Cassazione Penale, Sez. 4, 23 aprile 2024, n. 16862 - Montaggio incompleto del ponteggio e caduta dall'alto. Responsabile il committente di lavori di manutenzione ordinaria della propria abitazione



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE

SEZIONE QUARTA PENALE

Composta da:

Dott. DOVERE Salvatore - Presidente

Dott. CAPPELLO Gabriella - Relatore

Dott. MICCICHE'Loredana - Consigliere

Dott. MARI Attilio - Consigliere

Dott. DAWAN Daniela - Consigliere

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
 


sul ricorso proposto da:

A.A. nato a V il (omissis)

avverso la sentenza del 12/06/2023 della CORTE APPELLO di TORINO

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;

svolta la relazione dal Consigliere Gabriella CAPPELLO;

il Procuratore generale, in persona del sostituto Giulio ROMANO, ha rassegnato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'annullamento senza rinvio quanto al reato sub B) per essere lo stesso estinto per prescrizione e il rigetto nel resto; l'avv. Andrea Corsaro del foro di Vercelli, per A.A., ha depositato memoria di replica, concludendo per l'annullamento con o senza rinvio della sentenza impugnata con i provvedimenti conseguenti e, in ogni caso, per la declaratoria di estinzione del reato di cui al capo B) di imputazione per prescrizione dello stesso; l'avv. Maria Grazia Ennas del foro di Vercelli, per le parti civili B.B., C.C. e D.D., ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la conferma della penale responsabilità di A.A., la sua condanna alle spese di legge e al risarcimento dei danni per l'importo ivi indicato, nonché alla rifusione delle spese come da nota allegata.

 

Fatto


1. La Corte d'appello di Torino ha confermato la sentenza del Tribunale di Vercelli appellata dall'imputato A.A., con la quale costui era stato condannato a una pena sospesa, con la non menzione, per i reati di cui all'art. 589, comma 2 cod. pen. ai danni del lavoratore E.E. (capo A) e agli artt. 90, comma 9 lett. a) e 157, comma 1 lett. b) d.lvo 81/2008 (capo B), perché, nella qualità di committente di lavori di manutenzione ordinaria della propria abitazione (riverniciatura e ripristino delle perline in legno costituenti il cornicione del fabbricato), non aveva verificato l'idoneità tecnico professionale degli esecutori dei lavori (in Torino, 8/8/2017). Lo stesso era stato invece assolto, già in primo grado, dal reato di cui al capo C), relativo alla contestazione di omessa vigilanza sull'adozione delle misure necessarie affinchè le attrezzature fossero installate e utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso e fossero prese misure per scongiurare il pericolo di caduta dall'alto.

2. La Corte d'appello ha ritenuto provato che, nella specie, né il E.E. né il F.F. né avevano mai svolto in modo professionale l'attività di imbianchini e che, in ogni caso, anche se dalle testimonianze era emerso che entrambi erano soliti eseguire piccoli lavori di ristrutturazione "in nero", tale tipologia di opere non poteva essere assimilata ai lavori in quota commissionati dal A.A., per la realizzazione dei quali era necessaria non solo una attrezzatura di sicurezza conforme e adeguata, ma anche una specifica formazione in ordine ai rischi che quel tipo di attività comportava. Era emerso, nello specifico, che i due, il giorno dell'incidente, avevano montato in maniera incompleta il trabattello, senza collocare le protezioni laterali, il che dimostrava la mancata, concreta percezione dei rischi e dei pericoli ai quali avrebbero potuto andare incontro. A tal fine, i giudici del gravame hanno ritenuto irrilevante la circostanza che la vittima avesse nel passato lavorato per l'ENEL effettuando lavori in quota, poiché si trattava di attività assai risalente, oltre che completamente differente da quella oggetto del processo. Era anche emerso che l'imputato non aveva verificato che le attrezzature fossero montate in modo da eliminare il pericolo di caduta dall'alto, sebbene presente al momento del sinistro, avendo assistito personalmente ai lavori del giorno precedente l'infortunio, cosicché aveva avuto modo di constatare il montaggio incompleto del ponteggio il giorno dell'incidente mortale, avvedendosi dell'incompleto assemblaggio del trabattello (privo di alcuni pezzi, tra cui i parapetti, che erano rimasti appoggiati al muro dell'abitazione). Il pericolo ingenerato dal montaggio incompleto del ponteggio, inoltre, era pacificamente percepibile dal committente senza che fossero richieste competenze specifiche e il rispetto delle regole cautelari violate avrebbe scongiurato l'evento, essendo stata escluso ogni collegamento tra le condizioni di salute del lavoratore e la caduta (dall'esame autoptico essendo emerso che l'incidente non era riconducibile alla pregressa patologia cardiaca del E.E., in quanto, se si fosse trattato di un malore, lo stesso si sarebbe verosimilmente accasciato anziché precipitare repentinamente di testa dal ponteggio).

