REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE SESTA CIVILE
SOTTOSEZIONE L

Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati:

Dott. BATTIMIELLO Bruno
Dott. STILE Paolo
Dott. BANDINI Gianfranco
Dott. ZAPPIA Pietro
Dott. MELIADO' Giuseppe

- Presidente
- Consigliere
- Consigliere
- Consigliere
- rel. Consigliere

ha pronunciato la seguente:

ordinanza

sul ricorso 15724/2010 proposto da:
R.V. ***, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA SS. PIETRO E PAOLO 50, presso lo studio dell'avvocato TOMASSINI CLAUDIO, rappresentato e difeso dagli avvocati CASAMASSIMA DOMENICO, VENTOLA INCORONATA giusta procura speciale a margine del ricorso;
- ricorrente -

contro

INAIL - ISTITUTO NAZIONALE PER L'ASSICURAZIONE CONTRO GLI INFORTUNI SUL LAVORO ***, in persona del Dirigente con incarico di livello generale, Direttore della Direzione Centrale Prestazioni, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA IV NOVEMBRE N.144, presso lo studio dell'avvocato LA PECCERELLA LUIGI, che lo rappresenta e difende unitamente all'avvocato FAVATA EMILIA giusta procura speciale in calce al controricorso;
- controricorrente -

avverso la sentenza n. 4214/2009 della CORTE D'APPELLO di BARI del 26/11/09, depositata il 28/12/2009;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/06/2011 dal Consigliere Relatore Dott. GIUSEPPE MELIADO';
è presente il P.G. in persona del Dott. MASSIMO FEDELI.

Svolgimento del processo - Motivi della decisione

Con sentenza in data 26.11/28.12.2009 la Corte di appello di Bari, in riforma della sentenza di prime cure, rigettava la domanda proposta da R.V. nei confronti dell'INAIL per la costituzione di una rendita per gli infortuni sul lavoro sofferti in data 22.5.1996 e 7.12.1998.
Per la cassazione della sentenza propone ricorso R.V. con due motivi.
Resiste con controricorso l'INAIL.
Con il primo motivo, svolto ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 3, il ricorrente lamenta violazione di legge (art 360 c.p.c., n. 3, in relazione al D.P.R. n. 1124 del 1965, artt. 2, 3, 78 e 79, nonché all'art. 115 c.p.c., e art. 41 c.p.), ed, al riguardo, rileva che la corte territoriale, disattendendo le osservazioni del consulente tecnico di parte, aveva immotivatamente escluso la sussistenza di un nesso causale fra il trauma da sforzo fisico subito il 7.12.1998 e il distacco di retina sofferto.
Con il secondo motivo prospetta vizio di motivazione (art. 360 c.p.c., n. 5) osservando che l'asserito difetto del nesso eziologico non era stato dimostrato sulla base di "inconfutabili elementi probatori", ma facendo riferimento alla letteratura scientifica esistente sul tema.
I motivi, che, in quanto connessi, possono essere esaminati congiuntamente, sono manifestamente infondati.
Deve, infatti, ribadirsi, in conformità al costante orientamento di questa Suprema Corte, che nelle controversie in materia di prestazioni previdenziali derivanti da patologie dell'assicurato, le conclusioni del consulente tecnico d'ufficio sulle quali si fonda la sentenza impugnata possono essere contestate in sede di legittimità se le relative censure contengono la denuncia di una documentata devianza dai canoni fondamentali della scienza medico - legale o dai protocolli praticati per particolari assicurazioni sociali, che, in quanto tale, costituisce un vero e proprio vizio della logica medico - legale e rientra tra i vizi denunciabili con il ricorso per cassazione ex art. 360 c.p.c., n. 5; in mancanza di questi elementi le censure configurano un mero dissenso diagnostico e, quindi, sono inammissibili in sede di legittimità (v. ad es. Cass. n. 8654/2008; Cass. n. 20947/2004; Cass. n. 530/1998).
Nel caso in esame, la corte di merito, richiamando le conclusioni degli accertamenti medico - legali svolti in sede di appello e tenendo conto delle deduzioni svolte dal ricorrente, ha escluso che le malattie dallo stesso sofferte, valutate singolarmente e nel loro complesso, determinassero una situazione di invalidità idonea a conseguire la prestazione richiesta, rilevando, fra l'altro, che mancava in letteratura una correlazione eziopatogenica tra lo sforzo fisico e la patologia retinica (laddove, invece, la stessa da conto di un'eziopatogenesi da trauma), che il periziando non aveva fornito al consulente tecnico alcuna documentazione idonea ad escludere la preesistenza di un danno all'occhio, che l'oculista dell'INAIL non aveva formulato alcuna certa diagnosi in ordine all'efficienza causale dello sforzo fisico sulla rottura retinica denunciata.
A fronte di tale accertamento, il ricorrente, oltre a richiamare, in termini generali, i principi normativi e giurisprudenziali che regolano la materia, si è limitato essenzialmente a formulare una serie di rilievi (quali l'ininfluenza del mero riferimento alla letteratura scientifica sull'argomento ed il diverso apprezzamento espresso dal consulente di parte e dal consulente nominato in primo grado) che evidenziano al più un mero diverso apprezzamento diagnostico, non attinente a vizi del processo logico formale, e che si risolvono, quindi, in una inammissibile critica del convincimento del giudice, attraverso la contrapposizione della soluzione della questione controversa offerta dalla parte a quella motivatamente espressa dal giudice.
Il ricorso va, pertanto, rigettato.
Nulla sulle spese, in applicazione dell'art. 152 disp. att. c.p.c., nel testo (anteriore alla novella di cui al D.L. n. 269 del 2003, art. 42 comma 11, conv. nella L. n. 326 del 2003, entrato in vigore il 2.10.2003) vigente ratione temporis.

P.Q.M.



La Corte rigetta il ricorso; nulla sulle spese.