Cassazione Civile, Sez. Lav., 30 maggio 2023, n. 15223 - Riposi nel settore trasporti. Danno da usura psicofisica



Il danno da usura psicofisica si colloca nella categoria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava, pertanto, l'onere della prova.


 




REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. RAIMONDI Guido - Presidente -

Dott. GARRI Fabrizia - Consigliere -

Dott. PAGETTA Antonella - Consigliere -

Dott. AMENDOLA Fabrizio - Consigliere -

Dott. MICHELINI Gualtiero - rel. Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

 


sul ricorso 10917-2021 proposto da:

FERROVIE DEL SUD EST E SERVIZI AUTOMOBILISTICI Srl , in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA LUIGI GIUSEPPE FARAVELLI 22, presso lo studio dell'avvocato ARTURO MARESCA, che la rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

A.A., B.B., elettivamente domiciliati in ROMA, VIA AUGUSTO RIBOTY 22, presso lo studio dell'avvocato LUIGI INFANTE, rappresentati e difesi dall'avvocato ITALO MARIANO SIGNORE;

- controricorrenti -

avverso la sentenza n. 578/2020 della CORTE D'APPELLO di LECCE, depositata il 27/10/2020 R.G.N. 911/2018;

udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 06/04/2023 dal Consigliere Dott. GUALTIERO MICHELINI;

udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. BASILE TOMMASO, che ha concluso per il rigetto del ricorso;

udito l'Avvocato ARTURO MARESCA;

udito l'Avvocato ITALO MARIANO SIGNORE.





Fatto



1. Con sentenza n. 578 pubblicata il 27.10.2020, la Corte d'appello di Lecce, confermando la sentenza del Tribunale della medesima sede, ha accolto la domanda proposta dai lavoratori, autisti del servizio di linea addetti (anche) a percorsi superiori a 50 km, proposta nei confronti della società Ferrovie del Sud Est e Servizi Automobilistici Srl per la condanna al pagamento del risarcimento del danno non patrimoniale derivato dalla mancata fruizione (per gli anni 2006-2012) dei riposi giornalieri e settimanali così come disciplinati dai Regolamenti CEE 3820 del 1985 e CE 561 del 2006.

2. La Corte territoriale, all'esito dell'approfondita disamina dei Regolamenti CEE 3820/1985 e 561/2006, ha ritenuto l'applicabilità della normativa comunitaria all'impresa di trasporto, nonostante svolgesse attività in regime di monopolio, in quanto l'obiettivo di tale disciplina è la conformazione delle condizioni di lavoro ad un modello standard a livello sovranazionale, che assicuri l'osservanza di minime norme di sicurezza e di protezione dei conducenti, con particolare riferimento al rispetto di riposo ed intervalli lavorativi, dovendosi intendere il riferimento - nei Regolamenti - al regime di "concorrenza fra diversi modi di trasporto terrestre" quale sottolineatura della "forza" assegnata dal Trattato al rispetto della normativa comunitaria; rilevato che risultava "incontestato che i lavoratori erano stati addetti in via esclusiva alla conduzione di veicoli effettuando in un turno anche corse ciascuna superiore a 50 km", ha escluso la pertinenza degli argomenti dedotti, dalla società, dagli Interpelli elaborati dal Ministero del Lavoro (nn. 24 del 2008 e 27 del 2009, che prevedono il criterio della prevalenza in caso di turni "misti"), avendo, i suddetti Interpelli, esaminato fattispecie diverse (in specie, il cumulo di tratte tutte inferiori a 50 km e l'adibizione a mansioni sia amministrative sia di guida), ed ha sottolineato che l'applicazione della normativa comunitaria discendeva esclusivamente dal requisito, accertato in corso di causa, della guida di tratte eccedenti i 50 km durante ciascun turno (indipendentemente dalla percorrenza complessiva giornaliera e dal calcolo del numero complessivo delle corse garantite dall'azienda); ha, peraltro, rilevato che, in assenza di appello incidentale dei lavoratori, doveva ritenersi intangibile il criterio (stabilito dal giudice e) utilizzato per il calcolo effettuato, in primo grado, dal c.t.u., che - ai fini dell'applicazione della normativa comunitaria - aveva considerato (sulla base di documentazione tempestivamente prodotta dalla società, ossia i cd. stamponi e tabulati) esclusivamente le settimane in cui vi era la prevalenza di turni ove vi fosse almeno una percorrenza superiore ai 50 km (dovendosi, invece, ritenere inammissibile la produzione effettuata in appello dalla società per contestare gli esiti della c.t.u. in quanto tardiva e comunque non attinente al motivo di appello svolto); infine, data la maggiore penosità del lavoro dovuta alla lunga durata della violazione datoriale (in ordine ai riposi giornalieri e settimanali), la Corte ha ritenuto provato, per presunzione, il danno alla salute (cagionato dal maggior dispendio di energie necessarie per sostenere i ritmi lavorativi, circostanza non inficiata da prova contraria fornita dalla società), danno che ha quantificato sulla base della disciplina contrattuale prevista per il lavoro straordinario.

