Cassazione Penale, Sez. 3, 02 gennaio 2024, n. 4 - Crollo della Nuova Torre Piloti al Porto di Genova. Estromesse le parti civili in sede di rideterminazione della pena



 


REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

TERZA SEZIONE PENALE

Composta da

Dott. RAMACCI Luca - Presidente

Dott. DI STASI Antonella - Consigliere

Dott. CORBO Antonio - Consigliere

Dott. ANDRONIO Alessandro Maria - Relatore

Dott. MAGRO Maria Beatrice - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sui ricorsi proposti da

1) A.A., nato a (Omissis) il (Omissis);

2) Ministero dell'Economia e delle Finanze, Ministero della Difesa, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, Autorità di sistema portuale del Mar Ligure occidentale (parti civili);

avverso la sentenza del 13/01/2023 della Corte di appello di (Genova anche nei confronti di B.B. (imputato);

C.C. (imputato);

D.D. e C. Spa (responsabile civile);

Rimorchiatori riuniti del porto di Genova, E.E.,(Omissis)(parti civili).

visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;

udita la relazione svolta dal consigliere Alessandro Maria Andronio;

udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mariaemanuela Guerra, che ha concluso chiedendo che il ricorso proposto dall'imputato sia dichiarato inammissibile e che la sentenza sia annullata in accoglimento del ricorso proposto dalle parti civili;

udito, per le parti civili ricorrenti, l'avvocato dello Stato Andrea Fedeli;

udito, per le parti civili non ricorrenti, l'avv. Massimiliano Gabrielli, anche in sostituzione dell'avv. Alessandra Guarini, che ha depositato conclusioni scritte e nota spese;

udito l'avv. Alberto Mittone, per il responsabile civile, che ha depositato conclusioni

scritte e nota spese uditi l'avv. Pasquale Tonani, per A.A. e, in sostituzione dell'avv. Raimondo Romano, per B.B., nonché l'avv. Stefano Parretta, in sostituzione dell'avv. Paolo Costa, per C.C.

Fatto


1. Con sentenza del 13 gennaio 2023 la Corte di appello di Genova ­giudicando in sede di rinvio a seguito dell'annullamento parziale disposto dalla Corte di cassazione con sentenza del 26/11/2020 in punto di trattamento sanzionatorio -in riforma della sentenza della Corte di appello di Genova del 18/01/2019, ha ridotto la pena degli imputati B.B., A.A., C.C., su concorde richiesta delle parti, alla pena di anni 7 di reclusione per B.B., anni 5 per A.A. e anni 4 per C.C., per quanto qui rileva in relazione reati di omicidio colposo plurimo, lesioni colpose plurime e disastro colposo.

2. Avverso la sentenza hanno proposto ricorso per cassazione le parti civili rappresentate e difese dall'Avvocatura dello Stato.

2.1. Con un primo motivo di doglianza, si denunciano la violazione degli artt. 74 e 76, cod. proc. pen., 24 e 111 Cost., 110, cod. proc. civ., oltre che il vizio della motivazione del provvedimento impugnato. Oggetto della censura è la determinazione della Corte di appello, in sede di rinvio, di impedire alla parte civile di interloquire nel giudizio, perché riguardante la rideterminazione della pena da irrogarsi agli imputati. Nel ricorso si sostiene che, sebbene la statuizione richiesta al giudice del rinvio attenga certamente al trattamento sanzionatorio degli imputati ritenuti responsabili dei reati loro ascritti, questa riguarderebbe altresì la posizione delle parti civili, posto che alla Corte di appello sarebbe stato demandato il compito di accertare responsabilità ulteriori e concorrenti con quelle degli imputati nella causazione degli eventi di reato. Si tratterebbe pertanto dell'affermazione di un fatto proprio del danneggiato idoneo astrattamente a limitare il diritto risarcitorio degli Enti medesimi. A fronte di un problema così complesso, la Corte territoriale si sarebbe limitata ad affermare che alla parte civile non compete interloquire in punto di trattamento sanzionatorio, senza aggiungere altro. A parere del ricorrente, tale regola generale incontrerebbe limiti ed eccezioni, tenuto conto che non è possibile escludere che in concreto emergano ipotesi in cui la valutazione svolta ai fini del trattamento sanzionatorio influenza la posizione della parte civile. Pertanto, andrebbe valutata caso per caso la sussistenza di un interesse della parte civile ad interloquire sul tema della pena. Tali rilievi sarebbero stati puntualmente illustrati al giudice del rinvio, che tuttavia avrebbe omesso di motivare al riguardo, essendosi limitato a richiamare la regola generale. Ma secondo i ricorrenti, nel caso di specie, non si può escludere che la parte civile, della quale potrebbe affermarsi la sussistenza di una responsabilità concausale nella produzione dell'evento di reato e di danno, abbia un interesse giuridicamente rilevante tale da consentirle di interloquire sul punto. La conclusione della Corte territoriale avrebbe dunque violato il diritto di difesa della parte civile, alla quale sarebbe stato impedito di interloquire su un elemento idoneo ad incidere sul proprio diritto risarcitorio, con conseguente violazione dell'art. 111 Cost., e degli artt. 74 e 76, cod. proc. pen.

