Cassazione Penale, Sez. 4, 14 settembre 2023, n. 37479 - Caduta dell'operaio apprendista idraulico in un assito provvisorio e responsabilità del CSE



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente -

Dott. FERRANTI Donatella - Consigliere -

Dott. ESPOSITO Aldo - rel. Consigliere -

Dott. MARI Attilio - Consigliere -

Dott. RICCI Anna L. A. - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A., nato a (Omissis);

avverso la sentenza del 27/04/2022 della CORTE APPELLO di TORINO;

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. ESPOSITO ALDO;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Dott.ssa ODELLO LUCIA che ha chiesto il rigetto del ricorso;

udito l'avv. (Omissis) del foro di PARMA in qualità di difensore di fiducia dell'imputato che ha chiesto l'accoglimento del ricorso.
 

Fatto


1. Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Torino del 21 novembre 2019, con cui A.A. era stato condannato alla pena di mesi due di reclusione e al risarcimento dei danni in favore della parte civile B.B. in relazione al reato di cui all'art. 590 c.p., commi 1, 2 e 3, in relazione all'art. 583 c.p., comma 1, n. 1), perchè, in qualità di coordinatore in fase di esecuzione dei lavori, cagionava a B.B., operaio apprendista idraulico dipendente della ditta "Finiture Srl ", lesioni personali gravi - segnatamente frattura amielica comminuta pluriframmentaria pilone tibiale gamba destra - dalle quali derivava una malattia di durata superiore a quaranta giorni (nel caso di specie di durata non inferiore a mesi otto) e ciò per colpa generica nonchè per violazione delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro e, segnatamente, in relazione al D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. a) e b), perchè ometteva di verificare l'applicazione da parte delle imprese esecutrici ed in particolare della "Finiture Srl " delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e coordinamento in relazione all'utilizzo di un impalcato progettato ed allestito come assito provvisorio per passaggio pedonale nonchè l'idoneità del piano operativo di sicurezza della "Finiture Srl " in relazione all'utilizzo in sicurezza di siffatto passaggio, cosicchè lo B.B., durante i lavori di rifacimento della controsoffittatura dell'ingresso principale del capannone, per i quali era utilizzato un trabattello ivi appoggiato per poter raggiungere l'altezza del soffitto, mentre transitava su tale assito provvisorio per raggiungere i servizi igienici, poichè le assi di legno cedevano sotto il peso, provocando la precipitazione del lavoratore da un'altezza di m. 4,7 circa dal piano di campagna, si procurava le lesioni sopra indicate.

In ordine alla ricostruzione dei fatti, la mattina del (Omissis), lo B.B. si recava per la prima volta con alcuni colleghi presso il cantiere di (Omissis), ove era in corso la ristrutturazione di un edificio, dove a seguito di una serie di subappalti operavano varie imprese.

In vista dell'esecuzione di lavori di controsoffittatura al primo piano, tenuto conto dell'altezza del soffitto e della presenza di un'area centrale vuota in corrispondenza del vano scala, in assenza di parapetti, nelle settimane precedenti era stato realizzato su indicazione dell'arch. A.A. un impalcato ligneo, destinato al transito degli operai incaricati dei lavori e sul quale era stato anche montato un trabattello per accedere alla parte più alta del soffitto. Sennonchè, lo B.B. transitava su di esso per recarsi al bagno, ma un asse cedeva, per cui precipitava al piano sottostante nel corridoio nei pressi di un termoconvettore da poco tempo lì posizionato. L'impalcato provvisorio era stato realizzato in assenza di una precisa progettazione preventiva, esistendo solo un sommario disegno realizzato dal A.A., privo di specifiche indicazioni in ordine al montaggio ed alla realizzazione; i puntelli che sorreggevano tale impalcato poggiavano su piastrelle flottanti. L'impalcato, sulla base delle fotografie successivamente scattate doveva avere un puntello ogni 45-50 cm. ed era ampio circa 12 mq.. Il c.t. del PM ing. C.C., quindi, riferiva che l'impalcato non compariva nè nel Pos della Finiture Srl nè in quello della ditta che lo aveva realizzato o nei POS delle altre ditte che ivi avevano operato. Dalle fotografie reputava che l'impalcato fosse sorretto da puntelli non fissati tramite chiodatura dei quadrelli all'asse di legno, neppure piazzati a distanza regolare. I puntelli non erano quindi posizionati in modo adeguato rispetto ai travotti ed apparivano assenti le chiodature.