3. La cassazione della sentenza è domandata dalla società sulla base di quattro motivi; i lavoratori hanno resistito con controricorso. Entrambe le parti hanno depositato memoria.


 

Diritto



1. Con il primo motivo di ricorso si denunzia violazione o falsa applicazione del Regolamento CEE 3820/1985 (artt. 4 e 8), del Regolamento CE 561/2006 (artt. 3, 4 e 8), della L. n. 138 del 1958 (artt. 7 e 8), del D.Lgs. n. 66 del 2003 (art. 17, comma 6), del c.c.n.l. Autoferrotranvieri 27/11/2000 (art. 6), ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte territoriale, ritenuto applicabile la disciplina comunitaria in luogo della disciplina nazionale di cui alla legge del 1958 in materia di riposi giornalieri e settimanali dei lavoratori mobili addetti al trasporto di linea extra urbano;

invero, secondo le previsioni del D.Lgs. n. 66, la disciplina dei riposi applicabile al personale mobile dipendente da aziende autoferrotranviarie è quella prevista dalla legge del 1958; i Regolamenti comunitari dettano una disciplina per il personale che effettua trasporti stradali il cui percorso supera i 50 km; la fattispecie de qua si caratterizza per l'effettuazione di trasporti di tipo "misto" (ossia l'autista può essere adibito a corse inferiori oppure superiori ai 50 km nell'ambito anche di uno stesso turno, ma le tratte inferiori sono di gran lunga prevalenti); l'Interpello n. 27 del 2009 del Ministero del Lavoro ha dettato, ai fini della scelta della disciplina da applicare, il criterio della prevalenza dell'attività svolta, mentre la sentenza impugnata ha ritenuto sufficiente la presenza anche di una sola tratta superiore ai 50 km nel turno di servizio per l'applicazione della normativa comunitaria (arrivando ad applicare, di fatto, detta normativa anche a percorsi inferiori ai 50 km, in violazione espressa della previsione contenuta nei Regolamenti, che esclude dette tratte dal campo di applicazione), con ciò violando altresì il c.c.n.l. che prevede di misurare la durata settimanale dell'orario di lavoro nell'arco temporale di 17 settimane.

2. Con il secondo motivo di ricorso si denunzia violazione dell'art. 132 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 4, avendo, la Corte territoriale, trascurato i conteggi allegati al ricorso in appello (docc. E, F) che dimostravano l'erroneità del conteggio elaborato in primo grado dal c.t.u. in punto di applicazione del criterio della prevalenza.

3. Con il terzo motivo di ricorso si denunzia violazione o falsa applicazione degli artt. 416,437 e 195 c.p.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte territoriale, erroneamente escluso le critiche, svolte in appello, alla relazione del c.t.u. recepita nella pronunzia di primo grado.

