CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME

12/83/CR8a/C7

Osservazioni alla proposta di modifica dell’art. 117 della Costituzione avanzata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette "morti bianche"

Le Regioni e le Province Autonome di Trento e di Bolzano esprimono contrarietà alla proposta di modifica dell’articolo 117 della Costituzione di attribuzione della materia “tutela e sicurezza del lavoro”, alla competenza legislativa esclusiva allo Stato, avanzata dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro con particolare riguardo alle cosiddette morti bianche nella lettera del suo Presidente dello scorso 10 maggio inviata al Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome.

La riforma della Costituzione introdotta dalla legge Cost. n. 3 del 18 ottobre 2001, ha attribuito alle Regioni competenza legislativa concorrente in materia di tutela della salute e sicurezza del lavoro e, a fronte di tale attribuzione, la successiva normativa statale ha definito i principi generali e l’organizzazione del sistema istituzionale.

In attuazione della legge delega 3 agosto 2007 n. 123, del DPCM 21.12.2007, ed infine del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, è stato costituito, presso ciascuna Regioni e Provincia autonoma, il Comitato regionale di Coordinamento (art. 7 del decreto legislativo n. 81/2008), organo di raccordo tra amministrazioni regionali, nazionali e parti Sociali (Regioni, Inps, Direzione Regionali del lavoro del Ministero del lavoro, Inail, parti sociali).

A livello nazionale sono stati costituiti, presso il Ministero della salute ed il Ministero del lavoro, rispettivamente il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro (art. 5 D.Lgs. n. 81/2008), e la Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (art. 6 D.Lgs. n. 81/2008).

Il ruolo delle Regioni è stato di forte impulso all’attività degli organismi nazionali con la redazione di numerosi documenti poi approvati dalla Conferenza Stato- Regioni, quali l’Accordo sulla formazione dei lavoratori e dei datori di lavoro.

In particolare il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro ha approvato i seguenti documenti elaborati dalle Regioni: il Piano Nazionale di Prevenzione in Edilizia ed il Piano Nazionale di Prevenzione in Agricoltura.

Al fine di orientare l’attività dei Comitati Regionali di Coordinamento (art. 7 del decreto legislativo 81/2008), il Ministero della salute e il Ministero del lavoro avrebbero dovuto tramite il Comitato art. 5 “stabilire le linee comuni delle politiche nazionali in materia di salute e sicurezza sul lavoro, definire la programmazione annuale in ordine ai settori prioritari di intervento dell’azione di vigilanza, i piani di attività, e i progetti operativi”, mentre il Comitato fino ad oggi non ha adottato alcun atto di indirizzo ad eccezione, dei due Piani sopra citati.

Gli esiti dei dati aggregati, relativi alle attività di vigilanza, ma anche alle iniziative di promozione della salute negli ambienti di lavoro realizzate dalle Regioni, sono stati trasmessi dalla Conferenza delle Regioni e delle Province autonome ai due organismi nazionali, il Comitato art. 5 e la Commissione art. 6, il 24 novembre 2011 e alla Commissione parlamentare di inchiesta il 25 novembre 2011 e il 14 maggio 2012 (allegato n. 1).

Gli stessi dati sono stati inviati dalle Regioni direttamente al Ministero della Salute utilizzando il modello ministeriale in formato cartaceo, per mancanza del sistema informativo nazionale da tempo sollecitato. Mentre infatti le Regioni dispongono di propri sistemi informativi, il Sistema Informativo della Prevenzione presso l’Inail non è operativo.

Anche nell’ambito della Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro (art. 6 D.Lgs. n. 81/2008), composto da rappresentanti dei Ministeri, delle Regioni e delle parti sociali, le Regioni e le Province autonome svolgono un ruolo attivo ed hanno concorso all’approvazione da parte della Commissione di una serie di documenti tecnici, come previsto dal D.Lgs. 81/08 (allegato n. 2).

Inoltre nei Piani Regionali di Prevenzione, le Regioni e le Province autonome hanno previsto progetti e programmi di intervento sulla salute e sicurezza nei luoghi di lavoro che il Ministero della salute ed il Tavolo di monitoraggio sull’attuazione dei Livelli Essenziali di Assistenza hanno certificato nel 2010 e che, per il 2011, sono chiamati a certificare a fronte di attività già realizzate dalle Regioni e dalle Province Autonome.

Non si ravvisano, dunque, “… le complicazioni e le difficoltà di raccordo tra rappresentanti della Amministrazioni centrali dello Stato, delle Regioni e delle Parti sociali”, indicate nella lettera citata. Al contrario, le Regioni hanno partecipato alle numerose commissioni e hanno svolto sempre un ruolo attivo di promozione delle iniziative, coordinando a livello regionale le attività delle amministrazioni statali e delle aziende Ulss.