3. La difesa dell'imputato ha proposto ricorso, formulando tre motivi.

Con il primo, ha dedotto vizi della motivazione, parimenti sub specie travisamento probatorio, anche omissivo di prova decisiva e rilevante: la Corte d'appello non avrebbe adeguatamente considerato tutte le testimonianze rese nel dibattimento di primo grado circa l'esecuzione di lavori di imbiancatura e ristrutturazione da parte del E.E. e, in particolare le dichiarazioni rese dal figlio e dalla nipote a conferma dello svolgimento da parte della vittima dell'attività di imbianchino, decoratore e muratore; oltre a ciò, non avrebbe considerato il documento proveniente dall'Agenzia delle Entrate attestante l'attività d'impresa della ditta della vittima nel campo dell'edilizia e neppure ritenuto rilevante la circostanza che il F.F. era stato collega dell'imputato, cosicché la sua capacità tecnica e professionale era ben nota al committente. Il trabattello, poi, era di proprietà della vittima, ma anche il F.F. ne possedeva uno più grande. Era stato il F.F. a confermare al A.A. la capacità tecnico-professionale della vittima già dal primo incontro, tale prova essendo ricavabile anche dalle testimonianze dei familiari, essendo noto in paese quale fosse la sua occupazione lavorativa.

Con il secondo motivo, ha dedotto analogo vizio quanto al dovere di assicurare attrezzature atte a prevenire il pericolo di caduta dall'alto, condotta riferibile al capo C) della imputazione, dal quale l'imputato è stato però assolto. La motivazione sarebbe contraddittoria e illogica avendo la Corte territoriale fatto discendere dalla presenza di alcuni pezzi del ponteggio appoggiati al muro della casa, la conclusione che l'imputato potesse constatare il montaggio incompleto del presidio il giorno dell'infortunio, senza considerare quanto emerso anche dai rilievi fotografici dello SPISAL e cioè che il trabattello era stato spostato e rimontato ad una diversa altezza, neppure valutando la circostanza che per il suo montaggio non era necessario utilizzare tutti i pezzi, essendo sufficienti quelli necessari a raggiungere una data altezza. In ogni caso, il committente non può essere ritenuto responsabile in relazione alle precauzioni imposte dal tipo di lavorazione, allorquando esse richiedano specifiche competenze riguardo a procedure e tecniche da adottare.

Infine, con il terzo motivo, ha dedotto violazione di legge con riferimento al capo B) dell'imputazione, per essere decorso il termine massimo di prescrizione di anni cinque decorrenti dal tempo del commesso reato (8/8/2017).

4. Il Procuratore generale, in persona del sostituto Giulio ROMANO, ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto l'annullamento senza rinvio per il reato di cui al capo B) per essere lo stesso estinto per prescrizione e il rigetto nel resto.

5. La difesa del A.A. ha depositato memoria, con la quale ha replicato alle conclusioni rassegnate dal Procuratore generale, sviluppando le proprie difese e concludendo per l'annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata con i provvedimenti conseguenti e, in ogni caso, chiedendo la declaratoria di estinzione del reato di cui al capo B) dell'imputazione per prescrizione dello stesso.

