Nel D.Lgs. n. 81/2008 la formazione alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro ne rappresenta uno dei tratti centrali?

 

di Franco Mugliari

 

(Servizio Formazione alla sicurezza sul lavoro e tutela ambientale, Rip. 21 Formazione professionale in lingua italiana della Provincia autonoma di Bolzano) (*)


 

(*) Questo scritto, relazionato in occasione del Convegno tenutosi in Ancona il 19 settembre 2008,  è pubblicato in Ambiente&sicurezza n. 1, 23 dicembre 2008, il Sole24Ore.


 

PRIMA PARTE

Nel D.Lgs. n. 81/2008 la formazione alla salute e alla sicurezza nei luoghi di lavoro ne rappresenta uno dei tratti centrali?

Attraverso l’analisi di alcune “parole chiave” contenute nel Titolo I, proveremo a dare una risposta alla domanda se è vero che la formazione costituisca uno dei  tratti fondamentali del D.Lgs. n. 81/2008, c.d. testo unico, e riconfermato quanto affermato in seguito all’entrata in vigore del D.Lgs. n. 626/1994, che: “Il diritto alla formazione risplende di luce propria e non soltanto di luce riflessa ed è oggetto di un riconoscimento assai esteso, anche più ampio di quello operato dall’art. 12 della direttiva n. 391 del 1989”. [1]

 

Ancor prima di cercare la risposta nell’articolato, dobbiamo sottolineare che l’enfasi posta sulla formazione, nelle sue diverse connotazioni (formazione, informazione, addestramento, ecc.) nasce, quasi certamente, dalla stessa legge delega, la n. 123 del 2007, che all’art. 1, comma 2, lett. g), ha previsto “la  revisione dei requisiti, delle tutele, delle attribuzioni e delle funzioni dei soggetti del sistema di prevenzione aziendale, anche attraverso idonei percorsi formativi”. L’inserimento di un tale principio di delega, che prevede che tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale (datori di lavoro, dirigenti, preposti, lavoratori ecc.) frequentino idonei percorsi formativi per la sicurezza sul lavoro, si deve all’accettazione della proposta fatta dal rappresentante della Provincia autonoma di Bolzano intervenuto in sede di parere espresso dalla Conferenza Stato-Regioni/Province autonome.[2]

 

Torniamo quindi alla domanda iniziale per valutare se, a quasi 20 anni dall’emanazione della direttiva n. 89/391, ne abbiamo colto e rispettato i principi fondamentali o se, come è già successo, li abbiamo mortificati o traditi.

 

La direttiva “quadro”, all’art. 6  definiva la formazione, l’informazione e la consultazione, quali elementi per una partecipazione equilibrata dei lavoratori e dei loro rappresentanti nel quadro del dialogo sociale. E all’art. 13 proseguiva affermando che il lavoratore “deve prendersi ragionevolmente cura della propria sicurezza e salute, nonché di quella delle altre persone su cui possono ricadere gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione ed alle istruzioni fornite dal datore di lavoro” intendendo in tal modo delineare la formazione come presupposto di una responsabilizzazione (consapevolezza) del lavoratore, e non solo.

Principi dapprima confermati dall’art. 5 del D.Lgs. n. 626/1994 ed oggi dallo stesso T.U. all’art. 20 co. 1.

E le definizioni sono importanti, quando sono chiare e puntuali, per una verifica sul “sostanziale” adempimento dell’obbligo di formazione.

 

Addentriamoci ora nell’articolato e proviamo a verificare quanto e come le principali parole chiave che abbiamo individuato (formazione, informazione, addestramento, istruzioni e aggiornamento), che, per la prima volta, trovano una puntuale definizione nell’art. 2, vengono riprese all’interno del Titolo I°.

Le definizioni

La “formazione”, definita all’art. 2 , comma 1, lett. aa), come: il processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili alla acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi”, nel Tit. I° compare ben  92 volte mentre la radice “forma”… nelle sue diverse declinazioni (formazione, formare, formati ecc.),  la possiamo trovare ripetuta ben 177 volte.

 

Concetti chiave

Processo educativo

Destinatari

Finalità

- insieme di attività coordinate (dall’analisi dei bisogni alla verifica di apprendimento)

 

- i lavoratori e tutti i soggetti del sistema prevenzionistico (lavoratori, RLS, RSPP, datori di lavoro, preposti ecc.)

