Cassazione Penale, Sez. 4, 10 aprile 2024, n. 14714 - Infortunio mortale dell'Ing. durante il sopralluogo sul tetto del capannone. Revisione



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE


Composta da:

Dott. SERRAO Eugenia - Presidente

Dott. CALAFIORE Daniela - Relatore

Dott. CAPPELLO Gabriella - Consigliere

Dott. RANALDI Alessandro - Consigliere

Dott. ANTEZZA Fabio - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA



sul ricorso proposto da:

A.A. nato a C il (Omissis)

avverso l'ordinanza del 08/09/2023 della CORTE APPELLO di POTENZA

udita la relazione svolta dal Consigliere DANIELA CALAFIORE;

lette le conclusioni del Procuratore generale, nella persona del Sostituto Procuratore Luigi Orsi, che ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

 

Fatto


1. Con l'ordinanza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Potenza ha dichiarato inammissibile l'istanza di revisione, proposta da A.A., ai sensi dell'art. 630 cod. proc. pen., della sentenza n. 108/19 resa dalla Corte d'appello di Lecce in data 21 gennaio 2019, di riforma, quanto alla pena, della sentenza del Tribunale di Lecce del 17/11/2014, divenuta irrevocabile in data 8 giugno 2019 per il ricorrente.

2. La sentenza di cui si chiede la revisione aveva confermato il giudizio di responsabilità dell'odierno ricorrente, quale legale rappresentante della ditta SELCOM e comproprietario del capannone industriale, per aver cooperato, unitamente ad B.B. ed a C.C., a cagionare la morte di D.D., ingegnere dipendente della ditta Sun System che stava effettuando un sopralluogo sul tetto del capannone, con violazione delle norme in materia di prevenzione degli infortuni sul lavoro.

3. L'istanza di revisione è stata proposta per la risoluzione del conflitto, ex art. 630, comma 1, lett. a) cod. proc. pen., tra tale sentenza e la sentenza n. 34344/2020 della Corte di cassazione che, pronunciata nei confronti del coimputato B.B., unico a ricorrere per cassazione, aveva annullato senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti del medesimo ricorrente.

4. La Corte territoriale ha dichiarato inammissibile l'istanza, rilevando la mancata ricorrenza dei presupposti applicativi dell'istituto della revisione. In proposito ha richiamato il consolidato principio stabilito in sede di legittimità, in base al quale, in caso di contrasto tra giudicati, è possibile la revisione soltanto ove vi sia inconciliabilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle due sentenze, negando nella specie tale requisito.

5. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione A.A., a mezzo del difensore, lamentando il vizio di violazione di legge in relazione agli artt. 630 lett. a), 631 cod. proc. pen. ed il concorrente vizio di motivazione risultante dal testo del provvedimento impugnato.

5.1. In particolare, il ricorrente deduce che la decisione impugnata ha immotivatamente disatteso l'istanza mediante una distorta applicazione dei principi giurisprudenziali citati. Sostiene il ricorrente che, dalla lettura della sentenza della Corte di cassazione relativa alla impugnazione di B.B., si trae con evidenza che la censura mossa alla sentenza di condanna della Corte di appello aveva investito essenzialmente il profilo di precisione e determinatezza dell'obbligo di garanzia, che nel caso di specie era pacificamente mancato.

La Corte di cassazione, con la sentenza in parola, aveva precisato come la titolarità di una posizione di garanzia non comporta, in presenza del verificarsi dell'evento, un automatico addebito di responsabilità colposa a carico del garante, imponendo il principio di colpevolezza la verifica in concreto, sia della sussistenza della violazione, da parte del garante, di una regola cautelare, sia della prevedibilità ed evitabilità dell'evento dannoso. Inoltre, la sentenza aveva ampiamente motivato in ordine alle palesi discrasie motivazionali della sentenza di merito, derivanti dall'assenza di specifiche indicazioni in ordine alle attività gestionali dell'odierno ricorrente e del coimputato assolto, anche alla luce dei puntuali assunti difensivi secondo cui a nessuno era stato consentito - e meno che mai alla vittima - di salire sul tetto di quel capannone (così a pag. 5 della sentenza).

5.2. Il concetto di inconciliabilità tra sentenze irrevocabili di cui all'art. 630, comma 1 lett. a), cod.proc.pen, continua il ricorrente, deve essere inteso, nel senso indicato dalla giurisprudenza di legittimità, con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze e non già alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni, dovendosi escludere le mere valutazioni dei medesimi fatti e de1! relativi compendi probatori.

L'ordinanza impugnata avrebbe dunque pronunciato l'inammissibilità dell'istanza in modo apodittico, non afferendo a ragioni processuali, senza procedere ad una effettiva disamina delle doglianze portate nell'istanza, al fine di verificare se le stesse, fondate o meno, rientrassero nell'ambito applicativo degli artt. 629 e 630 cod.proc.pen. Il ricorrente ricorda di aver prospettato che le coordinate ermeneutiche poste a fondamento della sentenza della Corte di cassazione presa a riferimento, in quanto basate sui medesimi fatti contestati, fossero sovrapponibili alla sua posizione. Il che comporta la violazione delle regole del procedimento preliminare di revisione, disciplinato dall'art. 634 cod.proc.pen, nel corso del quale va verificata l'oggettiva potenzialità degli elementi dedotti a dimostrare, una volta accertati, la riforma del giudizio di colpevolezza.

6. Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l'inammissibilità del ricorso.

7. Il ricorrente, tramite il proprio difensore, ha depositato memoria con la quale insiste nell'accoglimento del ricorso.