6. L'avv. Maria Grazia Ennas, per le parti civili B.B., C.C. e D.D., ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la conferma della sentenza e la condanna dell'imputato alle spese e ai danni, depositando nota spese.

 

Diritto


1. Il ricorso va rigettato.

2. Deve, intanto, precisarsi che gli addebiti mossi al A.A. nella qualità di committente dell'opera sono strettamente correlati sia a una culpa in eligendo nella selezione dei lavoratori o della ditta alla quale ha affidato la lavorazione, durante la quale è accaduto l'infortunio mortale, in relazione all'utilizzo, da parte delle maestranze selezionate, di un'impalcatura per effettuare lavori in quota priva dei parapetti contenitivi, previsti proprio per scongiurare il rischio generico di caduta dall'alto, correlato alla natura degli interventi di manutenzione commissionati; ma anche alla mancata vigilanza sull'adozione delle misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro (nella specie, il ponteggio di proprietà della vittima) fossero installate e utilizzate in conformità alle istruzioni d'uso e alle misure precauzionali intese a scongiurare il concretizzarsi del rischio di caduta dall'alto del lavoratore addetto a operare sul ponteggio allestito. Nell'occorso, il A.A. era stato presente al momento del sinistro e aveva assistito ai lavori del giorno precedente, avendo avuto modo di constatare le modalità di montaggio del trabattello il giorno precedente l'infortunio, diverse da quelle, incomplete, del giorno dell'incidente e avendo dovuto, perciò, avvedersi del fatto che non erano stati montati alcuni pezzi, tra i cui parapetti, rimasti appoggiati, in perfetta vista, al muro della sua abitazione. Si era trattato, dunque, di un pericolo percepibile ictu oculi, senza che fossero richieste competenze specifiche per la sua rilevazione.

2.1. In via preliminare, stante il tenore di alcune censure, con le quali si è evocato anche il vizio motivazionale del travisamento probatorio, occorre rinviare al consolidato orientamento di questo giudice di legittimità ai fini di un corretto inquadramento dei margini di verifica della struttura giustificativa della sentenza censurata, per il caso di doppia conforme, come nella specie (sez. 3 n. 44418 del 16/7/2013, Argentieri, Rv, 257595; sez. 1 n. 1309 del 22/11/1993, 1994, Rv. 197250; sez. 3 n. 13926 del 1/12/2011, dep. 2012, Valerio, Rv. 252615), per ribadire, sempre alla stregua di tali principi, l'estraneità al presente vaglio degli aspetti di giudizio che si sostanzino nella valutazione del significato degli elementi probatori, attinenti interamente al merito, che non possono perciò essere apprezzati dalla Corte di cassazione se non nei limiti in cui risulti viziato il percorso giustificativo sulla loro capacità dimostrativa (sez. 6 n. 47204 del 7/10/2015, Musso, Rv. 265482). È, infatti, preclusa a questo giudice un'autonoma valutazione delle risultanze processuali sovrapponibile a quella compiuta nei gradi di merito (sez. 6 n. 25255 del 14/2/2012, Minervini, Rv. 253099), quanto al vizio di "contraddittorietà processuale" (o "travisamento della prova"), la sua cognizione essendo circoscritta alla sola verifica dell'esatta trasposizione nel ragionamento del giudice di merito del dato probatorio, rilevante e decisivo, al fine di evidenziarne l'eventuale, incontrovertibile e pacifica distorsione, in termini quasi di "fotografia", neutra e a-valutativa, del "significante", ma non del "significato", atteso il persistente divieto di rilettura e di re-interpretazione nel merito dell'elemento di prova (sez. 5, n. 26455 del 9/6/2022, Dos Santos Silva, Rv. 283370-01; sez. 3, n. 18521 del 11/1/2018, Ferri, Rv. 273217-01).