4. Con il quarto motivo di ricorso si deduce violazione o falsa applicazione degli artt. 2059, 2087, 1223, 2727, 2729 e 2697 c.c., ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3, avendo, la Corte territoriale, fatto erronea applicazione dei principi in materia di danno e di onere probatorio a fronte del ricorso introduttivo del giudizio privo di specifiche allegazioni idonee concretamente ad individuare il pregiudizio di cui i lavoratori chiedevano il risarcimento; inoltre, la Corte territoriale non ha minimamente indicato le presunzioni gravi, precise e concordanti poste alla base del metodo di accertamento analitico induttivo adottato, avendo considerato un unico, insufficiente, fatto indiziario ossia la lunghezza dei periodi nei quali si è registrato l'inadempimento datoriale.

5. Il primo motivo di ricorso non è fondato.

5.1. Il ricorso della società, in relazione al periodo di causa (2006 - 2012), investe questa Corte della interpretazione del regolamento CE n. 561/2006 del parlamento Europeo e del Consiglio del 15 marzo 2006, relativo all'armonizzazione di alcune disposizioni in materia sociale nel settore dei trasporti su strada e che modifica i regolamenti del Consiglio (CEE) n. 3821/85 e (CE) n. 2135/98 e abroga il regolamento (CEE) n. 3820/85 del Consiglio (GU 2006, L 102, pag. 1), nel prosieguo indicato come "regolamento". In relazione al periodo di causa (2006-2012) non trovano applicazione le modifiche introdotte dal regolamento (UE) n. 2020/1054. 5.2. La società sostiene che il regime di monopolio in base al quale operava la esentava dall'applicazione del regolamento; ulteriore motivo di esenzione dall'applicazione della normativa comunitaria consisterebbe nella adibizione degli autisti a trasporti di tipo "misto" (ossia a corse inferiori e superiori ai 50 km nell'ambito anche di uno stesso turno, ma con netta prevalenza delle tratte inferiori).

6. Ai sensi dei considerando 4, 16, 17, 22 e 23 del regolamento n. 561/2006: "(4) Per conseguire gli obiettivi prefissi ed evitare che (le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3820/85 relative ai periodi di guida, interruzioni e riposo dei conducenti dei veicoli addetti ai trasporti comunitari nazionali e internazionali su strada) vengano disattese è auspicabile che le suddette disposizioni vengano fatte osservare rigorosamente e uniformemente. Occorre a tal fine dettare un complesso di regole più semplici e chiare, di immediata comprensione, che possano essere facilmente interpretate e applicate tanto dalle imprese del settore quanto dalle autorità che devono farle osservare.

(16) Il fatto che le disposizioni del regolamento (CEE) n. 3820/85 abbiano permesso di programmare l'attività di guida giornaliera in modo da effettuare lunghissimi periodi al volante, non intercalati dalle opportune pause di riposo, ha avuto ripercussioni negative sulla sicurezza stradale e ha peggiorato le condizioni di lavoro dei conducenti. Occorre pertanto assicurare che le interruzioni frazionate siano organizzate in modo da evitare gli abusi.

(17) Il presente regolamento mira a migliorare le condizioni sociali dei lavoratori dipendenti cui si applica, nonchè la sicurezza stradale in generale. A tal fine prevede disposizioni relative al tempo di guida massimo per giornata, per settimana e per periodo di due settimane consecutive, nonchè una disposizione che obbliga il conducente a effettuare almeno un periodo di riposo settimanale regolare per periodo di due settimane consecutive e disposizioni in base alle quali un periodo di riposo giornaliero non può in nessun caso essere inferiore a un periodo ininterrotto di 9 ore. Dato che tali disposizioni garantiscono un riposo adeguato, e tenuto conto anche dell'esperienza acquisita negli ultimi anni in materia di applicazione, un sistema di compensazione per i periodi di riposo giornalieri ridotti non è più necessario. (...) (22) Per incentivare il progresso sociale ed accrescere la sicurezza stradale, ogni Stato membro dovrebbe poter continuare ad adottare determinate misure che ritiene opportune.

