Cassazione Civile, Sez. Lav., 11 aprile 2024, n. 9762 - Colpito da catene durante le attività di rizzaggio e di fissaggio dei camion e loro rimorchi su una nave. Ricorso inammissibile



 


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE LAVORO CIVILE


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. DORONZO Adriana - Presidente

Dott. PAGETTA Antonella - Rel. Consigliere

Dott. AMENDOLA Fabrizio - Consigliere

Dott. CASO Francesco Giuseppe Luigi - Consigliere

Dott. MICHELINI Gualtiero - Consigliere

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA
 


sul ricorso 29255-2019 proposto da:

A.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA LUIGI CALAMATTA 16, presso lo studio dell'avvocato MANUELA MARIA ZOCCALI, che lo rappresenta e difende;

- ricorrente -

contro

DL. & C. IMPRESA MARITTIMA Srl, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, VIA PARAGUAY 5, presso lo studio dell'avvocato ROSARIO SICILIANO, rappresentata e difesa dall'avvocato MAURIZIO RUMOLO;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 1163/2019 della CORTE D'APPELLO di NAPOLI, depositata il 19/03/2019 R.G.N. 3670/2013; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 07/02/2024 dal Consigliere Dott. ANTONELLA PAGETTA.
 

Fatto


1. Con sentenza n. 1163/2019 la Corte d'appello di Napoli ha confermato il rigetto della domanda con la quale A.A. aveva chiesto la condanna della convenuta datrice di lavoro, DL. & C. Impresa Marittima Srl, al risarcimento del danno biologico, del danno morale, del danno per perdita di guadagno e del danno per pagamento di spese mediche, asseritamente scaturiti da infortunio sul lavoro; a fondamento della pretesa risarcitoria il lavoratore aveva allegato che mentre era impegnato in attività di rizzaggio e di fissaggio dei camion e loro rimorchi su una nave della Compagnia Tirrenia era stato colpito da catene malamente aggrovigliate riportando la frattura del V metacarpo e che l'infortunio ed i danni da esso derivati erano da addebitare alla società datrice di lavoro per l'utilizzo smodato del ricorso al lavoro straordinario e per l'omessa adozione di idonee misure di sicurezza e prevenzione; aveva dedotto, inoltre, che nell'occasione non gli era stato prestato alcun soccorso per cui si era dovuto recare da solo in ospedale.

2. La Corte di appello ha motivato la conferma della decisione di primo grado facendo riferimento al mancato assolvimento da parte del lavoratore degli oneri di allegazione e prova sullo stesso gravanti; ha in particolare rilevato che il ricorso di primo grado era carente in ordine alle specifiche cautele omesse o alle norme infortunistiche violate e che erano generiche le ragioni di responsabilità della datrice di lavoro, individuate nella sistematica sottoposizione del personale al lavoro straordinario con conseguente stress da superlavoro; inoltre, fermo tale assorbente profilo, il giudice di appello ha osservato che dalla prova orale era emersa l'adozione da parte della società datrice di lavoro di tutte le misure idonee a prevenire l'infortunio (ivi compresa la dotazione al lavoratore dei prescritti dispositivi di protezione) e precisato che neppure risultava provato che l'incidente fosse avvenuto per l'aggrovigliamento di catene e comunque, quand'anche si fosse voluto riconoscere a detta circostanza una valenza causale dell'evento, non avrebbe potuto imputarsi al datore di lavoro la responsabilità dell'accaduto per la presenza di qualche catena aggrovigliata; come rilevato dal primo giudice rientrava nell'ordinaria diligenza del lavoratore marittimo assicurarsi che catene e tiranti utilizzati per le operazioni di carico e scarico non fossero aggrovigliati. Sulla scorta di tali considerazioni ha ritenuto sussistente una ragionevole presunzione di accidentalità, imprevedibilità ed occasionalità dell'evento; secondo il giudice d'appello, in merito alla effettiva sussistenza del nesso eziologico tra lo stato delle catene al momento dell'infortunio e l'evento, contrariamente a quanto sostenuto dal Caso, la società datrice aveva puntualmente contestato nella memoria di costituzione di primo grado i fatti dedotti dall'originario ricorrente. Priva di pregio era la doglianza riguardante la responsabilità penale datoriale per la presunta omissione di soccorso posto che dalla prova orale era emerso che nell'immediatezza del fatto, né al responsabile della sicurezza, né agli altri dipendenti della società datrice di lavoro era stato comunicato l'incidente occorso al Caso

3. Per la cassazione della decisione ha proposto ricorso A.A. sulla base di due motivi; la parte intimata ha resistito con tempestivo controricorso.
 

Diritto


1. Con il primo motivo di ricorso parte ricorrente deduce violazione della legge processuale per omessa applicazione della previsione dell'articolo 416 c.p.c. e omessa applicazione delle regole connesse al principio di non immediata contestazione; si duole, in sintesi, della errata applicazione del principio di non contestazione con riguardo alla circostanza relativa alla mancata prestazione del soccorso.

