REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO


Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. ROSELLI Federico
Dott. FOGLIA Raffaele
Dott. IANNIELLO Antonio
Dott. MAMMONE Giovanni
Dott. ZAPPIA Pietro

- Presidente
- Consigliere
- rel. Consigliere
- Consigliere
- Consigliere

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

sul ricorso 32083/2006 proposto da:
L.L., elettivamente domiciliato in ROMA, VIA MONTE ZEBIO 9, presso lo studio dell'avvocato DE ARCANGELI S GIORGIO, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato GRACIS ALESSANDRO, giusta mandato a margine del ricorso;

ricorrente

contro

I.A.F. S.P.A., in persona del legale rappresentante pro tempore, già elettivamente domiciliata in ROMA, VIA SILLA 3, presso lo studio dell'avvocato FERZI Carlo, che la rappresenta e difende, giusta mandato speciale atto notar MARTINO LUPINACCI di MILANO del 10/01/07, rep. 83389 e da ultimo d'ufficio presso la CANCELLERIA DELLA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE;

- resistente con mandato -

avverso la sentenza n. 780/2005 della CORTE D'APPELLO di MILANO, depositata il 22/11/2005 r.g.n. 1045/04;
udita la relazione della causa svolta nella Pubblica udienza del 15/06/2010 dal Consigliere Dott. ANTONIO IANNIELLO;
udito l'Avvocato DE ARCANGELIS GIORGIO;
udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. FUCCI Costantino, che ha concluso per il rigetto del ricorso.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

L.L., operaio dipendente della s.p.a. I.A.f. , ha proposto, con un unico motivo, ricorso per la cassazione della sentenza depositata il 22 novembre 2005, con la quale la Corte d'appello di Milano aveva respinto il suo appello avverso la sentenza del Tribunale di Busto Arsizio, che aveva rigettato le domande da lui svolte nei confronti della datrice di lavoro, di risarcimento dei danni biologico e morale conseguenti all'infortunio sul lavoro (attribuibile secondo il ricorrente alla responsabilità contrattuale o extracontrattuale della datrice di lavoro) subito il ***, quando, insieme ad altro dipendente, si era occupato della chiusura di un vagone delle FF.SS. presso la stazione di ***.

L'operazione di chiusura delle sponde di un vagone ferroviario di competenza dei dipendenti I., secondo quanto spiegato dai giudici di merito, viene svolta in coppia: uno degli operai porge da terra all'altro situato a bordo, in successione, le aste di ferro che questi provvede ad agganciare ad un fermo sul vagone al fine di chiudere la sponda.

Il ***, dopo l'avvenuta sistemazione di una prima asta, il L. aveva porto da terra la seconda al collega che si trovava nel vagone e che non era riuscito ad effettuare l'aggancio - a causa, secondo la sentenza, del ghiaccio che vi si era formato - e aveva perso la presa sull'asta che, cadendo sul pianale del vagone, aveva colpito la mano del L. ivi in quel momento imprevedibilmente appoggiata.

In tale situazione non era stato possibile, secondo i giudici di merito, ricostruire esattamente in giudizio la dinamica dei fatti, con particolare riferimento al nesso di causalità tra il comportamento attribuibile alla società ai sensi dell'articolo 2049 c.c., per fatto colposo di un suo dipendente (il lavoratore operante sul vagone) e l'evento dannoso, nesso di causalità reso del tutto incerto da un comportamento imprevisto e imprevedibile del ricorrente e del quale non era stato possibile accertare le ragioni.
Da ciò è derivata la decisione di rigetto dell'appello.
Nonostante la regolare notifica del ricorso, la società non ha svolto difese in questa sede.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Col ricorso, L.L. lamenta il vizio di motivazione della sentenza, per il mancato riconoscimento della responsabilità oggettiva della datrice di lavoro per il fatto del proprio dipendente nonché la violazione e falsa applicazione dell'articolo 2049 c.c..
Pur affermando che possono rilevarsi profili di negligenza nell'operato del compagno di lavoro salito sul vagone (che avrebbe dovuto tenere l'asta sino al relativo aggancio o comunque verificare che il gancio fosse idoneo all'uso), la Corte Territoriale avrebbe contraddittoriamente ritenuto che, non essendo provato il motivo per cui il lavoratore aveva posto la mano sul pianale del vagone, non potrebbe imputarsi al datore di lavoro, ex articolo 2049 c.c., la responsabilità, quanto ai danni conseguenti.