2.2. Con una seconda censura, si lamenta la violazione dell'art. 599-bis cod. proc. pen. il ricorrente richiama la giurisprudenza di leqittimità, la quale negherebbe che il concordato in appello ex art. 599-bis, cod. proc. pen., possa ammettersi nel giudizio di rinvio, ponendosi in contrasto con la propria finalità deflattiva.

2.3. Con un terzo motivo di ricorso, si denunciano il vizio della motivazione del provvedimento impugnato e la violazione dell'art. 111, sesto comma, Cost. la motivazione resa dalla Corte di appello risulterebbe apodittica, a causa della acritica adesione ad uno degli elementi costitutivi dell'accusa nel separato pendente giudizio penale avverso C.C. ed altri, e contraddittoria nell'affermare la sussistenza di un'effettiva situazione di emergenza che avrebbe impedito agli imputati di evitare la collisione del natante con la torre e i drammatici eventi che ne conseguirono. L'affermazione secondo cui la collocazione della torre era obiettivamente pericolosa celerebbe la carenza di una motivazione effettiva, non avendo il giudice del rinvio spiegato sulla base di quali accertamenti possa raggiungersi questa conclusione. Il solo dato che la torre sia stata costruita a fil di banchina non può essere elemento idoneo a caratterizzarne la pericolosità, posto che tali tipologie di costruzioni sarebbero legittime, come confermato dall'art. 76, cod. nav., che disciplina gli obblighi di chi lavora in tali tipologie di strutture. Con riguardo, invece, alla supposta situazione di emergenza nella quale si sarebbero trovati gli imputati, nel ricorso si ribadisce che l'emergenza era stata causata proprio dal comportamento di questi, che avevano intrapreso manovre all'interno del porto, pur consapevoli della violazione delle norme cautelari alle quali dovevano attenersi.

2.4. Con memoria successiva, si insiste per l'accoglimento del ricorso. Le parti civili sottolineano come di recente la Corte di appello di Genova abbia ribaltato la sentenza del Tribunale di Genova -nei confronti di quei vari soggetti che nel parallelo processo erano accusati di condotte relative alla progettazione, alla costruzione, all'ubicazione e all'utilizzo quale sede ed ambiente di lavoro della Torre Piloti crollata a seguito dell'urto della nave -mandando ogni imputato assolto dalle relative pretese responsabilità. Pertanto, quella parvenza di coesistenti corresponsabilità conseguente al rilievo della pendenza di un procedimento parallelo nei confronti dei terzi non sussisterebbe più. Infine, anche la Commissione di inchiesta formale prevista dall'art. 581 cod. nav., avrebbe terminato il proprio compito, concludendo per l'attribuzione dell'intera responsabilità in capo agli imputati.

3. Avverso la sentenza A.A., tramite il difensore, ha proposto ricorso per cassazione, lamenta,con unico motivo di doglianza, la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione. Sebbene la quantificazione della misura della pena spetti esclusivamente alla prudente valutazione del giudice di merito, nel caso di specie, sarebbe stata omessa qualsivoglia motivazione in relazione alla dosimetria della pena all'atto di recepire la quantificazione delle attenuanti generiche operata nella richiesta di concordato.