(23) Le deroghe nazionali dovrebbero riflettere l'evoluzione nel settore del trasporto su strada e limitarsi a quegli elementi che attualmente non sono soggetti a dinamiche concorrenziali".

6.1. L'art. 1, di tale regolamento così dispone: "Il presente regolamento disciplina periodi di guida, interruzioni e periodi di riposo per i conducenti che effettuano il trasporto di persone e di merci su strada, al fine di armonizzare le condizioni di concorrenza fra diversi modi di trasporto terrestre, con particolare riguardo al trasporto su strada, nonchè di migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale. Il presente regolamento mira inoltre ad ottimizzare il controllo e l'applicazione da parte degli Stati membri nonchè a promuovere migliori pratiche nel settore dei trasporti su strada".

6.2. L'art. 2 precisa, per quel che interessa, che il regolamento si applica al trasporto di passeggeri effettuato da veicoli atti a trasportare più di nove persone compreso il conducente e destinati a tal fine (oltre che al trasporto di merci) e (prescindere dal paese in cui il veicolo è immatricolato) all'interno della Comunità Europea (nonchè nella Svizzera e nello spazio economico Europeo).

L'art. 3, lett. a), inoltre, delimita il campo di applicazione della disciplina e, in particolare, esclude i trasporti stradali effettuati a mezzo di "veicoli adibiti al trasporto di passeggeri in servizio regolare di linea, il cui percorso non supera i 50 chilometri".

7. Come ripetutamente affermato dalla Corte di giustizia UE, la portata del regolamento deve essere determinata tenendo conto delle finalità del regolamento stesso (cfr. in tal senso sentenza CGUE 7.7.2022, C-13/21 e ivi numerosi rinvii, punto 31). In particolare, la Corte di giustizia non ha trascurato di ricordare che, conformemente al suo considerando 17 e al suo art. 1, il regolamento ha come obiettivi l'armonizzazione delle condizioni di concorrenza relative al settore stradale e il miglioramento delle condizioni di lavoro nonchè della sicurezza stradale (sentenza 21.11.2019, C-203/18 e C-374/18; sentenza 7.2.2019, C231/18).

7.1. L'interpretazione sistematica del regolamento e, in specie, dei passaggi innanzi riportati (ove, da una parte, si indicano le finalità della disciplina e, dall'altra, si individua precisamente il campo di applicazione), dimostra con estrema chiarezza ed evidenza che il regolamento si applica inequivocabilmente a tutte le imprese del settore "trasporti su strada" che operano all'interno della Comunità Europea (e, quindi, del territorio nazionale) in modo da raggiungere il fine specifico di imporre delle condizioni minime di svolgimento dell'attività che tutelino sia gli operatori di esercizio di dette imprese sia i terzi impegnati nella circolazione stradale. Il campo di applicazione del regolamento (artt. 2 e 3) è dettato in maniera analitica e specifica, mentre i singoli considerando e le finalità esplicitate dal legislatore comunitario nell'art. 1 non contengono enunciati di carattere normativo e svolgono la funzione di spiegare le ragioni dell'intervento normativo, consistenti, nell'intento di armonizzare, ossia uniformare, le prescrizioni minime in materia di organizzazione dell'orario di lavoro, proprio al fine di evitare abusi e distorsioni di mercato (che portino a favorire, nell'aggiudicazioni degli appalti, imprese che ottengano minori costi di produzione grazie al mancato rispetto delle condizioni minime di sicurezza nell'ambito della circolazione stradale): quindi, a prescindere dal concreto contesto di mercato in cui si trova ad operare l'impresa (concorrenza perfetta, concorrenza monopolistica, oligopolio e monopolio), il legislatore Europeo ha inteso imporre delle condizioni comuni di esercizio del trasporto su strada non solo al fine di evitare abusi ma anche per rendere sicura la circolazione stradale, regole direttamente applicabili in ogni Stato membro (considerata la natura dell'atto normativo comunitario) sin dal 2006 e la cui violazione fonda la domanda risarcitoria dei lavoratori.