- trasferimento di conoscenze e procedure utili (saperi e abilità) al fine di acquisire competenze (agire con consapevolezza)

 

L’”informazione”, definita all’art. 2 , comma 1, lett. bb), come: “il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro” nel Tit. I° la troviamo ripetuta 22 volte, mentre la radice “info”… nelle diverse declinazioni,  informazione, informare, informati…ben  79.

 

Concetti chiave

Complesso delle attività

Modalità

Finalità

- attraverso diversi strumenti (manuali, circolari, disposizioni aziendali, segnaletica, schede di sicurezza, cartellonistica, video...)

- previa verifica della comprensione linguistica, verifica nell’attuazione pratica, registrazione

 

- fornire conoscenze utili  alla identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro

 

L’”addestramento”, definito all’art. 2 co. 1 lett. cc), come:“il complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l’uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro” compare 9 volte  nel Tit. I° nelle  diverse declinazioni (addestramento,  addestrare,  addestrati). 

 

Concetti chiave

Complesso delle attività

Modalità

Finalità

- intervento programmato e non improvvisato (es. uso della macchina secondo libretto d’istruzioni, corretto utilizzo dei dpi, prova di evacuazione), richiamato soprattutto nei titoli successivi al primo, in particolare  a proposito dell’uso di attrezzature, DPI, lavori in quota ecc.

- effettuato da persona esperta e sul luogo di lavoro

- apprendere l’uso corretto (quindi verificato nel suo rispetto sostanziale) di macchine, attrezzature, procedure di lavoro e di emergenza

 

 

Delle ”istruzioni”, pur mancando nel T.U. una specifica definizione, la necessità di fornire viene rimarcata ben 22 volte nelle diverse declinazioni (istruzioni, istruire, istruiti ecc.).

Ci si riferisce al più immediato processo comunicativo, ma non per questo di minore importanza, se pensiamo a quanto contenuto in un libretto d’uso e di manutenzione o nelle etichette di un prodotto e nella relativa scheda di sicurezza.

 

L’”aggiornamento” rappresenta una delle più grandi novità contenute nel T.U. che, nel solo titolo I° compare 9 volte.  Riguarda tutte le figure: i datori di lavoro, preposti, lavoratori, Rspp o Aspp (obbligo già introdotto con il D.Lgs. 195/2003), RLS, coordinatori, incaricati per la gestione delle emergenze (in precedenza l’obbligo di aggiornamento era previsto solo per gli incaricati al primo soccorso).

 

La formalizzazione dell’obbligo dell’aggiornamento segna l’evidente adeguamento all’evoluzione tecnica ed esperenziale, nel segno del 2087 c.c., e del rispetto sostanziale del principio della massima sicurezza tecnologicamente possibile, richiamato nei suoi concetti fondamentali nella definizione di «prevenzione» (art. 2 co. 1, lett. n), quale “complesso delle disposizioni o misure necessarie anche secondo la particolarità del lavoro, l’esperienza e la tecnica, per evitare o diminuire i rischi professionali nel rispetto della salute della popolazione e dell’integrità dell’ambiente esterno”.[3]

 

Alla fine di questo excursus, non va certo sottaciuto che in definizione compaiono altre 3 importantissime parole chiave che completano la nostra analisi. Esse sono, alla lettera  u) quella di «norma tecnica», alla lettera v) quella di «buone prassi» e, alla lettera z), quella di «linee guida»,[4] a ribadire come la prevenzione non si esaurisce nel mero rispetto della normativa .

Ora, per concludere questa prima parte non resta che da sottolineare il fatto che la mancata formazione e il mancato addestramento rientrano tra le gravi violazioni, previste all’Allegato I [5] , ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale. 

 
Oltre alle definizioni, di fondamentale importanza risultano alcune aggettivazioni, alcune delle quali davvero innovative. Vale la pena di ribadire che una formazione potrà definirsi “sufficiente ed adeguata”, in grado quindi di corrispondere al precetto, quando soddisfi, oltre agli elementi contenuti nella definizione, anche le specifiche aggettivazioni.



