Cassazione Penale, Sez. 4, 13 giugno 2023, n. 25327 - Infortunio mortale del lavoratore che pota un albero in piedi sulla biforcazione del tronco. Responsabilità del datore di lavoro



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente -

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere -

Dott. BELLINI Ugo - Consigliere -

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere -

Dott. RICCI Anna - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 21/01/2022 della CORTE APPELLO di BOLOGNA;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dr. ANNA LUISA ANGELA RICCI;

udito il PG in persona del Sostituto Procuratore Dr. LUCA TAMPIERI, che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;

udito il difensore l'avv. PICCAGLIA FRANCESCO, come sostituto processuale dell'avvocato PICCAGLIA CLAUDIO in difesa di A.A., che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.

 

Fatto


1. La Corte d'Appello di Bologna con sentenza del 21 gennaio 2022, in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Bologna nei confronti di A.A. in ordine al delitto di cui all'art. 589, comma 2, c.p. in danno di B.B., commesso in Pianoro il 19 marzo 2013, ha riconosciuto la circostanza attenuante di cui all'art. 62 n. 6 c.p. e lo ha condannato alla pena di mesi 10 di reclusione.

1.1. Il processo ha ad oggetto un infortunio sul lavoro descritto nelle sentenze di merito conformi nel modo seguente. B.B., dipendente della Agricoop, di cui A.A. era legale rappresentante, stava effettuando lavori di potatura di un albero di gelso ad un'altezza di circa tre metri con una motosega, stando in piedi su una superficie irregolare offerta dalla biforcazione del tronco, senza essere vincolato in alcun modo, quando era caduto e si era procurato un politrauma in conseguenza del quale era deceduto.

Quale addebito di colpa nei confronti di A.A. erano stati individuati la negligenza, l'imprudenza e l'imperizia e la violazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, art. 18, comma 1, lett. f) per aver consentito al lavoratore di effettuare operazioni di potatura ad una quota superiore ai due metri, senza l'ausilio di dispositivi di protezione individuale o cautele idonee a impedire la caduta dall'alto.

2. Avverso la sentenza ha proposto ricorso l'imputato a mezzo di difensore, formulando due motivi.

2.1.Con il primo motivo, ha dedotto la violazione della legge penale ed in specie degli artt. 40 e 589 c.p. Il difensore osserva che, secondo quanto emerso dall'istruttoria, fra le attività di Agricoop, operante nel settore della coltivazione dei terreni, rientrava anche quella della abbattimento delle piante, ma solo da terra e non anche in altezza, come chiarito dai testi C.C., D.D. e E.E.. Il dipendente aveva deciso in autonomia di abbattere l'albero operando in altezza, senza avere ricevuto alcuna richiesta o ordine in tal senso, in mancanza di attrezzatura e nonostante sapesse che tale attività era sempre affidata a ditte esterne che operavano tramite cestelli. La Corte di Appello, dunque, in maniera apodittica, aveva affermato che il comportamento del lavoratore era stato coerente con l'incarico ricevuto, quando, invece, doveva qualificarsi tale comportamento come abnorme, ovvero posto in essere in ambito estraneo alle mansioni affidategli.

2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione e la violazione di legge con riferimento alla individuazione in capo all'imputato di una posizione di garanzia. La Corte non avrebbe considerato che il coimputato F.F. (deceduto) era stato indicato nel corso della istruttoria come il referente, ovvero come il tecnico che coordinava e organizzava tutti i lavori, sicchè la posizione di garanzia doveva essere individuata in capo a tale ultimo soggetto, in ossequio al principio per cui l'individuazione dei destinatari degli obblighi posti dalle norme sulla prevenzione infortuni sul lavoro deve fondarsi non già sulla qualifica rivestita, bensì sulle funzioni in concreto esercitate.
 

 

Diritto

 


1. Il ricorso deve essere dichiarato inammissibile.

2. Il primo motivo è manifestamente infondato.

2.1.Va innanzitutto premesso che in caso di conformità, le motivazioni della sentenza di primo grado e della sentenza di appello, fondendosi, si integrano a vicenda, confluendo in un risultato organico ed inscindibile, al quale occorre in ogni caso fare riferimento per giudicare della congruità del percorso argomentativo adottato (Sez. 3 n. 13926 dell'01/12/2011 dep. 2012, Valerio, Rv. 252615; Sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993 dep. 1994, Albergamo e altri, Rv. 197250).

