “dalle ore 18.00 alle ore 20.00 giorno 7 ottobre e dalle ore 17.00 alle ore 19.00 giorno 8 ottobre, presso lo starting point di Piazza Castelnuovo, in zona adiacente al (omissis)” - del quale non è stata in alcun modo dimostrata l'effettiva divulgazione a tutti i lavoratori neanche nell'ambito della città metropolitana di Palermo, né le modalità di nomina della Commissione la quale ha poi comunicato l'esito della votazione senza neanche specificare il numero di lavoratori partecipanti alla votazione medesima, né i voti riportati dai singoli candidati.

Il vizio connesso alla procedura elettorale non consente di ritenere legittima l'elezione del D.D. quale rappresentante dei lavoratori per la sicurezza. Risulta inoltre inconferente il richiamo all'art. 9 l. 300/1970, dovendosi rammentare che “Il citato art. 9 attribuisce, infatti, alle rappresentanze sindacali aziendali (art. 19) il diritto di controllare, nell'interesse dei lavoratori, l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro e delle malattie professionali, nonché di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica (art. 2087 cod. civ.). Va da sé che da tali diritti deriva il potere di azione in giudizio delle suddette rappresentanze, quali organi preposti al controllo e alla promozione precisati dalla norma in esame, a tutela dell'interesse della collettività dei lavoratori occupati nell'azienda. Ma - si badi - tale potere di azione, previsto peraltro dallo statuto dei lavoratori, che detta norme a maggior tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà sindacale e dell'attività sindacale nei luoghi di lavoro, è certamente compatibile, sotto ogni profilo logico-giuridico, con qualsiasi forma di tutela dei diritti soggettivi dei singoli lavoratori, e segnatamente, con il diritto alla salute ex art. 32 cost. e 2087 cod. civ., che, ovviamente, la tutela collettiva non può affievolire, ma rafforzare”. (cfr. Cass. Sez. Lav., Sentenza n. 9808 del 1997). Sulla scorta delle superiori argomentazioni il motivo di ricorso non può trovare accoglimento.

Considerato l'esito complessivo del procedimento, le spese del procedimento vengono compensate tra le parti.
 


P.Q.M.
 


- dichiara la natura antisindacale del diniego di comunicare a (omissis) Palermo le informazioni sull'utilizzo di sistemi decisionali o di monitoraggio automatizzati e, per l'effetto, ordina alla convenuta di fornire le informazioni richieste con nota del 22.12.2022, previste dall'art. 1 bis d. lgs 152/1997;

- rigetta per il resto il ricorso;

- dichiara compensate tra le parti le spese del procedimento.