Le aggettivazioni

E tra le aggettivazioni che accompagnano e definiscono le “parole chiave”, dopo aver sottolineato il fatto che la formazione debba essere “comprensibile”, all’art. 36 si precisa che: “ove la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione della lingua utilizzata nel percorso informativo”, mentre l’art. 37, per quanto riguarda la formazione, afferma che: “ove la formazione riguardi lavoratori immigrati, essa avviene previa verifica della comprensione e conoscenza della lingua veicolare utilizzata nel percorso formativo”.

 

Tra le aggettivazioni più frequenti, oltre a quelle già ricordate, molte riprendono quelle già indicate nel D.Lgs. n. 626/1994, altre, invece, sono di nuova definizione. Ricordiamone alcune: sufficiente, adeguata o idonea,  dettagliata previa o preliminare, periodica o periodicamente ripetuta, particolare,  specifica o mirata,  tempestiva e, infine, riconosciuta.

 

Protagonisti e destinatari

E si allarga anche l’elenco dei soggetti destinatari dei processi formativi. Per alcuni è prevista, per la prima volta, una formazione particolare, è il caso dei rappresentanti della sicurezza territoriali  o  dei preposti. Per altri si affaccia una facoltà “incentivata” di accedere alla formazione. Tra questi i lavoratori autonomi, i componenti dell’impresa familiare, i piccoli imprenditori i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo. E se è vero che sono pur sempre datori di lavoro a dover adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento dei lavoratori, altri soggetti vengono coinvolti e, tra questi, i preposti ai quali sono affidati importanti compiti di informazione e di controllo.

 

L’art. 19 al co. 1, infatti, afferma che i preposti, secondo le loro attribuzioni e competenze, devono:

  • verificare che soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico;
  •  dare istruzioni affinché i lavoratori, in caso di pericolo grave, immediato e inevitabile, abbandonino il posto di lavoro o la zona pericolosa;
  •  informare il più presto possibile i lavoratori esposti al rischio di un pericolo grave e immediato circa il rischio stesso e le disposizioni prese o da prendere in materia di protezione;
  • segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, di cui venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta;
  • frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall’articolo 37[6].

 

Sugli obblighi del preposto e sul rilievo che tale figura assume anche all’interno dei processi informativi e formativi, qui interessa solo sottolineare come la sua formazione può rappresentare una sorta di clausola di garanzia, laddove si ricolleghino gli obblighi del preposto, da un lato, con le attribuzioni e le competenze attribuite e, dall’altro,  la formazione ricevuta. Ecco allora che, ancora una volta, nemmeno la valorizzazione del “principio di affidamento” pare di per sé sufficiente ad esonerare chi, come il datore di lavoro, rimane pur sempre titolare di una posizione di garanzia nei confronti dei lavoratori [7].

 

La valutazione dei rischi

Dobbiamo infine rilevare che, ai sensi dell’art. 28 - Oggetto della valutazione dei rischi, la formazione e l’addestramento entrano a pieno titolo tra gli elementi da valutare nella predisposizione del documento redatto a conclusione della valutazione, che dovrà contenere infatti: “l’individuazione delle mansioni che eventualmente espongono i lavoratori a rischi specifici che richiedono una riconosciuta capacità professionale, specifica esperienza, adeguata formazione e addestramento”[8], con ciò rendendo attuale la formula per la valutazione dei rischi che, oltre alla probabilità e alla magnitudo del danno, tenga conto della consapevolezza (formazione) [9].

                                                                                                                                           

Gli organismi paritetici

Un  aspetto di assoluta problematicità è quella legata alla previsione dettata dal co. 12 dell’art. 37, relativa al fatto che la formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti, debba avvenire in collaborazione con gli organismi paritetici (ove presenti, specifica l’art. 51).

 

Sul piano più generale, premesso che pur non essendo questa la sede per approfondire le “storiche” difficoltà e resistenze che si registrano nel nostro paese per l’istituzionalizzazione di un avanzato sistema di relazioni industriali, ad iniziare dalla mancata attuazione dell’art. 46 della Costituzione [10], che “ha prodotto un deficit anche dal punto di vista della sicurezza, nell’illusione che anche queste questioni potessero essere sistemate attraverso lo schema delle garanzie del massimo di regolamentazione giuridica e lo schema del conflitto”[11], è necessario riflettere sulla funzionalità ed i limiti di tale indirizzo “partecipativo”, nella consapevolezza che la consultazione e la partecipazione nel sistema prevenzionale delineato dal D.Lgs. n. 626/1994, e potenziato nel D.Lgs. n. 81/2008,  non sono formule astratte, ma presuppongono una comune volontà di agire ed un affidamento reciproco tra le parti [12].