7.2. La conferma dell'applicazione del regolamento alle imprese di trasporto che prevedono turni "misti" (ossia con almeno una tratta superiore a 50 km) per i dipendenti si ricava, altresì, dalla sentenza della Corte di Giustizia del 9.9.2021 (in causa C-906/19), resa sulla domanda pregiudiziale di interpretazione dell'art. 3, lett. a) del regolamento (proposta dalla Corte di Cassazione della Francia), sentenza la quale ha precisato (punto 32) che l'espressione "veicoli adibiti" per il trasporto di passeggeri in "servizio regolare" il cui percorso non supera i 50 chilometri, riguarda unicamente i veicoli adibiti a tale trasporto in via esclusiva (a meno che il veicolo sia utilizzato a tale scopo solo occasionalmente); la sentenza aggiunge che il regolamento, nella misura in cui introduce un'eccezione all'ambito di applicazione (trasporti inferiori a 50 km), deve essere interpretato in modo restrittivo (punto 33), posto che "adottare un'interpretazione dell'art. 3, lettera a), del regolamento n. 561/2006 secondo cui l'esclusione dall'ambito di applicazione di tale regolamento prevista da detta disposizione non è limitata all'uso esclusivo del veicolo in questione ai fini del particolare trasporto su strada di cui a tale disposizione sarebbe in contrasto con l'obiettivo perseguito da tale regolamento di migliorare le condizioni di lavoro e la sicurezza stradale, rendendo inapplicabile il regolamento n. 561/2006 a taluni usi di tale veicolo che possono incidere sulla guida ed escludendo la presa in considerazione di tali usi nella verifica della conformità all'art. 15, paragrafi 2, 3 e 7, del regolamento n. 3821/85" (punto 38).

7.3. In sintesi, il regolamento va applicato ai veicoli adibiti in via promiscua a tratte sia inferiori che superiori ai 50 chilometri, come ricorre nel caso di specie; l'applicazione del regolamento a questi casi è già stata chiaramente affermata dalla Corte di giustizia Europea (cfr. sentenza 9.9.2021 citata) e non è, dunque, necessario un nuovo rinvio all'organo giudiziario comunitario, nemmeno per il profilo inerente al regime di monopolio in base al quale operava la ricorrente e che secondo il suo assunto la esentava dall'applicazione del regolamento (cfr. in questo senso, sull'art. 267 TFUE e sulla portata dell'obbligo di sottoporre alla Corte una questione relativa all'interpretazione del diritto dell'Unione, Corte di giustizia Europea 6.10.2021, C-561/19); ciò per la chiarezza e l'evidenza - non solo per il giudice italiano, ma per tutti i giudici dell'Unione - dell'interpretazione del regolamento nel senso della sua inequivocabile applicabilità a tutte le imprese del settore "trasporti su strada" che operano all'interno della Comunità Europea, oggi Unione Europea; il principio è stato, altresì, richiamato da questa Corte nella sentenza n. 15230 del 2022 (punto 5 di pag. 7), che, peraltro, ha sottoposto alla Corte di giustizia Europea due questioni pregiudiziali concernenti il regolamento attinenti a profili diversi da quello in esame nella presente fattispecie, ossia relativi alla possibilità di cumulo di itinerari tutti inferiori a 50 km svolti da un autista nell'ambito di uno stesso turno di lavoro.