1.1. La Corte di appello ha preliminarmente osservato che il Tribunale aveva riconosciuto la responsabilità del prevenuto, senza distinguere i profili attinenti alla violazione dei doveri e compiti a lui spettanti come coordinatore per l'esecuzione dei lavori da quelli eventualmente gravanti sul medesimo in qualità di direttore dei lavori.

Nel capo di imputazione erano state addebitate le omissioni compiute in qualità di coordinatore in fase di esecuzione dei lavori e, cioè il mancato controllo circa l'applicazione delle indicazioni contenute nel PSC da parte delle diverse ditte coinvolte. Non si rinvenivano riferimenti al ruolo di direttore dei lavori ed all'eventuale violazione dei relativi doveri. La Corte territoriale, pertanto, ha ritenuto fondato il rilievo difensivo circa la violazione della regola dettata dall'art. 521 c.p.p., in cui sarebbe incorsa, almeno in parte, la sentenza laddove aveva collegato l'affermazione di responsabilità del prevenuto anche a tale diverso ruolo.

In ogni caso, la Corte di merito ha condiviso il giudizio di responsabilità espresso dal Tribunale in relazione al ruolo di garante assunto dal A.A. quale CSE e lo ha condannato in relazione a tale addebito. In qualità di CSE, infatti, il A.A. avrebbe dovuto verificare periodicamente la corretta osservanza, da parte delle imprese esecutrici, delle disposizioni contenute nel piano di sicurezza e di coordinamento nonchè l'applicazione delle procedure di lavoro. A lui spettava la verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) di ciascuna impresa e della sua coerenza rispetto al PSC, dovendo altresì procedere ad eventualmente ad adeguare il piano in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, verificando, in tal caso, che le imprese esecutrici adeguassero i rispettivi POS alle modifiche eventualmente apportate al PSC. Anche aderendo alla tesi difensiva di un arbitrario spostamento dei puntelli dell'impalcato ligneo operato a sua insaputa dal personale della ditta che doveva eseguire lavori sugli impianti o comunque nell'area sottostante, il A.A. avrebbe dovuto: a) inserire ed in modo specifico nel PSC la necessità di realizzare l'impalcato ligneo per consentire lo svolgimento in sicurezza dei lavori sul soffitto ad opera della Finiture Srl ; b) introdurre la specifica indicazione del divieto per le altre ditte di operare in contemporanea nella parte sottostante, con specifica previsione di adeguata segregazione di tale zona; c) avrebbe dovuto comunicare alle diverse ditte interessate e coinvolte nei lavori il cronoprogramma dei lavori da svolgere in tale specifica area, la realizzazione dell'impalcato come misura di sicurezza, il conseguente divieto di introdursi nell'area sottostante ed ivi lavorare sino al completamento dei lavori al controsoffitto; d) avrebbe dovuto verificare che tali indicazioni fossero riportate nei rispettivi POS affinchè le varie ditte vi si adeguassero (verifica avente lo scopo proprio di accertare che di tali indicazioni precauzionali - di carattere procedurale e temporale/cronologico - le varie ditte operanti avessero consapevolezza e ne avessero compreso la portata, adeguando la propria attività - ovvero anche la tempistica di svolgimento - ad esse).

2. Il A.A., a mezzo del proprio difensore, ricorre per Cassazione avverso la sentenza della Corte di appello, proponendo due motivi di impugnazione.

2.1. Violazione degli artt. 604, 521 e 522 c.p.p..

Si deduce che, alla luce della violazione della regola, almeno parziale, prevista dall'art. 521 c.p.p., la Corte territoriale avrebbe dovuto dichiarare la nullità della sentenza impugnata e disporre la trasmissione degli atti al Tribunale, avendo accertato che il fatto era diverso da quello originariamente contestato.

