Cassazione Penale, Sez. 4, 17 gennaio 2024, n. 1942 - Infortunio durante le operazioni di manutenzione del carrello elevatore. Manovra imprudente del lavoratore ma non interruttiva del nesso eziologico



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. CIAMPI Francesco Maria - Presidente

Dott. FERRANTI Donatella - Relatore

Dott. VIGNALE Lucia - Consigliere

Dott. ESPOSITO Aldo - Consigliere

Dott. MICCICHÈ Loredana - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sui ricorsi proposti da:

A.A. nato a S il (omissis)

B.B. nato a S il (omissis)

avverso la sentenza del 27/02/2023 della CORTE APPELLO di SALERNO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

udita la relazione svolta dal Consigliere DONATELLA FERRANTI;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore LUCA TAMPIERI che ha concluso chiedendo l'inammissibilità

udito il difensore

È presente l'avvocato GUADAGNO CARMINE del foro di SALERNO in difesa di: A.A.

B.B.

il difensore presente si riporta ai motivi di ricorso e ne chiede l'accoglimento.
 

Fatto


1. La Corte di Appello di Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, in parziale riforma della sentenza di condanna del Tribunale di Nocera Inferiore del 7.12.2020 ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di A.A., per i reati di cui ai capi b e c per essere estinti per intervenuta prescrizione e nei confronti di B.B., con riferimento al reato di cui al capo d) e ha rideterminato per entrambi la pena per capo a), delitto di lesioni colpose cui all'art. 590 comma 3 in relazione all'art. 583 comma 2 n.3 cod. pen. a mesi 8 di reclusione confermando le statuizioni civili nei confronti della parte civile costituita.

2. La contestazione a carico di A.A. e B.B. è la seguente: A.A., lavoratore dipendente e preposto alla sicurezza della ditta Officine meccaniche di C.C. e C, con sede in Fi., B.B. quale datore di lavoro, cagionavano lesioni gravissime a D.D. per colpa generica e specifica, con riferimento alla violazione delle prescrizioni di sicurezza sul lavoro di cui agli artt. 18 comma 1 lett. f e comma 3 bis ,19 comma 1 lett. a) e 20 comma 2 lett. c, g e comma 1 del D.Lgs 81/2008, in particolare omettendo l'adozione e comunque l'osservanza delle "procedure di sicurezza per la gestione degli interventi di manutenzione" e revisione 02 previste nel documento aziendale del 30.05.2017, controfirmato anche dal preposto che prevedevano l'obbligo di eseguire le verifiche di controllo solo a macchina ferma in condizioni di sicurezza con montante bloccato.

Nel caso di specie veniva contestato che durante le operazioni di manutenzione del carrello elevatore, A.A., che si trovava all'interno della cabina di guida del muletto richiedeva al D.D., meccanico specializzato di quarto livello, che stava intento a verificare il funzionamento di un altro carrello elevatore a motore elettrico, di aiutarlo a controllare la temperatura del motore di un muletto elettrico appena riparato, per controllare l'eventuale surriscaldamento nella parte anteriore del mezzo, poggiandovi la mano attraverso un'apertura delle forche, sul propulsore del carrello elevatore anziché accedere al vano motore attraverso l'apposito sportello di cui il carrello era dotato; lasciava imprudentemente la macchina non denergizzata e priva di sbarre di contenimento cosi che si azionava il meccanismo di risalita delle forche che imprigionava la mano destra del D.D. all'interno dei montanti delle forche medesime e procurando così lesioni gravissime con sfacelo traumatico del polso dx da cui derivava "l'amputazione al III inferiore di avambraccio con regolarizzazione dei monconi ossei e dei tessuti molli". In Fi. l'8.06.2017.

La Corte di merito confermava l'affermazione di responsabilità penale, escludeva, inoltre, che la condotta del lavoratore potesse essere qualificata come abnorme.

3. Avverso la predetta sentenza della Corte di Appello di Bologna hanno proposto ricorso per Cassazione, a mezzo del difensore, A.A. e B.B..