Le complicanze e le difficoltà di raccordo riguardano semmai l’azione degli uffici decentrati del Ministero del lavoro che senza concordare in sede di Comitati regionali di Coordinamento l’attività di vigilanza congiunta, hanno ricevuto indicazione di attivare autonomamente campagne di vigilanza sul territorio, a prescindere dalla programmazione dei Comitati Regionali di Coordinamento (Circolare ministeriale “Mattone”).

La proposta di revisione costituzionale diretta a portare la materia “tutela e sicurezza del lavoro”, tra le materie di esclusiva competenza legislativa statale, non è affatto idonea a risolvere i problemi di coordinamento tra amministrazioni, in quanto non legittimerebbe comunque una riserva di competenze amministrative in capo ad apparati amministrativi ministeriali.

Con la riforma costituzionale introdotta dalla legge n. 3 del 2001 è del tutto scomparso il principio del parallelismo tra funzioni legislative e funzioni amministrative, pertanto l’ente competente ad esercitare il potere legislativo non è necessariamente l’ente competente ad esercitare le relative funzioni amministrative.

In base all’art. 118, primo comma, Cost., le funzioni amministrative, in qualsiasi materia (anche quindi in materia di competenza legislativa esclusiva statale, così come nelle materie di competenza concorrente), vanno attribuite agli enti territoriali più prossimi alla comunità, in modo da assicurare un’azione amministrativa adeguata e rispondente alla dimensione territoriale regionale e alle esigenze delle comunità locali.

Secondo questo principio cardine dell’attività amministrativa (art. 118, comma 1 Cost.), è semmai incoerente la permanenza in capo all’amministrazione decentrata ministeriale di competenze amministrative in materia di tutela e sicurezza sul lavoro.

Si ritiene, quindi necessaria la piena attuazione della Costituzione in vigore, che mira alla realizzazione di sistemi amministrativi efficienti di natura locale e con coordinamento regionale.

Inoltre va ricordato che la “tutela e la sicurezza del lavoro” attiene all’ambito più generale della “tutela della salute”, materia a competenza legislativa concorrente regionale quindi riportare alla competenza esclusiva statale tale materia porterebbe a “… creare una irrazionale e pericolosa asimmetria con la più generale tutela della salute che lo stesso art. 117, comma 3, Cost. attribuisce alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni” come ha già avuto modo di precisare la Conferenza delle Regioni e delle Province Autonome con il Documento n. 09/013/CR/C7 del 26 febbraio 2009, con conseguenze che verrebbero pagate ancora una volta dall’intero mondo produttivo, aziende e lavoratori (allegato n. 3).

Nel merito alle osservazioni contenute nella nota della Commissione di inchiesta del Senato, osservazioni già evidenziate dalla stessa Commissione in un recente incontro tenutosi il 14 maggio a Venezia, relativa a:
• la difficoltà delle Regioni ad assicurare il coordinamento tra le diverse istituzioni, in considerazione del fatto che in alcune Regioni vi è uno scollamento tra iniziative regionali e delle altre amministrazioni;
• il rischio di una sovrapposizione dei controlli in alcune aziende rispetto ad altre che non sono oggetto di attività di vigilanza;
• la necessità non solo di un coordinamento tra istituzioni, che vada a compensare le limitate forze dei singoli Enti, ma anche di uno specifico finanziamento a sostegno di queste attività da individuare anche nel nuovo Patto per la Salute.

Si ritiene che, per rispondere efficacemente alle osservazioni della Commissione di inchiesta, sia necessario:
• prevedere, con apposita legge, l’attribuzione esclusiva alle Regioni e alle Province autonome della funzione di coordinamento degli interventi di vigilanza, funzione assicurata sul territorio dalle Regioni tramite le Aziende sanitarie, per assicurare azioni coordinate tra tutte le amministrazioni ed evitare sovrapposizioni di interventi. In tale modo solamente le Aziende sanitarie potranno attivare gli interventi di vigilanza delle altre amministrazioni per assicurare un controllo capillare compensando le limitate risorse delle amministrazioni (a tale proposito, la Regione Veneto ha elaborato una proposta di legge d’iniziativa regionale ex articolo 121, comma II Cost., già adottata dalla Giunta regionale del Veneto, che nel rispetto di quanto già stabilito dal decreto legislativo n. 81/2008 persegue l’ obiettivo di evitare controlli non coordinati tra amministrazioni, così come è stato fatto dalla Direzione del lavoro del Ministero del lavoro. (allegato n. 4);
• invitare formalmente l’Inail ad attivare in tempi brevi il Sistema Informativo Prevenzione in considerazione non solo del tempo trascorso dall’approvazione del decreto legislativo n. 81/2008 che ne prevedeva l’attivazione, ma in ragione dell’esigenza segnalata dalla Commissione di inchiesta di una raccolta sistematizzata dei dati;
• sollecitare come evidenziato dalla Commissione di inchiesta, la costituzione di uno specifico capitolo di spesa, a sostegno dell’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro, in sede di ridefinizione del Patto per la salute, considerato tra l’altro la carenza degli organici di tutte le amministrazioni;
• definire e concordare, in ambito del Comitato ex art. 5, conferendo allo stesso maggior incisività, le indicazioni operative per le attività di vigilanza degli organismi periferici della Direzione per le Attività Ispettive del Ministero del Lavoro e delle Regioni, al fine di evitare difficoltà sia a livello di indirizzo programmatorio nazionale, che a cascata nelle Regioni, con un rafforzamento delle funzioni di coordinamento dei Comitati Regionali di Coordinamento.