4. La difesa dell'imputato C.C. ha depositato memoria, con la quale si deduce l'inammissibilità del ricorso proposto dall'Avvocatura dello Stato di Genova nell'interesse delle parti civili costituite. Il ricorrente, in primo luogo, sostiene che le parti civili non hanno alcun titolo per impugnare la sentenza oggetto del loro ricorso, posto che non sarebbe possibile la partecipazione della parte civile al concordato in appello, con l'ulteriore conseguenza che quest'ultima non sarebbe legittimata a proporre ricorso per cassazione avverso la sentenza di accoglimento della richiesta concorde delle parti, che contiene statuizioni diverse da quelle previste dall'art. 576 cod. proc. pen. si sottolinea, sul punto, che la Corte di appello, giudicando in sede di rinvio, ha dovuto valutare solo l'entità della pena e degli aumenti disposti a titolo di continuazione, nonché la concessione delle attenuanti generiche. Tali aspetti sarebbero inidonei ad inficiare in alcun modo la posizione della parte civile, essendo passate in giudicato le statuizioni afferenti alla responsabilità penale. Nel caso di specie il giudizio non riguarderebbe l'affermazione di responsabilità o comunque ulteriori capi e punti della sentenza d'appello in grado di incidere sulle pretese civilistiche, ma unicamente la pena da irrogare. Il ricorrente richiama svariate pronunce di questa Corte dalle quali si dedurrebbe la mancanza di interesse della parte civile a rassegnare le proprie conclusioni nelle ipotesi in cui non vi è interesse ad interloquire, ovvero nelle ipotesi in cui la determinazione sarebbe comunque inidonea ad influire sull'entità della pretesa risarcitoria. Infine, si sostiene che alla Corte di merito non è stata demandata alcuna valutazione circa l'esistenza di eventuali concause rispetto al fatto di cui all'imputazione, tali da incidere sulla quantificazione di un eventuale risarcimento in sede civile. Si deduce altresì l'infondatezza del secondo motivo di ricorso presentato dalle parti civili, sia alla luce della inammissibilità del ricorso per carenza di interesse, quale conseguenza di quanto appena esposto, sia alla luce dell'ammissibilità del concordato di pena tra le parti ex art. 599-bis, cod. proc. pen., che intervenga in sede di giudizio di rinvio, come sostenuto dall'orientamento maggioritario della giurisprudenza di legittimità, secondo cui nessuna espressa esclusione è prevista dalla legge sul punto.

 

Diritto


1. Il ricorso proposto dalle parti civili è inammissibile.

1.1. Il primo motivo di doglianza -riferito alla sostanziale estromissione della parte civile dal giudizio di rinvio, in quanto priva di interesse in relazione alla rideterminazione del trattamento sanzionatorio degli imputati -è inammissibile.

1.1.1. Deve premettersi che, secondo quanto statuito dalla sentenza rescindente di questa Corte, il sindacato della Corte territoriale in sede di giudizio di rinvio era limitato all'aspetto sanzionatorio e non aveva ad oggetto questioni attinenti alla responsabilità penale degli imputati o alle statuizioni civili, in relazione alle quali si era già formato il giudicato. Com'è noto, l'impugnazione della parte civile non può essere diretta ad ottenere una modifica delle statuizioni penali, limitando l'art. 576, cod. proc. pen., il potere di impugnazione della stessa ai soli capi della sentenza di condanna riguardanti l'azione civile nonché alle sentenze di proscioglimento (Sez. 3, n. 5860 del 12/10/2011, Rv. 252120). La Corte di appello, giudicando in sede di rinvio, ha limitato il proprio sindacato alla valutazione dell'entità della pena e degli aumenti disposti a titolo di continuazione, nonché alla concessione delle attenuanti generiche. Tali aspetti risultano inidonei ad inficiare in alcun modo la posizione della parte civile, posto che -come visto ­tutte le statuizioni afferenti alla responsabilità penale degli imputati sono passate in giudicato e che, ai sensi dell'art. 651 cod. proc. pen., neanche la motivazione a sostegno del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche può fare stato ai fini civili. Quest'ultima disposizione prevede, infatti, che la sentenza penale irrevocabile di condanna ha efficacia di giudicato, quanto all'accertamento della sussistenza del fatto, della sua illiceità penale e all'affermazione che l'imputato lo ha commesso, nel giudizio civile o amministrativo per le restituzioni e il risarcimento del danno.