In ogni caso e risolutivamente, la cognizione della Corte di cassazione è funzionale a verificare la compatibilità della motivazione della decisione con il senso comune e con i limiti di un apprezzamento plausibile, non rientrando tra le sue competenze stabilire se il giudice di merito abbia proposto la migliore ricostruzione dei fatti, né condividerne la giustificazione (sez. 1, n. 45331 del 17/2/2023, Rezzuto, Rv. 285504-01).

3. Precisato quanto sopra, deve ritenersi la manifesta infondatezza del primo motivo, con il quale si è apertamente proposta una diversa lettura del dato probatorio, sollecitando a questa Corte di legittimità l'adozione di quella che la difesa ha ritenuto più persuasiva. Nessun vizio deducibile connota il ragionamento probatorio che ha sostenuto le conclusioni dei giudici del doppio grado quanto alla scelta delle maestranze, essendo emersa un'inadeguatezza dei lavoratori incaricati dal committente privato A.A., ricondotta alla mancanza di qualifiche formali e sostanziali, avuto riguardo alla storia professionale dei due e allo sviluppo delle trattative intercorse tra le parti.

In ogni caso, in materia di infortuni sul lavoro, è già stato chiarito che è titolare di una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore il committente che affidi lavori edili in economia ad un lavoratore autonomo senza averne previamente verificato l'idoneità tecnico-professionale, in relazione anche alla pericolosità dei lavori affidati (sez. 4, n. 26898 del 15/5/2019, Pupa, Rv. 276240-01, in fattispecie in cui la Corte ha confermato la responsabilità del committente che aveva affidato lavori edili ad un soggetto svolgente una diversa attività lavorativa, che si era avvalso della collaborazione del proprio padre, il quale, durante i lavori, svolti non in sicurezza, era deceduto a seguito della caduta da una scala). E l'obbligo di verifica di cui all'art. 90, lett. a), D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, non può risolversi nel solo controllo dell'iscrizione dell'appaltatore nel registro delle imprese, che integra un adempimento di carattere amministrativo (sez. 4, n. 28728 del 22/9/2020, Olivieri, Rv. 280049-01), dovendo valutarsi in concreto l'incidenza della sua condotta nell'eziologia dell'evento, a fronte delle capacità organizzative della ditta scelta per l'esecuzione dei lavori, avuto riguardo alla specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo stesso committente per la scelta dell'appaltatore o del prestatore d'opera, alla sua ingerenza nell'esecuzione dei lavori oggetto di appalto o del contratto di prestazione d'opera, nonché alla agevole ed immediata percepibilità da parte del committente di situazioni di pericolo (sez. 4, n. 5946 del 18/12/2019, dep. 2020, Frusciante, Rv. 278435-01; n. 44131 del 15/7/2015, Heqimi, 264974-01, con riferimento alla disciplina normativa entrata in vigore con il D.Lgs. n. 494/1996). Ciò che va escluso è che tale inidoneità possa essere ritenuta per il solo fatto dell'avvenuto infortunio, in quanto il difetto di diligenza nella scelta dell'impresa esecutrice deve formare oggetto di specifica motivazione da parte del giudice (sez. 4, n. 37761 del 20/3/2019, Andrei, Rv. 277008-01).

Infine, non pare superfluo ricordare che - ai fini della configurabilità di una responsabilità del committente per culpa in eligendo nella verifica dell'idoneità tecnico-professionale dell'impresa affidataria di lavori - non è neppure necessario il perfezionamento di un contratto di appalto, essendo sufficiente che nella fase di progettazione dell'opera, intervengano accordi per una mera prestazione d'opera, atteso il carattere negoziale degli stessi (sez. 3, n. 10014 del 6/12/2016, dep. 2017, Lentini, Rv. 269342).

4. Il secondo motivo è infondato.

La precisazione difensiva in ordine all'intervenuta assoluzione del A.A. dal capo C), con il quale era stata contestata la violazione degli artt. 122 e 159 comma 2, lett. a), D.Lgs. n. 81/2008, non è pertinente, posto che quella specifica violazione, secondo quanto previsto dall'art. 159, é autonomamente sanzionata solo in capo al datore di lavoro, qualifica che non poteva essere riconosciuta all'imputato.