Le situazioni di criticità, ove vengano accertate, non possono essere superate con la prospettata modifica dell’articolo 117 della Costituzione, che comunque non inciderebbe sulle funzioni amministrative esercitate dai diversi enti, bensì con interventi delle amministrazioni centrali e locali diretti al miglioramento delle specifiche situazioni in un’ottica di leale collaborazione e con un più forte coordinamento del Comitato regionale, così come lo stesso decreto legislativo n. 81/2008 e la legge costituzionale n. 3/2001 stabiliscono.

Infine, le Regioni osservando come nel periodo compreso dal 1978 ed il 2010 gli infortuni mortali sul lavoro si siano ridotti passando da 2524 a 980 eventi, si impegnano a rendicontare annualmente l’attività di vigilanza svolta sull’intero territorio nazionale e dell’attività svolta in ambito dei Comitati Regionali di Coordinamento e del livello organizzativo e qualitativo raggiunto, come previsto dal DPCM 21/12/2007.

Roma, 6 giugno 2012


CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
11/123/CR7c/C7

Attività delle regioni per la prevenzione nei luoghi di lavoro e per il contrasto agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali - Anno 2010


Allegato alla relazione del Presidente della Conferenza delle Regioni sulla proposta della Commissione parlamentare sulle “morti bianche”, di modifica dell’art. 117 della Costituzione

ATTIVITA’ ISTITUZIONALE IN MATERIA DI LEGISLAZIONE CONCORRENTE

Nell’arco dell’anno 2011 le attività del Gruppo di Coordinamento Tecnico Interregionale PISLL, si sono articolate, a livello collegiale in 11 incontri, dei quali 4 con modalità di videoconferenza e 7 presso la delegazione di Roma della Regione del Veneto.
In termini generali il Gruppo di Coordinamento Tecnico Interregionale PISLL ha rivolto le proprie attività ai fini del raggiungimento di due macro obiettivi, di cui uno a valenza interna al sistema regionale della prevenzione, ovvero il coordinamento delle attività regionali di prevenzione, vigilanza e promozione della salute, mentre l’altro rivolto ai rapporti con le Amministrazioni centrali dello Stato e diretto alla definizione dei provvedimenti attuativi del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, attraverso la Conferenza Stato-Regioni, il Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive (art. 5), la Commissione consultiva permanente (art. 6) e la Commissione per gli interpelli (art. 12).

In relazione alla partecipazione dei provvedimenti attuativi del D.Lgs. n. 81/2008 in collaborazione con lo Stato si sono definiti i seguenti documenti:
• individuazione delle particolari esigenze connesse all’espletamento delle attività del Dipartimento di Protezione civile (art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008 – DPCM 28 novembre 2011, n. 231);
• disposizioni per l’applicazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 alle scuole ed alle università (art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008);
• disposizioni per l’applicazione del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 alle cooperative sociali ed alle organizzazioni di volontariato della protezione civile (art. 3, comma 3-bis, D.Lgs. n. 81/2008 – DM 13 aprile 2011);
• parere sullo schema di decreto ministeriale sulle regole tecniche per la realizzazione del SINP (art. 8 D.Lgs. n. 81/2008 – Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011);
• indicazioni per la valutazione dello stress lavoro-correlato (circolare della Commissione consultiva permanente);
• chiarimenti sul sistema di controllo ed indicazioni per l’adozione del sistema disciplinare per le aziende che hanno adottato un modello di organizzazione e gestione ex art. 30 del D.Lgs. n. 81/2008 (circolare della Commissione consultiva permanente);
• formazione del datore di lavoro-RSPP (art. 34 D.Lgs. n. 81/2008 – Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011);
• formazione dei lavoratori, preposti e dirigenti (art. 37 D.Lgs. n. 81/2008 – Accordo Stato-Regioni 21 dicembre 2011);
• disciplina delle modalità di effettuazione delle verifiche periodiche di cui all’All. VII del D.Lgs. n. 81/2008, nonché dei criteri per l’abilitazione dei soggetti di cui all’art. 71, comma 13 del D.Lgs. n. 81/2008 (DM 11 aprile 2011);
• definizione dei criteri di rilascio delle autorizzazioni alle aziende per i lavori sotto tensione (art. 82, comma 2, D.Lgs. n. 81/2008 – DM 14 febbraio 2011);
• designazione del comitato consultivo per la determinazione dei valori limite nell’esposizione professionale agli agenti chimici (art. 232 D.Lgs. n. 81/2008);
• orientamenti pratici per la determinazione delle esposizioni sporadiche e di debole intensità all’amianto di cui all’art. 249 del D.Lgs. n. 81/2008 (Circolare della Commissione consultiva); parere sul concetto di eccezionalità del sollevamento di persone con mezzi non destinati a tale scopo di cui al punto 3.1.4. dell’All. VI al D.Lgs. 81/2008 (Circolare della Commissione consultiva);
• regolamento sulle modalità di applicazione in ambito ferroviario del DM n. 388/2003 (art. 45, comma 3, D.Lgs. n. 81/2008 – DM 24 gennaio 2011);
• Procedure per la fornitura di calcestruzzo in cantiere (Circolare della Commissione consultiva).