 Nel ribadire la personale convinzione dell’importanza della bilateralità nel sistema delle relazioni industriali, non rimane altro che sottolinearne il sostanziale fallimento sul quale le forze sociali (in primis)  dovrebbero riflettere.

Per una più compiuta analisi del sistema relazionale, così come attuato (rectius non attuato) in Italia, si rinvia all’“indagine” realizzata dal Censis e dall’Inail in cui i dati, messi in evidenza dal Rapporto “Verso un modello partecipato di prevenzione”, sono a dir poco disarmanti e tali da costringere il ricercatore, nel tentativo di analizzarne costituzione ed operatività, a dover distinguere tra organismi “reali”, organismi “virtuali” ed organismi “assolutamente inesistenti”[13].

 

Il libretto formativo del cittadino

E infine veniamo al vero oggetto misterioso del D.Lgs. n. 81/2008: il libretto formativo del cittadino la cui previsione, per il vero, non costituisce una novità assoluta. Esso era già stato previsto dall’accordo 2407/2006 sulla formazione degli ASPP/RSPP (verificare) e dell’accordo 2469/2006 per la formazione dei lavoratori addetti ai sistemi di accesso e posizionamento mediante funi e che, nel Titolo primo del D.Lgs. n. 81/2008, è richiamato all’art. 32 - Capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni e all’art. 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentante, che al co. 14 recita: “Le competenze acquisite a seguito dello svolgimento delle attività di formazione di cui al presente decreto sono registrate nel libretto formativo del cittadino di cui all’articolo 2, comma 1, lettera i), del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, e successive modificazioni. Il contenuto del libretto formativo è considerato dal datore di lavoro ai fini della programmazione della formazione e di esso gli organi di vigilanza tengono conto ai fini della verifica degli obblighi di cui al presente decreto.”

 

Nato per altro scopo, il libretto formativo, strumento volontario teso alla certificazione delle competenze acquisite durante l’intero arco della vita, ha trovato una sperimentazione in talune regioni ed è tuttora al vaglio di uno specifico gruppo di lavoro, nel D.Lgs. n. 81/2008 acquista forza cogente (e sanzionata).  Il gruppo di lavoro, costituito dalle regioni, dovrà pertanto esprimersi in merito alla possibile idoneità (anche attraverso talune modifiche) del libretto formativo ad accogliere e certificare i percorsi formativi per la salute e la sicurezza nei luoghi di lavoro. Se così non fosse, non resterebbe altro che proporre al modifica o l’abrogazione di detta previsione.

Nel frattempo gli attestati di frequenza, con eventuale verifica di apprendimento, rimangono l’unica fonte di certificazione dell’avvenuta formazione dei soggetti destinatari.  

 

Conclusioni

E per tornare alla domanda iniziale, sulla base di questa prima parziale lettura, riteniamo di poter affermare che formazione, informazione e addestramento, con la valutazione dei rischi, l’ampliamento dei destinatari e delle attività, e il regime sanzionatorio, siano in effetti i pilastri del nuovo sistema di prevenzione.
 
 
 
 
 
 
 
 
[1] Cfr. ZOLI C., Gli obblighi e i diritti individuali dei lavoratori dipendenti, in Il lavoro nella giurisprudenza, n. 9/1995, p. 807

[2] Cfr. Schema di disegno di legge recante: “Delega al Governo per l’emanazione di un testo unico per il riassetto normativo e la riforma della salute e sicurezza sul lavoro” – Parere del 29 marzo 2007: “La Conferenza unificata, rilevato altresì che, il rappresentante della Provincia autonoma di Bolzano, ha espresso avviso tecnico favorevole sul testo in argomento, con una richiesta di maggiore chiarezza in ordine agli aspetti concernenti la formazione e che tale richiesta è stata accolta con l’inserimento all’articolo 1, comma 2, lettera g), dopo le parole “prevenzione aziendale”, delle parole: ”anche attraverso idonei percorsi formativi”; esprime favorevole”…omissis