Del resto, anche in linea di principio vi è una netta differenza tra le ipotesi di rinvio che attengono alla concessione delle circostanze attenuanti generiche e quelle in cui invece si richiede una rivalutazione in merito alla possibile applicazione di circostanze aggravanti. In quest'ultimo caso, il sindacato che investe il giudice di merito attiene alla determinazione di elementi rilevanti ai fini della quantificazione del danno, contribuendo a delineare il fatto nella sua materialità, esplicando i propri effetti ai fini dell'accertamento dell'elemento soggettivo e della determinazione della gravità del fatto posto di reato. Sussiste, perciò, l'interesse della parte civile a interloquire nel giudizio di rinvio sulla ricorrenza di una o più circostanze aggravanti a carico dell'imputato, anche ove non ne venga in discussione la responsabilità penale per il fatto di reato, in quanto si tratta di aspetti suscettibili di incidere sull'entità del risarcimento del danno. Tali elementi sono rilevanti per l'accertamento della responsabilità civile quante volte l'esito del giudizio penale sia idoneo a influenzare la liquidazione del danno non patrimoniale da accertare e quantificare nella separata e successiva sede civile (ex plurimis, Sez. 5, n. 28352 del 01/06/2023" Rv. 284811; Sez. l, n. 574 del 09/07/2019 Sez. 6, n. 27984 del 15/05/2018, Rv. 273680). Non si può giungere ad analoghe conclusioni nel caso delle circostanze attenuanti generiche, le quali afferiscono in generale al trattamento sanzionatorio, incidendo sulla misura della pena, e come tali non possono influenzare in alcun modo il risarcimento del danno, trattandosi di statuizioni strettamente penali. A sostegno di tale ricostruzione è stato affermato che la condanna alla rifusione delle spese sostenute dalla costituita parte civile dipende dalla sussistenza di un interesse civile tutelabile, e, pertanto, non può essere disposta nel giudizio di impugnazione quando si discuta unicamente della pena irrogata (ex plurimis, Sez. 2 del 2963 del 09/12/2020, Rv. 280519; Sez. F, n. 1019 del 13/09/2012). Si è anche affermato che, qualora dall'eventuale accoglimento dell'impugnazione proposta dall'imputato non possa" derivare alcun pregiudizio alla parte civile, quest'ultima, non avendo interesse a formulare proprie conclusioni nel conseguente giudizio, pur se esercita il suo diritto di partecipare allo stesso, non ha titolo alla rifusione delle spese processuali (Sez. 4, n. 22697 del 09/07/2020, Rv. 279514).

Deve dunque affermarsi il seguente principio di diritto: "La parte civile non ha interesse a partecipare al giudizio di rinvio scaturito da annullamento pronunciato dalla Corte di cassazione in punto di determinazione della pena o riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, trattandosi di profili strettamente penalistici, che non influiscono sulla responsabilità civile".

1.1.2. Nel caso di specie, alla Corte di appello non è stata demandata alcuna valutazione circa l'esistenza di eventuali concause rispetto al fatto in imputazione, tale da incidere sulla qualificazione di un eventuale risarcimento in sede civile, poiché sulla responsabilità, e le ipotetiche gradazioni della stessa, si è ormai formato il giudicato e le relative statuizioni sul punto non sono più suscettibili di modifica alcuna. E ciò trova ulteriore conferma nella statuizione della sentenza rescindente di definitiva condanna degli imputati alla rifusione delle spese sostenute dalle parti civili, ivi comprese quelle rappresentate dall'Avvocatura dello Stato; statuizione che avrebbe dovuto essere rimessa al giudizio di rinvio qualora questo avesse avuto per oggetto profili incidenti sulla responsabilità civile. In ogni caso, il trattamento sanzionatorio, comprensivo del riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, è stato determinato sull'accordo delle parti.

Del tutto correttamente, dunque, il giudice del rinvio non ha ammesso l'Avvocatura dello Stato a concludere, "vertendo il giudizio di rinvio sulla mera determinazione del trattamento sanzionatorio, argomento che non investe direttamente gli interessi delle parti civili".

Dalla rilevata mancanza di interesse delle parti civili in punto di trattamento sanzionatorio consegue l'assorbimento degli ulteriori motivi di doglianza, in quanto attinenti alla praticabilità del concordato sulla pena nel giudizio di appello di rinvio e alla motivazione circa la determinazione del trattamento sanzionatorio.

1.1.3.All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna al pagamento delle spese processuali, ma non quello del versamento di una somma in favore della Cassa delle ammende, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186, della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", in mancanza di uno specifico principio di legittimità in punto di interesse della parte civile a partecipare al giudizio di rinvio che abbia per oggetto anche l'eventuale riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.