3.1. Con un unico motivo articolato deducono violazione di legge il vizio motivazionale in particolare contraddittorietà e illogicità della motivazione, travisamento della prova. Con riferimento sia alla sussistenza del nesso causale che all'asserita violazione della normativa di sicurezza che alla non rilevata abnormità del comportamento del lavoratore D.D..

Lamentano una inadeguata valutazione del nesso causale con riferimento alla condotta asseritamente omissiva attribuita ai titolari della posizione di garanzia e deduce che in ossequio al documento predisposto dall'azienda per gli interventi di manutenzione il A.A. stava alzando le forche per porre il mezzo in sicurezza mediante il successivo blocco. La manovra del lavoratore e all'evidenza abnorme in quanto ha inserito la mano prima che A.A. avesse completato la manovra di massima elevazione delle forche.

4. Il Procuratore Generale in sede ha presentato memoria scritta a sostegno delle proprie conclusioni con cui ha chiesto dichiararsi la inammissibilità dei ricorsi.

Ha osservato "che la dinamica fattuale e stata infatti ricostruita con riferimento alla condotta posta in essere dal lavoratore che, benché esperto o comunque sufficientemente formato, ha posto in essere una manovra (quand'anche consentita dalla prassi in uso nella azienda) comunque contraria alle norme cautelari contestate come violate, sia per essere la macchina ancora in fase di movimento con il motore elettrico acceso sia perché le forche non erano state bloccate, come previsto dal documento di valutazione dei rischi adottato in azienda.

L'ipotesi alternativa descritta nel ricorso, con riferimento alla condotta abnorme del lavoratore, e precisamente esclusa dalla motivazione del provvedimento impugnato, proprio con riguardo alla ricostruzione della dinamica dell'infortunio ed alla individuazione del comportamento alternativo lecito che, se conforme alle poche norme cautelari relative all'uso e funzionamento della macchina in questione, avrebbero certamente impedito l'evento lesivo."

 

Diritto


1. I ricorsi sono inammissibili in quanto sostanzialmente ripercorrono le censure già proposte in appello, senza confrontarsi adeguatamente con le risposte e le argomentazioni della Corte territoriale e mirano all'accreditamento di una diversa ricostruzione in fatto.

1.1. Giova ricordare che questa Suprema Corte ha chiarito che il vizio logico della motivazione deducibile in sede di legittimità deve risultare dal testo della decisione impugnata e deve essere riscontrato tra le varie proposizioni inserite nella motivazione, senza alcuna possibilità di ricorrere al controllo delle risultanze processuali; con la conseguenza che il sindacato di legittimità "deve essere limitato soltanto a riscontrare l'esistenza di un logico apparato argomentativo, senza spingersi a verificare l'adeguatezza delle argomentazioni, utilizzate dal giudice del merito per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle acquisizioni processuali" (tra le altre Sez. 3, n. 4115 del 27.11.1995, dep. 10.01.1996, Rv. 203272).

Tale principio, più volte ribadito dalle varie sezioni di questa Corte, è stato altresì avallato dalle stesse Sezioni Unite le quali hanno precisato che esula dai poteri della Corte di Cassazione quello di una "rilettura" degli elementi di fatto, posti a sostegno della decisione, il cui apprezzamento e riservato in via esclusiva al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per i ricorrenti più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, Sentenza n. 6402 del 30/04/1997, dep. 02/07/1997, Rv. 207945). E la Corte regolatrice ha rilevato che anche dopo la modifica dell'art. 606 lett. e) cod. proc. pen., per effetto della legge 20 febbraio 2006 n. 46, resta immutata la natura del sindacato che la Corte di Cassazione può esercitare sui vizi della motivazione, essendo rimasto preclusa, per il giudice di legittimità, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione o l'autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di ricostruzione o valutazione dei fatti (Sez. 5, Sentenza n. 17905 del 23.03.2006, Rv. 234109). Pertanto, in sede di legittimità, non sono consentite le censure che si risolvono nella prospettazione di una diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito (ex multis Sez. 1, Sentenza n. 1769 del 23/03/1995, Rv. 201177; Sez. 6, Sentenza n. 22445 in data 8.05.2009, Rv. 244181).