[3] L’art. 2087 c.c., in quanto “norma di chiusura”, viene a completare e supportare la legislazione tecnica sugli infortuni e l’igiene del lavoro ed è peraltro richiamato ai fini dell’individuazione e valutazione della responsabilità del datore di lavoro in sede penale. L’«obbligo di sicurezza», che l’art. 2087 c.c. ha innervato sul tessuto del rapporto individuale di lavoro, costruendolo a guisa di vera e propria obbligazione autonoma, conserva ancora oggi un’impronta di straordinaria modernità: non a caso la norma codicistica è stata interpretata quale regola generale, capace di assicurare al sistema prevenzionale, insediato dal progresso tecnologico, un adeguamento automatico. Cfr. LAI M., Flessibilità e sicurezza del lavoro, Torino, 2006, p. 7 e MONTUSCHI L., La tutela della salute e la normativa comunitaria: l’esperienza italiana, in BIAGI M., (a cura di), Tutela dell’ambiente di lavoro e direttive CEE, Rimini, 1991, pp. 11-12.

Inoltre, per l’ampia letteratura sull’art. 2087 c.c., cfr. tra gli altri: GRANDI M., PERA G., (a cura di), Commentario breve alle leggi sul lavoro, Padova, 2001, p. 1790 ss.; MONTUSCHI L., L’incerto cammino della sicurezza del lavor…, op. cit., p. 501 ss.; Cfr. SMURAGLIA C., Diritti fondamentali della persona nel rapporto di lavoro (Situazioni soggettive emergenti e nuove tecniche di tutela), in Riv. Giur. Lav., 2000, p. 453 ss.; GALANTINO L., (a cura di), La sicurezza del lavoro, Milano, 1996, p. 3, secondo la quale: “l’art. 2087 impone al datore di lavoro di adottare le misure di sicurezza richieste non solo dalle caratteristiche oggettive dell’attività di lavoro, ma significa anzitutto che occorre affidare l’attività lavorativa a persona di idonea professionalità e che occorre altresì attenzione per lo stato di salute del lavoratore”.

[4] u) «norma tecnica»: specifica tecnica, approvata e pubblicata da un’organizzazione internazionale, da un organismo europeo o da un organismo nazionale di normalizzazione, la cui osservanza non sia obbligatoria;

v) «buone prassi»: soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall’Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall’Istituto nazionale per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all’articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all’articolo 6, previa istruttoria tecnica dell’ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione;

z) «linee guida»: atti di indirizzo e coordinamento per l’applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza predisposti dai ministeri, dalle regioni, dall’ISPESL e dall’INAIL e approvati in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.
[5] Allegato I – Gravi violazioni ai fini dell’adozione del provvedimento di sospensione dell’attività imprenditoriale - Violazioni che espongono a rischi di carattere generale:
omissis
·   Mancata formazione ed addestramento
omissis

[6] Curiosa e frutto forse di una “svista” appare quella per cui i preposti, obbligati a frequentare (lett. g), appositi corsi di formazione (art. 19 co. 1 lett. g) possono essere sanzionati, in caso di inadempienza, con la “sola” ammenda (anziché con la tradizionale pena alternativa dell’arresto o dell’ammenda), determinando con ciò l’impossibilità di fare ricorso al procedimento sanzionatorio di cui al D.Lgs. n. 758/1994 rendendosi necessario il ricorso all’oblazione speciale ai sensi dell’art. 162 – bis del C.P.

[7] Cfr. Cassazione civile sez. IV - Sentenza 24 giugno 2005, n. 23729, in ISL, n. 12/2005, p. 677 ss., con commento di SOPRANI P. Cfr. inoltre Guariniello R., in ISL, n. 9/2005, p. 523

[8] Ad esempio per i lavori sotto tensione (persona esperta ed avvertita), per gli addetti al montaggio e smontaggio dei ponteggi, addetti ai sistemi di accesso e posizionamento mediante funi, per l’utilizzo di DPI di III categoria ecc.

[9] Attilio Pagano, nel 1994, aveva suggerito la seguente formula per la valutazione dei rischi: R=PxGx1/K in cui l’indicatore 1/K rappresentava il livello di consapevolezza acquisito grazie alla formazione ricevuta.