2.Il ricorso dell'imputato A.A. -con il quale si lamenta la mancata concessione delle attenuanti generiche nella massima estensione -è stato proposto per un motivo non consentito.

2.1. Nel caso di specie, la Corte territoriale ha accolto la proposta di concordato formulata e il ricorrente non può censurare la misura della diminuzione di pena per le circostanze attenuanti generiche, posto che ha indicato la pena egli stesso. Va ribadito sul punto che, a seguito della reintroduzione del concordato in appello ad opera dell'art. 1, comma 56, della legge n. 103 del 2017, il giudice di secondo nell'accogliere la richiesta formulata a norma del nuovo art. 599-bis, cod. proc. pen., non deve motivare sul mancato proscioglimento dell'imputato per una delle cause previste dall'art. 129, cod. proc. pen., né sulla insussistenza di circostanze aggravanti o di cause di nullità assoluta o inutilizzabilità delle prove, in quanto, a causa dell'effetto devolutivo proprio dell'impugnazione, una volta che l'imputato abbia rinunciato ai motivi di appello, la cognizione del giudice è limitata ai motivi non oggetto di rinuncia (ex plurimis, Sez. 4, n. 52803 del 14/09/2018, Rv. 274522; Sez. 5, n. 29243 del 04/06/2018, Rv. 273194; Sez. 5, n. 15505 del 19/03/2018, Rv. 272853; Sez. 3, n. 30190 del 08/03/2018, Rv. 273755). Anche da ultimo questa Suprema Corte ha statuito che il ricorso per cassazione avverso la sentenza emessa ex art. 599-bis, cod. proc. pen., è ammissibile solo quando deduca motivi relativi alla formazione della volontà della parte di accedere al concordato, al consenso del pubblico ministero sulla richiesta ed al contenuto difforme della pronuncia del giudice, mentre sono inammissibili le doglianze relative a motivi rinunciati, alla mancata valutazione delle condizioni di proscioglimento ex art. 129, cod. proc. pen., e ai vizi attinenti alla determinazione della pena che non si siano trasfusi nella illegalità della sanzione inflitta, in quanto non rientrante nei limiti edittali ovvero diversa da quella prevista dalla legge (ex plurimis, Sez. 1, n. 944 del 23/10/2019, Rv. 278170; Sez. 2, n. 22002 del 10/04/2019, Rv. 276102; Sez. 2, n. 30990 del 01/06/2018, Rv. 272969). Ne consegue che è inammissibile il ricorso per cassazione relativo a questioni, anche rilevabili d'ufficio, alle quali l'interessato abbia rinunciato in funzione dell'accordo sulla pena in appello, in quanto il potere dispositivo riconosciuto alla parte dall'art. 599-bis, cod. proc. pen., non solo limita la cognizione del giudice di secondo grado, ma ha effetti preclusivi sull'intero svolgimento processuale, ivi compreso il giudizio di legittimità, analogamente a quanto avviene nella rinuncia all'impugnazione.

2.2. Il ricorso dell'imputato A.A., per tali motivi, deve essere dichiarato inammissibile. Tenuto conto della sentenza 13 giugno 2000, n. 186,della Corte costituzionale e rilevato che, nella fattispecie, non sussistono elementi per ritenere che "la parte abbia proposto il ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità", alla declaratoria dell'inammissibilità medesima consegue, a norma dell'art. 616 cod. proc. pen., l'onere delle spese del procedimento nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in Euro 3.000,00.

5. La reciproca soccombenza tra A.A. e le parti civili rappresentate dall'Avvocatura dello Stato e, più in generale, la novità del principio di diritto sopra richiamato (sub 1.1.1.) rendono opportuna la compensazione integrale delle spese di rappresentanza e difesa per il presente giudizio di cassazione fra tutte le parti.

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso di A.A., che condanna al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 3.000,00 in favore della Cassa delle ammende. Dichiara inammissibile il ricorso delle parti civili rappresentate dall'Avvocatura dello Stato, che condanna al pagamento delle sole spese processuali. Dichiara integralmente compensate tra le parti le spese di rappresentanza e difesa per il giudizio di cassazione.

Così deciso il 4 ottobre 2023.

Depositata in Cancelleria il 2 gennaio 2024.