Deve poi considerarsi che la Corte regolatrice ha da tempo chiarito che non e consentito alle parti dedurre censure che riguardano la selezione delle prove effettuata da parte del giudice di merito. A tale approdo, si perviene considerando che, nel momento del controllo di legittimità, la Corte di Cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, dovendo limitarsi a verificare se questa giustificazione sia compatibile con il senso comune e con "i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento", secondo una formula giurisprudenziale ricorrente (Sez. 5, Sentenza n. 1004 del 30/11/1999, dep. 2000, Rv. 215745; Sez. 2, Sentenza n. 2436 del 21/12/1993, dep. 1994, Rv. 196955). Come già sopra si e considerato, secondo la comune interpretazione giurisprudenziale, l'art. 606 cod. proc. pen. non consente alla Corte di Cassazione una diversa "lettura" dei dati processuali o una diversa interpretazione delle prove, perché e estraneo al giudizio di legittimità il controllo sulla correttezza della motivazione in rapporto ai dati processuali. E questa interpretazione non risulta superata in ragione delle modifiche apportate all'art. 606, comma primo lett. e) cod. proc. pen. ad opera della Legge n. 46 del 2006; ciò in quanto la selezione delle prove resta attribuita in via esclusiva al giudice del merito e permane il divieto di accesso agli atti istruttori, quale conseguenza dei limiti posti all'ambito di cognizione della Corte di Cassazione. Ebbene, si deve in questa sede ribadire l'insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità, per condivise ragioni, in base al quale si e rilevato che nessuna prova, in realtà, ha un significato isolato, slegato dal contesto in cui e inserita; che occorre necessariamente procedere ad una valutazione complessiva di tutto il materiale probatorio disponibile; che il significato delle prove lo deve stabilire il giudice del merito e che il giudice di legittimità non può ad esso sostituirsi sulla base della lettura necessariamente parziale suggeritagli dal ricorso per cassazione (Sez. 5, Sentenza n. 16959 del 12/04/2006, Rv. 233464).

2. Delineato nei superiori termini l'orizzonte del presente scrutinio di legittimità, si osserva che il ricorrente invoca, in realtà, una riconsiderazione alternativa del compendio probatorio, con riguardo alla ricostruzione della dinamica del fatto ed alla affermazione di penale responsabilità alla luce di un preteso travisamento della prova. Giova ricordare che il vizio di travisamento della prova, nel caso in cui i giudici delle due fasi di merito siano pervenuti a decisione conforme, può essere dedotto solo nel caso in cui il giudice di appello, per rispondere alle critiche contenute nei motivi di gravame, abbia richiamato dati probatori non esaminati dal primo giudice (Sez. 4,n. 5615 del 13/11/2013, dep.2014, Nicoli, Rv.258432) ovvero qualora entrambi i giudici del merito siano incorsi nel medesimo travisamento delle risultanze probatorie acquisite in forme di tale macroscopica o manifesta evidenza da imporre, in termini inequivocabili (ossia in assenza di alcun discrezionale apprezzamento di merito), il riscontro della persistente infedeltà delle motivazioni dettate in entrambe le decisioni di merito (Sez.4, n.44765 del 22/10/2013, Buonfine, 256837).

Sul punto, la Corte territoriale ha sviluppato un percorso motivazionale immune da aporie di ordine logico e saldamente ancorato all'acquisito compendio probatorio, già evidenziato dal primo giudice. Non vi e infatti alcuna contraddizione e tantomeno travisamento della prova nella ricostruzione della dinamica dell'incidente operata dai Giudici di merito in quanto il Tribunale di Nocera Inferiore ha evidenziato il datore di lavoro ed il preposto non hanno vigilato e garantito che il lavoratore D.D. operasse in sicurezza durante il controllo della temperatura del motore del carrello elevatore, operazione ad alto rischio. Dalla testimonianza dell'ispettore E.E. è risultato evidente che la messa in sicurezza doveva comportare la denergizzazione della macchina spegnendo il motore e togliendo le chiavi di accensione per inserire dei blocchi meccanici, al fine di prevenire qualsiasi accidentale o imprevisto movimento del montante durante la fase di verifica. Afferma il Tribunale a fol 29 - 30 - 31 che nelle condizioni concrete il A.A. non avrebbe dovuto richiedere e consentire la verifica al D.D. inserendo la mano se non dopo aver messo in sicurezza il mezzo, mediante il meccanismo di blocco, proprio per scongiurare anche un'eventuale imprudenza del lavoratore.