L’articolazione in diversi sottogruppi di lavoro ha permesso di trattare le tematiche oggetto di specifici provvedimenti normativi, come sopra indicato, o di natura tecnica di interesse generale.

1. PIANIFICAZIONE DELLE ATTIVITÀ DI PREVENZIONE IN COORDINAMENTO TRA ENTI E PARTI SOCIALI IN AMBITO DEI COMITATI REGIONALI DI COORDINAMENTO, ART. 7

In tutte le Regioni risultano attivati i Comitati Regionali di Coordinamento ex art. 7, D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81, finalizzati alla programmazione coordinata degli interventi. La realizzazione di tale complesso sistema di promozione della salute e della sicurezza, come definito all’art. 2, comma 1, lett. p del DLgs 81/2008, ha superato la fase di start up, si tratta ora di rendere pienamente operative le funzioni di pianificazione e programmazione coordinata tra enti istituzionali ed attori sociali. Le attività di vigilanza, in coordinamento tra Enti, sono state indirizzate verso i comparti a maggior rischio infortunistico: edilizia agricoltura e gli ambienti confinati.

L’omogeneizzazione delle pratiche di lavoro dei servizi, al fine di garantire il massimo della uniformità dei prodotti erogati negli ambiti regionali di riferimento, è stata perseguita attraverso corsi di formazione per gli operatori addetti alle attività di vigilanza in edilizia ed agricoltura e allo svolgimento delle indagini per malattia professionale e per infortunio, sperimentando anche corsi in FAD. I corsi di formazione, in alcune realtà regionali si sono svolti con la partecipazione congiunta di personale ispettivo delle ASL, e delle DPL e/o INAIL.

2. PIANI REGIONALI DI PREVENZIONE E LIVELLI ESSENZIALI DI ASSISTENZA

L’attività delle regioni è ispirata dal Piano Nazionale della Prevenzione 2010-2012 (intesa sancita il 29 aprile 2010 in sede di Conferenza Permanente per i Rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province Autonome di Trento e Bolzano) ed è finalizzata all’incremento dei livelli di efficacia e di efficienza dei sistemi regionali di prevenzione, perseguendo gli obiettivi generali di ridurre gli infortuni gravi e mortali e le malattie professionali. In allegato si riporta il dettaglio delle principali azioni previste dai piani regionali di prevenzione.

La necessità di garantire l’uniformità delle prestazioni sul territorio nazionale, sia dal punto di vista qualitativo sia dal punto di vista quantitativo, data la frammentazione territoriale delle ASL ha portato allo sviluppo di piani condivisi a livello nazionale con la definizione di standard e indicatori, oltre che di attività di formazione per gli operatori addetti alle attività di vigilanza in edilizia ed agricoltura e per gli addetti allo svolgimento delle indagini per malattia professionale e per infortunio; significativa è stata la sperimentazione della formazione a distanza degli operatori (vedi relazioni sui sistemi di sorveglianza sugli infortuni e le malattie professionali). L’omogeneità sul territorio nazionale è stata ricercata attraverso iniziative di formazione omogenee e con la condivisione degli obiettivi qualitativi e quantitativi (Piano Nazionale Agricoltura e Piano Nazionale Edilizia) approvati dalla Conferenza dei Presidenti delle Regioni, dal Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro, art. 5, D.Lgs. n. 81/2008, e dalla Commissione art. 6, D.Lgs. n. 81/2008.

La verifica dei volumi di attività delle Regioni nel 2010 ha evidenziato come il sistema regionale di prevenzione negli ambienti di lavoro nel suo complesso sia in grado di garantire la copertura dei Livelli Essenziali di Assistenza (controllo del 5 % delle unità locali con un dipendenti o equiparati).