La Corte distrettuale, pur avendo riconosciuto il vizio ex art. 521 c.p.p. contenuto nella sentenza di primo grado, ha ritenuto inopinatamente di poter riformulare un proprio autonomo giudizio di merito, previa riconduzione dell'accertamento all'alveo esclusivo del fatto storico originariamente descritto nel capo di imputazione.

2.2. Violazione degli artt. 40, 41 c.p. e D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92 e vizio di motivazione.

Si rileva che, pur in mancanza di un accertamento in ordine alle cause dell'infortunio, la Corte torinese ha affermato la responsabilità del ricorrente, in violazione del principio secondo cui la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante.

Infatti, nel corso del dibattimento di primo grado erano emerse differenti risultanze di fatto incidenti sullo sviluppo alternativo del nesso di causalità, ma la Corte di merito non ha spiegato quale si fosse storicamente verificata.

Ci si riferisce, in particolare, ai seguenti insoluti quesiti: a) se si possa ritenere provato (o, alternativamente, escludere aldilà di ogni ragionevole dubbio) che il A.A., come riferito da numerosi testi, avesse effettivamente provveduto ad interdire fisicamente l'accesso all'area sottostante l'impalcato ligneo, facendolo segregare con una rete e comunicando verbalmente tale divieto ai vari addetti operanti in cantiere;

b) se gli idraulici e/o gli elettricisti intervenuti per l'installazione dei nuovi termoconvettori sottostanti l'impalcato ligneo avessero o meno fatto accesso all'area nonostante detta interdizione; c) se, infine, questi ultimi avessero o meno manomesso l'impalcato spostandone arbitrariamente i puntelli.

Solo un preventivo accertamento in fatto in ordine alle suddette opzioni alternative avrebbe consentito allo stesso di formulare un giudizio di responsabilità dell'imputato, previa individuazione dell'esatto perimetro della sua posizione di garanzia, della riconducibilità del rischio in concreto verificatosi all'interno dello stesso ed alla formulazione del doveroso giudizio controfattuale in ordine alla realizzazione o meno dell'evento pur in presenza della condotta doverosa omessa.

Se si dovesse affermare che il A.A. aveva realmente provveduto ad interdire l'accesso alla zona sottostante l'impalcato ligneo, facendola segregare con una rete e dando comunicazione verbale del divieto ai vari operatori interessati agli interventi nella stessa, se ne dovrebbe concludere che il medesimo aveva correttamente "governato" il rischio generico della cui prevenzione era garante, eliminando in radice la possibilità che le diverse ditte impegnate nei lavori in cantiere potessero interferire tra loro, operando contestualmente nel medesimo contesto spaziale.

Nel caso in esame, l'eventuale fisica segregazione dell'area mediante reti plastificate, con connessa comunicazione verbale del divieto di accesso alla zona ai vari operatori da parte del ricorrente, se effettivamente avvenuta, avrebbe reso "non necessario" (anche) l'adeguamento dei POS delle imprese esecutrici; non si rinviene nella decisione impugnata nessuna motivazione in ordine a tale ipotetica "necessità".

Nel caso in cui gli idraulici e/o gli elettricisti fossero effettivamente penetrati nell'area interdetta sottostante l'impalcato rimuovendo le reti di protezione e nonostante il divieto (sia pur solo) verbalmente impostogli, difficilmente si potrebbe concludere che non lo avrebbero fatto qualora tale indicazione fosse stata (anche) formalmente inserita nei loro POS o, comunque, fosse stato redatto un differente cronoprogramma degli interventi. Se si fosse acclarata l'arbitraria manomissione di alcuni puntelli di sostegno dell'impalcato ligneo dagli elettricisti e/o idraulici intervenuti al di sotto dello stesso per la sostituzione dei termoconvettori, ci si troverebbe dinnanzi ad un comportamento anomalo da parte di detti lavoratori, estraneo all'area di rischio generico riconducibile alla sfera di vigilanza propria del coordinatore per l'esecuzione dei lavori e, semmai, addebitabile in via esclusiva alla responsabilità degli stessi e/o dei loro datori di lavoro.