[10] Cfr.PEDRAZZOLI M., Partecipazione, costituzione economica e art. 46 della Costituzione. Chiose e distinzioni sul declino di un’idea, in RIDL, 2005, I, p. 427 ss. Per l’art. 46 Cost.: “Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende”.

[11] Cfr. STENICO A., in MUGLIARI F., (a cura di), Cogestione e politiche della sicurezza nel quadro dell’integrazione europea, Bolzano, 1993, p. 17 ss.

[12] Cfr. in tal senso LAI M., Flessibilità e sicurezza del lavoro, Torino 2006, p. 43 e MONTUSCHI L., La sicurezza nei luoghi di lavoro ovvero l’arte del possibile, in Lav. Dir., 1995, p. 422 ss.

[13] Cfr., Rapporto INAIL, CENSIS, (a cura di), Verso un modello partecipato di prevenzione, Roma, 2001, II, p. 17 ss. 

 

 

 

SECONDA PARTE:

 LE PREVISIONI NORMATIVE


 

Proviamo ora a scorrere il testo soffermandoci brevemente sui principali articoli che formulano previsioni in ordine agli argomenti di nostro interesse e non approfonditi nella prima parte.

Enti pubblici aventi compiti in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro


 All’art. 9 si afferma che l’ISPESL, l’INAIL e l’IPSEMA sono enti pubblici nazionali con competenze in materia di salute e sicurezza ed operano in funzione delle attribuzioni loro assegnate dalla normativa vigente, svolgendo in forma coordinata, per una maggiore sinergia e complementarietà e per quanto di nostro interesse, le attività di progettazione ed erogazione di percorsi formativi in materia di salute; la formazione per i responsabili e gli addetti ai servizi di prevenzione e protezione; la promozione e divulgazione, della cultura della salute e della sicurezza del lavoro nei percorsi formativi scolastici, universitari e delle istituzioni dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica, previa stipula di apposite convenzioni con le istituzioni interessate; l’elaborazione e raccolta e diffusione delle buone prassi nonché predisposizione di linee guida.

 

Attività promozionali


All’ art. 11 si prevede che ai fini della promozione e divulgazione della cultura della salute e sicurezza sul lavoro è data facoltà degli istituti scolastici, universitari e di formazione professionale, di inserire in ogni attività scolastica ed universitaria, nelle istituzioni dell’alta formazione artistica e coreutica e nei corsi di istruzione e formazione professionale, percorsi formativi interdisciplinari alle diverse materie scolastiche volti a favorire la conoscenza delle tematiche della salute e della sicurezza.

 

Misure generali di tutela


All’art. 15 vengono richiamate, quali misure generali di tutela, l’informazione e la formazione (adeguate) per i lavoratori (lett. n), per i dirigenti e i preposti (lett. o) , per i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (lett. p) e, inoltre, la necessità di fornire istruzioni adeguate ai lavoratori (lett. q), favorire la partecipazione e consultazione dei lavoratori (lett. r), nonché  la partecipazione e consultazione dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (lett. s).

 

Obblighi dei datori di lavoro e dei dirigenti


All’articolo 18, tra gli obblighi del datore di lavoro e del dirigente si prevede che, nell’affidare i compiti ai lavoratori, si tenga  conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza (lett. c); che soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento possano accedere alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico (lett. e) e, infine, di  adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37 (lett. l).

 

Obblighi dei lavoratori


Per quanto agli obblighi dei lavoratori, si ribadisce al co. 1 dell’art. 20, che ogni lavoratore deve prendersi cura della propria salute e sicurezza e di quella delle altre persone presenti sul luogo di lavoro, su cui ricadono gli effetti delle sue azioni o omissioni, conformemente alla sua formazione, alle istruzioni e ai mezzi forniti dal datore di lavoro. Essi devono inoltre (co. 2 lett. h), partecipare ai programmi di formazione e di addestramento organizzati dal datore di lavoro

 

Formazione dei lavoratori autonomi


E’ oggetto di rinvio, tramite accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, la definizione dei  percorsi formativi per i soggetti individuati dall’art. 21, comma 1 (componenti dell’impresa familiare di cui all’articolo 230-bis del codice civile, i lavoratori autonomi che compiono opere o servizi ai sensi dell’articolo 2222 del codice civile, i piccoli imprenditori di cui all’articolo 2083 del codice civile e i soci delle società semplici operanti nel settore agricolo), i quali, ai sensi del co. 2 hanno la facoltà di partecipare a corsi di formazione specifici in materia di salute e sicurezza sul lavoro, incentrati sui rischi propri delle attività svolte, secondo le previsioni di cui all’articolo 37, fermi restando gli obblighi previsti da norme speciali.