3.1. Strategie di prevenzione negli ambienti di lavoro
La strategia sviluppata nei Piani Regionali di Prevenzione, è articolata nei seguenti punti:

a. Pianificazione delle attività di prevenzione in coordinamento tra Enti e parti sociali in ambito di Comitato Regionale di Coordinamento, art. 7 del DLgs. 81/08, al fine di sviluppare interventi orientati all’incremento dei livelli di sicurezza e protezione della salute attraverso la vigilanza mirata alle priorità di salute.

b. Piena copertura dei Livelli Essenziali di Assistenza (controllo del 5 % delle unità locali con dipendenti), orientando le attività dei servizi delle A.S.L. verso le priorità di salute ed il contrasto dei rischi più gravi, abbandonando pratiche di non documentata efficacia.

c. Sviluppo dei flussi informativi regionali di prevenzione, condivisi tra Enti, partendo dal programma ex Ispesl di registrazione delle attività dei servizi e dai flussi informativi INAIL su infortuni e malattie professionali.

d. Sviluppo di sistemi di sorveglianza sugli infortuni invalidanti e mortali e sulle malattie professionali e delle indagini svolte, partendo dai sistemi in uso (Informo e Mal Prof.) e dei lavoratori esposto o ex esposti a cancerogeni.

3.2 Attività di vigilanza
L’allegato documento riporta nel dettaglio le attività di prevenzione, vigilanza e formazione svolte dal sistema delle regioni nel 2009, sono ancora in corso di raccolta i dati di attività relativi al 2010.

Nella tabella seguente sono riassunte, secondo indicatori macro, le attività svolte dal sistema delle Regioni dal 2007, anno di sottoscrizione del Patto Stato – Regioni per la promozione della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro.

2007 2008 2009 2010
N. Totale aziende oggetto di ispezione 110.893 130.305 158.663 162.525
N. cantieri edili ispezionati 41.457 51.913 54.343 53.165
N. di cantieri edili non a norma 16.547 21.682 22.999 21.546 19.443
N. aziende agricole ispezionate 3701 4178 4740 5.980
N. aziende agricole non a norma 663 763 1.055
N. inchieste infortuni concluse 21.573 21.573 19.273 16.337
N. inchieste malattie professionali concluse 8.603 10.417 10.171 8.863
N. aziende/ cantieri controllati con indagini di igiene industriale 3.552 3.658 2263 3.519

Rileva osservare, nel triennio considerato, l’incremento di efficienza delle attività dei Servizi di Prevenzione delle ASL prossimo al 50%. Come da indicazioni del Piano Nazionale Edilizia, la vigilanza coordinata tra Enti è stata finalizzata al controllo dei rischi di caduta dall’alto, di seppellimento e della regolarità del lavoro per il contrasto delle forme in nero e del lavoro grigio.

Facendo riferimento al Patto Stato – Regioni, DPCM 17.12.2007, che fissa l’obiettivo di controllare almeno il 5% delle unità locali, con dipendenti, la tabella seguente documenta un progressivo incremento della copertura del LEA.

Livello Essenziale di Assistenza Definizione 2007 2008 2009 2010
Prevenzione salute nei luoghi di lavoro % imprese attive sul territorio controllate 5,1 5,37 6.8 6,6


4. STATO DI ATTUAZIONE DEL D.LGS. 81/08 E CRITICITÀ
Uno spirito di leale collaborazione Stato - Regioni ha favorito l’attuazione di vari provvedimenti previsti dal Decreto legislativo 81/08, in particolare la realizzazione del Sistema Istituzionale (Titolo I, Capo II) finalizzato alla organizzazione del sistema nazionale di indirizzo e coordinamento, costituito da:
• Comitato per l’indirizzo delle politiche attive e per il coordinamento nazionale delle attività di vigilanza, art. 5
• Commissione consultiva permanente per la salute e sicurezza sul lavoro, art. 6
• Comitati Regionali Coordinamento in tutte le Regioni e P.A. Nella metà delle Regioni (10/21), l’attività operativa si è concretizzata nell’elaborazione di una pianificazione regionale dell’attività di prevenzione e vigilanza da svolgersi in coordinamento fra gli Enti aventi competenze in materia di sicurezza e regolarità del lavoro.

La stessa relazione della Commissione d’indagine del Senato, gennaio 2012, evidenzia: “... gran parte del lavoro è ormai stata fatta: il quadro istituzionale degli organismi chiamati a governare, a livello centrale e periferico, il sistema di tutela della salute e sicurezza sul lavoro è stato completato e occorre solo concludere l’emanazione degli atti normativi secondari ancora rimanenti – peraltro quasi tutti già istruiti – destinati a regolare specifici settori di attività lavorativa.”

