Cassazione Civile, Sez. 3, 29 settembre 2023, n. 27606 - Schiacciamento del piede dell'autotrasportatore



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE TERZA CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. TRAVAGLINO Giacomo - Presidente -

Dott. VALLE Cristiano - Consigliere -

Dott. PELLECCHIA Antonella - Consigliere -

Dott. ROSSETTI Marco - rel. Consigliere -

Dott. SPAZIANI Paolo - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA



sul ricorso n. 282821/20 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato presso l'indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall'avvocato Fabrizio Lucchesi, in virtù di procura speciale apposta in calce al ricorso;

- ricorrente -

contro

Groupama Assicurazioni Spa in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato presso l'indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall'avvocato Giuseppe Graziosi, in virtù di procura speciale apposta in calce al controricorso;

- controricorrente -

nonchè B.B., fallimento della (Omissis) Srl ;

- intimati -

avverso la sentenza della Corte d'appello di Firenze 6 luglio 2020 n. 1244;

udita la relazione della causa svolta nella Camera di consiglio del 5 giugno 2023 dal Consigliere relatore Dott. Marco Rossetti.

 

Fatto


1. Nel 2015 A.A. convenne dinanzi al Tribunale di Livorno B.B. e la società (Omissis) Srl , esponendo che:

-) il (Omissis), nell'esercizio della propria attività di autotrasportatore, si era recato con il proprio automezzo nel deposito della società convenuta per caricare una partita di merce;

-) durante le operazioni di carico B.B., dipendente della (Omissis), mentre era alla guida di un carrello elevatore, lo urtò provocandogli lo schiacciamento del piede destro.

Chiese pertanto la condanna dei convenuti al risarcimento del danno patito in conseguenza del trauma, quantificato in circa 50.000 Euro.

2. Si costituì la sola (Omissis) la quale, oltre ad eccepire l'infondatezza della domanda, chiamò in causa il proprio assicuratore della responsabilità civile, la Groupama Assicurazioni s.p.a..

3. Con sentenza 21 settembre 2017 n. 971 il Tribunale rigettò la domanda.

Ritenne che nessuna prova dimostrasse l'esatta dinamica del sinistro e che pertanto, essendo rimasta indimostrata la responsabilità di B.B., ne seguiva il rigetto della domanda formulata ai sensi dell'art. 2049 c.c., nei confronti del datore di lavoro di questi.

La sentenza fu appellata dal soccombente.

4. Con sentenza 6 luglio 2020 n. 1244 la Corte d'appello di Firenze rigettò il gravame.

Ritenne la Corte d'appello che:

-) con l'atto di citazione l'attore aveva invocato la responsabilità della (Omissis) per il fatto del dipendente, ex art. 2049 c.c.;

-) solo con la memoria di cui all'art. 183 c.p.c., comma 6, n. 1, aveva chiesto accertarsi la responsabilità della (Omissis) per fatto proprio, consistito nell'omissione delle misure di sicurezza sul luogo di lavoro, ex art. 2087 c.c.;

-) tale ultima domanda perciò era inammissibile, come già ritenuto dal Tribunale;

-) la responsabilità di B.B. non era stata provata.

5. La sentenza d'appello è stata impugnata per Cassazione da A.A. con ricorso fondato su sette motivi.

Ha resistito con controricorso la sola Groupama assicurazioni.

Ambo le parti costituite hanno depositato memoria.

 

Diritto


1. Il ricorso va preliminarmente dichiarato inammissibile nei confronti della Groupama.

Non risulta, infatti, che l'attore abbia mai proposto un'azione diretta nei confronti della suddetta compagnia, od esteso l'originaria domanda nei confronti di essa.

Sicchè, non avendo l'attore azione nei confronti della Groupama, non ha ovviamente nemmeno il potere di impugnazione nei confronti di quella. Ove poi tale azione fosse stata proposta nei gradi di merito, il ricorso sarebbe comunque inammissibile ex art. 366 c.p.c., n. 3, giacchè di essa non si dà conto nella esposizione dei fatti di causa.

2. Parimenti il ricorso va dichiarato inammissibile nei confronti del fallimento della (Omissis) Srl .

E' sin troppo noto, infatti, che una azione di condanna non può proseguire nei confronti del fallito, dal momento che qualsiasi debito di quest'ultimo va accertato in sede concorsuale, nè potendo il creditore munirsi di un titolo esecutivo giudiziale formato al di fuori della procedura dopo l'apertura del fallimento (ex permultis, Sez. 3, Sentenza n. 13226 del 27/06/2016, Rv. 640415 - 01; Sez. 3, Sentenza n. 128 del 08/01/2016, Rv. 638545 - 01; Sez. L, Ordinanza n. 2411 del 02/02/2010, Rv. 611627 - 01).

Il giudizio avente ad oggetto la domanda di condanna nei confronti del fallito, iniziato prima del fallimento, potrebbe continuare in via autonoma in un solo caso: quando la domanda sia stata accolta in primo grado e il convenuto sia fallito nel grado di appello, perchè in tal caso, a norma della L. Fall., art. 96, il creditore sulla base della sentenza impugnata può insinuarsi al passivo con riserva, mentre il curatore, dal suo canto, può proseguire il giudizio di impugnazione (ex plurimis, Sez. 3 -, Ordinanza n. 14768 del 30/05/2019; Sez. 1 -, Sentenza n. 12948 del 22/04/2022). Ipotesi, questa, non ricorrente nel caso di specie, in cui la domanda attorea nei confronti della (Omissis) fu rigettata in primo grado, e l'impugnazione fu proposta dal soccombente.

3. In ogni caso i primi tre motivi di ricorso (nella parte in cui si volessero ritenere in ipotesi rivolti anche contro B.B.) sono inammissibili.