 

Riunione periodica


La formazione è confermata al centro del confronto in sede di riunione periodica (art. 35).  Nel corso della riunione, infatti, il datore di lavoro sottopone all’esame dei partecipanti i programmi di informazione e formazione dei dirigenti, dei preposti e dei lavoratori ai fini della sicurezza e della protezione della loro salute. Possono inoltre essere individuati codici di comportamento, buone prassi e linee guida per un sistema di gestione della salute e sicurezza sul lavoro.

 

Formazione di ASPP e RSPP


Per quanto riguarda le capacità e requisiti professionali degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione interni ed esterni, dopo una parziale riconferma di quanto previsto dall’art. 8-bis del D.Lgs. n. 626/1994, per quanto riguarda titoli di studio e frequenza di corsi di formazione e aggiornamento, secondo gli indirizzi definiti nell’accordo Stato-Regioni/Province autonome n. 2407/2006, cui l’art. 32 fa esplicito riferimento. Vengono inoltre inspiegabilmente introdotti esoneri dalla frequenza del Mod. A e dei Mod. B, relativi a tutti i macrosettori economici, per coloro i quali risultino in possesso di talune classi di laurea. Da notare che la maggior parte dei piani di studio dei percorsi di laurea di tali classi, non prevedono alcun esame specifico in materia di prevenzione e protezione dai rischi.

 

Formazione del datore di lavoro - RSPP


In parte nuova, peraltro rinviata ad un apposito accordo di Conferenza Stato-Regioni/Province autonome è, secondo l’articolo 34,  la previsione normativa per la formazione del datore di lavoro per lo svolgimento diretto dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi. Egli deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative e corsi di aggiornamento. A tale aggiornamento saranno assoggettati anche  coloro i quali abbiano frequentato i corsi di cui all’articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997 e gli esonerati dalla formazione obbligatoria,  ai sensi dell’articolo 95 del Decreto legislativo 19 settembre 1994, n. 626.

Qualora il datore di lavoro, oltre al compito di RSPP, volesse svolgere anche quello di incaricato dell’attuazione delle misure di prevenzione incendi e lotta antincendio, di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave e immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza dovrà frequentare gli specifici corsi, al pari di ogni altro lavoratore incaricato, con i contenuti previsti dal decreto del Ministro dell’interno di data 10 marzo 1998 con riferimento all’antincendio e per la gestione delle emergenze nei luoghi di lavoro e dal decreto ministeriale 15 luglio 2003, n. 388, per quanto al primo soccorso.

 

Informazione dei lavoratori


Del contenuto minimo delle informazioni che il datore di lavoro deve garantire a ciascun lavoratore, ai sensi dell’art. 36, vanno ricordate quelli sui rischi, sulle procedure, sui nominativi dei lavoratori incaricati per la gestione delle emergenze, sui nominativi di RSPP/ASPP e medico competente; sui rischi specifici, sulle normative, disposizioni aziendali e norme di buona tecnica, sui pericoli connessi all’uso delle sostanze e dei preparati pericolosi, sulle schede dei dati di sicurezza ,  sulle misure e le attività di protezione e prevenzione. Vale la pena ribadire che il contenuto della informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e, ove  la informazione riguardi lavoratori immigrati, essa avverrà previa verifica della comprensione della lingua veicolare utilizzata nel percorso informativo.

 

Formazione dei lavoratori


Per quanto riguarda la formazione dei lavoratori, un qualche stupore ha destato la scelta, peraltro dettata dalle stesse parti sociali, del rinvio ad un accordo in sede di Conferenza Stato, regioni e province autonome , previa consultazione delle parti sociali per la definizione della durata, contenuti minimi e modalità della formazione entro dodici mesi  dall’entrata in vigore del T.U.