4.1 Criticità
Le difficoltà, nel rapporto tra enti ispettivi statali e regionali, evidenziata nella relazione della Commissione d’inchiesta del Senato consistente: “nell’impossibilità di individuare, all’interno del sistema regionale, un referente unico dotato di potere decisionale in materia di salute e sicurezza sul lavoro, dovendo ogni atto di rilevanza esterna (tra cui i rapporti con le amministrazioni statali) passare per la Conferenza dei Presidenti delle regioni e delle province autonome, il che allunga inevitabilmente i tempi”, riferite dalla Direzione generale per l’attività ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali devono trovare soluzione istituzionale nel Comitato per l’indirizzo e la valutazione delle politiche attive per il coordinamento nazionale, organo preposto all’azione di governo del sistema istituzionale della prevenzione a livello nazionale e regionale, viceversa, il ricorso a circolari interne, indirizzate alle strutture periferiche, rileva incongruenze nell’ambito del sistema di cooperazione fra Istituzioni, tali da creare una rilevante discontinuità nel sistema di leale collaborazione delineato nel D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81.

Infine, appare indispensabile la formalizzazione della continuità delle linee progettuali di supporto che l’ex-Ispesl aveva sviluppato in collaborazione con le Regioni, quali: il monitoraggio delle attività di prevenzione svolte dai Servizi delle ASL (sospesa), i flussi informativi sugli infortuni e le malattie professionali ed i sistemi di sorveglianza in atto.


CONFERENZA DELLE REGIONI E DELLE PROVINCE AUTONOME
09/013/CR/C7

DOCUMENTO DI OSSERVAZIONI DELLE REGIONI SUL FENOMENO DEGLI INFORTUNI SUL LAVORO CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLE COSIDDETTE “MORTI BIANCHE”

Il fondamento della competenza legislativa delle Regioni sulla sicurezza del lavoro ex art. 117, comma 3, Cost.

In merito all’ipotesi di modificare l’art. 117, comma 3, Cost. nella parte in cui prevede che sia materia di legislazione concorrente la “tutela e sicurezza del lavoro”, riconducendo tale materia nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, possono svolgersi le seguenti considerazioni.

Innanzitutto occorre ricordare che, al di là della determinazione dei principi fondamentali in materia di legislazione concorrente, lo Stato ha già competenze legislative esclusive in materia di sicurezza sul lavoro: si tratta di quelle che, in base all’art. 117, comma 2, Cost., spettano esclusivamente allo Stato sia per quanto attiene ai riflessi della sicurezza sul lavoro sul contratto di lavoro (ordinamento civile: art. 117, comma 2, lett. l, Cost.) e sulla tutela della concorrenza (art. 117, comma 2, lett. e, Cost.), sia per quanto riguarda il connesso apparato sanzionatorio (ordinamento penale: art. 117, comma 2, lett. l, Cost.) e la determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali che debbono essere garantiti su tutto il territorio nazionale (art. 117, comma 2, lett. m, Cost.). Tutto ciò fa sì che, già attualmente, la legislazione della materia in esame sia e non possa non essere omogenea in tutto il Paese, come del resto emerge anche dalla disciplina vigente. La presenza di quei limiti e di quei principi fa sì che la competenza legislativa concorrente delle Regioni non possa produrre una legislazione in materia “geograficamente variabile” che sarebbe assolutamente inconcepibile dato il valore dei beni tutelati.

È evidente che l’eventuale riassegnazione della materia – ovviamente mediante i meccanismi di revisione costituzionale previsti – alla esclusiva competenza statale farebbe rivivere la situazione precedente alla riforma costituzionale del Titolo V della Costituzione (l. cost. n. 3/2001).

Peraltro, la soluzione del problema non può non tenere conto del complessivo sistema in cui è inserita la tutela della sicurezza dei lavoratori. Tale sistema, non lo si deve trascurare, è incentrato fin dalla legge n. 833 del 1978 (c.d. riforma sanitaria) sul principio secondo cui la tutela della salute dei lavoratori costituisce un aspetto fondamentale della tutela della salute (unificazione della tutela della salute nell’ambiente naturale di vita e di lavoro).

Tale principio trova il proprio fondamento nello stesso art. 19, comma 1, della legge n. 833 del 1978 laddove prevede che le Asl “provvedono ad erogare le prestazioni di prevenzione, di cura, di riabilitazione e di medicina legale, assicurando a tutta la popolazione i livelli essenziali di prestazioni sanitarie”. E fondamentale si rivela, a tale proposito, la definizione delle “attività di prevenzione” contenuta nell’art. 20 della stessa legge che, fra l’altro, comprendono:
a) la individuazione, l’accertamento ed il controllo dei fattori di nocività e d i deterioramento negli ambienti di lavoro;
b) la comunicazione dei dati accertati e la diffusione della loro conoscenza, anche a livello di luogo di lavoro e di ambiente di residenza;
c) l’indicazione delle misure idonee all’eliminazione dei fattori di rischio ed al risanamento di ambienti di lavoro;
d) la formulazione di mappe di rischio con l’obbligo per le aziende di comunicare le sostanze presenti nel ciclo produttivo e le loro caratteristiche tossicologiche ed i possibili effetti sull’uomo e sull’ambiente;
e) la profilassi degli eventi morbosi, attraverso l’adozione delle misure idonee a prevenirne l’insorgenza;
f) la verifica della compatibilità di attività produttive con le esigenze di tutela dell’ambiente sotto il profilo igienico-sanitario e di difesa della salute della popolazione e dei lavoratori interessati.