 

Diritto


1. Il ricorso è manifestamente infondato.

1.1. È opportuno precisare l'orientamento consolidatosi nella giurisprudenza della Corte di cassazione in ordine al concetto di inconciliabilità fra sentenze irrevocabili (da ultimo Sez. 4. n. 16830 del 26/04/2022, Moretti).

Lo stesso deve essere inteso con riferimento ad una oggettiva incompatibilità tra i fatti storici stabiliti a fondamento delle diverse sentenze, non già alla contraddittorietà logica tra le valutazioni operate nelle due decisioni (Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016, dep. 2017, Mortola, Rv. 269757; Sez. 4, n. 8135 del 25/10/2001, dep. 2002, Pisano FC, Rv. 221098), né alle divergenti valutazioni in ordine ad elementi normativi della fattispecie, fondate sulla medesima ricostruzione in punto di fatto (Sez. 6, n. 34927 del 17/04/2018, Del bono, Rv. 273749); ne consegue che gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono essere, a pena di inammissibilità, tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve esser prosciolto e, pertanto, non possono consistere nel mero rilievo di un contrasto di principio tra due sentenze che abbiano a fondamento gli stessi fatti (Sez. 1, n. 8419 del 14/10/2016, dep. 2017, Mortola, Rv. 269757).

1.2. Anche la contestazione della legittimità della declaratoria di inammissibilità dell'istanza, pure contenuta nel motivo di ricorso per cassazione, sotto il profilo che la Corte territoriale avrebbe dovuto fermarsi ad una valutazione astratta sulla idoneità degli elementi a giustificare la revisione, è manifestamente infondata.

1.3. Il ricorrente non considera che, nel caso in esame, la Corte ha, astrattamente, valutato l'evidenza dell'insussistenza dei presupposti per accedere al secondo segmento procedimentale, negando che sul piano astratto vi sia l'inconciliabilità di contenuti tra le sentenze in questione. È stato quindi correttamente applicato il principio secondo cui (Sez. 1, n. 31263 del 30/05/2014, Broccoli Rv.260238 -01) la contraddittorietà di giudicati, che è condizione per l'ammissibilità della richiesta di revisione, va distinta dalla condizione per l'accoglimento della richiesta stessa. Da tale diversità consegue che l'esistenza di una sentenza penale irrevocabile, che affermi fatti inconciliabili con quelli posti a fondamento della sentenza di condanna di cui si chiede la revisione, costituisce condizione necessaria e sufficiente per la declaratoria di ammissibilità del giudizio di revisione; ai fini, invece, dell'accoglimento della richiesta di revisione è necessario accertare che, sulla base della diversa realtà fattuale irrevocabilmente accertata in altra sentenza passata in giudicato, il compendio probatorio sul quale si è basata la sentenza di condanna impugnata sia irrimediabilmente compromesso.

2. Con riguardo al concetto di inconciliabilità in dettaglio, la Corte di legittimità ha recentemente chiarito (Sez.5, n.26619 del 22/02/2019, Crispino, in motivazione) che sono, in tale giudizio, inconferenti le diverse ricostruzioni ermeneutiche che attengano a profili di diritto o alla valutazione giuridica dei medesimi fatti, ovvero, ancora, ad apprezzamenti che coinvolgano la identità o meno delle imputazioni elevate o i fatti ivi menzionati. Si è, sul punto, evidenziato che "la sequenza normativamente imposta passa, dunque, attraverso una triplice, convergente disamina: occorre, anzitutto, che i fatti storici - vale a dire gli accadimenti materiali su cui si radica la nozione di "fatto" penalmente significativa sul versante del ne bis in idem: e cioè, azione od omissione, evento e nesso di causalità - siano gli stessi...; occorre, poi, che i fatti risultino "fondamentali" ai fini delle decisioni poste in comparazione, giacct·1é ove mancasse il requisito della necessaria decisività, la diversa ricostruzione degli stessi fatti non potrebbe mai fungere da elemento "dirompente" rispetto alla "tenuta" intrinseca della decisione oggetto di revisione (a norma dell'art. 631 cod. proc. pen., infatti, gli elementi in base ai quali si chiede la revisione devono, a pena di inammissibilità, essere tali da dimostrare, se accertati, che il condannato deve essere prosciolto a norma degli artt. 529, 530 o 531 cod. proc. pen.). È, infine, essenziale il requisito della inconciliabilità: il che sta a significare che la diversa ricostruzione del medesimo fatto deve pervenire ad approdi fra loro alternativi" (Sez. 2, n. 11453 del 10/03/2015, Riselli, Rv. 263162).

2.1. Ciò premesso, gli assunti esplicitati nel motivo di ricorso sono manifestamente infondati. Il ricorrente afferma che la sentenza della Corte di cassazione, relativamente al profilo di precisione e determinazione della posizione di garanzia, avrebbe evidenziato l'assenza di specifiche indicazioni in ordine all'attività gestionali del ricorrente A.A.. Tali affermazioni non corrispondono ai contenuti della sentenza della Corte di cassazione indicata, la quale si è espressa con specifico ed esclusivo riferimento alla posizione del coimputato B.B., senza minimamente estendere l'esame all'odierno ricorrente.

2.2. Va pure sottolineato che il motivo, proprio sul profilo essenziale di quali siano i fatti inconciliabili tra la sentenza della Corte di cassazione e quella di condanna, è del tutto aspecifico perché non indica quali siano i fatti inconciliabili ma si limita a ritenere estensibile al ricorrente il ragionamento logico-giuridico espresso con riguardo al coimputato.

3. Consegue alla declaratoria d'inammissibilità del ricorso, per manifesta infondatezza del medesimo, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, a norma dell'art. 616 c.p.p., al versamento della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle ammende, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2003).

 

P.Q.M.


Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di Euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, l'11 gennaio 2024.

Depositata in Cancelleria il 10 aprile 2024.