Muovendo da tali rilievi, la Corte territoriale ha quindi escluso il carattere abnorme della condotta posta in essere dal lavoratore e ribadito la sussistenza del nesso causale tra la violazione della normativa antinfortunistica riscontrata e l'evento lesivo verificatosi. Preme allora evidenziare che il richiamato percorso argomentativo si colloca nell'alveo dell'insegnamento espresso dalla giurisprudenza di legittimità. Invero, la Corte di Cassazione ha ripetutamente affermato che le norme antinfortunistiche sono destinate a garantire la sicurezza delle condizioni di lavoro, anche in considerazione della disattenzione con la quale gli stessi lavoratori effettuano le prestazioni. Segnatamente, si e chiarito che, nel campo della sicurezza del lavoro, gli obblighi di vigilanza che gravano sul datore di lavoro risultano funzionali anche rispetto alla possibilità che il lavoratore si dimostri imprudente o negligente verso la propria incolumità; che può escludersi l'esistenza del rapporto di causalità unicamente nei casi in cui sia provata l'abnormità del comportamento del lavoratore infortunato e sia provato che proprio questa abnormità abbia dato causa all'evento; che, nella materia che occupa, deve considerarsi abnorme il comportamento che, per la sua stranezza e imprevedibilità, si ponga al di fuori di ogni possibilità di controllo da parte delle persone preposte all'applicazione delle misure di prevenzione contro gli infortuni sul lavoro; e che l'eventuale colpa concorrente del lavoratore non può spiegare alcuna efficacia esimente per i soggetti aventi l'obbligo di sicurezza che si siano comunque resi responsabili - come avvenuto nel caso di specie - della violazione di prescrizioni in materia antinfortunistica (cfr. Sez. 4, sentenza n. 3580 del 14.12.1999, dep. 2000, Rv. 2:1.5686). E la Suprema Corte ha chiarito che non può affermarsi che abbia queste caratteristiche il comportamento del lavoratore che abbia compiuto un'operazione rientrante pienamente, oltre che nelle sue attribuzioni, nel segmento di lavoro attribuitogli (Sez. 4, Sentenza n. 10121 del 23.01.2007, Rv. 236109).

2.1. Nel caso di specie la Corte territoriale, richiamando la ricostruzione della dinamica dell'incidente ricostruito sulla base dell'intera istruttoria dibattimentale e quindi delle consulenze tecniche, dei rilievi compiuti sul mezzo in sequestro e delle prove dichiarative, in particolare, oltre che della persona offesa, del teste F.F., collega di lavoro e primo soccorritore, ha escluso che la manovra del D.D., sia pure qualificata in parte imprudente, avesse interrotto il nesso eziologico in quanto non ha attivato un rischio eccentrico tale da esorbitare dalla sfera di rischio governata dai soggetti titolari della posizione di garanzia ( fol 19 e 20). Tanto più che, come evidenziato dalla Corte territoriale, risultava ricorrente la concreta impossibilità di posizionare i carrelli elevatori sui banchi di lavoro e quindi il concreto rischio di manovre pericolose da parte dei lavoratori, stante anche il facile accesso al motore elettrico del carrello elevatore evidenziata dall'Ispettore E.E. ( fol 21 22 e 23 sentenza impugnata)

3. In conclusione deve essere dichiarata la inammissibilità dei ricorsi e disposto di ufficio l'oscuramento dei dati sensibili.
 


P.Q.M.
 

Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3000,00 ciascuno in favore della Cassa delle Ammende. Oscuramento dati sensibili.

Così deciso il 28 novembre 2023.

Depositato in Cancelleria il 17 gennaio 2024.