Dalla lettura della sentenza di primo e di secondo grado emergono alcuni dati incontestati. In particolare:

- ai dipendenti C.C. e B.B. era stato assegnato il compito di effettuare un'attività di pulizia di parte del terreno di proprietà Agricoop, confinante con la strada comunale, per adempiere all'onere che grava sui proprietari dei terreni confinanti con strade e autostrade di provvedere, ai sensi del D.Lgs. 30 aprile 1992, n. 285, artt. 29 e 30 ad un'attività di manutenzione periodica delle aree confinanti per garantire la sicurezza della circolazione: tale attività comporta che debbano essere tagliati le siepi e i rami che si protendono oltre il confine stradale, rimuovere alberi e rami che per effetto di intemperie possano cadere sul piano stradale e mantenere le ripe in modo da tale da prevenire frane o ingombri della strada, cadute massi ovvero altri possibili insidie;

-l'infortunio si era verificato mentre il dipendente operava ad un'altezza di 2/3 metri da terra, stando in piedi su una superficie irregolare offerta dalla biforcazione del tronco del gelso, senza essere vincolato in alcun modo nè protetto dal rischio caduta, dopo essere salito sull'albero utilizzando una scala a pioli in metallo: B.B. stava tagliando un ramo sporgente situato a ridosso della careggiata che avrebbe potuto caricarsi di neve e precipitare sulla strada;

- non erano state messe a disposizione del lavoratore le attrezzature idonee a tale tipo di lavoro, quali cestelli e piattaforme, per operare in altezza, nè era stato effettuato un preliminare sopralluogo per valutare i rischi specifici collegati - al momento della caduta B.B. aveva già tagliato un altro ramo e in generale i lavori di messa in sicurezza erano già iniziati da due o tre giorni.

2.2.Così ricostruiti i dati fattuali, la tesi sostenuta nel ricorso si fonda sull'assunto per cui il lavoratore deceduto avrebbe operato in altezza agendo di sua iniziativa, con una condotta, imprevedibile ex ante da parte del datore di lavoro: da tale assunto il ricorrente fa discendere la conseguenza che la condotta del lavoratore era stata abnorme ed aveva, pertanto, attivato un rischio eccentrico rispetto a quelli governati dal datore di lavoro in relazione alla sua posizione di garanzia. Entrambi gli assunti sono, come detto, manifestamente infondati.

2.3. In tema di infortuni sul lavoro, il principio informatore della materia è quello per cui non può esservi alcun esonero di responsabilità all'interno dell'area di rischio, nella quale si colloca l'obbligo datoriale di assicurare condizioni di sicurezza appropriate anche in rapporto a possibili comportamenti trascurati del lavoratore (sez. 4 n. 21587 del 2007, Pelosi, Rv.). All'interno dell'area di rischio considerata, quindi, deve ribadirsi il principio per il quale la condotta del lavoratore può ritenersi abnorme e idonea ad escludere il nesso di causalità tra la condotta del datore di lavoro e l'evento lesivo, non tanto ove sia imprevedibile, quanto, piuttosto, ove sia tale da attivare un rischio eccentrico o esorbitante dalla sfera di rischio governata dal soggetto titolare della posizione di garanzia (sez. 4 n. 15124 del 13712/2016, dep. 2017, Gerosa e altri, Rv. 269603; sez. 4 n. 5007 del 28/11/2018, dep. 2019, PMT c/ Musso Paolo, rv. 275017), oppure ove sia stata posta in essere del tutto autonomamente e in un ambito estraneo alle mansioni affidategli e, come tale, al di fuori di ogni prevedibilità da parte del datore di lavoro, oppure vi rientri, ma si sia tradotta in qualcosa che, radicalmente quanto ontologicamente, sia lontano dalle ipotizzabili e, quindi, prevedibili, imprudenti scelte del lavoratore nella esecuzione del lavoro (sez. 4 n. 7188 del 10/01/2018, Bozzi, Rv. 272222). In ogni caso "perchè possa ritenersi che il comportamento negligente, imprudente e imperito del lavoratore, pur tenuto in esplicazione delle mansioni allo stesso affidate, costituisca concretizzazione di un "rischio eccentrico", con esclusione della responsabilità del garante, è necessario che questi abbia posto in essere anche le cautele che sono finalizzate proprio alla disciplina e governo del rischio del comportamento imprudente" (Sez. 4, n. 27871 del 20/03/2019, Simeone, Rv. 27624201).

2.4. i giudici di merito con motivazione coerente con i dati di fatto riportati, esaustiva e non illogica hanno spiegato che il lavoratore era incorso nell'infortunio nello svolgimento delle mansioni a lui affidate e che l'iniziativa assunta era conforme all'incarico ricevuto e finalizzata all'adempimento di tale incarico, sicchè non vi era Spazio alcuno per la qualificazione della sua condotta come abnorme.