Riflesso di quel principio e del concetto di prevenzione accolti nella legge del 1978 è il conferimento alle attuali ASL (USL all’epoca dell’emanazione della legge) delle funzioni di vigilanza in materia di prevenzione, di igiene e di controllo sullo stato di salute dei lavoratori che precedentemente spettavano all’Ispettorato del lavoro. Funzioni successivamente ribadite dapprima dall’art. 23 del d.lgs. n. 626 del 1994 ed ora dall’art. 13 del recente d.lgs. n. 81 del 2008, in attuazione della delega conferita dall’art. 1 della legge n. 123 del 2007.

Occorre altresì ricordare che lo stesso d.lgs. n. 81 del 2008 – come risulta del resto fin dalla stessa sua epigrafe (attuazione dell’art. 1 della legge n. 123 del 2007 in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro) e come si evince scorrendo il testo delle sue disposizioni – fa espresso riferimento alla tutela della salute e della sicurezza contestualmente intese: “salute e sicurezza” costituisce un’endiadi non scindibile, non essendo possibile sganciare il concetto di sicurezza da quello di salute ed entrambi da quello di “prevenzione”. Il recente decreto legislativo è quindi perfettamente in sintonia con il sistema inaugurato dalla legge n. 833 del 1978 e che si è successivamente sviluppato con il d.lgs. n. 626 del 1994 in attuazione della direttiva quadro europea n. 391 del 1989.

La stretta connessione tra tutela dalla salute e tutela della sicurezza dei lavoratori (che dà fra l’altro il giusto rilievo non solo al tragico problema degli infortuni sul lavoro, ma anche a quello – spesso misconosciuto, ma non certo meno drammatico – delle malattie professionali) che emerge nel decreto legislativo del 2008 richiede di essere assolutamente preservata per fornire una risposta globale al problema della effettiva tutela delle condizioni psico-fisiche dei lavoratori.

Ove mai si riconducesse la tutela della sicurezza dei lavoratori – che, come si è rilevato, va intesa come “tutela della salute e della sicurezza” degli stessi – nell’ambito della competenza legislativa esclusiva dello Stato si creerebbe una irrazionale e pericolosa asimmetria con la più generale “tutela della salute” che lo stesso art. 117, comma 3, Cost. attribuisce alla competenza legislativa concorrente tra Stato e Regioni. Perché mai in materia di salute (in generale) dovrebbero legiferare, nel rispetto delle rispettive competenze, Stato e Regioni, mentre in materia di salute e sicurezza del lavoro soltanto lo Stato? E ancora, se si conviene che – come emerge dal sistema creato dalla legge n. 833 del 1978 – la prevenzione nei luoghi di lavoro non è e non può non essere che un tassello del più generale sistema della prevenzione, potrebbe forse concepirsi un assetto differente con diverse competenze regolative?

Nella disciplina della materia in esame è quindi perfettamente funzionale il coinvolgimento delle Regioni che, come articolazioni del Servizio sanitario nazionale, sono depositarie delle competenze in materia di prevenzione (ciò spiega, fra l’altro, perché la legge n. 833 del 1978 abbia loro assegnato, tramite le ASL, la vigilanza che, come è noto, costituisce uno strumento essenziale della prevenzione). Il coinvolgimento delle Regioni, peraltro, non può limitarsi al solo svolgimento delle funzioni amministrative (come avveniva prima della riforma costituzionale del 2001), ma deve necessariamente riguardare anche la determinazione delle regole (e, quindi la funzione legislativa), non essendo pensabile, come già segnalato, differenziare le fonti di produzioni delle regole per quanto concerne, da un lato, la tutela della salute e, dall’altro, la tutela della salute e sicurezza dei lavoratori.