Con tutti e tre, infatti, il ricorrente censura la sentenza d'appello nella parte in cui ha ritenuto inammissibile perchè nuova la domanda di condanna della (Omissis) ai sensi dell'art. 2087 c.c..

Tale decisione, ad avviso del ricorrente, sarebbe erronea:

-) sia perchè la suddetta domanda non doveva considerarsi nuova, ma soltanto "modificata", e dunque ammissibile;

-) sia perchè la modifica della domanda fu rilevata d'ufficio senza previa sottoposizione della questione alle parti, ai sensi dell'art. 101 c.c., comma 2;

-) sia perchè nessuna delle controparti ne aveva eccepito la novità, e dunque questa non poteva essere rilevata d'ufficio dal giudice.

3.1. Nella parte in cui prospettano la violazione degli artt. 101 e 112 c.p.c., le suddette censure sono inammissibili.

La sentenza impugnata infatti dà conto che già il Tribunale ritenne inammissibile, perchè nuova, la domanda intesa a far valere la responsabilità della (Omissis) per violazione dell'art. 2087 c.c..

Le suddette censure, pertanto, si sarebbero dovute proporre in appello contro la sentenza di primo grado, in virtù del principio di conversione delle nullità in motivi di gravame.

2.2. Ad abundantiam, rileva il Collegio che:

-) l'art. 101 c.p.c., comma 2, non trova applicazione con riferimento alle questioni processuali, in quanto inidonee a modificare il quadro fattuale ed a determinare nuovi sviluppi della lite non presi in considerazione dalle parti (Sez. 5, Sentenza n. 32527 del 04/11/2022, Rv. 666391-01; Sez. 6-3, Ordinanza n. 7356 del 07/03/2022, Rv. 664444-01; Sez. 6-5, Ordinanza n. 6218 del 04/03/2019, Rv. 652803-01);

-) l'inammissibilità d'una domanda nuova è sempre rilevabile d'ufficio, e non è sanata dall'acquiescenza delle parti (ex permultis, Sez. 1, Sentenza n. 24040 del 26/09/2019, Rv. 655306-01; Sez. 2 -, Sentenza n. 13769 del 31/05/2017, Rv. 644330 - 01; Sez. 1, Sentenza n. 3806 del 26/02/2016, Rv. 638877-01).

3.3. Nella parte restante la censura è infondata.

Costituisce domanda nuova quella che non si limita ad ampliare l'oggetto del pronuntiare, ma amplia l'oggetto del conoscere demandato al giudice: vale a dire quella per la cui istruzione è necessario accertare fatti diversi da quelli posti a fondamento della domanda originaria.

Nel caso di specie, con la domanda originaria al giudice di merito si richiedeva di accertare la responsabilità di B.B. e di dichiarare, per secundam, la responsabilità del datore di lavoro di questi ai sensi dell'art. 2049 c.c..

Si trattava, dunque, d'una domanda che nessun accertamento richiedeva circa l'osservanza da parte della (Omissis) delle norme dettate per la sicurezza dei lavoratori.

Con la domanda proposta nella prima memoria di cui all'art. 183 c.p.c., invece, mutò il quadro degli accertamenti richiesti al giudicante: non più o non soltanto accertare quale fu la condotta di B.B., ma accertare le oggettive condizioni di lavoro sul luogo del sinistro.

3.4. Non sarà superfluo aggiungere che tutto il gran discorrere fattosi nel giudizio di merito sull'applicabilità o meno dell'art. 2087 c.c., al caso di specie fu inutile, dal momento che la norma appena citata disciplina il rapporto contrattuale tra datore di lavoro e lavoratore, e non può essere invocata dal terzo che abbia patito danno in conseguenza della condotta del lavoratore, come questa Corte viene ripetendo da cinquant'anni (a partire da Sez. L, Sentenza n. 2316 del 11/06/1975, Rv. 376165-01; cfr. altresì Sez. L, Sentenza n. 28 del 05/01/1980, Rv. 403395-01).

4. Col quarto e col settimo motivo il ricorrente prospetta il vizio di omesso esame del fatto decisivo, censura inammissibile ai sensi dell'art. 348 ter c.p.c., comma 5 (nel testo applicabile ratione temporis, e cioè anteriore alle modifiche introdotte dal D.Lgs. n. 149 del 2022), essendovi stata nei due gradi di merito una doppia decisione conforme.

5. Col quinto e col sesto motivo, infine, il ricorrente censura la sentenza d'appello nella parte in cui ha ritenuto indimostrata una condotta colposa da parte di B.B..

5.1. Ambedue i motivi sono manifestamente inammissibili in quanto investono la ricostruzione dei fatti e la valutazione delle prove.

6. Le spese del presente giudizio di legittimità vanno a poste a carico del ricorrente, ai sensi dell'art. 385 c.p.c., comma 1, e sono liquidate nel dispositivo.

6.1. Il rigetto del ricorso costituisce il presupposto per il pagamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per l'impugnazione, ai sensi del D.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, art. 13, comma 1 quater (nel testo introdotto dalla L. 24 dicembre 2012, n. 228, art. 1, comma 17).

 

P.Q.M.


la Corte di Cassazione:

(-) dichiara inammissibile il ricorso;

(-) condanna A.A. alla rifusione in favore di Groupama Assicurazioni Spa delle spese del presente giudizio di legittimità, che si liquidano nella somma di Euro 4.200, di cui Euro 200 per spese vive, oltre I.V.A., cassa forense e spese forfettarie D.M. 10 marzo 2014, n. 55, ex art. 2, comma 2.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Terza Civile della Corte di Cassazione, il 5 giugno 2023.

Depositato in Cancelleria il 29 settembre 2023