In particolare il Tribunale ha, a tale fine, evidenziato che nella visura camerale di Agricoop, tra le attività costituenti l'oggetto sociale erano indicati anche "i lavori di sistemazione e manutenzione idraulico-forestale, bonifica e miglioramento dei terreni, opere di forestazione"; che nel Documento di valutazione dei rischi si faceva riferimento alla gestione di appalti di forestazione da Comunità Montane e Provincia aventi ad oggetto "pulizia di bosco, diradamenti e potature con utilizzo di motoseghe"; che ai dipendenti erano state consegnate schede di formazione relative alle corrette modalità di effettuazione di operazioni di taglio e abbattimento alberi, istruzioni per l'uso di scale portatili e motoseghe e indicazioni relative alle protezioni specifiche per lo svolgimento di attività forestali. Anche a volere prestare fede alla tesi difensiva- ha proseguito il Tribunale, una volta ritenuta la condotta di B.B. funzionale e finalizzata all'obiettivo affidatogli dalla Cooperativa, il datore di lavoro avrebbe dovuto, comunque, provvedere a prevenire i rischi a cui il dipendente poteva andare incontro nello svolgimento dell'attività, adottando misure oggettivamente idonee a ridurre al minimo la possibilità di incidenti causati da imprudenze degli operatori e consistenti nel fornire i dispositivi di protezione e le attrezzature necessarie.

La Corte di Appello ha, anch'essa, richiamato tutti i dati documentali su indicati e condiviso le valutazioni tratte da tali dati, concludendo che B.B. aveva agito nell'ambito delle mansioni a lui affidate e che, in ogni caso, il sistema di prevenzione mira a tutelare il lavoratore anche in relazione ad incidenti che possono derivare da sua negligenza, imprudenza e imperizia, sicchè il datore di lavoro è, comunque, gravato da un onere di controllo dell'effettivo rispetto anche da parte del lavoratore negligente delle prescrizioni antinfortunistiche.

Il ricorrente, di contro, si limita a riproporre una diversa lettura dei dati di fatto (quale quella per cui B.B. avrebbe contravvenuto alla disposizione di non tagliare i rami posti in alto), senza confrontarsi con le argomentate conclusioni dei giudici, e a reiterare tesi giuridiche in aperto contrasto con la giurisprudenza richiamata.

3. Il secondo motivo, con cui si censura la riconducibilità dell'infortunio all'area di rischio governata dal datore di lavoro, è manifestamente infondato.

Le sentenze di merito, quale logico corollario del ragionamento condotto, hanno individuato il ricorrente come responsabile del decesso del lavoratore dipendente.

I giudici hanno affermato che A.A., in qualità di datore di lavoro, era tenuto a garantire la sicurezza dei lavoratori, a fronte di un'attività che presentava rischi specifici e oggettivi caratteri di pericolosità, per la necessità di tagliare rami sporgenti ad altezza di oltre due metri dal suolo, e, pertanto, a fornire dispositivi di protezione e attrezzature idonee al tipo di attività (prima fra tutte la piattaforma elevabile) e a fare in modo che i lavoratori si attenessero alle disposizioni di sicurezza. A.A. era chiamato in prima persona a governare i rischi connessi all'attività oggetto della impresa, in quanto non aveva rilasciato alcuna delega di funzioni, mentre il coimputato deceduto F.F. era indicato in organigramma come Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione.

La decisione impugnata, dunque, anche sotto profilo non si presta a censure. Il riferimento nel ricorso alla necessità di verificare in concreto l'esercizio della funzione datoriale (a significare che altri soggetti ne sarebbero stati investiti) è del tutto generico, mentre il riferimento alla mancata valutazione da parte dei giudici della esclusiva responsabilità di F.F., nella sua qualità di "responsabile tecnico" che si era occupato della organizzazione concreta dell'attività lavorativa svolta in occasione dell'infortunio, è inconferente, posto che tutte le violazioni cautelari addebitate all'imputato ineriscono alla tipica funzione datoriale, così come disegnata dalla normativa prevenzionistica, e all'area di rischio governata dal datore di lavoro.

4. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e rilevato che non sussistono elementi per ritenere che il ricorrente non ver Sas se in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell'art. 616 c.p.p., l'onere di versare la somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle Ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 11 maggio 2023.

Depositato in Cancelleria il 13 giugno 2023