REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. SCIARELLI Guglielmo
Dott. CURCURUTO Filippo
Dott. DI CERBO Vincenzo
Dott. NOBILE Vittorio
Dott. CURZIO Pietro

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 34320/2006 proposto da:
G.A., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA CARLO POMA 2, presso lo studio dell'avvocato ASSENNATO Giuseppe Sante, che lo rappresenta e difende, giusta mandato a margine del ricorso;

- ricorrente -

contro

I.N.A.I.L - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE 144, presso lo studio degli avvocati LA PECCERELLA Luigi e FAVATA EMILIA, giusta procura speciale atto notar CARLO FEDERICO TUCCARI di Roma dell'11/01/07, rep. 72594;

- controricorrente -

avverso la sentenza n. 3625/2006 della CORTE D'APPELLO di ROMA, depositata il 25/08/2006 r.g.n. 4616/03;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 24/06/2010 dal Consigliere Dott. VITTORIO NOBILE;
udito l'Avvocato ASSENNATO GIUSEPPE DANTE; udito l'Avvocato EMILIA FAVATA;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. MATERA Marcello, che ha concluso per l'accoglimento del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con sentenza in data 14-3-2002, il Giudice del lavoro del Tribunale di Roma rigettava la domanda proposta da G.A. nei confronti dell'INAIL, diretta ad ottenere la rendita per infortunio sul lavoro subito il ***.

Il G. proponeva appello avverso la detta sentenza chiedendone la riforma con l'accoglimento della domanda, lamentando che la pronuncia di primo grado erroneamente aveva escluso il nesso causale del danno oculare con l'infortunio dedotto in causa.

La Corte d'Appello di Roma, disposta nuova CTU medico legale, con sentenza depositata il 25-8-2006, rigettava l'appello e dichiarava irripetibili le spese di causa, ponendo a carico dell'INAIL, quelle di CTU.

In sintesi la Corte territoriale, alla luce delle risultanze della CTU, espletata con l'ausilio di uno specialista oculista, affermava che nella fattispecie non era stata raggiunta la prova del nesso di causalità tra affezione ed infortunio sul lavoro.
Per la cassazione di tale sentenza il G. ha proposto ricorso con un unico complesso motivo.
L'INAIL, ha resistito con controricorso.
Il G. ha depositato memoria ex articolo 378 c.p.c..

MOTIVI DELLA DECISIONE

Con l'unico complesso motivo il ricorrente, denunciando violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1124 del 1965, articolo 2, articoli 2727 e 2729 c.c., articolo 112 c.p.c. e articolo 41 c.p., e vizio di motivazione, in sostanza deduce che "nel ricorso di appello si era ricordato che il tipo di lavorazione espletata dal giovane periziando espone al verificarsi di tali disgraziate evenienze, risultando statisticamente significativi i danni oculari da schegge metalliche e/o di marmo negli operai marmisti addetti alla lavorazione della pietra con mazza e scalpello" e lamenta che erroneamente la Corte d'Appello "è pervenuta all'esito di rigetto della domanda per mancanza di prova del nesso di causalità tra affezione ed infortunio sul lavoro", essendo nella fattispecie ravvisabile la causa violenta "con qualsiasi contatto degli occhi con schegge di marmo colpito con lo scalpello" e ben potendo il nesso di causalità provarsi anche a mezzo di presunzioni semplici.

Il ricorrente lamenta inoltre che la motivazione della sentenza impugnata è insufficiente, "perché era necessario accertare, se per il tipo di lavoro e di mansioni di operaio marmista e in relazione alle mansioni svolte in concreto, secondo l'id quod plerumque accidit, cioè in base a ciò che avviene normalmente e non eccezionalmente, il G. avesse contratto l'affezione all'occhio nello svolgimento" della sua attività lavorativa, e, quindi, se "l'attività di operaio marmista con utilizzo continuo dello scalpello svolta dal ricorrente integrava gli elementi della causa violenta, in presenza dell'accertato danno oculare".

In particolare secondo il ricorrente la Corte d'Appello "non si è posta affatto il problema epidemiologico limitandosi ad escludere il nesso sulla base del criterio cronologico senza avvedersi o approfondire con riguardo alla sussistenza del rischio professionale specifico e senza considerare che lo specifico evento denunciato dell'1 settembre" poteva essere stato "momento rilevatore di un presumibile evento infortunistico lavorativo occorso in precedenza".
Il motivo è fondato nei limiti di seguito precisati.

In base al principio affermato da questa Corte e che va qui nuovamente enunciato, "con riferimento all'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro, la nozione attuale di causa violenta comprende qualsiasi fattore presente nell'ambiente di lavoro, in maniera esclusiva o in misura significativamente diversa che nell'ambiente esterno, il quale, agendo in maniera concentrata o lenta, provochi (nel primo caso) un infortunio sul lavoro o (nel secondo) una malattia professionale. La prova del relativo nesso causale deve avere un grado di ragionevole certezza, nel senso che. esclusa la rilevanza della mera possibilità dell'eziopatogenesi professionale, questa può essere ravvisata in presenza di un elevato grado di probabilità, per accertare il quale il giudice deve valutare le conclusioni probabilistiche del consulente, desunte anche da dati epidemiologici" (v. Cass. 26-5-2006 n. 12559).

Nella fattispecie la Corte d'Appello ha escluso che l'evento conclusivo (perdita del bulbo oculare) potesse ricollegarsi ad un evento traumatico del ***, in quanto sulla scorta delle conclusioni del CTU, "il trauma avrebbe dovuto comportare una aggressività dell'evento settico di maggiore entità, con una sintomatologia soggettiva più drammatica, che sarebbe stata diagnosticata nel referto", laddove "la infezione riscontrata il *** è invece evoluta progressivamente e lentamente ed è compatibile con una lesione avvenuta molti giorni prima (almeno 20 e quindi databile intorno alla metà di agosto)".

La Corte di merito ha quindi affermato che, "l'istruttoria orale di primo grado colloca temporalmente l'infortunio come descritto in ricorso nel mese di settembre", per cui "ci si trova di fronte ad una incompatibilità medico-scientifica (dal punto di vista cronologico) tra affezione - siccome riscontrata per la prima volta il *** - e l'azione traumatica come dedotta in causa". Nel contempo, però, la Corte territoriale ha rilevato che "è possibile che i testimoni e lo stesso ricorrente abbiano confuso le date dell'infortunio; ma pure non è da escludere che l'evento traumatico che ha dato origine al leucoma si sia verificato al di fuori del contesto lavorativo".

Tale motivazione risulta insufficiente, in quanto la Corte di merito incentra la sua valutazione sul solo dato cronologico evolutivo, omettendo qualsiasi valutazione sotto il profilo epidemiologico, in relazione alla specifica attività lavorativa svolta dal G. e ai relativi rischi specifici, ed esaminando il caso semplicemente in termini di possibilità - nell'uno o nell'altro senso, anziché in termini di rilevante probabilità.

Tanto basta per accogliere il ricorso, cassandosi la impugnata sentenza, con rinvio alla Corte d'Appello di Roma, in diversa composizione, la quale si atterrà al principio ed alle indicazioni di cui sopra, e statuirà anche sulle spese di legittimità.

P.Q.M.

La Corte accoglie il ricorso, cassa la impugnata sentenza e rinvia, anche per le spese, alla Corte di Appello di Roma in diversa composizione.