8. Il secondo ed il terzo motivo di ricorso sono inammissibili. 8.1. La nullità della sentenza per mancanza della motivazione, ai sensi dell'art. 132 c.p.c., è prospettabile quando la motivazione manchi addirittura graficamente, ovvero sia così oscura da non lasciarsi intendere da un normale intelletto, mentre nel caso di specie la sentenza impugnata ha fornito ben tre rationes decidendi della mancata ammissione dei documenti prodotti in grado di appello, rilevando che: si trattava di nuovi conteggi che seppur valutavano dati preesistenti dovevano essere prodotti, per il profilo di novità, contestualmente alla memoria di costituzione di primo grado; tale documentazione non atteneva alle argomentazioni svolte con i motivi di appello (che si concentravano sui profili di applicabilità del regolamento e sulle modalità di computo di tratte "miste"); si trattava, comunque, di produzione irrilevante, in quanto era pacifico che ogni guidatore aveva svolto, nel suo turno, almeno una tratta superiore a 50 km e ciò era sufficiente per applicare la normativa comunitaria. Tale ampia motivazione non risulta censurata nella pluralità delle decisioni esposte, con conseguente carenza di decisività della lamentata violazione della disciplina dettata in materia di consulenza tecnica d'ufficio.

9. Il quarto motivo di ricorso è inammissibile perchè tende a rivalutare elementi di fatto (concernenti la frequente od occasionale reiterazione di turni di lavoro che includevano tratte superiori a 50 km) a fronte del rispetto, da parte della Corte territoriale, del criterio consolidato della necessità della prova, da parte dell'interessato, del danno subito, prova che può essere fornita anche per presunzioni.

9.1. Questa Corte ha affermato che il danno da usura psicofisica si iscrive (Cass. Sez. Un. 6572 del 2006; Cass. n. 26972 del 2008) nella categoria unitaria del danno non patrimoniale causato da fatto illecito o da inadempimento contrattuale e la sua risarcibilità presuppone la sussistenza di un pregiudizio concreto patito dal titolare dell'interesse leso, sul quale grava, pertanto, l'onere della relativa specifica deduzione della prova eventualmente anche attraverso presunzioni semplici. Al principio è stato dato seguito dalla giurisprudenza successiva che, sottolineando la distinzione del danno da usura psico-fisica rispetto al danno alla salute o biologico (Cass. n. 24180 del 2013; Cass. n. 24563 del 2016), ha sancito come la mancata fruizione dei riposi possa essere fonte di danno non patrimoniale in via presuntiva (v. Cass. n. 18884 del 2019, con la giurisprudenza ivi citata).

9.2. La Corte di appello si è conformata alla giurisprudenza di legittimità elaborata da questa Corte e - facendo corretta applicazione del principio di diritto secondo il quale grava sul datore di lavoro dimostrare la fruizione dei riposi compensativi, quali fatti impeditivi (in tal senso Cass. n. 14710 del 2015) - ha ritenuto di desumere dalla specifica allegazione della "lunghezza dei periodi nei quali si è registrato l'inadempimento datoriale" l'anormale gravosità del lavoro e, dunque, il danno da usura psico-fisica "cagionato dal maggiore dispendio di energie necessarie per sostenere i ritmi lavorativi che, senza adeguati e cadenzati riposi, diventano oggettivamente usuranti anche per una persona esente da qualsivoglia patologia "(cfr. nello stesso senso, con riguardo a imprese di trasporto, Cass. n. 25135 del 2019, Cass. nn. 25260, 25259, 25069, 25068, 25067, 18776 del 2015). La Corte territoriale non ha, dunque, ritenuto il danno in re ipsa bensì, ricorrendo al mezzo di prova presuntivo, ha ritenuto provata l'esistenza di un danno da usura psico-fisica sulla base della maggiore gravosità dell'attività prestata durante i periodi destinati al riposo ricavata dalla valutazione della cadenza delle tratte e dei turni, prova che ha ritenuto non vinta da prova contraria fornita dal datore di lavoro. Pertanto, la censura in esame è inammissibile in quanto non individua un errore di diritto ma, piuttosto, involge apprezzamenti di merito in ordine alla sussistenza del danno nella fattispecie concreta, valutazioni in quanto tali sottratti al sindacato di questa Corte. 10. In conclusione, il ricorso va rigettato e le spese di lite seguono il criterio della soccombenza dettato dall'art. 91 c.p.c., con distrazione in favore del difensore dei controricorrenti dichiaratosi antistatario.


 

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso.

Così deciso in Roma, il 6 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 30 maggio 2023