Cassazione Civile, Sez. Lav., 14 novembre 2023, n. 31596 - Licenziamento del lavoratore appartenente alle categorie protette



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana - Presidente -

Dott. RIVERSO Roberto - Consigliere -

Dott. PANARIELLO Francescopaolo - rel. Consigliere -

Dott. CINQUE Guglielmo - Consigliere -

Dott. AMENDOLA Fabrizio - Consigliere -

ha pronunciato la seguente:

ORDINANZA
 


sul ricorso iscritto al n. 22878/2020 r.g. proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in Via P. Nenni n. 10, Gallicano nel Lazio, presso avv. Antonio Florio, rappresentato e difeso dall'avv. Domenico Lo Polito;

- ricorrente -

contro

BCC Credito Cooperativo Mediocrati, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in Via Po n. 25/b, Roma, rappresentato e difeso dagli avv.ti Roberto Pessi, e Raffaele Fabozzi;

- controricorrente -

avverso la sentenza della Corte d'Appello di Catanzaro n. 724/2020 pubblicata in data 29/07/2020, n. r.g. 176/2019;

Udita la relazione svolta nella Camera di consiglio del giorno 03/10/2023 dal Consigliere Dott. Francescopaolo Panariello.

 

Fatto



1.- A.A. era stato assunto alle dipendenze della BCC Credito Cooperativo Mediocrati dal (Omissis), in quanto appartenente alle categorie protette, con mansioni e qualifica di addetto alla compilazione di moduli o distinte bancarie ed era stato inquadrato nella 3 area professionale - 1 livello retributivo ccnl di categoria.

In data (Omissis) aveva ricevuto il preavviso di licenziamento per giustificato motivo oggettivo. Terminato con esito negativo il procedimento di conciliazione, con nota del (Omissis) il A.A. era stato licenziato (con efficacia retroattiva dal (Omissis)), attesa l'impossibilità - dichiarata dalla datrice di lavoro - di adibirlo ad altre attività compatibili con il suo stato di salute.

2.- Il Tribunale di Cosenza aveva accolto l'impugnazione del licenziamento all'esito della fase sommaria del rito c.d. Fornero e poi aveva rigettato l'opposizione proposta dalla banca.

3.- Disposta una consulenza tecnica d'ufficio, la Corte d'Appello, in accoglimento del reclamo proposto dalla banca, rigettava l'impugnazione del licenziamento e la connessa domanda risarcitoria e compensava le spese del doppio grado di giudizio.

Per quanto ancora rileva in questa sede, a sostegno della sua decisione la Corte territoriale affermava:

a) il consulente tecnico d'ufficio ha accertato che il sig. A.A., era affetto da "astigmatismo ipermetropico e presbiopia in OO, ptosi palpebrale discreta, ectropion, ambliopia OS, retinopatia arteriosclerotica OD, subatrofia ottica OS, con VC pari a 10/10 in OD e 1/12 in OS; artrosi cervicale; gastroduodenite";

b) l'ausiliario ha poi accertato che sono sopraggiunte ulteriori patologie, quali "lieve ipoacusia neurosensoriale bilaterale e simmetrica compatibile con l'età, che non inficia la conversazione; esiti TEA per arteriopatia obliterante bilaterale delle carotidi interne ed esiti ictus cerebri con residuata lieve ipostenia arto superiore destro";

c) l'ausiliario ha evidenziato che all'epoca del licenziamento il A.A. era affetto dalle patologie di cui al capo a) che ne avevano determinato il riconoscimento di invalido civile al 50% e che, pur tenendo conto delle modeste patologie sopravvenute, il sig. A.A. era ancora idoneo all'espletamento della mansione specifica, sia pure con le prescrizioni indicate dalla commissione di 1^ istanza dell'ASP di Cosenza con verbale di visita del (Omissis) e dal medico competente aziendale con verbale di visita del (Omissis), cioè evitando attività stressanti (sportello, contatto con il pubblico) e limitando l'uso di videoterminali per un massimo di 4 ore settimanali;

d) la valutazione del repechage va compiuta con riguardo al momento del licenziamento, come insegna la Corte di Cassazione (Cass. n. 20497/2018);

e) la perizia, apparentemente favorevole al A.A., in realtà conferma la necessità di limitazioni imposte dal medico aziendale, contestate dal lavoratore e in particolare l'esclusione di mansioni con contatto con il pubblico e l'uso di videoterminali, che non può eccedere le 4 ore settimanali;

f) ciò si traduce in una sostanziale inidoneità permanente a svolgere le mansioni proprie di archivista, che imponevano al momento del recesso l'uso costante del videoterminale, circostanza questa pacifica;

g) le altre mansioni in banca richiedono notoriamente l'uso costante del videoterminale, mentre le mansioni inferiori di usciere implicano contatto con il pubblico, pure da escludere;