3. Con memoria del 27 marzo 2023, la parte civile B.B. chiede che il ricorso sia respinto.

Si deduce che il ricorrente ha prospettato censure in punto di fatto, in quanto tali improponibili in sede di legittimità.

Il Giudice d'appello ha ampiamente argomentato sul punto interpretando le risultanze istruttorie con logica coerente, sottolineando che la responsabilità del A.A. deriva dal proprio ruolo di garante della sicurezza del cantiere nel quale operavano più imprese contemporaneamente ed avendovi lui il ruolo di CSE. A lui spettava la verifica dell'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) generale e di ciascuna impresa e della sua coerenza rispetto al piano generale.
 

Diritto


1. Il ricorso è infondato.

Il primo motivo di ricorso, con cui si deduce il difetto di correlazione tra fatto contestato e sentenza, è infondato.

Con la sentenza di primo grado il A.A. era stato condannato in relazione al profilo di responsabilità ascrittogli in qualità di coordinatore per l'esecuzione di lavori nonchè a quello riconosciuto nel corso del procedimento di direttore dei lavori, non emergente dal capo di imputazione. Con la sentenza di appello, il A.A. è stato condannato solo con riferimento alla qualifica di coordinatore per l'esecuzione di lavori richiamata in rubrica, mentre è stata riconosciuta la violazione dell'art. 522 c.p.p., comma 2, per difetto di contestazione del fatto nuovo, nella parte in cui gli è stato riconosciuto l'addebito anche in relazione alla posizione di direttore dei lavori.

Ebbene, deve escludersi che nella fattispecie in esame si sia determinata la dedotta nullità per violazione del diritto di difesa, in quanto l'imputato è stato condannato in secondo grado per il medesimo fatto-reato di cui al capo di imputazione e la Corte di appello si è limitata solo ad elidere l'ulteriore profilo di responsabilità riconosciuto dal Tribunale.

Si tratta, pertanto, di una condanna per l'identica vicenda originariamente contestatagli al momento dell'esercizio dell'azione penale, senza nessun mutamento degli elementi fattuali essenziali riportati nel capo d'imputazione: il ripristino integrale dell'iniziale contestazione non ha comportato pregiudizi per l'imputato, risolvendosi sostanzialmente in una doppia conforme pronunzia di condanna in qualità di responsabile per l'esecuzione dei lavori. In relazione a tale posizione di garanzia, per il quale è stata pronunziata condanna in primo ed in secondo grado, l'imputato ha avuto ampiamente modo di interloquire in tutti i gradi di giudizio, essendo ampiamente prevedibile il ritorno integrale all'imputazione iniziale, con riferimento alla quale il prevenuto aveva già avuto ampia possibilità di fare valere le proprie ragioni e di esercitare il diritto alla prova.

La soluzione prescelta è conforme al consolidato orientamento di questa Corte, che ha escluso, in casi similari, il difetto di correlazione e la configurabilità di una nullità assoluta della sentenza (Sez. 6, n. 29533 del 02/07/2013, Tomasso, Rv. 256150, secondo cui non viola il principio di correlazione tra accusa e sentenza la condanna, in grado di appello, per il tentativo di un delitto inizialmente contestato in forma consumata all'imputato, in parziale riforma della sentenza di primo grado che aveva attribuito al fatto una diversa qualificazione giuridica, relativa a fattispecie in cui il Tribunale aveva condannato in relazione al reato di cui all'art. 392 c.p., così riqualificando il fatto inizialmente contestato ai sensi dell'art. 393 c.p., mentre la sentenza di secondo grado aveva ritenuto il tentativo di quest'ultimo reato; vedi anche Sez. 5, n. 32682 del 18/06/2018, Trotti, Rv. 273491, che ha riconosciuto la nullità parziale - e non assoluta - di una sentenza di condanna limitatamente alla statuizione concernente una circostanza aggravante mai contestata).

2. E' infondato anche il secondo motivo di ricorso, con cui si censura l'affermazione di responsabilità dell'imputato per assenza del nesso causale.