2. Con il secondo motivo denunzia omesso esame di un punto decisivo e controverso censurando la sentenza impugnata per avere motivato esclusivamente in ordine alla ipotesi delittuosa di omesso soccorso, trascurando ogni valutazione in merito alle prescrizioni di cui alla legge n. 626/1994 ed in particolare in merito alle prescrizioni dei relativi artt. 12 e 15 l. cit.

3. Preliminarmente devono essere esaminate le eccezioni di parte controricorrente relative al difetto di notifica del ricorso per cassazione ed al difetto di specificità della procura, le quali sono entrambe prive di pregio.

3.1. In relazione alla prima è sufficiente osservare che se è vero che la notifica del ricorso per cassazione non risulta effettuata ad istanza del procuratore del Caso bensì ad istanza di un procuratore non munito di procura speciale a ciò autorizzato dal Consiglio dell'Ordine, la nullità così determinatasi risulta comunque sanata dalla tempestiva costituzione dell'intimato (Cass. n. 11466 del 2020, Cass. n. 5743 del 2011).

3.2. In relazione alla seconda si rileva che non sussiste l'eccepito difetto di specificità della procura posto che, pur mancando la indicazione degli estremi della sentenza impugnata, la procura, apposta su foglio separato e materialmente congiunto al ricorso ai sensi dell'art. 83, comma 2, c.p.c, contiene espresso richiamo al ricorso per cassazione intentato nei confronti della società DL. & C. Srl di talché non possono sussistere dubbi in ordine alla riferibilità del mandato difensivo al presente ricorso.

4. Il primo motivo di ricorso è inammissibile per violazione del principio di specificità dell'impugnazione. Parte ricorrente, nel dedurre la errata applicazione del principio di non contestazione, non ha osservato l'onere imposto dal rispetto del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione essendosi limitata a trascrivere i soli brani del ricorso di primo grado pertinenti alla questione della mancata prestazione di soccorso in seguito all'infortunio, senza trascrivere o esporre per riassunto le difese sul punto articolate dalla società, nei propri scritti difensivi ed in particolare nella memoria di costituzione di primo grado. Tale modalità di articolazione della censura si rivela inammissibile alla luce della giurisprudenza di questa Corte secondo la quale la verifica di fondatezza delle censure formulate deve avvenire sulla base del solo esame del ricorso per cassazione senza necessità di indagini integrative o rinvio per relationem ad altri atti o scritti difensivi presentati nei precedenti gradi di giudizio (Cass. n.653 del 2007, Cass. n. 13046 del 2006, Cass. n. 4840 del 2006, Cass, n. 16360 del 2004, Cass. Sez. Un. n. 2602 del 2003, Cass. n. 4743 del 2001).

4.1. In particolare è stato chiarito che ove con il ricorso per cassazione si ascriva al giudice di merito di non avere tenuto conto di una circostanza di fatto che si assume essere stata "pacifica" tra le parti, il principio di autosufficienza del ricorso impone al ricorrente di indicare in quale atto sia stata allegata la suddetta circostanza, ed in quale sede e modo essa sia stata provata o ritenuta pacifica, onde consentire alla Corte di legittimità di prendere cognizione delle doglianze ad essa sottoposte (Cass. n. 24062 del 2017, Cass. n. 16655 del 2016, Cass. n. 20637 del 2016), come, viceversa, nello specifico non avvenuto.

5. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile risultando la deduzione di vizio di motivazione ex art. 360, comma 1 n., 5 c.p.c. preclusa ai sensi dell'art. 348 ter ultimo comma cod. proc. civ.; invero, secondo l'orientamento già espresso da questa Corte ed al quale si intende dare seguito, il ricorrente in cassazione, per evitare l'inammissibilità del motivo di cui al n. 5 dell'art. 360 cod. proc. civ., deve indicare le ragioni di fatto poste a base della decisione di primo grado e quelle poste a base della sentenza di rigetto dell'appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. n. 26774 del Cass. n. 19001 del 2016, Cass. n. 5528 del 2014), mentre parte ricorrente si è sottratta a tale onere.

6. All'inammissibilità del ricorso consegue la condanna del soccombente alla rifusione delle spese di lite, oltre che al pagamento, nella sussistenza dei presupposti processuali, dell'ulteriore importo del contributo unificato ai sensi dell'art. 13, comma quater d.p.r. n. 115/2002;

 

P.Q.M.


La Corte dichiara inammissibile il ricorso. Condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese di lite che liquida in Euro 3.500,00 per compensi professionali, Euro 200,00 per esborsi, oltre spese forfettarie nella misura del 15% e accessori come per legge.

Ai sensi dell'art. 13, co. 1 quater, del d.P.R. n. 115 del 2002 dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell'ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis dello stesso art.13, se dovuto.

Roma, così deciso nella camera di consiglio del 7 febbraio 2024

Depositato in Cancelleria l'11 aprile 2024.