Più pertinente è, invece, il rilievo sull'addebito di omessa vigilanza in capo al committente privato, sebbene la censura non sia idonea a disarticolare il ragionamento esplicativo seguito dalla Corte territoriale.

I giudici dell'appello, infatti, hanno valutato l'addebito più in chiave dimostrativa della negligente scelta delle maestranze, incaricate dell'esecuzione di opere per la cui realizzazione era necessaria non solo un'attrezzatura di sicurezza conforme e adeguata, ma anche una specifica formazione sui rischi che quella lavorazione implicava. Nella specie, é rimasto accertato che il A.A., pur avendo verificato l'impiego del trabattello per l'esecuzione di lavori in quota, non ne aveva accertato il corretto utilizzo in relazione a un rischio generico, del quale si era avveduto, siccome presente sui luoghi, quale quello di caduta dall'alto. Trattasi di una declinazione di quell'obbligo di corretta selezione delle maestranze, il cui contenuto, lungi dal risolversi in un controllo di natura eminentemente formale, è specificato dal contenuto dell'allegato all'art. 90, d. Igs. n.81/2008,che pone espressamente a carico del committente l'obbligo di verificare la conformità delle attrezzature impiegate, così dando contenuto e sostanza al controllo preventivo che costui deve operare in relazione alla individuazione della ditta o del lavoratore autonomo cui affidare l'incarico per la esecuzione dei lavori. Obbligo che, nella specie, era amplificato proprio dalla mancanza di idoneità tecnico-professionale dei due lavoratori incaricati.

5. Il terzo motivo è manifestamente infondato.

II reato per cui si procede è stato commesso in data 8 agosto 2017, dopo l'entrata in vigore, dunque, della legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), applicabile ai fatti commessi a decorrere dal 3 agosto 201, che aveva modificato l'art. 159, comma 2, cod. proc. pen, introducendo la sospensione del corso della prescrizione: a) dal termine previsto dall'art. 544 cod. proc. pen. per il deposito della sentenza di condanna di primo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza che definisce il grado successivo per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi; b) dal termine previsto dall'art. 544 cod. proc. pen., per il deposito della motivazione della sentenza di condanna di secondo grado, sino alla pronuncia del dispositivo della sentenza definitiva, per un tempo, comunque, non superiore a un anno e sei mesi. L'art. 159, comma 2, cod. proc. pen., così come modificato dalla legge su indicata, era stato poi interpolato dall'art. 1, comma 1, lett. e) n. 1 della legge 9 gennaio 2019 n.3 (c.d. legge Bonafede), che aveva introdotto, a decorrere dal 1 gennaio 2020, la previsione per cui il corso della prescrizione rimane sospeso dalla pronunzia della sentenza di primo grado, o dal decreto di condanna, fino alla data di esecutività della sentenza che definisce il giudizio o della irrevocabilità del decreto di condanna. L'art. 159, comma 2, cod. pen. è stato, infine, definitivamente abrogato dall'art. 2, comma 1, lett. a) della legge 27 settembre 2021 n. 134, che ha contestualmente introdotto l'art. 161 bis cod. pen., a norma del quale il corso della prescrizione cessa definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado (la stessa legge ha introdotto, solo per i reati commessi dal 1° gennaio 2020, l'art. 344 bis, cod. proc. pen. che prevede l'improcedibilità dell'azione penale in caso di mancata definizione del giudizio di appello e di cassazione entro il termine, rispettivamente, di due anni e di un anno, decorrenti dal novantesimo giorno successivo alla scadenza del termine previsto dall'art. 544, cod. proc. pen., salva eventuale proroga ai sensi dell'art. 154, disp. att. cod. proc. pen.).