Roma, 26 febbraio 2009


Disegno di legge statale di iniziativa della Giunta regionale del Veneto concernente:

“Modifica dell’articolo 13 del decreto legislativo n.81 del 9 aprile 2008 concernente il coordinamento delle attività di vigilanza per l’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro”

1. Il comma 1, dell’articolo 13, del decreto legislativo 9 aprile 2008 n.81 è sostituito dal seguente:
“1. La vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro è svolta dalle aziende sanitarie competenti per territorio sulla base della programmazione degli interventi definiti dal comitato regionale di coordinamento di cui all’articolo 7 (del decreto legislativo n. 81/2008).
I rappresentanti del Ministero del lavoro e del Corpo dei Vigili del fuoco e delle altre amministrazioni, assicurano il supporto alle aziende sanitarie per gli interventi di vigilanza in relazione agli aspetti di contrasto al lavoro irregolare, per gli aspetti di prevenzione incendi, e su ogni altro aspetto relativo alla sicurezza su richiesta delle aziende Ulss.



Relazione accompagnatoria al disegno di legge per la modifica dell’art. 13 decreto legislative 9 aprile 2008, n. 81

Il comma 1 dell’articolo 13 del decreto legislativo 9 aprile 2008, n. 81 dispone che “ la vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è svolta dall’azienda sanitaria locale competente per territorio”. I commi successivi dello stesso articolo introducono eccezioni a questo principio, in relazione ad esempio alla vigilanza del Corpo nazionale dei vigili del fuoco in materia di prevenzione degli incendi, alla vigilanza da parte del Ministero dello sviluppo economico per il settore minerario ed alla competenza del personale ispettivo del Ministero del lavoro in relazione ad alcune attività, poi minuziosamente dettagliate nello stesso articolo.

L’articolo 13 sopra richiamato, nel disciplinare le modalità di esplicazione delle competenze di vigilanza da parte del personale ispettivo del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, prevede espressamente che tale vigilanza venga assicurata “…nel quadro del coordinamento territoriale di cui all’articolo 7”.

L’articolo 7 stabilisce che “Al fine di realizzare una programmazione coordinata degli interventi, nonché l’uniformità degli stessi ed il necessario raccordo con il Comitato di cui all’articolo 5 e con la Commissione di cui all’articolo 6, presso le Regioni e province autonome opera il Comitato regionale di Coordinamento di cui al DPCM 21.12.2007.”

Le funzioni del Comitato di Coordinamento delle attività di prevenzione e vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro sono individuate dagli articoli 1 e 2 del DPCM 21.12.2007 che elenca, tra le competenze del Comitato, la pianificazione e il monitoraggio del coordinamento delle attività di vigilanza.

In attuazione degli indirizzi resi a livello nazionale, presso ogni Comitato regionale di coordinamento è istituito un ufficio operativo composto da rappresentanti degli organi di vigilanza che pianifica il coordinamento delle rispettive attività, individuando le priorità a livello territoriale, che provvede a definire i piani operativi di vigilanza nei quali sono individuati: gli obiettivi specifici, gli ambiti territoriali, i settori produttivi, i tempi, i mezzi e le risorse ordinarie che sono rese sinergicamente disponibili da parte dei vari soggetti pubblici interessati.

Sempre il DPCM 21.12.2007, all’art. 2, prevede che, al fine di migliorare l’efficacia delle politiche attive di prevenzione la costituzione a livello provinciale di nuclei operativi integrati di prevenzione e vigilanza che operino per tempi programmati. Si tratta, dunque, di nuclei che vengono coordinati dalle Aziende Sanitarie Locali (ASL) le quali attivano le diverse amministrazioni in relazione ai particolari contesti produttivi territoriali.

Alla luce di quanto esposto, risulta necessario che l’intervento delle direzioni regionali e delle direzioni territoriali del Ministero del Lavoro, dei Vigili del Fuoco si svolga a fianco delle ASL, tramite interventi che non siano autonomi ma coordinati dalle aziende sanitarie, secondo un sistema di gestione della sicurezza istituzionale che valuti tutti gli aspetti importanti a garanzia della sicurezza degli operatori.

Le ASL, tra l’altro, rappresentano i soggetti istituzionali più vicini al cittadino secondo il principio di sussidiarietà e, nel contempo, sono il primo riferimento istituzionale a tutela della salute dei lavoratori e della popolazione.

Con il coordinamento da parte delle ASL verrà garantito non solo l’obiettivo primario della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, ma anche la semplificazione dell’azione amministrativa al fine di evitare sovrapposizioni di interventi.

Della necessità di una rivisitazione dell’organizzazione del sistema di vigilanza fa menzione lo stesso art 13 comma 3, che prevede la “necessità del complessivo riordino delle competenze in tema di vigilanza sull’applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro” , mentre il comma 4 ribadisce “la necessità che la vigilanza sia esercitata nel rispetto del coordinamento di cui agli articoli 5 e 7”

Il comma 3 dell’articolo 13 ribadisce, pertanto, un principio di carattere generale che è quello della semplificazione amministrativa prevedendo che la pianificazione avvenga nel Comitato di coordinamento e che la vigilanza sia sempre coordinata dalle ASL che, di volta in volta, attivano le altre amministrazioni.