Va premesso che, ai sensi del D.Lgs. n. 81 del 2008, art. 92, comma 1, lett. b), durante la realizzazione dell'opera, il coordinatore per l'esecuzione dei lavori:

- verifica l'idoneità del piano operativo di sicurezza, da considerare come piano complementare di dettaglio del piano di sicurezza e coordinamento di cui all'art. 100, assicurandone la coerenza con quest'ultimo, ove previsto;

- adegua il piano di sicurezza e di coordinamento di cui all'art. 100 ove previsto, e il fascicolo di cui all'art. 91, comma 1, lett. b), in relazione all'evoluzione dei lavori ed alle eventuali modifiche intervenute, valutando le proposte delle imprese esecutrici direttè a migliorare la sicurezza in cantiere;

- verifica che le imprese esecutrici adeguino, se necessario, i rispettivi piani operativi di sicurezza.

Peraltro, già durante la vigenza della pregressa normativa di cui al D.L. 14 agosto 1996, n. 494, si era affermato che il coordinatore per l'esecuzione dei lavori svolge non soltanto compiti organizzativi e di raccordo tra le imprese che collaborano alla realizzazione dell'opera, ma deve anche vigilare sulla corretta osservanza delle prescrizioni del piano di sicurezza (Sez. 4, n. 32142 del 14/06/2011, Goggi, Rv. 251177, relativa a fattispecie nella quale si contestava all'imputato, nella suddetta qualità, di avere omesso di vigilare - non essendo assiduamente presente in loco - sulla corretta applicazione delle prescrizioni del piano di sicurezza dallo stesso redatto: la Corte, pur non configurando un obbligo di presenza continuativa in cantiere, ha ritenuto che l'imputato, nel corso delle periodiche visite, avrebbe dovuto informarsi scrupolosamente sullo sviluppo delle opere, verificando specificamente, per ciascuna fase, l'effettiva realizzazione delle programmate misure di sicurezza, che erano risultate in concreto non approntate).

Il compito di controllo del coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dei lavori sull'idoneità del piano operativo di sicurezza (POS) che non preveda le modalità operative di una lavorazione in quota, non è limitato alla regolarità formale dello stesso e all'astratta fattibilità di tale lavorazione con i mezzi ivi indicati, ma si estende alla verifica della compatibilità di tale lavorazione con le concrete caratteristiche degli strumenti forniti e delle protezioni apprestate dall'impresa (Sez. 4, n. 2845 del 15/10/2020, dep. 2021, Martinelli, Rv. 280319; in applicazione del principio la Corte ha ritenuto immune da censure la sentenza che aveva affermato la responsabilità del coordinatore della sicurezza per il reato di lesioni colpose ai danni di un lavoratore caduto da un ponteggio nel corso della realizzazione della pavimentazione di un balcone privo di barriere protettive, per non avere sollecitato l'appaltatore alla messa a norma di tale ponteggio, pericoloso per carenze strutturali, eccessivo distanziamento dalla parete e carenza di interventi manutentivi).

La funzione di alta vigilanza che grava sul coordinatore per la sicurezza dei lavori, che si esplica prevalentemente mediante procedure e non poteri doveri di intervento immediato, riguarda la generale configurazione delle lavorazioni che comportino un rischio interferenziale, e non anche il puntuale controllo delle singole lavorazioni, demandato ad altre figure (datore di lavoro, dirigente, preposto), salvo l'obbligo di adeguare il piano di sicurezza in relazione all'evoluzione dei lavori e di sospendere, in caso di pericolo grave e imminente, direttamente riscontrato ed immediatamente percettibile, le singole lavorazioni fino alla verifica degli avvenuti adeguamenti da parte delle imprese interessate (Sez. 4, n. 24915 del 10/06/2021, Paletti, Rv. 281489).

2.1. In linea con tali principi, a differenza di quanto sostenuto dal ricorrente, la Corte di merito ha riconosciuto la responsabilità del A.A. non solo in ragione della sua posizione di garanzia e della violazione della regola cautelare, ma ha compiutamente verificato la prevedibilità e l'evitabilità e la sussistenza del nesso causale tra la condotta ascrivibile al garante e l'evento dannoso.