Sul punto, si è già precisato che, con riferimento alla diversa disciplina della prescrizione dettata dalla c.d. legge Orlando e dalla c.d. legge Bonafede, non si è verificato il fenomeno della successione delle leggi penali nel tempo, regolamentato dall'art. 2 cod. pen., posto che le leggi che si sono succedute contengono la previsione della loro applicabilità ai reati commessi a decorrere da una certa data (fenomeno verificatosi, invece, con riferimento alla abrogazione dell'art. 159, comma 2, cod. pen. (art. 2 comma 1, lett. a), legge n. 134/2021), così come introdotto dalla legge Orlando, e alla speculare introduzione dell'art. 161 bis cod. pen. che fa cessare il corso della prescrizione definitivamente con la pronuncia della sentenza di primo grado). Più favorevole deve ritenersi, peraltro, la disciplina della legge Orlando che prevedeva, anche dopo la pronuncia della sentenza di primo grado e di grado di appello, il decorrere del termine di prescrizione, sia pur con periodi di sospensione.

Ne consegue la coesistenza di diversi regimi di prescrizione, applicabili in ragione della data del commesso reato, nei seguenti termini:

- per i reati commessi fino al 2 agosto 2017, si applica la disciplina della prescrizione dettata dagli artt. 157 e ss. cod. pen. così come riformulati dalla legge 5 dicembre 2005 n. 251 (c.d. legge ex Cirielli);

- per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2020, si applica la disciplina della prescrizione come prevista dalla legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), con i periodi di sospensione previsti dall'art. 159, comma 2, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge;

- per i reati commessi a far data dal 1° gennaio 2020, si applica in primo grado la disciplina della prescrizione come dettata dagli artt. 157 e ss. cod. proc. pen, senza conteggiare la sospensione della prescrizione di cui all'art. 159, comma 2, cod. pen., essendo stata tale norma abrogata dall'art. 2, comma 1, lett. a) della legge n. 134/2021 e sostituita con l'art. 161 bis cod. pen., e nei gradi successivi la disciplina della improcedibilità, introdotta da tale legge (sez. 4, n. 39170 del 28/6/2023, Guerzoni, in motivazione).

5.1. Fatta tale premessa, il termine di prescrizione del reato di cui al capo B) non é ancora spirato, avuto riguardo al tempo del commesso reato (8/8/2017) e a quello necessario a prescrivere in base al combinato disposto di cui agli artt. 157 e 161, cod. pen. (anni cinque), tenuto conto che la disciplina del termine di prescrizione da applicarsi nel caso concreto è quella prevista per i reati commessi a far data dal 3 agosto 2017, fino al 31 dicembre 2020, cioè la legge 23 giugno 2017, n. 103 (c.d. legge Orlando), con i periodi di sospensione previsti dall'art. 159, comma 2, cod. pen. nel testo introdotto da detta legge (che nella specie è pari a un anno e sei mesi). Cosicché il relativo termine, nella specie, andrà a scadere solo il giorno 8 aprile 2024 (senza che sia neppure necessario il computo delle eventuali sospensioni del corso del procedimento, pur rilevabili dalla sentenza appellata, ove si è dato atto del rinvio dell'udienza del 29/10/2019 per impedimento dell'imputato).

6. Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e alla rifusione delle spese sostenute per questo giudizio di legittimità dalle parti civili ammesse al patrocinio dello Stato per i non abbienti che saranno liquidate dalla Corte d'appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d.P.R. n. 115/2002 in favore dello Stato (Sez. U, n. 5464 del 26/9/2019, dep. 2020, De Falco, Rv. 277760-01).

 

P.Q.M.


Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese di questo giudizio di legittimità alle parti civili ammesse al patrocinio a spese dello Stato, nella misura che sarà liquidata dalla Corte di appello di Torino con separato decreto di pagamento ai sensi degli artt. 82 e 83 d. P.R. 115/2002, disponendo il pagamento in favore dello Stato.

Deciso il 7 marzo 2024.

Depositato in Cancelleria il 23 aprile 2024.