h) contrariamente all'assunto del Tribunale, la banca ha dimostrato che tutte le altre posizioni lavorative compatibile con l'inquadramento del A.A. - ossia cassiere, addetto al back office e addetto all'ufficio marketing - erano tutte occupate e comunque le prime implicano costante contatto con il pubblico e l'uso del videoterminale (circostanza non contestata), le seconde e le terze implicano il costante uso del videoterminale (circostanza non contestata);

i) quanto all'ulteriore mansione di "addetto fidi", si tratta di mansione che le banca ha dedotto essere estranea alle competenze possedute dal A.A. e che comunque comportano sia il contatto con il pubblico, sia l'uso costante di videoterminale;

j) quanto alle mansioni di "centralinista", si tratta di posizione lavorativa che non esiste in organico, in quanto il servizio di centralino è totalmente automatizzato, nè il repechage può implicare l'obbligo per il datore di lavoro di creare una nuova posizione lavorativa;

k) del resto, dopo la reintegrazione disposta dal Tribunale ed eseguita dalla banca, il A.A. è stato nuovamente sottoposto a visita dal medico aziendale competente, che lo ha dichiarato inidoneo permanente; tale giudizio è stato confermato in data (Omissis) anche dal Collegio medico dell'ASP di Cosenza, a seguito di ricorso del A.A..

4.- Avverso tale sentenza A.A. ha proposto ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo.

5.- BCC Credito Cooperativo Mediocrati ha resistito con controricorso.

6.- Entrambe le parti hanno depositato memoria.

 

Diritto



1.- Con l'unico motivo, proposto senza sussunzione in alcuna delle critiche vincolate previste dall'art. 360 c.p.c., comma 1, il ricorrente lamenta "violazione di legge" per "inesatta applicazione" della L. n. 300 del 1970, art. 18, nonchè "carenza assoluta di motivazione sull'obbligo di verifica dell'idoneità del lavoratore da parte della commissione ex L. n. 104 del 1992".

In particolare articola una pluralità di censure:

a) lamenta che la Corte territoriale abbia omesso di considerare che egli era stato assunto quale invalido civile, ossia come appartenente ad una categoria protetta. Deduce che in tal caso il licenziamento può reputarsi legittimo solo ove l'aggravamento della patologie che ha dato luogo al collocamento obbligatorio sia stato accertato dall'apposita commissione medica competente prevista dalla L. n. 104 del 1992. Invoca al riguardo un precedente di questa Corte (Cass. n. 10576/2017);

b) si duole che la Corte territoriale non abbia riconosciuto che nel caso concreto la responsabilità dell'aggravamento delle sue condizioni di salute era del datore di lavoro ai sensi dell'art. 2087 c.c.;

c) infine lamenta che la Corte territoriale non abbia considerato la mancata prova, da parte della banca, che pertanto era incorsa in decadenza, dell'impossibilità di ricollocarlo in un'altra posizione lavorativa presso una qualunque delle filiali possedute.

Il motivo è inammissibile.

In primo luogo esso è connotato da una promiscuità delle censure, talora di violazione di norma di diritto, talaltra di difetto di motivazione, senza alcun coordinamento fra le due tipologie.

Anche nell'ambito della "violazione di norma di diritto", sebbene nel titoletto del motivo viene indicato la L. n. 300 del 1970, art. 18, come la norma che si assume violata, nello sviluppo delle censure, invece, si introduce in modo del tutto estemporaneo l'asserita violazione dell'art. 2087 c.c., deducendosi, quindi, che la banca non poteva licenziarlo per un aggravamento delle patologie determinato da quella colpevole violazione dell'obbligo di sicurezza gravante sul datore di lavoro.

Peraltro, di tale ulteriore profilo - violazione dell'obbligo di sicurezza ex art. 2087 c.c. - la Corte territoriale non si è proprio occupata, sicchè era precipuo onere del ricorrente lamentare un'omissione di pronunzia e indicare l'atto processuale e la fase o il grado del giudizio nei quali quella questione era stata da lui prospettata. Tale onere non è stato adempiuto.

Quanto alla prova dell'impossibile ricollocazione, la censura è inammissibile perchè non si confronta in alcun modo con la specifica e analitica motivazione articolata al riguardo dai giudici d'appello (v. supra, punti da h) a k)).

Infine, la questione dell'accomodamento ragionevole è stata introdotta ex novo dal ricorrente solo nella memoria, che invece serve solo ad illustrare i motivi già introdotti.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.

 

P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna il ricorrente a rimborsare alla controricorrente le spese del presente giudizio di legittimità, che liquida in Euro 4.000,00, oltre Euro 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali e accessori di legge.

Dà atto che sussistono i presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato, ai sensi del D.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1 quater, pari a quello per il ricorso a norma dell'art. 13, comma 1 bis, D.P.R. cit., se dovuto.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio della Sezione Lavoro, il 3 ottobre 2023.

Depositato in Cancelleria il 14 novembre 2023