Ciononostante l’art. 37 - Formazione dei lavoratori e dei loro rappresentanti, detta gli elementi che dovranno essere oggetto della formazione dei lavoratori, (commi 1 e 3)  nonché fissarne alcune aggettivazioni e indicare i momenti in cui detta  formazione deve essere erogata (comma 4). Le modalità di effettuazione dell’addestramento sono indicate al co. 5 e l’obbligo dell’aggiornamento è richiamato al co. 6.

 

Formazione dei preposti


Per i preposti, oltre a quanto previsto per tutti i lavoratori, si dovrà prevedere un’adeguata e specifica formazione, ed un aggiornamento periodico, in relazione ai compiti in materia di salute e sicurezza del lavoro, tra quelli individuati dall’art. 19, da realizzarsi in azienda e sulla base dei contenuti dal co. 7 dell’art. 37.

 

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza


Per quanto alla formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, il quale ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi, il co. 11 dell’art. 37 ne fissa durata, articolazione e contenuti minimi operando, nel contempo, un rinvio alla contrattazione collettiva nazionale per quanto riguarda le modalità, la durata e i contenuti specifici. Già a prima vista si può notare come il profilo del rappresentante dei lavoratori, si presenti diverso rispetto al ruolo tradizionalmente svolto, attraverso l’erogazione di contenuti tecnici legati ai rischi specifici dell’azienda e le conseguenti misure di prevenzione. Ciò fa pensare ad una formazione che il legislatore vorrebbe realizzata nell’ambito aziendale ma  le difficoltà legate alla sua effettiva praticabilità sono evidenti. La verifica di apprendimento introdotta obbligatoriamente avrà una funzione ricognitiva della qualità del percorso formativo erogato e delle competenze e capacità acquisite dal RLS il quale, non riteniamo possa essere “bocciato” e pertanto sostituito nelle sue funzioni, qualora non superi positivamente detta verifica.   

La contrattazione collettiva nazionale disciplina le modalità dell’obbligo di aggiornamento periodico la cui durata non può essere inferiore a 4 ore annue per le imprese che occupano dai 15 ai 50 lavoratori ed a 8 ore annue per le imprese che occupano più di 50 lavoratori. Per quanto alle imprese che occupano meno di 15 lavoratori, in attesa che la contrattazione ne disciplini le modalità, suggeriamo di fare riferimento comunque ad una durata di almeno 4 ore annue.

 

Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale


L’art. 48 detta le regole per la formazione del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza territoriale il quale ha diritto ad una formazione particolare, con un rinvio in sede di contrattazione collettiva  per quanto riguarda le modalità, la durata e i contenuti specifici tali, recita l’art. 48, da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi attraverso la frequenta di un percorso formativo di almeno 64 ore iniziali, da effettuarsi entro 3 mesi dalla data di elezione o designazione, e 8 ore di aggiornamento annuale.

 

Rappresentante di sito


 L’art. 49, dopo aver indicato gli specifici contesti produttivi caratterizzati dalla compresenza di più aziende o cantieri nei quali verrà chiamato ad operare il RLST, effettua un rinvio alla contrattazione collettiva relativamente alle modalità di individuazione nonché le modalità secondo cui il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza di sito produttivo esercita le attribuzioni. Per il RLST non vi è una specifica previsione di formazione particolare, in quanto RLS individuato tra gli RLS delle aziende operanti nel sito produttivo ma, visto il ruolo esercitato, a tale mancanza revisionale si potrebbe rimediare proprio attraverso la contrattazione.

 

Conclusioni


Al termine di questa breve disamina del testo, si coglie in maniera netta la volontà del legislatore da un lato, di indicare previsioni immediatamente applicabili e, dall’altro, di operare attraverso il rinvio a successivi accordi di conferenza Stato-Regioni/Province autonome, fissandone la scadenza temporale e, dall’altro, attraverso il rinvio alla contrattazione collettiva. Necessario pertanto che, chi di dovere, prenda rapidamente le opportune iniziative. A tal proposito possiamo anticipare l’avvenuta costituzione di un apposito gruppo tecnico tra i coordinamenti regionali per formazione e la salute, che si è dato un calendario, relativamente ai rinvii indicati,  per la predisposizione del testo da trasferire in sede di conferenza Stato regioni/province autonome.