Del resto, sarebbe stato provato in giudizio che il L. aveva appoggiato la mano sul pianale del vagone nel tentativo di sorreggersi ed evitare la caduta a seguito di uno scivolamento sul terreno ghiacciato, mentre sarebbe del tutto indifferente l'accertamento delle ragioni per le quali egli era scivolato.

Poiché, secondo la giurisprudenza di questa Corte, sarebbe sufficiente ai fini della configurabilità della responsabilità del datore di lavoro per fatto del dipendente l'esistenza di un semplice rapporto di occasionalità necessaria tra le mansioni affidate e l'evento lesivo, la Corte Territoriale avrebbe errato nel non accogliere la domanda risarcitoria del L .

Il ricorso conclude con la richiesta di annullamento della sentenza impugnata, con le conseguenze di legge.

Il ricorso è infondato.

Nell'esposizione dello stesso, il ricorrente oscilla tra l'invocazione di una responsabilità contrattuale della datrice di lavoro e di quella extracontrattuale (per la quale ultima ha optato in udienza il suo difensore).

In ogni caso, è comune all'uno e all'altro tipo di responsabilità la regola secondo la quale costituisce onere del lavoratore che agisce in giudizio per ottenere il risarcimento danni da fatto illecito o da inadempimento contrattuale dedurre e provare non solo il fatto potenzialmente lesivo e l'evento dannoso, ma anche il nesso di causalità che ha legato i due elementi, apprezzabile in termini di elevata probabilità di derivazione del secondo dal primo, nell'ambito della valutazione discrezionale rimessa al giudice di merito in ordine all'idoneità probatoria degli elementi anche indiziari raccolti in giudizio (cfr., da ultimo, Cass. 26 marzo 2010 n. 7352).

Contrariamente a quanto sembra essere ritenuto dal ricorrente, diverso è poi il problema della eventuale riferibilità al datore di lavoro ex articoli 2049 o 1228 cod. civ., della responsabilità per il fatto colposo o doloso del dipendente che abbia prodotto un danno, che la giurisprudenza di questa Corte citata nel ricorso riconnette al semplice rapporto di occasionalità necessaria (cfr., ad es. Cass. 7 gennaio 2002 n. 89 e 30 luglio 2004 n. 14627) tra mansioni svolte dal dipendente e fatto lesivo, pur sempre da provare nei suoi elementi costitutivi.

Nel caso in esame, la Corte Territoriale non ha affatto negato la riferibilità, secondo le regole richiamate nel ricorso, alla società del comportamento del compagno di lavoro del ricorrente operante all'interno del vagone ferroviario, ma ha escluso che in giudizio fosse stato provato che tale comportamento avesse causato l'evento dannoso, a causa dell'intervento nella sequenza causale di un fattore capace di impedirne la continuità, proveniente dal lavoratore infortunato e del quale non è stato possibile accertare l'inerenza al processo lavorativo in corso.

Trattasi di valutazione operata nel rispetto dei principi enunciati e nell'esercizio del potere, riservato ai giudici di merito, di accertamento del significato complessivo degli elementi probatori acquisiti in giudizio, che non può essere posta di per sé in discussione in questa sede di legittimità.
In base alle considerazioni svolte, il ricorso va respinto.

La difficoltà riscontrata anche dai giudici di merito nell'accertamento dei fatti giustifica la decisione di compensare integralmente tra le parti le spese di questo giudizio di cassazione.

P.Q.M.

La Corte rigetta il ricorso, compensando integralmente tra le parti le spese di questo giudizio.