In proposito, infatti, la Corte distrettuale ha illustrato in dettaglio le plurime carenze addebitabili al A.A., nella sua qualità di coordinatore per l'esecuzione dei lavori, e lo sviluppo causale della vicenda, evidenziando quanto segue:

a) la mancanza di progetto e l'omesso inserimento in modo specifico nel PSC della necessità di realizzare l'impalcato ligneo per consentire lo svolgimento in sicurezza dei lavori sul soffitto ad opera della Finiture Srl ;

b) il mancato divieto di lavorazioni per le altre ditte di lavorare in contemporanea sotto l'impalcato sino al completamento dei lavori al controsoffitto e l'effettiva segregazione dell'area in questione solo successivamente all'infortunio;

c) il mancato riferimento all'esistenza dell'impalcato nei Pos;

d) l'omessa previsione di un cronoprogramma coordinato dei lavori e la conseguente mancata comunicazione del medesimo alle ditte coinvolte nei lavori;

e) la previsione solo in forma generica della realizzazione dell'impalcato nel PSC;

f) la mancata informativa alle ditte interessate degli adeguamenti al PSC;

g) la mancata verifica che tali indicazioni fossero riportate nei rispettivi POS affinchè le varie ditte vi si adeguassero (verifica avente lo scopo proprio di accertare che di tali indicazioni precauzionali - di carattere procedurale e temporale/cronologico - le varie ditte operanti avessero consapevolezza e ne avessero compreso la portata, adeguando la propria attività - ovvero anche la tempistica di svolgimento - ad esse).

I giudici di merito hanno evidenziato l'incidenza eziologica della genericità del programma dei lavori previsto nel PSC e della mancanza di un cronoprogramma dettagliato delle singole lavorazioni nella verificazione del sinistro. Se nel cronoprogramma dei lavori fosse stato espressamente indicata l'impossibilità dello smantellamento degli impianti ed il rifacimento dei nuovi sino a quando non erano completati i lavori sul soffitto, sarebbe stato logico attendersi che nessun dipendente delle ditte incaricate delle modifiche di tali impianti accedesse nella parte sottostante ed avesse necessità di rimuovere degli ostacoli per eseguire il proprio lavoro.

Costituisce un dato del tutto irrilevante che la Corte torinese, per completezza, abbia formulato anche ipotesi alternative in ordine all'andamento dei fatti, risultando comunque analizzate esaurientemente le ragioni dell'affermazione di responsabilità. In particolare, si è ritenuto logicamente che la mancata individuazione della causa del movimento dell'asse (deficit nella progettazione o nella realizzazione del piano ligneo/ponteggio oppure l'intervento di altre ditte in modo da renderlo instabile) non incidesse sull'ascrivibilità del fatto lesivo al A.A.. Il coordinatore per l'esecuzione dei lavori, infatti, avrebbe dovuto in ogni caso fornire precise indicazioni sulle procedure precauzionali da adottare e verificare l'adeguamento a tale indicazioni del POS dell'impresa incaricata.

Nella sentenza impugnata si è specificato che il cantiere era alquanto disorganizzato e disordinato, attivato in un contesto di illegalità diffusa e che il rispetto delle plurime elementari incombenze assegnate al coordinatore per l'esecuzione dei lavori avrebbe impedito il verificarsi dell'evento.

Peraltro, le invocate disposizioni di divieto di accesso e l'apposizione di strutture ostative all'accesso non trovavano conferma nella documentazione agli atti.

3. Per le ragioni che precedono, il ricorso va rigettato.

Al rigetto del ricorso consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali (art. 616 c.p.p.) nonchè al rimborso delle spese sostenute dalla parte civile B.B. che, alla luce dell'impegno professionale e della complessità del presente giudizio, vanno liquidate in complessivi Euro tremila oltre I.V.A., C.P.A. e spese generali.
 


P.Q.M.
 

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonchè alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile B.B. che liquida in complessivi Euro tremila oltre accessori come per legge.
Così deciso in Roma, il 26 aprile 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 settembre 2023